Corte Giust. UE., sez. I, 21 marzo 2019, in causa C-702/17
Il diritto dell’Unione in materia di concessioni di servizio pubblico, letto alla luce del principio della certezza del diritto, deve essere interpretato nel senso che non osta a una normativa nazionale, come quella discussa nel procedimento principale, che modifica le norme di riferimento per il calcolo del rimborso al quale i titolari di concessioni di distribuzione di gas naturale rilasciate in assenza di una procedura di gara hanno diritto a seguito della cessazione anticipata di tali concessioni ai fini di una loro nuova assegnazione mediante gara.
SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
21 marzo 2019
«Rinvio pregiudiziale – Mercato interno del gas naturale – Concessioni di servizio pubblico di
distribuzione – Cessazione anticipata delle concessioni al termine di un periodo transitorio – Rimborso
dovuto dal nuovo concessionario all’ex concessionario – Principio della certezza del diritto»
Nella causa C‑702/17,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo
267 TFUE, dal Consiglio di Stato (Italia), con sentenza del 15 giugno 2017, pervenuta in cancelleria il 14 dicembre 2017, nel procedimento
Unareti SpA
contro
Ministero dello Sviluppo Economico,
Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per gli Affari Regionali,
Autorità Garante per l’Energia Elettrica il Gas e il Sistema Idrico – Sede di Milano,
Presidenza del Consiglio dei Ministri – Conferenza Stato Regioni ed Unificata,
Ministero per gli affari regionali – Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie,
Conferenza Unificata Stato Regioni e Enti Locali,
nei confronti di:
Lucia Sanfilippo,
LA CORTE (Prima Sezione),
composta da J.‑C. Bonichot (relatore), presidente di sezione, C. Toader, A. Rosas, L. Bay Larsen e
M. Safjan, giudici,
avvocato generale: N. Wahl
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
– per l’Unareti SpA, da G. Caia, A. Clarizia, M. Midiri e S. Colombari, avvocati;
– per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da F. Sclafani, avvocato
dello Stato;
– per la Commissione europea, da O. Beynet, G. Gattinara e P. Ondrůšek, in qualità di agenti,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza
conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione del diritto dell’Unione in materia di concessioni di servizio pubblico e del principio della certezza del diritto.
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che contrappone l’Unareti SpA al
Ministero dello Sviluppo Economico (Italia), alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per gli Affari Regionali (Italia), all’Autorità Garante per l’Energia Elettrica il Gas e il Sistema Idrico – Sede di Milano (Italia), alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Conferenza Stato Regioni ed Unificata (Italia), al Ministero per gli Affari regionali – Dipartimento per gli Affari regionali e le Autonomie (Italia) e alla Conferenza Unificata Stato Regioni e Enti Locali (Italia), controversia riguardante un ricorso diretto all’annullamento, da un lato, del decreto ministeriale del 22 maggio 2014, n. 74951 – Approvazione del documento «Linee Guida su criteri e modalità applicative per la valutazione del valore del rimborso degli impianti di distribuzione del gas naturale» (GURI n. 129, del 6 giugno 2014), e, dall’altro, del decreto interministeriale del 20 maggio 2015, n. 106 – Regolamento recante modifica al decreto del 12 novembre 2011, n. 226, concernente i criteri di gara per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale (GURI n. 161, del 14 luglio 2015).
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
3 L’articolo 24 della direttiva 2009/73/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale e che abroga la direttiva 2003/55/CE
(GU 2009, L 211, pag. 94), prevede quanto segue:
«Gli Stati membri designano o impongono alle imprese che possiedono o sono responsabili dei sistemi di distribuzione di designare, per un periodo di tempo da determinarsi da parte degli Stati membri tenuto conto di considerazioni di efficienza ed equilibrio economico, uno o più gestori del sistema di distribuzione, (...)».
Diritto italiano
4 L’articolo 14 del decreto legislativo del 23 maggio 2000, n. 164 – Attuazione della direttiva n. 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell’articolo 41 della legge 17 maggio 1999, n. 144 (GURI n. 142, del 20 giugno 2000), prevede che l’attività di distribuzione di gas naturale sia, in linea di principio, attività di servizio pubblico affidata dai comuni a concessionari scelti esclusivamente mediante gara per periodi non superiori a dodici anni.
