Nota a Cons. St. 8 ottobre 2011, n. 5498
La motivazione del giudizio espresso dall'amministrazione in esito alla valutazione dell'anomalia dell'offerta nelle procedure di affidamento dei contratti pubblici
Il commento
Sommario: 1. Profili generali circa l'obbligo di motivazione nei provvedimenti amministrativi. 2. Rilievo costituzionale dell'obbligo di motivazione. 3. Le offerte anormalmente basse nelle procedure di affidamento degli appalti pubblici. 4. L'obbligo motivazionale della Pubblica Amministrazione in ordine alla valutazione espressa circa l'anomalia delle offerte presentate nel corso di un procedimento di selezione per l'affidamento di un contratto.
1. Profili generali circa l'obbligo di motivazione nei provvedimenti amministrativi
La motivazione costituisce l'iter logico giuridico posto alla base della decisione amministrativa.
Essa dà conto delle ragioni per le quali la Pubblica Amministrazione, nell'esercizio dei propri poteri discrezionali, si sia determinata in un senso piuttosto che in un altro e, così facendo, pone in essere una condotta improntata ad un principio di trasparenza.
Una condotta amministrativa trasparente – ottemperante, dunque, all'obbligo del clare loqui, incombente sull'Amministrazione – costituisce una corretta risposta alle istanze dei cittadini, risponde ad un principio di democrazia - esercitando il potere alla stregua di ragioni estrinsecate e, dunque, palesate ai soggetti amministrati - e consente un adeguato sindacato giudiziale in ordine all'esercizio stesso del potere amministrativo.
Come a dire che l'obbligo di motivazione risponde ad un fondamentale parametro di corretto esercizio delle potestà amministrative, per la verità imprescindibile nell'ambito di un ordinamento democratico, specie ove si tenga conto delle facoltà discrezionali sovente rimesse alle Pubbliche Amministrazioni.
In tal senso, parrebbe corretto che detto obbligo fosse esercitato compiutamente, senza il ricorso a "formulette pigre" o standardizzate, soltanto formalmente idonee ad esternare le ragioni poste alla base dell'esercizio del potere.
In ogni caso, l'obbligo in parola costituisce un principio di civiltà giuridica che non pare pretermissibile in un ordinamento giuridico moderno all'interno del quale anche il princeps – fuor di metafora, anche la Pubblica Amministrazione – deve estrinsecare le ragioni poste alla base della propria condotta.
Tanto ciò è vero che, anche precedentemente alla positivizzazione dell'obbligo di motivazione ad opera dell'art. 3, Legge 7 agosto 1990, n. 241, la giurisprudenza ammetteva l'esistenza di un obbligo siffatto in capo alle Amministrazioni, riconducendo, tuttavia, l'assenza della motivazione al vizio dell'eccesso di potere piuttosto che alla violazione di legge (come, invece, sarebbe avvenuto dopo l'entrata in vigore del predetto art. 3; vizi quali illogicità o contradditorietà della motivazione, anche dopo l'entrata in vigore della l. 241/90, rimangono invece censurabili per eccesso di potere).
Nel periodo pregresso all'entrata in vigore della Legge sul procedimento, in particolare, l'obbligo di motivazione veniva individuato per i provvedimenti discrezionali e per quelli lesivi della posizione giuridica soggettiva del privato, attesa la necessità di assicurare l'imparzialità ed il buon andamento amministrativo nonchè a fronte dell'esigenza di difesa giudiziale del privato che esigeva, anche essa, l'estrinsecazione delle ragioni del provvedimento (rilevano, in tal senso, gli artt. 97, 24 e 113 Cost.).
Al contrario, non si riteneva sussistente un obbligo di motivazione per gli atti incrementativi della sfera giuridico – economica del privato (ad es., autorizzazioni o concessioni), per gli atti positivi (coi quali, cioè, si accoglievano istanze dei privati), per gli atti vincolati, per quelli generali, per quelli di alta amministrazione, per gli atti organizzativi e per quelli normativi.
2. Rilievo costituzionale dell'obbligo di motivazione.
In ogni caso, l'importanza della motivazione del provvedimento amministrativo è tale che la stessa Corte Costituzionale ha attribuito alla stessa un rango fondamentale, di diretta matrice costituzionale.
Il Giudice delle Leggi, con sentenza 2 novembre 2010, n. 3101, infatti, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell’articolo 14, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, come sostituito dall’articolo 11 del decreto legislativo 3 agosto 2009, n. 106 (Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro), nella parte in cui, stabilendo che ai provvedimenti di sospensione dell’attività imprenditoriale previsti dalla citata norma non si applicano le disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, escludeva l’applicazione ai medesimi provvedimenti dell’articolo 3, comma 1, della legge n. 241 del 1990.
