Consiglio di Stato, Sezione Terza, sentenza 15 gennaio 2014, n. 123.

Consiglio di Stato, Sezione Terza, sentenza 15 gennaio 2014, n. 123

Presidente FF: Cacace; Estensore: Capuzzi

 

1. Il c.d. falso innocuo, pure richiamato dal primo giudice, non può essere invocato in caso di carenza di dichiarazioni quali quelle in esame, relative alla mancata menzione del presidente del consiglio di amministrazione tra gli amministratori dotati di poteri di rappresentanza (come s’è detto peraltro utilmente surrogata dalla stessa amministrazione mediante accurato esame della restante documentazione di gara), ma soprattutto alla mancata dimostrazione da parte di tale soggetto (mancanza questa assolutamente non altrimenti surrogabile) del requisito dell’assenza di precedenti ostativi alla partecipazione, di assoluto valore ai fini dalla valutazione di onorabilità dell’impresa e della stessa possibilità di contrarre con la stazione appaltante.

 

2. La completezza delle dichiarazioni è già di per sé un valore da perseguire perché consente, anche in ossequio al principio di buon andamento dell'amministrazione e di proporzionalità, la celere decisione in ordine all'ammissione dell'operatore economico alla gara; conseguentemente una dichiarazione che è inaffidabile perché, al di là dell'elemento soggettivo sottostante, è falsa od incompleta (o addirittura, come nel caso di specie, mancante ), deve ritenersi di per sé stessa lesiva degli interessi considerati dalla norma, a prescindere dal fatto che l'impresa meriti sostanzialmente di partecipare alla gara

 

3. La dimostrazione dell’assenza di elementi ostativi alla partecipazione in capo ad uno degli amministratori della società costituisce elemento essenziale dell’offerta (o comunque è dovuta ai sensi dell’art. 38, comma 2, del Codice dei contratti pubblici), cosicché la sua mancanza produce l’esclusione automatica ai sensi del comma 1-bis dell’art. 46 del medesimo Codice, anche in assenza di espressa comminatoria da parte della legge di gara

 

4. L'omessa elencazione, fra gli amministratori dotati di poteri di rappresentanza, del presidente del consiglio di amministrazione e la contestuale mancata produzione della relativa dichiarazione sostitutiva circa l’assenza di precedenti penali in capo al soggetto che ricopre tale carica costituiscono insanabile violazione della lex specialis ed, in particolare, della clausola che espressamente richiedeva detti adempimenti con riferimento a "tutti gli amministratori con poteri di rappresentanza”.

 

BREVI ANNOTAZIONI

 

L’OGGETTO DELLA PRONUNCIA

Con la sentenza in commento, il Consiglio di Stato ha riformato la sentenza n. 1648/2013 del TAR Lombardia Milano, con la quale i Giudici di prime cure avevano aderito all’orientamento cd. “sostanzialistico” in materia del cd. “falso innocuo” ed avevano accolto il ricorso di una concorrente esclusa da una gara di appalto di forniture per omessa dichiarazione sostitutiva di cui all’art. 38 comma 2 D.Lgs. 163/2006. Secondo i Giudici di Palazzo Spada, invece, tale dichiarazione costituisce un elemento essenziale dell’offerta e la sua mancanza produce l’esclusione automatica ai sensi dell’art. 46 comma 1 bis del Codice dei Contratti Pubblici, non essendo invocabili né il cd. “soccorso istruttorio”, né il cd. “falso innocuo”.

 

