Consiglio di Stato, Sezione VI, sentenza 28 gennaio 2013, n. 513.
Consiglio di Stato, Sezione Sesta, sentenza 28 gennaio 2013, n. 513.
Pres. Severini, Est. MeschinoNel caso di società costituita da due soli soci, ciascuno detentore del cinquanta per cento del capitale sociale, entrambi sono tenuti a rendere la dichiarazione sulla moralità professionale di cui all’art. 38, comma 1, lett. b), c), m-ter), d.lgs.12 aprile 2006, n. 163, e non solo il socio che rivesta anche la carica di legale rappresentante dell’impresa concorrente.
BREVI ANNOTAZIONI
L’OGGETTO DELLA PRONUNCIA
La sentenza del Consiglio di Stato tocca un tema da sempre caldo nelle gare pubbliche: ossia l’identificazione dei soggetti tenuti alle dichiarazioni sui requisiti c.d. personalistici o di moralità professionale, quando il concorrente (come quasi sempre accade) è una persona giuridica.
Nello specifico, oggetto di esame da parte dei Giudici di Palazzo Spada è la figura del socio paritario (50% - 50%) nelle società con meno di quattro soci, dopo l’introduzione dell’obbligo di dichiarazione da parte del socio unico o di maggioranza operata con il d.l. 13 maggio 2011, n. 70.
IL PERCORSO ARGOMENTATIVO
Come noto, l’art. 4 del d.l. n. 70/2011 ha introdotto l’obbligo del socio persona fisica, unico o di maggioranza, di dichiarare i requisiti di cui all’art. 38, comma 1, lett. b, c), e m-ter), del d.lgs. n. 163/2006.
La disposizione non pone problemi quando la persona giuridica concorrente ha una situazione in cui il socio è effettivamente l’unico titolare del capitale sociale, ovvero quando la compagine sociale (sempre ristretta, ossia con meno di 4 soci) è sufficientemente definita: ossia nella quale un soggetto, da solo, detiene il 50% più 1 delle azioni o delle quote.
La nuova dinamica introdotta dal decreto legge del 2011 rischia, tuttavia, di ‘incepparsi’ in tutte quelle ipotesi di società con due soci paritari, ognuno titolare del 50% del capitale sociale.
Tale situazione – peraltro assai comune nelle realtà societarie nazionali – è specificamente quella oggetto di esame da parte del Consiglio di Stato.
Nel caso di specie, i giudici di appello in riforma della sentenza di primo grado hanno considerato più aderente alla ratio della disposizione, ritenere che l’obbligo di dichiarazione debba ricadere non solo su uno dei due soci (e, in particolare, quello che oltre ad essere socio rivesta anche la qualifica di legale rappresentante dell’impresa), ma su entrambi i soggetti.
Il percorso argomentativo seguito dal Consiglio di Stato è lineare:
i) in prima battuta il Collego ammette che nella fattispecie di società ‘paritaria’ non è possibile individuare un socio di maggioranza in senso stretto;
ii) ciononostante, della disposizione in questione si ritiene di dover offrire una lettura e una interpretazione in chiave finalistica. Infatti, se ad una lettura ‘letterale’ la disposizione parrebbe riferita solo al solo socio detentore di una partecipazione superiore alla metà del capitale sociale, lo scopo della norma è invece quello di assicurare la stazione appaltante che in capo a soggetti suscettibili - in ragione della loro quota sociale - di esercitare un determinante potere di direzione o comunque di influenza sulle scelte strategiche, nonché sulla gestione della persona giuridica concorrente con scarso numero di soci, non pendano né i procedimenti, né vi siano state condanne ovvero non risultino le circostanze di cui alle lettere b), c) ed m-ter) del richiamato art. 38 del d.lgs. n. 163/2006;
iii) nel caso di due soci al 50 per cento, ciascun socio, per proprio conto, è espressione di una convergente potestà dominicale e direzionale della società. Del resto, nella gestione della società ciascun socio paritario, per quanto non sia di maggioranza assoluta ha comunque il potere di impedire l’approvazione di scelte che non condivide, poiché l’altro socio non può imporle autonomamente, con l’effetto di condizionare in modo determinante la direzione della società sia in negativo, impedendo scelte non concordate, che in positivo permettendo soltanto quelle su cui è consenziente (v. a titolo esemplificativo l’art. 2479-bis c.c. quanto ai quorum costitutivi dell’assemblea dei soci nelle s.r.l.).
