Cons. Stato, Sez. III, 3 luglio 2015, n. 3329
Cons. Stato, Sez. III, 3 luglio 2015, n. 3329
Pres. Cirillo; Est. D’Alessio
I valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle ministeriali non costituiscono tuttavia un limite inderogabile, ma semplicemente un parametro di valutazione della congruità dell’offerta, con la conseguenza che l’eventuale scostamento da tali parametri delle relative voci di costo non legittima di per sé un giudizio di anomalia (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 2 aprile 2015 , n. 1743; Sez. V, 24 luglio 2014, n. 3937).
Un’offerta non può ritenersi anomala, ed essere esclusa da una gara, per il solo fatto che il costo del lavoro è stato calcolato secondo valori inferiori a quelli risultanti dalle tabelle ministeriali o dai contratti collettivi occorrendo, perché possa dubitarsi della sua congruità, che la discordanza sia considerevole e palesemente ingiustificata.
BREVI ANNOTAZIONI
OGGETTO DELLA SENTENZA
Il codice degli appalti prevede la facoltà, e non l’obbligo, per la pubblica amministrazione, di effettuare una verifica di congruità della offerta che non sia stata rilevata come troppo bassa. I parametri per stabilire la congruità dei costi di un’offerta sono stabiliti dalla legge con riferimento alle tabelle ministeriali ed alla contrattazione collettiva. La decisione del Consiglio di Stato chiarisce in quali termini siano o meno tassativi tali parametri ai fini di escludere le offerte i cui costi del lavoro non risultino in linea con quelli contenuti nelle tabelle ministeriali e nei contratti collettivi.
PERCORSO ARGOMENTATIVO
La pronuncia in rassegna inerisce alla cosiddetta normalità delle offerte non in linea con i criteri standardizzati previsti dal Codice degli appalti, interrogandosi sulla anomalia o meno di queste ultime per la sola ragione di essere state basate su criteri differenti o “atipici”. Per meglio comprendere le dinamiche della decisione si profila opportuna una breve disamina della normativa codicistica.
L’articolo 86 del Codice dei Contratti Pubblici fornisce i criteri utili ad individuare le offerte anormalmente basse, le cosiddette offerte anomale. Secondo il corpus normativo, quando il criterio di aggiudicazione è quello del prezzo più basso, le stazioni appaltanti sono tenute a valutare la congruità delle offerte che presentano un ribasso pari o superiore alla media aritmetica dei ribassi percentuali di tutte le offerte ammesse, con esclusione del dieci per cento, arrotondato all’unità superiore, rispettivamente delle offerte di maggior ribasso e di quelle di minor ribasso, incrementata dello scarto medio aritmetico dei ribassi percentuali che superano la predetta media. Quando invece il criterio di aggiudicazione è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, le stazioni valuteranno la congruità delle offerte in relazione alle quali sia i punti relativi al prezzo, sia la somma dei punti relativi agli altri elementi di valutazione, risultino entrambi pari o superiori ai quattro quinti dei corrispondenti punti massimi previsti dal bando di gara.
Il terzo comma bis della norma prevede che il costo del lavoro venga determinato periodicamente, in base ad apposite tabelle stabilite dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, riferite a valori economici previsti dalla contrattazione collettiva stipulata dai sindacati comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali. Il Consiglio di Stato si è interrogato proprio sul significato, tassativo o meno, di tale assunto. I giudici amministrativi hanno ritenuto, con tale decisione, che non è possibile ritenere anomala un’offerta, e di conseguenza escludere l’offerente dalla gara, per il solo fatto che il costo del lavoro è stato calcolato secondo valori inferiori a quelli risultanti dalle tabelle ministeriali o dai contratti collettivi.
Come inizialmente anticipato, la decisione in esame si è infatti soffermata sulla congruità di un’offerta nel caso in cui il costo del lavoro indicato abbia un valore considerevolmente e ingiustificatamente discordante dai valori convenzionalmente ritenuti “normali” dal legislatore.
In sintesi, la terza sezione del Supremo Consiglio chiarisce che un’offerta non può ritenersi anomala ed essere esclusa da una gara per il solo fatto che il costo del lavoro sia stato calcolato secondo valori inferiori a quelli risultanti dalle tabelle ministeriali o dai contratti collettivi. Nel caso di speciale, l’offerta in esame sottendeva un valore del costo del lavoro considerevolmente basso, ed in apparenza ingiustificatamente discordante dai normali valori stabiliti dalla legge.