In particolare, la Corte Costituzionale, con la suddetta pronuncia, ha sostenuto che l'obbligo di motivare i provvedimenti amministrativi - diretto a realizzare la conoscibilità e la trasparenza dell’azione amministrativa - sia radicato negli artt. 97 e 113 Cost., in quanto, da un lato, costituisce corollario dei principi di buon andamento e d’imparzialità dell’amministrazione e, dall’altro, consente al destinatario del provvedimento, che ritenga lesa una propria situazione giuridica, di far valere la relativa tutela giurisdizionale.
Specificamente, la Corte ha ritenuto che principi di pubblicità e di trasparenza dell’azione amministrativa, pure affermati dall’art. 1, comma 1, della legge n. 241 del 1990, ai quali va riconosciuto il valore di principi generali, siano diretti ad attuare sia i canoni costituzionali di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione (art. 97, primo comma, Cost.), sia la tutela di altri interessi costituzionalmente protetti, come il diritto di difesa nei confronti della stesse amministrazione (artt. 24 e 113 Cost.).
L'assenza di motivazione, dunque, secondo la Corte, vanificherebbe l’esigenza di conoscibilità dell’azione amministrativa, anch’essa intrinseca ai principi di buon andamento e d’imparzialità, esigenza che si realizza proprio attraverso la motivazione, in quanto strumento volto ad esternare le ragioni e il procedimento logico seguiti dall’autorità amministrativa.
A fronte di tutte le considerazioni che precedono, non paiono pienamente condivisibili talune affermazioni giurisprudenziali foriere di una nozione di motivazione in qualche misura dissonante od antitetica rispetto ai canoni concettuali sopra richiamati.
E' stato, infatti, affermato che la motivazione non debba necessariamente avere una forma espressa, compiutamente rappresentata nel provvedimento finale, ma, piuttosto possa evincersi dalla sequenza procedimentale dell'iter amministrativo, il cui rispetto varrebbe a sostanziare – implicitamente, pare evincersi – le motivazioni poste alla base del provvedimento amministrativo ( "...la garanzia di adeguata tutela delle ragioni del privato non viene meno per il fatto che nel provvedimento amministrativo finale non risultino chiaramente e compiutamente rese comprensibili le ragioni sottese alla scelta fatta dalla pubblica amministrazione, allorché le stesse possano essere agevolmente colte dalla lettura degli atti afferenti alle varie fasi in cui si articola il procedimento, e ciò in omaggio ad una visione non meramente formale dell'obbligo di motivazione, ma coerente con i principi di trasparenza e di lealtà desumibili dall'art. 97 cost.(da ultimo Consiglio di Stato IV, 30 maggio 2005, n. 2770; conformemente id., 14 febbraio 2005, n. 435; id. V, 20 ottobre 2004, n. 6814). Ove quindi la decisione amministrativa risulti motivata, nel senso giuridico e nella decisione tecnica, dalla lettura non del solo provvedimento, ma degli atti del procedimento comunque noti o conoscibili dal privato, le doglianze sul difetto di motivazione dell'atto conclusivo non possono essere accolte." - Cons. Stato, sez. IV, 3 agosto 2010, n. 5165).
La condivisibilità di una siffatta giurisprudenza, specie alla luce delle precisazioni da ultimo svolte dalla Corte Costituzionale, sopra richiamate, per la verità pare dubbia, posto che l'estinsecazione della motivazione, piuttosto che ad un dato meramente formale, sembra attingere a principi di tale rilievo e pregnanza da inficiare, ove mancante, la determinazione finale dell'Amministrazione.
Considerazioni che, dunque, guardando al complessivo iter procedimentale, siano tese alla dequotazione della motivazione – all'evidente scopo di fare salva un'azione amministrativa alla quale, invece, parrebbe legittimo imporre una motivazione discorsiva e verbalmente estesa - sembrano, per la verità, maggiormente partecipi delle ragioni dell'Amministrazione Pubblica piuttosto che affermatrici di quegli obblighi che sulla stessa, per espresso disposto normativo, gravano.
Tanto più ove si consideri che, come chiaramente affermato dalla Corte Costituzionale con la ridetta sentenza 2 novembre 2010, n. 310, esigenze di celerità e di non aggravamento del procedimento amministrativo non sono ostative all'obbligo di motivazione degli atti amministrativi.
Considerazioni, tutte queste che precedono che – all'interno del noto dibattito circa la sufficienza o meno del semplice voto numerico, a prescindere da una motivazione espressa, in materia di concorsi per l'accesso al pubblico impiego – indurrebbero ad abbracciare la tesi - pure minoritaria nelle applicazioni giurisprudenziali e ripetutamente respinta dalla Corte Costituzionale ( cfr. Corte Cost. 175/2011, 20/2009, 28/2006, 419/2005, 466/2000) - favorevole alla necessità della sussistenza di una motivazione idonea ad estrinsecare le specifiche ragioni poste alla base della votazione assegnata.2
3. Le offerte anormalmente basse nelle procedure di affidamento degli appalti pubblici.
Le offerte anormalmente basse sono quelle che appaiono, ad un primo esame, troppo basse rispetto all'entità delle prestazioni richieste dal bando e che, come tali, suscitano il sospetto di scarsa serietà dell'offerente e di una possibile cattiva esecuzione del contratto3.
