Consiglio di Stato, Sezione Quinta, sentenza 8 novembre 2012, n. 5681
Consiglio di Stato, Sezione Quinta, sentenza 8 novembre 2012, n. 5681
Presidente Trovato - Estensore SaltelliÈ illegittimo il provvedimento di revoca della gara già bandita e completamente espletatasi fino all’aggiudicazione provvisoria, motivato con riferimento all’asserita illogicità dei criteri di attribuzione del punteggio alle offerte in gara ed in particolare alla prevalenza accordata all’offerta tecnica piuttosto che a quella economica e alla mancata previsione - quanto all’attribuzione dei punteggi all’offerta economica - di un sistema di interpolazione lineare, idoneo - in tesi - a consentire una migliore graduazione del punteggio alle singole offerte in gara. Tali motivi, infatti, non costituiscono affatto delle sopravvenienze di fatto, né integrano una rinnovata valutazione dell’interesse pubblico esistente al momento dell’indizione della gara ovvero una sopravvenuta ragione di interesse pubblico, atteggiandosi piuttosto come il frutto di un giudizio politico-amministrativo decisamente critico sulle scelte precedentemente operate dalla stessa amministrazione sulle più adeguate modalità di individuazione del criterio di selezione dell’offerte.
BREVI ANNOTAZIONI
L’OGGETTO DELLA PRONUNCIA
Il Consiglio di Stato, affrontando la questione dei presupposti legittimanti il potere di revoca di una gara d’appalto, ha reputato inidonei i motivi che l’amministrazione appaltante ha posto a fondamento dei propri provvedimenti di autotutela.
IL PERCORSO ARGOMENTATIVO
Con questa pronuncia, la Quinta Sezione ripercorre le principali affermazioni della giurisprudenza amministrativa in tema di revoca di una gara d’appalto. Esse attengono: (i) al fondamento del potere di autotutela, rinvenibile nei principi costituzionali d’imparzialità e buon andamento della funzione pubblica; (ii) all’oggetto di questo potere, il quale comprende tutti gli atti che si iscrivono nella fase procedimentale di scelta del contraente, quindi tanto il provvedimento di aggiudicazione definitiva quanto quello di aggiudicazione provvisoria; (iii) al limite del rispetto dei principi di buona fede e correttezza e della tutela dell’affidamento ingenerato; (iv) all’adeguata motivazione in ordine ai presupposti per il suo utilizzo (sopravvenuti motivi di pubblico interesse; mutamento della situazione di fatto, nuova valutazione dell’interesse pubblico originario) e dalla quale emerga la comparazione tra l’interesse pubblico e le contrapposte posizioni consolidate dei partecipanti alla gara; (v) alla distinzione tra annullamento e revoca in autotutela, che prescinde dal nomen juris utilizzato.
Rapportando questi consolidati approdi giurisprudenziali al caso di specie, la Quinta Sezione giunge a considerare illegittimo il provvedimento con cui il Comune ricorrente ha revocato gli atti della gara, già espletatasi fino all’aggiudicazione provvisoria.
Ad avviso del Consiglio, difatti, detta illegittimità deriva innanzitutto dalla mancanza dei presupposti per l’utilizzo del potere di revoca. L’amministrazione appaltante giustificava il ritiro degli atti gara sulla base dell’illogicità dei criteri di attribuzione del punteggio alle offerte ed, in particolare, la prevalenza accordata all’offerta tecnica piuttosto che a quella economica e la mancata previsione di un sistema di interpolazione lineare.
Detti motivi, consistenti in sostanza in un ripensamento sui criteri di attribuzione del punteggio alle offerte in gara, non integrano alcuno dei legittimi presupposti di legge ex art. 21 quinquies della L. 7 agosto 1990, n. 241.
Gli stessi si atteggiano, piuttosto, come “il frutto di un giudizio politico – amministrativo decisamente critico sulle scelte precedentemente operate dalla stessa amministrazione sulle più adeguate modalità di individuazione del criterio di selezione dell’offerte”. Oltretutto i criteri di scelta indicati nel bando non risultano essere macroscopicamente illogici o viziati e, pertanto, il giudizio di inopportunità è frutto di valutazioni intrinsecamente soggettive della stazione appaltante, prive di qualsiasi valenza o riscontri obiettivi.
