Cons. Stato, sez. III, 10 ottobre 2025, n. 7973

L’informazione riguardante la data in cui un laboratorio è stato autorizzato dal Ministero della Salute ad effettuare il test molecolare su campioni clinici per l’individuazione del Sars-Cov-2 rientra astrattamente tra i dati oggetto dell’accesso civico generalizzato, aggregabili nella triade “dati, documenti e informazioni”; non sussiste alcun distinguo tra “dato” e “informazione”, dato che l’accesso civico “generalizzato” consente a chiunque di richiedere ed avere copia di atti e documenti “ulteriori” rispetto quelli pubblicati per previsione di legge.

E’ legittimo il diniego di accesso civico generalizzato che risulti manifestamente oneroso o sproporzionato e cioè tale da comportare un carico irragionevole di lavoro, idoneo a interferire con il buon andamento della pubblica amministrazione, come nel caso di richiesta massiva contenente un numero rilevante di dati o documenti, ovvero di richieste massive plurime, pervenute in un arco temporale limitato da parte dello stesso soggetto o da soggetti comunque riconducibili a un unico centro di interesse.

Guida alla lettura

Con la pronuncia n. 7973/2025, la terza sezione del Consiglio di Stato si occupa della legittimità dell’istanza di accesso civico generalizzato, di cui all’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 33/2013, presentata all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana, avente ad oggetto informazioni circa: i) la data in cui il laboratorio è stato autorizzato dal Ministero della Salute a svolgere test in vitro rt-PCR per l’individuazione del SARS-CoV-2; ii) il numero complessivo di test risultati positivi inviati alle ASL competenti, con specifica delle ASL destinatarie, delle date di invio e dei numeri comunicati per ciascun inoltro.

A fronte del mancato riscontro all’istanza, la ricorrente ha proposto ricorso ex art. 116 c.p.a. per ottenere l’accertamento del diritto di accesso e la condanna alla comunicazione dei dati richiesti.

Il TAR ha respinto l’impugnativa, rilevando, quanto alla prima richiesta, che le informazioni pretese esulano dall’ambito applicativo dell’accesso civico generalizzato, non essendo dati o documenti detenuti in modo accessibile dall’Amministrazione, né elementi conoscitivi non reperibili sui siti istituzionali competenti; quanto alla seconda richiesta, che la raccolta delle suddette informazioni comporterebbe un carico di lavoro eccessivamente oneroso per il laboratorio resistente, attesa la complessità delle attività di ricerca ed elaborazione necessarie.

La lite approda quindi al Consiglio di Stato, il quale esamina distintamente i due quesiti sopra individuati, a cui fornisce una risposta parzialmente difforme rispetto a quella del TAR.

Il Collegio delinea, anzitutto, le coordinate dell’istituto dell’accesso civico generalizzato di cui all’art. 5, comma 2, d.lgs. 33/2013, in particolare: i) l’accesso civico generalizzato consente la conoscenza di dati e documenti ulteriori rispetto a quelli soggetti a pubblicazione obbligatoria al fine di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico; ii) detti dati e documenti devono essere detenuti da pubbliche amministrazioni o da enti privati esercenti funzioni amministrative o attività di pubblico interesse; iii) tale forma di accesso non richiede particolari qualificazioni soggettive né la motivazione delle ragioni della richiesta; iv) i dati o documenti devono essere effettivamente detenuti dal soggetto destinatario dell’istanza.