iv) ne consegue che il titolare di una porzione del capitale sociale pari alla metà è già in grado di assumere poteri strategici diretti e poteri di condizionamento indiretto sulle scelte di gestione della società, e non soltanto di carattere negativo, con la conseguenza che concorrono le ragioni della previsione normativa. In altri termini, sarebbe elusivo dello scopo dell’art. 4 del d.l. n. 70/2011 esentare dalle dichiarazioni richieste l’uno dei due soci soltanto perché non titolare della rappresentanza legale della stessa.
Concluso l’esame in positivo della problematica, i giudici di Palazzo Spada escludono infine che una tale interpretazione finalistica possa porsi in contrasto con la previsione della tipizzazione delle cause di esclusione, introdotta dallo stesso d.l. n. 70/2011 all’art. 46, comma 1-bis, del d.lgs. n. 163/2006. Ciò in quanto la causa di esclusione de qua deve ritenersi essenziale ai fini della salvaguardia sostanziale delle garanzie di affidabilità dei contraenti stabilite dall’art. 38 del Codice e, perciò, ragione di esclusione conseguente al "mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente codice" (cfr. il medesimo art. 46, comma 1-bis).
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
La decisione del Consiglio di Stato si pone in linea con un orientamento giurisdizionale e di prassi che sta maturando in questi mesi proprio sull’individuazione dei confini dell’obbligo di dichiarazione dei soci.
In particolare, il Consiglio di Stato aveva avuto modo di pronunciarsi su tali profili già con la sentenza della Sezione V, 30 agosto 2012, n. 4654. In tale sede, il Collegio aveva anche escluso la rilevanza dell’argomento letterale dell’impiego – da parte del legislatore – del singolare (“socio” anziché “soci”). Del resto, chiariva già allora il Consiglio di Stato, la formulazione della norma non reca la specificazione che debba sempre trattarsi di maggioranza assoluta: ossia che l’obbligo dichiarativo scatti solo in presenza di un socio in possesso della metà più uno del capitale sociale.
Sulla stessa linea si è espressa anche l’Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici in almeno tre occasioni: v. determinazione 16 maggio 2012, n. 1 e pareri 4 aprile 2012, n. 58 e 16 maggio 2012, n. 70. In una lettura sostanzialistica, l’Autorità chiarisce appunto che l’obbligo dichiarativo scatta in tutti quei casi di “soci” che “potrebbero assumere un’influenza dominante” sulla vita delle società a ristretta compagine sociale.
A parere di chi scrive, l’estensione dell’obbligo dichiarativo al socio paritario è conforme alla ratio della disposizione. In altri termini, se così non fosse, l’intento della legge sarebbe agevolmente eludibile attraverso una attenta (quanto semplice) suddivisione del capitale sociale.
