Consiglio di Stato, Sezione III, 5 febbraio 2014, n. 571
Consiglio di Stato, Sezione III, 5 febbraio 2014, n. 571
Presidente Lignani; Estensore Stelo
Il ricorrente, per dimostrare di avere un interesse effettivo e concreto, deve provare che sarebbe riuscito a collocarsi al primo posto nella graduatoria finale, e l’eventuale violazione della procedura deve concretarsi in una lesione effettiva della posizione del ricorrente stesso, per cui, in mancanza di un “indice di lesività” specifico e concreto, non può ammettersi un annullamento della procedura al fine strumentale di una rinnovazione della gara.
Non si può prescindere dalla verifica della cd. prova di resistenza, con riferimento alla posizione della parte ricorrente rispetto alla procedura selettiva le cui operazioni sono prospettate come illegittime, nel senso che è inammissibile, per carenza di interesse, il ricorso contro un provvedimento qualora, dall’esperimento per l’appunto della cd. prova di resistenza e in esito a una verifica a priori, risulti con certezza che il ricorrente non avrebbe comunque ottenuto il bene della vita perseguito nel caso di accoglimento del ricorso.
BREVI ANNOTAZIONI
OGGETTO DELLA PRONUNCIA
Con la pronuncia in commento il Consiglio di Stato, confermando quanto già statuito dal giudice di prime cure, torna ad affrontare la questione, già oggetto di numerose pronunce e in ultimo esaminata dall’Adunanza Plenaria n. 4 del 2011, relativa all’interesse qualificato a conseguire l’annullamento dell’aggiudicazione.
IL PERCORSO ARGOMENTATIVO
Il Supremo Consesso amministrativo, nel respingere l’appello, ha dichiarato il difetto di interesse dell’appellante non ravvisando in capo a questo alcuna concreta utilità dall’annullamento dell’aggiudicazione oggetto di gravame.
Nel caso di specie, nell’ambito di una procedura per l’affidamento quinquennale del servizio di pulizia e sanificazione, erano stati impugnati il bando di gara, la lex specialis, nonché l’aggiudicazione definitiva.
All’esito del giudizio di primo grado, il giudice aveva ritenuto inammissibile il ricorso rilevando la contraddittorietà fra la motivazione posta a fondamento dei singoli motivi di ricorso e il petitum in concreto sollevato. Il ricorso, invero, per un verso era diretto ad ottenere la riedizione dell’intera procedura selettiva in ragione di una asserita genericità delle prescrizioni contenute nella lex specialis tale da non porre la ricorrente neppure nelle condizioni di formulare un’idonea domanda; per un altro verso, era volto a censurare le sole valutazioni discrezionali operate dalla Commissione di gara utilizzando quale parametro di legittimità gli stessi criteri di gara contenuti nella lex specialis.
Il Tar Veneto rilevava pertanto tale incongruità. Difatti, delle due l’una: o i criteri selettivi indicati nel bando erano tali da determinare un’incertezza assoluta in ordine al contenuto dell’offerta (così da imporne l’immediata impugnazione in quanto tale incertezza sarebbe ostativa alla stessa partecipazione in gara), oppure tali criteri non lo erano e venivano contestate esclusivamente le valutazioni compiute dalla Commissione di gara (e in tal caso la lesione della situazione soggettiva del ricorrente sorgerebbe solo a seguito e in virtù della partecipazione in gara). Tra l’altro, l'incongruità rilevata evidenziava l'intenzione, da parte della ricorrente, di eludere l'onere della prova circa la sussistenza del proprio interesse ad agire. Il ricorrente, infatti, é sempre tenuto a provare la sussistenza di un interesse qualificato ad agire, anche in merito all’utilità che deriverebbe dall’annullamento della intera procedura di gara. In mancanza di tale prova, i giudici di prime cure avevano dichiarato inammissibile l’impugnativa.
Il Consiglio di Stato, condividendo quanto affermato dal Tar Veneto, ribadisce un indirizzo giurisprudenziale da tempo affermatosi in merito all’interesse ad annullare un’aggiudicazione, per cui: ai fini dell’annullamento della gara e anche della pretesa rinnovazione della gara, nel momento in cui si censura l’operato della Commissione non può prescindersi dalla c.d. prova di resistenza e va infatti resa evidente l’utilità effettiva connessa all’accoglimento del gravame, che, nella concreta comparazione della ricorrente con le altre proposte, che nella procedura la precedono, porti a conseguire l’aggiudicazione della gara (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 11 aprile 2012, n. 2078; Sez. V, 23 maggio 2011, n. 3084; Sez. V, 29 marzo 2011, n. 1928; Sez. V, 19 ottobre 2009, n. 6406; Sez. VI, 5 ottobre 2010, n. 7300; Sez. VI, 10 settembre 2008, n. 4326).
