Livelli e contenuti della progettazione

1. La progettazione in materia di lavori pubblici, si articola in due livelli di successivi approfondimenti tecnici: il progetto di fattibilità tecnico-economica e il progetto esecutivo. Essa è volta ad assicurare:

a) il soddisfacimento dei fabbisogni della collettività;

b) la conformità alle norme ambientali, urbanistiche e di tutela dei beni culturali e paesaggistici, nonché il rispetto di quanto previsto dalla normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza delle costruzioni;

c) la rispondenza ai requisiti di qualità architettonica e tecnico-funzionale, nonché il rispetto dei tempi e dei costi previsti;

d) il rispetto di tutti i vincoli esistenti, con particolare riguardo a quelli idrogeologici, sismici, archeologici e forestali;

e) l'efficientamento energetico e la minimizzazione dell'impiego di risorse materiali non rinnovabili nell'intero ciclo di vita delle opere;

f) il rispetto dei principi della sostenibilità economica, territoriale, ambientale e sociale dell'intervento, anche per contrastare il consumo del suolo, incentivando il recupero, il riuso e la valorizzazione del patrimonio edilizio esistente e dei tessuti urbani;

g) la razionalizzazione delle attività di progettazione e delle connesse verifiche attraverso il progressivo uso di metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni di cui all'articolo 43;

h) l'accessibilità e l'adattabilità secondo quanto previsto dalle disposizioni vigenti in materia di barriere architettoniche;

i) la compatibilità geologica e geomorfologica dell'opera.

2. L'allegato I.7 definisce i contenuti dei due livelli di progettazione e stabilisce il contenuto minimo del quadro delle necessità e del documento di indirizzo della progettazione che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti devono predisporre. In sede di prima applicazione del codice, l'allegato I.7 è abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici, che lo sostituisce integralmente anche in qualità di allegato al codice.

3. L'allegato I.7 stabilisce altresì le prescrizioni per la redazione del documento di indirizzo della progettazione da parte del RUP della stazione appaltante o dell'ente concedente. L'allegato I.7 indica anche i requisiti delle prestazioni che devono essere contenuti nel progetto di fattibilità tecnico-economica. In caso di adozione di metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni, il documento di indirizzo della progettazione contiene anche il capitolato informativo.

4. La verifica preventiva dell'interesse archeologico nei casi di cui all'articolo 28, comma 4, del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e ai sensi della Convenzione europea per la protezione del patrimonio archeologico, firmata alla Valletta il 16 gennaio 1992 e ratificata ai sensi della legge 29 aprile 2015, n. 57, si svolge con le modalità procedurali di cui all'allegato I.8. In sede di prima applicazione del codice, l'allegato I.8 è abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro della cultura, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici, che lo sostituisce integralmente anche in qualità di allegato al codice. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano la procedura di verifica preventiva dell'interesse archeologico per le opere di loro competenza sulla base di quanto disposto dal predetto allegato.

5. La stazione appaltante o l'ente concedente, in funzione della specifica tipologia e dimensione dell'intervento, indica le caratteristiche, i requisiti e gli elaborati progettuali necessari per la definizione di ogni fase della relativa progettazione. Per gli interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria può essere omesso il primo livello di progettazione a condizione che il progetto esecutivo contenga tutti gli elementi previsti per il livello omesso.

6. Il progetto di fattibilità tecnico-economica:

a) individua, tra più soluzioni possibili, quella che esprime il rapporto migliore tra costi e benefici per la collettività in relazione alle specifiche esigenze da soddisfare e alle prestazioni da fornire;

b) contiene i necessari richiami all'eventuale uso di metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni;

c) sviluppa, nel rispetto del quadro delle necessità, tutte le indagini e gli studi necessari per la definizione degli aspetti di cui al comma;

d) individua le caratteristiche dimensionali, tipologiche, funzionali e tecnologiche dei lavori da realizzare, compresa la scelta in merito alla possibile suddivisione in lotti funzionali;

e) consente, ove necessario, l'avvio della procedura espropriativa;

f) contiene tutti gli elementi necessari per il rilascio delle autorizzazioni e approvazioni prescritte;

g) contiene il piano preliminare di manutenzione dell'opera e delle sue parti.

7. Per le opere proposte in variante urbanistica di cui all'articolo 19 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, il progetto di fattibilità tecnico-economica sostituisce il progetto preliminare e quello definitivo.

8. Il progetto esecutivo, in coerenza con il progetto di fattibilità tecnico-economica:

a) sviluppa un livello di definizione degli elementi tale da individuarne compiutamente la funzione, i requisiti, la qualità e il prezzo di elenco;

b) è corredato del piano di manutenzione dell'opera per l'intero ciclo di vita e determina in dettaglio i lavori da realizzare, il loro costo e i loro tempi di realizzazione;

c) se sono utilizzati metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni, sviluppa un livello di definizione degli oggetti rispondente a quanto specificato nel capitolato informativo a corredo del progetto;

d) di regola, è redatto dallo stesso soggetto che ha predisposto il progetto di fattibilità tecnico-economica. Nel caso in cui motivate ragioni giustifichino l'affidamento disgiunto, il nuovo progettista accetta senza riserve l'attività progettuale svolta in precedenza.

9. In caso di affidamento esterno di entrambi i livelli di progettazione, l'avvio della progettazione esecutiva è condizionato alla determinazione delle stazioni appaltanti e degli enti concedenti sul progetto di fattibilità tecnico-economica. In sede di verifica della coerenza tra le varie fasi della progettazione, si applica quanto previsto dall'articolo 42, comma 1.

10. Gli oneri della progettazione, delle indagini, delle ricerche e degli studi connessi, compresi quelli relativi al dibattito pubblico, nonché della direzione dei lavori, della vigilanza, dei collaudi, delle prove e dei controlli  sui prodotti e materiali, della redazione dei piani di sicurezza e di coordinamento, delle prestazioni professionali e specialistiche, necessari per la redazione del progetto, gravano sulle disponibilità finanziarie della stazione appaltante o dell'ente concedente e sono inclusi nel quadro economico dell'intervento.

11. Le spese strumentali, dovute anche a sopralluoghi, riguardanti le attività di predisposizione del piano generale degli interventi del sistema accentrato delle manutenzioni, di cui all'articolo 12 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, sono a carico delle risorse iscritte sui pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, trasferite all'Agenzia del demanio.

12. La progettazione di servizi e forniture è articolata in un unico livello ed è predisposta dalle stazioni appaltanti e dagli enti concedenti mediante propri dipendenti in servizio. L'allegato I.7 definisce i contenuti minimi del progetto.