Prima di procedere ad una disamina dell'anomalia delle offerte, occorre considerare quanto segue.
Sia nell'ipotesi in cui il contratto debba essere aggiudicato in base al criterio del prezzo più basso, sia nel caso in cui il criterio di aggiudicazione sia quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa, la stazione appaltante assume come criterio di riferimento un prezzo (cfr. artt. 82 e 83, D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163) che costituirà, nel primo caso, il parametro sulla base del quale sarà determinato l'aggiudicatario e che rappresenterà, nella seconda ipotesi, un criterio di valutazione al fine di determinare l'offerta economicamente più vantaggiosa.
Assunto detto criterio come punto di partenza, di lì si svilupperà l'agone concorrenziale.
Nell'ambito del sistema così delineato, poi, particolare rilievo assumerà il miglior prezzo di mercato, sulla base del quale sarà individuato il prezzo base nei bandi od inviti, sarà considerata la convenienza o meno dell'aggiudicazione, sarà valutata l'anomalia dell'offerta, nei termini specificati dall'art. 89, D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (c.d. Codice degli Appalti).
In particolare, la congruità del prezzo posto a base della gara costituirà presupposto fondamentale affinché la valutazione dei ribassi offerti venga condotta partendo da un presupposto rispondente alla realtà del mercato4.
Sulla scorta di tali premesse, saranno individuati il prezzo più basso o l'offerta economicamente più conveniente – a seconda di quale sia stato il criterio posto a base della procedura di selezione – alla stregua della disciplina posta dagli artt. 82 ed 83 del Codice degli Appalti.
A temperamento di tale disciplina, tuttavia, si pongono i successivi artt. 86 e ss. del Codice, espressamente tesi a disciplinare l'ipotesi dell'anomalia delle offerte: un'offerta "anormalmente" bassa è tendenzialmente sproporzionata e spesso sintomo di inaffidabilità e prelude a possibili inadempimenti o comunque a prestazioni inferiori rispetto a quelle promesse ed a contestazioni o a varianti nel corso del rapporto.
L'offerta, invece, deve essere seria e proporzionata rispetto ai costi ed agli oneri comportati dalle prestazioni contrattualmente dovute, e deve altresì assicurare all'operatore un utile d'impresa e garantire la corretta esecuzione delle prestazioni.
Per altro verso, l'offerta anomala comunque altera la concorrenza, avvantaggiando offerenti più spericolati in danno degli operatori seri e affidabili5
In tale ottica si collocano le norme del codice degli appalti che valutano l'anomalia altresì tenendo conto dei costi del lavoro del personale impiegato per l'appalto (v. art. 81 comma 3 bis, art. 86, commi 3 bis e 3 ter, art. 87 commi 4 e 4 bis del Codice) - come evincibile dai minimi salariali fissati dalla contrattazione collettiva (anche le tabelle ministeriali di cui all'art. 86, comma 3 bis si avvalgono di tale criterio unitamente ad altri, espressamente indicati dalla norma) - nonchè dei costi legati all'adempimento degli obblighi in materia di salute e di sicurezza sul lavoro: la convenienza offerta all'Amministrazione, nella sostanza, non deve fondarsi sul lavoro sommerso nè sul mancato rispetto delle norme di sicurezza, in adempimento di principi di matrice comunitaria.
Su quest'ultimo versante, si consideri, per altro, che, in base alla giurisprudenza maggioritaria, la mancata osservanza dei minimi tabellari del costo di lavoro non determina l'esclusione diretta dell'impresa dalla gara, essendo tale discrepanza solo un indice di anomalia dell'offerta.
Nessuna norma di legge prevede, infatti, una rigida e automatica valutazione del costo del personale, il quale è suscettibile di oscillazioni anche a ribasso in relazione a benefici contributivi o fiscali (ex l. n. 327/2000).
Tuttavia, l'impresa concorrente dovrà giustificare il superamento dei limiti tabellari in modo tale da dimostrare la congruità della propria offerta sospettata di anomalia (in tal senso, si vedano, tra le altre, Cons. Stato, sez. VI, 21 luglio 2010, n. 4783 e Cons. Stato, sez. V, 11 agosto 2010, n. 5638).
