Cons. Stato, Sez. V, 30 dicembre 2025, n. 10380

Con una pronuncia di notevole spessore sistematico, il Consiglio di Stato torna a definire i contorni del sub-procedimento di verifica dell'anomalia dell'offerta, offrendo coordinate preziose per le stazioni appaltanti che si avventurano nell'applicazione del nuovo Codice dei Contratti Pubblici. La sentenza in commento si configura come un vero e proprio manifesto contro la deriva degli automatismi nelle gare pubbliche, riaffermando la centralità di un'analisi discrezionale, olistica e contestualizzata dell'offerta economica. Attraverso la vicenda di un’esclusione per presunta incongruità degli oneri di sicurezza aziendali, i Giudici del Consiglio di Stato colgono l'occasione per tracciare due principi fondamentali: la necessità di una valutazione complessiva dell'offerta, che non può essere parcellizzata su singole voci di costo, e l'incompatibilità logica e giuridica tra la natura flessibile dell'accordo quadro e l'applicazione di rigidi parametri numerici per l'attivazione della verifica di anomalia. La decisione si pone, dunque, come un indispensabile correttivo contro le tentazioni di semplificazione che, inseguendo una chimera di efficienza, rischiano di sacrificare la ragionevolezza e la proporzionalità dell'azione amministrativa, finendo per escludere offerte pienamente sostenibili.

 

Guida alla lettura

1. Il quadro normativo di riferimento: la valutazione dell'anomalia tra rigidità e discrezionalità

La sentenza in commento si inserisce in un contesto normativo, quello del D.Lgs. 36/2023, che ha ridisegnato il procedimento di verifica delle offerte anormalmente basse, conferendo alle stazioni appaltanti la facoltà di indicare nella lex specialis gli elementi specifici in base ai quali un’offerta può essere ritenuta sospetta (art. 110 c.c.p.). In questo quadro, un ruolo centrale è da sempre occupato dagli oneri di sicurezza aziendali. La giurisprudenza, anche recente, ha costantemente ribadito la loro natura di "elemento essenziale" e la loro "rigida inalterabilità" in fase di giustificazioni, a presidio della serietà dell'offerta e della tutela dei lavoratori. Consentirne una modifica postuma equivarrebbe a permettere una indiscriminata ed arbitraria variazione della composizione dell'offerta economica, vanificando le finalità di responsabilizzazione dell'operatore economico.

Tuttavia, la rigidità che connota la composizione dell'offerta non può e non deve tradursi in una altrettanto rigida e meccanica valutazione della sua congruità. Il principio cardine che governa il sub-procedimento di verifica, come la stessa sentenza qui in esame ribadisce con forza, è quello della valutazione olistica. Il giudizio di anomalia non è un controllo parcellizzato su singole voci, ma una valutazione prognostica sulla sostenibilità complessiva dell'impegno contrattuale. Come affermato dalla giurisprudenza citata dallo stesso Collegio: “Il procedimento di verifica dell'anomalia non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell'offerta economica, mirando piuttosto ad accertare se in concreto l'offerta, nel suo complesso, sia attendibile e affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell'appalto, senza concentrarsi esclusivamente e in modo parcellizzato sulle singole voci di prezzo...”

Questa esigenza di una valutazione globale e flessibile si accentua in contesti contrattuali, come gli appalti integrati o, a maggior ragione, gli accordi quadro, dove l'offerta si fonda su “stime previsionali e, dunque, su apprezzamenti e valutazioni implicanti un ineliminabile margine di opinabilità ed elasticità”. È proprio in questo delicato equilibrio tra la necessaria rigidità di alcuni elementi dell’offerta e l'imprescindibile discrezionalità nella loro valutazione che si colloca la pronuncia del Consiglio di Stato, chiamata a stabilire se la facoltà della stazione appaltante di predeterminare i segnali di anomalia possa spingersi fino a introdurre veri e propri automatismi che contraddicono la natura stessa del giudizio di congruità.