13. Per i contratti relativi a lavori, servizi e forniture, il costo del lavoro è determinato annualmente, in apposite tabelle, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla base dei valori economici definiti dalla contrattazione collettiva nazionale tra le organizzazioni sindacali e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali. In mancanza di contratto collettivo applicabile, il costo del lavoro è determinato in relazione al contratto collettivo del settore merceologico più affine a quello preso in considerazione. Per i contratti relativi a lavori, il costo dei prodotti, delle attrezzature e delle lavorazioni è determinato facendo riferimento ai prezzi correnti alla data dell'approvazione del progetto riportati nei prezzari predisposti dalle regioni e dalle province autonome o adottati dalle stazioni appaltanti e dagli enti concedenti che, in base alla natura e all'oggetto dell'appalto, sono autorizzati a non applicare quelli regionali. I criteri di formazione ed aggiornamento dei prezzari regionali sono definiti nell'allegato I.14. In sede di prima applicazione del presente codice, l'allegato I.14 è abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previo parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici e dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), nonché previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, che lo sostituisce integralmente anche in qualità di allegato al codice. In mancanza di prezzari aggiornati, il costo è determinato facendo riferimento ai listini ufficiali o ai listini delle locali camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura oppure, in difetto, ai prezzi correnti di mercato in base al luogo di effettuazione degli interventi.

14. Nei contratti di lavori e servizi, per determinare l'importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l'ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall'importo assoggettato al ribasso. Resta ferma la possibilità per l'operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell'importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale.

15. Nell'allegato I.13 sono stabilite le modalità di determinazione dei corrispettivi per le fasi progettuali da porre a base degli affidamenti dei servizi di ingegneria e architettura, commisurati al livello qualitativo delle prestazioni e delle attività relative alla progettazione di fattibilità tecnica ed economica ed esecutiva di lavori, al coordinamento della sicurezza in fase di progettazione, alla direzione dei lavori, alla direzione di esecuzione, al coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione, al collaudo, agli incarichi di supporto tecnico-amministrativo alle attività del responsabile del procedimento e del dirigente competente alla programmazione dei lavori pubblici. I predetti corrispettivi sono utilizzati dalle stazioni appaltanti e dagli enti concedenti ai fini dell'individuazione dell'importo da porre a base di gara dell'affidamento. In sede di prima applicazione del presente codice, l'allegato I.13 è abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, che lo sostituisce integralmente anche in qualità di allegato al codice. 

1 - Il costo della manodopera è ribassabile? L’interpretazione del misterioso articolo 41, comma 14

L’art. 41 comma 14 del d.lgs. 36/2023 va interpretato nel senso che: “è  fatta salva la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che un ribasso che coinvolga il costo della manodopera sia derivante da una più efficiente organizzazione aziendale,  così armonizzando il criterio di delega con l’art. 41 della Costituzione Cons, Stato, V, 9 giugno 2023, n. 5665.

Vedi anche TAR. Toscana  29 gennaio 2024, n. 120:  sulla base del combinato disposto degli artt. 41, comma 14, 108, comma 9, e 110, comma 1, del d.lgs. n. 36 del 2023, deve ritenersi che,  per l’operatore economico che applichi il ribasso anche ai costi della manodopera, la conseguenza non è l’esclusione dalla gara, ma l’assoggettamento della sua offerta alla verifica dell’anomalia: in quella sede l’operatore economico avrà l’onere di dimostrare che il ribasso deriva da una più efficiente organizzazione aziendale oltre il rispetto dei minimi salariali. . Se, infatti, il legislatore avesse voluto considerare tali costi fissi e invariabili, non avrebbe avuto senso richiedere ai concorrenti di indicarne la misura nell’offerta economica, né avrebbe avuto senso includere anche i costi della manodopera tra gli elementi che possono concorrere a determinare l’anomalia dell’offerta.

Tale interpretazione del dettato normativo consente un adeguato bilanciamento tra la tutela rafforzata della manodopera – che costituisce la ratio della previsione dello scorporo dei costi della manodopera, evincibile dal criterio contenuto nella lett. t) dell’art. 1, comma 1, della legge delega (L. n. 78/2022) – con la libertà di iniziativa economica e d’impresa, costituzionalmente garantita, la quale, nel suo concreto dispiegarsi, non può che comportare la facoltà dell’operatore economico di dimostrare che la più efficiente organizzazione aziendale impatta sui costi della manodopera, diminuendone l’importo rispetto a quello stimato dalla Stazione appaltante negli atti di gara. Tra l’altro, solo seguendo tale impostazione, si spiega anche l’obbligo del concorrente di indicare i propri costi della manodopera, a pena di esclusione dalla gara (art. 108, comma 9, d.lgs. 36/2023) previsione che sarebbe evidentemente superflua se i costi della manodopera non fossero ribassabili, e il successivo art. 110, comma 1, che include i costi della manodopera dichiarati dal concorrente tra gli elementi specifici in presenza dei quali la Stazione appaltante avvia il procedimento di verifica dell’anomalia”. Pertanto (ANAC, bando tipo n. 1/2023, articolo 17), “l’operatore economico dovrà indicare in offerta il costo della manodopera. Se l’operatore economico riporta in offerta un costo della manodopera scorporato diverso da quello stimato dalla stazione appaltante, l’offerta è sottoposta al procedimento di verifica dell’anomalia ai sensi dell’art. 110, D.Lgs. 36/2023”. Vedi anche delibera ANAC N.  528 del  15 novembre 2023, secondo cui l’art. 41, comma 14, del d.lgs. 36/2023, nella parte in cui stabilisce che i costi della manodopera sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso, deve essere letto ed interpretato come volto a sancire l’obbligo della Stazione appaltante di quantificare ed indicare separatamente, negli atti di gara, i costi della manodopera che, tuttavia, continuano a far parte dell’importo a base di gara, su cui applicare il ribasso offerto dall’operatore per definire l’importo contrattuale.

Vedi, peraltro, Tar Reggio Calabria, 8 febbraio 2024, n. 119, secondo cui   l’art. 41, comma 14, D.Lgs. n. 36/2023, contiene il riferimento a due concetti distinti non sovrapponibili ovvero “l’importo posto a base di gara”, nell’individuare il quale la Stazione appaltante deve prevedere anche il cd. costo della manodopera, e “l’importo assoggettato al ribasso” dal quale, invece, “i costi della manodopera”, devono essere scorporati. Tale previsione normativa vieta, quindi, che i costi della manodopera, pur rientrando nel più generale “importo posto a base di asta”, siano inclusi nel cd. importo assoggettato al ribasso ovvero nell’importo sul quale dovrà essere applicato il ribasso percentuale offerto dal concorrente e ciò all’evidente fine di non sottostimare le retribuzioni da erogare ai lavoratori “applicati” nell’esecuzione delle commesse pubbliche Cfr. In tema di ribasso costi manodopera in relazione al D.Lgs. n. 36/2023, TAR Sicilia, Palermo, Sez. II, 19/12/2023, n. 3779; TAR Campania, Napoli, Sez. V, 07/11/2023, n. 6128. Anche TAR Salerno, sentenza 11 gennaio 2024 n. 147, si è trovato a valutare la legittimità o meno di atti di gara che prevedevano un rigoroso scorporo del costo della manodopera, rispetto al quale era esclusa la possibilità di ribasso. Il TAR non ha, tuttavia, preso posizione sul dibattito in relazione all’art. 41, e limitando l’esame alla legittimità degli specifici atti di gara ha confermato la bontà della scelta della Stazione appaltante di precludere il ribasso sui costi della manodopera.