Sotto altro profilo, l’illegittimità della revoca è connessa all’insuperabile limite della tutela del legittimo affidamento: le valutazioni dell’amministrazione comunale hanno determinando la sussistenza del legittimo affidamento, in capo ai concorrenti e all’aggiudicataria provvisoria, sulla correttezza e legittimità della gara, in presenza del quale non poteva comunque procedersi all’annullamento della gara stessa.
Infine, il provvedimento di revoca è illegittimo anche sotto il profilo motivazione: difatti anche qualora l’aggiudicazione provvisoria non avesse generato alcun affidamento qualificato, il provvedimento di revoca avrebbe dovuto essere congruamente motivato.
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
La pronuncia in esame presenta profili d’interesse soprattutto sotto l’angolatura dell’estensione del sindacato del g.a. sulla scelta amministrativa di rinunciare all'affidamento di un appalto.
Detto sindacato, come ha avuto modo di precisare anche la Corte di Giustizia, non può trovare un limite nel potere discrezionale dell’amministrazione di tornare sui propri passi, né può essere interpretato restrittivamente, poiché tali limiti pregiudicherebbero il perseguimento delle finalità proprie della disciplina in materia di appalti pubblici (Corte di Giustizia CE, Sez. VI, 18 giugno 2002, n. 92).
Pertanto, grazie ai più penetranti poteri riconosciuti al g.a. nei casi di autotutela in materia di appalti pubblici, il Consiglio di Stato ha potuto correttamente inquadrare le motivazioni poste a fondamento del ritiro degli atti di gara, non già come validi presupposti di revoca, quanto piuttosto alla stregua di un mero giudizio politico-amministrativo decisamente critico sulle scelte precedentemente operate e frutto di valutazioni intrinsecamente soggettive della stazione appaltante, prive di qualsiasi valenza e riscontri obiettivi.
PERCORSO BIBLIOGRAFICO
V. Campanile, Annullamento in sede giurisdizionale e annullamento in autotutela dell’aggiudicazione: gli effetti sul contratto, in Il Nuovo Diritto Amministrativo, n. 2/2012, pp. 75 ss.;
F. Caringella, Manuale di diritto amministrativo, Ed. Dike, 2011, pp. 1449 ss.;
D. Giannini, L’annullamento d’ufficio: un istituto dalle mille facce, in Il Nuovo Diritto Amministrativo, n. 1/2012, pp. 41 ss.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm. sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 5818 del 2012, proposto da:
COMUNE DI ADRIA, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avv. Paolo Neri, con domicilio eletto presso Federica Scafarelli in Roma, via Giosue' Borsi, n. 4;
contro
MANUTENCOOP FACILITY MANAGEMENT S.P.A., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Franco Mastragostino e Adriano Giuffrè, con domicilio eletto presso Adriano Giuffrè in Roma, via dei Gracchi, n. 39;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. VENETO – VENEZIA, Sez. I, n. 577 del 23 aprile 2012, resa tra le parti, concernente revoca procedura per affidamento del servizio energia;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Manutencoop Facility Management S,P,A,;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 9 ottobre 2012 il Cons. Carlo Saltelli e uditi per le parti gli avvocati Neri e Carpani, per delega dell'Avvocato Mastragostino;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
FATTO E DIRITTO
1. Il Comune di Adria, giusta determinazione dirigenziale n. 879 del 20 settembre 2010 e successivo bando di gara, prot. n. 1603 del 5 ottobre 2010, ha indetto una procedura aperta per l’appalto del servizio di energia, della durata di cinque anni (con possibilità di affidamento per ulteriori tre anni), per un importo complessivo di €. 2.361.700,00 (di cui €. 40.000,00 per oneri di sicurezza, non soggetti a ribasso), oltre I.V.A., da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa sulla base degli elementi indicati nel disciplinare di gara.
Quest’ultimo all’art. 14 (Criteri di valutazione – fattori ponderali) stabiliva che la commissione di gara avrebbe valutato le offerte sulla base dei seguenti elementi: a) progetto di gestione ed erogazione del servizio, fino a 35 punti; b) progetto degli interventi di adeguamento, fino a 12 punti; c) progetto degli interventi di riqualificazione, fino a 10 punti; d) ribasso sull’Elenco Prezzi Regionale del Veneto, fino a 3 punti; e) offerta economica per il servizio, fino a 40 punti; pertanto per l’offerta tecnica potevano essere attribuiti fino a 57 punti, mentre per quella economica fino a 43 punti.
