Tar Sicilia, Catania, Sez. IV, 11 luglio 2013, n. 2005

 

Tar Sicilia, Catania, Sez. IV, 11 luglio 2013, n. 2005

Presidente Di Paola; Estensore Bruno

 

In caso di revoca dell’aggiudicazione di una gara d’appalto per sopravvenuta mancanza della copertura finanziaria, la stazione appaltante risponde, a titolo di responsabilità precontrattuale, dei danni causati all’aggiudicataria, ove detta carenza di fondi sia ascrivibile a un comportamento colposo (ritardo) dell’Amministrazione.

 

BREVI ANNOTAZIONI

 

L’OGGETTO DELLA PRONUNCIA

La decisione che si annota ha ad oggetto il ricorso promosso da un’A.t.i. operante nel settore dell’edilizia volto ad ottenere l’annullamento della revoca in autotutela, motivata dalla sopravvenuta carenza dei fondi destinati a finanziare le opere da appaltare, dell’aggiudicazione (tacita) di una gara d’appalto disposta in suo favore, e conseguentemente ottenere in via diretta la stipula del contratto e, in via subordinata, il risarcimento dei danni subiti per effetto della succitata revoca.

Nel caso di specie, il Collegio ha valutato la fondatezza della pretesa della ricorrente e, preso atto della legittimità della revoca e dell’effettiva impossibilità di soddisfare in forma specifica la richiesta di sottoscrivere il contratto d’appalto, ha riconosciuto il diritto al risarcimento del danno per equivalente in favore dell’A.t.i. aggiudicataria, stante l’evidente responsabilità precontrattuale della Stazione appaltante, per non aver essa agito con la dovuta diligenza nel procedimento di reperimento delle risorse economiche previste per finanziare l’appalto.

 

IL PERCORSO ARGOMENTATIVO

La ricorrente ha proposto impugnativa al T.A.R. di Catania al fine di ottenere l’annullamento della revoca in autotutela, e la conseguente stipula del contratto, relativa all’appalto pubblico di cui era risultata aggiudicataria definitiva in forza di provvedimento tacito, ovvero, in subordine, la condanna della Stazione appaltante al risarcimento dei danni subiti, compendiati nelle voci di:

- spese sostenute per l’infruttuosa partecipazione alla gara;

- perdita delle ulteriori favorevoli occasioni contrattuali;

- danno curriculare per non aver eseguito le opere oggetto di gara.

In particolare, ha evidenziato di aver conseguito l’affidamento del servizio a seguito di diverse pronunce giurisdizionali in merito alla gara, bandita circa tre anni prima e da finanziarsi con fondi provenienti da un contributo regionale (per il 50% dell’importo) e dall’impegno di spesa dell’Ente aggiudicatore mediante prestito con la Cassa DD.PP.

A seguito dell’ultima sentenza definitiva – dello stesso T.A.R. Catania – che l’aveva dichiarata aggiudicataria del servizio, la ricorrente ha subito intimato la stazione appaltante a darvi esecuzione con l’affidamento dell’appalto.

Sta di fatto che la P.A., anziché sottoscrivere il contratto, ha procrastinato ulteriormente il procedimento, trasmettendo gli atti al competente Ufficio regionale per l’espletamento delle gare d’appalto; tale Ufficio ha “proposto” di aggiudicare la gara all’impresa ricorrente con proprio verbale che, in assenza di alcuna determinazione contraria dell’Amministrazione, è divenuto definitivo nei successivi 15 giorni ai sensi dell’art. 10, comma 2, D.P.R.S. n. 1/2005.

Solo successivamente, ormai a distanza di quasi quattro anni dall’indizione della procedura di gara, la stazione appaltante ha dichiarato con una propria nota di voler sospendere ogni determinazione a causa del mutamento delle condizioni economico-finanziarie dell’Ente rinvenienti dall’applicazione dalla legge n. 183/2011, di non approvare il verbale dell’Ufficio Regionale e di annullare tutti gli atti di gara in ragione della asserita sopravvenuta mancanza di adeguata copertura finanziaria.

Avverso questi ultimi provvedimenti è insorta l’aggiudicataria, evidenziandone l’illegittimità per violazione di legge, segnatamente degli artt. 124 d.lgs. n. 163/2006 e 7 legge n. 109/1994, erroneità, insussistenza dei presupposti di fatto e diritto, nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 1337 e 1338 c.c.

Nel corso del giudizio, rilevato anche il sopravvenuto ritiro da parte della Regione della propria quota di cofinanziamento, conseguente all’impossibilità per l’Ente aggiudicatore di far fronte al suo impegno pro quota di spesa e, pertanto, resosi definitivamente non più tutelabile il proprio interesse alla stipula del contratto, la ricorrente ha insistito solo sulla domanda risarcitoria.