IL PERCORSO ARGOMENTATIVO

Nel caso di specie, la società appellata era stata esclusa da una gara per l’affidamento di un appalto di forniture per non avere presentato la dichiarazione sostitutiva ex art. 47 D.P.R. 445/2000 prevista dall’art. 38 comma 2 del D.Lgs. 163/2006 relativamente al presidente del consiglio di amministrazione, amministratore munito di poteri rappresentativi.
La ricorrente in primo grado non aveva neppure indicato tale carica sociale tra i soggetti tenuti alla dichiarazione, anche se l’esistenza era comunque emersa dal certificato camerale allegato alla documentazione presentata.
Secondo i Giudici di prime cure, l’omissione della dichiarazione, in assenza di una puntuale previsione escludente del bando, non era di per sé sufficiente ad escludere l’impresa, essendo risultato che i suoi rappresentanti legali non avevano a proprio carico alcun precedente penale da dichiarare. L’esclusione dalla gara era pertanto da ritenersi “sanzione eccessiva di dubbia compatibilità con il principio di proporzionalità”. In tal modo, il TAR dichiarava di aderire all’indirizzo giurisprudenziale cd. “sostanzialistico” in materia di “falso innocuo”. La Stazione Appaltante avrebbe inoltre potuto e dovuto ricorrere all’istituto del “soccorso istruttorio” ed acquisire le attestazioni mancanti.
Il Consiglio di Stato, innanzitutto, opera una ricostruzione diametralmente opposta della legge speciale di gara. La clausola escludente applicata dalla commissione sarebbe infatti di tenore univoco nel prevedere la comminatoria dell’esclusione nel caso di incompletezza sostanziale della dichiarazione. L’omessa dichiarazione costituisce pertanto un’insanabile violazione di tale clausola della lex specialis.
In ogni caso, comunque, la dimostrazione dell’assenza di elementi ostativi alla partecipazione in capo ad uno degli amministratori della società è da ritenersi dovuta ai sensi dell’art. 38 comma 2 del D.Lgs. 163/2006 e quindi, anche in assenza di un’espressa previsione della legge di gara, l’omissione della dichiarazione ex art. 38 comporta l’espulsione ope legis della concorrente ai sensi del comma 1 bis dell’art. 46 del D.Lgs. 163/2006.
Non è quindi invocabile il cd. "falso innocuo", essendo la mancata dimostrazione dell'assenza di precedenti penali non surrogabile perché di assoluto valore ai fini della valutazione dell'onorabilità dell'impresa.
L'adesione al cd. indirizzo formalistico è dunque piena, dato che l'esclusione in caso di omessa dichiarazione ex art. 38 prescinderebbe anche da un'espressa previsione escludente della lex specialis di gara, visto il carattere di elemento essenziale dell'offerta che tale dichiarazione assume.
La sentenza afferma poi che una dichiarazione inaffidabile in quanto falsa, incompleta o addirittura (come nel caso di specie) mancante è di per sé lesiva degli interessi dell'amministrazione, indipendentemente dall'effettivo possesso del requisito sostanziale da parte del concorrente. L'omissione della dichiarazione non consente infatti una celere decisione in ordine all'ammissione dell'operatore alla gara.
Inoltre, ai sensi dell'art. 71 del D.P.R. 445/2000, l'amministrazione non può, in assenza di dichiarazione sostitutiva, accedere direttamente al casellario generale per ottenere un certificato penale ex art. 28 D.P.R. 313/2002 con indicazione delle condanne con il beneficio della non menzione.
Il Consiglio di Stato ha infine chiarito come non possa applicarsi alla fattispecie il cd. "soccorso istruttorio", che incontra, nel caso in questione, l'invalicabile limite della par condicio: non è infatti ammissibile l'integrazione di elementi essenziali mancanti o omessi, quale sarebbe stata la produzione ex novo di una dichiarazione non presente in sede di offerta.

 

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Con la sentenza in commento il Consiglio di Stato ha ribadito il valore che assume la completezza delle dichiarazioni ex art. 38 nella tutela dei principi di buon andamento dell'Amministrazione, di proporzionalità, di speditezza dell'azione amministrativa.
La dichiarazione ex art. 38 costituisce elemento essenziale dell'offerta e, come tale, la mancata produzione deve essere sanzionata con l'esclusione dalla gara del concorrente.
L'effettivo possesso del requisito e il favor partecipationis devono ritenersi recessivi rispetto alla dimostrazione del possesso di elementi ostativi alla partecipazione mediante dichiarazione sostitutiva, come previsto dall'art. 38 comma 2 del D.Lgs. 163/2006 e alla celere decisione in ordine all'ammissione del concorrente.
Dopo alcune pronunce anche recenti di segno opposto, anche da parte della medesima sezione (Consiglio di Stato sez. III, 13 marzo 2013, n. 1494, sez. VI, 13 febbraio 2013 n. 896 e 15 giugno 2011 n. 3655). il Consiglio di Stato torna quindi con la sentenza in commento ad affermare la non invocabilità del falso innocuo in materia di appalti pubblici.
 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7508 del 2013, proposto da:  Comune di Legnano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Tiziano Ugoccioni e Guido Francesco Romanelli, con domicilio eletto presso Guido Francesco Romanelli, in Roma, via Cosseria n. 5;