2. All’esito della gara, cui hanno partecipato sette ditte, la commissione di gara, esclusa la Olicar S.p.A. per vizi relativi alla polizza fideiussoria prodotta, giusta verbale n. 11 del 15 luglio 2011, ha dichiarato aggiudicataria provvisoria la società Manutencoop Facility Management S.p.A., che ha conseguito complessivamente punti 82,44 (di cui punti 51,5 per l’offerta tecnica; punti 28,37 per l’offerta economica e punti 2,57 per il ribasso sull’elenco prezzi regionale).
L’amministrazione appaltante, che delibera di Giunta comunale n. 189 dell’11 agosto 2011 , ha disposto di non procedere all’aggiudicazione definitiva per dar corso piuttosto ad accertamenti e verifiche utili a stabilire se l’esito della gara fosse effettivamente conforme all’interesse pubblico perseguito, con successiva delibera n. 232 del 7 ottobre 2011, preso atto dell’attività istruttoria svolta dal Segretario generale del Comune e dal Dirigente del Settore Lavori Pubblici, ha ritenuto di doversi procedere all’annullamento della gara, essendo emersi elementi tali da far dubitare della corrispondenza della gara (e del suo esito) all’interesse pubblico ed al buon andamento (ciò sia con riferimento ai criteri di attribuzione dei punteggi, che aveva privilegiato l’offerta tecnica rispetto a quella economica, laddove avrebbe dovuto prevedersi una formula che consentisse una distribuzione del punteggio in modo più equo e congruo, proporzionale alla differenza tra i ribassi proposti, attraverso il sistema dell’interpolazione lineare, sia con riferimento alla circostanza che la procedura di gara si era protratta ben oltre il tempo previsto nel bando di gara, così che già al momento dell’aggiudicazione provvisoria era cessata la validità delle garanzie cauzionali prestate dai concorrenti).
Con determinazione dirigenziale n. 902 del 12 ottobre 2011 è stata annullata la gara in questione.
3. Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sez. I, con la sentenza n. 577 del 23 aprile 2012, nella resistenza dell’intimata amministrazione comunale, ha accolto il ricorso proposto dalla società Manutencoop Facility Management S.p.A. ed ha annullato la delibera della Giunta comunale di Andria n. 232 del 7 ottobre 2011 e la determinazione dirigenziale n. 902 del 12 ottobre 2011, rilevando la fondatezza delle censure sollevate, atteso che le ragioni addotte dall’amministrazione a sostegno dei provvedimenti impugnati non integravano i presupposti (sopravvenute ragioni di pubblico interesse; mutamento della situazione di fatto; nuova valutazione dell’interesse pubblico originario) per il legittimo esercizio del potere di revoca di cui all’art. 21 quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241.
4. Il Comune di Andria ha chiesto la riforma di tale sentenza, lamentandone l’erroneità e l’ingiustizia alla stregua di due motivi di gravame, rubricati rispettivamente, il primo “Eccezione di irricevibilità del ricorso di primo grado per tardività della notificazione. Erroneità della sentenza nella parte in cui non ha rilevato d’ufficio la predetta irricevibilità” ed il secondo “Error in iudicando. Erroneità della sentenza appellata nella parte in cui ha rilevato l’insussistenza dei presupposti legittimanti l’esercizio del potere di revoca. Motivazione carente e contraddittoria. Errore nei presupposti di fatto e diritto. Illogicità e irragionevolezza manifeste”, con i quali, oltre a dedurre la tardività del ricorso di primo grado, non rilevata dai primi giudici, ha altresì rivendicato la legittimità e la correttezza dei provvedimenti impugnati, erroneamente disconosciuta con motivazione lacunosa, superficiale, contraddittoria, frutto del mancato puntuale apprezzamento delle peculiari circostanza di fatto su cui era imperniata la controversia.
La società Manutencoop Facility Management S.p.A. ha resistito al gravame chiedendone il rigetto.
5. All’udienza in camera di consiglio del 9 ottobre 2011, cui la causa era stata fissata per la delibazione dell’istanza incidentale di sospensione degli effetti della sentenza impugnata, informate le parti presenti, la stessa è stata trattenuta in decisione.
