Revisione prezzi

1. Nei documenti di gara iniziali delle procedure di affidamento è obbligatorio l'inserimento delle clausole di revisione prezzi.

2. Queste clausole non apportano modifiche che alterino la natura generale del contratto o dell'accordo quadro; si attivano al verificarsi di particolari condizioni di natura oggettiva che determinano una variazione del costo dell'opera, della fornitura o del servizio, in aumento o in diminuzione, superiore al 5 per cento dell'importo complessivo e operano nella misura dell'80 per cento della variazione stessa, in relazione alle prestazioni da eseguire.

3. Ai fini della determinazione della variazione dei costi e dei prezzi di cui al comma 1, si utilizzano i seguenti indici sintetici elaborati dall'ISTAT:

a) con riguardo ai contratti di lavori, gli indici sintetici di costo di costruzione;

b) con riguardo ai contratti di servizi e forniture, gli indici dei prezzi al consumo, dei prezzi alla produzione dell'industria e dei servizi e gli indici delle retribuzioni contrattuali orarie.

4. Gli indici di costo e di prezzo di cui al comma 3 sono pubblicati, unitamente alla relativa metodologia di calcolo, sul portale istituzionale dell'ISTAT in conformità alle pertinenti disposizioni normative europee e nazionali in materia di comunicazione e diffusione dell'informazione statistica ufficiale. Con provvedimento adottato dal Ministero dell'infrastrutture e dei trasporti, sentito l'ISTAT, sono individuate eventuali ulteriori categorie di indici ovvero ulteriori specificazioni tipologiche o merceologiche delle categorie di indici individuate dal comma 3 nell'ambito degli indici già prodotti dall'ISTAT.

5. Per far fronte ai maggiori oneri derivanti dalla revisione prezzi di cui al presente articolo le stazioni appaltanti utilizzano:

a) nel limite del 50 per cento, le risorse appositamente accantonate per imprevisti nel quadro economico di ogni intervento, fatte salve le somme relative agli impegni contrattuali già assunti, e le eventuali ulteriori somme a disposizione della medesima stazione appaltante e stanziate annualmente relativamente allo stesso intervento;

b) le somme derivanti da ribassi d'asta, se non ne è prevista una diversa destinazione dalle norme vigenti;

c) le somme disponibili relative ad altri interventi ultimati di competenza della medesima stazione appaltante e per i quali siano stati eseguiti i relativi collaudi o emessi i certificati di regolare esecuzione, nel rispetto delle procedure contabili della spesa e nei limiti della residua spesa autorizzata disponibile.

 

1 - Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo

Secondo Cons., Stato, sez. V,  n. 1069 del 2 febbraio 2024,  rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133, lett. e), n. 2, del codice del processo amministrativo – norma secondo cui sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo per le controversie «relative ai provvedimenti applicativi dell’adeguamento dei prezzi ai sensi dell’art. 133, commi 3 e 4, dello stesso decreto»-  le controversie in tema di revisione dei prezzi degli appalti di servizi e forniture e di adeguamento dei prezzi degli appalti dei lavori se la contestazione attenga alla spettanza del riconoscimento sia se attenga all’importo come quantificato nel provvedimento amministrativo impugnato (cfr., Cons. Stato, III, 24 marzo 2022, n. 2157), a meno che non si tratti di dare mera esecuzione a clausole contrattuali che regolino convenzionalmente l’an e il quantum della revisione (cfr. Cass. S.U., 8 febbraio 2022, n. 3935).  Escluso che nel caso di specie ricorra tale ultima eventualità, va rilevato come anche la speciale ipotesi di compensazione per gli eccezionali aumenti dei prezzi di alcuni materiali di costruzione, introdotta e disciplinata dall’art. 1- septies del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73 (convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106) delinea una fattispecie di revisione dei prezzi contrattuali il cui elemento di specialità, rispetto alle previsioni contenute nell’art. 133 del d.lgs. n. 163 del 2006 e nell’art. 106 del d.lgs. n. 50 del 2016, è costituito dalla modalità di determinazione dell’importo riconoscibile a titolo di compensazione per l’aumento dei prezzi (modalità basata sulle indicazioni dell’art. 1-septies, del decreto-legge n. 73 del 2021 e sulla rilevazione degli aumenti o diminuzioni dei prezzi da parte del Ministero delle infrastrutture).