Secondo il Codice degli Appalti, nel caso in cui venga riscontrata un’offerta ritenuta anomala ai sensi dei criteri esplicati al secondo comma dell’articolo 86, la stazione appaltante può richiedere all’offerente le giustificazioni relative alle voci di prezzo che concorrono a formare l’importo complessivo posto a base di gara, nonché, in caso di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, relative agli altri elementi di valutazione dell’offerta, procedendo ai sensi dell’articolo 88. La verifica, in caso di comprovata anomalia dell’offerta, condurrà inevitabilmente alla esclusione dell’impresa offerente dalla gara.
Proprio a tal proposito il Supremo Consiglio Amministrativo ha chiarito che, nel caso in rassegna, l’Amministrazione non ha ritenuto opportuno attivare il procedimento di verifica di anomalia dell’offerta poiché la stessa non rientrava in uno dei casi, disciplinati dall’art. 86, comma 2, del codice dei contratti, nei quali è prevista la verifica obbligatoria e l’Amministrazione ha ritenuto di non dover procedere nella verifica facoltativa prevista dall’art. 86, comma 3, del codice dei contratti pubblici.
Il Consiglio di Stato ha aggiunto, poi, che non si può ritenere illegittima la scelta dell’Amministrazione di non sottoporre l’offerta alla verifica dell’anomalia in relazione all’asserita difformità dalle tabelle ministeriali di riferimento posto che la valutazione sulla serietà e congruità dell’offerta ha per oggetto l’offerta nella sua interezza, e non può essere frammentata. La valutazione di congruità infatti, precisa il Consiglio, riguarda l’offerta nel suo complesso, in toto, non già i suoi singoli aspetti, ed ha pertanto tenuto in considerazione che la società in esame, risultata aggiudicataria, aveva dato una chiara esposizione, anche nel dettaglio, dei costi per il personale che avrebbe sopportato per dare esecuzione all’appalto.
I giudici amministrativi si sono in seguito soffermati sul rispetto dei minimi stabiliti dalle tabelle ministeriali, precisando che l’art. 86, comma 3 bis, del Codice degli Appalti prevede che «nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell’anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatari sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all’entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture[1]» e che, ai fini di tale disposizione, «il costo del lavoro è determinato periodicamente, in apposite tabelle, dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sulla base dei valori economici previsti dalla contrattazione collettiva stipulata dai sindacati comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali».
Dalla lettura della sentenza emerge chiaramente che i valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle ministeriali non costituiscono un limite inderogabile, ma semplicemente un parametro di valutazione della congruità dell’offerta, con la conseguenza che l’eventuale scostamento da tali parametri delle relative voci di costo non legittima di per sé un giudizio di anomalia[2].
Pertanto devono considerarsi anormalmente basse le offerte che si discostino in modo evidente dai costi medi del lavoro indicati nelle tabelle predisposte dal Ministero del lavoro in base ai valori previsti dalla contrattazione collettiva, in quanto i costi medi costituiscono non parametri inderogabili ma indici del giudizio di adeguatezza dell’offerta, con la conseguenza che è ammissibile l’offerta che da essi si discosti, purché lo scostamento non sia eccessivo e vengano salvaguardate le retribuzioni dei lavoratori, così come stabilito in sede di contrattazione collettiva.
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
La decisione del Consiglio di Stato non ha fatto che chiarire quali siano le condizioni di utilizzo della verifica di congruità prevista dal codice dei contratti quale ulteriore e facoltativo strumento di analisi. Si è detto finora che quando un’offerta non è rilevata come troppo bassa, la verifica di congruità prevista dal codice dei contratti come ulteriore strumento di analisi non è obbligatoria. Nel caso analizzato dal Consiglio di Stato, l’offerta dell’operatore economico oggetto del ricorso non rientrava in uno dei casi disciplinati dall’articolo 86, comma 2, del codice dei contratti, nei quali è prevista la verifica obbligatoria e l’amministrazione ha ritenuto di non dover procedere nella verifica facoltativa prevista dall’articolo 86, comma 3, del codice dei contratti pubblici.
Ad una prima lettura, gli articoli 86, 87 e 88, sembrano addirittura imporre alle stazioni appaltanti la verifica di congruità e serietà delle offerte che appaiano anormalmente basse, ovvero quelle offerte che, ad un primo esame, appaiano troppo basse rispetto all’entità delle prestazioni richieste dal bando e che, in quanto tali, suscitano il sospetto di scarsa serietà dell’offerente, di una possibile non corretta esecuzione della prestazione contrattuale oltre che il sospetto di mancata osservanza delle norme a tutela del costo del lavoro e degli oneri della sicurezza. Al fine, dunque, di evitare che la pubblica amministrazione stipuli un contratto con un soggetto poco “affidabile” è necessario valutare la congruità dell’offerta, ovvero se essa sia attendibile e trovi rispondenza nella realtà di mercato. Detta valutazione, nelle gare da aggiudicare col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, è legittimamente effettuata dal responsabile unico del procedimento, anziché dalla commissione giudicatrice, come chiarito dall’Adunanza Plenaria[3].