Ciò premesso, i giudici rispondono positivamente al primo quesito, ritenendo che la richiesta in esame (ossia se possa costituire oggetto di accesso civico generalizzato l’informazione riguardante la data in cui un laboratorio è stato autorizzato dal Ministero della Salute ad effettuare il test molecolare su campioni clinici per l’individuazione del Sars-Cov-2) rientri, in effetti, nell’alveo dell’accesso civico generalizzato di cui all’art. 5, comma 2, d.lgs. 33/2013.  In questo senso, i dati richiesti rientrano astrattamente tra quelli oggetto dell’accesso civico generalizzato ed aggregabili nella triade “dati, documenti e informazioni”, rispetto alla quale non sussiste alcun distinguo tra “dato” e “informazione” tale per cui sarebbe accessibile solo il primo a condizione che esso sia già depositato in un documento preesistente. L’accesso civico “generalizzato” consente, invero, a chiunque di richiedere ed avere copia di atti e documenti “ulteriori” rispetto quelli pubblicati per previsione di legge. In secondo luogo, fermo che l’accesso civico generalizzato è azionabile da chiunque, senza previa dimostrazione di un’esigenza, concreta e attuale, correlata alla tutela di situazioni giuridicamente rilevanti e senza oneri di motivazione, la richiesta in questione è stata avanzata in termini sufficientemente circostanziati e con riferimento ad una ribadita attualità dell’interesse. Infine, i dati richiesti afferiscono ad attività svolte nel pubblico interesse e di pubblico servizio in quanto l’ente intimato rientra in apposito elenco predisposto dal Ministero della Salute.

Quanto al secondo quesito, questo attiene alla legittimità dell’istanza di accesso sotto il suo profilo “quantitativo”, avuto, cioè, riguardo alla mole dell’attività di ricerca e selezione delle informazioni richieste e degli effetti sull’ordinario svolgimento delle funzioni del laboratorio interpellato.

Dopo apposito approfondimento istruttorio, il Collegio ha ritenuto che gli elementi acquisiti consentissero di qualificare l’istanza come “massiva”, data la rilevante entità della documentazione richiesta, l’estensione temporale pluriennale del periodo oggetto della ricerca e la complessità dell’attività istruttoria necessaria per rendere le informazioni conformi ai requisiti di ostensibilità e neutralità.

Secondo l’orientamento consolidato della terza Sezione, infatti, dall’impianto normativo in tema di accesso civico generalizzato si evince un principio generale di necessaria composizione tra il diritto alla trasparenza e l’esigenza di non pregiudicare, mediante un uso improprio dell’accesso, il buon andamento dell’azione amministrativa, evitando di imporre alla medesima un carico operativo eccessivamente gravoso e incompatibile con i principi di funzionalità, economicità e tempestività dell’azione pubblica. Tale indirizzo si colloca in piena continuità con la pronuncia dell’Adunanza Plenaria n. 10/2020, la quale ha affermato la legittimità – e in certi casi la doverosità – di respingere istanze di accesso civico “manifestamente onerose o sproporzionate, e cioè tali da comportare un carico irragionevole di lavoro, idoneo a interferire con il buon andamento della pubblica amministrazione.

Nello specifico, l’istanza oggetto di giudizio integra un’ipotesi di “richiesta massiva plurima”, con struttura e contenuto del tutto analoghi, proposta dallo stesso soggetto nei confronti di una pluralità di laboratori di analisi, secondo modalità “a tappeto”. Istanze di tal fatta denunciano un interesse conoscitivo, di natura individuale e privatistica, disallineato dalle finalità tipiche dell’accesso civico generalizzato, quali sono l’informazione e la formazione dell’opinione pubblica, il controllo sull’esercizio delle funzioni istituzionali, la verifica dell’impiego delle risorse pubbliche e la promozione della partecipazione democratica, come previsto dall’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 33/2013.

Il Collegio, nel rigettare la domanda di accesso, chiosa ricordando che, secondo quanto disposto dalla Circolare FOIA n. 2/2017, la valutazione circa la ragionevolezza dell’istanza deve tenere conto non solo dell’eventuale attività di trattamento (es. oscuramento dei dati personali), necessaria per garantire la ostensibilità delle informazioni richieste, oltre che delle risorse organizzative e umane da impiegare, ma anche della rilevanza dell’interesse conoscitivo perseguito. Ebbene, pur non trattandosi, come visto, di un requisito di legittimazione all’accesso, la scarsa rilevanza dell’interesse rappresentato concorre a motivare la legittimità del diniego opposto, proprio sotto il profilo della oggettiva e ingiustificata gravosità dell’attività istruttoria richiesta per dare seguito all’istanza. Trattasi, a ben vedere, dell’applicazione del principio di proporzionalità alla particolare disciplina dell’accesso civico generalizzato.