Occorre anche richiamare la costante giurisprudenza (Cons. Stato, sez. V,  6 settembre 2022, n. 7756, la quale ha ribadito che l’istanza con la quale l’impresa richieda il riconoscimento della revisione dei prezzi costituisce l’atto di avvio di un procedimento amministrativo «che sfocia in un provvedimento autoritativo, il quale deve essere impugnato nel termine decadenziale di legge (Cons. Stato, Sez. V, 27 novembre 2015 n. 5375, Consiglio di Stato sez. IV, 6 agosto 2014, n. 4207; sez. V, 24 gennaio 2013, n. 465; sez. V, 3 agosto 2012 n. 4444; Corte di Cassazione, SS.UU. 30 ottobre 2014, n. 23067; 15 marzo 2011, n. 6016; 12 gennaio 2011, n. 511; 12 luglio 2010, n. 16285). Dunque, la posizione dell'appaltatore è di interesse legittimo, quanto alla richiesta di effettuare la revisione in base ai risultati dell'istruttoria (Cons. Stato, Sez. V, 22 dicembre 2014, n. 6275 e 24 gennaio 2013 n. 465), in presenza di una facoltà discrezionale riconosciuta alla stazione appaltante (Cass. SS.UU. 31 ottobre 2008, n. 26298), che deve effettuare un bilanciamento tra l'interesse dell'appaltatore alla revisione e l'interesse pubblico connesso sia al risparmio di spesa, sia alla regolare esecuzione del contratto aggiudicato. […].

Il TAR Umbria, sez. I, 20 maggio 2024, n. 374 si è interrogato sulla possibilità che il diniego di revisione dei prezzi possa configurare un indebito arricchimento della P.A., così statuendo: “Non può essere accolta, per difetto dei presupposti, la domanda di indebito arricchimento, ex art. 2041 c.c., proposta dall’operatore economico aggiudicatario di un appalto di servizi, nei confronti della stazione appaltante, che sia fondata sulla tesi secondo cui l’Amministrazione avrebbe conseguito un risparmio di spesa, derivante dal diniego di riconoscimento economico della revisione dei prezzi, nonostante le prestazioni contrattuali regolarmente svolte dal medesimo operatore, in conformità agli standards organizzativi e gestionali imposti dalla normativa di settore; e ciò sul rilievo che, nella fattispecie:

a) non si ravvisa un arricchimento dell’Amministrazione correlato al depauperamento dell’aggiudicatario istante, in quanto gli aumenti dei costi del lavoro, se hanno senz’altro inciso sul bilancio della società interessata, non hanno tuttavia arricchito l’Amministrazione che ha sempre pagato il medesimo corrispettivo contrattuale, seppure incrementato dell’indice FOI, senza nessun effettivo incremento delle proprie disponibilità;

b) è decisiva la riscontrata presenza di una giusta causa per tali aumenti, ovvero la presenza di tabelle ministeriali che periodicamente incrementano i costi del lavoro in maniera costante rispetto all’inflazione, trattandosi di circostanze che rientrano nella normale alea del contratto e che in ultima analisi non possono ritenersi imprevedibili né ingiustificate;

c) il contratto d’appalto prevede che “il corrispettivo dell’appalto non varia nei casi in cui l’importo delle rette dovesse essere incrementato per disposizione regionale e di legge o per qualsiasi altro motivo”, escludendo quindi incrementi contrattuali in dipendenza di costi imposti, tra le altre cose, da disposizioni imperative.

A fortiori dunque, eventuali incrementi di costi basati su dette causali non possono ritenersi ingiustificati né fondare il diritto all’indennizzo dell’appaltatrice”.

 

Da ultimo, TAR Lazio, Roma, Sez. II-bis, 9 settembre 2024 n. 16164 ha affermato che.