Il Codice dei contratti, avendo recepito le prescrizioni dell’art. 55 della direttiva 2004/18/CE, ha disposto che, prima di escludere un concorrente per aver presentato un’offerta anormalmente bassa, debba essere instaurato un procedimento che permetta all’offerente di chiarire il prezzo offerto presentando dei “giustificativi” riferiti alle singole voci dell’importo complessivo, dimostrandone così la congruità rispetto ai lavori, servizi e beni oggetto della procedura di evidenza pubblica.
La giurisprudenza si è copiosamente pronunciata in materia di offerte anomale, chiarendo un punto fondamentale in tema di verifica di congruità dell’offerta. Quest’ultima, a parere dei giudici amministrativi, necessaria ai fini di consentire maggiori garanzie agli offerenti, evitando loro un’esclusione immediata delle offerte che appaiano anormalmente basse, potrebbe tuttavia essere strumentalizzata per apportare modifiche non consentite all’offerta in violazione del principio di immodificabilità delle stesse. La giurisprudenza ha di recente precisato che gli offerenti non possono in sede di giustificativi porre in essere “aggiustamenti” postumi dell’offerta. “Infatti, il subprocedimento di giustificazione dell’offerta anomala non è volto a consentire aggiustamenti dell’offerta in itinere, ma mira piuttosto a verificare la serietà di un’offerta consapevole già formulata ed immutabile, con conseguente inammissibilità di quelle giustificazioni che, nel tentativo di far apparire seria un’offerta che invece non è stata adeguatamente meditata, risultano tardivamente finalizzate ad un’allocazione dei costi diversi rispetto a quella originariamente indicata. Né, per le stesse ragioni, deve ritenersi consentita l’immotivata rimodulazione di voci di costo al solo scopo di far “quadrare i conti”, al fine cioè di assicurare che il prezzo complessivo offerto resti immutato, superando le contestazioni della stazione appaltante su alcune voci di costo. Del resto, nel giudizio di congruità dell’offerta, esplicazione paradigmatica di valutazioni tecniche e perciò sindacabile solo in caso di illogicità manifesta o di erroneità fattuale, non si fa questione soltanto della generica capienza dell’offerta, ma anche della sua serietà e tale non può essere considerata quell’offerta in relazione alla quale si registri una trasmigrazione dei costi da una voce all’altra”[4].
D’altro canto, nell’ambito della verifica di anomalia delle offerte nelle gare d’appalto, sono state ritenute ammissibili giustificazioni sopravvenute e compensazioni tra sottostime e sovrastime, a condizione che al momento dell’aggiudicazione l’offerta risulti nel suo complesso affidabile e garantisca la seria esecuzione del contratto. Il Consiglio di Stato ha, infatti, precisato che nel procedimento di verifica di congruità dell’offerta non esistono preclusioni alla presentazione di giustificazioni ancorate al momento della scadenza del termine di presentazione delle offerte, e – ferma comunque restando l’immodificabilità dell’offerta, ai sensi del generale principio ex art. 11, comma 6, del D.L.vo 163 del 2006 - le stesse giustificazioni sono, esse sì, modificabili, essendo in tal senso ammissibili giustificazioni sopravvenute e compensazioni tra sottostime e sovrastime, purché l’offerta risulti nel suo complesso affidabile al momento dell’aggiudicazione, e a tale momento dia garanzia di una seria esecuzione del contratto[5].
La redazione dei cosiddetti “giustificativi” dell’offerta non costituisce dunque solo una attività compilativa. Al fine di evitare l’esclusione per anomalia dell’offerta i concorrenti debbono invece porre in essere una delicata operazione logica. Essi debbono evidenziare bensì analiticamente le varie voci delle quali l’offerta si compone, per poi dimostrarne la congruità attraverso una valutazione di insieme. Detti “giustificativi” non potranno comunque essere utilizzati per apportare modificazioni postume all’offerta presentata in gara.