L’Amministrazione resistente ha difeso la legittimità del proprio operato evidenziando come la non realizzabilità dell’appalto fosse dipesa da un fatto sopravvenuto, ossia la riduzione ex lege della capacità d’indebitamento degli Enti locali introdotta dalla citata legge n. 183/2011.

Il Collegio ha rilevato che le censure sollevate risultano fondate in quanto basate tutte su una corretta interpretazione delle norme richiamate.

La ricorrente, afferma il G.A., risulta senza alcun dubbio aggiudicataria – anche se in via tacita – del servizio oggetto di gara ed è, così, titolare del diritto alla stipula del relativo contratto sin dal passaggio in giudicato dell’ultima definitiva sentenza del T.A.R., notificata alla P.A. o, al più tardi, dallo spirare del termine di 15 giorni entro cui l’Amministrazione avrebbe potuto accettare o meno la proposta dell’Ufficio Regionale per l’espletamento delle gare d’appalto.

Tuttavia, il Tar non manca di ribadire la piena legittimità dell’esercizio da parte della P.A. del potere di autotutela, motivato dalla oggettiva impossibilità sopravvenuta per la Stazione appaltante di impegnarsi finanziariamente: tale situazione esclude una condanna alla stipula del contratto.

In questa prospettiva, la tutela diretta, benché dovuta, non appare realizzabile, residuando solo la valutazione in merito al risarcimento dei danni a titolo di responsabilità precontrattuale ex artt. 1337 e 1338 cc.

Passando all’esame della domanda subordinata, quindi, il giudicante ha ricordato che l’impegno della Stazione appaltante a cofinanziare il servizio era stato assunto già con l’indizione della procedura di gara e che, pertanto, è ravvisabile in capo alla P.A. un comportamento colpevole per aver essa indugiato nel richiedere il mutuo alla Cassa DD.PP., pur avendo sin dall’inizio individuato quello specifico mezzo come lo strumento destinato a fronteggiare l’impegno di spesa; nelle more delle vicende giudiziarie inerenti la procedura di gara, l’Amministrazione aveva anche avuto un sufficiente lasso di tempo per richiedere l’accensione del prestito, evitando di incorrere – come invece accaduto – nelle strette maglie della legge di stabilità in tema di indebitamento pubblico medio tempore intervenuta.

A questo si è aggiunto, ad avviso dell’adito Tribunale, il comportamento ambiguo della Stazione appaltante che ha assunto un atteggiamento inequivocabilmente orientato verso la conclusione del contratto, inducendo l’aggiudicataria e i terzi a confidare, con ragionevole affidamento, nella buona riuscita dell’affare, benché i vincoli della legge n. 183/2011 fossero già in vigore.

Indipendentemente dalla legittimità della revoca, stante il comportamento contrario a buona fede dell’Amministrazione che ha deluso il legittimo affidamento della ricorrente circa la stipula del contratto, la Sezione IV del T.A.R. di Catania ha accolto la domanda risarcitoria.

Ha tuttavia precisato che le poste risarcibili sono solo quelle relative alle spese sostenute per partecipare alla gara – rivelatasi inutile – e quelle legate alla c.d. perdita di chance contrattuale alternativa e non anche quelle derivanti da un asserito danno curriculare in quanto estranee all’ambito precontrattuale (interesse negativo) e attinenti, invece, a quello, successivo, del mancato arricchimento (interesse positivo) del curriculum professionale, appunto.

In merito alla loro quantificazione, il G.A. ha stabilito che le prime corrispondono esattamente agli oneri e contributi richiesti e versati dal concorrente in sede di partecipazione e che le seconde, in assenza di elementi certi e determinati sulla mancata possibilità di partecipare ad altre gare bandite in quello stesso periodo e in quell’area geografica, che in ipotesi avrebbero potuto avere esito favorevole alla ricorrente, vadano liquidate in via equitativa.

 

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Il Tribunale amministrativo ha accolto la domanda risarcitoria formulata dall’A.t.i. ricorrente per i danni derivanti dalla revoca dell’aggiudicazione, motivata dalle mutate condizioni economico-finanziarie della Stazione appaltante, e conseguente mancata stipula del contratto, sulla scorta della considerazione per cui l’assoggettabilità della gara in questione alla sopravvenuta disciplina di contenimento della spesa pubblica è stata dovuta al comportamento negligente dell’Amministrazione che ha ritardato l’acquisizione delle risorse finanziarie stanziate ab origine (art. 1337 c.c.). Inoltre, venuta a conoscenza della restrittiva normativa regolante la finanza pubblica, ha inutilmente prolungato lo svolgimento della procedura invece di ritirare immediatamente i precedenti provvedimenti (art. 1338 c.c.).