Sul tema cfr. TAR Toscana, Firenze, Sez. 29 gennaio 2024, n. 120, secondo cui: “l’art. 41, comma 14, del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, prevede che “nei contratti di lavoro e servizi, per determinare l’importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato a ribasso. Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”.

Come condivisibilmente e concordemente osservato dalle parti resistenti e della controinteressata, questa norma deve essere interpretata in maniera coerente con:

- l’articolo 108, comma 9, del d.lgs. n. 36 del 2023, che prescrive al concorrente di indicare nell’offerta economica, a pena di esclusione, i costi della manodopera, oltre agli oneri di sicurezza aziendali;

- l’art. 110, comma 1, del d.lgs. n. 36 del 2023, ai sensi del quale “Le stazioni appaltanti valutano la congruità, la serietà, la sostenibilità e la realizzabilità della migliore offerta, che in base a elementi specifici, inclusi i costi dichiarati ai sensi dell’articolo 108, comma 9, appaia anormalmente bassa. Il bando o l’avviso indicano gli elementi specifici ai fini della valutazione”.

Se ne deduce che i costi della manodopera sono assoggettabili a ribasso, come è del resto precisato dall’ultimo periodo del comma 14, dell’art. 41 citato, secondo cui: “Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”.

Se, infatti, il legislatore avesse voluto considerare tali costi fissi e invariabili, non avrebbe avuto senso richiedere ai concorrenti di indicarne la misura nell’offerta economica, né avrebbe avuto senso includere anche i costi della manodopera tra gli elementi che possono concorrere a determinare l’anomalia dell’offerta.

Inoltre, la tesi sostenuta dal ricorrente, dell’inderogabilità assoluta dei costi della manodopera individuati dalla stazione appaltante, determinerebbe un’eccessiva compressione della libertà d’impresa, in quanto l’operatore economico potrebbe dimostrare ad esempio che il ribasso è correlato a soluzioni innovative e più efficienti, oppure, soprattutto in ipotesi di appalto di servizi, come quello di cui si discute, alla sua appartenenza ad un comparto, per il quale viene applicato un CCNL diverso da quello assunto come riferimento dalla stazione appaltante.

A conferma di quanto sin qui esposto, il Consiglio di Stato, sez. V, 9 giugno 2023, n. 5665, con riferimento al previgente Codice dei contratti, ha osservato che “la clausola della lex specialis che imponga il divieto di ribasso sui costi di manodopera, sarebbe in flagrante contrasto con l’art. 97, comma 6 d.lgs. n. 50/2016 e, più in generale, con il principio di libera concorrenza nell’affidamento delle commesse pubbliche”, e richiamando, quale supporto interpretativo l’art. 41 comma 14 del d.lgs. 36 del 2023, ha osservato che: “persino nel “nuovo Codice”, che in applicazione di un preciso criterio di delega di cui all’art. 1 comma 2 lett. t) della L. 78/2022, ha previsto “in ogni caso che i costi della manodopera e della sicurezza siano sempre scorporati dagli importi assoggettati a ribasso” è stata fatta salva la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che un ribasso che coinvolga il costo della manodopera sia derivante da una più efficiente organizzazione aziendale così armonizzando il criterio di delega con l’art. 41 della Costituzione”.

Con parere n. 2154 del 19 luglio 2023 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, rispondendo ad un quesito specifico sui costi della manodopera negli appalti, ha chiarito che l’offerta economica non è costituita solamente dal ribasso operato sull’importo al netto del costo della manodopera, ma deve includere quest’ultimo costo al suo interno; il costo della manodopera non può essere considerato un importo aggiuntivo ma fa parte dell’offerta ed è soggetto a verifica.

A sua volta l’ANAC, con la delibera n. 528 del 15 novembre 2023, ha chiarito che: “La lettura sistematica della prima parte dell’articolo 41, comma 14, del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, secondo il quale i costi della manodopera sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso, e della seconda parte della norma, che riconosce al concorrente la possibilità di dimostrare che il ribasso complessivo offerto deriva da una più efficiente organizzazione aziendale, induce a ritenere che il costo della manodopera, seppur quantificato e indicato separatamente negli atti di gara, rientri nell’importo complessivo a base di gara, su cui applicare il ribasso offerto dal concorrente per definire l’importo”. Tale interpretazione del dettato normativo secondo l’ANAC “consente un adeguato bilanciamento tra la tutela rafforzata della manodopera – che costituisce la ratio della previsione dello scorporo dei costi della manodopera, evincibile dal criterio contenuto nella lett. t) dell’art. 1, comma 1, della legge delega (L. n. 78/2022) – con la libertà di iniziativa economica e d’impresa, costituzionalmente garantita, la quale, nel suo concreto dispiegarsi, non può che comportare la facoltà dell’operatore economico di dimostrare che la più efficiente organizzazione aziendale impatta sui costi della manodopera, diminuendone l’importo rispetto a quello stimato dalla Stazione appaltante negli atti di gara. Tra l’altro, solo seguendo tale impostazione, si spiega anche l’obbligo del concorrente di indicare i propri costi della manodopera, a pena di esclusione dalla gara (art. 108, comma 9, d.lgs. 36/2023) previsione che sarebbe evidentemente superflua se i costi della manodopera non fossero ribassabili, e il successivo art. 110, comma 1, che include i costi della manodopera dichiarati dal concorrente tra gli elementi specifici in presenza dei quali la Stazione appaltante avvia il procedimento di verifica dell’anomalia”.

Peraltro, l’ANAC, nel bando tipo n. 1/2023 (articolo 17), ha previsto che “l’operatore economico dovrà indicare in offerta il costo della manodopera. Se l’operatore economico riporta in offerta un costo della manodopera diverso da quello stimato dalla stazione appaltante, l’offerta è sottoposta al procedimento di verifica dell’anomalia ai sensi dell’art. 110, D.Lgs. 36/2023”; evidenziando nella relativa nota illustrativa (punto 28) che: “ai sensi dell’articolo 41, comma 14, del codice, i costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso. Tuttavia, è fatta salva la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo derivi da una più efficiente organizzazione aziendale. Tali giustificazioni potranno essere richieste dalla stazione appaltante in occasione della verifica di anomalia, fermo restando il divieto di giustificazioni in relazione ai trattamenti salariali minimi inderogabili e agli oneri di sicurezza”.

Tali interventi plurimi (e diversificati quanto alla provenienza), convincono del fatto che la tesi della ricorrente, secondo la quale il costo della manodopera non sarebbe assoggettabile a ribasso, sia infondata, e allo stesso tempo consentono di dare una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 41 comma 14, palesando l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale che la ricorrente chiede sia sollevata con riferimento alla violazione dell’art. 36 della Costituzione.

