TAR Lazio, Roma, Sez. II ter, 13 maggio 2025, n. 9169
Non vi può essere alcun dubbio che un’Amministrazione [...] possa (se non debba) rivalutare la propria determinazione alla luce delle nuove indicazioni.
Ragionando diversamente, invero, Agenzia delle Entrate – pur non avendo ancora sottoscritto alcun contratto – si troverebbe paradossalmente vincolata, rispetto ad altre PP.AA., a spendere milioni di euro per una determinazione ormai priva di un’effettiva utilità concreta.
Il Collegio ritiene, pertanto, che l’Agenzia delle Entrate abbia correttamente e compiutamente motivato la scelta di ritirare il Bando di gara, adeguandosi alle sopravvenienze rilevanti illustrate nel provvedimento ed operando, pertanto, nel rispetto delle previsioni dell’art. 21 quinquies della legge 241/1990.
Il criterio [della classificazione in classi d’uso] può ragionevolmente essere utilizzato anche per le verifiche cui Agenzia delle Entrate è tenuta nella sua qualità di datore di lavoro (d’altro canto è innegabile, ed è invero pacifico, che il fine ultimo di tutte le verifiche sia quello di salvare le vite umane in caso di sisma).
Il perseguimento di detto interesse, infatti, assieme al rispetto dei complementari principi di efficienza ed economicità dell’attività amministrativa, impedisce all’Amministrazione di utilizzare ingenti risorse pubbliche là dove non risulti indispensabile e conforme alle esigenze acquisitive, concrete e attuali, dell’Agenzia.
Guida alla lettura
La sentenza n. 9169/2025 del TAR Lazio affronta un rilevante caso di revoca in autotutela di una procedura di gara pubblica intervenuta dopo l’aggiudicazione ma prima della stipula del contratto. Il provvedimento dell’amministrazione è motivato dalla sopravvenienza di un parere tecnico del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, che ridefinisce i criteri di obbligatorietà delle verifiche sismiche sugli immobili pubblici. Il Tribunale riconosce la legittimità dell’azione amministrativa, valorizzando il principio di economicità e l’attualità dell’interesse pubblico quale fondamento dell’autotutela, secondo una lettura sistematica dell’art. 21quinquies della legge n. 241/1990.
Il caso è paradigmatico del conflitto tra due valori-chiave dell’azione amministrativa: da un lato, l’interesse pubblico attuale e concreto, rivalutato in presenza di fatti sopravvenuti; dall’altro, l’interesse del privato alla stabilità del risultato procedimentale e alla protezione dell’affidamento legittimamente ingenerato dall’aggiudicazione.
La decisione si inserisce in un orientamento giurisprudenziale teso a garantire all’Amministrazione un margine di flessibilità per correggere, aggiornare o abbandonare scelte non ancora consolidate, quando mutamenti rilevanti del quadro normativo o tecnico rendano non più attuale l’interesse pubblico originario. In tale prospettiva, la revoca è intesa non come eccezione, ma come strumento fisiologico di buon andamento amministrativo, purché esercitata nei limiti e con le garanzie previste dall’art. 21quinquies della legge n. 241/1990.
La controversia nasce dalla decisione dell’Agenzia delle Entrate di revocare in autotutela il bando di gara del 2022 per l’affidamento di servizi di verifica della vulnerabilità sismica e diagnosi energetica di una pluralità di immobili in uso all’Amministrazione. La procedura, già aggiudicata nel 2023, non aveva ancora condotto alla stipula dei contratti con gli operatori economici vincitori.
La revoca, formalizzata con provvedimento del 13 agosto 2024, è motivata dalla sopravvenienza del parere tecnico reso il 27 settembre 2023 dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici (CSLLPP), il quale, nell’interpretare l’ordinanza PCM n. 3274/2003, ha ridefinito i criteri per la classificazione degli immobili ai fini dell’obbligatorietà delle verifiche sismiche. In base a tale parere, gli immobili oggetto della gara sarebbero tutti riconducibili alla classe d’uso II, per la quale tali verifiche non risultano più obbligatorie.
L’Amministrazione, dunque, ha ritenuto non più indispensabile procedere all’affidamento, in quanto i servizi richiesti risultavano non necessari e la spesa – pari a oltre sei milioni di euro – sproporzionata rispetto all’utilità attuale dell’intervento.