E’ pacifico tanto in dottrina che in giurisprudenza come il privato, pur in presenza di una revoca legittima di un provvedimento amministrativo, può sempre esercitare l’azione risarcitoria per i danni eventualmente subiti.

In altre parole, la responsabilità della pubblica Amministrazione non deriverebbe soltanto dall’esercizio del potere di autotutela - invero doveroso ove vengano a mancare i presupposti legittimanti la persistenza di un atto amministrativo – ma dall’assunzione di una condotta contraria ai canoni generali di buona fede e correttezza dell’attività amministrativa.

La legittimità dell’atto di revoca non preclude la valutazione del comportamento dell’Amministrazione, specie quando, come nel caso che occupa, i presupposti della revoca sono una diretta e prevedibile conseguenza del comportamento colposo della stessa P.A.

Tale comportamento ha ingenerato, nello specifico, un falso affidamento in ordine alla positiva conclusione della vicenda: affidamento che è stato deluso proprio dalla mancata sottoscrizione del contratto, determinando, quindi, responsabilità precontrattuale della P.A. (cfr. T.A.R. Toscana, Sez. I, 7 febbraio 2013, n. 185).

In termini generali, la c.d. responsabilità precontrattuale – che ha il suo riferimento normativo negli artt. 1337 e 1338 c.c. – è istituto a tutela della libertà negoziale delle parti, mettendole al riparo da inganni e coartazioni, ovvero preservandole dall’intrattenere dispendiose trattative che si rivelino poi inutili (c.d. interesse negativo): incombe, pertanto, in capo a entrambe le parti l’obbligo di agire secondo buona fede, nel rispetto dei doveri di informazione e chiarezza, e di adoperarsi per garantire la validità e l’efficacia del contratto da stipulare.

Sul proposito, è indirizzo diffuso e consolidato della giurisprudenza riconoscere la sussistenza della colpa dell’Amministrazione che addiviene alla conclusione di una procedura di gara senza verificare e vigilare sulla effettiva sussistenza della necessaria copertura finanziaria per stipulare concretamente il contratto, in quanto tale comportamento, che può ingenerare falso affidamento, è divergente rispetto alle regole di correttezza e buona fede cui è tenuta anche la P.A. nella fase precontrattuale (Cons. St., Ad. Plen., 5 settembre 2005, n. 6; idem, Sez. V, 7 settembre 2009, n. 5245; T.A.R. Sicilia, Catania, 16 dicembre 2010, n. 4730).

Nell’ipotesi in cui, poi, sia stato legittimamente revocato il provvedimento di aggiudicazione, le ragioni della tutela risarcitoria non risiedono più nel dato oggettivo derivante dalla situazione di fatto determinatasi, bensì nella stessa condotta soggettiva colposa dell’Ente pubblico che a quella revoca ha dato causa, per un proprio ritardo, anche quando non sanzionato dalla normativa sul procedimento (cfr. in termini più generali T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 10 gennaio 2007, n. 76).

Invero, con riferimento specifico alla revoca di un provvedimento di aggiudicazione, si registra anche un condivisibile indirizzo giurisprudenziale secondo cui solo l’aggiudicazione definitiva, non anche quella provvisoria, è suscettibile di determinare un legittimo affidamento del privato che può essere leso dalla inaspettata revoca (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 11 aprile 2013, n. 1916).

In virtù di tanto, dunque, il Collegio catanese ha accolto la domanda di risarcimento del danno con riguardo al ritardo con cui la Stazione appaltante aveva avviato il procedimento di richiesta del mutuo alla Cassa DD.PP. e la revoca dei provvedimenti di aggiudicazione della gara.

Sul proposito il giudicante ha comunque osservato che, in sede di quantificazione del danno, non tutte le poste risarcitorie meritano accoglimento indiscriminato: i canoni sanciti dalla decisione del Cons. St., Sez. V, 7 febbraio 2012, n. 662, in termini generali, vanno, infatti, contemperati con le concrete situazioni di fatto accertate caso per caso.

Nella specie, a seguito della mancata sottoscrizione del contratto non può certo dirsi risarcibile, anche se la giurisprudenza è dibattuta, il c.d. danno curriculare, in quanto deriva direttamente dalla mancata esecuzione e non dalla inutilità della trattativa (recté della partecipazione alla gara).

Sicuramente oggetto del risarcimento deve considerarsi, invece, la perdita di chance contrattuali alternative in conseguenza dell’impegno esclusivo di risorse in una procedura di poi rivelatasi infruttuosa per colpa della P.A. (cfr. Cons. St., Sez. V, 6 marzo 2013, n. 1357; idem, Sez. VI, 1 febbraio 2013, n. 633; idem, Sez. IV, 14 gennaio 2013, n. 156); danno quantificabile solo in via equitativa, onde evitare di risarcire – e non se ne comprenderebbero le giustificazioni – quell’interesse positivo all’esecuzione dell’appalto che è fuori dalla responsabilità precontrattuale (cfr. Cons. St., Sez. VI, 11 gennaio 2010, n. 20).

