Principio della fiducia
1. L'attribuzione e l'esercizio del potere nel settore dei contratti pubblici si fonda sul principio della reciproca fiducia nell'azione legittima, trasparente e corretta dell'amministrazione, dei suoi funzionari e degli operatori economici.
2. Il principio della fiducia favorisce e valorizza l'iniziativa e l'autonomia decisionale dei funzionari pubblici, con particolare riferimento alle valutazioni e alle scelte per l'acquisizione e l'esecuzione delle prestazioni secondo il principio del risultato.
3. Nell'ambito delle attività svolte nelle fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione dei contratti, ai fini della responsabilità amministrativa costituisce colpa grave la violazione di norme di diritto e degli auto-vincoli amministrativi, nonché la palese violazione di regole di prudenza, perizia e diligenza e l'omissione delle cautele, verifiche ed informazioni preventive normalmente richieste nell'attività amministrativa, in quanto esigibili nei confronti dell'agente pubblico in base alle specifiche competenze e in relazione al caso concreto. Non costituisce colpa grave la violazione o l'omissione determinata dal riferimento a indirizzi giurisprudenziali prevalenti o a pareri delle autorità competenti.
4. Per promuovere la fiducia nell'azione legittima, trasparente e corretta dell'amministrazione, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti adottano azioni per la copertura assicurativa dei rischi per il personale, nonché per riqualificare le stazioni appaltanti e per rafforzare e dare valore alle capacità professionali dei dipendenti, compresi i piani di formazione di cui all'articolo 15, comma 7.
1 - Autonomia decisionale
Il principio della fiducia, codificato dal d.lgs. n. 36 del 2023, è finalizzato a valorizzare l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici e comporta che ogni stazione appaltante sia tenuta a svolgere le gare non solo rispettando la legalità formale ma tenendo sempre presente che ogni gara è funzionale a realizzare un’opera pubblica (o ad acquisire servizi e forniture) nel modo più rispondente agli interessi della collettività; è un principio che amplia i poteri valutativi e la discrezionalità della p.a. ma che non può tradursi nella legittimazione di scelte discrezionali che tradiscono l’interesse pubblico sotteso ad una gara, le quali, invece, dovrebbero in ogni caso tendere al suo miglior soddisfacimento. Non si tratta, peraltro, di una fiducia unilaterale o incondizionata; la disposizione precisa infatti che la fiducia è reciproca e investe, quindi, anche gli operatori economici che partecipano alle gare. È legata a doppio filo a legalità, trasparenza e correttezza, rappresentando, sotto questo profilo, una versione evoluta del principio di presunzione di legittimità dell’azione amministrativa. TAR Catania, III, n. 3738/2023.
Secondo TAR Catania, Sez. III, 7 febbraio 2024, n. 478, la ratio che pervade il nuovo impianto codicistico adottato in materia di contratti pubblici con il suddetto d.lgs. n. 36/2023, erge, tra i suoi capisaldi, il c.d. principio della fiducia, introdotto dall’art. 2 con il preciso fine di valorizzare l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici, con particolare riferimento alle valutazioni e alle scelte per l’acquisizione e l’esecuzione delle prestazioni oggetto di gara. Tale principio-guida amplia i poteri valutativi e la discrezionalità della p.a., in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile”. Proprio il perseguimento di tale interesse pubblico costituisce il “risultato” cui deve tendere l’appalto, rappresentando, come previsto dall’art. 1 del predetto d.lgs. 36/2023, il “criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale”. Il risultato che l’amministrazione deve perseguire, invero, deve essere “virtuoso”, risultando tale quello che possa portare a diminuire i costi di un servizio assicurando allo stesso tempo l’accrescimento della qualità e della produttività”. In questo quadro, in presenza di una “verifica facoltativa” della congruità dell’offerta di un operatore economico in una gara sotto-soglia, va riconosciuta alle stazioni appaltanti un’ampia discrezionalità con riguardo alla scelta di procedere, o no, alla verifica, con la conseguenza che il ricorso all’istituto (come pure la mancata applicazione di esso) non necessita di una particolare motivazione né può essere sindacato se non nelle ipotesi, remote, di macroscopica irragionevolezza o di decisivo errore di fatto”. La verifica di congruità di un'offerta non può essere effettuata attraverso un giudizio comparativo che coinvolga altre offerte, perché va condotta con esclusivo riguardo agli elementi costitutivi dell'offerta analizzata ed alla capacità dell'impresa - tenuto conto della propria organizzazione aziendale e, se del caso, della comprovata esistenza di particolari condizioni favorevoli esterne - di eseguire le prestazioni contrattuali al prezzo proposto, essendo ben possibile che un ribasso sostenibile per un concorrente non lo sia per un altro, per cui il raffronto fra offerte differenti non è indicativo al fine di dimostrare la congruità di una di esse, non avendo per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell'offerta economica, la verifica di anomalia dell’offerta mira - quindi - ad accertare se in concreto essa risulti, nel suo complesso, attendibile e affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell'appalto; pertanto, la valutazione di congruità deve essere globale e sintetica, senza concentrarsi esclusivamente e in modo parcellizzato sulle singole voci di prezzo”.