In altri termini, il presupposto per far valere sia l’interesse ‘finale’ al conseguimento dell’appalto, sia l’interesse ‘strumentale’ alla caducazione e riedizione dell’intera procedura di gara, è sempre la sussistenza della ragionevole possibilità di ottenere l’utilità richiesta.
Pertanto, aggiungono i giudici di Palazzo Spada, è necessario l’esperimento della c.d. prova di resistenza, dovendo risultare con certezza che il ricorrente avrebbe potuto, in caso di annullamento e riedizione della gara, ottenere il bene della vita perseguito.
Quanto affermato risponde pienamente all’indirizzo sposato dall’Adunanza Plenaria n. 4 del 2011, secondo cui “la legittimazione al ricorso presuppone il riconoscimento della esistenza di una situazione giuridica attiva, protetta dall’ordinamento, riferita ad un bene della vita oggetto della funzione svolta dall’amministrazione o da un soggetto ad essa equiparato. Al contrario, in sé considerata, la semplice possibilità di ricavare dall’invocata decisione di accoglimento una qualche utilità pratica, indiretta ed eventuale, non dimostra la sussistenza della posizione legittimante né risulta idonea a determinare, da sola, il riconoscimento di una situazione differenziata, fondante la legittimazione al ricorso”.
In virtù di quanto esposto, nel caso di specie viene definitivamente chiarito che “la prospettiva del vantaggio, consistente nella semplice possibilità della riedizione della gara, non basta a legittimare il candidato ad impugnare gli atti di gara” posto che non si può elevare il c.d. interesse strumentale a surrogato della posizione legittimante, con il rischio di limitare l’esercizio della giustizia amministrativa ad una funzione di oggettiva verifica, di carattere generale, del rispetto della legalità che il nostro ordinamento non prevede. Pertanto, laddove manchi la prova della concreta utilità che il ricorrente può trarre dall’intervento del giudice amministrativo, l’azione non potrà essere legittimata dal solo interesse strumentale alla riedizione della procedura selettiva, atteso che tale aspettativa non si distinguerebbe da quella che potrebbe vantare qualsiasi operatore del settore che aspiri a partecipare ad una futura selezione.
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Il Consiglio di Stato, con la sentenza in commento, torna a pronunciarsi su un tema delicato che negli ultimi anni ha impegnato dottrina e giurisprudenza. Si comprende, quindi, che nell’ambito delle procedure di gara la questione è complessa. Difatti, la “forza processuale” da riconoscersi all’interesse ‘strumentale’ alla riedizione della gara è tutt’altro che pacifica.
Come noto, solo di recente l’interesse a ricorrere ha assunto una ‘fisionomia’ sempre più legata all’interesse ad ottenere un provvedimento utile. In tempi più remoti, al contrario, il semplice interesse strumentale volto ad ottenere nuova chance di partecipazione e di aggiudicazione era di per sé sufficiente a giustificare la pretesa al rinnovo delle operazioni di gara. In sostanza, non era necessario che la ricorrente fornisse la prova di poter risultare aggiudicatrice dell'appalto o di avere significative probabilità di conseguire tale risultato (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 13 novembre 2002, n. 6295; Sez. VI, 10 aprile 2001 n. 2159 e 28 aprile 1998, n. 576; Sez. V, 24 marzo 2001, n. 1708; Sez. V, 3 marzo 2001, n. 1234; 11 giugno 1999, n. 439; 24 aprile 1997, n. 1015).
Secondo i giudici di Palazzo Spada detto interesse non riguarda il vantaggio che il soggetto in astratto potrebbe ricevere, ma il diverso profilo della sussistenza in capo allo stesso di una posizione differenziata che lo legittimi ad impugnare un provvedimento amministrativo. Si pretende, pertanto, la dimostrazione che il soggetto vanti una posizione differenziata e qualificante rispetto al quisque de populo.