 

2. La vicenda processuale: l'innesco automatico dell'anomalia e l'esclusione

La controversia trae origine da una procedura indetta da Anas S.p.A. per l'affidamento di un accordo quadro triennale per lavori di manutenzione. La stazione appaltante, avvalendosi dell'inversione procedimentale, riceveva per il lotto d'interesse una sola offerta, quella di un Consorzio Stabile. Pur attribuendo un punteggio significativo all'offerta tecnica, la commissione rilevava una potenziale anomalia, poiché gli oneri aziendali della sicurezza indicati dal concorrente (€ 82.200,00) risultavano inferiori a una soglia predeterminata dalla lex specialis. Il disciplinare di gara, infatti, prevedeva l'avvio della verifica di anomalia qualora gli oneri di sicurezza si discostassero da un importo calcolato applicando un “coefficiente OTSA potenziale pari a 0.0075”, mutuato dal protocollo ITACA. All'esito del contraddittorio, il gruppo di valutazione riteneva l'offerta non congrua, focalizzando il proprio giudizio negativo esclusivamente sulla mancata giustificazione della stima dei costi della sicurezza aziendale. Di conseguenza, Anas spa disponeva l'esclusione del concorrente. Il TAR Lazio confermava la legittimità dell'operato della stazione appaltante, ritenendo corretto l'utilizzo del parametro fisso previsto dal bando per dare avvio al procedimento. Il Consiglio di Stato, ribaltando la decisione di primo grado, accoglie l'appello del Consorzio Stabile, annullando l'esclusione e il sottostante giudizio di anomalia.

 

3. Il primo pilastro della decisione: la verifica di anomalia deve essere globale, non parcellizzata

Il primo, e forse più dirompente, argomento con cui il Consiglio di Stato demolisce il provvedimento di esclusione attiene alla metodologia stessa della verifica. Il Collegio, accogliendo il quarto motivo di gravame, censura la stazione appaltante per aver circoscritto il proprio giudizio di inaffidabilità alla sola voce degli oneri di sicurezza, senza estenderlo all'equilibrio complessivo dell'offerta. Si legge nella sentenza: “Dall’esame della documentazione versata in atti si evince, invece, che il giudizio di inaffidabilità e, dunque, l’incongruità è stata riscontrata solo con riferimento alla sottostima degli oneri di sicurezza aziendali e non in relazione alla complessità dell’offerta. [...] Ciò risulta contrario al principio, più volte affermato dalla giurisprudenza amministrativa, per cui la verifica dell’anomalia dell’offerta non può risolversi in una valutazione parcellizzata di singole voci di costo, ma deve sempre tener conto dell’offerta nel suo complesso, considerando il margine di autonomia organizzativa e tecnica dell’operatore economico”.

Richiamando un consolidato orientamento, i Giudici ribadiscono un principio cardine: l'anomalia non è la ricerca di un errore contabile su una singola voce, ma un giudizio prognostico sulla serietà e sostenibilità dell'offerta nel suo insieme. L'esclusione è una misura estrema, giustificata solo a fronte di una provata “inattendibilità complessiva”.

Nel caso di specie, la il Collegio evidenzia come l'amministrazione (e prima di essa il TAR) abbia completamente ignorato elementi che deponevano a favore della sostenibilità dell'offerta, primo fra tutti il “sostanzioso” utile dell'8% stimato dal concorrente, pari a oltre un milione di euro. Un margine così ampio avrebbe potuto, con ogni evidenza, assorbire eventuali sottostime su singole voci di costo, inclusa quella relativa alla sicurezza. L'errore della stazione appaltante è stato quello di trasformare un indicatore (la presunta anomalia degli oneri di sicurezza) nell'unico e solo oggetto della valutazione, tradendo la natura olistica che il giudizio di congruità deve necessariamente possedere. La valutazione parcellizzata si traduce, quindi, in un vizio di legittimità che inficia l'intero procedimento.

 

4. Il secondo pilastro: l'incompatibilità tra la rigidità dei parametri e la flessibilità dell'accordo quadro

Il secondo decisivo argomento della sentenza si concentra sulla natura specifica dello strumento di gara utilizzato: l'accordo quadro. Il Consiglio di Stato accoglie la tesi dell'appellante secondo cui la struttura stessa di un accordo quadro, caratterizzata da un'intrinseca incertezza sulle quantità e sulla tipologia delle prestazioni che verranno effettivamente richieste, rende illogica e illegittima l'applicazione di un parametro rigido e predeterminato per valutare la congruità degli oneri di sicurezza.