La libertà di iniziativa economica deve infatti comprendere la facoltà dell’operatore economico di dimostrare che la più efficiente organizzazione aziendale impatta sui costi della manodopera, diminuendone l’importo rispetto a quello stimato dalla stazione appaltante nella disciplina di gara, slavo il rispetto dei trattamenti salariali minimi inderogabili.

Neppure può ravvisarsi il vizio di eccesso di delega paventato dalla ricorrente, in quanto l’art. 1 comma 2 lett. t) della Legge delega (n. 78 del 2022) dispone che le stazioni appaltanti devono prevedere “in ogni caso, che i costi della manodopera e della sicurezza siano sempre scorporati dagli importi assoggettati a ribasso”, ma – nell’imporre alle stazioni appaltanti l’obbligatorietà dello scorporo, cioè la necessità di separata quantificazione e indicazione degli stessi – non ne fa discendere anche l’assoluta intoccabilità dei costi della manodopera come fissati dalle stazioni appaltanti, dovendo invece intendersi che la finalità della norma della legge delega sia quella di obbligare le stazioni appaltanti ad evidenziare separatamente il costo della manodopera, per garantirne una tutela rafforzata, ed in ultima analisi di salvaguardare il diritto dei lavoratori alla retribuzione minima, tutelato dall’art. 36 della Costituzione.

Dunque, in base al comma 14 dell’art. 41 del d.lgs. n. 36 del 2023, la conseguenza per l’operatore economico che applichi il ribasso anche ai costi della manodopera è, non l’esclusione dalla gara, ma l’assoggettamento della sua offerta alla verifica dell’anomalia: in quella sede l’operatore economico avrà l’onere di dimostrare che il ribasso deriva da una più efficiente organizzazione aziendale oltre il rispetto dei minimi salariali.

Sul tema, altresì, TAR Lombardia, Milano, 31 ottobre 2024, n. 3000 secondo cui: “Preliminarmente, dev’essere in primo luogo menzionata la granitica giurisprudenza (ex multis Consiglio di Stato, sez. IV, 16 gennaio 2023, n. 500; Consiglio di Stato, sez. V, 1 febbraio 2022, n. 706), condivisa anche da questo Collegio (T.A.R. Milano, sez. I, 14 ottobre 2024, n. 2678), che sottrae al sindacato del giudice amministrativo, in quanto espressione di discrezionalità tecnica, la congruità dell'offerta ritenuta dalla stazione appaltante, ad eccezione dei casi, non riscontrabili nella fattispecie in esame, di macroscopica illogicità o irragionevolezza, erroneità fattuale o difetto di istruttoria, che rendano palese l'inattendibilità, si badi complessiva, dell'offerta. È poi ius receptum che la valutazione circa la sospetta anomalia dell'offerta implica una "valutazione sull'insieme dell'offerta" ed altresì un "bilanciamento interno" tra le diverse voci, e che il principio per il quale necessita dare una valutazione globale dell'offerta sottoposta a verifica di anomalia neppure è smentito dall'analisi di singole e specifiche voci di costo essendo "evidente che l'analisi delle singole voci è servita alla stazione appaltante a maturare il convincimento relativo alla complessiva inattendibilità dell'offerta per aver eccessivamente inciso al ribasso sul costo della manodopera per l'esecuzione dell'appalto" (Consiglio di Stato, sez. V, n. 911/2021). Del resto, come precisato da consolidata giurisprudenza, "pur avendo il giudizio che conclude il sub procedimento di verifica delle offerte anomale (di per sé insindacabile, salva l'ipotesi in cui le valutazioni ad esso sottese non risultino abnormi o manifestamente illogiche o affette da errori di fatto), natura globale e sintetica sulla serietà o meno dell'offerta nel suo insieme, ciò non toglie che tale giudizio possa essere la conseguenza dell'analisi delle singole voci di costo presentate e delle relative giustificazioni" (TAR Veneto, sez. I, n. 318/2018; TAR Liguria, sez. I, n. 157/2020).

4. Passando ora al merito del ricorso, per quanto riguarda la possibilità di ribasso del costo della manodopera, si rammenta che ai sensi dell’art. 41, comma 14, del D. Lgs. 36/2023 “Nei contratti di lavori e servizi, per determinare l'importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l'ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall'importo assoggettato al ribasso. Resta ferma la possibilità per l'operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell'importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”.

5. Secondo l'interpretazione preferibile della disposizione, aderente alla littera legis, nella nuova disciplina gli oneri della manodopera quantificati dalla stazione appaltante non sono direttamente ribassabili, come accadeva nel sistema previgente, in quanto vanno scorporati dalla base d'asta da assoggettare a ribasso. Pertanto, ai fini dell'aggiudicazione rileva esclusivamente la percentuale di ribasso riferita all'importo dei lavori o dei servizi da appaltare, al netto dei costi del lavoro e della sicurezza (T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 8 febbraio 2024, nn. 119-120; T.A.R. Campania, Salerno, 11 gennaio 2024, n. 147). Tuttavia, come esplicitato nell'ultimo periodo dell'art. 41, comma 14, qualora l'operatore economico disponga di un'organizzazione aziendale particolarmente efficiente, che gli consenta di abbattere i costi della manodopera, questi ultimi possono essere diminuiti in via indiretta e riflessa, ossia offrendo un più elevato ribasso sull'importo dei lavori o dei servizi oggetto della commessa. Detto altrimenti, la formulazione del ribasso è consentita esclusivamente sul valore dell'appalto al netto della manodopera stimata dalla stazione appaltante (e al netto degli oneri di sicurezza), ma il concorrente ha la facoltà di ridurre indirettamente i costi del lavoro aumentando la percentuale di sconto praticata sulla componente direttamente ribassabile. Naturalmente, i minori costi della manodopera che l'operatore ritiene di sopportare in concreto vanno giustificati mediante la dimostrazione della propria efficienza aziendale.

6. Il richiamato comma 13 del citato articolo prevede inoltre che “il costo del lavoro è determinato annualmente, in apposite tabelle, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla base dei valori economici definiti dalla contrattazione collettiva nazionale tra le organizzazioni sindacali e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali”. Rileva poi nel caso di specie l’art. 110, comma 5, del D Lgs. 36/2023 che afferma che “La stazione appaltante esclude l'offerta se le spiegazioni fornite non giustificano adeguatamente il livello di prezzi o di costi proposti, tenendo conto degli elementi di cui al comma 3, oppure se l'offerta è anormalmente bassa in quanto: (…)

d) il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all'articolo 41, comma 13”.