5 Per quanto riguarda le concessioni di distribuzione di gas naturale in essere che non sono state affidate con procedura ad evidenza pubblica, l’articolo 15, comma 5, del suddetto decreto legislativo precisa quanto segue: «Per l’attività di distribuzione del gas, gli affidamenti e le concessioni in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché quelli alle società derivate dalla trasformazione delle attuali gestioni, proseguono fino alla scadenza stabilita, se compresa entro i termini previsti dal comma 7 per il periodo transitorio. Gli affidamenti e le concessioni in essere per i quali non è previsto un termine di scadenza o è previsto un termine che supera il periodo transitorio, proseguono fino al completamento del periodo transitorio stesso. In quest’ultimo caso, ai titolari degli affidamenti e delle concessioni in essere è riconosciuto un rimborso, a carico del nuovo gestore (...), calcolato nel rispetto di quanto stabilito nelle convenzioni o nei contratti e, per quanto non desumibile dalla volontà delle parti, con i criteri di cui alle lettere a) e b) dell’articolo 24 del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 2578 [–Approvazione del testo unico della legge sull’assunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei comuni e delle province (GURI n. 52, del 4 marzo 1926)]. Resta sempre esclusa la valutazione del mancato profitto derivante dalla conclusione anticipata del rapporto di gestione».
6 L’articolo 24 del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 2578, dispone che, nell’ambito della disciplina
relativa al riscatto da parte dei comuni di servizi dati in concessione, occorre tenere in considerazioni i seguenti criteri: «a) valore industriale dell’impianto e del relativo materiale mobile ed immobile, tenuto conto del tempo trascorso dall’effettivo cominciamento dell’esercizio e dagli eventuali ripristini avvenuti nell’impianto o nel materiale ed inoltre considerate le clausole che nel contratto di concessione siano contenute circa la proprietà di detto materiale, allo spirare della concessione medesima; b) anticipazioni o sussidi dati dai comuni, nonché importo delle tasse proporzionali di registro anticipate dai concessionari e premi eventualmente pagati ai comuni concedenti, sempre tenuto conto degli elementi indicati nella lettera precedente».
7 L’articolo 5, commi 2 e 3, del decreto del Ministro dello Sviluppo economico e del Ministro per i
Rapporti con le regioni e la Coesione territoriale del 12 novembre 2011, n. 226 – Regolamento per i
criteri di gara e per la valutazione dell’offerta per l’affidamento del servizio della distribuzione del gas naturale, in attuazione dell’articolo 46-bis del decreto legge 1° ottobre 2007 n. 159, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222 (supplemento ordinario alla GURI n. 22, del 27 gennaio 2012), nella sua versione originaria, prevede quanto segue: «2. Il valore di rimborso ai titolari degli affidamenti e concessioni cessanti, per i quali non è previsto un termine di scadenza o è previsto un termine di scadenza naturale che supera la data di cessazione del servizio prevista nel bando di gara del nuovo affidamento, viene calcolato in base a quanto stabilito nelle convenzioni o nei contratti, conformemente a quanto previsto nell’articolo 15, comma 5, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n.164, e sue modificazioni, in particolare per i casi di cessazione anticipata del contratto rispetto alla scadenza naturale. 3. Nel caso in cui la metodologia di calcolo del valore di rimborso ai titolari di cui al comma 2 non sia desumibile dai documenti contrattuali, incluso il caso in cui sia genericamente indicato che il valore di rimborso debba essere a prezzi di mercato, si applicano i criteri di cui alle lettere a) e b) dell’articolo 24, comma 4, del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 2578, con le modalità specificate nei commi da 5 a 13, limitatamente alla porzione di impianto di proprietà del gestore, che, alla scadenza naturale dell’affidamento, non sia prevista essere trasferita in devoluzione gratuita all’Ente locale concedente».
8 L’articolo 4, comma 6, del decreto-legge del 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge del 9 agosto 2013, n. 98 – Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia (supplemento ordinario alla GURI n. 144, del 21 giugno 2013), dispone che, al fine di facilitare lo svolgimento delle gare per l’affidamento del servizio di distribuzione di gas e di ridurre i costi per gli enti locali e per le imprese, «il Ministero dello sviluppo economico può emanare linee guida su criteri e modalità operative per la valutazione del valore di rimborso degli impianti di distribuzione del gas naturale, in conformità con l’articolo 5 del decreto del Ministro dello sviluppo economico 12 novembre 2011, n. 226».