La sentenza ha ribadito la netta distinzione tra la titolarità di una posizione sostanziale differenziata che abilita un determinato soggetto all’esercizio dell’azione (legittimazione al ricorso) e l’utilità ricavabile dall’accoglimento della domanda di annullamento (interesse al ricorso), anche prescindendo dal carattere “finale” o “strumentale” di tale vantaggio. Tale distinzione è stata compiuta in virtù del principio secondo cui la legittimazione al ricorso, in tema di impugnazione di aggiudicazione di gare pubbliche, non spetta solo ed esclusivamente ai concorrenti, ma anche a coloro che da una ipotetica riedizione della gara possano ottenere una concreta utilità. Tale interesse necessità della cd. prova di resistenza, attinente, secondo i giudici di Palazzo Spada, ad una verifica sulla concreta possibilità della ricorrente di uscire vincitore da una eventuale riedizione della gara.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3288 del 2013, proposto da:
Esperia s.p.a. in proprio e quale Capogruppo e Mandataria A.T.I. con MA.CA. s.r.l. e nell’interesse di Kuadra s.r.l., rappresentate e difese dagli avvocati Mattia Crucioli, Dover Scalera e Gabriele Di Paolo, con domicilio eletto presso gli avvocati Scalera e Di Paolo in Roma, viale Liegi 35/B;
contro
Gestione liquidatoria Azienda Ospedaliera Istituti Ospitalieri di Verona, rappresentata e difesa dagli avvocati Lucia Poli, Roberta Sardos Albertini e Francesco Argenzio, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, via P. L. da Palestrina n.19;
Azienda Ospedaliera Istituti Ospitalieri di Verona;
A.T.I. Manutencoop Facility Management s.p.a. in proprio e quale Mandataria Capogruppo con Cooperative Pulizie Ravenna s.c.r.l. e Markas Service s.r.l.;
Dussmann Service s.r.l. (già Pedus Service P. Dussmann s.r.l.);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. VENETO – VENEZIA - SEZIONE I n. 00074/2013, resa tra le parti, concernente aggiudicazione gara servizio di pulizia ospedale di Verona - risarcimento danni
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Gestione Liquidatoria dell’Azienda Ospedaliera di Verona;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2013 il Cons. Vittorio Stelo e uditi per le parti gli avvocati Colagrande su delega dell’avvocato Di Paolo e Argenzio;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto – Venezia - Sezione I, con sentenza n. 74 del 29 novembre 2012 depositata il 21 gennaio 2013, ha dichiarato inammissibile, con compensazione delle spese, il ricorso proposto da Esperia s.p.a., con sede in Napoli, in proprio e quale capogruppo e mandataria dell'A.T.I. con MA.CA. s.r.l., avverso gli atti relativi alla procedura ristretta per l'affidamento quinquennale, sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, del servizio di pulizia e sanificazione indetta dall'ex Azienda Ospedaliera Istituti Ospitalieri di Verona, e in particolare avverso il bando di gara (deliberazione n. 257/2004), la lex specialis, la nomina e i lavori della commissione, nonché l'aggiudicazione definitiva (deliberazione n. 1908 del 30 novembre 2007) alla A.T.I. Manutencoop Facility Managment s.p.a., capogruppo e mandataria dell'A.T.I. con Cooperative Pulizia Ravenna s.c.r.l. e Markas Service s.r.l. che già svolgeva il servizio.
Il T.A.R. ha preliminarmente disatteso l'eccezione di tardività del ricorso dedotta dall'Azienda Ospedaliera e dalla aggiudicataria, posto che il fax di comunicazione all’Esperia in data 5 dicembre 2007 non conteneva tutti gli elementi essenziali e la persona delegata a presenziare ai lavori della Commissione del 26 settembre 2007 non era dotato della necessaria capacità rappresentativa.
Il giudice di prime cure ha quindi ha ritenuto inammissibile il gravame avendo rilevato contraddizione fra le motivazioni a supporto delle censure e il concreto petitum, atteso che, pur apparentemente volto alla riedizione della procedura selettiva, il gravame si è tradotto invece in doglianze nei riguardi dell'operato della Commissione senza però provare in via preliminare la sussistenza di un interesse qualificato a conseguire l'annullamento dell'aggiudicazione e/o dell'intera procedura.