7. Tenuto conto di quanto precede, con riferimento alla censura secondo cui “i costi della manodopera non erano soggetti al ribasso da parte dell’operatore economico”, si osserva che l’art. 3 del disciplinare di gara richiama anche il comma 14 dell’art. 41 del D. Lgs. 36/2023, che prevede, come sopra detto, che “Resta ferma la possibilità per l’offerente di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale” e quindi ammette il ribasso. Infatti, secondo la consolidata giurisprudenza, nelle gare pubbliche, non sono consentite deroghe sul costo del lavoro, con esclusivo riguardo ai minimi salariali inderogabili (T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 18 maggio 2021, n.1249; Consiglio di Stato, sez. V, 13 settembre 2024, n.7570), che non è contestato nel caso di specie. Questa opzione appare più aderente al disposto di cui all'art. 110, comma 5 D. Lgs. n. 36/2023: ammettendo la possibilità che le stazioni appaltanti stabiliscano, attraverso apposite clausole convenzionali, il divieto di ribasso tout court sulla manodopera, si ribalterebbe il sistema previsto nel Codice dei contratti pubblici, che da un lato intende assicurare il principio di libera concorrenza, e, al contempo, il rispetto dei minimi salariali, in una logica di ponderato equilibrio fra libertà d'impresa e tutela delle maestranze.

8. Si aggiunge inoltre che il successivo art. 17 del disciplinare di gara riconosce “la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale” e prevede che “In caso di ribasso della manodopera l’operatore dovrà caricare a sistema la documentazione giustificativa dimostrando la più efficiente organizzazione aziendale attraverso l’esposizione di dati e informazioni dettagliate che saranno oggetto di valutazione in sede di verifica dell’anomalia””.

 

Il T.A.R. Toscana, Firenze, Sez. II, 23 aprile 2024, n. 493 si è pronunciato sul rapporto tra il plurimo quadro positivo “de iure condito” applicabile alle procedure ad evidenza pubblica finanziate con fondi PNRR/PNC e la verifica dei costi della manodopera. Si legge nella sentenza che: “Dalla lettura combinata dell’art. 225, comma 8 e del successivo art. 226, comi 1 e 5 del D.lgs. 36/2023, si deduce sia l’abrogazione, a far data dal 01.07.2023, del D.lgs. n. 50/2016 sia l’opposta soluzione ermeneutica per cui i richiami a tale ultimo decreto contenuti in disposizione legislative, regolamentari o amministrative vigenti debbano intendersi dinamicamente riferite alle corrispondenti disposizioni del nuovo codice o, in mancanza, ai principi desumibili dallo stesso. Restano salve le disposizioni che introducono, in funzione semplificativa ed acceleratoria, norme speciali per la realizzazione di appalti finanziati con i fondi PNRR o PNC, ma ciò non consente di sostenere la riviviscenza o la permanenza in vigore tout court del D.lgs. n. 50/2016. Ne deriva che alla gara in argomento devono ritenersi applicabili le norme del nuovo codice dei contratti pubblici nonché i relativi principi (oltre che le disposizioni speciali previste dall’ordinamento per le gare finanziate dai fondi PNRR/PNC)La giurisprudenza peraltro ha avuto modo di puntualizzare che “per censurare utilmente l’aggiudicazione impugnata per il profilo dei costi di manodopera indicati dall’operatore aggiudicatario, parte ricorrente avrebbe dovuto contestarne la sufficienza, eventualmente supportando tale contestazione con la prova della loro omessa verifica da parte della commissione di gara; di contro, non è sufficiente a invalidare l’aggiudicazione la mera mancata formalizzazione di tale controllo, in assenza di qualsiasi deduzione (supportata da elementi di prova) sul fatto che tale errore abbia prodotto conseguenze sostanziali.”.

Sul tema del ribasso dei costi della manodopera, cfr. TAR Campania, Napoli, Sez. II, 13 giugno 2024, n. 3732, secondo cui: “Venendo poi al merito della questione, per quanto riguarda i costi della manodopera, va in primo luogo rilevato che essi non sono in assoluto insuscettibili di ribasso e che pertanto non doveva essere esclusa la controinteressata per aver indicato, nella propria offerta economica, un costo della manodopera di appena 330.000,00, inferiore di oltre 200.000 Euro rispetto al costo indicato dalla Stazione appaltante e non ribassabile.

Da ultimo,  T.A.R. Roma Lazio sez. I, 6 agosto 2024, n. 15720 ha affermato quanto segue:;

6. Preliminarmente, è opportuno – stante la centralità della disposizione nella risoluzione dell’odierna controversia – trascrivere l’art. 41, comma 14 cod. app.: «Nei contratti di lavori e servizi, per determinare l’importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso. Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una piú efficiente organizzazione aziendale».

6.1. Le parti, nelle loro difese, hanno fornito un’antitetica lettura della disposizione appena trascritta: da un lato, secondo la ricorrente, essa imporrebbe alla stazione appaltante di individuare i costi della manodopera, vincolando l’operatore economico a formulare un’offerta non inferiore a tale importo; viceversa, le altre parti precisano come l’indicazione in bando vincoli la stazione appaltante a verificare attentamente l’eventuale offerta inferiore, precisando che solamente fornendo la prova di una piú efficiente organizzazione aziendale l’impresa possa giustificare gli oneri inferiori.

6.2. Orbene, l’ermeneusi proposta dalla parte resistente e dalla società controinteressata è da preferire.

6.3. In primo luogo, va osservato che seguendo rigidamente l’argomentazione della società esponente, basata su una lettura formalistica della disposizione di legge, anche l’offerta presentata dalla ricorrente dovrebbe considerarsi inammissibile. Difatti, nei documenti trasmessi all’amministrazione è chiarito come la Konecta Italia abbia stimato i proprî costi per la manodopera in € 7.188.262,00, ribassando quindi tale voce di costo di oltre il 20% rispetto all’indicazione della stazione appaltante. Pertanto, questo dato è, da solo, sufficiente per escludere che l’art. 41, comma 14 cod. app. debba essere interpretato nel senso di imporre agli operatori economici di presentare offerte che indichino un costo per la manodopera pari o superiore a quello stimato dalla stazione appaltante.

6.4. Al contempo, neppure può essere seguita la prospettazione della ricorrente secondo cui l’indicazione nel bando di gara prescriva agli operatori economici di formulare offerte limitate sia nella loro misura massima (l’importo a base d’asta) sia in quella minima (l’importo dei costi della manodopera): in altri termini, non è avallabile la tesi per la quale l’amministrazione creerebbe una sorta di corridoio all’interno del quale collocare l’offerta economica. Difatti, una simile interpretazione non trova riscontro in alcun lavoro preparatorio né in precedenti giurisprudenziali: peraltro, non sarebbe comprensibile la ratio di una tale limitazione della libertà dell’impresa di organizzare nei modi reputati ottimali la propria attività economica. In aggiunta, portando alle estreme conseguenze la prospettata ermeneusi, nei contratti caratterizzati da un’elevata incidenza dei costi del lavoro (c.d. labour intensive) sarebbe quasi impossibile formulare offerte tra loro distinte, atteso che tutte dovrebbero rispettare i rigorosi vincoli posti dal bando di gara.

6.5. Vi sono poi ulteriori circostanze, desumibili sia dalle disposizioni normative applicabili, sia dal bando di gara, che rendono evidente l’irricevibilità della prospettazione della ricorrente.

