Norme procedimentali e processuali in tema di accesso

1. L'offerta dell'operatore economico risultato aggiudicatario, i verbali di gara e gli atti, i dati e le informazioni presupposti all'aggiudicazione sono resi disponibili, attraverso la piattaforma di approvvigionamento digitale di cui all'articolo 25 utilizzata dalla stazione appaltante o dall'ente concedente, a tutti i candidati e offerenti non definitivamente esclusi contestualmente alla comunicazione digitale dell'aggiudicazione ai sensi dell'articolo 90.

2. Agli operatori economici collocatisi nei primi cinque posti in graduatoria sono resi reciprocamente disponibili, attraverso la stessa piattaforma, gli atti di cui al comma 1, nonché le offerte dagli stessi presentate.

3. Nella comunicazione dell'aggiudicazione di cui al comma 1, la stazione appaltante o l'ente concedente dà anche atto delle decisioni assunte sulle eventuali richieste di oscuramento di parti delle offerte di cui ai commi 1 e 2, indicate dagli operatori ai sensi dell'articolo 35, comma 4, lettera a).

4. Le decisioni di cui al comma 3 sono impugnabili ai sensi dell'articolo 116 del codice del processo amministrativo, di cui all'allegato I al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, con ricorso notificato e depositato entro dieci giorni dalla comunicazione digitale della aggiudicazione. Le parti intimate possono costituirsi entro dieci giorni dal perfezionamento nei propri confronti della notifica del ricorso.

5. Nel caso in cui la stazione appaltante o l'ente concedente ritenga insussistenti le ragioni di segretezza indicate dall'offerente ai sensi dell'articolo 35, comma 4, lettera a), l'ostensione delle parti dell'offerta di cui è stato richiesto l'oscuramento non è consentita prima del decorso del termine di impugnazione delle decisioni di cui al comma 4.

6. Nel caso di cui al comma 4 la stazione appaltante o l'ente concedente può inoltrare segnalazione all'ANAC la quale può irrogare una sanzione pecuniaria nella misura stabilita dall'articolo 222, comma 9, ridotta alla metà nel caso di pagamento entro trenta giorni dalla contestazione, qualora vi siano reiterati rigetti di istanze di oscuramento.

7. Il ricorso di cui al comma 4 è fissato d'ufficio in udienza in camera di consiglio nel rispetto di termini pari alla metà di quelli di cui all'articolo 55 del codice di cui all'allegato I al decreto legislativo n. 104 del 2010 ed è deciso alla medesima udienza con sentenza in forma semplificata, da pubblicarsi entro cinque giorni dall'udienza di discussione, e la cui motivazione può consistere anche in un mero richiamo delle argomentazioni contenute negli scritti delle parti che il giudice ha inteso accogliere e fare proprie.

8. Il rito e i termini di cui ai commi 4 e 7 si applicano anche nei giudizi di impugnazione.

9. Il termine di impugnazione dell'aggiudicazione e dell'ammissione e valutazione delle offerte diverse da quella aggiudicataria decorre comunque dalla comunicazione di cui all'articolo 90.

 

1 - Accesso e dies a quo del termine di ricorso nel vecchio codice

Sui rapporti tra accesso e dies a quo per il computo del termine del  ricorso giurisdizionale ex artt. 120 cpa, la giurisprudenza, con riferimento al vecchio codice, ha stabilito (Cons. Stato, V  n. 2736 del 2023 e n. 2796 del 2023; Ord. n 1977/ 2024) che, in linea generale, il termine per impugnare è di 45 giorni dalla comunicazione egli esiti della procedura. Ciò però implica che: a) entro 15 giorni il privato formuli istanza di accesso; b) l’amministrazione consenta accesso entro i successivi 15 giorni.

Sul piano patologico: a) se il privato non rispetta il termine di 15 giorni per istanza di accesso, si applica il termine ordinario di 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento di aggiudicazione (oppure di esclusione, come nel caso di specie); b) se invece è la PA a non rispettare il termine di 15 giorni per consentire l’accesso, allora i 30 giorni decorrono dalla effettiva ostensione dei documenti ossia dalla “piena conoscenza” dei motivi (di aggiudicazione oppure i esclusione, come nella specie).

Resta da vedere quale sarà l’incidenza della   nuova disciplina dettata dagli artt. 35 e 36 cpa , che ha previsto un meccanismo di pubblicità digitale degli atti relativi alla procedura di gara con riguardo alla posizione dei primi cinque concorrenti.