-  l'istanza con la quale l'impresa richiede il riconoscimento della revisione dei prezzi costituisce l'atto di avvio di un procedimento amministrativo che sfocia in un provvedimento autoritativo, il quale deve essere impugnato nel termine decadenziale di legge (Cons. Stato, Sez. V, 27 novembre 2015 n. 5375, Consiglio di Stato sez. IV, 6 agosto 2014, n. 4207; sez. V, 24 gennaio 2013, n. 465; sez. V, 3 agosto 2012 n. 4444; Corte di Cassazione, SS.UU. 30 ottobre 2014, n. 23067);

- ne consegue che la posizione dell'appaltatore è di interesse legittimo, quanto alla richiesta di effettuare la revisione in base ai risultati dell'istruttoria (Cons. Stato, Sez. V, 22 dicembre 2014, n. 6275 e 24 gennaio 2013 n. 465), in presenza di una facoltà discrezionale riconosciuta alla stazione appaltante (Cass. SS.UU. 31 ottobre 2008, n. 26298), che deve effettuare un bilanciamento tra l'interesse dell'appaltatore alla revisione e l'interesse pubblico connesso sia al risparmio di spesa, sia alla regolare esecuzione del contratto aggiudicato. [...]. Alla stregua di tali considerazioni, la determinazione della revisione prezzi viene effettuata dalla stazione appaltante all'esito di un'istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell'acquisizione di beni e servizi (Consiglio di Stato, sez. III, 9/1/2017, n. 25 cit.) secondo un modello procedimentale volto al compimento di un'attività di preventiva verifica dei presupposti necessari per il riconoscimento del compenso revisionale, che sottende l'esercizio di un potere autoritativo di carattere discrezionale dell'amministrazione nei confronti del privato contraente, potendo quest'ultimo collocarsi su un piano di equiordinazione con l'amministrazione solo con riguardo a questioni involgenti l'entità della pretesa;

- è, pertanto, da escludere che la pretesa vantata dall'appaltatore abbia la consistenza di un diritto soggettivo perfetto suscettibile di accertamento e condanna da parte del giudice amministrativo; infatti, le citate disposizioni prescrivono che la determinazione sia effettuata dalla stazione appaltante all'esito di un'istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell'acquisizione di beni e servizi. Di conseguenza, la posizione del privato contraente si articolerà nella titolarità di un interesse legittimo con riferimento all'an della pretesa ed eventualmente in una situazione di diritto soggettivo con riguardo al quantum, ma solo una volta che sarà intervenuto il riconoscimento della spettanza di un compenso revisionale. Tale costruzione, ormai del tutto ininfluente ai fini del riparto di giurisdizione, per effetto dell'art. 133, lett. e), punto 2) cpa, che assoggetta l'intera disciplina della revisione prezzi alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, mantiene inalterata la sua rilevanza con riferimento alle posizioni giuridiche soggettive del contraente dell'amministrazione;

- la qualificazione in termini autoritativi del potere di verifica della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del compenso revisionale, comporta che il privato contraente potrà avvalersi solo dei rimedi e delle forme tipiche di tutela dell'interesse legittimo (Cons. Stato n. 1069/24 e n. 7756/22) rimanendo, pertanto, assoggettato alle relative preclusioni quale quella, di cui si è dato atto in precedenza, derivante dalla natura meramente confermativa dell’atto impugnato nel presente giudizio.

 

TAR Lazio, sez. II stralcio, 25 settembre 2024, n. 16592

(omissis)

Il primo motivo di ricorso va accolto.

L’art. 115 del d.lgs. n. 163/2006 prevede che “1. Tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo. La revisione viene operata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell'acquisizione di beni e servizi sulla base dei dati di cui all'articolo 7, comma 4, lettera c) e comma 5”.

In applicazione della normativa innanzi richiamata, il contratto di appalto stipulato tra AMA e SARIM prevedeva all’art. 8, comma 4, che “I corrispettivi contrattuali sono stati determinati a proprio rischio dal Prestatore in base ai propri calcoli, alle proprie indagini, alle proprie stime, e sono, pertanto, fissi ed invariabili, per tutta la durata del Contratto, indipendentemente da qualsiasi imprevisto o eventualità, facendosi carico il Prestatore di ogni relativo rischio, fatto salvo quanto previsto al successivo comma 5”, precisando, al successivo comma 5, che “AMA riconoscerà annualmente al Prestatore l’aggiornamento dei corrispettivi secondo le modalità previste dall’art. 115 del D.Lgs. n. 163/2006 e successive modifiche ed integrazioni, ove applicabili alla data di effettuazione dell’aggiornamento, ovvero in misura pari al 100% della variazione, accertata dall’ISTAT, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati (nella versione che esclude il calcolo dei tabacchi), verificatasi nel semestre precedente”.