Probabilmente, l’unico caso che resta ancora da esaminare in giurisprudenza è quello della società paritaria con tre soci (ognuno titolare di 1/3 del capitale sociale). Anche in questo, appare logico concludere che a rendere la dichiarazione debbano essere tutti e tre i soci, in quanto una qualsiasi ‘combinazione’ (nella fase decisionale delle strategie gestionali e dominicali della società) di almeno due di loro comporta il raggiungimento della maggioranza assoluta dell’assemblea. Se così è, ognuno di loro ‘unendosi’ con uno qualsiasi degli altri due, è in grado di esercitare un’influenza sui profili direzionali della società, bloccando le decisioni a lui non gradite e promuovendo quelle da lui perorate. Si ritiene, dunque, integrata la fattispecie di cui all’art. 4 del d.l. n. 70/2011, con in conseguente obbligo di rendere le dichiarazioni di cui all’art. 38, comma 1, lett. b), c), e m-ter), del d.lgs. n. 163/2006.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4470 del 2012, proposto da
Izzo Mario Costruzioni s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Michele Damiani, presso il quale è elettivamente domiciliata in Roma, via Mordini,14;
contro
Edil Pa. Gri. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Claudio De Portu, Giuseppe Abenavoli, Federico Liccardo e Francesco Vagnucci, con domicilio eletto presso la segreteria del Consiglio di Stato in Roma, p.za Capo di Ferro 13;
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Autorita' Portuale di Napoli, in persona del rappresentante legale pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE VIII n. 1624/2012, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Edil Pa.Gri. s.r.l., del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti , Autorita' Portuale di Napoli;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 gennaio 2013 il consigliere Maurizio Meschino e uditi per le parti l’avvocato Damiani, l’avvocato Liccardo e l'avvocato dello Stato Camassa;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La Edil Pa.Gri. s.r.l. composta da due soci, il signor Grimaldi Franco legale rappresentante pro- tempore e socio al 50% e il signor Grimaldi Raffaele, socio anch’egli al 50% senza poteri di rappresentanza, ha partecipato alla procedura ristretta, indetta dall’Autorità portuale di Napoli per l’affidamento dei lavori di risanamento della palazzina ubicata sul Piazzale Incrociatore San Giorgio del porto di Castellamare di Stabia, da cui è stata esclusa, dapprima in via "provvisoria" con il verbale di gara del 20 gennaio 2012 e quindi in via definitiva essendo stata confermata l’esclusione nella riunione della Commissione giudicatrice del 15 febbraio 2012.
2. Nel citato verbale di gara l’esclusione della Edil Pa. Gri. è motivata in quanto la società "non ha prodotto la dichiarazione prevista al punto 4 della lettera di invito e dall’art. 38, co. 1, lett. b) e c), del D.lgs. 163/06 e smi., del socio di maggioranza sg. GRIMALDI RAFFAELE (socio al 50%)".
3. La Edil Pa. Gri. (in seguito "ricorrente"), con il ricorso n. 935 del 2012, e motivi aggiunti, proposto al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, ha chiesto:
-l’annullamento:
- del citato verbale di gara del 20 gennaio 2012;
- della delibera del Presidente dell’Autorità portuale di Napoli del 22 febbraio 2012, n. 80, di aggiudicazione definitiva in favore della Izzo Mario Costruzioni s.r.l.
- il risarcimento dei danni.
4. Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sezione ottava, con la sentenza n. 1624 del 2012 ha: accolto il ricorso e motivi aggiunti e, per l’effetto, ha annullato i provvedimenti impugnati; respinto la domanda risarcitoria; condannato l’Amministrazione resistente al pagamento delle spese processuali in favore della società ricorrente liquidate in euro 2.500,00, compensando le spese nei confronti della controinteressata Izzo Mario Costruzioni s.r.l.
5. Con l’appello in epigrafe è chiesto l’annullamento della sentenza di primo grado con domanda cautelare di sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata nonché l’adozione di una misura cautelare inaudita altera parte ai sensi dell’art. 56 del Codice del processo amministrativo.
6. Con decreto del Presidente della Sezione del 15 giugno 2012, n. 2313, l’istanza di misure cautelari monocratiche è stata accolta "disponendo la sospensione della gara" e fissando la camera di consiglio del 3 luglio 2012.
7. La domanda cautelare è stata accolta con l’ordinanza 4 luglio 2012, n. 2563.
8. All’udienza del 15 gennaio 2013 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. L’art. 38, comma 1, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici, in seguito "Codice") dispone, in sintesi, che sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti pubblici i soggetti nei cui confronti è pendente procedimento per l’applicazione di specifiche misure di prevenzione (lett. b) ovvero siano stati condannati per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale (lett. c), venendo specificato, riguardo alle società di capitali con più soci, che l’esclusione opera nei confronti "del socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci".