La pronuncia si colloca sulla scia di quell’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato (tra cui, di recente, Cons. Stato, sez. IV, 25 novembre 2024, n. 9470) secondo il quale le istanze di accesso di carattere “massivo” contrastano con il principio generale del divieto di abuso del diritto, di natura trasversale nell’ordinamento, che costituisce una particolare declinazione del principio di buona fede, il quale, a sua volta, è attuazione del principio fondamentale di solidarietà politica, economica e sociale enunciato dall’art. 2 Cost.; le stesse devono perciò ritenersi non proporzionate, manifestamente irragionevoli e abusive.

 

 

 

Pubblicato il 10/10/2025

N. 07973/2025 REG.PROV.COLL.

N. 00889/2025 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

 

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 889 del 2025, proposto dalla sig.ra Elena Giupponi, rappresentata e difesa dall'avvocato Mauro Sandri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Antonio Martinelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 18372/2024, resa tra le parti.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 87, co. 3, cod. proc. amm.;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 9 ottobre 2025 il Cons. Giovanni Pescatore e viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. In data 21 marzo 2024, l’odierna parte appellante ha presentato istanza di accesso civico generalizzato, ai sensi dell’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 33/2013, nei confronti dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana, al fine di ottenere informazioni concernenti:

i) la data in cui il laboratorio convenuto è stato autorizzato dal Ministero della Salute a svolgere test in vitro rt-PCR per l’individuazione del SARS-CoV-2;

ii) il numero complessivo di test risultati positivi inviati alle ASL competenti, con specifica delle ASL destinatarie, delle date di invio e dei numeri comunicati per ciascun inoltro.

2. L’istanza è stata motivata facendo leva sull’obbligo di trasparenza previsto dal quadro normativo emergenziale e dalla disciplina generale in materia di accesso civico, nonché sul ruolo dell’ente intimato, operante in una funzione di pubblico interesse quale quella diagnostica per la rilevazione e il contrasto al SARS-CoV-22.

3. A fronte del mancato riscontro, la ricorrente ha adito il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, proponendo azione ex art. 116 c.p.a. per ottenere l’accertamento del diritto di accesso e la condanna alla comunicazione dei dati richiesti.

4. Con sentenza n. 18372 del 2024, il TAR Lazio ha respinto il ricorso, ritenendo:

• in relazione al primo punto, che le informazioni richieste esulano dall’ambito applicativo dell’accesso civico generalizzato, non essendo dati o documenti detenuti in modo accessibile dall’Amministrazione, né elementi conoscitivi non reperibili sui siti istituzionali competenti;

• quanto al secondo punto, che la raccolta delle suddette informazioni comporterebbe un carico di lavoro eccessivamente oneroso per il laboratorio resistente, attesa la complessità delle attività di ricerca ed elaborazione a tal fine necessarie.

La sentenza ha altresì condannato la sig.ra Giupponi al pagamento delle spese processuali, liquidate in euro 1.500,00 oltre accessori.

5. La decisione viene impugnata in questa sede dalla ricorrente in primo grado, alla quale si oppone l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana.

6. La causa - istruita d‘ufficio nei termini di cui all’ordinanza collegiale n. 4764/2025 - è passata in decisione all’udienza del 9 ottobre 2025.