9 Le «linee guida su criteri e modalità operative per la valutazione del valore di rimborso degli impianti di distribuzione del gas naturale» menzionate dal decreto‑legge del 21 giugno 2013, n. 69, sono state approvate mediante il decreto ministeriale del 22 maggio 2014, n. 74951.
10 L’articolo 1, comma 16, del decreto-legge del 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge del 21 febbraio 2014, n. 9 – Interventi urgenti di avvio del piano «destinazione Italia» per il contenimento delle tariffe elettriche e del gas, per l’internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle imprese, nonché misure per la realizzazione di opere pubbliche ed EXPO 2015 (GURI n. 300, del 23 dicembre 2013), ha modificato l’articolo 15, comma 5, del decreto legislativo del 23 maggio 2000, n. 164, sostituendo, per la disciplina degli aspetti non regolati dalle convenzioni o dai contratti interessati, il riferimento ai criteri di cui alle lettere a) e b) dell’articolo 24 del regio decreto del 15 ottobre 1925, n. 2578, con il riferimento «alle linee guida su criteri e modalità operative per la valutazione del valore di rimborso di cui all’articolo 4, comma 6, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69».
11 Il decreto-legge del 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge dell’11 agosto 2014, n. 116 – Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l’efficientamento energetico dell’edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonché per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea (GURI n. 144, del 24 giugno 2014), ha apportato una ulteriore modifica all’articolo 15, comma 5, del decreto legislativo del 23 maggio 2000, n. 164, stabilendo che il rimborso è calcolato nel rispetto di quanto disposto nelle convenzioni e nei contratti, «purché stipulati prima della data di entrata in vigore» del decreto del 12 novembre 2011, n. 226.
12 L’articolo 5, comma 2, del decreto del 12 novembre 2011, n. 226, come modificato dal decreto interministeriale del 20 maggio 2015, n. 106, prevede che il criterio di determinazione convenzionale operi «purché i documenti contrattuali siano stati stipulati prima dell’11 febbraio 2012 e contengano tutti gli elementi metodologici, quali le voci di prezzario applicabili alle diverse tipologie di cespiti da applicare allo stato di consistenza aggiornato e il trattamento del degrado fisico, incluse le durate utili per le diverse tipologie di cespiti, per il calcolo e per la verifica del valore di rimborso anche da parte dell’Autorità». Tale articolo aggiunge, al suo paragrafo 3, che, nel caso in cui la metodologia di calcolo del valore di rimborso «non sia desumibile da documenti contrattuali stipulati prima dell’11 febbraio 2012, inclusi i casi in cui sia genericamente indicato che il valore di rimborso debba essere calcolato in base al regio decreto 15 ottobre 1925 n. 2578, senza precisare la metodologia, o debba essere valutato a prezzi di mercato», si applicano le modalità specificate nei commi da 5 a 13 dell’articolo 5 del decreto del 12 novembre 2011, n. 226, «limitatamente alla porzione di impianto di proprietà del gestore che, alla scadenza naturale dell’affidamento, non sia prevista essere trasferita in devoluzione gratuita all’Ente locale concedente, con le modalità operative specificate nelle linee guida su criteri e modalità operative per la valutazione del valore di rimborso».
Procedimento principale e questione pregiudiziale
13 Risulta dalla sentenza di rinvio che l’Unareti garantisce il servizio pubblico di distribuzione di gas naturale in 213 comuni italiani, situati per la maggior parte in Lombardia, con una rete di circa 7 650 chilometri (km) e per un volume di distribuzione annua pari a circa 2 miliardi di metri cubi di gas.
14 Essa ha chiesto al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Italia) di annullare le «linee guida su criteri e modalità applicative per la valutazione del valore di rimborso degli impianti di distribuzione del gas naturale» approvate mediante il decreto ministeriale del 22 maggio 2014, n. 74951.
15 Essa ha successivamente integrato il proprio ricorso con domande dirette all’annullamento del decreto interministeriale del 20 maggio 2015, n. 106.
16 L’Unareti ha sostenuto, in particolare, che i decreti impugnati sono contrari al principio di certezza del diritto, in quanto essa potrebbe ritrovarsi retroattivamente privata della possibilità di far riferimento, per il calcolo del rimborso cui ha diritto in qualità di ex concessionario, alle clausole contrattuali o al regio decreto del 15 ottobre 1925, n. 2578, ed essere costretta a riferirsi alle «linee guida su criteri e modalità applicative per la valutazione del valore di rimborso degli impianti di distribuzione del gas naturale», approvate dal decreto ministeriale del 22 maggio 2014, n. 74951, il che sarebbe per lei svantaggioso.