Annotazioni


2 - Accesso e dies a quo del termine di ricorso nel nuovo codice

Secondo TAR  Lazio, II ter, ordinanza n. 4519/2024 e sentenza n. 4477/2024,  alla luce del combinato disposto dell’art. 209, comma 1, lett. a), punto 2, secondo periodo,  e dell'articolo 36, commi 1 e 2, del nuovo  codice,  in forza della disposizione richiamata, il termine di trenta giorni per proporre ricorso decorre, in ogni caso, dal momento in cui i documenti di gara vengono messi a disposizione degli operatori, e non dalla comunicazione di avvenuta aggiudicazione. E, trattandosi di una norma processuale, essa troverebbe immediata applicazione nel presente giudizio, nonostante la procedura di affidamento fosse soggetta, ratione temporis, alla disciplina del previgente D. Lgs. n. 50 del 2016. In senso critico si rileva, tuttavia (vedi Ord. Cons. stato V, causa 2258/24 c.c. 26 marzo 2024) che il nuovo Codice dei contratti pubblici ha introdotto una disciplina in parte innovativa sul procedimento di accesso ai documenti di gara, coerentemente con la profonda digitalizzazione delle procedure di affidamento prefigurata nel medesimo Decreto (art. 21 ss.). L’operatività della regola processuale richiamata dal Tar è, dunque, evidentemente condizionata alla effettiva realizzazione della digitalizzazione dei contratti pubblici e, in particolare, alla gestione delle gare mediante la piattaforma di approvvigionamento di cui le stazioni appaltanti si sono dotate – o, comunque, avrebbero dovuto dotarsi – entro il 1° gennaio 2024, in ossequio alle disposizioni transitorie e di coordinamento contenute all’art. 225 del nuovo Codice. Pertanto, la disposizione processuale, che ancorerebbe il termine per proporre ricorso al momento in cui i verbali e i documenti di gara vengono caricati sul portale, così come previsto dal richiamato art. 36 del nuovo Codice, potrebbe evidentemente trovare applicazione solo a decorrere dal 1° gennaio 2024 o, comunque, dal momento in cui la stazione appaltante si sia effettivamente dotata della piattaforma di approvvigionamento e se ne sia in concreto avvalsa per la gestione della gara.In ogni caso non appare condivisibile la lettura che il Tar fornisce del richiamato art. 209 del D. Lgs. n. 36 del 2023. Tale norma, infatti, deve essere coordinata con il comma 9 dell’art. 36, secondo cui, in coerenza e in continuità con la disciplina previgente e con gli indirizzi maturati al riguardo nella consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato,il termine di impugnazione dell'aggiudicazione e dell'ammissione e valutazione delle offerte diverse da quella aggiudicataria decorre comunque dalla comunicazione di cui all'articolo 90”. Se la nuova disciplina introdotta dall’art. 209 avesse introdotto la diversa regola secondo cui, in ogni caso, il termine d’impugnazione decorre dall’effettiva messa a disposizione dei verbali e della documentazione di gara, indipendentemente dal momento in cui è stata comunicata l’aggiudicazione, di tale significativa innovazione si dovrebbe trovare una spiegazione, o quantomeno un accenno, nella Relazione sullo schema definitivo del Codice predisposta dal Consiglio di Stato. Invece, nella Relazione, a p. 247, si legge unicamente che “l’art. 120 c.p.a. è stato aggiornato sostituendo i riferimenti alle disposizioni del d. lgs. 18 aprile 2016, n. 50, con quelli del nuovo codice dei contratti pubblici; è stato inoltre sempre aggiunto il riferimento 12 alle concessioni”, senza specificare nulla riguardo alla assai rilevante questione del termine di impugnazione. Un riferimento significativo in tal senso è invece riportato a p. 54, nella parte di commento all’art. 36: “il comma 9 reca, infine, indicazioni per la individuazione del termine di impugnazione dell’aggiudicazione e dell’ammissione e valutazione delle offerte diverse da quella dell’aggiudicataria, il quale decorre comunque dalla comunicazione di cui all’articolo 90”.

Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 18 ottobre 2024, n. 8352, secondo cui: “L’art. 36 del medesimo codice, nei primi due commi, prevede, a sua volta, che: “1. L'offerta dell'operatore economico risultato aggiudicatario, i verbali di gara e gli atti, i dati e le informazioni presupposti all'aggiudicazione sono resi disponibili, attraverso la piattaforma di approvvigionamento digitale di cui all'articolo 25 utilizzata dalla stazione appaltante o dall'ente concedente, a tutti i candidati e offerenti non definitivamente esclusi contestualmente alla comunicazione digitale dell'aggiudicazione ai sensi dell'articolo 90. 2. Agli operatori economici collocatisi nei primi cinque posti in graduatoria sono resi reciprocamente disponibili, attraverso la stessa piattaforma, gli atti di cui al comma 1, nonché le offerte dagli stessi presentate”.