Infine è necessario puntualizzare come la scelta della stazione appaltante di attivare il procedimento di verifica della congruità dell’offerta sia ampiamente discrezionale e possa essere sindacata, in conseguenza, davanti al giudice amministrativo solo in caso di macroscopica irragionevolezza o di decisivo errore di fatto. Già da tempo una giurisprudenza costante aveva rilevato come le valutazioni di congruità dell’offerta anomala vadano compiute in modo globale e sintetico, con riferimento alla serietà dell’offerta nella sua interezza e non già alle sue singole voci (cfr. sezione VI, Consiglio di Stato 2662/2015; sezione V 2274/2015, ). I giudici amministrativi, affrontando anche il tema del rispetto dei minimi salariali da parte dell’offerente, richiesto nelle gare con il prezzo più basso dal comma 3bis dell’articolo 82 del codice, ribadiscono oltretutto come i valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle ministeriali non costituiscano un limite inderogabile, ma semplicemente un parametro di valutazione. Ciò significa che l’eventuale scostamento di questi parametri dalle relative voci di costo non legittima di per sé un giudizio di anomalia. In sede di valutazione di congruità delle offerte non possono non essere considerati aspetti particolari che riguardano le imprese: la stazione appaltante deve tenere conto anche delle possibili economie che le imprese possono conseguire (anche con riferimento al costo del lavoro), nel rispetto delle disposizioni di legge e dei contratti collettivi. Pertanto, secondo il Consiglio di Stato un’offerta non può ritenersi anomala, ed essere esclusa da una gara, per il solo fatto che il costo del lavoro sia stato calcolato secondo valori inferiori a quelli risultanti dalle tabelle ministeriali o dai contratti collettivi: occorre, invece, una discordanza considerevole e palesemente ingiustificata[6].
[1] Cfr. parere ANAC, 8 marzo 2012 n. 27, PREC 234/11/S; art. 26, comma 6, del d.lgs. n. 81 del 9 aprile 2008 (recante norme in materia di tutela della salute e di sicurezza nei luoghi di lavoro), emanato in attuazione della delega prevista dall’art. 1, comma 1, della legge n. 123 del 2007.
[2] cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 2 aprile 2015, n. 1743; Sez. V, 24 luglio 2014, n. 3937
[3] “La verifica di anomalia di un’offerta, presentata per la partecipazione ad una gara d’appalto, può essere effettuata dal responsabile del procedimento”, Cons. Stato, Ad. Plenaria, 29 novembre 2012, n. 36.
[4] Consiglio di Stato, sez. V, 30 novembre 2012, n. 6117.
[5] Cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 4 maggio 2012 n. 2566
[6] BARBERIO A., “La verifica non è obbligatoria sull’offerta a rischio di anomalia”, in “Il sole24ore”.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10230 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
G.S.A. S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti ***, con domicilio eletto presso ***;
contro
Azienda Ospedaliera Nazionale “SS.A. e B. e C.A.”, non costituita in giudizio;
nei confronti di
E. S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. ***, con domicilio eletto presso ***;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per il Piemonte, Sezione I, n. 23 del 9 gennaio 2015, resa tra le parti, concernente l’affidamento del servizio triennale di vigilanza antincendio ed attività complementari presso la base dell’Elisoccorso del servizio 118 dell’Azienda Ospedaliera di A.
Visti il ricorso in appello, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di E. S.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visto il decreto cautelare di questa Sezione n. 5757 del 17 dicembre 2014;
Viste le ordinanze cautelari di questa Sezione n. 24 dell’8 gennaio 2015 e n. 591 del 5 febbraio 2015;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, del c.p.a.;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 giugno 2015 il consigliere Dante D’Alessio e uditi per le parti l’avvocato ***, su delega degli avvocati ***;
Visto il dispositivo di sentenza n. 2883 del 12 giugno 2015.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’Azienda Ospedaliera Nazionale “S.S.A. e B. e C.A.” di A., di seguito Azienda Ospedaliera, ha indetto una gara per l’affidamento triennale del servizio di vigilanza antincendio ed attività complementari presso la base dell’Elisoccorso del servizio 118, da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
All’esito della procedura, l’Azienda Ospedaliera, con determinazione dirigenziale n. 170 del 15 aprile 2014, ha aggiudicato la gara alla società E., che si è classificata al primo posto nella graduatoria di merito, con punti 92,381 (punti 22,381 per l’offerta tecnica e punti 70 per l’offerta economica), davanti alla società G.S.A., di seguito G.S.A., seconda classificata con punti 85,627 (punti 30 per l’offerta tecnica e punti 55,627 per l’offerta economica).
2. G.S.A., già gestore del servizio, ha impugnato tale determinazione, con gli atti presupposti, davanti al T.A.R. del Piemonte sostenendo, in particolare, che la società E. doveva essere esclusa dalla gara per aver formulato l’offerta prevedendo l’applicazione, per il personale impiegato nel servizio, di un CCNL diverso da quello (multiservizi) che era richiesto dal capitolato speciale di gara. G.S.A. ha poi sostenuto che comunque l’offerta di G.S.A. non poteva ritenersi congrua né attendibile.