17 Con sentenza del 14 ottobre 2016, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha respinto il ricorso.
18 L’Unareti ha impugnato tale sentenza dinanzi al Consiglio di Stato (Italia).
19 Detto giudice precisa di essere chiamato a conciliare l’apertura alla concorrenza del mercato di cui trattasi con la tutela dei rapporti contrattuali già in essere. A tal fine, esso ritiene necessario che la Corte interpreti le «norme europee rilevanti» e il principio della certezza del diritto, in particolare alla luce delle sentenze del 17 luglio 2008, ASM Brescia (C‑347/06, EU:C:2008:416, punto 71), e del 12 dicembre 2013, Test Claimants in the Franked Investment Income Group Litigation (C‑362/12, EU:C:2013:834, punto 44), al fine di stabilire se essi ostino alle modifiche introdotte dai decreti impugnati.
20 In tale contesto, il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale: «[S]e tali principi e norme ost[i]no ad una normativa nazionale (...) che prevede una applicazione retroattiva dei criteri di determinazione dell’entità dei rimborsi spettanti agli ex concessionari con incidenza su pregressi rapporti negoziali ovvero se tale applicazione sia giustificata, anche alla luce del principio di proporzionalità, dall’esigenza di tutelare altri interessi pubblici, di rilevanza europea, afferenti all’esigenza di consentire una migliore tutela dell’assetto concorrenziale del mercato di riferimento unitamente alla maggiore protezione degli utenti del servizio che potrebbero subire, indirettamente, gli effetti di un’eventuale maggiorazione delle somme spettanti agli ex concessionari».
Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale
21 Occorre, anzitutto, respingere l’argomento con cui il governo italiano sostiene che la domanda di pronuncia pregiudiziale è irricevibile in quanto non soddisfa i requisiti di cui all’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte.
22 Ai sensi di detto articolo, oltre al testo delle questioni sottoposte alla Corte in via pregiudiziale, una domanda di pronuncia pregiudiziale deve contenere, in primo luogo, un’illustrazione sommaria dell’oggetto della controversia nonché dei fatti rilevanti, quali accertati dal giudice del rinvio o, quanto meno, un’illustrazione delle circostanze di fatto sulle quali si basano le questioni, in secondo luogo, il contenuto delle norme nazionali applicabili alla fattispecie e, se del caso, la giurisprudenza nazionale in materia e, in terzo luogo, l’illustrazione dei motivi che hanno indotto il giudice del rinvio a interrogarsi sull’interpretazione o sulla validità di determinate disposizioni del diritto dell’Unione, nonché il collegamento che esso stabilisce tra dette disposizioni e la normativa nazionale applicabile al procedimento principale [sentenza del 26 maggio 2016, NN (L) International, C‑48/15, EU:C:2016:356, punto 22].
23 Orbene, dai termini della sentenza di rinvio emerge che quest’ultima rispetta detti requisiti, in quanto fornisce una sufficiente illustrazione dei fatti di cui al procedimento principale, descritti ai punti da 13 a 15 della presente sentenza, porta a conoscenza della Corte il quadro normativo nazionale rilevante, richiamato ai punti da 4 a 12 della presente sentenza, e consente alla Corte di comprendere i motivi, menzionati ai punti 16 e 19 della presente sentenza, che hanno indotto il giudice del rinvio a interrogarsi sull’interpretazione del diritto dell’Unione in materia di concessioni di servizio pubblico e del principio della certezza del diritto nell’ambito del procedimento principale.
24 Ne consegue che la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile.
Sulla questione pregiudiziale
25 Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il diritto dell’Unione in materia diconcessioni di servizio pubblico, letto alla luce del principio della certezza del diritto, debba essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella discussa nel procedimento principale, che modifica le norme di riferimento per il calcolo del rimborso al quale i titolari di concessioni di distribuzione di gas naturale rilasciate in assenza di una procedura di gara hanno diritto a seguito della cessazione anticipata di tali concessioni ai fini di una loro nuova assegnazione mediante gara.