La Corte smonta la tesi del TAR, secondo cui la natura di accordo quadro non giustificherebbe una “flessibilità illimitata”, e afferma un principio opposto e ben più aderente alla realtà economica: “il Collegio ritiene che, nella fattispecie in questione, la natura di accordo quadro dell’affidamento renda impossibile la preventiva esatta determinazione di quanto risulti congruo indicare con riferimento agli oneri di sicurezza aziendali, e, dunque, che non risponda a legittimità neppure la previsione da parte della lex specialis di gara dell’avvio del procedimento di verifica dell’anomalia fondato esclusivamente su un dato rigido e predeterminato come il coefficiente ITACA 0,0075, a prescindere dalla concreta valutazione dell’offerta [...]”.

Il ragionamento è impeccabile.

L'accordo quadro impegna l’operatore economico a eseguire prestazioni future ed eventuali, non predeterminate nel loro esatto ammontare. Pretendere una quantificazione granulare e rigida di costi come quelli per la sicurezza, la cui entità dipende strettamente dalle concrete modalità esecutive, significa snaturare la logica dello strumento e imporre un onere irragionevole al concorrente. Citando un proprio precedente (Cons. Stato, sez. III, 25 ottobre 2022, n. 9117), il Collegio ribadisce che non è corretto sia tecnicamente che giuridicamente valutare la congruità dell’offerta con criteri cristallizzati per l’appalto ‘classico’ poiché nell’accordo quadro non vi è alcuna certezza ex ante”.

Questa affermazione ha una portata che trascende il caso di specie. Essa impone alle stazioni appaltanti di calibrare i criteri di valutazione dell'anomalia sulla base della tipologia di contratto, abbandonando l'applicazione meccanica di formule e coefficienti che presuppongono un quadro prestazionale definito e immutabile, quale quello che l'accordo quadro, per sua natura, non può offrire.

 

5. Considerazioni conclusive: un monito contro la burocrazia difensiva

La sentenza n. 10380/2025 del Consiglio di Stato lancia un messaggio inequivocabile alle stazioni appaltanti: la lotta alle offerte anomale non si combatte con la comoda scorciatoia degli automatismi, ma con un'istruttoria approfondita, completa e contestualizzata. Trasformare un parametro orientativo come il coefficiente ITACA in una soglia automatica di sospetto, per di più applicata a uno strumento flessibile come l'accordo quadro, rappresenta una forma di “burocrazia difensiva” che il giudice amministrativo non è disposto a tollerare.

La pronuncia si pone in un dialogo ideale con altre recenti decisioni che hanno scandagliato il tema degli oneri di sicurezza. Se, da un lato, la giurisprudenza (come nel caso commentato dallo stesso autore in www.italiappalti.it: L'immodificabilità degli oneri di sicurezza aziendali nel nuovo Codice degli Appalti: il TAR Catania traccia il solco tra errore materiale e manipolazione dell'offerta. T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. III, Ord. Cau. 24 ottobre 2025, n. 347), ha confermato la rigida immodificabilità di tali oneri una volta indicati in offerta, a presidio della serietà della stessa e della par condicio, dall’altro lato, la sentenza in esame chiarisce che la fase di valutazione della loro congruità non può essere altrettanto rigida e meccanica. Deve, al contrario, essere olistica, guardando all'equilibrio economico complessivo, e flessibile, adattandosi alle specificità del contratto da affidare.

In definitiva, il Consiglio di Stato ci ricorda che l’efficienza e il risultato, principi cardine del nuovo Codice degli Appalti Pubblici, non si raggiungono attraverso formule matematiche applicate ciecamente, ma attraverso l'esercizio di un potere discrezionale informato, logico e proporzionato.

 

Pubblicato il 30/12/2025

N. 10380/2025REG.PROV.COLL.

N. 06174/2025 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6174 del 2025, proposto da
Fenix Consorzio Stabile S.c. a r.l. in proprio e nella qualità di mandataria dell’Ati con la mandante Lgm S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG A0217BBA19, rappresentata e difesa dagli avvocati Angelo Clarizia e Antonio Melucci, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Anas S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Quarta) n. 7759 del 2025, resa tra le parti. 