 

PERCORSO BIBLIOGRAFICO

F. Caringella, Manuale di diritto amministrativo, IV edizione, Ed. Dike, 2012, pp. 1449 ss.; G. Casamassima, Revoca degli atti di gara prima dell'aggiudicazione e responsabilità precontrattuale della P.A., in questa Rivista; T. Giacovelli, Responsabilità precontrattuale della P.A. da revoca in autotutela dell’aggiudicazione, in questa Rivista; A. Pangia, La revoca dell’aggiudicazione in bilico tra responsabilità precontrattuale e obbligo indennitario, in Il nuovo Diritto Amministrativo, Ed. Dike, n. 1/2013; E. Tamburrino, Il provvedimento tacito di aggiudicazione provvisoria, tra potere di ritiro e tutela (precontrattuale) del legittimo affidamento, in questa Rivista.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 994 del 2012, proposto da: Impresa Callari Costruzioni Srl ed Impresa Emiliana Sud Soc. Coop., rappresentate e difese dagli avv. Giuseppe Immordino, Giovanni Immordino, con domicilio eletto presso avv. Alessandro Arcifa, in Catania, via Grasso Finocchiaro, 75;

contro

Comune di Fiumedinisi, rappresentato e difeso dall'avv. Maria Pandolfino Allone, con domicilio eletto presso Avv. Stephen A. Distefano, in Catania, via Umberto, 300;

per l'annullamento

- della determinazione n. 23 del 28.03.2012 approvata dal Comune di Fiumedinisi;

- della nota a firma congiunta del Ragioniere e del Segretario generale n. 1713 del 14.03.2012;

- del provvedimento prot. 1862 del 21.03.2012 di sospensione di ogni determinazione;

e per la condanna

al risarcimento dei danni in forma specifica, o in subordine per equivalente monetario;

 

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Fiumedinisi;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 giugno 2013 il dott. Francesco Bruno e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

La ricorrente associazione temporanea di imprese, composta dalla CALLARI COSTRUZIONI s.r.l. e dalla EMILIANA SUD Soc. Coop (di seguito semplicemente ATI Callari), espone di aver partecipato alla gara indetta nell’anno 2008 dal Comune di Fiumedinisi per la realizzazione delle “opere di urbanizzazione connesse alla realizzazione del lotto B1 dell’Area artigianale”. Aggiunge che l’originaria aggiudicazione disposta con determinazione n. 76 del 30/6/2010 in favore della impresa FIN.SE.CO. è stata annullata da questo Tar con la sentenza n. 4713/10 su ricorso proposto dalla concorrente Guardo srl, e che con la sentenza n. 2806/2011 (confermata in sede cautelare dal CGA con ordinanza n. 109/2012) emessa sul ricorso proposto dalla stessa ATI odierna ricorrente è stata annullata l’aggiudicazione pronunciata in favore della Guardo s.r.l.

E’ derivata, dall’esito dei diversi giudizi amministrativi citati, l’aggiudicazione della gara in favore dell’ATI Callari.

Dal punto di vista della copertura finanziaria, la gara in esame era stata bandita con la previsione che le opere appaltande sarebbero state finanziate, per la metà, con un contributo pubblico offerto dalla Regione, per il restante 50% (pari ad Euro 1.495.000) con spesa a carico dello stesso Comune di Fiumeidinisi, che aveva deliberato di farvi fronte, in via prioritaria, con gli introiti derivanti dalla vendita dei 14 lotti dell’area 1, e per la parte restante con la vendita dei futuri lotti e mediante assunzione di prestito con la Cassa DD.PP.

La ricorrente evidenzia sul piano dello svolgersi degli eventi che:

a) nel dicembre 2011 è stata notificata al Comune la sentenza del Tar Catania n. 2806/2011 che la rendeva aggiudicataria della gara;

b) dopo un mese, in data 16.01.2012, piuttosto che stipulare il contratto direttamente con l’aggiudicataria il Comune ha trasmesso gli atti all’UREGA per l’adozione degli atti di competenza; c) il 29.2.2012, con verbale n. 11, l’UREGA ha aggiudicato la gara all’ATI ricorrente;

d) nei 15 giorni dal ricevimento di tale atto non è stata adottata dal Comune alcuna determinazione formale, sicchè l’aggiudicazione è divenuta definitiva in forma tacita in applicazione dell’art. 10, co. 2, del D.P.R.S. 1/2005;

e) solo in data 21.3.2012, con nota prot. n. 1862, il Comune ha poi dichiarato di voler sospendere ogni determinazione a causa del mutamento delle condizioni di carattere economico–finanziario dell’ente, e con provvedimento n. 74 del 29.3.2012, ha infine statuito di non approvare, in autotutela, il verbale di gara n. 11, redatto il 29/02/2012 dall'UREGA di Messina, e di annullare gli atti di gara in ragione della asserita mancanza di adeguata copertura finanziaria discendente dalla sopravvenuta entrata in vigore dell’art. 8 della L. 183/2011, che ha ridotto la capacità di indebitamento dei Comuni dal 15% all’8%.