26 Occorre ricordare che, in materia di concessioni di servizio pubblico, il diritto derivato dell’Unione applicabile nel procedimento principale, vale a dire l’articolo 24 della direttiva 2009/73, si limita a prevedere che gli Stati membri designino uno o più gestori dei sistemi di distribuzione per un periodo di tempo da determinarsi ad opera degli stessi Stati tenuto conto di considerazioni di efficienza ed equilibrio economico.
27 La Corte ha peraltro giudicato che, anche se una concessione di servizio pubblico non rientra nell’ambito di applicazione delle direttive relative alle diverse categorie di appalti pubblici (v., in particolare, sentenza del 21 luglio 2005, Coname, C‑231/03, EU:C:2005:487, punto 16), dal diritto primario dell’Unione risulta che le autorità pubbliche, qualora intendano assegnare tale tipo di concessione, sono tenute a rispettare le regole fondamentali del Trattato FUE, in generale, e il principio di non discriminazione sulla base della nazionalità, in particolare (v., in tal senso, segnatamente, sentenza del 7 dicembre 2000, Telaustria e Telefonadress, C‑324/98, EU:C:2000:669, punto 60).
28 Segnatamente, qualora siffatta concessione presenti un interesse transfrontaliero certo, la sua assegnazione in totale assenza di trasparenza ad un’impresa con sede nello Stato membro dell’amministrazione aggiudicatrice costituisce una disparità di trattamento a danno di imprese con sede in un altro Stato membro che potrebbero essere interessate alla suddetta concessione (v., in tal senso, sentenza del 17 luglio 2008, ASM Brescia, C‑347/06, EU:C:2008:416, punto 59 e giurisprudenza ivi citata).
29 Salvo non sia giustificata da circostanze obiettive, una tale disparità di trattamento, che, escludendo tutte le imprese aventi sede in uno Stato membro diverso da quello dell’amministrazione aggiudicatrice, opera principalmente a danno di queste ultime, costituisce una discriminazione indiretta in base alla nazionalità, vietata ai sensi degli articoli 49 e 56 TFUE (v., in tal senso, sentenza del 17 luglio 2008, ASM Brescia, C‑347/06, EU:C:2008:416, punto 60).
30 Ciò premesso, occorre rilevare che le regole menzionate ai punti da 26 a 29 della presente sentenza riguardano gli obblighi imposti all’amministrazione aggiudicatrice in sede di assegnazione di una concessione di servizio pubblico di distribuzione di gas naturale, in particolare nel caso in cui tale concessione presenti un interesse transfrontaliero certo.
31 Tuttavia, non è questo lo scopo né l’effetto dei decreti impugnati nel procedimento principale, che riguardano solo le norme di riferimento per il calcolo del rimborso previsto dal diritto nazionale – vale a dire l’articolo 15, comma 5, del decreto legislativo del 23 maggio 2000, n. 164, nella versione applicabile alla controversia principale – a favore del titolare di una concessione in essere rilasciata senza il preventivo svolgimento di una gara e risolta anticipatamente ai fini di una sua riassegnazione in esito a una procedura di gara ai sensi del solo diritto nazionale, vale a dire l’articolo 14 del medesimo decreto legislativo, dato che la direttiva 2009/73 non prevede che le concessioni di distribuzione di gas in essere siano ridiscusse.
32 Ne consegue che la ridiscussione delle concessioni in essere, le cui conseguenze sono in parte determinate dai decreti impugnati nel procedimento principale, non discende dal diritto dell’Unione in materia di concessioni di servizio pubblico di distribuzione di gas.
33 Inoltre, la modifica delle norme di riferimento introdotta da questi decreti, che mira a limitare, in determinate ipotesi, la possibilità per i beneficiari del rimborso di fare riferimento alle clausole del contratto di concessione o al regio decreto del 15 ottobre 1925, n. 2578, non può, di per sé, configurare una disparità di trattamento a danno di imprese che potrebbero essere interessate a un servizio come quello gestito dalla Unareti e con sede nel territorio di uno Stato membro diverso dall’Italia. Infatti, una tale modifica delle norme di riferimento è indistintamente applicabile alle imprese con sede in Italia e a quelle con sede in un altro Stato membro.
34 In tale contesto, si deve ricordare che, sebbene il principio della certezza del diritto si imponga, in forza del diritto dell’Unione, a qualsiasi autorità nazionale, lo fa solo nei limiti in cui quest’ultima sia chiamata ad applicare il diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 17 luglio 2008, ASM Brescia, C‑347/06, EU:C:2008:416, punto 65 e giurisprudenza ivi citata).