contro

Oppi Industria Alimentare srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dagli avv.ti Aniello Garofalo, Elisabetta Lorusso e Guido Romanelli, con domicilio eletto presso Guido Romanelli, in Roma, via Pacuvio n. 34;

nei confronti di

De Bortoli Sergio Srl, non costituitasi in giudizio;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. LOMBARDIA – MILANO - SEZIONE I n. 01648/2013.

Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Oppi Industria Alimentare srl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2013, il Cons. Dante D’Alessio;
Uditi per le parti, alla stessa udienza, gli avvocati Romanelli Guido Francesco e Romanelli Lorenzo su delega di Romanelli Guido;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO


1. La società odierna appellata ha partecipato, in qualità di mandataria di un raggruppamento temporaneo di imprese, alla gara per l’aggiudicazione della fornitura di generi alimentari e sanitari diversi per la 2° residenza sanitaria assistenziale “Luigi Accorsi” relativa al periodo 1/4/2010 - 31/3/2012, indetta dal Comune di Legnano con bando del 9 dicembre 2009.
Con nota in data 26 gennaio 2010 la stazione appaltante comunicava all’impresa che la sua offerta era stata esclusa in quanto carente della dichiarazione sostitutiva del certificato giudiziale e del certificato dei carichi pendenti del presidente del consiglio di amministrazione sig.ra Bastoni Ivana.
La ricorrente proponeva ricorso avverso il provvedimento di esclusione ed il successivo provvedimento di aggiudicazione alla s.r.l. De Bortoli, deducendo violazione dell’art. 1 del dPR n. 101/2002, dell’art. 46 del d.lgs. n. 163 del 2006, dell’art. 6 della legge n. 241 del 1990, dei principi generali sulla partecipazione alle gare di appalto, nonché eccesso di potere per manifesta illogicità ed ingiustizia.
La ricorrente sosteneva in sostanza che il bando di gara, ai fini dell’ammissione, richiedeva che le imprese concorrenti producessero la dichiarazione sostitutiva del certificato generale del casellario giudiziale ed il certificato dei carichi pendenti relativi a tutti gli amministratori muniti di poteri di rappresentanza, ma non sanzionava la mancata allegazione di tali documenti con l’esclusione dalla gara.
Diversamente da quanto ritenuto dal Comune di Legnano, il mancato adempimento del predetto onere documentale non poteva essere annoverato fra le fattispecie comportanti l’automatica esclusione dalla procedura selettiva, ben potendo la stazione appaltante acquisire le attestazioni mancanti ricorrendo all’istituto del soccorso istruttorio previsto dall’art. 46 del codice dei contratti pubblici.
Si costituivano, per resistere al ricorso, il comune di Legnano e la s.r.l. De Bortoli aggiudicataria della gara..
Il Tar riteneva il ricorso fondato, sull’assunto che la esclusione del raggruppamento Oppi non sarebbe potuta essere disposta sulla scorta della clausola generale prevista dal bando alla voce “procedura di gara”, in base alla quale, in caso di mancanza, incompletezza od irregolarità della documentazione, la commissione giudicatrice poteva estromettere dalla gara qualsiasi concorrente.
Per il Tar, nel caso in cui il bando non preveda espressamente l’esclusione e la violazione non leda un interesse pubblico effettivo e rilevante, dovrebbe essere accordata la preferenza al principio del favor partecipationis, in coerenza con l'interesse al più ampio confronto concorrenziale.
La funzione svolta dalle clausole escludenti previste dal bando sarebbe invero proprio quella di attribuire ad una certa prescrizione valore essenziale a prescindere da ogni valutazione circa la loro rispondenza ad un interesse pubblico specifico o all’essere o meno rispondente alla finalità di tutela della par condicio.
Tuttavia nel caso di specie la clausola escludente non risultava apposta in funzione della osservanza di un particolare adempimento, ma attribuiva in via generale alla commissione il potere di escludere qualsiasi concorrente che avesse omesso di produrre un documento previsto dal bando o avesse prodotto un documento irregolare o incompleto.