Contrariamente a quanto affermato dalla difesa di Amsa nel caso di specie non si controverte in ordine all’istituto della revisione dei prezzi collegato a “circostanze eccezionali”, bensì in relazione alla revisione dei prezzi dovuta all’applicazione della clausola contrattuale di cui all’art. 8, comma 4, del contratto di appalto ai sensi della quale “AMA riconoscerà annualmente al Prestatore l’aggiornamento dei corrispettivi … in misura pari al 100% della variazione, accertata dall’ISTAT, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati (nella versione che esclude il calcolo dei tabacchi), verificatasi nel semestre precedente”], la cui controversia rientra nell’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. e), n. 2, del c.p.a. (TAR Lazio, Roma, Sez. II, n. 12916/2023).

Sotto il profilo dell’an, dunque, la revisione dei prezzi pattuiti, secondo l’indice ISTAT, si qualifica quale atto dovuto e non può essere messo in discussione in via unilaterale dalle parti che hanno stipulato il contratto di appalto.

La facoltà del prestatore di ottenere la revisione non è peraltro soggetta ad un termine di decadenza, semmai è il diritto soggettivo di credito al pagamento delle somme dovute a titolo di revisione ad essere soggetto a prescrizione; né tale facoltà è subordinata alla formulazione di una riserva (di revisione) da parte del prestatore nel corso dell’esecuzione del contratto; né infine l’esercizio di tale facoltà è precluso dalla volontà delle parti di prorogare l’efficacia del contratto ai sensi dell’art. 11 del r.d. n. 2440/1923 (quinto d’obbligo) e dell’art. 57, comma 5, lett. b), del d.lgs. n. 163/2006 (50% dell’importo contrattuale), come avvenuto nel caso di specie con la nota di AMA del 2017. La revisione era ed è quindi attivabile su iniziativa del prestatore entro il termine di prescrizione del diritto di credito.

Sotto il profilo del quantum, va invece accolta la deduzione della difesa di Ama che contesta il corretto computo degli importi dovuti contenuto nell’istanza di revisione e poi riprodotto nel ricorso, in quanto parte ricorrente ha applicato la variazione Istat “ad un importo di base calcolato in modo errato ossia applicando la variazione agli importi sostenuti nei periodi settembre 2016 – agosto 2017, settembre 2016 – agosto 2018, settembre 2016 – ottobre 2018, portando ad un’evidente duplicazione dell’adeguamento, poiché ad ogni semestre successivo al primo vengono sommati gli incrementi percentuali già calcolati per i semestri precedenti”.

Più in particolare, la difesa di Ama afferma che “Per la corretta determinazione del compenso revisionale occorre considerare quale base di calcolo l’importo aggiudicato, che quindi rimane immutato, ed applicare al medesimo la percentuale della variazione dell’indice dei prezzi al consumo accertata dall’ISTAT in ogni singolo semestre, da applicare successivamente al primo anno di servizio con decorrenza, nel caso in esame, dal mese di settembre 2016”.

Fermo quanto sopra, si osserva che la clausola sulla revisione stabilisce che la revisione è dovuta “annualmente” nell’importo “pari al 100% della variazione, accertata dall’ISTAT, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati (nella versione che esclude il calcolo dei tabacchi), verificatasi nel semestre precedente”.

Nel caso di specie, il contratto è stato stipulato il 30.11.2015, ma ha avuto esecuzione in data 2.11.2015 (come si evince dal provvedimento impugnato).

Ne consegue che la revisione dei prezzi opera, in relazione all’originario corrispettivo annuale pattuito, a decorrere dall’anno seguente a quella della sua esecuzione, nella misura della variazione dell’indice Istat “verificatasi nel semestre precedente”.

(omissis)

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