35 Ebbene, come esposto ai punti 32 e 33 della presente sentenza, le autorità italiane, nel porre anticipatamente fine alle concessioni in essere e nell’adottare i decreti impugnati nel procedimento principale, non hanno agito sulla base del loro obbligo di applicare il diritto dell’Unione.
36 Questa caratteristica rende il procedimento principale, sotto questo aspetto, differente da quelli, menzionati dal giudice del rinvio, che hanno dato luogo alle sentenze del 17 luglio 2008, ASM Brescia
(C‑347/06, EU:C:2008:416, punto 71), e del 12 dicembre 2013, Test Claimants in the Franked Investment Income Group Litigation (C‑362/12, EU:C:2013:834), in cui il principio della certezza del diritto ha trovato applicazione con riferimento all’esistenza di obblighi derivanti dal diritto
dell’Unione, in base ai quali le autorità nazionali competenti erano tenute, rispettivamente, a giustificare una disparità di trattamento che derogava alle regole richiamate ai punti da 27 a 29 della presente sentenza e a rimborsare imposte riscosse in violazione del diritto dell’Unione.
37 Di conseguenza, occorre rispondere alla questione sottoposta dichiarando che il diritto dell’Unione in materia di concessioni di servizio pubblico, letto alla luce del principio della certezza del diritto, deve essere interpretato nel senso che non osta a una normativa nazionale, come quella discussa nel procedimento principale, che modifica le norme di riferimento per il calcolo del rimborso al quale i titolari di concessioni di distribuzione di gas naturale rilasciate in assenza di una procedura di gara hanno diritto a seguito della cessazione anticipata di tali concessioni ai fini di una loro nuova assegnazione mediante gara.
Sulle spese
38 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:
Il diritto dell’Unione in materia di concessioni di servizio pubblico, letto alla luce del principio
della certezza del diritto, deve essere interpretato nel senso che non osta a una normativa
nazionale, come quella discussa nel procedimento principale, che modifica le norme di
riferimento per il calcolo del rimborso al quale i titolari di concessioni di distribuzione di gas
naturale rilasciate in assenza di una procedura di gara hanno diritto a seguito della cessazione
anticipata di tali concessioni ai fini di una loro nuova assegnazione mediante gara.
Bonichot Toader Rosas
Bay Larsen Safjan
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 21 marzo 2019.
Guida alla lettura
Con la sentenza in commento, la Corte di giustizia UE ha respinto la questione pregiudiziale che, nel 2017, era stata sollevata dal Consiglio di Stato in materia di calcolo dei rimborsi, spettanti per legge al gestore uscente del servizio di distribuzione del gas naturale, a seguito della cessazione anticipata delle concessioni imposta con il D.lgs. n. 164 del 2000.
Il punto controverso oggetto del decisum del Giudice rimettente riguardava proprio il calcolo dell’anzidetto rimborso, il quale passava per una congerie di norme che, di lì in poi, si sono turbinosamente succedute nel tempo.