Una clausola di questo tipo non potrebbe interpretarsi alla stregua di una generale comminatoria di esclusione per la violazione di qualsivoglia tipo di prescrizione prevista dal bando a prescindere da ogni valutazione circa la sua rilevanza ai fini della tutela dell’interesse pubblico o della par condicio dei concorrenti, poiché, in tal modo, si svuoterebbe di ogni significato il potere dell’amministrazione di sancire a priori l’essenzialità di un determinato adempimento in sede di lex specialis.
La portata della clausola in questione non può quindi che essere quella di rimettere alla commissione giudicatrice il giudizio sulla essenzialità dell’adempimento documentale non assolto od assolto in modo incompleto od irregolare dall’impresa, dovendo essa stessa valutare la sua rispondenza ad un determinato interesse pubblico o la sua indispensabilità ai fini della tutela della par condicio.
Peraltro per il Tar, nel caso di specie, la Commissione ha errato nel giudicare come essenziale la mancata produzione delle dichiarazioni sostitutive attestanti l’assenza di precedenti penali in capo ad uno degli amministratori dell’impresa ricorrente.
Il Tar ha ritenuto quindi di aderire all’orientamento, secondo cui, in assenza di una puntuale previsione escludente del bando, l’omissione della dichiarazione non sia di per sé sufficiente ad escludere l’impresa qualora sia risultato che i suoi rappresentanti legali non avessero a proprio carico alcun precedente penale che sarebbe dovuto essere dichiarato.
Infatti, quando il partecipante sia in possesso di tutti i requisiti richiesti e la lex specialis non preveda espressamente l'esclusione in relazione alla mancata osservanza delle puntuali prescrizioni sulle modalità e sull'oggetto delle dichiarazioni da fornire, l’esclusione dalla gara non corrisponderebbe ad alcun pregnante interesse pubblico e, comunque, verrebbe a configurarsi come sanzione eccessiva di dubbia compatibilità con il principio di proporzionalità.
In conclusione il ricorso veniva accolto e le spese venivano poste a carico del Comune di Legnano nella misura di Euro 4.500, oltre IVA e c.p.a..
Nell’atto di appello il Comune assume la erroneità della sentenza del Tar sotto molteplici motivi, insistendo per la legittimità della controversa esclusione.
Si è costituita la società originaria ricorrente, chiedendo il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza.
Il comune appellante ha successivamente depositato una memoria difensiva, sostenendo tra l’altro la tardività della memoria di costituzione depositata solo in data 21.11.2013 e dunque in violazione dell’articolo 73 del cod. proc. amm., con conseguente violazione dei termini di difesa ad esso dati per la presentazione di memoria di replica
Alla pubblica udienza del 5 dicembre 2013 la causa è stata trattenuta dal Collegio in decisione.
3. La Sezione ritiene di dover prendere preliminarmente atto dell’intervenuto ritiro in sede di discussione orale della causa, da parte del comune appellante, della proposta eccezione di tardività della memoria di costituzione avversaria.
In proposito rileva comunque il Collegio che detta memoria è stata depositata nel rispetto del termine dimezzato di costituzione di cui all’art. 46, comma 1, c.p.a. e che dunque la sua tardività rispetto al termine fissato dallo stesso codice per il deposito di memorie non consente in ogni caso di concludere per la sua inammissibilità, pena la violazione degli inviolabili diritti di difesa della parte appellata, quelli corrispondenti della parte appellante potendo in ogni caso essere garantiti dalla richiesta al Giudice di un termine a difesa, nella fattispecie comunque non avanzata.
Nel merito della vicenda contenziosa occorre rilevare come il giudice di primo grado, dopo aver ribadito il fatto incontestato relativo alla mancata produzione da parte della ditta appellata delle dichiarazioni sostitutive relative all'insussistenza del pregiudizio penale della sig.ra Ivana Bastoni (amministratrice con poteri di rappresentanza della società ricorrente e presidente del consiglio di amministrazione), abbia ritenuto che la clausola del disciplinare di gara invocata dall' amministrazione rimetterebbe alla commissione "il giudizio sulla essenzialità dell'adempimento documentale non assolto o assolto in modo incompleto o irregolare dall' impresa", onde si tratterebbe di valutare se, nel caso di specie, detto medesimo giudizio sia stato correttamente assunto in vista della concreta adozione del provvedimento di esclusione poi impugnato .