3. Il T.A.R. per il Piemonte, con ordinanza n 252 del 27 giugno 2014, ha respinto la domanda cautelare ritenendo, ad un primo sommario esame, che il ricorso non era assistito dal prescritto fumus boni iuris, essendo stato applicato (dalla società E.) il contratto per il settore “Sorveglianza antincendio” ANISA, che poteva ritenersi equipollente a quello indicato dalla lex specialis di gara.
3.1. Questa Sezione, con ordinanza n. 3452 del 31 luglio 2014, ha accolto l’appello cautelare, evidenziando la necessità di approfondire nel merito, davanti al T.A.R., la questione riguardante la possibile applicazione al personale impiegato nel servizio di un contratto collettivo diverso da quello previsto nel capitolato di gara.
4. Il T.A.R. per il Piemonte, con sentenza della Sezione I, n. 23 del 9 gennaio 2015, ha respinto il ricorso proposto da G.S.A..
4.1. Con riferimento alla prima (e centrale) questione sollevata, il T.A.R. ha ritenuto che poteva ritenersi possibile l’applicazione al personale impiegato nel servizio anche di un contratto collettivo diverso da quello (multiservizi) che era stato previsto nel capitolato speciale di gara.
Infatti, nelle due disposizioni del capitolato che facevano riferimento al CCNL multiservizi (l’art. 6 e l’art. 10) l’applicazione del contratto non era prevista «a pena di esclusione dell’offerta».
4.2. Era poi rilevante, secondo il T.A.R., la circostanza che nello schema “modulo dell’offerta” la partecipante doveva dichiarare di redigere l’offerta “alle condizioni del lavoro e del CCNL di categoria”, senza l’indicazione di uno specifico contratto collettivo.
Inoltre, nei chiarimenti forniti prima dello svolgimento della gara, la stessa stazione appaltante aveva precisato, in risposta al quesito di un’impresa concorrente, che il CCNL poteva essere anche equipollente a quello multiservizi.
4.3. Peraltro, secondo il T.A.R., il C.C.N.L. per il settore “Sorveglianza antincendio” poteva ritenersi, nella fattispecie, equipollente al contratto multiservizi, tenuto conto che le attività complementari richieste non presentavano una specificità tale da differenziarle sostanzialmente dalle consimili attività eseguite nell’ambito di un servizio di sorveglianza antincendio.
Ai fini dell’equipollenza risultava, inoltre, irrilevante, secondo il T.A.R., la circostanza che il diverso contratto applicato non prevedeva la clausola sociale di assorbimento del personale.
4.4. Il T.A.R. per il Piemonte ha infine ritenuto che l’offerta della società E. poteva considerarsi globalmente attendibile, non riscontrandosi quelle palesi e manifeste contraddizioni nella voce del costo del personale ravvisate dalla ricorrente.
5. G.S.A. ha appellato l’indicata sentenza sostenendone l’erroneità sotto diversi profili e chiedendone la riforma. G.S.A. ha inoltre chiesto il risarcimento dei danni subiti per effetto delle illegittime determinazioni dell’Amministrazione.
All’appello si oppone la controinteressata società E..
6. G.S.A., con il primo motivo, ha insistito nel sostenere che l’offerta presentata dalla società E. doveva essere esclusa dalla gara perché prevedeva l’applicazione, per il personale impiegato, di un contratto collettivo diverso da quello “multiservizi” previsto dal capitolato di gara.
6.1. La censura non è fondata.
Invero il capitolato speciale di gara richiedeva in due articoli (l’art. 6 – “personale addetto” e l’art. 10 “trattamento giuridico ed economico”) l’applicazione del CCNL multiservizi al personale impiegato dall’impresa esecutrice del servizio oggetto della gara.
Negli indicati articoli del capitolato non era tuttavia prevista, come ha giustamente osservato il T.A.R. per il Piemonte, (anche) l’esclusione dalla gara delle imprese che avessero comunicato di voler applicare al personale impiegato un diverso (ma equipollente) CCNL. Né l’esclusione per la violazione della suddetta prescrizione era stata prevista in altre disposizioni della lex specialis di gara.
Peraltro, come ha osservato il T.A.R., nello schema “modulo dell’offerta”, che le imprese dovevano predisporre, le partecipanti alla gara dovevano dichiarare di redigere l’offerta “alle condizioni del lavoro e del CCNL di categoria”, senza l’indicazione dello specifico contratto collettivo multiservizi.
6.2. Si deve quindi ritenere che lo scopo della disposizione, contenuta nei due citati articoli del capitolato di gara, che fa riferimento all’applicazione del CCNL multiservizi era (solo) quello di garantire la partecipazione alla gara di imprese operanti nel settore, ai fini di una puntuale esecuzione del servizio richiesto.
