Consiglio di Stato, Sez. VI, ordinanza 30 luglio 2013 n. 4023
Consiglio di Stato, Sez. VI, ordinanza 30 luglio 2013 n. 4023
Presidente Maruotti; Estensore Lopilato
Va rimessa alla decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato la questione circa la determinazione della natura, perentoria o non perentoria, del termine che le stazioni appaltanti assegnano al concorrente aggiudicatario e al secondo in graduatoria per la comprova possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa ai sensi dell’art. 48, comma 2, del d.lgs. n. 163/2006.
Va rimessa all’esame dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato la questione afferente al rapporto tra ricorso principale e ricorso incidentale, atteso che - anche alla luce di quanto stabilito dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea con la sentenza 4 luglio 2013, C. 100/12 - per ragioni di certezza del diritto, dovrebbe essere rivisto l’orientamento espresso dalla stessa Adunanza Plenaria con la sentenza n. 4/2011.
BREVI ANNOTAZIONI
L’OGGETTO DELLA PRONUNCIA
Con l’ordinanza n. 4023/2013, il Consiglio di Stato ha dovuto affrontare una tipica ‘ingarbugliata’ fattispecie in materia di gare pubbliche.
Per quanto qui interessa, tuttavia e senza entrare nello specifico della vicenda contenziosa, le tematiche dirimenti il caso giudicando sono due:
(i) in primo luogo, sotto il profilo sostanziale del diritto dei contratti pubblici, la natura perentoria o meno del termine che le stazioni appaltanti impongono ai concorrenti (primo e secondo in graduatoria) per la comprova dei requisiti speciali ai sensi dell’art. 48, comma 2, del d.lgs. n. 163/2006;
(ii) in secondo luogo, sotto il profilo processuale del diritto dei contratti pubblici, lo ‘strano’ quanto controverso rapporto tra le impugnative principali e quelle incidentali in sede contenziosa.
IL PERCORSO ARGOMENTATIVO
La questione sostanziale: la natura perentoria del termine di cui all’art. 48, comma 2, del Codice dei contratti pubblici
Quanto alla prima questione e in estrema sintesi, la ragione del rinvio all’Adunanza Plenaria è da riscontrarsi nel continuo ‘scontrarsi’ di due opposte opzioni giurisprudenziali che hanno condotto e continuano a condurre ad esiti interpretativi esattamente opposti con correlati opposti effetti sui singoli contenziosi.
Come noto l’art. 48 del d.lgs. n. 163/2006 si divide in due commi principali (poi intervallati da un comma 1-bis dal correttivo d.lgs. n. 152/2008).
Ai sensi del primo comma: “Le stazioni appaltanti prima di procedere all’apertura delle buste delle offerte presentate, richiedono ad un numero di offerenti non inferiore al 10 per cento delle offerte presentate, arrotondato all'unità superiore, scelti con sorteggio pubblico, di comprovare, entro dieci giorni dalla data della richiesta medesima, il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, eventualmente richiesti nel bando di gara, presentando la documentazione indicata in detto bando o nella lettera di invito. […] Quando tale prova non sia fornita, ovvero non confermi le dichiarazioni contenute nella domanda di partecipazione o nell’offerta, le stazioni appaltanti procedono all’esclusione del concorrente dalla gara, all’escussione della relativa cauzione provvisoria e alla segnalazione del fatto all’Autorità”.
Ai sensi del secondo comma, invece, “La richiesta di cui al comma 1 è, altresì, inoltrata, entro dieci giorni dalla conclusione delle operazioni di gara, anche all’aggiudicatario e al concorrente che segue in graduatoria, qualora gli stessi non siano compresi fra i concorrenti sorteggiati, e nel caso in cui essi non forniscano la prova o non confermino le loro dichiarazioni si applicano le suddette sanzioni e si procede alla determinazione della nuova soglia di anomalia dell'offerta e alla conseguente eventuale nuova aggiudicazione”.
Ciò premesso a livello legislativo, sull’interpretazione del primo comma non c’è (quasi) mai stato dubbio nel riconoscere natura perentoria al termine ivi indicato (v. Cons., sez. IV, 16 febbraio 2012, n. 810; sez. V, 13 dicembre 2010, n. 8739; sez. VI, 15 dicembre 2009, n. 3804).
Sul secondo comma, invece, si sono fronteggiate due diverse opzioni interpretative.