Invero l'Esperia, terza in graduatoria, non avrebbe fornito gli elementi necessari per la cd. “prova di resistenza” tale da farla collocare al primo posto in graduatoria, così scavalcando, grazie a una puntuale revisione delle valutazioni della Commissione, le concorrenti che l’avevano preceduta.
D'altra parte le clausole del bando impugnate, ove ritenute di fatto inapplicabili ex ante ai fini della presentazione di un’offerta qualificata, non sono state da subito impugnate, e non ne è stata per di più dimostrata la concreta e diretta lesività se non a seguito delle valutazioni della Commissione; in sostanza le censure relative alla asserita commistione fra “criteri di selezione qualitativa” e “criteri di aggiudicazione” nonché alla illegittima composizione della Commissione si appalesano come doglianze generiche meramente enunciate.
2. L'Esperia s.p.a., in proprio e quale capogruppo e mandataria dell'A.T.I. con MA.CA s.r.l. e nell'interesse di KUADRA s.r.l., cessionaria e soggetto successore a titolo particolare della Esperia s.p.a., con atto notificato il 22 aprile 2013 e depositata il 3 maggio 2013, ha interposto appello contestando la inammissibilità dichiarata dal T.A.R., posto che il giudice di primo grado, travisando i presupposti del ricorso e non esaminando puntualmente il merito delle singole censure, avrebbe erroneamente ritenuto insussistente l'interesse “strumentale”, che per l'appunto era alla base del gravame stesso e delle singole censure che avevano effettivamente il fine di conseguire l'annullamento di tutti gli atti impugnati (a partire dal bando) e quindi la riedizione della procedura selettiva.
Ripropone quindi i motivi di primo grado, e cioè:
- la violazione dei principi generali di origine comunitaria in tema di gara pubblica, e in particolare l’omessa predeterminazione e ponderazione dei sub-criteri di aggiudicazione, invero generici e equivoci; la violazione della par condicio e degli obblighi di trasparenza, nonché, da parte della Commissione, del divieto di successiva determinazione dei sub-criteri di aggiudicazione, peraltro evanescenti ed errati, con impossibilità di presentare una qualificata proposta;
- la commistione tra criteri di selezione qualitativa e criteri di aggiudicazione, poiché molti dei sedicenti criteri qualitativi indicati dalla disciplina di gara, sarebbero ‹‹elementi afferenti l'organizzazione dell'impresa, del lavoro, del personale o riferiti ai beni in disponibilità all'impresa››, e in particolare ‹‹alcuni sotto-criteri elencati sub 2, sub 3.e (certificazione di qualità), sub 4 del capitolato speciale di gara››, relativi alla capacità tecnico-organizzativa e non al merito tecnico-qualitativo; nello specifico, l’illegittima introduzione ex novo del criterio “monte ore presunto”, con penalizzazione della propria offerta, migliore invece perché superiore alla soglia minima;
- la violazione dei minimi salariali (D.M. 16 giugno 2005; art. 29, c. 2, D.Lgs. n. 276/2003) da parte delle offerte di Pedus Service Dusmann s.r.l., seconda, e Manutencoop, che quindi non erano idonee a garantire l'attendibilità dell'offerta e l'onorabilità del contratto, ed erano pertanto da sottoporre a doverosa verifica di anomalia;
- l’illegittimità della Commissione giudicatrice sia perché per metà composta da non laureati, sia perché non erano evidenziate le qualifiche e le competenze dei componenti, indispensabili in relazione alla particolare rilevanza del contratto.
Insiste per la domanda risarcitoria, da soddisfare anche in via equitativa, tenuto conto della condotta comunque colposa dell'Amministrazione e quantificata nel 2% dell'offerta a titolo di spese di partecipazione e nel 10% quale perdita di chance con pregiudizio all'immagine e alla partecipazione ad altre analoghe gare.
Con successiva memoria depositata il 26 giugno 2013 l'Esperia ha quantificato partitamente la domanda risarcitoria in € 1.718.661,08 ovvero € 1.295.477,95 ovvero in misura determinata in via equitativa.
3. La Gestione liquidatoria dell’Azienda ospedaliera di Verona con memorie depositate il 27 giugno 2013 si è costituita e ha replicato puntualmente ai motivi di appello a sostegno dell’operato della Amministrazione e della sentenza impugnata.