In ogni caso, in via generale, l'anomalia delle offerte viene valutata sulla base di criteri aritmetico/contabili definiti dall'art. 86, commi 1 (non applicabile ove le offerte siano inferiori a cinque) e 2 del Codice, ma altresì sulla base di altri criteri di congruità non tipizzati, purchè sufficientemente specifici, ai sensi del comma 3 dello stesso articolo.
Il fatto che l'impresa offerente abbia ricevuto un aiuto di Stato e l'anomalia della relativa offerta, per altro, non possono giustificare l'esclusione dell'impresa stessa dalla gara, salvo che questa non sia in grado di dimostrare di avere ricevuto l'aiuto in parola legalmente (art. 87, comma 5, Codice).
Sul versante procedimentale, le valutazioni che presiedono all'esclusione di un'impresa che abbia presentato un'offerta anomala si collocano al termine di un apposito procedimento amministrativo, connotato da partecipazione e da ampio contraddittorio, come evincibile dalle previsioni di cui all'art. 86 , comma 5 ed all'art. 88 del Codice degli Appalti.
La predetta fase procedimentale del contraddittorio assurge, per altro, a grande rilievo, ponendosi a presidio di situazioni di matrice costituzionale, quali la libertà d'impresa, presidiata dall'art. 41 Cost., ma anche la parità di trattamento di cui all'art. 3 della Grundnorm, nonchè, non ultimo, lo stesso interesse dell'Amministrazione al corretto svolgimento delle proprie funzioni alla stregua dei noti principi di buon andamento ed imparzialità (art. 97 Cost.).
Nel corso di tale procedimento, poi, l'Amministrazione dispone di ampi poteri istruttori, potendo avvalersi, al fine di verificare l'anomalia delle offerte, anche di elementi - diversi da quelli forniti dal concorrente - desumibili dall'esercizio di autonomi poteri istruttori, di cui la stessa è dotata nello svolgimento dei propri compiti istituzionali.
Non esiste, infatti, alcuna ragione per escludere che l'Amministrazione, nella fase volta ad accertare se le condizioni di aggiudicazione assicurino una esecuzione tempestiva e corretta per soddisfare l'interesse pubblico, possa avvalersi di apporti e conoscenze in suo possesso (in tal senso, Cons. Stato, sez. V, 5 luglio 2006, n. 42616).
All'esito del procedimento di valutazione dell'offerta anomala, l'Amministrazione adotterà apposita valutazione che, secondo la giurisprudenza maggioritaria, rimarrà sottoposta al sindacato giurisdizionale, di massima, sotto un profilo puramente estrinseco (si veda, in tal senso, ex coeteris, Cons. Stato, sez. V, 11 agosto 2010, n. 5638, secondo cui "La sindacabilità, da parte del giudice amministrativo, in ordine alla discrezionalità tecnica, esercitata dall'amministrazione in sede di verificazione dell'anomalia dell'offerta, è limitata al controllo formale dell'iter logico seguito, ove ciò appaia sufficiente per valutare la legittimità del provvedimento impugnato e non emergano elementi tali da giustificare una ripetizione, secondo la tecnica del sindacato intrinseco, delle indagini specialistiche, esulando dai compiti del giudice il riesame delle autonome valutazioni dell'interesse pubblico, effettuate dalla p.a."; nello stesso senso Cons. Stato, sez. VI, 21 luglio 2010, n. 4783).
4. L'obbligo motivazionale della Pubblica Amministrazione in ordine alla valutazione espressa circa l'anomalia delle offerte presentate nel corso di un procedimento di selezione per l'affidamento di un contratto.
Tanto premesso in termini generali, per quel che più interessa in questa sede, occorre vagliare l'obbligo motivazionale della Pubblica Amministrazione in ordine alla valutazione espressa circa l'anomalia delle offerte presentate nel corso di un procedimento di selezione per l'affidamento di un contratto pubblico.
In via di principio, giova osservare come l'obbligo in parola dovrebbe atteggiarsi in termini di compiutezza od esaustività: tanto si ricava in via diretta dalle considerazioni generali già esposte, alla stregua delle quali la Pubblica Amministrazione è tenuta ad una condotta trasparente ed estrinsecativa delle ragioni sulle quali si fondano le proprie determinazioni.
Un provvedimento di valutazione di incongruità od anomalia dell'offerta, all'esito del relativo procedimento, per altro, abbisognerebbe di apposita motivazione, idoneo come sarebbe ad inficiare la posizione dell'impresa offerente.
Eppure considerazioni non dissimili soccorrebbero nell'ipotesi in cui la valutazione amministrativa fosse positiva ed accogliesse le ragioni spese dall'impresa a giustificazione dell'offerta anomala: in tal caso, infatti, versandosi all'interno di un procedimento di natura comparativa, qual è quello di affidamento di un contratto pubblico, al vantaggio così attribuito corrisponderebbe lo svantaggio o la minore chance di vittoria di altra impresa.