In base alla trascritta disciplina processuale, il dies a quo del termine decadenziale stabilito per l’impugnazione degli atti di gara, coincide, dunque, con quello in cui l’interessato acquisisce, o è messo in grado di acquisire, piena conoscenza degli atti che lo ledono.

Tale normativa, che persegue l’obiettivo di evitare i c.d. ricorsi “al buio”, si pone in linea con l’orientamento espresso dal giudice euro unitario secondo cui “la direttiva 89/665, e in particolare i suoi articoli 1 e 2 quater, letti alla luce dell'articolo 47 della Carta, deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede che i ricorsi avverso i provvedimenti delle amministrazioni aggiudicatrici recanti ammissione o esclusione dalla partecipazione alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici debbano essere proposti, a pena di decadenza, entro un termine di 30 giorni a decorrere dalla loro comunicazione agli interessati, a condizione che i provvedimenti in tal modo comunicati siano accompagnati da una relazione dei motivi pertinenti tale da garantire che detti interessati siano venuti o potessero venire a conoscenza della violazione del diritto dell'Unione dagli stessi lamentata” (cfr. Corte di giustizia UE, Sez. IV, ord. 14 febbraio 2019, in C- 54/18; Cons. Stato, Sez. V, 6 dicembre 2022, n. 10696).

Nel caso di specie, non risulta che la stazione appaltante abbia messo a disposizione dell’odierna appellante tutti gli atti del procedimento di gara, se non a seguito della richiesta di accesso da quest’ultima avanzata.

Ne consegue che, come correttamente dedotto nell’appello, il termine per impugnare non poteva iniziare a decorrere se non dall’ostensione della documentazione oggetto dell’istanza di accesso, avvenuta in data 21 dicembre 2023.

Il ricorso di primo grado, notificato in data 22 gennaio 2024 doveva, quindi, considerarsi tempestivo, tenuto conto che il giorno 20 gennaio cadeva di sabato.

La doglianza sarebbe fondata anche laddove alla procedura di che trattasi fosse stata applicabile la disciplina vigente precedentemente alle modifiche introdotte dal D. Lgs. n. 36/2023.

La giurisprudenza formatasi nel vigore del precedente regime ha, infatti, affermato i seguenti principi:

a) quando i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l'offerta dell'aggiudicatario, ovvero delle giustificazioni rese nell'ambito del procedimento di verifica dell'anomalia dell'offerta, la proposizione dell'istanza d'accesso agli atti di gara comporta una dilazione temporale del termine per ricorrere pari a quindici giorni (ex art. 76, comma 2, del citato D. Lgs. n. 50/2016);

b) presupposto per l'applicazione della dilazione temporale è, a sua volta (oltreché la natura del vizio da far valere, il quale non deve essere evincibile se non all'esito dell'acquisizione documentale) la tempestività dell'istanza d'accesso, avanzata, cioè, entro quindici giorni dalla comunicazione dell'aggiudicazione;

c) laddove la stazione appaltante non dia immediata conoscenza degli atti di gara reclamati, in specie mediante tempestiva risposta alla (anch'essa tempestiva) domanda d'accesso, da evadere entro il termine di quindici giorni, si farà applicazione dell'ordinario termine d'impugnazione di trenta giorni, decorrente dalla effettiva ostensione dei documenti richiesti (Cons. Stato, A.P. 2 luglio 2020, n. 12; Sez. V, 27 marzo 2024, n. 2882; 7 febbraio 2024, n. 1263; 20 marzo 2023, n. 2796; Sez. III, 15 marzo 2022, n. 1792).

Nel caso di specie la società Arcasensa Agostino ha presentato la richiesta di accesso ad atti la cui conoscenza era necessaria ai fini della formulazione delle contestazioni dedotte, entro i quindici giorni dalla pubblicazione del provvedimento di aggiudicazione, mentre i documenti sono stati consegnati oltre il termine assegnato all’amministrazione per rispondere. Conseguentemente, il termine decadenziale di trenta giorni per impugnare l’aggiudicazione decorreva, per intero, dal momento dell’effettiva ostensione dei documenti richiesti.