2. Nella sentenza di primo grado si afferma che, nel caso della società con meno di quattro soci, i requisiti richiesti sono da riferire necessariamente al solo socio che detenga la maggioranza del capitale sociale inteso come valore economico assoluto; ciò per le due seguenti ragioni: a) letterale, poiché l’espressione normativa "socio di maggioranza" esclude ogni altra relazione proporzionale nella distribuzione del capitale sociale (come, nella specie, la partecipazione paritaria) potendosi perciò individuare il socio di maggioranza soltanto nel proprietario diretto del 50% + 1 del capitale, tanto più se si considera la tipizzazione delle cause di esclusione disposta con il decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70; b) logico-funzionale, essendo presupposta dalla normativa l’assimilazione in fatto del ruolo del socio di maggioranza in una società con meno di quattro soci a quello dell’amministratore che sia anche legale rappresentante, dato il rilievo che assume la posizione del socio maggioritario in una società con un basso numero di soci.
3. Nell’appello si censura la sentenza di primo grado, poiché:
- l’obbligo di rendere le dichiarazioni in questione, prima previsto per i soli soci delle società di persone, è stato introdotto con il decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, per evitare che partecipino alle gare società i cui soci con posizione azionaria idonea a influire sulle scelte gestionali abbiano precedenti penali pur non essendo rappresentanti legali delle società;
- su questa base il socio al 50% deve essere considerato come "maggioritario" potendo condizionare le scelte della società quanto meno con il proprio voto in assemblea contrario a scelte gestionali imposte dall’altro socio paritario;
- il riferimento dell’obbligo al solo socio maggioritario rappresentante legale non è previsto nella norma e sarebbe comunque contrario alla sua ratio, potendo in concreto coesistere con un rappresentante legale senza precedenti penali soci non formalmente maggioritari ma gravati da precedenti penali.
4. La Edil Pa.Gri. s.r.l.:
a) con la memoria depositata il 28 giugno 2012, contestate le argomentazioni dedotte con l’appello (così come con ulteriore memoria del 20 dicembre 2012), ha riproposto, nell’ipotesi del suo accoglimento, il terzo, quarto e quinto motivo di ricorso assorbiti in primo grado, relativi: a.1) data la non equiparazione nella norma del socio maggioritario a quello paritario, alla mancata verifica istruttoria da parte della stazione appaltante della effettiva carenza dei requisiti richiesti in capo al socio signor Raffaele Grimaldi, non applicando così l’art. 46 del Codice; a.2) alla equivocità del punto 4 della lettera di invito, poiché estensiva ad altri soggetti dell’altrimenti chiara prescrizione dell’obbligo della dichiarazione sostitutiva per il solo legale rappresentante della società, con formulazione ambigua e perciò idonea a legittimare per lo meno l’ammissione con riserva della Edil Pa.Gri.;
b) con atto depositato il 12 ottobre 2012 ha presentato istanza, ai sensi dell’art. 59 del Codice del processo amministrativo, con cui è chiesta la determinazione da parte del Collegio delle modalità di attuazione dell’ordinanza n. 2563 del 2012, avendo la stazione appaltante erroneamente ritenuto di eseguirla con l’annullamento dell’aggiudicazione provvisoria e definitiva a favore della Edil. Pa. Gri. e l’affidamento dell’appalto alla Izzo Mario Costruzioni mentre l’effetto della detta ordinanza è consistito nella sola sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata.