In particolare ha riproposto le controdeduzioni già prodotte in primo grado, insistendo preliminarmente per l’eccezione di tardività del ricorso di primo grado, ed evidenzia la sopravvenuta carenza di interesse in capo all’Esperia per l’intervenuta cessione di ramo d’azienda alla Kuadra s.r.l., interveniente ad adiuvandum solo in primo grado, e per di più il mandato alle liti è stato rilasciato dall’Esperia solo a titolo proprio.
Nel merito sono state reiterate le argomentazioni già svolte a favore della completezza e chiarezza della disciplina di gara che non contiene alcuna commistione con il merito tecnico, nonché della legittimità delle singole operazioni svolte dalla Commissione giudicatrice, formata da esperti e che ha applicato puntualmente le previsioni della lex specialis esercitando correttamente, laddove consentito, le valutazioni tecnico-discrezionali di spettanza.
Si sottolinea che il 3 aprile 2006 sono state pubblicate sul sito aziendale le risposte ai quesiti posti dalle ditte invitate alla gara e che i censurati sub criteri introdotti dalla Commissione sono stati comunque stabiliti prima dell’apertura delle buste ed erano volti esclusivamente a puntualizzare le modalità operative circa l’attribuzione dei punteggi secondo i criteri di valutazione enucleati in sede di bando.
Eccepisce la tardività dell’appello, in quanto notificato oltre il termine dimidiato di tre mesi dalla pubblicazione della sentenza e cioè il 21 aprile 2013, anche se giorno festivo (Domenica), da intendersi, come da normativa e giurisprudenza in materia, come ultimo giorno utile non prorogabile al Lunedì.
Ribadisce il sopravvenuto difetto di interesse non ravvisandosi alcuna concreta utilità a favore dell’appellante; in effetti l’esecuzione del servizio ha avuto inizio il 1° febbraio 2008 ed ha avuto termine il 31 gennaio 2013 così impedendo la riedizione della procedura selettiva ed anche l’interesse a un eventuale risarcimento del danno, posto che la domanda risarcitoria, già di per sé generica e indimostrata, non sarebbe riportata in sede di conclusioni del gravame, e quindi costituirebbe domanda nuova inammissibile in appello.
Inoltre, anche ai fini della pretesa rinnovazione della gara, nel momento in cui si censura l’operato della Commissione non può prescindersi dalla cd. “prova di resistenza”, e va in effetti resa evidente l’utilità effettiva connessa all’accoglimento del gravame, che, nella concreta comparazione della offerta della Esperia con le altre due proposte, che nella presente procedura la precedono, porti a conseguire l’aggiudicazione della gara, risultato che non si verificherebbe nella fattispecie anche attribuendo all’offerta dell’Esperia il massimo punteggio per la qualità (p.45).
5.1. L’Esperia, con memoria depositata il 1° luglio 2013, ha sostenuto la tardività del deposito della memoria dell’Azienda avvenuta in data 27 giugno 2013 (anziché, al massimo, il 26), contestando ancora l’asserita inammissibilità dell’appello, per tardività della notifica ovvero per carenza di interesse, e della domanda risarcitoria.
5.2. La Gestione liquidatoria dell’Azienda ospedaliera di Verona, con memorie depositate il 2 luglio e il 6 dicembre 2013, ha rinnovato le argomentazioni già svolte in precedenza, riproponendo anch’essa l’eccezione di tardività del ricorso di primo grado.
In particolare ha soggiunto che la presentazione tardiva della precedente memoria in data 27 giugno 2013 sarebbe stata autorizzata ai sensi dell’art. 54 c.p.a. tanto da consentire anche all’Esperia di depositare memoria di replica il 1° luglio 2013, e ha insistito per la condanna dell’appellante alle spese del giudizio seguendo la soccombenza.
6. La causa, all’udienza pubblica del 19 dicembre 2013, è stata trattenuta in decisione.
7.1. L’appello è infondato e la sentenza merita conferma, dovendosi condividere le puntuali argomentazioni già svolte dal T.A.R. e così potendosi prescindere dal valutare i vari profili di irricevibilità e inammissibilità dedotti dalle parti.
7.2. Si premette sul piano generale che soccorre il principio secondo cui il ricorrente, per dimostrare di avere un interesse effettivo e concreto, deve provare che sarebbe riuscito a collocarsi al primo posto nella graduatoria finale, e l’eventuale violazione della procedura deve concretarsi in una lesione effettiva della posizione del ricorrente stesso, per cui, in mancanza di un “indice di lesività” specifico e concreto, non può ammettersi un annullamento della procedura al fine strumentale di una rinnovazione della gara.