In contrario non vale obiettare che il termine assegnato alla stazione appaltante per provvedere sarebbe stato rispettato, in quanto, in data 6 dicembre 2023 e, quindi, entro i quindici giorni dall’istanza d’accesso, la medesima aveva comunicato alla richiedente di aver notificato, ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. 12 aprile 2006, n. 184, la suddetta richiesta ai controinteressati, allo scopo di consentire loro di manifestare eventuale opposizione alla consegna.

E invero:

a) in base all’art. 53, comma 1, del codice dei contratti pubblici di cui al D. Lgs. n. 50/2016, la legge generale sul procedimento amministrativo (L. 7 agosto 1990, n. 241, artt. 22 e ss.) trova applicazione in tema di diritto di accesso agli atti della procedura di gara soltanto per i profili non espressamente e puntualmente disciplinati dal medesimo codice;

b) ai sensi del comma 5, lett. a) del suddetto art. 53 i concorrenti devono manifestare l’opposizione all’ostensione delle informazioni che costituiscono segreti tecnici o commerciali in sede di offerta, con motivata e comprovata dichiarazione che attesti l’esigenza di tutelare tali segreti, spettando all’amministrazione, cui pervenga l’istanza di accesso, valutare se la dichiarazione in precedenza resa risulti adeguatamente motivata e comprovata (Cons. Stato, Sez. IV, 28 Luglio 2016, n. 3431).

Il che rendeva superflua e ridondante la comunicazione di cui al ricordato art. 3 del D.P.R. n. 184 del 2006.

Vanno, a questo punto, affrontate le censure prospettate in primo grado, che il Tribunale non ha esaminato e che sono state ritualmente riproposte.

Il Collegio rileva che nessuna delle censure dedotte nei confronti della seconda classificata risulta supportata da elementi di prova, il che ne preclude l'accoglimento.

Ciò determina il venir meno dell'interesse all'esame delle doglianze rivolte nei confronti dell'aggiudicataria, atteso che anche laddove le stesse risultassero fondate l'odierna appellante non potrebbe conseguire l'aggiudicazione della gara, non potendo, comunque, sopravanzare l’A.T.I. classificatasi al secondo posto.

Dalle esposte considerazioni discende l'inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto d'interesse.

L'appello va, pertanto, respinto confermando la sentenza gravata con diversa motivazione.

Sussistono eccezionali ragioni per disporre l’integrale compensazione di spese e onorari di giudizio.

Nello stesso senso, Cons. Stato, Sez. V, 15 ottobre 2024, nn. 8257 e 8258.

Annotazioni


3 - Accesso agli atti della gara e tempestività del ricorso giudiziale

In tema di richiesta di accesso agli atti della gara e tempestività del ricorso giudiziale cfr. T.A.R. Campobasso (Molise), Sez. I, 11 marzo 2024, n. 70, secondo cui: “La presentazione della richiesta di accesso agli atti, se funzionale all’acquisizione di elementi su cui fondare l’impugnazione dell’aggiudicazione, determina il differimento del termine di presentazione del relativo ricorso giudiziale, non sussistendo nella materia degli appalti pubblici e a carico del ricorrente l’onere di impugnazione “al buio””.

Sul tema cfr., altresì, T.a.r. per la Campania, Salerno, sezione II, 25 settembre 2024, n. 1721 secondo cui: “Nell'ambito delle controversie ex art. 120 c.p.a. laddove la comunicazione degli esiti di gara abbia esaustivamente soddisfatto l’interesse sostanziale conoscitivo e non sia necessario attendere la messa a disposizione per tutti i concorrenti non esclusi, trova applicazione il tradizionale termine decadenziale dei trenta giorni ai fini dell’esperibilità del ricorso avverso gli atti di gara. Allorché, invece, la conoscenza di atti ulteriori e diversi assurga a condizione ineludibile per poter acquisire una pienezza conoscitiva, rintracciabile mediante l’istituto dell’accesso formale, allora opera la logica della dilazione temporale con un’estensione fi no ai 45 giorni.

In materia di appalti pubblici, le proposte migliorative – consistenti in soluzioni tecniche che investono singole lavorazioni ovvero singoli aspetti tecnici dell’opera, non incidenti sulla struttura, sulla funzione e sulla tipologia del progetto a base di gara – si differenziano dalle varianti perché le seconde si sostanziano in vere e proprie modifiche del progetto dal punto divista tipologico, strutturale e funzionale, per la cui ammissibilità è necessaria una previa manifestazione di volontà della stazione appaltante.”.