Il dato comparativo, dunque, imporrebbe che anche nei casi in cui l'Amministrazione valuti positivamente le giustificazioni addotte dalle imprese che abbiano effettuato offerte anomale il provvedimento positivo o di accoglimento delle suddette giustificazioni estrinsechi puntualmente le ragioni che si pongono alla base dello stesso.
In tal senso si pone la sentenza in commento.
La posizione da ultimo espressa, tuttavia, non è condivisa unanimemente in ambito giurisprudenziale.
Mentre, infatti, è ormai pacifico che la stazione appaltante abbia il dovere di motivare in modo puntuale ed analitico il giudizio di anomalia dell'offerta e la conseguente esclusione della stessa, la medesima unità di vedute non sussiste con riferimento alla diversa ipotesi in cui le offerte, all'esito del procedimento di verifica dell'anomalia, siano considerate congrue
Rappresenta, invero, un caposaldo giurisprudenziale quello secondo cui in sede di esame delle giustificazioni svolte a sostegno dell'offerta sospettata di anomalia, l'Amministrazione deve prendere specificamente in considerazione le giustificazioni fornite ed esporre chiaramente le ragioni in base alle quali esse siano ritenute insoddisfacenti e non diano perciò sufficiente affidamento sulla corretta esecuzione della prestazione.7
Nella diversa ipotesi in cui, invece, l'Amministrazione faccia proprie le ragioni addotte dall'impresa a giustificazione della propria offerta anomala, considerando attendibili le spiegazioni fornite, in giurisprudenza è stato ritenuto che la relativa determinazione non debba necessariamente essere corredata da un'articolata motivazione ripetitiva delle medesime giustificazioni ritenute accettabili o espressiva di ulteriori apprezzamenti e, pertanto, il giudizio favorevole di non anomalia non richiedendo una motivazione puntuale ed analitica, possa essere espresso semplicemente per relationem (si vedano, in tal senso le seguenti pronunce: Cons. Stato, sez. V, 19 febbraio 2003, n. 922; Cons. Stato, sez. V, 28 giugno 2002, n. 3566; Cons. Stato, sez. VI, 3 aprile 2002, n. 1853).
In adesione a tale filone interpretativo, si è pronunciato anche di recente il Consiglio di Stato, ritenendo che "..nel subprocedimento di verifica dell'anomalia dell'offerta, la stazione appaltante ha l'obbligo di motivare in maniera particolarmente approfondita solamente nel caso in cui esprima un giudizio negativo che faccia venire meno l'aggiudicazione, non richiedendosi, invece, che la motivazione sia particolarmente analitica e puntuale nel caso di esito positivo della verifica di anomalia dell'offerta che confermi la già disposta aggiudicazione, potendo in tal caso trovare sostegno per relationem nelle stesse giustificazioni presentate dal concorrente. (cfr., da ultimo, C.d.S., V, 23 giugno 2008, n. 3122).".8
A fronte delle due distinte posizioni espresse dal Supremo Consesso di giustizia amministrativa – quella palesata nella pronuncia in commento e quella che, invece, è fatta propria dalla richiamata giurisprudenza maggioritaria – pare, tuttavia preferibile l'opzione interpretativa riportata nella sentenza in esame, atteso che, come già rappresentato, una più compiuta motivazione della valutazione in parola, oltre ad essere maggiormente aderente ai principi di trasparenza che governano l'azione amministrativa, nell'estrinsecare le ragioni della scelta, appare in linea con le peculiarità proprie di una procedura a carattere comparativo ove il vantaggio dell'uno importa, necessariamente, lo svantaggio degli altri soggetti coinvolti nella procedura.
Connotazione, questa della procedura di affidamento, che induce ad optare per una valutazione di congruità dell'offerta che, benchè positiva, sia comunque corredata da adeguata motivazione.
1Per un commento alla pronuncia, si veda Cicchese R. Fondamento costituzionale di motivazione dell'atto amministrativo, Corriere Merito 2011, 1, 108; si veda anche Cassatella A. Il dovere di motivazione discorsiva degli atti amministrativi, Giornale Dir. Amm. 2011, 4, 401.
2Tra le varie motivazioni addotte dalla giurisprudenza maggioritaria, a sostegno della sufficienza del voto numerico a prescindere da una valutazione espressa, si richiamano sinteticamente le seguenti: 1) il voto sostanzierebbe, di per sè, un giudizio tecnico-discrezionale e, quindi, conterrebbe implicitamente una motivazione non bisognevole di ulteriori chiarimenti e, in tal modo, risponderebbe anche ad un principio di economicità dell'azione amministrativa; 2) l'obbligo di motivazione riguarderebbe la sola attività provvedimentale, non anche quella del giudizio e delle valutazioni; 3) a sostegno della tesi negativa, poi, si porrebbe anche la necessità di consentire una celere definizione delle procedure concorsuali. In ogni caso, a sostegno della tesi in parola militerebbe anche la circostanza per cui il giudizio non sarebbe arbitrario, ma risulterebbe delimitato dai criteri valutativi predeterminati dalla Commissione giudicante.