5. Le censure dedotte in appello sono fondate per le ragioni che seguono:
- la questione centrale della controversia è se in caso di società costituita da due soli soci, ciascuno detentore del 50 per cento del capitale sociale (nella specie i due soci signor Grimaldi Franco, legale rappresentante pro tempore, e signor Grimaldi Raffaele) l’obbligo della dichiarazione di cui all’art. 38 del Codice gravi su entrambi o soltanto su l’uno dei due soci legale rappresentante;
- il Collegio ritiene che, pur non individuandosi nella specie un socio di maggioranza quale proprietario di una quota pari a più del 50 per cento del capitale sociale, la ratio della norma di cui al citato art. 38, introdotta con il decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, conduca alla conclusione che la dichiarazione in questione debba essere resa da entrambi i soci;
- la disposizione di cui si tratta, invero, non va intesa nel senso che si riferisca al solo socio detentore di una partecipazione superiore alla metà del capitale sociale. Scopo della norma è infatti quello di assicurare la stazione appaltante che in capo a soggetti suscettibili, in ragione della loro quota sociale, di esercitare un determinante potere di direzione o comunque di influenza sulle scelte strategiche e sulla gestione di una società con scarso numero di soci, non pendano né i procedimenti, né vi siano state condanne ovvero non risultino le circostanze di cui alle lettere b), c) ed m-ter del citato art. 38. E, come correttamente indicato dall’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici nella determinazione n. 1 del 2012 e nei pareri n. 58 e n. 70 del 2012 due soci al 50 per cento già "sono, ciascuno per suo conto, espressione di una convergente potestà dominicale e direzionale della società": sicché ricadono nelle ragioni della previsione normativa;
- ciò in quanto nella gestione della società ciascun socio paritario, per quanto non sia di maggioranza assoluta ha comunque il potere di impedire l’approvazione di scelte che non condivide, poiché l’altro socio non può imporle autonomamente, con l’effetto di condizionare in modo determinante la direzione della società sia in negativo, impedendo scelte non concordate, che in positivo permettendo soltanto quelle su cui consente;
- ciò è confermato, per le società a responsabilità limitata (come la Edil Pa.Gri. s.r.l.), dalla lettura dell’art. 2479-bis Cod. civ., nel cui terzo comma sono fissati i quorum costitutivi e deliberativi dell'assemblea, in ogni caso non superiori alla "metà del capitale sociale": ne consegue che il titolare di una tale porzione del capitale sociale è già in grado di assumere poteri strategici diretti e poteri di condizionamento indiretto sulle scelte di gestione della società, e non soltanto di carattere negativo (Cons. Stato, V, 30 agosto 2012, n. 4654);
- in riferimento alla fattispecie in esame è perciò palese che ciascuno dei due soci è in grado di esercitare un potere determinante sulle scelte della società e che, di conseguenza, sarebbe elusivo dello scopo della norma esentare dalle dichiarazioni richieste l’uno dei due soci soltanto perché non titolare della rappresentanza legale della stessa;
- né ciò appare in contrasto con la previsione della tipizzazione delle cause di esclusione, introdotta dal medesimo decreto-legge n. 70 del 2011, in quanto causa di esclusione da ritenere essenziale ai fini della salvaguardia sostanziale delle garanzie di affidabilità dei contraenti stabilite dall’art. 38 del Codice e, perciò, ragione di esclusione conseguente al "mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente codice" (art. 46, comma 1-bis, del Codice, aggiunto dall’art. 4 del d.-l. n. 70 del 2011).
6. Ciò rilevato:
a) non risultano fondati i motivi di ricorso in primo grado, qui riproposti, di cui al precedente punto 3. a) in quanto basati, da un lato, quanto all’asserita inosservanza dell’art. 46 del Codice, sul presupposto della non riferibilità al socio paritario della prescrizioni dell’art. 38 del Codice stesso e, dall’altro, su una non sussistente ambiguità del testo del punto 4 della lettera di invito, riproducendo questo alla lettera quello dell’art. 38, comma 1, del Codice con la previsione dell’obbligo delle dichiarazioni in capo "al socio di maggioranza nel caso di società con meno di quattro soci" che siano società di capitali;
- b) non vi è motivo di esaminare la domanda proposta ai sensi dell’art. 59 Cod. proc. amm., essendo stata accertata in via definitiva la fondatezza nel merito delle censure dedotte in appello avverso la sentenza impugnata e non avendo perciò alcuna possibile utilità per l’istante la trattazione della domanda stessa.
7. Per le ragioni che precedono l’appello è fondato e deve essere quindi accolto.
Le spese seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) accoglie l’appello in epigrafe, n. 4470 del 2012, e per l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sezione ottava, n. 1624 del 2012, respinge il ricorso originario, e motivi aggiunti, n. 935 del 2012.
Condanna la Edil. Pa.Gri. s.r.l. al pagamento delle spese dei due gradi del giudizio che liquida nel complesso in euro 7.000,00 (settemila/00), oltre gli accessori di legge se dovuti, di cui euro 5.000,00 (cinquemila) in favore della Izzo Mario Costruzioni s.r.l ed euro 2.000,00 (duemila/00) in favore dell’Amministrazione.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 15 gennaio 2013, con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Aldo Scola, Consigliere
Maurizio Meschino, Consigliere, Estensore
Gabriella De Michele, Consigliere
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 28/01/2013