Consiglio di Stato, Sezione VI, sentenza 14 novembre 2012 n. 5749

Consiglio di Stato, Sezione VI, sentenza 14 novembre 2012 n. 5749
Presidente Severini; Estensore De Michele

1. Il ricorso incidentale con cui l’impresa aggiudicataria di un appalto – chiamata in giudizio da altra impresa aspirante all’aggiudicazione – contesti preliminarmente la regolarità dell’offerta presentata dalla ricorrente deve essere valutato prioritariamente. Tale regolarità è infatti presupposto sia della legittimazione attiva che dell’interesse a ricorrere.

2. La cooptazione (di cui all’art. 92, comma 5, d.P.R. n. 207/2010) pur con tutte le sue particolari caratteristiche, rappresenta una speciale tipologia di aggregazione e, dunque, rientra nel genere dell’associazione temporanea, soggetta all’art. 37 (Raggruppamenti temporanei e consorzi ordinari di concorrenti) del Codice dei contratti pubblici. Conseguentemente, l’impresa cooptata è obbligatoriamente chiamata, a pena di esclusione, a sottoscrivere l’offerta tecnico-economica e ad attestare il possesso della richiesta certificazione di qualità aziendale in corso di validità.
 

BREVI ANNOTAZIONI

L’OGGETTO DELLA PRONUNCIA

1. In occasione della decisione in esame il Consiglio di Stato torna a pronunciarsi sulla spinosa questione dell’ordine di trattazione dei ricorsi reciprocamente escludenti in materia di gare pubbliche (c.d. ricorsi paralizzanti). Si tratta nello specifico dell’ipotesi in cui entrambi i ricorrenti contestino la legittimità della partecipazione dell’altro alla procedura concorsuale, ove questa si sia caratterizzata per la presenza di due sole offerte.

2. Il Collegio, inoltre, prende posizione, nella pronuncia che si annota, sulla natura giuridica della cooptazione (di cui all’art. 92, comma 4, d.P.R. n. 207/2010), al fine di perimetrare gli obblighi posti dal Codice dei contratti a carico dell’impresa cooptata.

 

IL PERCORSO ARGOMENTATIVO

1. Citando la più recente giurisprudenza dell’Adunanza plenaria (ossia la decisione n. 4/2011), il Giudice amministrativo ritiene che debba essere trattato per primo il ricorso incidentale, contenente le doglianze avanzate dal controinteressato-aggiudicatario della commessa pubblica.

L’accoglimento del ricorso incidentale, infatti, determina inammissibilità del ricorso principale per difetto di legittimazione ed interesse ad agire.

Nel dettaglio, l’accertamento dell’illegittimità della partecipazione alla procedura del ricorrente principale ne demolisce lo status di soggetto titolare di una posizione giuridica differenziata e qualificata (data dalla partecipazione medesima alla gara e consistente nell’interesse pretensivo all’aggiudicazione della commessa), rendendolo mero quisque de populo rispetto all’azione amministrativa e, dunque, non legittimato ad agire in giudizio.

Né pare possibile fondare la legittimazione all’azione sul fatto che, in caso di gare a due, la trattazione nel merito di entrambi i ricorsi determinerebbe, ove fondati, annullamento dell’intera gara con possibile riedizione della procedura: non v’è interesse giuridicamente rilevante, poiché l’eventuale e discrezionale riedizione della gara, in quanto evento futuro ed incerto, è inidonea a proiettare all’indietro situazioni soggettive tutelabili in giudizio.

2. Relativamente, invece, alla seconda questione esaminata, il Collegio perviene alla parziale assimilazione del fenomeno della cooptazione a quello del raggruppamento, disciplinato all’art. 37 del Codice dei contratti pubblici.

Giova illustrare brevemente la cornice giuridica nonché il contesto fattuale in cui si pone la pronuncia.

A mente dell’art. 92, comma 5, del regolamento di attuazione del Codice dei contratti pubblici (d.P.R. n. 207/2010), il singolo concorrente o i concorrenti che intendano riunirsi in raggruppamento temporaneo, che siano già in possesso dei requisiti prescritti per la partecipazione alla gara, possono raggruppare altre imprese qualificate anche per categorie ed importi diversi da quelli richiesti nel bando, a condizione che i lavori eseguiti da queste ultime non superino il 20% dell'importo complessivo dei lavori e che l'ammontare complessivo delle qualificazioni possedute da ciascuna sia almeno pari all'importo dei lavori che saranno ad essa affidati.