Nel dettaglio la pronuncia di rimessione (Cons. Stato, sez. VI, 5 dicembre 2017, n. 5736) ha ricostruito l’evoluzione del quadro normativo di riferimento, individuandone le seguenti tappe: secondo l’originaria formulazione di legge (di cui all’art. 15, comma 5, del D.lgs. n. 164 del 2000), il rimborso avrebbe dovuto calcolarsi secondo due alternativi parametri, l’uno preordinato all’altro, e cioè anzitutto “nel rispetto di quanto stabilito nelle convenzioni o nei contratti” (questo il parametro principale, che trovava le proprie origini sin da quanto disposto, in materia, dal testo unico sulla finanza locale di cui al r.d. n. 1175 del 1931) “e, per quanto non desumibile dalla volontà delle parti, con i criteri di cui alle lettere a) e b) dell'art. 24 del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 2578”; successivamente, però, è stato adottato il D.m. 12 novembre 2011, n. 226 (“Regolamento per i criteri di gara e per la valutazione dell'offerta per l'affidamento del servizio della distribuzione del gas naturale, in attuazione dell'articolo 46-bis del decreto-legge 1°(gradi) ottobre 2007, n. 159, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222”), il cui art. 5, nel ribadire l’applicabilità dei criteri di cui al r.d. n. 2578 del 1925 (pur sempre come parametro subordinato rispetto a quello principale costituito dalla volontà delle parti) ha tuttavia specificato talune innovative “modalità” di calcolo (commi da 5 a 13) da applicarsi per stabilire il quantum delle due voci del 1925; ancora successivamente, l’art. 4, comma 6, del Decreto-legge n. 69 del 2013, convertito in legge n. 98 del 2013, ha demandato ad un nuovo Decreto ministeriale l’adozione di “linee guida” per definire “criteri e modalità operative per la valutazione del valore di rimborso”, precisando che avrebbero dovuto essere rispettate le modalità indicate dall’appena menzionato art. 5 del D.m. n. 226 del 2011; di lì a poco un altro Decreto-legge, il n. 145 del 2013, convertito in legge n. 9 del 2014, mediante una riscrittura parziale dell’art. 15, comma 5, del D.lgs. n. 164 del 2000, ha definitivamente soppresso il richiamo ai criteri di calcolo del 1925, stabilendo (art. 1, comma 16) che il valore di rimborso avrebbe dovuto essere calcolato unicamente tramite le emanande linee guida ministeriali, previste dal decreto-legge immediatamente precedente; sono quindi state adottate tali linee-guida (di cui al d.m. 22 maggio 2014), che costituiscono l’atto impugnato, principaliter, con il ricorso introduttivo della causa de qua; un ulteriore decreto-legge, il n. 91 del 2014, convertito in legge n. 116 del 2014, ha poi parzialmente sovvertito l’ordine dei parametri indicati dalla legge del 2000, stabilendo (art. 30-bis, comma 1) che il rimborso è calcolato nel rispetto di quanto disposto nelle convenzioni e nei contratti, “purché stipulati prima della data di entrata in vigore” del d.m. n. 226 del 2011, così facendo salve solo le pattuizioni risalenti ad epoca anteriore all’11 febbraio 2012; è quindi stato adottato un nuovo d.m., il n. 106 del 2015 (impugnato con motivi aggiunti nella controversia de qua), il quale ha – a propria volta – modificato l’art. 5 del d.m. n. 226 del 2011, ulteriormente cambiando i parametri di riferimento per gli operatori; in definitiva, le menzionate disposizioni di legge successive al 2000 (di cui ai decreti-legge n. 69 e n. 145 del 2013 ed al decreto-legge n. 91 del 2014), nonché i relativi atti di attuazione (d.m. 22 maggio 2014, recante le Linee Guida, e d.m. n. 106 del 2015, modificativo del primo) hanno inciso su entrambi i profili che il D. lgs. n. 164 del 2000 aveva individuato per il calcolo dei rimborsi; in particolare: con riferimento ai criteri convenzionali, si è stabilito che essi operano se sono stati stipulati prima dell'11 febbraio 2012 e abbiamo un determinato contenuto in relazione ad alcuni elementi metodologici con riferimento ai criteri suppletivi legali, si è sostituito il riferimento a quelli contenuti nel r.d. n. 2578 del 1925 con quelli previsti dalle linee guida.
Dopo aver dettagliatamente ricostruito la normativa di riferimento il Consiglio di Stato, con la sentenza (non definitiva) di rimessione della questione alla Corte di Lussemburgo, ha rilevato che nella materia che ci occupa si fronteggiano “due esigenze contrapposte da tutelare: da una parte, aprire il mercato alla concorrenza nella fase di scelta del gestore di distruzione del gas; dall’altra parte, tenere in considerazione i rapporti già sorti e l’affidamento che ne è conseguito in capo agli operatori economici del settore”; ed in questo contesto ha collocato la questione relativa all’entità dei rimborsi che devono essere corrisposti ai precedenti concessionari “il cui rapporto, protratto in via transitoria per la durata indicata nella normativa riportata, è stato risolto in via anticipata”.
È stata così sollevata alla Corte di giustizia la questione se “i principi e le norme europee rilevanti nella presente controversia [...] ostano ad una normativa nazionale, sopra riportata, che prevede una applicazione retroattiva dei criteri di determinazione dell’entità dei rimborsi spettanti agli ex concessionari con incidenza su pregressi rapporti negoziali ovvero se tale applicazione sia giustificata, anche alla luce del principio di proporzionalità, dall’esigenza di tutelare altri interessi pubblici, di rilevanza europea, afferenti all’esigenza di consentire una migliore tutela dell’assetto concorrenziale del mercato di riferimento unitamente alla maggiore protezione degli utenti del servizio che potrebbero subire, indirettamente, gli effetti di un eventuale maggiorazione delle somme spettanti agli ex concessionari”.