Secondo un primo filone giurisprudenziale, il termine che viene imposto dalle stazioni appaltanti per la comprova dei requisiti ai sensi del comma secondo della richiamata disposizione avrebbe natura meramente ordinatoria. Sul piano letterale, infatti, il secondo comma dell’art. 48 (a differenza del primo comma), non contempla un termine legale entro il quale la documentazione richiesta dall’amministrazione deve essere prodotta (così cfr. Cons. Stato, sez. V, 7 luglio 2011, n. 4053; e Cons. Stato, sez. VI, 30 maggio 2003, n. 2999).
In aggiunta, sotto il profilo della ratio della disposizione, è stata individuata una ragionevole causa che giustifica la diversità di disciplina: il termine previsto dall’art. 48, comma 1, del d.lgs. n. 163/2006 deve considerarsi perentorio in ragione della “celerità insita nella fase specifica del procedimento” in cui si colloca la richiesta; al contrario, il termine di cui al comma 2 dello stesso art. 48 deve considerarsi, mancando delle espresse esigenze accelleratorie, meramente sollecitatorio (in questo senso cfr. Cons. Stato, sez. V, 8 ottobre 2010, n. 6490; sez. V, 27 ottobre 2005, n. 6003; sez. V, 29 novembre 2004, n. 7758; sez. V, 16 giugno 2003, n. 3358; sez.V, ord., 31 marzo 2012, n. 1886).
Secondo un opposto filone pretorio, entrambi i termini di cui all’art. 48 (comma 1 e comma 2) avrebbero natura perentoria.
Anche in questo caso i giudici si sono basati innanzitutto su di un piano meramente letterale. È stato rilevato, infatti, come il secondo comma dell’art. 48 richiamasse espressamente quanto previsto dal primo comma della stessa disposizione (cfr. Cons. Stato sez. VI, 8 marzo 2012, n. 1321). La mancata indicazione del termine entro il quale la documentazione deve essere depositata non assumerebbe in questo senso alcuna rilevanza, in quanto “spetta all’amministrazione fissarlo” (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 10 luglio 2003, n. 4133). La qualificazione, poi, di tale termine come perentorio discenderebbe dalla previsione delle sanzioni automaticamente applicabili in caso di sua violazione (cfr. così Cons. Stato, sez. V, 21 ottobre 2003, n. 6528).
A tali considerazioni, è stato poi aggiunto che esiste una identità giustificativa “che va ravvisata nelle esigenze di celerità e di correttezza del procedimento, per evitare il protrarsi di una procedura viziata per inadeguatezza o scorrettezza degli eventuali aggiudicatari”, in particolare quando, “il procedimento abbia raggiunto il proprio esito, e sia il possibile contraente a rendersi inadempiente alla richiesta della stazione appaltante e al conseguente onere di diligenza” (confr. Cons. Stato, sez. VI, n. 1321/2012, cit.; Cons. giust. amm. sic., 13 dicembre 2010, n. 1465; Cons. Stato, sez. VI, 10 luglio 2003 n. 4133; sez. V, 17 aprile 2003, n. 2081; Cons. giust. amm. sic., 24 dicembre 2002, n. 684; Cons. Stato, sez. V, 24 febbraio 2002, n. 2207).
La questione processuale: di nuovo sul rapporto tra ricorso incidentale e ricorso principale
Quanto alla seconda questione di natura prettamente processuale, opportunamente la Sezione VI torna a sollecitare una pronuncia dell’Adunanza Plenaria che dirima definitivamente la questione della funzione del ricorso incidentale e degli effetti del suo accoglimento sull’impugnativa principale.
Anche al fine di evitare appesantimenti e inutili ripetizioni, l’ordinanza sul punto rinvia a quanto già espresso dalla medesima Sezione nella recente ordinanza di rinvio n. 2681 del 17 maggio 2013. La Sezione VI si limita solamente ad evidenziare come una definitiva impostazione del più alto Collegio di Palazzo Spada si rende oggi quanto mai improcrastinabile anche alla luce delle indicazioni pervenute da Lussemburgo con la sentenza dello scorso 4 luglio 2013, C-100/12.
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Quello che sta per arrivare si preannuncia un Autunno molto caldo per il Consiglio di Stato.
In particolare, la questione più ‘scottante’ che - a cadenza quantomeno biennale - si riaffaccia alle porte dell’Adunanza Plenaria è ovviamente quella dei rapporti tra le diverse impugnative esperibili nei giudizi amministrativi.