Il TAR Lazio affronta la questione sotto il profilo dell’art. 21quinquies L. 241/1990, norma che consente la revoca di atti amministrativi ad efficacia durevole quando sopravvengano motivi di pubblico interesse. La sentenza chiarisce che tali motivi possono derivare anche da pareri tecnici autorevoli, pur se non vincolanti né normativi in senso stretto.
Il Collegio sottolinea che il parere del CSLLPP:
- costituisce una sopravvenienza rilevante, idonea a incidere sull’interesse pubblico sottostante alla gara;
- ha natura di fonte tecnico-consultiva qualificata, proveniente dal massimo organo tecnico dello Stato;
- è stato formulato in risposta a un quesito ministeriale per chiarire l’ambito di applicazione della normativa vigente in materia di sicurezza sismica degli edifici pubblici.
In virtù di tali elementi, la sentenza qualifica il parere come idoneo a giustificare la rivalutazione della decisione amministrativa, in coerenza con i criteri elaborati dalla giurisprudenza sul concetto di “sopravvenienza” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, sent. 607/2018; Cons. Stato, Sez. III, sent. n. 6076/2022).
Uno dei principali argomenti delle ricorrenti riguarda la violazione dell’affidamento derivante dall’aggiudicazione della gara. Esse lamentano che, a distanza di quasi un anno, la revoca abbia frustrato legittime aspettative, compromettendo investimenti organizzativi e strategici già compiuti.
Il TAR, tuttavia, ridimensiona tale profilo, affermando che:
- l’assenza di stipula del contratto esclude la formazione di un vincolo negoziale giuridicamente rilevante;
- non si è in presenza di un affidamento qualificato, tale da impedire la revoca per motivi sopravvenuti e legittimi;
- la posizione del privato resta tutelabile, eventualmente, in termini di responsabilità precontrattuale, che però non ricorre nel caso di specie.
La sentenza richiama implicitamente il principio secondo cui l’aggiudicazione definitiva, in assenza di stipula, non determina effetti irreversibili, e, dunque, può essere superata da una motivata revoca per fatti sopravvenuti, come ribadito anche dal Consiglio di Stato (Sez. V, 15 febbraio 2017, n. 681).
Altro profilo centrale della pronuncia è l’uso legittimo del principio di economicità per sostenere la revoca. Il Collegio riconosce che, sebbene la gara fosse formalmente corretta, l’evoluzione del contesto tecnico e normativo ha reso sproporzionato l’impegno economico previsto.
In particolare, viene affermato che: «Il perseguimento di detto interesse, infatti, assieme al rispetto dei complementari principi di efficienza ed economicità dell’attività amministrativa, impedisce all’Amministrazione di utilizzare ingenti risorse pubbliche là dove non risulti indispensabile e conforme alle esigenze acquisitive, concrete e attuali».
Questa affermazione contiene una massima giurisprudenziale implicita di rilievo: l’Amministrazione ha non solo il potere, ma anche il dovere, di riesaminare le proprie determinazioni alla luce di una nuova valutazione dell’interesse pubblico che consideri l’effettiva utilità e sostenibilità economica delle scelte compiute.
La sentenza in commento rappresenta un esempio di amministrazione adattiva, capace di rettificare le proprie decisioni al mutare del contesto tecnico e normativo, anche nella delicata materia dei contratti pubblici.
Essa:
- rafforza l’autonomia tecnica della P.A., legittimandone le scelte quando fondate su fonti consultive autorevoli;
- conferma l’effettività del principio di economicità, elevandolo a parametro concreto di valutazione dell’interesse pubblico;
- ribadisce i limiti della tutela dell’affidamento, che non può essere assolutizzato in assenza di una posizione consolidata.
Tuttavia, resta aperta la questione della compensazione degli interessi legittimi frustrati, specie nei casi in cui il privato abbia sostenuto costi rilevanti confidando nella stabilità dell’aggiudicazione. In tale ottica, la tutela risarcitoria, pur non dovuta nel caso specifico, dovrebbe essere oggetto di attenzione sistematica, anche in prospettiva di riequilibrio.