Tali ultime determinazioni comunali del marzo 2012 sono state impugnate dall’ATI Callari col ricorso in epigrafe, per dedurre i seguenti vizi:

1.- VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART.124 DEL DECRETO LEGISLATIVO N. 163/2006;

La ricorrente lamenta, in sostanza, che dopo la comunicazione della sentenza del Tar che definiva l’esito della procedura di gara, l’amministrazione comunale avrebbe dovuto senza indugio stipulare il contratto con l’aggiudicataria, piuttosto che trasmettere gli atti all’UREGA il 16.01.2012, evitando così di incappare nel sopravvenuto vincolo normativo che limita l’indebitamento dei Comuni, entrato in vigore l’1.01.2012 allorquando la sentenza del Tar era già da tempo nota ed eseguibile;

2.- VIOLAZIONE DELL’ART. 7 TER DELLA L. N. 109/1994 (ISTITUTIVO DELL’UFFICIO REGIONALE PER L’ESPLETAMENTO DI GARE PER L’APPALTO DI LAVORI PUBBLICI) COORDINATO CON L’ART. 10 COMMA 1 DEL REGOLAMENTO PER IL FUNZIONAMENTO DELL’UFFICIO REGIONALE E L’ESPLETAMENTO DELLE GARE PER I LAVORI PUBBLICI DPRS N. 1 DEL 14.5.2005;

In ogni caso, rileva la ricorrente, l’aggiudicazione definitiva in suo favore si era già formata in applicazione del meccanismo disciplinato dall’art. 10, co. 2, del D.P.R.S. 1/2005 allorquando, ricevuto il verbale n. 11 dell’UREGA, l’amministrazione ha lasciato decorrere i quindici giorni previsti dalla normativa senza adottare un atto formale di approvazione. Ne discende l’illegittimità della determinazione impugnata che invece dichiara di “non approvare la proposta dell’UREGA” e di annullare in autotutela tutti gli atti di gara;

3.- ERRONEITÀ DEL PROVVEDIMENTO, INSUSSISTENZA DEI PRESUPPOSTI DI FATTO E DI DIRITTO;

la ricorrente contesta che i motivi dell’esercizio dell’autotutela siano ascrivibili alla recente entrata in vigore del nuovo vincolo di bilancio introdotto ex lege, evidenziando alcuni elementi fattuali che depongono invece in senso contrario ed individuati: a) nel fatto che già dal 2008 l’amministrazione si era impegnata a cofinanziare l’intervento; b) nel fatto che in data 16.01.2012 - a Legge 183/2011 già pienamente in vigore – l’amministrazione avesse inviato gli atti all’UREGA per procedere nell’attività di aggiudicazione della gara in favore della ricorrente;

4.- VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART.13 DELLA L.R. N. 30/00 E DELL’ART.1337 C.C.;

In ogni caso, osserva la ricorrente, vi sarebbe un comportamento dell’amministrazione che assume i connotati della responsabilità precontrattuale, in quanto non sarebbe stata deliberata per tempo l’accensione del mutuo presso la Cassa DD.PP. necessario a coprire le esigenze finanziarie che si erano palesate almeno due anni prima, al momento della prima aggiudicazione (poi annullata in sede giurisdizionale) della gara. Ma più a monte, l’amministrazione avrebbe colpevolmente omesso di dotare delle necessaria copertura finanziaria i lavori appaltandi già al momento della indizione della gara; avrebbe poi perpetuato l’errore attendendo due mesi dopo la conoscenza della sentenza del Tar; avrebbe ulteriormente remorato gli atti dovuti investendo della questione l’UREGA il 16.01.2011, salvo poi incappare nelle maglie strette imposte dalla nuova legge di stabilità.

In conseguenza della condotta contraria ai doveri di correttezza e buona fede tenuta dal Comune, la ricorrente ne ha chiesto la condanna – per responsabilità precontrattuale – al risarcimento delle seguenti voci: a) spese sostenute per la infruttuosa partecipazione alla gara; b) perdita delle ulteriori favorevoli occasioni contrattuali (quantificate in misura pari al 10% della base d’asta al netto del ribasso offerto); c) danno cd. curriculare, ossia l'impossibilità di far valere, nelle future contrattazioni, il requisito economico pari al valore dell'appalto non eseguito.