In senso contrario, cfr. TAR Lazio, Sez. IV, 1° luglio 2024, n. 13225 (si veda art. 35)

Annotazioni


4 - Applicazione della disciplina dell’accesso di cui alla l. n. 241/1990

TAR Milano, sez. IV, 30 settembre 2024, n. 2520

Nel caso in cui la Stazione appaltante, in violazione del disposto di cui all'art. 36, commi 1 e 2, d.lgs. n. 36/2023, ometta, integralmente o parzialmente, di mettere a disposizione dei primi cinque concorrenti classificati le offerte degli altri quattro concorrenti e la restante documentazione di gara, deve applicarsi l'ordinario procedimento di accesso agli atti, disciplinato dalla legge n. 241/1990, e la disciplina processuale ricavabile dall'art. 116 c.p.a., non essendo applicabili le previsioni contente nel rito super speciale di cui all'art. 36, commi 4 e 7, del nuovo Codice.

(omissis)

1.2. Una volta individuata la normativa applicabile è necessario verificare le modalità con cui procedere alla soluzione del caso concreto. L’art. 36 del D. Lgs. n. 36 del 2023 regolamenta il procedimento di accesso agli atti, nella fase successiva alla conclusione della gara, in maniera peculiare, prevedendo che “l’offerta dell’operatore economico risultato aggiudicatario, i verbali di gara e gli atti, i dati e le informazioni presupposti all’aggiudicazione sono resi disponibili, attraverso la piattaforma di approvvigionamento digitale di cui all’articolo 25 utilizzata dalla stazione appaltante o dall’ente concedente, a tutti i candidati e offerenti non definitivamente esclusi contestualmente alla comunicazione digitale dell’aggiudicazione ai sensi dell’articolo 90” (comma 1) e che “agli operatori economici collocatisi nei primi cinque posti in graduatoria sono resi reciprocamente disponibili, attraverso la stessa piattaforma, gli atti di cui al comma 1, nonché le offerte dagli stessi presentate” (comma 2). Viene specificato che “nella comunicazione dell’aggiudicazione di cui al comma 1, la stazione appaltante o l’ente concedente dà anche atto delle decisioni assunte sulle eventuali richieste di oscuramento di parti delle offerte … indicate dagli operatori …” (comma 3). Con norma di carattere processuale si prevede, infine, che “le decisioni di cui al comma 3 sono impugnabili ai sensi dell’articolo 116 del codice del processo amministrativo, di cui all’allegato I al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, con ricorso notificato e depositato entro dieci giorni dalla comunicazione digitale della aggiudicazione” (comma 4).

Come emerge dal delineato quadro normativo, la Stazione appaltante è obbligata, in via automatica e immediatamente, a mettere a disposizione dei primi cinque classificati nella procedura, oltre che i verbali di gara e gli atti, i dati e le informazioni presupposti all’aggiudicazione, anche le offerte degli altri quattro concorrenti, salvo procedere all’oscuramento di queste nelle parti che “costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali”. Una volta messi a disposizione tali documenti, le contestazioni avverso le “decisioni assunte sulle eventuali richieste di oscuramento di parti delle offerte” sono svolte attraverso il già citato rito (super speciale) di cui al comma 4.

La descritta normativa tuttavia non regolamenta in maniera espressa, né sotto il profilo sostanziale né da un punto di vista processuale, il procedimento che eventualmente avesse ad oggetto l’accesso alle offerte dei primi cinque concorrenti utilmente classificati in graduatoria in caso di omissione, integrale o parziale, della loro comunicazione da parte della Stazione appaltante (sebbene siffatta condotta risulti in contrasto con i precetti, aventi natura cogente, contenuti nei commi 1 e 2 dell’art. 36 del D. Lgs. n. 36 del 2023).

Pertanto spetta all’interprete ricostruire la disciplina applicabile alla richiamata fattispecie, in modo da consentire ai concorrenti che intendessero accedere alla documentazione di gara di poter superare, sia in fase procedimentale che processuale, le omissioni, totali o parziali, della Stazione appaltante in ordine a tali aspetti.

Il punto di partenza di tale ragionamento è rappresentato dalle già richiamate previsioni contenute nel comma 4 dell’art. 36 del D. Lgs. n. 36 del 2023, che stabiliscono che le decisioni avverso l’oscuramento o l’esibizione integrale del contenuto delle offerte sono impugnabili ai sensi dell’art. 116 cod. proc. amm., con ricorso notificato e depositato entro dieci giorni dalla comunicazione digitale della aggiudicazione. La richiamata disposizione però, come in precedenza rilevato, non contempla affatto l’evenienza in cui le offerte dei concorrenti (e la restante documentazione) non vengano messe a disposizione dei predetti partecipanti alla gara, contestualmente alla comunicazione digitale dell’aggiudicazione, come avvenuto nel caso oggetto di controversia.