Pubblicato il 13/05/2025
N. 09169/2025 REG.PROV.COLL.
N. 10368/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10368 del 2024, proposto da Staiges Ingegneria S.r.l., T.L.A. Associati, Studio Kr e Associati S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG N.D. , rappresentati e difesi dagli avvocati Francesco Migliarotti, Ludovico Bruno Abiosi, Paolo Giuseppe Luigi Ferrara, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
Sidoti Engineering S.r.l., non costituito in giudizio;
per l'annullamento, previa adozione di misure cautelari collegiali ex art, 55 c.p.a.:
a) del provvedimento prot. n. 10737 del 13.8.2024 con cui l’Agenzia delle Entrate, un anno dopo l’aggiudicazione, ha revocato in autotutela il bando di gara del 1° dicembre 2022 (gara ASP n. 332294);
b) della comunicazione prot. 9981 del 18.7.2024 di avvio del procedimento di autotutela;
c) di ogni altro presupposto, con prudenziale riserva di motivi aggiunti.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Agenzia delle Entrate;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 gennaio 2025 la dott.ssa Francesca Mariani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Le società ricorrenti hanno impugnato il provvedimento del 13.08.2024, indicato in epigrafe, con cui Agenzia delle Entrate ha revocato in autotutela il Bando del 1.12.2022 relativo alla procedura aperta per l’affidamento del servizio di verifica della vulnerabilità sismica e diagnosi energetica per una pluralità di immobili in uso all’Agenzia stessa, suddivisa in 16 lotti geografici.
Tali Lotti, all’esito delle operazioni, nel settembre 2023, sono stati aggiudicati anche alle odierne ricorrenti (in particolare, a TLA Associati RTP i Lotti n. 4, 10 e 13, a Staiges Ingegneria il Lotto n. 6, a Studio Kr Associati i Lotti n. 2, 3 e 11; inoltre a Sidoti Engineering S.r.l., qui evocata come controinteressata, non costituita, il Lotto n. 8 e a B.F. Progetti i Lotti n. 7, 9, 12, 14, 15, 16 e 5).
Tuttavia, nel corso del contenzioso sulle aggiudicazioni proposto dalla odierna ricorrente Staiges Ingegneria dinanzi a questo Tribunale (ricorsi n. 14901 e 14902/2023), Agenzia delle Entrate ha ritirato le aggiudicazioni (contestate) in favore di BF Progetti e i giudizi sono dunque stati definiti con sentenze declaratorie della cessazione della materia del contendere (sentenze n. 14402 e 14403 del 15.07.2024).
Successivamente, l’Amministrazione (“anziché procedere alla sottoscrizione dei contratti per i lotti aggiudicati ed allo scorrimento della graduatoria per i lotti non aggiudicati”, così nell’odierno ricorso) ha avviato il procedimento di revoca in autotutela del Bando, cui le ricorrenti hanno partecipato, che si è concluso con il provvedimento qui impugnato.
2. In estrema sintesi, Agenzia delle Entrate, muovendo dall’Ordinanza 3274/2003 della Presidenza del Consiglio dei Ministri che impone agli Enti proprietari verifiche sugli immobili ai fini di un eventuale collasso, ha ritenuto di applicare, allo scopo, la metodologia indicata, nelle more dello svolgimento della gara, dall’Assemblea Generale del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici nell’adunanza del 27.09.2023 (““massimo organo tecnico consultivo dello Stato” a norma dell’articolo 47 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36”), poiché “l’intervento del Consiglio Superiore, assimilabile a tutti gli effetti ad una situazione di fatto sopravvenuta non presente al momento dell’avvio della procedura, impone di rivalutare l’originario interesse pubblico, al fine di adeguarlo a quello concreto e attuale”.