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Anas S.p.a.;

Vista la memoria dell’appellante;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120 cod. proc. amm.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 dicembre 2025 il Cons. Elena Quadri e uditi per le parti gli avvocati Angelo Clarizia e, in delega dell'avv. Antonio Melucci, l'avv. Lorenzo Coleine;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

Fenix Consorzio Stabile S.c. a r.l., in proprio e nella qualità di mandataria dell’Ati con la mandante Lgm S.r.l., ha impugnato il provvedimento del 25 ottobre 2024 (prot. n. 924267) con cui Anas S.p.a. ha disposto la sua esclusione dal lotto n. 5 della procedura indetta per l’affidamento dell’“Accordo Quadro triennale per l'esecuzione di lavori di manutenzione programmata per il risanamento strutturale delle opere d'arte compresi implacati in carpenteria metallica” (CIG. A0217BBA19), la relazione finale di anomalia del 16 ottobre 2024 con la quale il gruppo di valutazione sulla congruità ha ritenuto l’offerta presentata dall’Ati ricorrente non congrua con riferimento ai costi della sicurezza aziendale e gli atti connessi, chiedendo, altresì, l’accertamento del suo diritto all'aggiudicazione dell'appalto, in sede di giurisdizione esclusiva, ai sensi dell'art. 133 c.p.a., con eventuale declaratoria di inefficacia del contratto, nelle more eventualmente stipulato e subentro nell'affidamento.

Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha respinto il ricorso con sentenza n. 7759 del 2025, appellata da Fenix Consorzio Stabile S.c. a r.l. per i seguenti motivi di diritto:

I - error in iudicando – sull’illegittimità del disciplinare di gara;

II – error in iudicando – sull’erronea applicazione della formula ITACA;

III – error in iudicando – sull’erronea applicazione della formula ITACA;

IV – error in iudicando – sull’illegittimità del provvedimento di esclusione;

V - error in iudicando – sulla natura dell’appalto.

Si è costituita per resistere all’appello Anas S.p.a.

Successivamente Fenix Consorzio Stabile S.c. a r.l. ha prodotto memoria a sostegno delle proprie conclusioni.

All’udienza pubblica dell’11 dicembre 2025 l’appello è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Giunge in decisione l’appello proposto da Fenix Consorzio Stabile S.c. a r.l., in proprio e nella qualità di mandataria dell’Ati con la mandante Lgm S.r.l., per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio n. 7759 del 2025 che ha respinto il suo ricorso per l’annullamento del provvedimento con cui Anas S.p.a. ha disposto l’esclusione dell’Ati appellante dal lotto n. 5 della procedura indetta per l’affidamento dell’“Accordo Quadro triennale per l’esecuzione di lavori di manutenzione programmata per il risanamento strutturale delle opere d’arte compresi implacati in carpenteria metallica” (CIG. A0217BBA19), della relazione finale di anomalia del 16 ottobre 2024 con la quale il gruppo di valutazione sulla congruità ha ritenuto l’offerta presentata dall’Ati ricorrente non congrua con riferimento ai costi della sicurezza aziendale e degli atti connessi.

Deve premettersi che Anas S.p.a. aveva indetto una procedura pubblica, da aggiudicarsi secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per l’affidamento dell’accordo quadro, suddiviso in 9 lotti, dei quali il lotto n. 5 avente una base d’asta di importo pari ad euro 20.000.000,00.

La stazione appaltante, secondo le previsioni del disciplinare di gara, decideva di ricorrere all’inversione procedimentale ai sensi dell’art. 107, comma 3, del d.lgs. n. 36 del 2023.

Alla scadenza del termine di presentazione delle offerte per il lotto 5 risultava pervenuta una sola offerta da parte dell’Ati Fenix Consorzio Stabile S,c. a r.l., odierna appellante.

La commissione giudicatrice nominata attribuiva all’offerta tecnica dell’unico concorrente per il lotto 5 un punteggio pari a 44,05, e a quella economica, che presentava un ribasso percentuale medio ponderato del 18,258%, un punteggio pari a 64,05.

La commissione, inoltre, rilevava una possibile anomalia nell’offerta economica dell’Ati Fenix Consorzio Stabile S.c. a r.l. dovuta all’importo complessivo per gli oneri aziendali della sicurezza “pari a € 82.200,00 che riportavano uno scostamento del 21,13% rispetto all’importo risultante dall’applicazione del coefficiente 0,0075”, disponendo la verifica della congruità delle offerte, sulla base di quanto previsto dall’art. 110 del d.lgs. n. 36 del 2023, dando comunicazione al RUP di procedere ai sensi del par. 22 del disciplinare, rubricato “Verifica di anomalia delle offerte”.

Il gruppo di valutazione, dopo aver espletato la procedura di verifica in contraddittorio, il 14 ottobre 2024 redigeva la relativa relazione conclusiva, concludendo per la non congruità dell’offerta.