Sul punto, senza spendere ulteriori argomentazioni rispetto a ciò che è stato già detto in dottrina e giurisprudenza, non resta che semplicemente sperare in una opzione che tenda alla definizione (definitiva) della questione, anche se si dubita che qualsiasi sia la decisione che assumeranno i giudici di Palazzo Spada potrà non andare incontro (in un prossimo o in un remoto) futuro a nuove considerazioni critiche che potrebbero condurre ad ulteriori aggiustamenti di tiro.
Quanto alla questione della perentorietà del termine di cui all’art. 48, comma 2, del d.lgs n. 163/2006, si ritiene che – qualora sia definitivamente implementato il sistema informatico della Banca dati nazionale dei contratti pubblici – qualunque sia la soluzione che l’Adunanza Plenaria vorrà dare, questa avrà una ‘vita’ commisurata a quella dei contenziosi per i quali ratione temporis continuerà applicarsi la disciplina previgente.
Infatti, secondo la nuova impostazione del controllo obbligatorio d’ufficio delle dichiarazioni sostitutive, inaugurata con l’art. 15 della legge n. 183/2011 in tutti i settori dell’azione pubblica e con i dd.ll. n. 70/2011 e n. 5/2012 nel settore della contrattualistica delle P.A. la questione della natura dei termini per la comprova dei requisiti speciali passerà verosimilmente in secondo piano. In merito, si valutino gli interventi delle richiamate disposizioni che hanno integrato il testo dell’art. 48, comma 1, del Codice dei contratti pubblici (rispetto a quello sopra riportato) e introdotto un nuovo art. 6-bis nel medesimo Codice.
PERCORSO BIBLIOGRAFICO
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REPUBBLICA ITALIANA
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso numero di registro generale 1374 del 2013, proposto dalla s.r.l. Lucci Salvatore Impresa di Costruzioni, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Diego Vaiano e Raffaele Izzo, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, Lungotevere Marzio, n..3;
contro
Il Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro pro tempore, la Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma, in persona del Soprintendente pro tempore, il Commissario delegato per la realizzazione degli interventi urgenti nelle aree archeologiche di Roma e Ostia Antica, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
Gherardi Ing. Giancarlo s.p.a., in proprio e quale capogruppo mandataria dell’ATI con la Re.Co. Restauratori consorziati, la B5 s.r.l., l’arch. Didier Repellin e l’arch. Marina di Guida, rappresentati e difesi dall’avvocato Angelo Clarizia, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Principessa Clotilde, 2;
per la riforma
del dispositivo della sentenza 5 febbraio 2013, n. 1257, e della sentenza 28 febbraio 2013, n. 2180, del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, Roma, Sezione II-quater.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio;
viste le memorie difensive;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 giugno 2013 il Cons. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti gli avvocati Vaiano e Clarizia, nonché l’avvocato dello Stato Aiello.
1.– Il commissario delegato per la realizzazione degli interventi urgenti nelle aree archeologiche di Roma e Ostia Antica ha indetto, con bando del 4 agosto 2011, una procedura di gara ristretta, ai sensi dell’art. 53, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE) per l’affidamento della progettazione esecutiva, l’esecuzione e il restauro del prospetto settentrionale e meridionale e la realizzazione delle cancellate a chiusura dei fornici del primo ordine dell’Anfiteatro Flavio (Colosseo).
Alla procedura hanno partecipato due imprese: la Società Lucci Salvatore Impresa di Costruzioni s.r.l. (d’ora innanzi solo Lucci) e la Gherardi Ing. Giancarlo s.p.a., capogruppo mandataria dell’ATI con la Re.Co. Restauratori consorziati, la B5 s.r.l., l’arch. Didier Repellin e l’arch. Marina di Guida (d’ora innanzi solo Gherardi).
La Gherardi si è classificata al primo posto, ottenendo il punteggio di 67,475. La Lucci si è classificata al secondo posto, ottenendo il punteggio di 59,761 punti.
La Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma, subentrata nella gestione della procedura al Commissario delegato, ha aggiudicato la gara, in via provvisoria il 27 luglio 2012 e in via definitiva il successivo 30 agosto, alla Gherardi.