L’associazione per cooptazione integra dunque un istituto finalizzato non tanto al raggiungimento dei requisiti prescritti per la partecipazione alla gara (fine, invece, proprio della figura generale del raggruppamento di imprese), quanto a far entrare nel sistema degli appalti pubblici imprese di modeste dimensioni, che non potrebbero altrimenti partecipare per mancanza dei requisiti necessari.

L’appellante, argomentando dall’evidenziata eterogeneità dei fini, sosteneva l’estraneità alla procedura di gara dell’impresa aggregata, la quale non entrerebbe in contatto diretto con la stazione appaltante, non assumendo la veste formale di concorrente (assunta, diversamente, soltanto dalle imprese raggruppate, da sé in possesso dei requisiti necessari richiesti per la partecipazione).

Conseguentemente, l’appellante affermava che non potesse costituire causa di esclusione del costituendo raggruppamento il fatto che l’impresa aggregata non avesse sottoscritto l’offerta e conferito mandato collettivo speciale con rappresentanza ad uno degli operatori economici raggruppati.

Il Collegio non condivide tali conclusioni.

Sicuramente la cooptazione integra una tipologia peculiare di associazione, con profili di eccentricità rispetto al modello delineato all’art. 37 del Codice dei contratti pubblici. Da ciò consegue una disciplina in parte diversa di tale fenomeno giuridico: si assiste infatti ad un temperamento degli obblighi inerenti il possesso dei requisiti speciali di partecipazione, non ricorrendo peraltro in capo all’impresa cooptata nemmeno l’onere di sottoscrivere la garanzia, da prestare a titolo di cauzione provvisoria.

Tuttavia, nonostante le illustrate diversità, la cooptazione rappresenta comunque una forma di aggregazione che, per i profili non diversamente regolati, soggiace alla normativa dei raggruppamenti di cui all’art. 37 del Codice dei contratti.

Come avviene per ogni associazione temporanea di imprese, infatti, il ricorso alla cooptazione risponde ad una precisa scelta imprenditoriale circa le modalità di esecuzione delle prestazioni contrattuali, che deve essere cristallizzata in un’offerta i cui elementi costitutivi siano predeterminati e inderogabili, a garanzia dell’attendibilità dell’offerta medesima nonché della par condicio degli altri partecipanti alla gara.

Si giustifica così la necessità della sottoscrizione dell’offerta tecnico-economica anche da parte dell’impresa cooptata oltre all’obbligo, in capo alla medesima, di attestazione del possesso della richiesta certificazione di qualità aziendale in corso di validità, in relazione alla parte dei lavori che la cooptata sarà chiamata ad eseguire.

 

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

1. Come anticipato, la tesi sostenuta dalla decisione in commento, relativamente al tema dell’ordine di trattazione dei ricorsi principale ed incidentale, è stata formulata dal Giudice amministrativo in occasione della Plenaria n. 4/11, con la quale si è dato luogo ad un profondo revirement della giurisprudenza di legittimità, opposta essendo la soluzione sostenuta nella precedente decisione n. 11/08.

Con la pronuncia del 2008, infatti, l’Adunanza Plenaria affermava, in ossequio ai principi di imparzialità e di parità delle parti, che compito del giudice fosse, ritenuto fondato uno dei due ricorsi, verificare la fondatezza anche dell’altro, in modo da, se del caso, annullare tutti gli atti di ammissione alla gara e, per illegittimità derivata, anche l’aggiudicazione.

Ciò in quanto “entrambe le imprese sono titolari dell'interesse minore e strumentale all'indizione di una ulteriore gara”.