In particolare: “Il GdV, alla luce di una ampia rilettura di tutta la documentazione giustificativa acquisita nell’ambito dell’intero subprocedimento di anomalia nonché delle dichiarazioni rese dall’impresa nel corso dell’audizione, ritiene che detta documentazione sia caratterizzata da incongruenze ed omissioni. I chiarimenti forniti nelle successive fasi della verifica e, in ultimo, il confronto verbale avvenuto nell’audizione, sono stati comunque insufficienti a giustificare le carenze riscontrate. In particolare, così come sopra specificato, il Concorrente non è stato in grado di giustificare compiutamente la stima dei costi della sicurezza aziendale, da cui si è generata l’anomalia. Da quanto sopra, il GdV ritiene non congrua l’offerta del Concorrente e rimette alla stazione appaltante per il seguito di competenza” (cfr. la relazione, versata in atti).

La stazione appaltante, con provvedimento del 25 ottobre 2024, disponeva l’esclusione dell’Ati per la mancata presentazione di documentazione a supporto di quanto dichiarato con riferimento ai costi aziendali della sicurezza, che sarebbero stati sottostimati anche con riferimento alle modalità di calcolo indicate dall’Ati in sede di giustifiche.

L’Ati Fenix ha impugnato il provvedimento di esclusione innanzi al Tar Lazio, che lo ha respinto con sentenza n. 7759 del 2025, ritenendo che, ai sensi dell’art. 110 del d.lgs. n. 36 del 2023: “Appare pertanto del tutto corretto l’operato della S.A., avendo la stessa rispettato il dettato codicistico, articolando il bando di gara conformemente alle disposizioni dell’Anac in ordine alla redazione della legge di gara, senza esercitare una scelta manifestamente sproporzionata, avendo individuato un criterio fisso e determinato. in quanto tale prevedibile dall’operatore economico, facendo riferimento al coefficiente di 00,0075, previsto dal protocollo Itaca, il quale rappresenta un regolamento nazionale pacificamente accolto anche dall’Ance e adottato da moltissime Stazioni Appaltanti, ben potendo pertanto tale parametro essere adottato per dare avvio al procedimento di verifica dell’anomalia”… “al momento dell’avvio della verifica di anomalia, la Stazione Appaltante disponeva unicamente dell’importo degli oneri aziendali per la sicurezza offerto da Fenix, il quale risultava inferiore alla soglia calcolata applicando il coefficiente dello 0,0075 all’importo complessivo dell’offerta (82.200,00 € < 104.221,31 €). La legge di gara prevedeva pertanto in modo chiaro la predetta modalità di verifica preliminare, a seguito della quale, nella sola fase successiva, all’interno del procedimento di anomalia, è stata correttamente effettuata un’analisi più approfondita dell’incidenza degli oneri della sicurezza sulle spese generali, ferma restando la piena legittimità dell’avvio della verifica sulla base del sopra citato criterio, come stabilito nel bando”.

Con il primo motivo di gravame l’appellante deduce l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha respinto il primo motivo di ricorso ritenendo che la clausola della lex specialis che ancorava l’avvio del procedimento di verifica dell’anomalia a uno scostamento degli oneri di sicurezza da un coefficiente fisso tratto dal protocollo ITACA (0,0075) potesse considerarsi conforme al dettato normativo e ai principi sottesi al nuovo Codice dei Contratti Pubblici.

Ed invero, sebbene il d.lgs. n. 36 del 2023 abbia riconosciuto in capo alla stazione appaltante la facoltà di indicare i presupposti per cui un’offerta possa apparire anormalmente bassa, per l’appellante tale facoltà dovrebbe “muoversi” sempre nei limiti della ragionevolezza e proporzionalità.

Più specificamente, essendo il coefficiente ITACA un parametro meramente orientativo, lo stesso presupporrebbe la conoscenza di tutti gli elementi necessari per la sua concreta e legittima applicazione, come ad esempio la percentuale delle spese generali effettivamente offerta dal concorrente.