2.– La Lucci, con il ricorso n. 8014 del 2012, ha impugnato tali atti innanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio. In particolare, nel ricorso sono state dedotte le seguenti illegittimità, riportate in sintesi:
a) le tre imprese facenti parti del Consorzio Re.Co – Restauratori consorziati, mandante della Gherardi, hanno omesso di rendere le dichiarazioni relative all’insussistenza di cause di esclusione di cui all’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006; né varrebbe la loro regolarizzazione postuma, sia perché poste in essere da soggetti che hanno dichiarato di agire quali rappresentanti del Consorzio e non delle imprese consorziate, sia perché si tratta di un requisito essenziale imposto a pena di esclusione dalla lex specialis;
b) nessuna delle componenti della Gherardi ha elencato espressamente e per esteso, come richiesto dal bando di gara (punto III.2.1.), l’assenza delle condizioni prescritte dall’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006; né potrebbe ritenersi, senza violare il principio della par condicio, validamente effettuata la successiva regolarizzazione;
c) i progettisti: 1) non hanno dimostrato di possedere i requisiti previsti dal bando in misura corrispondente alla dichiarata quota di partecipazione al raggruppamento;2) non hanno prodotto in sede di prequalifica le dichiarazioni di cui all’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006, al fine di provare la sussistenza dei requisiti di ordine generale; 3) non si sono associati tra di loro, nelle forme richieste dall’art. 90, comma 1, lettera g), del d.lgs. n. 163 del 2006, mantenendo una netta separazione di competenze e responsabilità, senza neanche indicare la persona fisica incaricata dell’integrazione tra le varie prestazioni specialistiche;
d) l’offerta è stata sottoscritta esclusivamente dai progettisti e non anche dalle due imprese esecutrici dei lavori (la Gherardi s.p.a. e il Consorzio Re. Co.).
e) è stato omesso, in sede di redazione dell’offerta economica, di integrare la lista delle categorie di lavorazioni e forniture previste per l’esecuzione dei lavori, con l’indicazione delle lavorazioni e forniture costituenti le soluzioni migliorative e le integrazioni tecniche proposte e di quantificare le stesse dal punto di vista economico, con conseguente indeterminatezza ed anomalia dell’offerta;
f) è stato effettuato per i lavori in economia un ribasso non consentito rispetto al prezzo elementare (al netto cioè di spese generale ed utile);
g) è stato presentato un progetto esecutivo che, pur prevedendo la realizzazione di strutture metalliche e di impianti, è privo degli elaborati di calcolo;
h) le offerte tecniche delle due imprese partecipanti sono state valutate in maniera contraria al principio di ragionevolezza, in quanto: 1) costituisce un errore di fatto la circostanza che la Lucci fosse priva, da un lato, del requisito della specificità della progettazione perché avente ad oggetto «beni non archeologici», dall’altro della attrezzature necessarie per effettuare le indagini conoscitive; 2) nella struttura del gruppo di progettazione della Gherardi manca la figura dell’archeologo; 3) è stata attribuita illegittimamente rilevanza al fatto che la Gherardi avesse cantieri nell’area centrale di Roma;
i) è stata ritenuta congrua l’offerta della Gherardi sulla base del solo criterio del cosiddetto «più probabile prezzo di mercato», senza chiedere alcun «giustificativo» in ordine all’effettiva sostenibilità dei prezzi stessi.
2.1.– La Gherardi ha proposto un ricorso incidentale, volto a sostenere che la ricorrente principale dovesse essere esclusa dalla gara e fosse priva pertanto di legittimazione. In particolare, nel ricorso sono state dedotte le seguenti illegittimità, riportate in sintesi:
a) violazione dell’art. 263 del d.lgs. n. 163 del 2006, il quale prevede che possono essere valutati soltanto i servizi di ingegneria, ultimati ed approvati dalla stazione appaltante; nella specie la società Tecton Studio Associati s.rl., di cui si è avvalsa la Lucci per attestare il possesso di questo requisito, avrebbe dichiarato di avere eseguito tre progetti ai quali non è seguita l’aggiudicazione e che, pertanto, non potrebbero ritenersi «approvati»;
b) violazione dell’art. 90 del d.lgs. n. 163 del 2006, in quanto risulta che: 1) l’ing. Giuseppe Carluccio, inserito nella struttura organizzativa della Lucci, ha collaborato all’estensione della progettazione posta a base di gara;2) il prof. Adriano La Regina, inserito anch’egli nella struttura organizzativa della Lucci, ha curato, alla fine degli anni novanta, il progetto e il restauro di una parte del Colosseo, che è stato, poi, assunto come modello di riferimento per la realizzazione del progetto posto a base di gara;
c) violazione dell’art. 76 del d.lgs. n. 163 del 2006 e del punto II 1.9 del bando, per avere introdotto inammissibili e non consentite varianti alla cancellata; in subordine, qualora si ritenesse che tale violazione non potrebbe giustificare l’esclusione dalla procedura di gara, sarebbe illogico il punteggio attribuibile per questo aspetto;
d) omessa produzione di una relazione illustrativa inerente alle esperienze professionali dei tecnici che fanno parte della struttura tecnico-organizzativa incaricata di redigere l’esecuzione dei lavori (sono stati prodotti soltanto i curricula di alcuni consulenti); in subordine, qualora si ritenga tale omissione non sufficiente ai fini dell’esclusione dalla procedura di gara, sarebbe illogica l’attribuzione di un punteggio di 3,106 punti su cinque, con conseguente collocazione della società al terzo posto;
e) i professionisti facenti parti della struttura tecnico-organizzativa della Lucci non hanno attestato il possesso dei requisiti di carattere generale di cui all’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006;
f) la Lucci «pur avendo proposto soluzioni migliorative, ha indicato tutti i prezzi previsti nella lista delle categorie di lavori e forniture, ivi compresi quelli afferenti le lavorazioni soppresse e, nel contempo, ha indicato i prezzi relativi alle lavorazioni correlate alle soluzioni migliorative ed alle integrazioni tecniche offerte».