Peraltro, con recente sentenza a Sezioni Unite (Cass., Sez. un., 21 giugno 2012, n. 10294), il Giudice ordinario – per escludendo che si possa parlare di un “aprioristico diniego di giustizia” – ha stigmatizzato la soluzione offerta dalla decisione dell’Adunanza plenaria del 2011, “in quanto al cospetto di due imprese che sollevano a vicenda la medesima questione, ne sanziona una con l’inammissibilità del ricorso e ne favorisce l’altra con il mantenimento di un’aggiudicazione (in tesi) illegittima, denotando una crisi del sistema che, al contrario, proclama di assicurare a tutti la possibilità di ricorrere al giudice per fargli rimediare a quello che (male) ha fatto o non ha fatto l’Amministrazione”.

A ben vedere, tuttavia, l’opzione per l’una o l’altra tesi ruota intorno al concetto di interesse strumentale, più propriamente alla gamma di situazioni che sotto tale ombrello si voglia ricondurre.

Come osserva certa dottrina, infatti, la rilevanza giuridica del c.d. interesse strumentale è strettamente connessa alla doverosità dell’azione amministrativa.

Per essere più chiari, si ha interesse giuridicamente rilevante (e tutelato) solo ove l’annullamento di un atto sia immediatamente satisfattivo per il ricorrente oppure determini in capo alla pubblica amministrazione l’obbligo di agire, conformandosi al giudicato, in una direzione satisfattoria (coercibile con il rimedio dell’ottemperanza). Questa seconda ipotesi corrisponde alla nozione classica di strumentalità propria del diritto processuale amministrativo, cui si affianca, sul piano sostanziale, quella di interesse legittimo pretensivo.

Qualora, tuttavia, la doverosità dell’agire amministrativo post annullamento non sia configurabile, non si discute di interessi strumentali, bensì di meri interessi di fatto, a fronte dei quali non sussiste sul piano processuale alcuna legittimazione ed interesse ad agire, così come sul fronte sostanziale non v’è obbligo di provvedere.

2. Quanto al secondo profilo relativo ai raggruppamenti con cooptate, le considerazioni operate dal Consiglio di Stato appaiono condivisibili nell’ottica di sensibilizzare i concorrenti di fronte agli impegni discendenti dalla partecipazione a gare pubbliche. Non vi è infatti ragione di distinguere la mandante cooptata dalla mandante ordinaria quanto all’assunzione – nei confronti della P.A. appaltante – degli impegni risultanti dell’offerta (ovviamente nei limiti prescritti dalla normativa vigente per i soggetti cooptati).

 

PERCORSO BIBLIOGRAFICO

M. Giustiniani, Il potenziamento delle impugnazioni incidentali e la de quotazione dell’interesse strumentale: interesse al ricorso o interesse alla deflazione dei ricorsi?, in “Il Diritto per i concorsi”, Dike, n. 6/2011, pp. 89-108;

R. Damonte – M. Bersi, in F. Caringella – Mariano Protto (a cura di), Il Codice dei contratti pubblici, Dike, 2012, pp. 235 ss.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA


sul ricorso numero di registro generale 6658 del 2011, proposto da
Sceap s.r.l., in persona del legale rappresentante, in proprio e quale capogruppo mandataria A.di T.I., Dott.Ing. Velluzzi Giuseppe, Costruzioni Colapietro Giovanni &C. s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentati e difesi dall'avv. Marco Palieri, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2;


contro

Comune di Gioia del Colle, rappresentato e difeso dagli avv. Gennaro Notarnicola ed Eugenio Matarrese, con domicilio eletto presso l’avv. Federica Berardini in Roma, via Nicolò Da Pistoia, 40;

nei confronti di

Edil 2000 Costruzioni s.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. Maria Petrocelli, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2;

per la riforma della sentenza del T.A.R. PUGLIA – BARI, SEZIONE I, n. 01166/2011, resa tra le parti, concernente l’affidamento dei lavori di riqualificazione dell’attraversamento del fascio ferroviario Bari – Taranto nell’abitato di Gioia del Colle;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Gioia del Colle e della società Edil 2000 Costruzioni s.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 ottobre 2012 il Cons. Gabriella De Michele e uditi per le parti gli avvocati Palieri, Matarrese, Notarnicola e D'Ambrosio per delega dell'avv. Petrocelli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