3De Nictolis R. Manuale dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, 607, EPC Editore 2010.
4Manzi A. Le novità in materia di offerte anomale, in Urbanistica e appalti, 2010, 3, 270
5Manzi A. Le novità in materia di offerte anomale, in Urbanistica e appalti, 2010, 3, 270
6Per un commento, si veda Gentile M. Offerte anomale e potere istruttorio dell'Amministrazione in Urbanistica e appalti 2006, 12, 1442
7Gentile M. Offerte anomale e potere istruttorio dell'Amministrazione in Urbanistica e appalti 2006, 12, 1442.
8Cons. Stato, sez. V, 10 febbraio 2009, n. 748.
Consiglio di Stato, sez. V, 8 ottobre 2011, n. 5498.
Presidente Baccarini, estensore Durante
Contratti pubblici – valutazione dell'anomalia dell'offerta – giudizio positivo – necessità di una puntuale motivazione – onere di analitica disamina della plausibilità degli elementi costitutivi dell'offerta.
Invero, nel nostro ordinamento la motivazione del provvedimento conserva la sua centralità in quanto rappresenta l’iter seguito dall’amministrazione nel pervenire all’adozione del provvedimento, nonché in relazione al sindacato giurisdizionale del provvedimento.
A tale principio non si sottrae nemmeno il giudizio espresso dall’amministrazione in esito alla valutazione dell’anomalia dell’offerta.
Se è vero che tale motivazione deve essere estremamente puntuale, ove la verifica dell’anomalia sia stata negativa, un uguale onere di motivazione ricorre anche nell’ipotesi di esito positivo della verifica, per gli effetti che tale valutazione determina sulle aspettative di aggiudicazione delle altre concorrenti.
Ne consegue la necessità che anche il giudizio sulla verifica dell’anomalia di esito positivo debba essere puntualmente motivato ed indicare le ragioni per le quali si ritiene congrua l’offerta risultata anomala.
E’, invero, illegittimo l’operato dell’amministrazione che in sede di verifica della congruità delle offerte, ritiene valide le giustificazioni che si limitano ad una generica e apodittica affermazione in ordine a presunti e totalmente indimostrati vantaggi, essendo suo onere esaminare analiticamente le giustificazioni fornite dai concorrenti, accertandone la plausibilità con riferimento ai singoli elementi costitutivi dell’offerta.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 594 del 2009, proposto da:
Palmar s.p.a., rappresentata e difesa dagli avvocati Innocenzo Militerni, Massimo Militerni e Ernesto Stajano, con domicilio eletto presso Ernesto Stajano in Roma, via di Villa Albani,12;
contro
National Cleanness s.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati Giovanni Magnano Di San Lio, Gaetano Tafuri e Luigi Tafuri, con domicilio eletto presso Giovanni Magnano Di San Lio in Roma, Via dei Gracchi, 187;
nei confronti di
Provincia di Varese;
ISS Facility Services s.r.l., Gruppo Goria s.p.a., Pulix Coop. società cooperativa a r.l., Pulitalia s.r.l., Consorzio G.I.S.A., SC.DE.CO. Soc. Coop.;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - MILANO: SEZIONE I n. 05953/2008, resa tra le parti, concernente APPALTO SERVIZI DI PULIZIE LOCALI UFFICI DELLA PROVINCIA DI VARESE
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di National Cleanness s.r.l.,
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 giugno 2011 il Consigliere Doris Durante;
Nessun difensore comparso per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- La Provincia di Varese, con bando di gara del 18 febbraio 2008, indiceva un pubblico incanto per l’affidamento del servizio di pulizia ordinaria e straordinaria degli uffici provinciali e dipendenze, per una superficie complessiva di mq. 14.103.
Il valore stimato dell’appalto era di euro 875.000,00 i.v.a. esclusa, la durata dal 1°giugno 2008 al 31 maggio 2011, il criterio di aggiudicazione, quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
La gara, alla quale partecipavano nove concorrenti, veniva aggiudicata alla Palmar s.p.a. che aveva conseguito il massimo punteggio sia per l’offerta tecnica che per quella economica con il ribasso dell’8,18%.
Le giustificazioni dell’offerta economica, anormalmente bassa, venivano ritenute congrue dalla stazione appaltante.
2.- La National Cleanness s.r.l., collocatasi al settimo posto, impugnava davanti al TAR Lombardia la determinazione n. 2349 del 27 maggio 2008 di aggiudicazione definitiva ed i verbali di gara, censurando l’esito della verifica di anomalia condotta dalla commissione di gara di cui lamentava, con unico motivo, il difetto assoluto di motivazione in uno con l’incongruità delle offerte delle concorrenti che la precedevano.