3.– Nel corso del processo, così instaurato, la stazione appaltante, con atto del 22 novembre 2012, prot. n. 39127 (comunicato all’impresa il successivo giorno 23, prot. n. 39244), ha escluso dalla procedura l’aggiudicataria per non avere prodotto, ai sensi dell’art. 48, secondo comma, del d.lgs. n. 163 del 2006, la documentazione necessaria a comprovare i requisiti di partecipazione. In particolare, con nota del 31 ottobre 2012, prot. n. 35805, la stazione appaltante aveva chiesto all’aggiudicataria di depositare tale documentazione entro il termine di dieci giorni dalla ricezione della comunicazione. L’aggiudicataria avrebbe provveduto al deposito, tardivamente, in data 7 dicembre 2012. Ricevuto l’atto di esclusione, la Gherardi, deducendo di avere effettuato il deposito in data 9 novembre 2012, ha chiesto all’amministrazione di rivedere la sua determinazione.
In particolare, su espressa richiesta della stazione appaltante, la Gherardi ha dichiarato, con atto del 3 dicembre 2012, di avere consegnato la documentazione negli uffici della Soprintendenza «al quinto piano» dove un «addetto, una signora» ha indicato una stanza, collocata «vicina agli ascensori» per effettuare il deposito, che è stato poi «protocollato» da un funzionario di cui la società riferisce di non ricordare il nome. Il Ministero, dopo avere accertato, con dichiarazione resa dai dipendenti, ai sensi del d.p.r. n. 445 del 2000, che nella data indicata non risulta, dall’analisi del protocollo, effettuato alcun deposito, ha confermato, con atto del 4 dicembre 2012, l’esclusione dalla procedura di gara della Gherardi.
3.1.– Quest’ultima ha proposto, avverso il suddetto provvedimento, autonomo ricorso, n. 10520 del 2012.
In particolare, con tale ricorso si è dedotto che:
a) la documentazione è stata prodotta in data 9 novembre 2012, come dimostrerebbe la ricevuta, prodotta in giudizio, rilasciata dalla Soprintendenza;
b) non è stato comunicato l’avvio del procedimento; si aggiunge che «nelle date del 2 e 27 agosto era stata già trasmessa la documentazione richiesta telefonicamente (…) di talché la successiva richiesta del 31 ottobre 2012 riguardava documentazione già consegnata o, al più, da completare»;
c) il termine previsto dall’art. 48, secondo comma, del d.lgs. n. 163 del 2006, in mancanza di diversa determinazione contenuta nella lex specialis, ha natura ordinatoria e non perentoria; sul punto si aggiunge che neanche l’amministrazione ha rispettato il termine di dieci giorni per la richiesta dei documenti.
Nell’ambito del medesimo giudizio:
- è intervenuta, ad opponendum, la Lucci, la quale ha, altresì, proposto ricorso incidentale assumendo che la Gherardi avrebbe dovuto essere esclusa per le ragioni già prospettate nel primo ricorso;
- la Gherardi ha proposto controricorso incidentale, che ha riprodotto il ricorso incidentale proposto nell’altro ricorso.
4.– Il Tribunale amministrativo, riuniti i giudizi, li ha decisi con dispositivo pubblicato il 5 febbraio 2013 e con successiva motivazione contenuta nella sentenza del 28 febbraio 2013, n. 2180.