Di conseguenza, considerato che dalla valutazione condotta secondo la ‘nuova’ metodologia indicata dal CSLLPP (che opera una classificazione tra immobili ad affollamento normale e immobili ad affollamento significativo, che è rilevante ai fini della obbligatorietà o meno della verifica di vulnerabilità sismica degli uffici pubblici o aperti al pubblico) tutti gli immobili oggetto della gara risultano assimilabili nella classe d’uso II – per la quale non è obbligatoria la acquisizione degli studi e delle analisi di vulnerabilità sismica – l’Agenzia ha ritenuto che “La non obbligatorietà dei servizi oggetto della presente procedura, pertanto, non giustifica, nell’ottica del preminente interesse pubblico ad una solerte ed accorta spendita del denaro pubblico, un impegno di spesa tanto gravoso quanto quello preventivato con la presente procedura. Il perseguimento di detto interesse, infatti, assieme al rispetto dei complementari principi di efficienza ed economicità dell’attività amministrativa, impedisce all’Amministrazione di utilizzare ingenti risorse pubbliche là dove non risulti indispensabile e conforme alle esigenze acquisitive, concrete e attuali, dell’Agenzia. Non indispensabili, per le ragioni anzidette ed alla luce dell’autorevole determinazione del Consiglio Superiore, paiono proprio i servizi di vulnerabilità sismica in discorso. Né assume carattere dirimente, ai fini delle determinazioni assunte col presente provvedimento, la circostanza che gli accessori servizi di valutazione di impatto energetico, pur essi oggetto dell’appalto, possono ritenersi ancora in parte utili. La componente marginale di tali servizi, peraltro acquisibili anche con altri strumenti, dal punto di vista economico e, tra l’altro, limitata a pochi immobili, non basta – da sola – a giustificare una determinazione di segno contrario, in un contesto che rende, per tutte le ragioni esposte, non più indispensabile l’erogazione della prestazione principale.”.
3. Avverso tale provvedimento le ricorrenti hanno lamentato:
- VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 97 DELLA COSTITUZIONE. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 3 DELLA L. 241/1990. DIFETTO DI MOTIVAZIONE. ECCESSO DI POTERE. ABNORMITÀ. CONTRADDITTORIETÀ, in quanto l’Amministrazione avrebbe indetto la gara – come si rileverebbe dalla lettera del relativo Disciplinare – per adempiere agli obblighi imperativi del datore di lavoro in materia di tutela della salute dei dipendenti e di sicurezza dei luoghi di lavoro; pertanto, la nuova metodologia indicata dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici non sarebbe dirimente; in questo senso non rileverebbe neanche l’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274/2003, richiamata nel provvedimento, che impone ai proprietari degli immobili di effettuare verifiche tecniche per un eventuale collasso, in quanto Agenzia avrebbe indetto la gara quale datore di lavoro (non essendo peraltro proprietaria di gran parte degli immobili). L’interesse sarebbe dunque stato rivalutato alla luce di parametri (economici) inconferenti e la decisione di revoca sarebbe irragionevole e immotivata, tenuto conto degli interessi in gioco. L’azione sarebbe anche contraddittoria, perché la P.A. avrebbe comunque dichiarato di voler procedere ad un nuovo affidamento del servizio.
- II. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 97 DELLA COSTITUZIONE. ECCESSO DI POTERE PER IRRAGIONEVOLEZZA E MANIFESTA ILLOGICITÀ. ABNORMITÀ. CONTRADDITTORIETÀ. In subordine, le ricorrenti hanno dedotto che, in ogni caso, il criterio dell’indice di affollamento utilizzato dall’Agenzia porterebbe a conseguenze assurde, evidenziando come la normativa di riferimento utilizzerebbe anche ulteriori parametri per determinare l’obbligatorietà o meno delle verifiche sulla vulnerabilità sismica (si legge nel ricorso che “Tradotto in altri termini, l’affollamento è solo indiziario, ma non esaustivo, poiché occorre acquisire ulteriori elementi qualitativi, come ad esempio quelli relativi ai materiali utilizzati per la costruzione dell’edificio, la zona in cui lo stesso si colloca, nonché il rischio sismico che connota quella determinata area territoriale”).
Inoltre, il parere espresso dal Consiglio Superiore dei lavori pubblici integrerebbe, testualmente, una mera proposta; di talché, sarebbe ancor più evidente la illegittimità della scelta di porla a fondamento dell’azione amministrativa di revoca, la quale peraltro non darebbe evidenza dell’istruttoria compiuta per l’applicazione del criterio.
- III. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 97, DELLA COSTITUZIONE. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 21 QUINQUIES DELLA L. 241/1990. Infine, per quanto detto il parere del Consiglio Superiore dei lavori pubblici non potrebbe integrare un fatto sopravvenuto, a rilevanza esterna, idoneo a fondare l’intervento di secondo grado qui contestato.