3.- Il TAR Lombardia, con sentenza n. 5953 del 19 dicembre 2008, respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla Palmar s.p.a., accoglieva il ricorso e annullava l’aggiudicazione, in uno con i verbali di gara a far data dalla seduta del 12 maggio 2008, di esame delle giustificazioni sulla composizione del prezzo, con necessità della rinnovazione della gara, a partire dalla verifica di anomalia, attraverso un’accurata e motivata disamina delle giustificazioni e dei chiarimenti richiesti alle prime sette concorrenti, a cominciare dagli utili dichiarati, per verificare in concreto la serietà e l’effettiva sostenibilità nell’esecuzione del contratto, delle offerte economiche presentate.
4.- La Palmar s.p.a., con l’appello in esame, ha impugnato la suddetta sentenza, chiedendone la riforma.
In via preliminare, essa appellante ripropone l’eccezione di inammissibilità del ricorso per mancata notifica alla concorrente collocatasi al nono posto della graduatoria.
Nel merito deduce l’illegittimità della sentenza impugnata per motivazione illogica ed eccedente il sindacato di legittimità e per infondatezza nella parte in cui ha ritenuto sussistente la violazione delle norme del procedimento di valutazione dell’anomalia delle offerte ed incongrua l’offerta Palmar.
5.- Si è costituita in giudizio National Cleanness s.r.l. che ha contestato le censure, chiedendo il rigetto dell’appello.
6.- Alla pubblica udienza del 21 giugno 2011, il giudizio è stato assunto in decisione.
7.- L’appello è infondato e va rigettato.
8.- E’ priva di pregio l’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo per omessa notifica alla concorrente collocata al nono posto della graduatoria.
Come rilevato dal TAR, che ha respinto l’eccezione sollevata in quel giudizio dalla Palmar, la verifica dell’anomalia dell’offerta, unico motivo del ricorso introduttivo, non ha riguardato la nona classificata (La Nitida Vesuviana), in quanto la sua offerta non superava (e neppure raggiungeva) la soglia di anomalia e non era stata, pertanto, assoggettata a verifica.
D’altra parte questa concorrente, per la collocazione in graduatoria non avrebbe alcuna possibilità di aggiudicarsi l’appalto, aggiudicazione cui è finalizzata nella sostanza il ricorso della National Cleanness, collocata in posizione poziore rispetto alla La Nitida Vesuviana.
9.- Sono ugualmente infondate le censure di merito.
9.1- Con il primo motivo, l’appellante assume l’erroneità della sentenza del TAR con riguardo alla questione del grado di motivazione richiesto nel caso in cui la verifica di anomalia si concluda positivamente.
Secondo l’appellante la motivazione sarebbe richiesta solo nell’ipotesi in cui a seguito della verifica dell’anomalia, l’offerta venga ritenuta inaffidabile e non nel caso in cui l’offerta sia ritenuta congrua.
La questione è stata puntualmente esaminata dal TAR che ha evidenziato come nel caso di specie, al di là delle questioni di principio sulla necessità di motivazione per il caso di verifica positiva dell’anomalia e della sufficienza della motivazione per relationem, il vizio formale della carenza di motivazione ridonda in vizio sostanziale che inficia il giudizio di anomalia.
La decisione del TAR merita di essere condivisa.
Invero, nel nostro ordinamento la motivazione del provvedimento conserva la sua centralità in quanto rappresenta l’iter seguito dall’amministrazione nel pervenire all’adozione del provvedimento, nonché in relazione al sindacato giurisdizionale del provvedimento.
A tale principio non si sottrae nemmeno il giudizio espresso dall’amministrazione in esito alla valutazione dell’anomalia dell’offerta.
Se è vero che tale motivazione deve essere estremamente puntuale, ove la verifica dell’anomalia sia stata negativa, un uguale onere di motivazione ricorre anche nell’ipotesi di esito positivo della verifica, per gli effetti che tale valutazione determina sulle aspettative di aggiudicazione delle altre concorrenti.
Ne consegue la necessità che anche il giudizio sulla verifica dell’anomalia di esito positivo debba essere puntualmente motivato ed indicare le ragioni per le quali si ritiene congrua l’offerta risultata anomala.
Orbene, nel caso in esame, la commissione di gara ha ritenuto congrue le giustificazioni fornite dalle prime sette concorrenti, richiamando in motivazione le stesse giustificazioni.
Sennonché le giustificazioni delle suddette imprese non sono idonee a provare la congruità degli elementi costitutivi di ciascuna offerta.