7. Sono tre i motivi di appello dedotti.

7.1. Il primo investe il capo decisorio che, nell’esaminare la prima richiesta di accesso - avente ad oggetto “la data in cui il laboratorio convenuto è stato autorizzato dal Ministero della Salute a svolgere i test in vitro rt-PCR per l’individuazione del SARS-CoV-2” - , l’ha respinta sostenendo che essa afferisce a ““informazioni” .. riportate sui siti istituzionali delle richiamate Amministrazioni regionali o ministeriali, ove erano indicati i laboratori presso cui effettuare i test, non essendo ravvisabile l’adozione di uno specifico atto autorizzatorio, ma essendo necessario l’inserimento in specifici elenchi (che tra l’altro la stessa parte ricorrente allega al ricorso, dimostrando di avere già notizia di quanto richiesto) all’esito di plurime attività di verifica e di invio dei campioni. Trattandosi di informazione, la stessa esula dall’ambito applicativo dell’accesso civico “generalizzato” siccome disciplinato all’art. 5, commi 2, del d.lgs. n. 33 del 2013 che delimita espressamente tale istituto “ai dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni” e che in base al disposto di cui all’art. 2 bis, co. 3 del medesimo d.lgs. trova applicazione sempre “limitatamente ai dati e ai documenti” inerenti all'attività di pubblico interesse anche per gli “enti di diritto privato, anche privi di personalità giuridica, con bilancio superiore a cinquecentomila euro, che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici”.

-- La parte appellante osserva in chiave critica:

a) che il laboratorio resistente, essendo inserito nel ristretto elenco dei laboratori abilitati alla diagnosi molecolare per il SARS-CoV-2, è soggetto agli obblighi di trasparenza previsti dall’art. 2-bis del d.lgs. n. 33/2013, in quanto produttore di beni e servizi di pubblico interesse;

b) che la trasmissione dei dati richiesti non è solo parte integrante del mandato istituzionale dei laboratori abilitati, ma rientra pienamente nell’ambito dei dati accessibili ai sensi del FOIA (art. 5.2 d.lgs. 33/2013).

7.2. Il secondo motivo di appello investe il capo decisorio che ha respinto il secondo punto dell’istanza di accesso (concernente “il numero dei test svolti, la suddivisione per singola ASL e l’indicazione dei test positivi ad essa Azienda inviati”), in quanto a giudizio del TAR “per soddisfare la richiesta, il laboratorio, dovrebbe ritrovare tutti i dati, anonimizzarli, suddividerli per singola Azienda Sanitaria, estrapolare i risultati positivi e conteggiarli, indicandoli in uno specifico elenco da trasmettere alla ricorrente, con la conseguenza che l’istanza di accesso non è volta a ottenere dati già elaborati in maniera anonima per una finalità di condivisione e di riutilizzo, bensì dati per i quali si richiede una attività di ricerca, estrapolazione e analisi”.

-- La parte appellante censura detta motivazione come del tutto apparente, in quanto consistente in una enunciazione meramente assertiva, sprovvista di qualsivoglia contenuto motivazionale effettivo, non essendosi il Giudice di prime cure peritato né di rappresentare sommariamente quale sarebbe il fondamento dell’affermazione per cui le informazioni di cui si chiede l’ostensione richiederebbero una previa attività di estrapolazione ed elaborazione; né di precisare da quale fonte sarebbe desumibile un simile convincimento, e nemmeno di descrivere quale sarebbe, concretamente, l’attività di selezione e riorganizzazione dei dati tratteggiata come eccessivamente gravosa.

Inoltre, il rilascio dei dati richiesti, pacificamente legittimo e non contestato in quanto tale, non richiede alcuna elaborazione perché si risolve nell’invio di quelli già esattamente comunicati all’Istituto Superiore di Sanità. Come affermato in un caso identico dal TAR Liguria “le modalità elettroniche di conservazione e trasmissione dei risultati dei test, che fin dall’origine hanno caratterizzato l’attività della resistente, consentono agevolmente sia la sintesi numerica dei dati che l’eventuale anonimizzazione degli stessi” (sentenza 436/2024).

7.3. Il terzo motivo di appello, svolto in via subordinata ai due precedenti, investe la decisione di condanna della ricorrente in primo grado al pagamento delle spese di lite, statuizione contestata in quanto la assoluta novità della questione e il mutamento della giurisprudenza registratosi in materia avrebbero più opportunamente giustificato la loro compensazione.