In relazione al ricorso n. 10520 del 2012, il Tribunale, in primo luogo, ha annullato l’atto di esclusione, ritenendo che l’art. 48, secondo comma, del d.lgs. n. 163 del 2006 deve essere interpretato, a differenza del primo comma dello stesso articolo, nel senso che il termine indicato dall’amministrazione per il deposito della documentazione richiesta ha valenza sollecitatoria e non perentoria. In questa prospettiva, si aggiunge, essendo incontestato che la documentazione è stata acquisita in data 7 dicembre 2012, diventa irrilevante accertare se effettivamente la Gherardi abbia consegnato detta documentazione già in data 9 novembre 2012.
In secondo luogo, il primo giudice ha dichiarato inammissibile il ricorso incidentale, presentato dalla Lucci in qualità di interveniente ad opponendum, in quanto «l’oggetto del giudizio è costituito (…) dal provvedimento di esclusione mentre il ricorso incidentale è volto ad impugnare il precedente provvedimento di aggiudicazione».
Infine, per le medesime ragioni appena indicate, il Tribunale amministrativo ha dichiarato inammissibile il controricorso incidentale proposto dalla Gherardi.
In relazione al ricorso n. 8014 del 2012, il Tribunale: a) ha accolto il primo motivo del ricorso incidentale proposto dalla Gherardi e per l’effetto, applicando i principi enunciati dalla Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza 7 aprile 2011, n. 4, ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla Lucci; b) ha dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse i motivi aggiunti al ricorso incidentale proposti dalla Gherardi.
5.– La Lucci ha proposto appello avverso il dispositivo e con successivo atto integrativo ha impugnato anche la motivazione della sentenza.
In particolare, l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui:
a) non ha ritenuto perentorio il termine previsto dall’art. 48 (si cita, tra le altre, la sentenza della Sesta sezione 8 marzo 2012, n. 1321, che si è espressa in questo senso);
b) ha ritenuto fondato il primo motivo del ricorso incidentale, in quanto l’art. 263 del d.lgs. n. 163 del 2006, non richiede che i lavori vengano realizzati, essendo sufficiente la redazione del progetto.
La Lucci ha, poi, riproposto, con l’atto di appello, i motivi contenuti nel ricorso principale, sopra riportati, non esaminati dal primo giudice.
5.1.– Si è costituita in giudizio la Gherardi rilevando che la sentenza è corretta nella parte in cui ha ritenuto che il termine previsto dall’art. 48 non abbia natura perentoria.
Si aggiunge che, in ogni caso:
a) la documentazione è stata depositata entro il termine assegnato, in data 9 novembre 2012, come risulterebbe dalla apposizione, sulla nota di trasmissione dei documenti, del timbro della «Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma Piazza dei Cinquecento n. 67 00185 Roma» e con la dicitura scritta a penna «per ricevuta 9-11-2012» sottoscritta «dall’addetto che ha materialmente preso in consegna la documentazione»;
b) non è stata data comunicazione dell’avvio del procedimento.
Sono stati, poi, riproposti i motivi contenuti nel ricorso incidentale, già indicati, non esaminati dal primo giudice.
5.2.– Si è costituito in giudizio il Ministero dei beni e delle attività culturali, rilevando che la Lucci non avrebbe censurato la parte della sentenza con cui il primo giudice ha ritenuto che la stessa non sia legittimata ad interloquire sul provvedimento adottato dall’amministrazione. Nel merito, vengono addotte le analoghe argomentazioni contenute nell’atto difensivo della società resistente.
5.3.– La Lucci ha depositato, in vista dell’udienza pubblica del 18 giugno 2013, una memoria con la quale, in relazione alla questione inerente al rispetto del termine, ha affermato che «la mera produzione di un frontespizio recante un timbro e una sigla illeggibile di un soggetto ignoto, peraltro non individuato dall’amministrazione in nessuno dei suoi dipendenti nonostante le ricerche all’uopo compiute» non può costituire prova dell’effettiva consegna dei documenti.
5.4.– La Gherardi ha anch’essa depositato una memoria, in vista della stessa udienza, con la quale ha rilevato che la Soprintendenza aveva disposto che la documentazione avrebbe dovuto essere consegnata «presso la sede del Palazzo Massimo – Piazza dei Cinquecento 67 – Segreteria del Soprintendente». Sul punto si aggiunge che «se poi l’ufficio, indicato dall’amministrazione per la ricezione della documentazione, ha provveduto o non ha provveduto tempestivamente a protocollarla è circostanza che non può essere imputata all’impresa».