Il Collegio ben conosce l’orientamento giurisprudenziale (cfr., fra le altre, III n. 7515/2010 e 1082/2011; IV n. 7441/2009; V n. 5276/2012; VI n. 3052/2010) che considera meritevole di tutela anche il solo interesse strumentale del partecipante alla gara alla “riedizione” della procedura, e cioè l’interesse che l’appellante, richiamando anche il Consiglio di Stato - Adunanza Plenaria n. 4/ 2011, pone in risalto quale elemento di “utilità” derivante dall’accoglimento dell’appello.
Peraltro la citata Adunanza Plenaria ammette la possibilità, per il ricorrente che ha partecipato legittimamente alla gara, di far valere tanto un interesse “finale” al conseguimento dell’appalto affidato al controinteressato, quanto, in via alternativa (e normalmente subordinata), l’interesse “strumentale” alla caducazione dell’intera gara e alla sua riedizione, sempre che sussistano però, in concreto, ragionevoli possibilità di ottenere l’“utilità richiesta”; il criterio dell’interesse strumentale va contemperato con le peculiarità in fatto che caratterizzano la procedura per la quale è causa, peculiarità che consentono al Collegio di ricavare, dall’indirizzo giurisprudenziale maturato in tema di procedure in senso lato selettive e applicabili quindi anche alle procedure di appalto (cfr., fra le altre, Consiglio di Stato, III n. 2078/2012, V nn. 3084 e 1928/2011 e 6406/2009, VI n. 7300/2010 e 4326/2008), spunti utili per confermare la sentenza là dove la società ricorrente è stata ritenuta priva di interesse ad agire.
In base a quell’indirizzo nei giudizi in questione non si può prescindere dalla verifica della cd. prova di resistenza, con riferimento alla posizione della parte ricorrente rispetto alla procedura selettiva le cui operazioni sono prospettate come illegittime, nel senso che è inammissibile, per carenza di interesse, il ricorso contro un provvedimento qualora, dall’esperimento per l’appunto della cd. prova di resistenza e in esito a una verifica a priori, risulti con certezza che il ricorrente non avrebbe comunque ottenuto il bene della vita perseguito nel caso di accoglimento del ricorso.
Occorre avere riguardo, cioè, alla possibilità concreta di vedere soddisfatta la pretesa sostanziale fatta valere.
7.3. Nel caso di specie in verità l’impugnativa si limita a riproporre i motivi di primo grado per poi lamentare che il T.A.R. avrebbe travisato i presupposti del gravame dichiarandone l’inammissibilità per carenza di interesse a ricorrere e per indimostrato pregiudizio subito o subendo.
In effetti, come sottolineato dal giudice di prime cure, le censure dedotte dalla Esperia o erano riferite a vizi inerenti la disciplina di gara, asseritamente generica ed equivoca in alcune previsioni e quindi inapplicabile, ed allora era onere della società impugnare, immediatamente e senza attendere l’esito della gara, le clausole ritenute comunque preclusive della corretta e piena partecipazione alla selezione; ovvero riguardavano singole valutazioni assunte dalla Commissione giudicatrice e contestate nel merito, quindi asseritamente illegittime in quanto irrispettose di quella disciplina.
Il primo giudice non ha quindi ritenuto di esaminare il merito delle specifiche deduzioni relative alle clausole che avrebbero inciso direttamente sulla formulazione dell’offerta, accennando tale prospettiva solo in forma problematica, ma ha preferito invece pronunciarsi sull’inammissibilità del ricorso, sul piano dell’interesse a ricorrere, e delle singole censure.
In effetti il T.A.R. ha sottoposto a scrutinio le singole doglianze e ne ha evidenziato – e in ciò si concorda – la loro oggettiva genericità o enunciazione meramente illustrativa, volta in sostanza a sostituire sic et simpliciter e aprioristicamente le proprie valutazioni a quelle della Commissione, invece frutto di scelte discrezionali o applicative della lex specialis, scevre da vizi di manifesta illogicità e irrazionalità.
Si soggiunge che anche la asserita illegittima composizione della Commissione, meramente riprodotta in forma tautologica ed anche problematica, non è supportata per l’appunto da alcuna specifica argomentazione in fatto e in diritto riguardo alla deliberazione n. 740/2006, che, in verità, riferisce i singoli incarichi professionali dei componenti.