Non si può pertanto condividere la tesi, sostenuta dall’appellante, secondo cui il riferimento contenuto nelle due norme del capitolato al contratto multiservizi costituiva una vera e propria condizione di partecipazione alla gara e quindi un requisito di ammissibilità dell’offerta.
6.3. L’interpretazione che si ritiene corretta delle disposizioni in questione risulta peraltro coerente con l’art. 46, comma 1 bis, del d.lgs. n. 163 del 2006 (recante il codice dei contratti pubblici), che ha sancito il principio della tassatività delle cause di esclusione da una gara.
L’indicata disposizione, infatti, allo scopo di evitare la possibile esclusione da una gara a causa del mancato rispetto di adempimenti solo documentali o formali o privi, comunque, di una base normativa espressa, ha previsto che i bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione, oltre quelle indicate nello stesso comma 1 bis e riguardanti il mancato adempimento alle prescrizioni previste dal codice e dal regolamento e da altre disposizioni di legge vigenti, nonché nei casi di incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta, per difetto di sottoscrizione o di altri elementi essenziali dell’offerta.
7. A ciò si deve aggiungere che la stessa Stazione appaltante aveva precisato, in sede di chiarimenti, in data 4 febbraio 2014, prima che le imprese presentassero la loro offerta, che le partecipanti alla gara avrebbero potuto applicare al proprio personale (anche) un contratto di lavoro di categoria equipollente a quello (multiservizi) indicato nel capitolato di gara.
8. Con il secondo motivo di appello G.S.A. ha insistito nel sostenere che, anche a voler ritenere ammissibili le offerte basate su un CCNL equipollente a quello richiesto dal capitolato di gara, comunque il CCNL per il settore “Sorveglianza antincendio” ANISA non poteva essere preso ad utile riferimento essendo molto diverso dal CCNL multiservizi sotto vari profili, quali le tutele per i lavoratori del settore, le mansioni oggetto dei profili professionali, i livelli retributivi.
8.1. Ma anche tale motivo deve ritenersi infondato.
L’Azienda Ospedaliera di Alessandria ha indetto una gara per l’affidamento del servizio di vigilanza antincendio, con le attività complementari, presso la base dell’Elisoccorso del servizio 118. Risulta, quindi, evidente, la correlazione fra il CCNL per il settore “Sorveglianza antincendio” ANISA, che G.S.A. ha ritenuto di poter applicare al proprio personale, e i servizi richiesti dall’Azienda.
Ciò è confermato dall’esame del capitolato speciale che, nel descrivere i servizi oggetto della gara, ha precisato, all’art. 3, che il personale addetto doveva svolgere, in primo luogo, attività riguardanti la sorveglianza antincendio e l’uso dei dispositivi antincendio, con le attività connesse.
Contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, il CCNL per il settore “Sorveglianza antincendio” ANISA può ritenersi pertanto coerente con le prestazioni richieste dalla Stazione appaltante.
8.2. Non può essere, invece, sostenuta la mancata equipollenza del CCNL per il settore di Sorveglianza antincendio a quello multiservizi, per le ulteriori prestazioni “complementari” richieste dalla Stazione appaltante, tenuto conto della natura accessoria delle altre prestazioni (riguardanti la guardiania e il controllo degli accessi, la manutenzione delle attrezzature e degli impianti, le pulizie etc.). Inoltre, come ha già evidenziato il T.A.R., nel CCNL per il settore di Sorveglianza antincendio, applicato dall’aggiudicataria E., oltre le prestazioni del servizio antincendio sono previsti, all’art. 1, anche “servizi integrati”, a condizione che tra i servizi offerti vi sia la vigilanza antincendio.
8.3. Non può avere, invece, rilievo, ai fini di una valutazione sull’equipollenza del contratto, come pure ha ritenuto il T.A.R., la mancata previsione, nel contratto per il settore di Sorveglianza antincendio, della cd. clausola sociale che prevede l’obbligo di riassorbimento dei lavoratori da parte dell’azienda subentrante alle medesime condizioni economiche e contrattuali.
In assenza, infatti, di una diversa specifica previsione nella lex specialis di gara, l’equipollenza del CCNL, nella fattispecie, non può che riguardare le prestazioni che devono essere rese ai fini del corretto svolgimento del servizio in questione.
8.4. Non possono avere poi rilievo le eventuali differenze retributive contenute nei due CCNL. Fermo restando il rispetto di quanto previsto dall’art. 86 del codice dei contratti sui costi per il personale.
9. Con il terzo motivo di appello G.S.A. ha sostenuto l’erroneità della sentenza appellata anche per aver disatteso la censura con la quale aveva lamentato le palesi contraddizioni che emergevano con riferimento al costo del personale contenuto nell’offerta che risultavano irrispettose delle stesse previsioni del CCNL per il settore di Sorveglianza antincendio.