6.– Con l’ordinanza 9 marzo 2013, n. 791, la Sezione ha rigetto la domanda di sospensione dell’efficacia della sentenza, ritenendo che, «all’esito di una valutazione comparativa degli interessi implicati nella vicenda per cui è causa, deve essere attribuita prevalenza agli interessi pubblici inerenti alla, per quanto possibile, celere realizzazione delle opere oggetto della procedura di gara».
7.– La causa è stata decisa all’udienza pubblica del 18 giugno 2013.
8.– La definizione della controversia all’esame del Collegio impone la rimessione all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato di due questioni.
La prima questione è relativa alla decisione in ordine alla legittimità o meno dell’atto di esclusione dalla procedura di gara della Gherardi. A tale fine, è necessario stabilire quale sia la corretta interpretazione dell’art. 48, secondo comma, del d.lgs. n. 163 del 2006.
Tale punto di diritto ha dato luogo a contrasti giurisprudenziali.
Si riportano nei punti successivi il contenuto del citato art. 48 e i due orientamenti interpretativi che si sono formati in ordine alla questione in esame..
9.– L’art. 48 del d.lgs. n. 163 del 2006 disciplina il controllo sul possesso dei requisiti.
In particolare, il primo comma prevede che: «Le stazioni appaltanti prima di procedere all’apertura delle buste delle offerte presentate, richiedono ad un numero di offerenti non inferiore al 10 per cento delle offerte presentate, arrotondato all'unità superiore, scelti con sorteggio pubblico, di comprovare, entro dieci giorni dalla data della richiesta medesima, il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, eventualmente richiesti nel bando di gara, presentando la documentazione indicata in detto bando o nella lettera di invito». La stessa norma prevede che «quando tale prova non sia fornita, ovvero non confermi le dichiarazioni contenute nella domanda di partecipazione o nell'offerta, le stazioni appaltanti procedono all’esclusione del concorrente dalla gara, all’escussione della relativa cauzione provvisoria» e alla segnalazione del fatto all’Autorità di vigilanza dei contratti pubblici per l’adozione dei provvedimenti sanzionatori di sua competenza.
Il secondo comma dello stesso art. 48 dispone che: «La richiesta di cui al comma 1 è, altresì, inoltrata, entro dieci giorni dalla conclusione delle operazioni di gara, anche all’aggiudicatario e al concorrente che segue in graduatoria, qualora gli stessi non siano compresi fra i concorrenti sorteggiati, e nel caso in cui essi non forniscano la prova o non confermino le loro dichiarazioni si applicano le suddette sanzioni e si procede alla determinazione della nuova soglia di anomalia dell'offerta e alla conseguente eventuale nuova aggiudicazione» (analoga disciplina era contenuta nell’art. 10, comma 1-quater, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, recante «Legge quadro in materia di lavori pubblici»).
10.– La giurisprudenza del Consiglio di Stato è costante nel ritenere che il termine previsto dal primo comma del predetto art. 48, in relazione alla verifica a campione, ha natura perentoria, «tranne il caso di un oggettivo impedimento alla produzione della documentazione non in disponibilità» (tra le tante, Cons. Stato, sez. IV, 16 febbraio 2012, n. 810; sez. V, 13 dicembre 2010, n. 8739; sez. VI, 15 dicembre 2009, n. 3804).
La stessa giurisprudenza è, invece, divisa in ordine alla natura del termine che viene assegnato dall’amministrazione all’aggiudicatario nella procedura prefigurata dal secondo comma dello stesso art. 48.
10.1.– Un primo orientamento ritiene che il predetto termine abbia natura ordinatoria per le seguenti ragioni.
In primo luogo, sul piano letterale, il secondo comma dell’art. 48, a differenza del primo comma, non contempla un termine legale entro il quale la documentazione richiesta dall’amministrazione deve essere prodotta (Cons. Stato, sez. V, 7 luglio 2011, n. 4053; Cons. Stato, sez. VI, 30 maggio 2003, n. 2999).
In secondo luogo, sul piano della ratio, è stata individuata una ragionevole causa che giustifica la diversità di disciplina: il termine di cui al primo comma dell’art. 48 deve considerarsi perentorio in ragione della «celerità insita nella fase specifica del procedimento» in cui si colloca la richiesta; il termine di cui al secondo comma dello stesso art. 48 deve considerarsi, mancando esigenze accelleratorie, meramente sollecitatorio (Cons. Stato, sez. V, 8 ottobre 2010, n. 6490; sez. V, 27 ottobre 2005, n. 6003; sez. V, 29 novembre 2004, n. 7758; sez. V, 16 giugno 2003, n. 3358; sez.V, ord., 31 marzo 2012, n. 1886).