Il Protocollo ITACA si limiterebbe, infatti, ad esprimere un valore presunto degli oneri di sicurezza rispetto al quale confrontare, in diminuzione o in aumento, quelli concretamente indicati dal concorrente. Il solo fatto di rapportare l’avvio della verifica di anomalia ad un coefficiente fisso - che, invece, dovrebbe essere il risultato di una formula indicata dal protocollo ITACA per consentire alla stazione appaltante di valutare la congruità (o meno) degli oneri di sicurezza nella fase di verifica di anomalia – darebbe conto della intrinseca illegittimità della disciplina di gara che, in sostanza, avrebbe convertito un potere discrezionale in un automatismo. Utilizzare il coefficiente in una fase preliminare della verifica di anomalia introdurrebbe, infatti, un meccanismo che potrebbe pregiudicare offerte pienamente sostenibili solo perché non “aderenti” a un parametro teorico.

Con il secondo e terzo motivo di gravame l’appellante ha dedotto che la stazione appaltante, avendo volontariamente assunto come riferimento il procedimento ITACA, non poteva legittimamente disapplicarne gli elementi essenziali, pena la violazione dell’autovincolo contenuto nella lex specialis. Invero, il disciplinare di gara, alla pag. 86, ha prescritto che: “Nel corso della verifica di anomalia, gli oneri aziendali per la sicurezza sono verificati dalla Stazione Appaltante sulla base delle “Prime indicazioni operative relative alla verifica di congruità degli oneri aziendali della sicurezza nei contratti di lavori pubblici” – edizione di febbraio 2015 – emesse dall’Istituto per l’innovazione e trasparenza degli appalti e la compatibilità ambientale (ITACA). La stazione Appaltante per tale verifica utilizza un coefficiente OTSA potenziale pari a 0.0075”.

Il coefficiente OTSA è un valore del tutto potenziale, pari a 0,0075, e presuppone un valore medio delle spese generali del 15%, ovvero il valore medio compreso tra il 13% ed il 17%. Il valore degli oneri della sicurezza offerto dall’appellante sarebbe stato anomalo, dunque, utilizzando il protocollo Itaca, solo qualora in sede di giustifiche dell’offerta il ricorrente avesse indicato un valore delle spese generali pari al 15%. Nel caso di specie, invece, l’appellante ha indicato spese generali al 19%: tale dato comporterebbe la rideterminazione del coefficiente OTSA potenziale del concorrente allo 0,0076, che sarebbe di gran lunga maggiore rispetto a quello minimo indicato dal bando (0,0075).

Il coefficiente ITACA, per sua struttura, potrebbe, infatti, operare solo quando tutti gli elementi dell’offerta sono conoscibili, non potendo costituire ex lege un presupposto per attivare il subprocedimento di verifica di anomalia.

Nel caso di specie, avendo l’Ati appellante indicato le spese generali pari al 19%, per un importo complessivo di euro 2.054.362,43, avrebbe indicato anche un importo complessivo per gli oneri aziendali della sicurezza (euro 82.200,00) perfettamente coerente con le indicazioni operative sulla verifica di congruità degli oneri aziendali della sicurezza di ITACA del 19 febbraio 2015. Infatti, considerato che gli oneri della sicurezza devono corrispondere ad una percentuale variabile tra il 3% ed il 5% delle spese generali, e che le spese generali sono state indicate nella misura di euro 2.048.908,73, la presunzione di congruità si attesta proprio su un valore compreso tra euro 61.467,26 - corrispondente al valore minino del 3% delle spese generali – ed euro 102.445,43 - corrispondente al valore massimo del 5% delle spese generali -. L’appellante ha indicato gli oneri della sicurezza in euro 82.200,00, valore del tutto congruo in quanto compreso nel range tra il minimo di euro 61.467,26 ed il massimo di euro 102.445,43.

Con il quarto motivo l’appellante ha dedotto che la sentenza sarebbe erronea nella parte in cui ha statuito che la commissione non ha ritenuto congrui, oltre agli oneri di sicurezza, anche tutti gli altri elementi dell’offerta, sicché la complessiva carenza di giustificazioni adeguate avrebbe portato a un giudizio complessivo di inaffidabilità.

Dall’esame del giudizio del gruppo di valutazione si evincerebbe, al contrario, che l’incongruità concerneva solo gli oneri di sicurezza aziendali.

Con il quinto motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui il Tar ha respinto il quarto motivo di ricorso, con cui l’Ati Fenix aveva evidenziato la natura dell’appalto controverso (accordo quadro) e la sua intrinseca incompatibilità con la previsione di un avvio del procedimento di verifica dell’anomalia fondato solo su un dato rigido e predeterminato (il coefficiente ITACA 0,0075), del tutto scollegato a una valutazione concreta dell’offerta.