6. L’appello è infondato.
6.1. Non sussiste la irricevibilità del ricorso di primo grado, eccepita dall’amministrazione comunale appellante sul presupposto che esso è stato notificato il 24 novembre 2011, ben oltre il termine di trenta giorni dalla piena conoscenza degli atti impugnati, realizzatasi il 18 ottobre 2011, data in cui risulta pervenuta alla società ricorrente la comunicazione prot. n. 21994 del 13 ottobre 2011 di adozione della deliberazione di revoca della procedura di gara.
Infatti il termine di impugnazione, ex art. 120, comma 5, c.p.a. decorre effettivamente dalla ricezione della comunicazione di cui all’art. 79 del D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, solo se quest’ultima, come previsto dal quinto comma, sia accompagnata dal provvedimento lesivo e dalla sua motivazione, estremi che non ricorrono nel caso di specie, nel quale non è stato neppure provato che la società ricorrente in primo grado avesse avuto conoscenza aliunde delle motivazioni che avevano indotto l’amministrazione a revocare la procedura di gara già completamente espletata.
Ammettere del resto la decorrenza dei termini di impugnazione in tale situazione significherebbe violare il fondamentale diritto di difesa (art. 24 Cost.), tanto più se si tiene conto del dimezzamento del termine stesso in materia di gare pubbliche.
6.2. E’ infondato anche il secondo motivo di gravame.
6.2.1. La pubblica amministrazione conserva indiscutibilmente anche in relazione ai procedimenti di gara per la scelta del contraente il potere di annullare in via di autotutela il bando e le singole operazioni di gara, quando i criteri di selezione si manifestino come suscettibili di produrre effetti indesiderati o comunque illogici (C.d.S., sez. VI, 23 giugno 2006, n. 3989), tenendo quindi conto delle preminenti ragioni di salvaguardia del pubblico interesse (C.d.S., sez. IV, 15 settembre 2006, n. 5374): tale potere di autotutela trova fondamento negli stessi principi costituzionali predicati dall’articolo 97 della Costituzione, cui deve ispirarsi l’azione amministrativa, e costituisce il pendant dell’obbligo di rispettare le prescrizioni stabilite dalla lex specialis della gara, che vincolano non solo i concorrenti, ma la stessa amministrazione (con esclusione di qualsiasi margine di discrezionalità nella loro concreta attuazione da parte dell’amministrazione e tanto meno della facoltà di disapplicarle, neppure nel caso in cui talune delle regole stesse risultino inopportunamente o incongruamente formulate, salva proprio la possibilità di far luogo, nell'esercizio del potere di autotutela, al loro annullamento).
In tale prospettiva neppure il provvedimento di aggiudicazione definitiva e tanto meno quello di aggiudicazione provvisoria (che del resto si iscrivono nella fase procedimentale di scelta del contraente, concludendola) ostano all’esercizio di un siffatto potere, il quale, tuttavia, incontra un limite insuperabile nel rispetto dei principi di buona fede e correttezza, alla cui puntuale osservanza è tenuta anche la pubblica amministrazione, e nella tutela dell’affidamento ingenerato (C.d.S., sez. VI, 10 settembre 2008, n. 4309).
Al concreto esercizio di tale potere corrisponde l’obbligo dell’amministrazione di fornire una adeguata motivazione in ordine alla natura e alla gravità delle anomalie contenute nel bando o verificatesi nel corso delle operazioni di gara o comunque negli atti della fase procedimentale che, alla luce della comparazione dell’interesse pubblico con le contrapposte posizioni consolidate dei partecipanti alla gara, giustificano il provvedimento di autotutela (C.d.S., sez. V, 7 gennaio 2009, n. 17; 5 settembre 2002, n. 4460), motivazione che costituisce del resto lo strumento per consentire il sindacato di legittimità da parte del giudice amministrativo.
E’ stato anche precisato che deve qualificarsi come vero e proprio atto di revoca del provvedimento l’atto che, ancorché denominato dalla p.a. quale annullamento d’ufficio, sia stato adottato per ritirare (per ragioni di opportunità e per motivi di interesse pubblico) tutti gli atti di una gara (per la fornitura di servizi, provvisoriamente aggiudicata, C.d.S., sez. III, 16 febbraio 2012, n. 833).
6.2.2. Nella fattispecie in esame, gli asseriti motivi che l’amministrazione appaltante ha posto a fondamento dei propri provvedimenti di autotutela (revoca della gara già bandita e completamente espletatasi fino all’aggiudicazione provvisoria) non sono tuttavia idonei a giustificarli.