Le ricorrenti hanno contestualmente formulato istanza di accesso agli atti ex art. 116 c.p.a., in particolare insistendo per l’ostensione integrale della nota prot. n. 270628 del 20.6.2024 che l’Agenzia delle Entrate, nell’ambito del procedimento di accesso, ha osteso solo parzialmente.
4. Agenzia delle Entrate si è costituita in resistenza, depositando gli atti del procedimento.
5. Con ordinanza n. 4739 del 22.10.2024 è stata respinta l’istanza cautelare “Considerato che – tenuto conto della natura del provvedimento impugnato, dell’oggetto della gara e della documentazione agli atti – non sussistono i requisiti per la concessione di misure cautelari”.
6. In esito alla camera di consiglio del 19.11.2024, con ordinanza n. 20883/2024 è stata respinta l’istanza ex art. 116 c.p.a..
7. In vista della discussione nel merito del ricorso, le ricorrenti hanno insistito nelle domande e, alla pubblica udienza del 14.01.2025, la causa è stata trattenuta in decisione.
8. Il ricorso è infondato e deve essere respinto, ritenendo il Collegio che la valutazione amministrativa di ritirare il Bando sia scevra dai vizi denunciati.
9. Non convince, invero, l’intero impianto delle contestazioni, che si basa, in sostanza, sulla considerazione per cui Agenzia delle Entrate avrebbe indetto la gara sulle verifiche antisismiche in adempimento di obblighi che su di essa gravano quale datore di lavoro, con la conseguenza che la stessa non avrebbe dovuto attribuire alcun rilievo, ai fini dell’interesse pubblico sotteso all’affidamento delle attività oggetto di gara, al parere fornito dal CSLLPP in relazione agli obblighi di verifica gravanti sugli Enti proprietari di immobili, ai sensi della citata Ordinanza della PCM.
In realtà, infatti, è pacifico tra le parti che Agenzia abbia indetto la gara anche perché datore di lavoro tenuto alla tutela della salute e della sicurezza dei propri dipendenti e di tutti gli utilizzatori dei propri uffici; si legge invero nel Disciplinare che la gara è bandita “allo scopo di approfondire il livello di conoscenza delle caratteristiche architettoniche, strutturali e impiantistiche di beni immobiliari in uso, nonché il loro stato di conservazione”, per la “acquisizione di tutti gli elementi tecnico-amministrativi necessari alla gestione e programmazione di interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, con particolare riferimento alle prestazioni strutturali ed energetiche degli stessi, attraverso indagini di vulnerabilità sismica, audit energetico, e rilievo delle componenti costitutive degli immobili”; ma, altresì, che “Tra l’altro, per l’esercizio delle funzioni istituzionali nonché per la tutela della salute e della sicurezza dei propri dipendenti e di tutti gli utilizzatori dei propri uffici, l’Agenzia è tenuta ad assicurare “stabilità e solidità” ai luoghi di lavoro così come definiti dal D.lgs. 81/2008 e s.m.i., nell’osservanza, tra l’altro, delle disposizioni di cui al punto 1.1 - allegato IV al citato Decreto. Ne consegue che una delle caratteristiche da valutare presso gli immobili in uso sia il rischio strutturale e dinamico in caso di sisma.”.
Quanto sopra, tuttavia, non significa che l’Amministrazione non debba tenere conto dell’Ordinanza 3274/2003 della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei connessi pareri in materia; infatti, il “punto” non è che l’obbligo di verifica non scaturisce dall’Ordinanza, bensì che tale Ordinanza è rilevante anche per la materia delle verifiche sismiche, di interesse dell’Agenzia nella fattispecie.
Invero, l’Ordinanza (recante “Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica”) può costituire un riferimento classificatorio delle zone e degli immobili per le PP.A.A., come l’Agenzia, che utilizzando edifici dislocati su tutto il territorio della Repubblica sono tenute ad effettuare molteplici verifiche.