Il T.A.R. ha inteso quindi condividere quell’orientamento giurisprudenziale, secondo cui, "in assenza di una puntuale previsione escludente del bando, l'omissione della dichiarazione non sia di per sé sufficiente ad escludere l 'impresa qualora sia risultato che i suoi rappresentanti legali non avessero a proprio carico alcun precedente penale che avrebbe dovuto essere dichiarato"; ciò perché "quando il partecipante sia in possesso di tutti i requisiti richiesti e la lex specialis non preveda espressamente l'esclusione in relazione alla mancata osservanza delle puntuali prescrizioni sulle modalità e sull'oggetto delle dichiarazioni da fornire, l 'esclusione dalla gara non corrisponde ad alcun pregnante interesse pubblico e, comunque, appare sanzione eccessiva di dubbia compatibilità con i principi di proporzionalità", donde, secondo il T.A.R., l’illegittimità dell'impugnato provvedimento di esclusione.
4. Tali argomentazioni, fatte oggetto di puntuali critiche con l’atto di appello, non sono condivise dalla Sezione.
In primo luogo si osserva che, a norma della lex specialis di cui si tratta, ciascun concorrente era espressamente tenuto a rendere le dichiarazioni suddette con riferimento a tutti gli amministratori muniti di poteri gestori e di rappresentanza, il che naturalmente imponeva ad ogni impresa di dichiarare quali e quanti fossero, all'interno della propria compagine, i soggetti dotati di tali poteri.
In sede di domanda di partecipazione alla gara l' impresa odierna appellata non solo non ha reso alcuna dichiarazione relativa all’onorabilità sotto il profilo penale della sig. Ivana Bastoni, ma nemmeno ha menzionato 1'esistenza della stessa nel contesto della dichiarazione recante l’indicazione degli amministratori dotati di poteri di rappresentanza richiesta a corredo dell’offerta presentata, benché ella ricoprisse addirittura la carica di presidente del consiglio di amministrazione (anche se poi l’esistenza di tale carica sociale e del soggetto che la ricopriva era comunque rilevabile dal certificato di iscrizione alla Camera di Commercio ricompreso tra la documentazione presentata).
Rileva in proposito il Collegio che la dimostrazione dell’assenza di elementi ostativi alla partecipazione in capo ad uno degli amministratori della società costituisce elemento essenziale dell’offerta (o comunque è dovuta ai sensi del comma 2 dell’art. 38 del D. Lgs. n. 163/2006), sì che la sua mancanza produce l’esclusione automatica ai sensi del comma 1-bis dell’art. 46 del D. lgs. cit., anche in assenza di espressa comminatoria da parte della legge di gara.
La tesi della necessità in tal caso di un soccorso istruttorio da parte dell’Amministrazione, fatta propria dal primo giudice, con conseguente possibilità di integrazione della documentazione, non appare sostenibile, perché in un caso siffatto non si sarebbe trattato della integrazione della dichiarazione già resa ma incompleta, ma di invitare la ditta a produrre ex novo una dichiarazione del tutto mancante, relativa al Presidente del Consiglio di Amministrazione, avente autonoma rilevanza rispetto alla restante produzione documentale.
Ne deriva, ad avviso del Collegio, che la disposta esclusione è stata rispettosa dei principi di par condicio in materia, non potendosi peraltro condividere nemmeno la ulteriore affermazione del T.A.R., secondo cui la clausola del disciplinare all’uopo applicata dalla commissione non sarebbe stata assistita da espressa comminatoria di esclusione; infatti il tenore della clausola in esame è univoco nella comminatoria dell'esclusione nel caso di incompletezza sostanziale della dichiarazione ed inoltre la stessa dichiarazione è espressamente menzionata, come già accennato, quale requisito essenziale di partecipazione nell’articolo 38, co. 1 e 2, del codice dei contratti pubblici, avente dunque rilievo fondamentale ai fini della ammissione alla gara.