Con sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, Bari, I, n. 1166/11 del 27 luglio 2001 (che non risulta notificata) è stato dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla SCEAP s.r.l. (in proprio e quale mandataria di costituenda ATI) e accolto il ricorso incidentale proposto dalla società Edil 2000 Costruzioni s.r.l., con riferimento alla procedura di gara per un appalto integrato, riferito a lavori di riqualificazione dell’attraversamento del fascio ferroviario Bari – Taranto, in cui quest’ultima era risultata aggiudicataria e l’attuale appellante seconda classificata. Nella citata sentenza veniva dato seguito al recente indirizzo (di cui a Cons. Stato, Ad. plen., 7 aprile 2011, n. 4), secondo il quale l’appello incidentale richiede prioritaria disamina quando precluda la legittima partecipazione alla gara – e quindi lo stesso interesse a ricorrere – dell’impresa ricorrente avverso l’aggiudicazione.
Nel caso di specie la ricorrente (ed attuale appellante) era per la sentenza incorsa in una duplice causa di esclusione, prevista dalla lex specialis della gara, con riferimento alla mancata sottoscrizione di alcune parti dell’offerta e alla mancata certificazione di qualità UNI EN ISO 9001:2008 da parte della società Costruzioni Colapietro Giovanni & C. s.r.l., quale impresa cooptata che non poteva considerarsi esentata dagli obblighi dichiarativi, previsti in via generale per le imprese aderenti al costituendo raggruppamento, ai sensi dell’art. 95 del d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554.
Avverso la sentenza è stato proposto l’atto di appello in esame (n. 6658/11, notificato il 29 luglio 2011 e depositato il 2 agosto 2011), con contestazioni riferite sia alla sentenza, sia ai provvedimenti originariamente impugnati.
Sotto il primo profilo, l’appellante richiama precedenti giurisprudenziali, secondo cui non graverebbe sull’impresa cooptata alcun obbligo di adempimento nei confronti della stazione appaltante, con conseguente ininfluenza della mancata sottoscrizione dell’offerta e del mancato possesso dei requisiti di partecipazione previsti per i concorrenti: il testo dell’art. 95, comma 4, del d.P.R. n. 554 del 1999 renderebbe evidente che le imprese cooptate non fanno formalmente parte del raggruppamento temporaneo, tanto che non è imposta loro una cauzione provvisoria.
Analoghe considerazioni escluderebbero anche il necessario possesso della detta certificazione di qualità (certificazione, peraltro, richiesta nella fattispecie solo per lavori di importo superiore ad € 516.457,00, mentre all’impresa cooptata sarebbero stati affidati lavori per un importo inferiore). Nella situazione in esame, pertanto, l’offerta della società Costruzioni Colapietro avrebbe dovuto considerarsi tamquam non esset, rimanendo tuttavia "ferma l’offerta del concorrente, pienamente autonoma ed autosufficiente".
Per quanto riguarda, inoltre, i provvedimenti impugnati in primo grado, nel medesimo appello venivano ribaditi i seguenti motivi di gravame:
1) violazione dell’art. 118 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, nonché degli articoli da 72 a 75 d.P.R. n. 554 del 99 e 34 l. 11 febbraio 1994, n. 109; eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti, in quanto l’aggiudicataria avrebbe offerto di eseguire direttamente solo il 45,948% dell’importo a base d’asta, con previsto subappalto di lavori, per un importo superiore al prescritto limite del 30% complessivo;
2) ancora violazione dell’art. 118 d.lgs. n. 163 del 2006 ed eccesso di potere, per mancata specificazione dei lavori da subappaltare;
3) violazione dell’art. 5 della legge regionale della Puglia 23 novembre 2005, n. 15e del regolamento regionale 22 agosto 2006, n. 13 (punto 4, nn. 1- 2 e 5, nn. 1 – 2); eccesso di potere, in quanto l’apparecchiatura elettrica proposta dalla controinteressata non risponderebbe ai requisiti richiesti;
4) violazione del punto 7.1 del disciplinare di gara ed ancora eccesso di potere, per il massimo punteggio assegnato ad una voce, per la quale non vi sarebbe stata alcuna offerta migliorativa da parte dell’aggiudicataria;