8. Il gravame è infondato.

8.1. L’accesso civico generalizzato di cui all’art. 5, comma 2, d.lgs. 33/2013 consente la conoscenza di dati e documenti ulteriori rispetto a quelli soggetti a pubblicazione obbligatoria, al fine “di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico”.

8.2. Tali dati devono essere detenuti da pubbliche amministrazioni o da enti privati con particolari caratteristiche, esercenti funzioni amministrative o attività di pubblico interesse.

8.3. Questa tipologia di accesso non richiede particolari qualificazioni soggettive né la motivazione delle ragioni della richiesta; è però imprescindibile che i dati o documenti siano effettivamente detenuti dal soggetto destinatario dell’istanza.

9. Nel caso che qui occupa:

- i dati richiesti rientrano astrattamente tra quelli (aggregabili nella triade “dati, documenti e informazioni”) oggetto dell’accesso civico generalizzato (v. Cons. Stato, Ad. Plen, n. 10 del 2020 - §9.1; in termini Cons. Stato, sez. IV, n. 9849 del 2023 e n. 1117 del 2024);

- il distinguo che la parte resistente introduce tra “dato” e “informazione”, sostenendo che sarebbe accessibile solo il primo a condizione che esso sia già depositato in un documento preesistente, non può essere condivisa in quanto è ampiamente assodato che l’accesso civico “generalizzato” consente a chiunque di richiedere ed avere copia di atti e documenti “ulteriori” rispetto quelli pubblicati per previsione di legge (art. 5, comma 2, d. lgs. 14 marzo 2013, n. 33), sicché, a voler seguire la tesi qui avversata, l’estensione dell’accesso anche alle “informazioni” - come visto, esplicitamente enunciata dalla Plenaria e fatta propria dall’unanime indirizzo interpretativo di questo Consiglio - verrebbe privata di ogni significato e utilità;

- nel caso di specie, la richiesta è stata avanzata in termini sufficientemente circostanziati e con riferimento ad una ribadita attualità dell’interesse, fermo restando che l’accesso civico generalizzato è azionabile da chiunque, senza previa dimostrazione di un’esigenza, concreta e attuale, correlata alla tutela di situazioni giuridicamente rilevanti e senza oneri di motivazione in tal senso (tra le tante, Cons. Stato, sez. V, n. 60 del 2021; sez. VI, n. 5861 del 2020; sez. IV n. 1117 del 2024);

- è per contro chiaro che i dati richiesti afferiscono ad attività svolte nel pubblico interesse e di pubblico servizio (v. Cons. Stato, sez. IV n. 1117 del 2024), in quanto l’ente intimato rientra nell'elenco predisposto dal Ministero della Salute dei "Laboratori che possono effettuare la diagnosi molecolare su campioni clinici respiratori secondo protocolli specifici", e tale attività non può che essere ricondotta all'ambito delle prestazioni di servizio pubblico, come reso evidente anche dal fatto che i risultati dei test effettuati venivano inviati all’Istituto Superiore di Sanità.

9.1. Tutto ciò posto, il primo motivo di appello va respinto in quanto esteso a solo una delle due distinte e autonome rationes decidendi sulle base delle quali il TAR ha giustificato la reiezione dell’istanza di accesso concernente “la data in cui il laboratorio convenuto è stato autorizzato dal Ministero della Salute a svolgere i test in vitro rt-PCR per l’individuazione del SARS-CoV-2”.

9.2. Si legge infatti in sentenza “come la richiesta formulata dalla ricorrente al punto n. 1) dell’istanza di accesso afferisca a “informazioni” che risultavano riportate sui siti istituzionali delle richiamate Amministrazioni regionali o ministeriali, ove erano indicati i laboratori presso cui effettuare i test”.

In un distinto e ulteriore passaggio, il TAR aggiunge che “Trattandosi pertanto di informazione, la stessa esula dall’ambito applicativo dell’accesso civico “generalizzato” siccome disciplinato all’art. 5, commi 2, del d.lgs. n. 33 del 2013 che delimita espressamente tale istituto “ai dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni””.