Si aggiunga che per giurisprudenza costante il dovere di soccorso istruttorio  previsto dall'art. 6, comma 1, lett. b), l. n. 241 del 1990 (poi riprodotto nella materia dei contratti pubblici dall’art. 46 del relativo codice) va ricollegato alla sola esistenza in atti di dichiarazioni che siano state già effettivamente rese, senza che con ciò sia possibile integrare elementi essenziali mancanti od omessi; sì che l'art. 6 l. n. 241 del 1990 va applicato dall' amministrazione solo se gli atti tempestivamente prodotti contribuiscano a fornire ragionevoli indizi circa il possesso del requisito di partecipazione ad una procedura, indizi addirittura fuorvianti nel caso di specie, in cui l’impresa partecipante ha anche omesso di elencare tra gli amministratori dotati di poteri di rappresentanza, in quanto tali poi tenuti all’autonoma ed individuale dichiarazione circa l’assenza di pregiudizi penali, proprio il Presidente del Consiglio di Amministrazione, la cui dichiarazione è poi risultata assente tra gli atti dell’offerta dall’impresa stessa presentata.
Il principio di cui sopra assume peraltro ulteriore specificità nelle gare pubbliche, in cui l'omessa allegazione di un documento o di una dichiarazione previsti non può essere considerata alla stregua di un'irregolarità sanabile in applicazione dell'art. 46 del codice appalti e, quindi, non ne è permessa l'integrazione o la regolarizzazione postuma, non trattandosi di rimediare a vizi puramente formali; e ciò tanto più quando non sussistano equivoci o incertezze generati dall'ambiguità di clausole della legge di gara (ex plurimis, Cons. St., V, 5 settembre 2011, n. 4981, nonché, da ultimo, Cons. Stato, V, n. 4842 del 30.9.2013).
In definitiva, in ipotesi di dichiarazione mancante ed inequivocabilmente richiesta dalla legge e dagli atti di gara, l'esercizio del c.d. potere di soccorso dell'amministrazione incontra l'invalicabile limite della par condicio, per definizione prevalente sul favor partecipationis invocato dall’appellata.
Quanto poi al c.d. falso innocuo pure richiamato dal primo giudice, trattasi di istituto che non può essere invocato in caso di carenza di dichiarazioni quali quelle in esame, relative alla mancata menzione del presidente del consiglio di amministrazione tra gli amministratori dotati di poteri di rappresentanza (come s’è detto peraltro utilmente surrogata dalla stessa amministrazione mediante accurato esame della restante documentazione di gara) ma soprattutto alla mancata dimostrazione da parte di tale soggetto (mancanza questa assolutamente non altrimenti surrogabile) del requisito dell’assenza di precedenti ostativi alla partecipazione, di assoluto valore ai fini dalla valutazione di onorabilità dell’impresa e della stessa possibilità di contrarre con la stazione appaltante.
Sotto altro concomitante profilo valga poi sottolineare che la completezza delle dichiarazioni è già di per sé un valore da perseguire perché consente, anche in ossequio al principio di buon andamento dell'amministrazione e di proporzionalità, la celere decisione in ordine all'ammissione dell'operatore economico alla gara; conseguentemente una dichiarazione che è inaffidabile perché, al di là dell'elemento soggettivo sottostante, è falsa od incompleta (o addirittura, come nel caso di specie, mancante), deve ritenersi di per sé stessa lesiva degli interessi considerati dalla norma, a prescindere dal fatto che l'impresa meriti sostanzialmente di partecipare alla gara (Cons. Stato, V, 21.6.2013, n. 3397; Sez. V, 3.6. 2013, n. 3045; 07.05.2013, n. 2462).
Ed inoltre quando una impresa ometta di dichiarare alla amministrazione l'esistenza di uno o più soggetti tenuti a comprovare l'inesistenza del pregiudizio penale e solo successivamente produca il certificato del casellario penale dal quale risulti l'insussistenza di condanne penali a carico degli stessi, con ciò dimostrando di possedere sostanzialmente i requisiti per prendere parte alla procedura, non è affatto vero che non si determina alcun pregiudizio per l’amministrazione.