5) ancora violazione del punto 7.1 del disciplinare di gara; violazione dell’art. 39 del Codice della strada e degli articoli 77 – 136 del relativo regolamento di attuazione; eccesso di potere, in quanto il progetto della controinteressata eliminerebbe gran parte della segnaletica verticale, prevista dalla stazione appaltante;
6) violazione degli articoli 78, 83 e 84 del d.lgs n. 163 del 2006, del punto 7.1 del disciplinare di gara e dell’art. 21-septies della legge 7 agosto 1990, n. 241; nullità dei verbali di gara, non essendo questi ultimi sottoscritti dal segretario verbalizzante, peraltro con inspiegabili discrepanze fra le diverse copie prodotte in giudizio;
7) violazione dell’art. 7.1 del disciplinare di gara e dell’art. 84 del d.lgs n. 163 del /2006; eccesso di potere per sviamento, essendo stato previsto il metodo del confronto a coppie per l’assegnazione del punteggio solo dopo l’apertura delle buste contenenti l’offerta tecnica;
8) violazione dell’art. 84 del d.lgs. n. 163 del 2006; ancora eccesso di potere per sviamento per illegittima composizione della commissione, a seguito dell’immotivato utilizzo di due professionisti esterni;
9) violazione degli articoli 83 e 84 del d.lgs. n. 163 del 2006, degli articoli 72 e seguenti dell’allegato A al d.P.R. n. 554 del 1999 e degli articoli 1 – 3 della legge n. 241 del 1990, non essendovi traccia nei verbali dei punteggi attribuiti da ogni singolo commissario, sulla base di schede individuali dei singoli concorrenti;
10) violazione dell’art. 83 del d.lgs. n. 163 del 2006; eccesso di potere per sviamento; violazione dell’art. 97 della Costituzione, con riferimento alla scarsa valutazione del prezzo offerto, per cui ad un risparmio (corrispondente all’offerta dell’attuale appellante) di €. 130.000,00 risultava corrispondente una maggiorazione di soli 0,481 punti a favore della seconda classificata, sui 20 punti disponibili;
11) violazione degli articoli 83 e 84 del d.lgs. n. 163 del 2006; eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, sviamento ed ingiustizia manifesta, con riferimento a "gravi irrazionalità" – puntualmente descritte – ravvisabili nelle valutazioni della commissione di gara.
Le parti appellate, costituitesi in giudizio, hanno puntualmente contestato le argomentazioni sopra sintetizzate.
Premesso quanto sopra, il Collegio ritiene che l’appello avverso la sentenza in questione vada respinto, sia per quanto riguarda l’accoglimento del ricorso incidentale (i cui contenuti sono stati riproposti in appello), sia con riferimento alla conseguente inammissibilità del ricorso principale, presentato in primo grado di giudizio, in applicazione del ricordato principio enunciato dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nella citata sentenza 7 aprile 2011, n. 4.
In virtù di detto principio, applicato alla situazione qui in esame, si deve giungere alle medesime conclusioni cui è giunta la gravata sentenza. In primo luogo per quanto riguarda l’esigenza di valutare prioritariamente il ricorso incidentale, con cui l’impresa aggiudicataria di un appalto – chiamata in giudizio da altra impresa aspirante all’aggiudicazione – contesti preliminarmente la regolarità dell’offerta, presentata dalla ricorrente. Tale regolarità è infatti presupposto sia della legittimazione attiva che dell’interesse a ricorrere.
Deve essere, quindi, prioritariamente esaminata la questione di legittimità, riferita in via incidentale all’offerta dell’attuale appellante: questione inerente all’obbligo, o meno, di un’impresa (Costruzioni Giovanni Colapietro & C. s.r.l.), cooptata nella costituenda associazione temporanea verticale fra la stessa appellante (Sceap s.r.l.) ed il dott. Ing. Giuseppe Velluzzi di ottemperare agli obblighi, normalmente previsti in materia per le imprese partecipanti ad un’associazione temporanea (ATI), non ancora formalmente costituita.