La risposta data dalla Corte di giustizia con la recente pronuncia innanzi indicata si articola secondo il seguente percorso argomentativo: la direttiva n. 2009/73/UE (“Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale e che abroga la direttiva 2003/55/CE”) si limita a prevedere che gli Stati membri designino, mediante gara pubblica, uno o più gestori, per un periodo di tempo da determinarsi ad opera degli stessi Stati, tenuto conto di considerazioni di efficienza ed equilibrio economico (così l’art. 24 della direttiva 2009/73/UE), ma non prevede che le concessioni di distribuzione di gas in essere siano ridiscusse: quest’ultimo aspetto è oggetto solo delle disposizioni normative italiane applicabili alla fattispecie (l’art. 15, comma 5, del d.lgs. n. 164 del 2000 e le successive novità normative, già riepilogate).
Al riguardo va rilevato che in linea generale, in tema di concessioni di servizio pubblico, valgono le seguenti regole: le concessioni di servizio pubblico, anche se non rientrano nell’ambito di applicazione delle direttive relative alle diverse categorie di appalti pubblici, devono essere assegnate previo rispetto dei principi fondamentali del TFUE, in generale, e del principio di non discriminazione sulla base della nazionalità, in particolare; laddove sia ravvisabile il c.d. interesse transfrontaliero certo, si determina una discriminazione indiretta in base alla nazionalità (vietata ai sensi degli articoli 49 e 56 TFUE) quando l’assegnazione di una concessione avvenga in totale assenza di trasparenza in favore di un’impresa con sede nello Stato membro dell’amministrazione aggiudicatrice; le regole generali appena menzionate, tuttavia, “riguardano gli obblighi imposti all’amministrazione aggiudicatrice in sede di assegnazione di una concessione di servizio pubblico di distribuzione di gas naturale, in particolare nel caso in cui tale concessione presenti un interesse transfrontaliero certo”; non è tuttavia questo il caso dei decreti impugnati nel procedimento principale in cui, come detto, “la ridiscussione delle concessioni in essere, le cui conseguenze sono in parte determinate dai decreti impugnati nel procedimento principale, non discende dal diritto dell’Unione in materia di concessioni di servizio pubblico di distribuzione di gas”.
Alla luce di quanto innanzi si afferma che la controversa modifica delle norme di riferimento, oggetto del procedimento principale, “non può, di per sé, configurare una disparità di trattamento a danno di imprese che potrebbero essere interessate a un servizio come quello gestito dalla Unareti e con sede nel territorio di uno Stato membro diverso dall’Italia. Infatti, una tale modifica delle norme di riferimento è indistintamente applicabile alle imprese con sede in Italia e a quelle con sede in un altro Stato membro”. È pur vero che il principio della certezza del diritto si impone, in forza del diritto dell’Unione, a qualsiasi autorità nazionale, ma ciò accade “solo nei limiti in cui quest’ultima sia chiamata ad applicare il diritto dell’Unione” mentre, per quanto già detto, le autorità amministrative italiane, nel caso di specie, non hanno agito sulla base del loro obbligo di applicare il diritto dell’Unione; risultano, pertanto, differenti i casi menzionati dal Consiglio di Stato nella decisione di rimessione: in tali casi, infatti, il principio della certezza del diritto trovava applicazione con riferimento all’esistenza di obblighi derivanti dal diritto dell’Unione, in base ai quali le autorità nazionali competenti erano tenute, rispettivamente, a giustificare una disparità di trattamento che derogava ai principi eurounitari più sopra ricordati.
La conclusione cui giunge la Corte è, pertanto, che “il diritto dell’Unione in materia di concessioni di servizio pubblico, letto alla luce del principio della certezza del diritto, deve essere interpretato nel senso che non osta a una normativa nazionale, come quella discussa nel procedimento principale, che modifica le norme di riferimento per il calcolo del rimborso al quale i titolari di concessioni di distribuzione di gas naturale rilasciate in assenza di una procedura di gara hanno diritto a seguito della cessazione anticipata di tali concessioni ai fini di una loro nuova assegnazione mediante gara”.