6.6. Ad esempio, avallando la tesi dell’esponente risulta incomprensibile la necessità di indicazione dei costi della manodopera, prescritta oltre che dal bando anche dall’art. 108, comma 9 cod. app.: difatti, se tali oneri economici fossero un elemento rigido esogeno, ossia fissato in maniera vincolante dalla stazione appaltante, non si comprenderebbe la ragione della loro indicazione nell’offerta, potendo quest’ultima sempre essere integrata in base a quanto previsto in modo espresso dal bando. Inoltre, diverrebbe superfluo l’ultimo periodo della disposizione in esame: infatti, se i costi della manodopera fossero interamente predeterminati dalla stazione appaltante, non sarebbe chiaro quale prova potrebbe desumersi dalla piú efficiente organizzazione aziendale dimostrata dall’operatore economico.

6.7. In aggiunta, neppure può sostenersi la sussistenza di un autovincolo posto dall’amministrazione nella formulazione del bando: difatti, leggendo complessivamente le prescrizioni di quest’ultimo (in particolare i punti 17 e 22) emerge con solare evidenza che la stessa stazione appaltante abbia reputato ribassabili i costi della manodopera, prevedendo poi degli accorgimenti specifici nella valutazione di anomalia dell’offerta. Circostanza, peraltro, pienamente compresa anche dalla parte ricorrente che, infatti, ribassava i costi della manodopera per oltre il 20%: ne consegue che risulta palese come il bando, ove letto in maniera globale, fosse sufficientemente chiaro – per ogni operatore economico mediamente avveduto – della possibilità di indicare un’offerta economica inferiore ai costi della manodopera stimati dalla stazione appaltante.

6.8. Riassumendo, quindi, va precisato come l’art. 41, comma 14 cod. app. non ha determinato la totale equiparazione tra i «costi della manodopera» e gli «oneri di sicurezza da interferenze» (c.d. oneri fissi): difatti, solo questi ultimi sono (come già lo erano, per giurisprudenza pacifica, sotto la vigenza del precedente codice) integralmente predeterminati dall’amministrazione aggiudicatrice in maniera fissa ed immodificabile (cfr. Cons. Stato, sez. V, 20 febbraio 2024, n. 1677).

6.9. Per di piú, la tesi sviluppata da parte ricorrente appare contraria alla ratio della disposizione: quest’ultima deve essere individuata nella garanzia di una proporzionata remunerazione del fattore produttivo lavoro (art. 36 Cost.). A tal proposito, però, va osservato come il costo del lavoro, essendo contrattato in un mercato solo parzialmente regolamentato, non possa essere calcolato in maniera certa sulla base di parametri algebrici inequivocabili: d’altronde, quella formulata nel bando dalla stazione appaltante è una stima che sconta inevitabili margini di opinabilità e, conseguentemente, non può essere considerata cogente per l’operatore economico. Sul punto, va ribadito come l’indicazione dei costi della manodopera, in continuità con la precedente disciplina, è basata sulle tabelle ministeriali che, come noto, non sono mai state reputate vincolanti in maniera assoluta (v. Cons. Stato, sez. V, 30 novembre 2020, n. 7554), essendo ben possibile dimostrare un trattamento economico inferiore (cfr. Cons. Stato, sez. V, 4 maggio 2020, n. 2796).

6.10. Conseguentemente, la disposizione ha la funzione di garantire una congrua retribuzione semplificando il processo di verifica dell’anomalia dell’offerta economica, attraverso la circoscrizione della discrezionalità nella valutazione della stessa. Difatti, rendendo separata l’indicazione dei costi della manodopera, la stazione appaltante ha semplicemente immediata evidenza di quanto l’operatore economico suppone di dover corrispondere per tale fattore produttivo: qualora fosse superiore a quanto indicato nel bando, nulla quaestio; viceversa, nell’ipotesi opposta l’impresa dovrà dimostrare che tali minori oneri siano giustificati dalla piú efficiente organizzazione aziendale. In altri termini, si tratta di una presunzione relativa, superabile per mezzo di una specifica prova indicata direttamente dalla legge. Pertanto, l’operatore economico non può, per spiegare un’offerta con un costo del lavoro piú bassa rispetto a quello indicato dalla stazione appaltante, allegare elementi differenti dalla propria organizzazione aziendale (es. corresponsione di salarî inferiori ai minimi retributivi): specularmente, l’amministrazione non è legittimata a valutare ulteriori e diverse circostanze per reputare non anomala un’offerta formulata ribassando i costi stimati.

6.11. In sintesi, avendo precisato come sia legittima l’indicazione dei costi della manodopera in maniera inferiore a quanto stimato dalla stazione appaltante, risulta logico che tale importo non costituisca neppure il limite inferiore della complessiva offerta dell’operatore economico.

6.12. Non pienamente pertinenti, poi, sono i due precedenti giurisprudenziali citati dalla parte ricorrente (Tar Calabria, sez. dist. Reggio Calabria, sez. I, 8 febbraio 2024, n. 120 e Tar Sicilia, sez. dist. Catania, sez. IV, 4 luglio 2024, n. 2421) afferenti solo in parte alla disciplina dell’art. 41, comma 14 cod. app. Premesso che per ambedue i pronunciamenti pende l’appello (tra l’efficacia di quello del Tar Calabria è già stato sospeso da Cons. Stato, sez. V, ord., 22 marzo 2023, n. 1067), va osservato come il giudice calabrese abbia incentrato l’accoglimento del ricorso sulla manipolazione dell’offerta da parte della stazione appaltante, mentre quello siculo sulla violazione dell’autovincolo. Orbene, essendo evidente che, nell’odierna vicenda, tali vizî non sono riscontrabili, i due richiamati arresti pretori risultano inconferenti, confermandosi ulteriormente la legittimità della decisione di aggiudicazione. (omissis).

Sullo scorporo e ribasso del costo della manodopera si veda Tar Lazio, Sez. I, 6 agosto 2024, n. 15720 secondo cui: “L’art. 41, comma 14 cod. app. non ha determinato la totale equiparazione tra i «costi della manodopera» e gli «oneri di sicurezza da interferenze» (c.d. oneri fissi): difatti, solo questi ultimi sono (come già lo erano, per giurisprudenza pacifica, sotto la vigenza del precedente codice) integralmente predeterminati dall’amministrazione aggiudicatrice in maniera fissa ed immodificabile. La disposizione ha la funzione di garantire una congrua retribuzione semplificando il processo di verifica dell’anomalia dell’offerta economica, attraverso la circoscrizione della discrezionalità nella valutazione della stessa. Difatti, rendendo separata l’indicazione dei costi della manodopera, la stazione appaltante ha semplicemente immediata evidenza di quanto l’operatore economico suppone di dover corrispondere per tale fattore produttivo: qualora fosse superiore a quanto indicato nel bando, nulla quaestio; viceversa, nell’ipotesi opposta l’impresa dovrà dimostrare che tali minori oneri siano giustificati dalla più efficiente organizzazione aziendale.In altri termini, si tratta di una presunzione relativa, superabile per mezzo di una specifica prova indicata direttamente dalla legge. Pertanto, l’operatore economico non può, per spiegare un’offerta con un costo del lavoro più bassa rispetto a quello indicato dalla stazione appaltante, allegare elementi differenti dalla propria organizzazione aziendale (es. corresponsione di salarî inferiori ai minimi retributivi): specularmente, l’amministrazione non è legittimata a valutare ulteriori e diverse circostanze per reputare non anomala un’offerta formulata ribassando i costi stimati.