L’appello è fondato.

Il Collegio ritiene di esaminare, innanzitutto, il quarto motivo di gravame, con il quale l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha statuito che: “la Commissione non ha ritenuto congrui tutti gli altri elementi dell’offerta, sicché, la complessiva carenza di giustificazioni adeguate ha portato a un giudizio complessivo di inaffidabilità”.

Dall’esame della documentazione versata in atti si evince, invece, che il giudizio di inaffidabilità e, dunque, l’incongruità è stata riscontrata solo con riferimento alla sottostima degli oneri di sicurezza aziendali e non in relazione alla complessità dell’offerta.

Ed invero, ciò è confermato dalla mera lettura della relazione conclusiva di verifica dell’offerta redatta dal gruppo di valutazione, in cui risulta ben posto in evidenza che la mancanza della documentazione e la perplessità sull’affidabilità dell’offerta riguardano solo ed esclusivamente la “congruità degli oneri aziendali di sicurezza”, mentre per tutte le altre voci la commissione si è limitata a prendere atto di quanto rappresentato dal concorrente nella fase di verifica, non rilevando alcuna criticità (cfr. la relazione redatta dal gruppo di valutazione, versata in atti).

Ed invero, si legge nella parte finale della relazione allegata al provvedimento di esclusione che: “Il Concorrente non è stato in grado di giustificare compiutamente la stima dei costi della sicurezza aziendale, da cui si è generata l’anomalia”.

Ciò risulta contrario al principio, più volte affermato dalla giurisprudenza amministrativa, per cui la verifica dell’anomalia dell’offerta non può risolversi in una valutazione parcellizzata di singole voci di costo, ma deve sempre tener conto dell’offerta nel suo complesso, considerando il margine di autonomia organizzativa e tecnica dell’operatore economico.

Il procedimento di verifica dell'anomalia non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell'offerta economica, mirando piuttosto ad accertare se in concreto l'offerta, nel suo complesso, sia attendibile e affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell'appalto, senza concentrarsi esclusivamente e in modo parcellizzato sulle singole voci di prezzo; il giudizio sull'offerta sospettata di anomalia è, quindi, incentrato sull'accertamento della serietà dell'offerta, desumibile dalle giustificazioni fornite dalla concorrente, con la conseguenza che l'esclusione dalla gara può essere disposta solo se vi sia la prova dell'inattendibilità complessiva dell'offerta” (cfr. per tutte Cons. Stato, V, 19 agosto 2025, n. 7077).

Una valutazione di inaffidabilità dell’offerta basata esclusivamente sulla presunta sottostima dei costi della sicurezza, senza tener conto dell’intera struttura dell’offerta e senza valutare le compensazioni possibili, è, dunque, illegittima, in quanto posta in essere in violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza e si pone in contrasto con il principio di valutazione complessiva dell’offerta.

Nel caso di specie, la stazione appaltante prima e il Tar successivamente hanno omesso di considerare, tra l’altro, che l’Ati appellante ha stimato in offerta un utile pari ad un sostanzioso 8% (di euro 1.026.611,11); inoltre, l’Ati medesima, avvalendosi del soccorso istruttorio processuale, ha depositato in giudizio una copiosa documentazione al fine di comprovare la sostenibilità della propria offerta con riferimento agli oneri della sicurezza e, quindi, per giustificare gli elementi e gli importi indicati nella tabella presentata in sede di giustifiche, mentre la sentenza si è limitata ad affermare che l’Ati non è stata in grado di comprovare l’affidabilità dell’offerta, pretermettendo del tutto tali circostanze (cfr. anche la relazione di parte prodotta da Fenix nel giudizio di primo grado, che bene mette in luce tutte le carenze dell’agire amministrativo nel caso di specie).

E’ fondata anche la doglianza con la quale l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha respinto la censura con cui l’Ati Fenix aveva evidenziato la natura di accordo quadro dell’appalto controverso e, dunque, la intrinseca incompatibilità dello stesso con la previsione dell’avvio del procedimento di verifica dell’anomalia fondato solo su un dato rigido e predeterminato (il coefficiente ITACA 0,0075), del tutto scollegato a una valutazione concreta dell’offerta.