Secondo la medesima appellante la cooptazione – prevista dall’art. 95, comma 4, del d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554 (concernente la possibilità per imprese, singole o da riunire in a.t.i., di "associare altre imprese, qualificate anche per categorie ed importi diversi da quelli richiesti nel bando, a condizione che i lavori eseguiti da queste ultime non superino il 20 per cento dell’importo complessivo dei lavori") – non implicherebbe inserimento dell’impresa cooptata nell’ATI e non farebbe assumere alla stessa la qualità di concorrente, con conseguente sottrazione agli obblighi imposti alle singole imprese, partecipanti ad un’associazione temporanea non ancora costituita: obblighi fra cui rientra – a norma dell’art. 37, comma 8, del d.lgs. n. 163 del 2006 (Codice dei contratti pubblici) – quello della sottoscrizione dell’offerta da parte di "tutti gli operatori economici che costituiranno i raggruppamenti temporanei", con ulteriore impegno dei concorrenti a conferire "mandato collettivo speciale con rappresentanza ad uno di essi […] qualificato come mandatario, il quale stipulerà il contratto in nome e per conto proprio e dei mandanti".
L’appellante sottolinea che l’associazione per cooptazione è finalizzata a far entrare nel sistema degli appalti pubblici imprese di modeste dimensioni, che non potrebbero altrimenti partecipare per mancanza dei requisiti prescritti, ma senza commistioni con l’ordinaria configurazione delle associazioni temporanee di imprese (orizzontali o verticali), da cui la cooptazione stessa deve distinguersi per espressa dichiarazione, risultante dalla domanda di partecipazione alla gara, senza che si estenda all’impresa cooptata l’obbligo di sottoscrivere la garanzia, da prestare a titolo di cauzione provvisoria (cfr. in tal senso Cons. Stato, V, 16 settembre 2011, n. 5187, 1 settembre 2009, n. 5161, 25 luglio 2006, n. 4655; VI, 13 gennaio 2012, n. 115).
In tale situazione, detta impresa cooptata non sarebbe chiamata ad assumere alcun diretto obbligo con la stazione appaltante, essendo già gli altri concorrenti, singoli o associati, in possesso dei necessari requisiti di partecipazione ed in grado di effettuare le prestazioni oggetto di gara.
Il Collegio non condivide tale prospettazione difensiva.
E’ chiarito dalla normativa vigente e confermato da una pacifica giurisprudenza, infatti, che – in assenza di mandato già conferito per rappresentare l’a.t.i. – tutte le imprese partecipanti all’associazione temporanea debbano sottoscrivere l’offerta, venendo a mancare, in caso contrario, una dichiarazione di volontà essenziale per l’assunzione del vincolo contrattuale, con conseguente compromissione della serietà ed affidabilità dell’offerta stessa (art. 37, comma 8, d.lgs. n. 136 del 2006 cit.; Cons. Stato, V, 20 maggio 2008, n. 2380, 17 dicembre 2008, n. 6292, 30 agosto 2005, n. 4413, 19 giugno 2003, n. 3657; VI, 29 maggio 2006, n. 3250).
La questione da valutare è dunque quella della configurabilità della cooptazione come tipologia di associazione temporanea di imprese: una tipologia di associazione con le caratteristiche eccezionali e derogatorie in precedenza illustrate (quanto a qualificazione da possedere e a garanzie da prestare), ma non per questo sottratta alla strutturazione dell’offerta, che ha l’effetto di manifestazione di volontà contrattuale di uno o più soggetti compiutamente individuati, da sottoporre all’Amministrazione e da non modificare in itinere, a tutela dell’attendibilità dell’offerta stessa e della par condicio degli altri partecipanti alla gara.
La questione rileva poi, sotto diverso profilo, anche in rapporto al certificato di qualità (UNI EN ISO 9001:2008), richiesto a pena di esclusione alle imprese partecipanti e non posseduto dalla cooptata Giovanni Colapietro & C. s.r.l., che – avendo dichiarato il possesso di tale certificazione, sarebbe incorsa – ove considerata concorrente – nella violazione dell’art. 75 del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 , in tema di decadenza dai benefici per dichiarazioni non veritiere.
Il temperamento degli obblighi imposti all’impresa cooptata può infatti riferirsi al possesso dei requisiti speciali di partecipazione ed alla prestazione di garanzia, ma non anche agli oneri di produzione documentale, posti dalla lex specialis di gara a carico di tutte le imprese associate, a pena di esclusione.
Nel caso di specie, inoltre, la certificazione richiesta sarebbe stata comunque necessaria per l’effettuazione di lavori attinenti alla categoria prevalente OG3, nella misura del 20% dell’importo complessivo.