9.3. Ebbene, l’appellante, pur aggredendo quest’ultimo capo motivazionale facente riferimento alla controversa estensione dell’accesso civico anche al novero delle “informazioni” (estensione negata dal TAR sulla base di argomenti innanzi esaminati e disattesi), nulla deduce con riguardo al passaggio motivazionale precedente, concernente la disponibilità erga omnes del dato richiesto, in quanto presente sui siti istituzionali delle amministrazioni interessate (v. pp. 5 e 6 appello).

9.4. Poiché trattasi di motivazione autonoma e di per sé sufficiente a giustificare la reiezione dell’istanza di accesso, la sua mancata contestazione determina l’inammissibilità del primo motivo di appello.

10. Il secondo mezzo di impugnazione investe il capo decisorio che ha respinto l’ulteriore punto dell’istanza di accesso concernente “il numero dei test svolti, la suddivisione per singola ASL e l’indicazione dei test positivi ad essa Azienda inviati”.

Il diniego ha tratto argomento dall’assunto per cui la soddisfazione della richiesta implicherebbe una massiva e oltremodo gravosa attività di ricerca e selezione delle informazioni richieste, non compatibile con l’ordinario svolgimento delle funzioni del laboratorio compulsato, e ciò in quanto - come si legge nella sentenza impugnata - questi “dovrebbe ritrovare tutti i dati, anonimizzarli, suddividerli per singola Azienda Sanitaria, estrapolare i risultati positivi e conteggiarli, indicandoli in uno specifico elenco da trasmettere alla ricorrente..”.

10.1. Le obiezioni mosse in merito alla concludenza dell’argomentazione addotta dal TAR, a detta della parte appellante sprovvista di riscontri probatori e fondata sulle sole allegazioni della parte resistente, hanno indotto questo Collegio a disporre un approfondimento istruttorio mediante acquisizione da parte dell’ente intimato di una documentata relazione volta a chiarire:

- se ai fini della trasmissione dei dati diagnostici alle ASL competenti è stato impiegato un unico software, comune a tutti i laboratori autorizzati dal Ministero della Salute a svolgere i test in vitro rt-PCR per l’individuazione del SARS-CoV-2;

- se i laboratori sono stati chiamati ad elaborare, ed eventualmente a trasmettere, report periodici sul numero complessivo dei test effettuati nel periodo di riferimento e sulle relative risultanze;

- se vi fosse obbligo di conservazione degli esiti dei test e dei relativi report, per quale durata e con che modalità, e se detti dati sono stati effettivamente conservati, per quanto tempo e con quale modalità.

10.2. L’ordine istruttorio è stato ritualmente assolto e la relazione depositata in data 2 luglio 2025 ha consentito di appurare che:

-- per la trasmissione dei dati ai fini della sorveglianza sanitaria è stata usata una piattaforma regionale ecv.regione.lazio.it.;

-- non erano richiesti e non sono stati elaborati report periodici sul numero complessivo dei test effettuati nel periodo di riferimento e sulle relative risultanze;

-- i dati sono stati e sono tuttora conservati secondo gli obblighi di legge e risultano integralmente disponibili.

10.3. Alla luce delle risultanze istruttorie, può ritenersi pacificamente accertato che i dati oggetto dell’istanza di accesso, consistenti nei risultati dei test associati alle generalità dei soggetti diagnosticati, pur essendo formalmente disponibili, richiederebbero, ai fini della loro eventuale ostensione, un’articolata attività di trattamento, comprensiva di operazioni di elaborazione, sintesi, anonimizzazione e sistematizzazione.

10.4. Tali elementi consentono di qualificare l’istanza in esame come “massiva”, avuto riguardo alla rilevante entità della documentazione richiesta, all’estensione temporale pluriennale del periodo oggetto della ricerca e alla complessità dell’attività istruttoria necessaria per rendere le informazioni conformi ai requisiti di ostensibilità e neutralità.