In sintesi, la ricorrente ha richiesto in via principale l’annullamento dell’impugnata determinazione, al fine di ottenere in via diretta il bene-interesse perseguito: la stipulazione e l’esecuzione del contratto; in via subordinata, il risarcimento dei danni subiti a titolo di responsabilità precontrattuale.

Si è costituito in giudizio il Comune di Fiumedinisi, che ha difeso la legittimità del proprio operato, per un verso, evidenziando il fatto che le sorti della gara risultavano legate ad un duplice contenzioso pendente innanzi al Tar, e per altro verso rilevando che la non realizzabilità dell’intervento è dipesa da un factum principis sopravvenuto: la legge di stabilità ed in vincoli di indebitamento dei Comuni con questa imposti.

Nel corso del giudizio, poi, la ricorrente ha documentato il sopravvenuto ritiro della quota di cofinanziamento regionale, deciso in data 3/9/2012 dall’Assessorato Regionale alle attività produttiva in dipendenza della impossibilità del Comune di garantire il proprio impegno a sostegno dell’iniziativa. La ricorrente ha quindi insistito nella subordinata domanda risarcitoria.

Alla pubblica udienza del 27 giugno 2013, dopo la discussione delle parti, la causa è stata introitata per la decisione.

DIRITTO

Richiamando l’evolversi dei fatti, come descritto nella parte che precede, il Collegio ritiene di poter rassegnare le seguenti considerazioni.

1.- In primo luogo, le censure sollevate dalla ricorrente ed incentrate sul rilievo che l’aggiudicazione della gara in suo favore si fosse già determinata allo scadere dei quindi giorni successivi al ricevimento del verbale n. 11/2011 dell’UREGA appaiono fondate in punto di diritto, in quanto basate sulla corretta applicazione delle norme regolanti la fattispecie, e segnatamente dell’art. 10, co. 2, del DPRS 1/2005 in base al quale “Nel termine di quindici giorni dalla data di ricezione del verbale, l'organo competente dell'amministrazione appaltante deve adottare il provvedimento finale. In difetto il provvedimento di aggiudicazione si intende a tutti gli effetti adottato conformemente alla proposta. È comunque fatto obbligo all'organo competente dell'amministrazione appaltante di adottare un provvedimento espresso - da pubblicarsi secondo quanto disposto al successivo comma 5 - con il quale regolarizzare l'aggiudicazione sotto il profilo contabile e finanziario.

Tuttavia, la astratta fondatezza dei rilievi esaminati non può condurre all’accoglimento della domanda principale spiegata in ricorso, tendente ad ottenere l’annullamento degli atti impugnati e la stipulazione del contratto, e ciò per due concorrenti ragioni:

a) per un verso, la stessa ricorrente riconosce (v. pag. 17 del ricorso) la legittima facoltà dell’amministrazione di esercitare – come in concreto è stato fatto – l’autotutela al fine di annullare (o revocare) l’intera procedura di gara, ancorché questa si sia conclusa con una aggiudicazione definitiva formatasi in modo “tacito” ai sensi dell’art. 10, co. 2, del D.P.R.S. 1/2005. Non risulta, quindi, possibile stipulare il contratto di appalto se gli atti di gara sono stati legittimamente ritirati in autotutela dalla stazione appaltante;

b) in secondo luogo, l’avvenuta revoca del cofinanziamento da parte della Regione rende definitivamente non tutelabile l’interesse della ricorrente a sottoscrivere il contratto e ad eseguire i lavori.

2.- Si deve allora passare all’esame della domanda posta in via subordinata, tendente a far valere – a fini risarcitori – la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione comunale.

In termini generali, la responsabilità cd. precontrattuale - che trova il suo paradigma normativo negli artt. 1337 e 1338 c.c. - è stata identificata in dottrina e giurisprudenza come l’istituto che tende a tutelare la libertà negoziale della parte, mettendola al sicuro da coartazioni od inganni incidenti sulle proprie determinazioni negoziali (art. 1337 c.c.), ovvero preservandola da trattative che si rivelino inutili, in quanto conducano alla stipulazione di un contratto invalido (art. 1338 c.c.).

In presenza di tale esigenza, normativamente tutelata, scatta a carico delle parti coinvolte nelle trattative contrattuali l’obbligo di agire secondo buona fede, che si snoda attraverso i corollari del dovere di informazione, di chiarezza, di segreto e di adoperarsi per garantire la validità e l’efficacia del negozio da stipulare.

La violazione di tali precetti determina quindi la lesione dell’interesse sopra descritto, e fa scattare i conseguenti obblighi risarcitori, che vanno valutati e quantificati prendendo a riferimento l’interesse – la libertà negoziale, appunto - tutelato con l’istituto in parola.