9.1. In particolare E., secondo G.S.A., non ha rispettato i costi medi orari che avrebbero dovuto essere inderogabilmente non inferiori alle vigenti tabelle di riferimento.
Infatti, ha indicato un costo orario di € 11,38, per il personale “livello G” e di 12,06 per il personale “livello F” mentre la tabella ministeriale prevede rispettivamente il costo orario di € 14,39 e di € 16,12, con una differenza superiore al 20%.
9.2. Secondo l’appellante, l’offerta di E. sarebbe incongrua anche per aver inserito, nell’offerta tecnica, una tabella del personale nella quale i lavoratori sono inquadrati tutti nel livello F, in contrasto con le previsioni contenute nell’offerta economica. Inoltre per la mancata previsione, nell’offerta economica, di personale inquadrato nel livello E, con mansioni di caposquadra, e per aver fatto applicazione delle disposizioni sul lavoro effemeridiale (con orario giornaliero di durata variabile in funzione del variare dell’ora del sorgere del sole e del tramonto).
10. In proposito, si deve preliminarmente osservare che, nella fattispecie, l’Amministrazione non ha ritenuto di dover attivare il procedimento di verifica di anomalia dell’offerta di E..
L’offerta di Elisiscilia non rientrava, infatti, in uno dei casi, disciplinati dall’art. 86, comma 2, del codice dei contratti, nei quali è prevista la verifica obbligatoria e l’Amministrazione ha ritenuto di non dover procedere nella verifica facoltativa prevista dall’art. 86, comma 3, del codice dei contratti pubblici.
10.1. Al riguardo si deve ricordare che l’art. 86, del codice dei contratti individua, nei commi 1 e 2, distinti criteri per l’individuazione delle offerte che si sospetti essere anomale, a seconda che il criterio di aggiudicazione sia quello del prezzo più basso, ovvero, come nella fattispecie, quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Al comma 3, con una clausola generale valida per entrambe le ipotesi, stabilisce poi che la stazione appaltante può procedere in ogni caso alla valutazione della congruità di ogni altra offerta che in base ad elementi specifici appaia anormalmente bassa.
10.2. L’esercizio di tale facoltà comporta, pertanto, l’apertura di un subprocedimento in contraddittorio con il concorrente che ha presentato l’offerta ritenuta a rischio di anomalia.
10.3. La scelta dell’amministrazione di attivare il procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta è, tuttavia, ampiamente discrezionale e può essere sindacata, in conseguenza, davanti al giudice amministrativo solo in caso di macroscopica irragionevolezza o di decisivo errore di fatto.
La giurisprudenza ha anche chiarito che le valutazioni sul punto devono essere compiute dall’Amministrazione in modo globale e sintetico, con riguardo alla serietà dell’offerta nel suo complesso e non con riferimento alle singole voci dell’offerta (fra le più recenti: Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 2662 del 26 maggio 2015, Sezione V n. 2274 del 6 maggio 2015).
11. Facendo applicazione di tali principi, le censure sollevate da G.S.A. sull’incongruità dell’offerta di E. devono essere respinte.
Gli elementi di asserita criticità dell’offerta di E., indicati dall’appellante (nel terzo ed anche nel quarto motivo di appello), non sono, infatti, sufficienti a manifestare una chiara illogicità nella scelta compiuta dall’Amministrazione intimata di ritenere attendibile e congrua l’offerta di E. e di non procedere ad una specifica valutazione sulla sua possibile anomalia.
11.1. Invero, come emerge dagli atti, l’Amministrazione ha adeguatamente e compiutamente esaminato le offerte delle imprese partecipanti alla gara, anche ricorrendo agli approfondimenti necessari per la loro migliore disamina, ed ha, quindi, ritenuto l’offerta di E., nel suo complesso e per l’importo indicato, congrua, attendibile e affidabile.
12. Ciò chiarito, non si può ritenere illegittima la scelta dell’Amministrazione di non sottoporre l’offerta di E. alla verifica dell’anomalia in relazione all’asserita difformità dalle tabelle ministeriali di riferimento posto che, come si è ricordato, la valutazione sulla serietà e congruità dell’offerta ha per oggetto l’offerta nel suo insieme e non riguarda i suoi singoli aspetti, e tenuto conto che la società E., risultata aggiudicataria, aveva dato una chiara esposizione, anche nel dettaglio, dei costi per il personale che avrebbe sopportato per dare esecuzione all’appalto.
