estratto da "C. Maior di diritto amministrativo" di F. Caringella , Dike Giuridica Editrice, ottobre 2018
pillole di dottrina
Tutte le procedure di gara (salvo le ipotesi eccezionali, quali, a titolo esemplificativo, la procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando), sono indette tramite apposito bando di gara (v. artt. 71 e 72 del Nuovo codice).
Tramite Il bando di gara, con il quale la P.A. rende nota la definitiva intenzione di aggiudicare un appalto pubblico. Il bando, infatti, costituisce la lex specialis della procedura, ovverosia l’insieme delle regole del singolo procedimento di selezione del contraente, mediante disposizioni vincolanti sia per i concorrenti che per la stazione appaltante. In questo senso, il bando costituisce un atto amministrativo con cui la P.A. individua le disposizioni a cui decide di autovincolarsi nell’ambito della singola procedura a cui lo stesso si riferisce.
Al fine di uniformare le procedure di gara e di rendere più dinamica, efficiente e snella l’attività della P.A., ai sensi dell’art. 71 del Nuovo codice, le amministrazioni aggiudicatrici hanno l’obbligo di conformarsi, nella stesura dei bandi di gara, ai cd. bandi tipo individuati e predisposti dall’ANAC. Solo per ipotesi eccezionali, soggette a stringente obbligo di motivazione in sede di adozione della delibera a contrarre, le stazioni appaltanti hanno la possibilità di derogarvi.
Ferma la funzione e la rilevanza del bando di gara, una ulteriore novità introdotta con il Nuovo codice è rappresentata dalla possibilità per le amministrazioni aggiudicatrici di svolgere, prima dell’avvio della procedura di gara stessa, delle consultazioni di mercato per la preparazione dell’appalto e per lo svolgimento della relativa procedura nonché per informare anticipatamente gli operatori economici sia rispetto alle gare “in programma” che ai requisiti che verranno richiesti (v. art. 66 del Nuovo codice).
Come visto, nelle procedure aperte, a seguito della pubblicazione del bando, qualsiasi operatore economico può presentare la propria offerta (art. 60 del Nuovo codice). Nelle procedure ristrette, il bando è invece seguito da un diverso atto di invito a presentare offerta nei confronti dei soggetti che abbiano già presentato domanda di partecipazione e che siano in possesso dei requisiti di partecipazione. Si tratta della c.d. lettera di invito (art. 61).
La giurisprudenza si è a lungo interrogata circa la possibilità dei concorrenti di impugnare direttamente il bando di gara (o, in genere, gli altri atti di lex specialis) senza aspettare gli atti dello stesso esecutivi (esclusione o aggiudicazione).
L’elaborazione giurisprudenziale intervenuta sulla questione ha posto un primo punto fermo con la sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV, 7 novembre 2012, n. 5671 la quale, confermando l’orientamento già espresso dalla storica pronuncia dell’Adunanza Plenaria n. 1/2003, ha chiarito che:
(i) i bandi, i disciplinari, i capitolati speciali di gara, e le relative lettere di invito vanno di regola impugnati unitamente agli atti che di essi fanno applicazione, in quanto solo in tale secondo momento diventa attuale e concreta la lesione della situazione soggettiva dell’interessato;
(ii) in via di eccezione, devono invece essere impugnati immediatamente i bandi che sono idonei a generare una lesione immediata e diretta della situazione soggettiva dell’interessato, qualora contengano clausole c.d. “escludenti” (correlate cioè all’illegittima richiesta del possesso di determinati requisiti di qualificazione la cui mancanza inibisce la partecipazione), nonché clausole che impediscano indistintamente a tutti i concorrenti una corretta e consapevole elaborazione della propria proposta economica.
Sul punto, la giurisprudenza amministrativa ha individuato nel corso del tempo le seguenti fattispecie suscettibili di impugnazione immediata:
(i) regole che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile;
(ii) disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara; ovvero prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell’offerta;
(iii) condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente;
(iv) imposizione di obblighi contra ius (es. cauzione definitiva pari all’intero importo dell’appalto;
(v) gravi carenze nell’indicazione di dati essenziali per la formulazione dell’offerta (come ad es. quelli relativi al numero, qualifiche, mansioni, livelli retributivi e anzianità del personale destinato ad essere assorbiti dall’aggiudicatario), ovvero sia presenti formule matematiche del tutto errate (come quelle per cui tutte le offerte conseguono comunque il punteggio di “0″ pt.);
(vi) atti di gara del tutto mancanti della prescritta indicazione nel bando di gara dei costi della sicurezza “non soggetti a ribasso”.
Secondo la giurisprudenza, dunque, sussiste l’onere d’immediata impugnazione del bando di gara pubblica per contestare clausole impeditive dell’ammissione dell’interessato alla gara, o anche solo impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura concorsuale, ovvero che rendano ingiustificatamente più difficoltosa, per i concorrenti, la partecipazione alla gara; in questi casi già la pubblicazione del bando genera una lesione della situazione giuridica per chi intenderebbe partecipare alla competizione, ma non può farlo a causa della barriera all’ingresso a quello specifico mercato provocata da clausole del bando per lui insuperabili perché immediatamente escludenti o che assume irragionevoli o sproporzionate per eccesso; il che comporta per lui un arresto procedimentale perché gli si rendono inconfigurabili successivi atti applicativi utili.
Del resto, come rilevato più volte dal Consiglio di Stato, a fronte di clausole illegittime ma prive di effetti restrittivi circa la partecipazione, “il concorrente non è ancora titolare di un interesse attuale all’impugnazione, poiché non sa ancora se l’astratta o potenziale illegittimità della predetta clausola si risolverà in un esito negativo della sua partecipazione alla procedura concorsuale, e quindi in una effettiva lesione della situazione soggettiva che solo da tale esito può derivare” (Cons. Stato, Sez. V, 12 novembre 2015, n. 5181).
Tali conclusioni hanno da ultimo ricevuto l’avallo dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, la quale, con decisione n. 4 del 26 aprile 2018, ha definitivamente confermato l’orientamento già espresso a partire dalla citatansentenza n. 1/2003, affermando che, tanto con riferimento al previgente sistema normativo di cui al D. Lgs. 163/2006 quanto nel nuovo quadro normativo di cui al vigente D. Lgs. n. 50/2016, l’onere di immediata impugnazione del bando riguarda soltanto le clausole cd. “escludenti”, dovendosi intendere per tali quelle clausole che con assoluta certezza precludano all’operatore l’utile partecipazione alla gara, mentre le clausole del bando di gara che non rivestono portata escludente (come ad esempio la clausola che determina il criterio di aggiudicazione) devono essere impugnate unitamente al provvedimento che rende attuale e concreta la lesione (aggiudicazione a favore di terzi).
A sostegno di ciò, la Corte adduce, quale dato normativo dirimente l’art. 120, comma 5, c.p.a., che fa espresso riferimento all’impugnazione dei bandi di gara solo in quanto “autonomamente lesivi”. Inoltre, l’immediata impugnazione di qualsiasi clausola del bando, anche allorchè priva di effetti escludenti, comporterebbe, a parere dell’Adunanza Plenaria, nocumento alla durata delle procedure di gara, aumentando il carico di contenzioso e invogliando i ricorrenti ad allungare i tempi processuali, non proponendo la domanda cautelare fino all’aggiudicazione della procedura.