Infatti l’asserita illogicità dei criteri di attribuzione del punteggio alle offerte in gara ed in particolare la prevalenza accordata all’offerta tecnica piuttosto che a quella economica e la mancata previsione quanto all’attribuzione dei punteggi all’offerta economica di un sistema di interpolazione lineare, idoneo - in tesi - a consentire una migliore graduazione del punteggio alle singole offerte in gara, non costituiscono affatto delle sopravvenienze di fatto, né integrano una rinnovata valutazione dell’interesse pubblico esistente al momento dell’indizione della gara ovvero una sopravvenuta ragione di interesse pubblico, atteggiandosi piuttosto come il frutto di un giudizio politico – amministrativo decisamente critico sulle scelte precedentemente operate dalla stessa amministrazione sulle più adeguate modalità di individuazione del criterio di selezione dell’offerte.
Invero, ciò che in definitiva è stato accertato dall’istruttoria svolta dall’amministrazione, dopo il completo espletamento della gara, è soltanto che l’utilizzazione di criteri per l’individuazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa diversi da quelli previsti nella lex specialis (criteri che avessero maggiormente premiato l’elemento economico dell’offerta anche ai soli fini dell’attribuzione del punteggio alle singole offerte in gara) avrebbe consentito un maggiore incasso per le finanze comunali: sennonché, indipendentemente da ogni questione sulla correttezza e plausibilità di tale convincimento dell’amministrazione (profilo che evidentemente sfugge al sindacato di legittimità del giudice amministrativo), non può negarsi che esso non concerne affatto la scelta amministrativa di fondo quale quella di appaltare o meno il servizio di energia (ovvero la sua durata, quinquennale o meno), ma si sostanzia in una riflessione critica sul diverso (e asseritamente più conveniente) uso che la stessa amministrazione avrebbe potuto fare nella scelta dei criteri e delle modalità di individuazione dell’offerta più vantaggiosa.
Non si è pertanto in presenza, come correttamente rilevato dai primi giudici, di alcuna delle ipotesi in relazione alle quali può legittimamente utilizzarsi il potere di revoca del provvedimento amministrativo, tanto più se si tiene conto che i criteri di scelta indicati nella lex specialis non risultano essere macroscopicamente illogici o viziati (in tal senso non essendovi neppure alcun indizio) ed il giudizio di inopportunità, peraltro successivo all’espletamento dalla gara, è frutto di valutazioni intrinsecamente soggettive della stazione appaltante, prive di qualsiasi valenza o riscontri obiettivi e pertanto neppure evidentemente e facilmente riconoscibili dai concorrenti e dall’aggiudicataria (provvisoria), il che determina, sotto altro concorrente profilo, la sussistenza del legittimo affidamento sulla correttezza e legittimità della gara in presenza del quale non poteva comunque procedersi all’annullamento della gara; sotto tale ultimo profilo, peraltro, deve ribadirsi che né prima della procedura di gara, né nel corso del suo espletamento e neppure in sede di aggiudicazione provvisoria l’amministrazione appaltante ha mai esplicitato rilievi o riserve sulla lex specialis da essa stessa fissata.
E’ appena il caso di sottolineare, per completezza espositiva, che la giurisprudenza ha più volte rilevato che, quantunque l’aggiudicazione provvisoria non generi alcun affidamento qualificato, risultando esposta a revisioni che possono condurre al suo annullamento in autotutela, quest’ultimo provvedimento deve essere congruamente motivato (C.d.S., sez. V, 27 aprile 2011, n. 2479) con la precisa indicazione delle ragioni di interesse pubblico che giustificano la lesione dell’impresa (provvisoriamente) aggiudicataria in ragione del legittimo affidamento creatosi (C.d.S., sez. VI, 4 dicembre 2006, n. 7102), laddove nel caso di specie, come si è accennato, tali presupposti legittimanti non ricorrono.
7. In conclusione l’appello deve essere respinto.
Sussistono tuttavia giuste ragioni per compensare tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello proposto dal Comune di Adria avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sez. I, n. 577 del 23 aprile 2012, lo respinge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 ottobre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Trovato, Presidente
Francesco Caringella, Consigliere
Carlo Saltelli, Consigliere, Estensore
Antonio Bianchi, Consigliere
Fabio Franconiero, Consigliere