13. Con riferimento poi al rispetto dei minimi stabiliti dalle tabelle ministeriali, si deve ricordare che l’art. 86, comma 3 bis, del Codice dei contratti pubblici prevede che «nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell’anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all’entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture» e che, ai fini di tale disposizione, «il costo del lavoro è determinato periodicamente, in apposite tabelle, dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sulla base dei valori economici previsti dalla contrattazione collettiva stipulata dai sindacati comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali».
13.1. Sul punto la giurisprudenza, anche di questa Sezione, ha ritenuto che i valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle ministeriali non costituiscono tuttavia un limite inderogabile, ma semplicemente un parametro di valutazione della congruità dell’offerta, con la conseguenza che l’eventuale scostamento da tali parametri delle relative voci di costo non legittima di per sé un giudizio di anomalia (cfr., fra le tante, Consiglio di Stato, sez. III, n. 1743 del 2 aprile 2015, Sez. V, n. 3937 del 24 luglio 2014).
13.2. Si è quindi affermato che devono considerarsi anormalmente basse le offerte che si discostino in modo evidente dai costi medi del lavoro indicati nelle tabelle predisposte dal Ministero del lavoro in base ai valori previsti dalla contrattazione collettiva, in quanto i costi medi costituiscono non parametri inderogabili ma indici del giudizio di adeguatezza dell’offerta, con la conseguenza che è ammissibile l’offerta che da essi si discosti, purché lo scostamento non sia eccessivo e vengano salvaguardate le retribuzioni dei lavoratori, così come stabilito in sede di contrattazione collettiva.
13.3. Questa Sezione ha peraltro di recente anche affermato che non possono non essere considerati, in sede di valutazione delle offerte, aspetti particolari che riguardano le diverse imprese, con la conseguenza che, ai fini di una valutazione sulla congruità dell’offerta, la stazione appaltante deve tenere conto anche delle possibili economie che le diverse singole imprese possono conseguire (anche con riferimento al costo del lavoro), nel rispetto delle disposizioni di legge e dei contratti collettivi (Consiglio di Stato, sez. III, n. 1743 del 2 aprile 2015 cit.).
14. In applicazione di tali principi, un’offerta non può ritenersi anomala, ed essere esclusa da una gara, per il solo fatto che il costo del lavoro è stato calcolato secondo valori inferiori a quelli risultanti dalle tabelle ministeriali o dai contratti collettivi occorrendo, perché possa dubitarsi della sua congruità, che la discordanza sia considerevole e palesemente ingiustificata.
15. Nella fattispecie, invece, E. ha fornito, come si è accennato, chiare indicazioni sulle modalità con le quali era stato determinato il costo del lavoro per il servizio in questione e, in base a tali indicazioni, l’Amministrazione ha ritenuto nel suo complesso l’offerta presentata seria e congrua.
16. Per le ragioni che si sono esposte, non assumono poi un decisivo rilievo, ai fini di una valutazione sulla legittimità della scelta dell’Amministrazione, nemmeno le asserite incongruità riscontrate (rispetto all’offerta economica) in una parte dell’offerta tecnica contenente una tabella di riepilogo del personale, né la mancata previsione, nell’offerta economica, di personale inquadrato nel livello E, con mansioni di caposquadra, che è stata peraltro giustificata dalla resistente con una motivazione che non appare manifestamente illogica.
Infondata, anche nel merito, è poi la censura riguardante l’applicazione al servizio in esame delle disposizioni sul lavoro effemeridiale, con orario giornaliero di durata variabile in funzione del variare dell’ora del sorgere del sole e del tramonto.
17. Con il quarto motivo G.S.A. ha sostenuto l’erroneità della sentenza appellata anche per aver disatteso il motivo (contenuto in primo grado nel ricorso per motivi aggiunti) con il quale si sosteneva l’erroneo riferimento fatto da E. all’applicazione della disposizione, contenuta nella legge n. 407 del 28 giugno 1990, come modificata dalla legge 28 giugno 2012, n. 92, che prevede incentivi per l’assunzione dei lavoratori disoccupati o in cigs da almeno 24 mesi e dei lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, con la riduzione dei costi previdenziali ed assistenziali per il personale neoassunto.
18. Anche tale motivo deve essere respinto per le stesse ragioni generali che sono state esposte con riferimento al terzo motivo di appello. Peraltro, come ha osservato il T.A.R. nell’appellata sentenza, anche E., in presenza dei presupposti richiesti, potrebbe risultare beneficiaria di tali agevolazioni, come si evince anche dalla circolare INPS n. 137 del 12 dicembre 2012.
19. In conclusione, per tutti gli esposti motivi, l’appello deve essere respinto.
Le spese del grado di appello possono essere integralmente compensate fra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Dispone la compensazione integrale fra le parti delle spese e competenze del grado di appello.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.