In ogni caso, come sostiene correttamente sempre il T.A.R., le lamentele, al di là del carattere meramente censorio e in mancanza di impugnative avverso clausole del bando ritenute direttamente lesive, non evidenziano né supportano un concreto interesse all’annullamento e quindi alla rinnovazione della gara, non dimostrando, in relazione al terzo posto in graduatoria, il“vulnus” subito scaturente proprio dalla comparazione con le situazioni delle altre due aziende classificate ai primi due posti.
In definitiva può sostenersi che le lamentate erronee operazioni e valutazioni della Commissione tendono in primis all’annullamento dell’aggiudicazione alla Manutencoop ove fosse emerso e fosse stato dimostrato che diverse determinazioni avrebbero indotto, ove fondate, ad aggiudicare il servizio alla Esperia, terza classificata.
D’altra parte la pretesa di vedere valutati i vizi, dedotti nei confronti della intera procedura, rende tutto il ricorso di primo grado (unitamente all’odierno gravame) affetto da una intrinseca contraddittorietà: per un verso si assume che la procedura di gara (con esito sfavorevole alla concorrente medesima) sia affetta da vizi tali da essere travolta nella sua interezza, e l’appellante stessa tiene a precisare che il gravame era in effetti volto alla riedizione della gara; per l’altro si pretenderebbe di conseguire comunque il risultato della aggiudicazione del servizio, impugnata sulla base dell’esito della stessa procedura che ha visto la concorrente terza graduata.
Osserva il Collegio pertanto che il cd. interesse strumentale alla rinnovazione della gara, riguardato nella sua oggettività, non è altro che un interesse al rispetto della legalità, che viene paludato da riferimenti soggettivi (utilità di ripetere la procedura che il ricorrente si propone di conseguire con la deduzione di vizi che, ove fondati, sarebbero in grado di travolgere l’intera gara), al fine di accreditare la propria valenza, che è un requisito necessario per poter promuovere un ricorso giurisdizionale.
Sta di fatto, però, che provare di essere in condizione di trarre dall’esito favorevole del giudizio un’utilità non significa per nulla provare di essere titolari di una posizione legittimante, la cui verifica, ai fini del preliminare accertamento della ammissibilità del ricorso, è in altri termini un’operazione che precede e per certi versi è indipendente dalla stima della utilità che il processo è in grado di assicurare.
Una volta appurata l’insussistenza di una posizione legittimante in capo al soggetto sfavorito da una procedura di aggiudicazione (come nella specie), insorge un ostacolo pregiudiziale di rito alla possibilità di valutare nel merito la fondatezza delle censure, a prescindere dalla considerazione del vantaggio che il candidato postergato supponga di poter trarre dall’eventuale ripetizione della gara.
Non può quindi ritenersi accettabile l’assunto che l’interesse strumentale, cioè la prospettiva del vantaggio consistente nella semplice possibilità della riedizione della gara, basti a legittimare il candidato ad impugnare gli atti di gara posto che siffatta conclusione, raggiunta tramite il discutibile rovesciamento concettuale che pretende di elevare il cosiddetto interesse strumentale a surrogato della posizione legittimante, è nella sostanza destinata a piegare l’esercizio della giustizia amministrativa ad una funzione di oggettiva verifica, di carattere generale, del rispetto della legalità, che il nostro ordinamento notoriamente non contempla.
In conclusione, in ogni caso non sussiste un concreto interesse “strumentale” alla riedizione della procedura selettiva e nessuno può agire in giudizio se non vi abbia interesse, come da principio generale ormai sancito dal c.p.a. e già nel c.p.c..
8. Per le considerazioni che precedono l’appello va respinto e la sentenza impugnata va confermata.
Le spese del grado seguono la soccombenza come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l'effetto, conferma la sentenza impugnata.
Condanna parte appellante al pagamento delle spese di giudizio da liquidare in € 3000,00 (tremila), oltre agli accessori di legge, a favore della controparte costituita (Gestione Liquidatoria Azienda ospedaliera Verona).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 19 dicembre 2013 e 22 gennaio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Vittorio Stelo, Consigliere, Estensore
Dante D'Alessio, Consigliere
Silvestro Maria Russo, Consigliere