In questa prospettiva è, pertanto, rimessa all’amministrazione la determinazione di stabilire, mediante una espressa enunciazione nella lex specialis e alla luce degli interessi sottesi alla specifica vicenda amministrativa, se assegnare al termine natura ordinatoria o perentoria (v. le sentenze sopra citate).
10.2.– Un secondo orientamento assume, invece, che il termine abbia natura perentoria per le seguenti ragioni.
In primo luogo, sul piano letterale, il secondo comma dell’art. 48 richiama espressamente quanto previsto dal primo comma della stessa disposizione (Cons. Stato sez. VI, 8 marzo 2012, n. 1321). La mancata indicazione del termine entro il quale la documentazione deve essere depositata non assume rilevanza, in quanto «spetta all’amministrazione fissarlo» (Cons. Stato, sez. VI, 10 luglio 2003, n. 4133). La qualificazione, poi, di tale termine come perentorio deriva dalla previsione delle sanzioni automaticamente applicabili in caso di sua violazione (Cons. Stato, sez. V, 21 ottobre 2003, n. 6528).
In secondo luogo, sul piano della ratio, esiste una identità giustificativa «che va ravvisata nelle esigenze di celerità e di correttezza del procedimento, per evitare il protrarsi di una procedura viziata per inadeguatezza o scorrettezza degli eventuali aggiudicatari».
Sul punto, si aggiunge che le suddette esigenze sono ancora più pregnanti quando, mediante la scelta del vincitore, «il procedimento abbia raggiunto il proprio esito, e sia il possibile contraente a rendersi inadempiente alla richiesta della stazione appaltante e al conseguente onere di diligenza» (Cons. Stato, sez. VI, n. 1321 del 2012, cit.; in questo senso anche Cons. giust. amm. sic., 13 dicembre 2010, n. 1465; Cons. Stato, sez. VI, 10 luglio 2003 n. 4133; sez. V, 17 aprile 2003, n. 2081; Cons. giust. amm. sici., 24 dicembre 2002, n. 684; Cons. Stato, sez. V, 24 febbraio 2002, n. 2207).
La scelta interpretativa sulla natura perentoria o meno del termine in questione incide, ovviamente, sull’accertamento della fondatezza o meno del ricorso di primo grado n. 10520 del 2012, proposto dalla società Gherardi.
11.– La seconda questione che la Sezione rimette all’esame dell’Adunanza plenaria attiene al rapporto tra ricorso principale e ricorso incidentale.
Se, infatti, si dovesse ritenere che l’esclusione dalla procedura di gara della Gherardi è illegittima, è necessario stabilire quale sia l’ordine di trattazione dei due ricorsi proposti.
Il Collegio, sul punto, ritiene che, anche alla luce di quanto stabilito dalla Corte di giustizia, con la sentenza 4 luglio 2013, n. C. 100/12, debba essere rivisto l’orientamento espresso dalla stessa Adunanza plenaria con la sentenza n. 4 del 2011.
I motivi che depongono per un cambiamento di orientamento interpretativo sono stati già espressi da questa Sezione con l’ordinanza 17 maggio 2013, n. 2681, cui, per esigenze di sinteticità, si rinvia integralmente.
Per ragioni di certezza del diritto, è preferibile che sia la stessa Adunanza Plenaria a verificare se la motivazione posta a base della citata sentenza della Corte di Giustizia comporti una complessiva rimeditazione delle questioni riguardanti la perdurante sussistenza o meno della legittimazione e dell’interesse dell’impresa esclusa o da escludere, quando impugni gli atti di gara.
12.– In conclusione, si rimettono all’esame della Adunanza plenaria le questioni relative:
a) alla natura, perentoria o ordinatoria, del termine previsto dall’art. 48, secondo comma, del d.lgs. n. 163 del 2006;
b) al rapporto tra ricorso principale e ricorso incidentale.
Valuterà altresì l’Adunanza Plenaria se – una volta enunciati i principi di diritto sulle questioni sollevate –intenda restituire per il resto il giudizio alla Sezione rimettente.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, non definitivamente pronunciando sull’appello proposto con il ricorso n. 1374 del 2013, rimette l’esame della controversia all’Adunanza Plenaria, ai sensi dell’art. 99 del Codice del processo amministrativo.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 giugno 2013 con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere
Roberta Vigotti, Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere
Vincenzo Lopilato, Consigliere, Estensore