Sul tema dell’appalto integrato si è pronunciato il Cons. Stato, Sez V, 2 aprile 2024 n. 3007, prevedendo che: “L’art. 24 comma 7 d.lgs. n. 50 del 2016 (…) è applicabile solo nel rapporto fra progettazione ed esecuzione dei lavori e non già nel rapporto fra diversi livelli di progettazione, come evincibile dalla diversità di disciplina posta dagli artt. 23, comma 12, e 24, comma 7, del d.lgs. n. 50 del 2016.(…) Ed invero nel nuovo codice il principio di continuità della progettazione è ulteriormente valorizzato, essendo a fondamento della previsione contenuta nel comma 8 dell’art. 41 che prevede – stante l’avvenuta eliminazione del livello della progettazione definitiva – che alla redazione del progetto esecutivo provvede, di regola, lo stesso soggetto che ha predisposto il progetto di fattibilità tecnico-economica, per evidenti ragioni connesse alle garanzie di coerenza e speditezza. L’affidamento disgiunto non è precluso, imponendosi, però, l’esplicitazione delle ragioni per le quali si rende necessario, nonché l’accettazione da parte del nuovo progettista, senza riserve, dell’attività progettuale svolta in precedenza (in tal senso la relazione al codice redatta ad opera del Consiglio di Stato). Infine nel nuovo codice, approvato con d.l.gs. n. 36 del 2023, il divieto di appalto integrato può dirsi superato nella ricorrenza di presupposti indicati nell’art. 44, adottato in attuazione di quanto indicato nella legge delega, con cui si è affidato al legislatore delegato il compito di individuare le “ipotesi in cui le stazioni appaltanti possono ricorrere all'affidamento congiunto della progettazione e dell'esecuzione dei lavori, fermi restando il possesso della necessaria qualificazione per la redazione dei progetti nonché l'obbligo di indicare nei documenti di gara o negli inviti le modalità per la corresponsione diretta al progettista, da parte delle medesime stazioni appaltanti, della quota del compenso corrispondente agli oneri di progettazione indicati espressamente in sede di offerta dall'operatore economico, al netto del ribasso d'asta” (art. 1, comma 2, lett. ee) della l. n. 78 del 2022).
Sul ruolo dei principi di risultato e di fiducia in relazione a quello euro-unitario di equivalenza funzionale, cfr. TAR Campania Napoli, Sez. V, 6 maggio 2024, n. 2959, secondo cui: “Il particolare ruolo che il nuovo Codice dei contratti pubblici attribuisce ai due principi che guidano l'interprete nella lettura e nell'applicazione del nuovo impianto normativo di settore e della disciplina di gara, ovverosia il principio del risultato e il correlato principio della fiducia.
Il primo, previsto dall'art. 1 del predetto D.lgs. n. 36 del 2023, costituisce "criterio prioritario per l'esercizio del potere discrezionale" ed è legato da un nesso inscindibile con la "concorrenza", la quale opera in funzione del primo rendendosi funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell'affidare ed eseguire i contratti. L'amministrazione, pertanto, deve tendere al miglior risultato possibile, in "difesa" dell'interesse pubblico per il quale viene prevista una procedura di affidamento.
Il nuovo principio-guida della fiducia, introdotto dall'art. 2 del D.lgs. n. 36 del 2023, porta invece a valorizzare l'autonomia decisionale dei funzionari pubblici e afferma una regola chiara: ogni stazione appaltante ha la responsabilità delle gare e deve svolgerle non solo rispettando la legalità formale, ma tenendo sempre presente che ogni gara è funzionale a realizzare un'opera pubblica (o ad acquisire servizi e forniture) nel modo più rispondente agli interessi della collettività. Trattasi quindi di un principio che amplia i poteri valutativi e la discrezionalità della p.a., in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile. Tale "fiducia", tuttavia, non può tradursi nella legittimazione di scelte discrezionali che, in ossequio ad un’interpretazione formalistica delle disposizioni di gara, tradiscono l'interesse pubblico sotteso ad una gara, le quali, per contro, dovrebbero in ogni caso tendere al suo miglior soddisfacimento. Non si tratta, peraltro, di una fiducia unilaterale o incondizionata. La disposizione precisa infatti che la fiducia è reciproca e, dunque, investe anche gli operatori economici che partecipano alle gare. È legata a doppio filo a legalità, trasparenza e correttezza, rappresentando, sotto questo profilo, una versione evoluta del principio di presunzione di legittimità dell'azione amministrativa.”
Sulla portata “estensiva” del principio del risultato, quale espressione della cd. amministrazione di risultato di cui all’art. 97 Cost. cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 4 giugno 2024, n. 4996, secondo cui: “Come chiarito da questo Consiglio di Stato (sez. III, 15.11.2023 n. 9812 e 26.03.2024 n. 286), anche se il “principio del risultato” è stato reso solo di recente esplicito dal nuovo Codice dei contratti pubblici del 2023, tale principio era già “immanente” al sistema della c.d. amministrazione di risultato (ricondotto al principio di buon andamento dell’attività amministrativa, già prima dell’espressa affermazione contenuta nell’art. 1 del d.lgs. n. 36 del 2023). Di conseguenza, il risultato può essere adottato dal Giudice quale criterio orientativo anche per i casi in cui debba essere risolto il dubbio sulla sorte di procedure ad evidenza pubblica non rette dal d.lgs. n. 36/2023 (Cons. Stato, sez. V, 27.02.2024 n. 1924). L’amministrazione, pertanto, deve tendere al miglior risultato possibile, in “difesa” dell’interesse pubblico per il quale viene prevista una procedura ad evidenza pubblica, trattandosi, come ha autorevolmente insegnato la predetta giurisprudenza “di un principio considerato quale valore dominante del pubblico interesse da perseguire (…) e che esclude che l’azione amministrativa sia vanificata ove non si possano ravvisare effettive ragioni che ostino al raggiungimento dell’obiettivo finale (…).
Ne deriva che quando l’area di servizio interessa una Provincia che viene irradiata da un impianto che si trova in altra regione; comunque deve essere raggiunta, al fine del godimento della misura economica in questione, una intesa con la società che detiene il canale per l’area di copertura della Provincia nella diversa regione.”