Più specificamente, mentre la sentenza ha respinto la censura statuendo che: “la natura di accordo quadro dell’affidamento, contrariamente a quanto sostenuto, non può, come correttamente sostenuto dalla difesa della S.A., consentire una flessibilità illimitata nella giustificazione dei costi, soprattutto in relazione agli oneri per la sicurezza, per i quali la normativa prevede una tutela rafforzata”, il Collegio ritiene che, nella fattispecie in questione, la natura di accordo quadro dell’affidamento renda impossibile la preventiva esatta determinazione di quanto risulti congruo indicare con riferimento agli oneri di sicurezza aziendali, e, dunque, che non risponda a legittimità neppure la previsione da parte della lex specialis di gara dell’avvio del procedimento di verifica dell’anomalia fondato esclusivamente su un dato rigido e predeterminato come il coefficiente ITACA 0,0075, a prescindere dalla concreta valutazione dell’offerta, come, sostanzialmente, ha dedotto l’appellante nella totalità dei motivi di gravame.

Ed invero, per poter effettuare correttamente e legittimamente il giudizio di anomalia dell’offerta al cospetto di un accordo quadro, è richiesta inevitabilmente un’analisi flessibile e calibrata sull’equilibrio generale dell’offerta, in considerazione del contesto aperto e non predeterminato in cui essa si colloca.

L’accordo quadro non obbliga, infatti, la stazione appaltante a vincolarsi mediante le successive convenzioni per tutte le prestazioni in astratto possibili in relazione alla somma massima predeterminata, ma impegna solo la controparte ad eseguirle nel caso di richiesta concreta da parte dell’amministrazione. Ne consegue l’impossibilità di esatta predeterminazione, al momento dell’offerta, di capienti oneri di sicurezza aziendali, la cui effettiva congruità dovrà essere necessariamente rapportata alle prestazioni in concreto eseguite dall’operatore economico.

La previsione di utilizzare un parametro fisso e rigido per la determinazione della congruità degli oneri di sicurezza aziendali presuppone, invece, un quadro prestazionale ed economico predefinito e stabile che l’accordo quadro non può offrire, snaturando la stessa logica del sistema di gara per accordo quadro, che non può essere valutata con le stesse modalità delle procedure ad evidenza pubblica ordinarie per l’affidamento di lavori, servizi o forniture già specificamente predeterminati nel loro ammontare.

E’ stato, invero, affermato dalla giurisprudenza amministrativa in un giudizio concernente un appalto integrato che: “la formulazione di un’offerta economica e la conseguente verifica di anomalia si fondano su stime previsionali e, dunque, su apprezzamenti e valutazioni implicanti un ineliminabile margine di opinabilità ed elasticità, essendo impossibile pretendere una rigorosa quantificazione preventiva delle grandezze delle voci di costo rivenienti dall’esecuzione futura di un contratto e per contro sufficiente che questa si mostri ex ante ragionevole ed attendibile (Cons. Stato, V, n. 3480 del 2018)”(Cons. Stato, V, 6 marzo 2025, n. 1892).

Ciò vale, a maggior ragione, nel caso di specie, che ha ad oggetto un accordo quadro.

Questo Consiglio ha, infatti, statuito che: “Nel caso di un accordo-quadro … non è corretto sia tecnicamente che giuridicamente valutare la congruità dell’offerta con criteri cristallizzati per l’appalto “classico” poiché nell’accordo quadro non vi è alcuna certezza ex ante in ordine alla quantità di prodotti e lavori che nel tempo dovranno essere acquisiti” (Cons. Stato, III, 25 ottobre 2022, n. 9117).

Da tutto ciò consegue, nel caso di specie, la necessità di annullare il provvedimento di esclusione e, prima ancora, il giudizio di anomalia dell’offerta dell’appellante sul quale lo stesso si è fondato.

Alla luce delle suesposte considerazioni l’appello va accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, va accolto il ricorso di primo grado, salve le ulteriori determinazioni dell’amministrazione.

Sussistono giusti motivi, in considerazione delle peculiarità e della novità delle questioni trattate nella controversia, per disporre l’integrale compensazione fra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado, salve le ulteriori determinazioni dell’amministrazione.

Spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 dicembre 2025 con l'intervento dei magistrati:

Francesco Caringella, Presidente

Valerio Perotti, Consigliere

Alberto Urso, Consigliere

Sara Raffaella Molinaro, Consigliere

Elena Quadri, Consigliere, Estensore