Come rilevato dal TAR, ove si consideri l’elemento “utile di impresa”, la Palmar avrebbe dichiarato quale utile che si prefiggeva di ricavare dall’appalto l’importo di euro 764,68 pari allo 0,1% del prezzo ribassato. Ugualmente le altre concorrenti sottoposte a verifica avrebbero indicato utili irrisori o non l’hanno proprio indicato, sì da far fortemente dubitare della serietà e dell’affidabilità di tali offerte (la mancanza di un sia pure modesto margine di guadagno non è di certo sintomo di offerta economicamente vantaggiosa, essendo notorio che l’assenza o l’irrisorietà dell’utile si risolve in una negligente esecuzione).
Malgrado, dunque, le concorrenti, avessero offerto tali minime percentuali di utile, non risulta che abbiano fornito giustificazioni approfondite e circostanziate circa la sostenibilità e serietà della loro offerta.
Ugualmente in materia di costo del lavoro - questione sulla quale il TAR aveva sorvolato in quanto sarebbe stato necessario approfondirla con istruttoria – a detta dell’appellante, la Palmar avrebbe giustificato i costi di lavoro offerti, inferiori al costo della manodopera periodicamente rilevato a livello ministeriale, asserendo l’esistenza di particolari condizioni vantaggiose in termini di resa lavorativa, c.d. virtuosismo aziendale (minore tasso di malattie e assenteismo, ecc.), nonché minori oneri contributivi, senza tuttavia fornire alcun supporto documentale.
La stessa prassi avevano seguito le altre concorrenti.
E’ chiaro a tal punto che le giustificazioni non contenevano elementi seri e concreti idonei a provare la composizione dell’offerta.
La inidoneità delle giustificazioni a dimostrare la congruità dell’offerta si riflette inevitabilmente sul giudizio di verifica positiva dell’anomalia che si limita a richiamare le giustificazioni.
In conclusione, nel caso in esame, è avvenuto che l’amministrazione ha motivato l’esito positivo della verifica dell’anomalia con lo strumento della motivazione per relationem, laddove le giustificazioni prodotte dalle concorrenti non erano puntuali nell’indicare gli elementi che componevano l’offerta e consentivano un ribasso considerevole.
Vero che la stazione appaltante ha chiesto chiarimenti alle concorrenti, ma di questo procedimento che pur ha avuto luogo non vi è traccia nel giudizio di verifica.
E’, invero, illegittimo l’operato dell’amministrazione che in sede di verifica della congruità delle offerte, ritiene valide le giustificazioni che si limitano ad una generica e apodittica affermazione in ordine a presunti e totalmente indimostrati vantaggi, essendo suo onere esaminare analiticamente le giustificazioni fornite dai concorrenti, accertandone la plausibilità con riferimento ai singoli elementi costitutivi dell’offerta.
Da ciò il difetto di motivazione riscontrato dal TAR, che non può che essere condiviso.
9.2- Assume la Palmar s.p.a. che la valutazione del giudice di primo grado, nella parte in cui si è soffermato sulla congruità dell’utile di impresa dichiarato da ciascuna delle concorrenti nelle giustificazioni, impingerebbe nel merito dell’azione amministrativa.
La censura è infondata, atteso che il riferimento all’utile di impresa ha valenza di elemento esemplificativo dell’incongruità delle giustificazioni fornite dalle imprese che pur avendo indicato un utile assolutamente irrisorio, non hanno ritenuto di specificare la sostenibilità e serietà della loro offerta.
9.3- Assume la Palmar che in materia di costo del lavoro, le tariffe ministeriali non sono vincolanti.
Anche questa censura è infondata, sia perché il giudice di primo grado non si è espresso sulla congruità del costo del lavoro, sia perché è onere dell’offerente fornire le specifiche indicazioni in ordine agli elementi costitutivi dell’offerta ed indicare documentalmente le ragioni che consentono la riduzione dei costi del lavoro.
Allo stato, in mancanza di motivazione, non è dato sapere se le giustificazioni e i chiarimenti forniti dalle concorrenti soggette a verifica dell’anomalia siano stati idonei a dimostrare la congruità del costo del lavoro offerto.
La verifica spetta all’amministrazione che è tenuta ad esaminare analiticamente le giustificazioni fornite dal concorrente, accertandone la plausibilità con riferimento ai singoli elementi costitutivi dell’offerta.
Ne consegue, come ha affermato il TAR con la sentenza appellata, la necessità della rinnovazione della gara a partire dalla verifica dell’anomalia delle offerte.
10.- Per quanto sin qui esposto, l’appello va respinto.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza nell’importo indicato in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna Palmar s.p.a. al pagamento delle spese di giudizio in favore di National Cleanness s.r.l. che si liquidano in euro 3.000,00 oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 giugno 2011 con l'intervento dei magistrati:
Stefano Baccarini, Presidente
Francesco Caringella, Consigliere
Carlo Saltelli, Consigliere
Eugenio Mele, Consigliere
Doris Durante, Consigliere, Estensore