Ad avviso del Collegio, non vi è ragione per ritenere che la cooptazione, pur con tutte le sue particolari caratteristiche, rappresenti altro che una speciale tipologia di aggregazione, e che dunque rientri nel genere dell’associazione temporanea, soggetta all’art. 37 (Raggruppamenti temporanei e consorzi ordinari di concorrenti) del Codice dei contratti pubblici e, per quanto qui interessa, all’art. 6, punto 1, del disciplinare di gara, in materia di sottoscrizione dell’offerta.
E’ vero, infatti, che nelle ordinarie e più diffuse forme di associazione, orizzontali o verticali, l’aggregazione serve a raggiungere il livello di capacità economica o tecnica richiesto per la partecipazione, mentre ciò non si verifica per la cooptazione; ma è non meno vero che quest’ultima corrisponde – come suggerisce anche la formulazione letterale dell’art. 95, comma 4, del d.P.R. n. 554 del 1999 – alla possibile scelta di un’impresa o di un costituendo raggruppamento di associare a sé un’altra impresa, anche qualificata per categorie ed importi diversi da quelli previsti dal bando, per ragioni che debbono ritenersi di natura imprenditoriale e che si traducono in una determinata formulazione dell’offerta, in rapporto alle modalità di effettuazione delle prestazioni contrattuali, nel modo evidentemente ritenuto imprenditorialmente ottimale.
Non vi è ragione, pertanto, perché l’indicazione, espressa in forma di cooptazione, possa sottrarsi al carattere di predeterminazione e inderogabilità degli elementi costitutivi dell’associazione di imprese ed alle conseguenti dirette assunzioni di impegni, da parte delle imprese stesse, nei confronti della stazione appaltante; così come le prestazioni, che si annunciano affidate alla ditta cooptata, non possono non concorrere al punteggio assegnabile all’offerta tecnica (cfr., in tal senso, Cons. Stato, VI, 18 settembre 2009, n. 5626).
Per le ragioni esposte il Collegio condivide le conclusioni della sentenza appellata, secondo cui l’impresa cooptata era obbligatoriamente chiamata, a pena di esclusione, a sottoscrivere l’offerta tecnico-economica e ad attestare il possesso della richiesta certificazione di qualità aziendale in corso di validità.
Essendo mancati, o non correttamente effettuati, tali adempimenti, l’offerta in questione avrebbe dovuto essere esclusa, e questa esclusione si riverberava preclusivamente in sede contenziosa, in accoglimento del ricorso incidentale (le cui ragioni sono state riproposte in appello) avverso la mancata esclusione: così come ha rilevato il primo giudice.
Ugualmente condivisibili, a tal punto, sano le ulteriori conclusioni della sentenza impugnata circa il difetto di legittimazione attiva dell’originaria ricorrente (unica altra partecipante alla gara) a ricorrere avverso l’aggiudicazione della stessa all’impresa Edil 2000 Costruzioni s.r.l., non potendo più ritenersi – dopo la ricordata sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 4 del 2011 – che tale legittimazione possa discendere dall’interesse ad una futura ed eventuale ripetizione della procedura, che l’accoglimento del ricorso avesse totalmente azzerato (non potendo più la ricorrente aspirare all’aggiudicazione all’interno di detta procedura, dopo l’intervenuto accoglimento del ricorso incidentale).
Non è utile al riguardo invocare, come fa l’appellante, contrastanti sentenze successive alla ricordata sentenza dell’Adunanza plenaria, stante – a tutto in ipotesi concedere - il carattere preclusivo dell’enunciato principio di diritto a norma dell’art. 99 Cod. proc. amm...
Per le ragioni esposte, in conclusione, il Collegio ritiene che l’appello debba essere respinto; le spese giudiziali – da porre a carico della parte soccombente – vengono liquidate nella misura di €. 3.000,00 (euro tremila/00), da corrispondere come precisato in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in appello indicato in epigrafe; condanna l’appellante al pagamento delle spese giudiziali, nella misura complessiva di €. 3.000,00 (euro tremila/00), da suddividere in parti uguali fra le controparti costituite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 ottobre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Gabriella De Michele, Consigliere, Estensore
Bernhard Lageder, Consigliere
Andrea Pannone, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 14/11/2012