Infatti, se l'impresa richiede, in proprio, il certificato penale, lo ottiene ai sensi dell’art. 24 del d.P.R. n. 313/2002, con un documento cioè che per sua natura non riporta le condanne eventualmente riportate con il beneficio della non menzione; certificato, questo, che non risulta dunque utilizzabile ai fini della dimostrazione dell'onorabilità dell'interessato ove la stazione appaltante, come nel caso in esame, abbia espressamente richiesto, già nel bando, di indicare anche le condanne conseguite con tale predetto beneficio della non menzione.
Invero, ai sensi dell'art. 24, co. 1, lett. a), del d.P.R. n. 313/2002 citato, nel certificato generale richiesto dall'interessato "sono riportate le iscrizioni esistenti nel casellario giudiziale ad eccezione di quelle relative: a) alle condanne delle quali è stato ordinato che non si faccia menzione nel certificato a norma dell'articolo 175 del codice penale. purché il beneficio non sia stato revocato" ; pertanto né la amministrazione né il giudice può fare affidamento su tale certificato.
Correlativamente, l'omessa produzione, in sede di gara, della dichiarazione sostituiva ex art. 47 del d.P.R. n. 445/2000, impedisce alla stazione appaltante di controllare la veridicità di quanto attestato dall'interessato.
Infatti, ai sensi dell'art. 71 del d.P.R. n. 445/2000 (“I controlli riguardanti dichiarazioni sostitutive di certificazione sono effettuati dall'amministrazione procedente con le modalità di cui all'articolo 43 consultando direttamente gli archivi dell'amministrazione certificante ovvero richiedendo alla medesima, anche attraverso strumenti informatici o telematici, conferma scritta della corrispondenza di quanto dichiarato con le risultanze dei registri da questa custoditi”), l'amministrazione, in carenza della dichiarazione sostitutiva, non può accedere direttamente al casellario generale per ottenere un certificato penale ex art. 28 del d.P.R. n. 313/2002, recante anche le condanne riportate con il beneficio della non menzione e dunque, come s’è detto, diverso da quello rilasciato al diretto interessato; con l’effetto che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tar Lombardia con la sentenza appellata, non è affatto vero che la mancata produzione della dichiarazione de qua (pure a fronte dell'effettivo possesso del requisito sostanziale) sia priva di conseguenze pregiudizievoli per la stazione appaltante, venendo al contrario leso l'interesse pubblico alla celere e corretta decisione in ordine all'ammissione dell'operatore alla gara, e quindi lesi i principi di buon andamento dell'amministrazione e di proporzionalità (Cons. Stato, Sez. V, 21 giugno 2013, n. 3397; 3 giugno 2013, n. 3045).
Per tale ragione le offerte carenti della documentazione necessaria in relazione ai requisiti di onorabilità non possono essere integrate ex post, su intervento della stazione appaltante e comportano ope legis l'espulsione del concorrente inadempiente.
Nel caso di specie, in definitiva, l'omessa elencazione, fra gli amministratori dotati di poteri di rappresentanza, del presidente del consiglio di amministrazione e la contestuale mancata produzione della relativa dichiarazione sostitutiva circa l’assenza di precedenti penali in capo al soggetto che ricopre tale carica costituiscono insanabile violazione della lex specialis ed, in particolare, della clausola che espressamente richiedeva detti adempimenti con riferimento a "tutti gli amministratori con poteri di rappresentanza”.
5. Per i suesposti motivi l’appello merita accoglimento e, in riforma della sentenza appellata, il ricorso di primo grado va respinto.
6. In relazione alle peculiarità della fattispecie sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti spese ed onorari del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado.
Spese doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Salvatore Cacace, Presidente FF
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Vittorio Stelo, Consigliere
Roberto Capuzzi, Consigliere, Estensore
Dante D'Alessio, Consigliere