1.2.1. Secondo una possibile interpretazione, che sembrerebbe avallata anche dalla rubrica del medesimo art. 36 (“Norme procedimentali e processuali in tema di accesso”), il procedimento di cui alla citata disposizione potrebbe applicarsi anche nel caso in cui la Stazione appaltante non metta a disposizione dei concorrenti, in tutto o in parte, la documentazione relativa alla gara appena conclusa, poiché la previsione di un rito processuale “super speciale”, strettamente correlato alla necessità di garantire un sollecito svolgimento dei giudizi in materia di appalti pubblici, si riferirebbe indistintamente a tutti gli aspetti concernenti la fase dell’accesso agli atti della procedura di gara; ciò determinerebbe l’applicazione di un uniforme regime giuridico a tutte le questioni afferenti all’accesso agli atti di gara e garantirebbe una celere definizione delle stesse, considerate le previsioni contenute nel comma 7 dell’art. 36, che impongono ristrette tempistiche processuali anche in fase di decisione della controversia relativa all’accesso.

Ove si accogliesse siffatta tesi, il concorrente che avesse interesse a conoscere il contenuto di un qualsivoglia documento di gara, in caso di mancata immediata e spontanea ostensione della predetta documentazione da parte della Stazione appaltante, dovrebbe incardinare il giudizio ai sensi dell’art. 116 cod. proc. amm. nel ristretto termine di dieci giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione della procedura, non essendo prevista (e nemmeno possibile) alcuna previa interlocuzione, in via procedimentale, tra il concorrente istante e la Stazione appaltante.

1.2.2. Tuttavia la richiamata interpretazione, sebbene funzionale a una rapida definizione delle questioni afferenti all’accesso agli atti di gara, che hanno natura incidentale e di regola sono pregiudiziali rispetto al vero e proprio contenzioso in materia di appalti, non sembra praticabile per una serie di concorrenti ragioni di carattere testuale e di sistema, che appaiono difficilmente superabili.

Deve premettersi che in materia processuale vige una riserva assoluta di legge, poiché l’art. 111, primo comma, Cost. stabilisce che “la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge”. Quindi non è consentito a fonti di rango secondario integrare la disciplina contenuta nella legge, poiché “la disciplina processuale dell’attività giurisdizionale è riservata alla legge in termini «assoluti» e non «relativi»” (Consiglio di Stato, Ad. plen., 12 aprile 2024, n. 5; anche, Ad. plen., 22 marzo 2024, n. 4), con ciò garantendosi altresì il rispetto dell’ampia discrezionalità di cui gode il legislatore in tema di disciplina degli istituti processuali (Corte costituzionale, sentenze n. 148 del 2021, n. 271 del 2019 e n. 94 del 2017), che sono destinati a garantire a tutti i consociati sia il diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, sia il correlato diritto di difesa, in attuazione della previsione contenuta nell’art. 24 Cost.

Affinché la riserva assoluta di legge sia rispettata è necessario altresì che in sede di applicazione della normativa processuale sia utilizzato un criterio di interpretazione assolutamente rispettoso della lettera della norma, dovendosi escludere la possibilità di procedere a interpretazioni di tipo estensivo o funzionale che non trovino un diretto riferimento nel senso attribuibile alla lettera della disposizione da applicare (in presenza di un univoco tenore della norma, ove si dubiti della sua conformità a Costituzione, il tentativo interpretativo deve cedere il passo al sindacato di legittimità costituzionale: Corte costituzionale, sentenza n. 253 del 2020).

La riserva di legge processuale – in aggiunta a una interpretazione strettamente letterale delle pertinenti disposizioni – ha la finalità di garantire il diritto di azione e di difesa in giudizio a tutti i consociati in un quadro di certezze, essendo il diritto processuale strumentale alla tutela dei diritti dei singoli, anche di quelli qualificati come fondamentali (cfr. Corte costituzionale, sentenze n. 148 del 2021 e n. 77 del 2007). La modifica dello spettro applicativo della norma processuale, in assenza di una effettiva riferibilità della stessa alla fattispecie, si pone in contrasto con la richiamata finalità e determina una grave lesione della posizione giuridica di almeno una delle parti del giudizio (opera su un piano differente, ossia nel caso di mutamento nel corso del tempo dell’interpretazione di una norma processuale, l’istituto del “prospective overruling”, che, ferma restando la premessa della natura meramente dichiarativa degli enunciati giurisprudenziali, mira a sterilizzare le conseguenze pregiudizievoli del nuovo indirizzo interpretativo: Cass. civ., SS.UU., 12 febbraio 2019, n. 4135; Consiglio di Stato, IV, 2 novembre 2023, n. 9434).