Essa, infatti, nello specifico, ha introdotto i criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale ed una significativa evoluzione delle norme tecniche per le costruzioni in zona sismica, da cui sono derivati, da un lato la riclassificazione sismica del territorio nazionale e, dall’altro, le recenti norme tecniche (NTC 2005, NTC 2008, NTC 2018), le quali, per quanto qui interessa, suddividono le costruzioni in quattro classi, definite classi d’uso (CU), in riferimento “alle conseguenze di una interruzione di operatività o di un eventuale collasso” (in particolare, sempre per quanto di rilievo in questa sede, appartengono alla Classe II “le costruzioni il cui uso preveda normali affollamenti, senza contenuti pericolosi per l’ambiente e senza funzioni pubbliche e sociali essenziali”, mentre alla Classe III appartengono, invece, “le costruzioni il cui uso preveda affollamenti significativi”).
Ne consegue che è del tutto ragionevole che l’Agenzia delle Entrate abbia rivalutato l’interesse a compiere le verifiche sismiche a seguito del parere espresso dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubbliche.
Infatti, nel momento in cui il massimo Organo tecnico consultivo dello Stato (CSLLPP), nel rispondere ad un apposito quesito proposto dal Ministero dell’economia e delle Finanze al fine di ottenere “una maggiore specificazione dei parametri” contenuti nella declaratoria delle classi d’uso, circoscrivendo la questione alle “costruzioni destinate - in regime proprietario ovvero di locazione passiva - ad ospitare uffici pubblici, eventualmente anche aperti al pubblico”, si è deciso a dettare una nuova metodologia per l’applicazione della Ordinanza della PCM, non vi può essere alcun dubbio che un’Amministrazione che si è recentemente determinata a spendere oltre sei milioni di euro per effettuare una serie di verifiche che, in base a tale nuova metodologia, non sono più strettamente necessarie, possa (se non debba) rivalutare la propria determinazione alla luce delle nuove indicazioni.
Ragionando diversamente, invero, Agenzia delle Entrate – pur non avendo ancora sottoscritto alcun contratto – si troverebbe paradossalmente vincolata, rispetto ad altre PP.AA., a spendere milioni di euro per una determinazione ormai priva di un’effettiva utilità concreta, assunta nel vigore di una disciplina della materia evidentemente “grigia”, al punto che lo stesso Ministero delle Finanze ha ritenuto di dover porre un apposito quesito tecnico (nei termini risultanti in atti, ove sono evidenziati “margini di incertezza interpretativa connessa all’attuale formulazione dei parametri di riferimento da utilizzare per la corretta individuazione delle classi d’uso delle costruzioni ai fini della prevenzione del rischio sismico”) e lo stesso Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici ha ritenuto di dover dettare delle linee di intervento nell’attesa della parola del Legislatore.
Né può obliterarsi, come sembrano fare le ricorrenti, che l’ordinamento è unico e non può ammettere, nella fattispecie, letture formali e/o atomistiche: se ai fini dell’OPCM gli immobili che rientrano nella Classe d’uso II non devono essere sottoposti a verifiche, il criterio può ragionevolmente essere utilizzato anche per le verifiche cui Agenzia delle Entrate è tenuta nella sua qualità di datore di lavoro (d’altro canto è innegabile, ed è invero pacifico, che il fine ultimo di tutte le verifiche sia quello di salvare le vite umane in caso di sisma).
Il Collegio ritiene, pertanto, che l’Agenzia delle Entrate abbia correttamente e compiutamente motivato la scelta di ritirare il Bando di gara, adeguandosi alle sopravvenienze rilevanti illustrate nel provvedimento ed operando, pertanto, nel rispetto delle previsioni dell’art. 21 quinquies della legge 241/1990.
Infine, non persuadono neppure le censure sulla pretesa contraddittorietà dell’azione amministrativa, posto che la P.A., nel provvedimento, si è limitata ad affermare che avrebbe proceduto ad affidare i servizi secondari.
10. In conclusione, per quanto detto il ricorso è infondato e deve essere respinto.
11. Le spese di lite, liquidate come nel dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna le ricorrenti al pagamento, in favore della resistente Agenzia delle entrate, alle spese di lite, che liquida in euro 4.000,00 (quattromila,00) oltre oneri come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 gennaio 2025 con l'intervento dei magistrati:
Donatella Scala, Presidente
Achille Sinatra, Consigliere
Francesca Mariani, Primo Referendario, Estensore