Con riguardo al caso in esame, la condotta contraria a buona fede imputata all’amministrazione resistente consiste nell’aver l’ente colpevolmente indugiato nel richiedere il mutuo alla Cassa DD.PP. – pur avendo già in origine deciso di fronteggiare l’impegno finanziario, almeno in parte, con tale strumento - e nell’aver indugiato a stipulare il contratto con l’aggiudicataria, fino ad incorrere nel più rigoroso regime di accesso al credito medio tempore introdotto con la L. 183/2011.

La descritta condotta del Comune, in definitiva, rientra pienamente nel diffuso e condiviso orientamento giurisprudenziale secondo il quale deve ritenersi sussistente la colpa dell’amministrazione, che addiviene alla conclusione di una procedura di affidamento di lavori senza mai stipulare il relativo contratto a causa dell’omessa verifica e vigilanza sulla sussistenza della relativa copertura finanziaria, in quanto tale comportamento, ingenerando nelle parti un falso affidamento in ordine alla positiva conclusione della vicenda, deve considerarsi divergente rispetto alle regole di correttezza e buona fede cui è tenuta anche la p.a. nella fase precontrattuale (in tal senso Cons. Stato, Ad. Plen., 5 settembre 2005, n. 6; Sez. V, 7 settembre 2009, n. 5245; Sez. VI, 10 settembre 2008, n. 4309; T.A.R. Sicilia - Catania, IV, 16 dicembre 2010, n. 4730).

Sul punto non risultano convincenti le giustificazioni difensive fornite dalla stazione appaltante, ed incentrate sulla imprevedibilità della riduzione della capacità di indebitamento introdotta con la L. 183/2011.

Al contrario, ritiene il Collegio che l’amministrazione avrebbe avuto, per un verso, un lasso di tempo sufficiente a richiedere l’accensione del mutuo, quanto meno (e se non prima) dal momento della definizione del contenzioso amministrativo, avendo avuto conoscenza della sentenza del Tar nel mese di Novembre 2011 (data della pubblicazione), o al più tardi, il 14 Dicembre successivo (data della notifica a cura di parte). Per altro verso, la denunciata inerzia sul fronte del finanziamento pubblico è stata accompagnata da un atteggiamento rivolto in modo inequivocabile alla conclusione della procedura di gara ed alla stipulazione del contratto: è sintomatico, in tal senso, l’invio degli atti all’UREGA affinchè dichiarasse aggiudicataria l’ATI Callari avvenuto il 16.01.2012, in un momento in cui i vincoli di indebitamento erano già entrati in vigore. Circostanza, questa, che induceva i terzi a ritenere che la L. 183/2011 non potesse avere incidenza sulla dotazione finanziaria necessaria all’appalto in esame.

Tutto ciò ha inevitabilmente creato un ragionevole affidamento in capo alla ricorrente circa la imminente stipula del contratto, che è andato deluso solo alla fine di marzo 2012, allorquando il Comune ha adottato gli atti oggi impugnati.

Chiarita la sussistenza di una responsabilità precontrattuale della PA, non pregiudicata dal legittimo ritiro in autotutela degli atti di gara (v. A.P. 6/2005), occorre ora valutare le poste risarcitorie richieste dalla ricorrente:

A) In particolare, rientrano certamente nell’ambito della responsabilità precontrattuale costituendo voce del cd. “interesse negativo”, e vanno quindi rimborsate, le spese che la parte ha sostenuto invano per aver preso parte ad una trattativa inutile, poi non conclusasi. Di tali spese la stazione appaltante ha diretta contezza, avendo richiesto ai partecipanti alla gara il versamento degli oneri e dei contributi all’uopo necessari;

B) Con riguardo alle ulteriori occasioni contrattuali perdute, la ricorrente ha prodotto un lungo e dettagliato elenco di gare d’appalto per lavori (per le categorie OG1, OG3 ed OG11), indette da enti aventi sede in Sicilia, i cui termini di partecipazione scadevano tra gli ultimi mesi del 2011 ed i primi mesi del 2012. In relazione a tali bandi, la ricorrente lamenta di non aver potuto prendervi parte in quanto inutilmente “vincolata” alle trattative col Comune di Fiumedinisi, e chiede quindi un risarcimento da perdita di chance contrattuale alternativa, quantificandolo nel 10% della base d’asta della presente gara, al netto del ribasso offerto, per un totale di euro 163.588,67.

Secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, in tema di contratti pubblici, la responsabilità precontrattuale comprende anche il risarcimento delle cd. chances contrattuali alternative, ossia il ristoro delle ulteriori occasioni di stipulazione di altri contratti altrettanto o maggiormente vantaggiosi che la parte ha perduto in conseguenza dell’impegno in una trattativa poi rivelatasi infruttuosa (A.P. 6/2005; C.di S., Sez. IV, 156/2013; Sez. V, 1357/2013; Sez. VI, 633/2013; Sez. V, 4440/2012). Ma, “ai fini del riconoscimento di questo tipo di danno, non si richiede che il contratto alternativo poi "rinunciato" sia già stato concluso, ed è al contrario sufficiente (anzi è proprio questo il presupposto del danno) che si dimostri che vi era una reale e concreta possibilità di concludere un diverso e fruttuoso contratto e che questo non è stato concluso proprio per effetto dell'affidamento concretamente e seriamente ingenerato dall'aggiudicazione poi indebitamente ritirata dalla stazione appaltante” (Cons. Stato, Sez. VI, 633/2013). Nel caso in esame, la ricorrente non ha dimostrato di aver “perduto” la seria possibilità di stipulare un analogo contratto di appalto di lavori, ma ha solo dedotto di non aver preso parte a diverse contestuali gare, in esito alle quali avrebbe potuto – in ipotesi – risultare aggiudicataria. Viene offerta quindi una prova insufficiente a fondare la effettiva perdita di una occasione contrattuale, dato che “Le occasioni favorevoli di cui si lamenta la perdita non devono essere astratte, ma avere un minimo di concretezza, che non è integrata dalla produzione di bandi pubblicati per analoghi appalti nel periodo in questione.” (Cons. Stato, VI, 20/2010).

Ritiene, in definitiva, il Collegio che l’oggetto del risarcimento da riconoscere alla ricorrente debba essere solo la chance di ipotetica aggiudicazione di altre contemporanee gare; ed in mancanza di elementi certi e determinati, tale posta non può che essere liquidata in via equitativa. Al contrario, ove si accedesse alla quantificazione del danno prospettata dalla ricorrente, si finirebbe col liquidare una somma corrispondente all’utile di impresa ritraibile dalla esecuzione dell’appalto che il Comune di Fiumedinisi ha revocato; ossia, si finirebbe col risarcire quell’<interesse positivo> (l’interesse all’esecuzione dell’appalto) che ontologicamente sta al di fuori della responsabilità precontrattuale.

In definitiva, la perdita della chance cui la ricorrente ha diritto consiste nella mancata possibilità di partecipare, nello stesso periodo, ad altre gare d’appalto che avrebbero in ipotesi potuto concludersi con esito ad essa favorevole.

C) Più controversa in giurisprudenza appare la questione della risarcibilità del cd. danno curriculare, pure richiesto dalla ricorrente e quantificato nel 3% della base d’asta ribassata (pari ad Euro 49.076,60). Tale voce di danno, ritenuta risarcibile da una parte della giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. IV, 156/2013), è invece ritenuta estranea all’ambito della responsabilità precontrattuale secondo altre decisioni (C. di S., VI, 633/2013). Tale secondo orientamento, che il Collegio condivide e fa proprio, si fonda sulla indiscutibile argomentazione che “il cd. danno curriculare non è risarcibile, perché non attiene all'interesse negativo, ma più propriamente all'interesse positivo, derivando proprio dalla mancata esecuzione dell'appalto, non dall'inutilità della trattativa. Il cd. danno curriculare può, infatti, essere definito come il pregiudizio subito dall'impresa a causa del mancato arricchimento del "curriculum" professionale per non poter indicare in esso l'avvenuta esecuzione dell'appalto”.

In conclusione, il ricorso va accolto nella sola domanda subordinata, ed in esito a detto accoglimento il Comune di Fiumedinisi dovrà proporre all’Ati ricorrente - ai sensi dell’art. 34, co. 4, c.p.a. – entro il termine di giorni novanta dalla comunicazione o notifica della presente sentenza, il risarcimento dei danni indicati retro alle lettere A) e B), da liquidare con riferimento alle spese sostenute per partecipare alla gara (lett. A), ed in via equitativa (lett. B).

Il regime delle spese processuali viene regolato dal principio di soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Quarta),

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte, nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, dispone che il Comune di Fiumedinisi avanzi all’Ati ricorrente - ai sensi dell’art. 34, co. 4, c.p.a. – entro il termine di giorni novanta dalla comunicazione o notifica della presente sentenza, un proposta risarcitoria per le voci di danno indicate in motivazione al punto 2, lettere A) e B).

Condanna il Comune di Fiumedinisi al pagamento delle spese processuali in favore dell’ATI ricorrente, liquidate in Euro 2.000 oltre IVA, CPA e contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 27 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Cosimo Di Paola, Presidente

Pancrazio Maria Savasta, Consigliere

Francesco Bruno, Consigliere, Estensore