Difatti, con specifico riferimento alla fattispecie de qua, una “estensione” del disposto di cui al comma 4 dell’art. 36 del D. Lgs. n. 36 del 2023 anche ai casi in cui la Stazione appaltante non ha reso disponibile nessun documento relativo alla gara appena conclusa avrebbe imposto al concorrente interessato all’accesso di incardinare, al buio, il ricorso ex art. 116 cod. proc. amm. entro il brevissimo termine di dieci giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione, peraltro in carenza degli elementi per contestare l’eventuale oscuramento di dati contenuti nelle offerte non materialmente disponibili (i termini processuali in materia di appalti non devono determinare una arbitraria e irragionevole compressione del diritto di agire in giudizio, secondo Corte costituzionale, sentenza n. 204 del 2021). In tal modo le facoltà del predetto concorrente sarebbero sensibilmente limitate, poiché gli si imporrebbe di incardinare, in via diretta, un giudizio, senza la previa conoscenza delle decisioni della Stazione appaltante, diversamente da quello che avviene allorquando, ai sensi del comma 3 del citato art. 36, quest’ultima dà invece atto delle decisioni assunte sulle eventuali richieste di oscuramento di parti delle offerte in seguito alle richieste degli operatori che le hanno presentate. Sebbene anche quest’ultimo sia un procedimento in cui non è consentito l’intervento dei richiedenti l’accesso, tuttavia lo stesso mette in condizione questi ultimi di conoscere in anticipo le determinazioni assunte dall’Amministrazione procedente e di contestarle puntualmente in giudizio; diversamente, ove non vi fosse l’ostensione di alcun atto della procedura di gara, le questioni eventualmente afferenti all’oscuramento dei dati sarebbero oggetto di esame direttamente in giudizio, in contrasto con l’orientamento secondo il quale il ricorso in materia di accesso ai documenti amministrativi è comunque configurato come un rimedio impugnatorio e quindi – pur avendo a oggetto un giudizio sul rapporto, in sede di giurisdizione esclusiva – non può consentire di “esaminare la prima volta avanti al giudice questo rapporto perché è il procedimento la sede prima, elettiva, immancabile, nella quale la composizione degli interessi, secondo la tecnica del bilanciamento, deve essere compiuta da parte del soggetto pubblico competente, senza alcuna inversione tra procedimento e processo” (Consiglio di Stato, Ad. plen., 2 aprile 2020, n. 10; cfr. anche, II, 3 febbraio 2022, n. 772).

Da quanto evidenziato discende l’incompatibilità di una interpretazione che, oltre a porsi in contrasto con la chiara lettera della norma esaminata e quindi con i principi costituzionali, arreca un significativo vulnus alla tutela giurisdizionale del concorrente interessato all’accesso, con conseguente vantaggio per la Stazione appaltante che addirittura trarrebbe un beneficio dalla propria condotta contra legem, visto che la mancata messa disposizione delle offerte e di tutta la documentazione di gara trasgredisce in modo palese l’espressa indicazione contenuta nell’art. 36, commi 1 e 2, del D. Lgs. n. 36 del 2023.

1.2.3. Infine, non pare superfluo evidenziare che in sede di delega al Governo per l’adozione di uno o più decreti legislativi recanti la disciplina dei contratti pubblici – cfr. art. 1 della legge n. 78 del 2022, da cui è scaturita poi l’adozione del D. Lgs. n. 36 del 2023 – non si rinviene, tra i principi e criteri direttivi posti, alcun riferimento a norme processuali, sia in generale, sia con specifico riguardo alla materia dell’accesso agli atti di gara; di conseguenza, una eventuale “implementazione” della disciplina in materia di accesso agli atti della procedura ad ambiti non espressamente contemplati si porrebbe anche in contrasto con la legge delega e quindi darebbe luogo indirettamente alla violazione dei principi discendenti dall’art. 76 Cost.