Sui limiti e le condizioni per il ribasso del costo della manodopera cfr.TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 31 ottobre 2024 n. 3000 per cui: “Per giurisprudenza costante è precluso alla stazione appaltante di imporre agli operatori economici l’applicazione di un determinato CCNL per la partecipazione alla gara (Cons. St., V, 3 novembre 2020, n. 6786), il che implica anche la libertà dell’imprenditore di operare gli inquadramenti professionali secondo la regolamentazione dettata dal CCNL applicato: la difformità tra l’inquadramento professionale attribuito al lavoratore e la qualifica contrattuale spettantegli secondo le declaratorie previste dal contratto collettivo, può essere fatta valere – in linea di principio – solo nell’ambito dei rapporti fra lavoratore e datore di lavoro, salvi i riflessi sulla congruità complessiva dell’offerta, se l’inquadramento è del tutto anomalo o abnorme in relazione ai profili professionali ritenuti necessari per lo svolgimento del servizio; e fatti salvi, altresì, i riflessi in punto di ammissibilità dell’offerta, se il CCNL di settore, applicato dall’offerente, sia del tutto avulso rispetto all’oggetto dell’appalto (Cons. Stato, sez. V, 11 marzo 2021, n. 2086); Consiglio di Stato sez. V, 11/10/2021, n.6784)”.

Sulla formulazione del ribasso e costi della manodopera si veda TAR Liguria, Sez. I, 14 ottobre 2024, n. 673, secondi cui:La formulazione del ribasso è, quindi, consentita esclusivamente sul valore dell’appalto al netto della manodopera stimata dalla stazione appaltante ma il concorrente ha la facoltà di ridurre indirettamente i costi del lavoro aumentando la percentuale di sconto praticata sulla componente direttamente ribassabile. Naturalmente, i minori costi della manodopera che l’operatore ritiene di sopportare in concreto vanno specificati nell’offerta economica, ai sensi dell’art. 108, co. 9, del D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, nonché (poi) giustificati mediante la dimostrazione della propria efficienza aziendale.

 

Annotazioni


2 - D.Lgs. n. 36 del 2023 assicura una tutela rafforzata degli interessi dei lavoratori, richiedendo ai partecipanti alla gara di indicare nell’offerta, a pena di esclusione e in modo non modificabile, i costi della manodopera e i costi per gli oneri di

Tar Veneto, sez. I, 9 febbraio 2024, n. 230 ha  affermato che  il D.Lgs. n. 36 del 2023 segue la via tracciata dal D.Lgs. n. 50 del 2016 nell’assicurare una tutela rafforzata degli interessi dei lavoratori, richiedendo ai partecipanti alla gara di indicare in via separata, nella propria offerta economica, i costi della manodopera e i costi per gli oneri di sicurezza, e sanzionando con l’esclusione la violazione di detto obbligo (artt. 41, comma 13, e 108, comma 9, del D.Lgs. n. 36 del 2023). Dalla lettura combinata delle disposizioni citate, emerge, infatti, la volontà di responsabilizzare gli operatori economici, allo scopo di assicurare che questi ultimi, prima di formulare il proprio “ribasso complessivo”, svolgano una seria valutazione preventiva dei predetti costi[.

A sostegno di tale assunto, il TAR Veneto cita l’art. 1, comma 2 della Legge n. 78 del 21 giugno 2022, il quale, alla lett. t), tra principi e criteri direttivi al Legislatore delegato, indica che “i costi della manodopera e della sicurezza siano sempre scorporati dagli importi assoggettati a ribasso”.

Non solo. Il Collegio richiama anche due disposizioni del nuovo Codice.

In primo luogo, l’art. 41, comma 14, il quale, con specifico riferimento all’indicazione del costo della manodopera, stabilisce che “[…]. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso. Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale

In secondo luogo, l’art. 108, comma 9, che, innovando rispetto al Codice del 2016, sanziona espressamente l’omessa indicazione nell’offerta economica dei costi della manodopera e degli oneri aziendali per l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, con l’esclusione dalla gara.

Novità riconosciuta dallo stesso Consiglio di Stato, il quale, nella sua Relazione al nuovo Codice, chiarisce che “la disposizione è presente anche nel D.lgs. n. 50 del 2016 ed è ormai oggetto di un consolidato orientamento giurisprudenziale diretto a descrivere l’omissione in questione quale causa di esclusione. A tali fini, è stato espressamente inserito l’inciso ‘a pena di esclusione’ per dare maggiore certezza agli operatori giuridici derivanti dalla citata omissione dichiarativa”.

Da tale ricostruzione del quadro normativo, il Collegio deduce la piena continuità del Codice del 2023 rispetto a quello del 2016 nella tutela degli interessi dei lavoratori. Tutela peraltro rafforzata, laddove all’art. 11, comma 3, D.Lgs. n. 36 del 2023, agli operatori economici che applicano un contratto collettivo diverso rispetto a quello indicato dalla stazione appaltante o dall’ente concedente, vengono richieste dichiarazioni di garanzia di equivalenza delle tutele offerte ai propri dipendenti rispetto a quelli indicati, non applicati. Ebbene, riconosciuta la costanza del Legislatore nel tutelare degli interessi dei lavoratori e affermata la rilevanza degli istituti che proteggono tali beni giuridici – tra i quali vi è l’obbligo di indicazione separata dei costi della manodopera e degli oneri per la sicurezza – il Giudice afferma l’immodificabilità di tali costi in sede di giustificazione, in quanto elementi costitutivi e quindi immodificabili dell’offerta economica.

In altre parole, il Collegio “comunica” la rilevanza dei beni giuridici protetti (interessi dei lavoratori) all’obbligo di indicazione dei costi – in quanto strumento di protezione di tali beni – e, di qui, lo “trasferisce” alle stesse voci di costo, che, in tal modo, assurgono ad elementi costitutivi ed essenziali e, quindi, immodificabili dell’offerta economica.

Il  ragionamento della Corte fonda l’inammissibilità della modifica delle voci di costo relative alla manodopera e agli oneri per la sicurezza sul luogo di lavoro, sulla loro natura di elementi costitutivi ed essenziali dell’offerta economica.

Inoltre il Tribunale fonda la  tesi dell’esclusione sui principi del raggiungimento dello scopo, di fiducia e di accesso al mercato (artt. 1-3 D.Lgs. n. 36 del 2023), i quali, secondo il Giudice, non sono rivolti esclusivamente nei confronti dell’Amministrazione, ma anche degli operatori economici privati, i quali devono collaborare per il buon esito dell’affidamento.