1.2.4. Quindi, in conclusione, si deve ritenere che nel caso in cui la Stazione appaltante, in violazione del disposto di cui all’art. 36, commi 1 e 2, del D. Lgs. n. 36 del 2023, ometta, integralmente o parzialmente, di mettere a disposizione dei primi cinque concorrenti classificati le offerte degli altri quattro concorrenti e la restante documentazione di gara, deve applicarsi l’ordinario procedimento di accesso agli atti, disciplinato dalla legge n. 241 del 1990, e la disciplina processuale ricavabile dall’art. 116 cod. proc. amm. (senza deroghe), non essendo applicabili le previsioni contente nel rito super speciale di cui all’art. 36, commi 4 e 7, del D. Lgs. n. 36 del 2023.

Non può sottacersi che tale conclusione determina delle gravi distonie nella materia dell’accesso agli atti alle procedure di gara, con rischi di legati all’efficienza e alla durata delle predette procedure di appalto e alla uniformità di trattamento tra i concorrenti, che magari potrebbero essere costretti ad avviare azioni diverse, pur a fronte di identiche situazioni (la tempestiva comunicazione del diniego dell’ostensione dell’offerta tecnica per ragioni di riservatezza soltanto a una parte dei primi cinque classificati comporta il rischio di trovarsi al cospetto di differenti procedimenti di accesso nell’ambito della medesima gara, a seconda del concorrente considerato, oppure addirittura con riguardo a un singolo partecipante potrebbe determinarsi la necessità di azionare due procedimenti differenti, ove le offerte siano in parte ostese con omissioni e in parte del tutto omesse in fase di comunicazione). Tuttavia soltanto in sede legislativa può essere posto un rimedio a tale regime che risulta poco organico e per certi aspetti anche lacunoso, spettando all’interprete l’esclusivo compito di applicare la normativa allo stato vigente.

2. L’accertata applicabilità dell’ordinario procedimento di accesso agli atti alle fattispecie in precedenza individuate rende certamente mutuabile l’orientamento giurisprudenziale (lo ritiene invece superato in seguito all’entrata in vigore del D. Lgs. n. 36 del 2023, T.A.R. Lazio, Roma, IV, 1° luglio 2024, n. 13225), formatosi nella vigenza del Codice dei contratti pubblici adottato nel 2016 (D. Lgs. n. 50 del 2016), secondo il quale, nell’ambito delle procedure a evidenza pubblica, ove la richiesta di accesso agli atti venga proposta entro un lasso temporale di quindici giorni, il termine di trenta giorni per l’impugnazione dell’atto di aggiudicazione di cui all’art. 120 cod. proc. amm. si deve incrementare di un numero di giorni (massimo quindici) pari a quello necessario per avere piena conoscenza dell’atto e dei suoi eventuali profili di illegittimità, qualora questi non siano oggettivamente evincibili dalla comunicazione di aggiudicazione (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 204 del 2021; Consiglio di Stato, Ad. plen., 2 luglio 2020, n. 12; V, 27 marzo 2024, n. 2882; V, 15 marzo 2023, n. 2736; III, 1° agosto 2022, n. 6750; V, 22 luglio 2022, n. 6448; III, 15 marzo 2022, n. 1792; T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 12 aprile 2024, n. 1083; per una diversa prospettazione, Consiglio di Stato, III, 8 novembre 2023, n. 9599).

In coerenza con tali presupposti, la medesima giurisprudenza ha affermato che, poiché il termine di impugnazione comincia a decorrere dalla conoscenza del contenuto degli atti, non è necessaria la previa proposizione di un ricorso al buio, comportando la tempestiva proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara – si ripete, formulata nei quindici giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione – la dilazione temporale dei termini di impugnazione, quando i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta (per una lettura particolarmente garantista, cfr. Consiglio di Stato, V, 2 aprile 2024, n. 3008). Pertanto, in applicazione di tale indirizzo giurisprudenziale, non si può ritenere che l’operatore economico per essere legittimato all’accesso alle offerte degli altri concorrenti partecipanti debba proporre un ricorso totalmente al buio, soprattutto laddove, come nella specie, l’intera documentazione sia stata sottratta all’accesso (Consiglio di Stato, Ad. plen., 2 luglio 2020, n. 12, richiamata da Consiglio di Stato, III, 1° agosto 2022, n. 6750; anche, V, 22 luglio 2022, n. 6448; T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 15 novembre 2023, n. 2658).

(omissis)

Annotazioni


5 - commi 1 e 2

Si veda il parere MIT del 26 settembre 2023 n. 2978

Con specifico riferimento al comma 2 dell’art. 36 cfr. TAR Toscana, Sez. IV, 25 settembre 2024, n. 1035 il quale ha affermato che: “ai fini dell'accesso reciproco ai documenti e ai dati trasmessi dalle prime cinque classificate, non sia necessaria una esplicita istanza.

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