Di tali principi è offerta un’utile analisi nella Relazione al Codice 2023 del 31 marzo 2023, elaborata dal Consiglio di Stato.

Riguardo al principio di concorrenza – contenuto nel principio di risultato (art. 1, comma 2, D.Lgs. n. 36 del 2023) – il Consiglio di Stato afferma che essa non è tutelata “come mero fine, ma, più correttamente, come mezzo in vista del raggiungimento del risultato. La concorrenza, in particolare, è funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell'affidare ed eseguire i contratti. Si collega così il risultato, inteso come fine, alla concorrenza, intesa come metodo.

Quanto al principio di fiducia, invece, il Consiglio di Stato ne afferma la natura reciproca, sicché non deve essere solo la Pubblica Amministrazione a meritare la fiducia del cittadino, ma anche il cittadino a meritare quella dell’Amministrazione: “Non si tratta, peraltro, di una fiducia unilaterale o incondizionata. Da un lato, invero, la disposizione precisa che la fiducia è reciproca e investe, quindi, anche gli operatori economici che partecipano alle gare.”

Ed infine, il principio di apertura al mercato, che “risponde all’esigenza di garantire la conservazione e l’implementazione di un mercato concorrenziale, idoneo ad assicurare agli operatori economici pari opportunità di partecipazione e, quindi, di accesso alle procedure ad evidenza pubblica destinate all’affidamento di contratti pubblici.

Così, sebbene tali principi portino sicuramente a circoscrivere le ipotesi di esclusione dalla procedura, al contempo, non consentono comunque di superare il divieto di modificazione del contenuto dell’offerta, di cui i costi della manodopera e quelli per la sicurezza dei lavoratori costituiscono, appunto, elemento costitutivo ed essenziale.

Del resto, il principio di non modificabilità dell’offerta è uno dei corollari della par condicio tra i concorrenti e non può essere superato, in ossequio al principio della tutela della massima concorrenza, sotto forma di più ampio accesso possibile al mercato (cfr. principio di risultato, art. 1 D.Lgs. n. 36 del 2023).

Infatti, seppure l’attuale sistema tenda ad ampliare le maglie di istituti, quali il soccorso istruttorio, volti a consentire la sanatoria di carenze, omissioni o irregolarità, in un’ottica di semplificazione e di apertura al mercato, resta in ogni caso insuperabile il limite intrinseco dell’inalterabilità del contenuto dell’offerta (tecnica ed economica), onde garantire il rispetto della par condicio tra i concorrenti.

Sul tema della base d’asta e minimi salariali stabiliti dalle tabelle ministeriali di recente Tar Toscana, Sez. I, 9 aprile 2024, n. 389, secondo cui: “Una base d’asta che si fondi su un costo della manodopera più basso rispetto a quello che emerge dalle Tabelle ministeriali non è di per sé causa di illegittimità della legge di gara; lo diventa allorquando vi deroga in termini macroscopici, quando non garantisce ragionevolmente la possibilità di presentare offerte congrue, e quando viola il trattamento normativo e retributivo previsto dalla contrattazione collettiva nei confronti del lavoratore. La stazione appaltante, nello stabilire la base d’asta, deve tenere conto del costo indicato nelle tabelle ministeriali e dei minimi inderogabili.

Sull’obbligo di indicare nel costo della manodopera le professionalità con funzione direttiva, ancorché impiegate anche in altri appalti pubblici cfr. Cons. Stato, Sez. III, 16 settembre 2024 n. 7582 secondo cui: “La Sezione ha stabilito che deve essere operata un’analisi attenta al caso concreto, al fine di verificare l’effettivo impiego delle risorse umane nello specifico appalto, con l’obiettivo di accertare se si tratti non difigure manageriali apicali e trasversali, esterne e di mero supporto all’esecuzione dell’appalto, ovvero impiegate in via indiretta e solo occasionalmente (v. Cons. Stato, sez. V, n. 6786 del 2020; sez. III n. 6539 del 2020), ma, al contrario, figure direttamente operative, stabili, dedicate alla specifica commessa e non attratte ad un regime di mera reperibilità, l’inclusione dei relativi costi nell’ambito delle spese generali non pare corretta, non integrandosi alcun specifica eccezione all’obbligo di una distinta ed espressa indicazione di tali costi tra gli oneri della <manodopera>.

L’impiego di dette risorse avrebbe comunque comportato un costo per l’operatore economico, non potendosi ragionevolmente sostenere, a contrario, che le professionalità siano utilizzabili nummo uno, ovvero che il loro costo sia indeterminabile o pari a zero per il solo fatto di essere impiegate (anche) in altre commesse, poiché così ragionando si arriverebbe al paradosso per cui non sarebbe prevedibile alcun costo per l’azienda per il solo fatto di utilizzare i dipendenti trasversalmente in vari appalti.”.

Una soluzione rigorosa è stata, da ultimo, sposata dal TAR Toscana, sez. I, 9 aprile 2024, n. 389, secondo cui è illegittima la determinazione della base d'asta di un appalto che non tenga conto del costo del lavoro indicato nelle tabelle ministeriali e dei minimi inderogabili. Secondo il Tribunale fiorentino, infatti,  l’articolo 41, commi 13 e 14,  prevede  che la base d’asta debba essere elaborata in base al costo determinato nelle tabelle ministeriali e che i costi della manodopera e della sicurezza siano scorporati dall’importo assoggettato al ribasso. Il legislatore impone l’indicazione separata in offerta del costo del personale al fine di tutelare il diritto dei lavoratori ad una giusta retribuzione ed evitare dunque che il confronto concorrenziale possa produrre effetti negativo su tale diritto. L’art. 110, comma 4 del d.lgs. n. 36 del 2023 (già art. 97, comma 6 del d.lgs. n. 50 del 2016), sempre a tutela del diritto dei lavoratori ad una retribuzione dignitosa, prevede che non siano ammesse giustificazioni “in relazione a trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge”. È chiaro che anche la stazione appaltante, nello stabilire la base d’asta, debba tenere conto del costo indicato nelle tabelle ministeriali e dei minimi inderogabili.

Annotazioni


3 - Art. 41, comma 15

Sull’analisi dell’equo compenso per le prestazioni professionali -imperatività delle disposizioni di cui alla L. n. 49/2023 ed eterointegrazione della lex specialis di gara- esclusione cfr. TAR Campania, Salerno, Sez. II, 16 luglio 2024, n. 1494 secondo cui: “L’illustrata specialità del sistema dei contratti pubblici, che risponde ad una sua immanente logica proconcorrenziale, per certi versi antagonistica rispetto all’irrigidimento tabellare di singole voci di offerta, impedisce, dunque, di cristallizzare i compensi professionali tramite la propugnata eterointegrazione automatica delle disposizioni della l. n. 49/2023; e induce, piuttosto, a considerare queste ultime a guisa di principi direttivi cui la stazione appaltante deve indefettibilmente improntare la propria valutazione di congruità dell’offerta provvisoriamente aggiudicatariai”.

Annotazioni