10.5. È effettivamente vero, come dedotto dalla parte appellante, che i singoli laboratori di analisi hanno nel tempo trasmesso, con cadenza periodica, le risultanze analitiche alle competenti autorità sanitarie, mediante un flusso informativo strutturato e regolare; tuttavia, l’intervenuta disaggregazione dei relativi report impedisce oggi di disporre di un set informativo ordinato e completo, con la conseguente necessità di procedere ex novo a un’attività di reperimento e organizzazione dei dati, secondo le modalità già richiamate, quale presupposto per la loro successiva elaborazione e trasmissione.

10.6. Le argomentazioni sopra esposte risultano coerenti con l’orientamento già consolidato di questa Sezione espresso su casi analoghi (Cons. Stato, sez. III, nn. 2686/2023 e 1426/2021), secondo il quale dall’impianto normativo di riferimento si evince un principio generale di necessaria composizione tra il diritto alla trasparenza e l’esigenza di non pregiudicare, mediante un uso improprio dell’accesso, il buon andamento dell’azione amministrativa, evitando di imporre alla medesima un carico operativo eccessivamente gravoso e incompatibile con i principi di funzionalità, economicità e tempestività dell’azione pubblica.

10.7. Tale indirizzo si colloca in piena continuità con la pronuncia dell’Adunanza Plenaria n. 10/2020, la quale ha affermato la legittimità – e in certi casi la doverosità – di respingere istanze di accesso civico “manifestamente onerose o sproporzionate, e cioè tali da comportare un carico irragionevole di lavoro, idoneo a interferire con il buon andamento della pubblica amministrazione; richieste massive uniche (v. circolare FOIA n. 2/2017, par. 7, lett. d; Cons. St., sez. VI, sent. 13 agosto 2019, n. 5702), contenenti un numero rilevante di dati o documenti, ovvero richieste massive plurime, pervenute in un arco temporale limitato da parte dello stesso soggetto o da soggetti comunque riconducibili a un unico centro di interesse”.

10.8. In relazione a tale ultimo profilo, rileva evidenziare che:

i) l’istanza qui in esame risulta essere stata proposta, con struttura e contenuto del tutto analoghi, nei confronti di una pluralità di laboratori di analisi, secondo modalità “a tappeto” che hanno determinato l’insorgenza di un diffuso contenzioso giurisprudenziale. Ciò integra, secondo la giurisprudenza richiamata, la specifica fattispecie ostativa delle “richieste massive plurime”, come delineata dalla citata pronuncia dell’Adunanza Plenaria n. 10/2020;

ii) dalle allegazioni difensive della parte appellante e dal tenore dell’istanza emerge un interesse conoscitivo disallineato dalle finalità tipiche dell’accesso civico generalizzato, quali sono l’informazione e la formazione dell’opinione pubblica, il controllo sull’esercizio delle funzioni istituzionali, la verifica dell’impiego delle risorse pubbliche e la promozione della partecipazione democratica, come previsto dall’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 33/2013. L’interesse sotteso all’istanza risulta, piuttosto, di natura individuale e privatistica, comunque avulso dall’afflato pubblicistico sotteso all’istituto.

10.9. In tale contesto è opportuno evidenziare che – secondo quanto disposto dalla Circolare FOIA n. 2/2017 – la valutazione circa la ragionevolezza dell’istanza deve tenere conto non solo dell’eventuale attività di trattamento (es. oscuramento dei dati personali) necessaria per garantire la ostensibilità delle informazioni richieste, oltre che delle risorse organizzative e umane da impiegare (commisurate in termini di ore/lavoro) per soddisfare la richiesta di accesso, ma anche della rilevanza dell’interesse conoscitivo perseguito, come precisato al paragrafo 7, lett. d, della stessa circolare. Pur non trattandosi, come visto, di un requisito di legittimazione all’accesso, la scarsa rilevanza dell’interesse rappresentato concorre a motivare la legittimità del diniego opposto, proprio sotto il profilo della oggettiva e ingiustificata gravosità dell’attività istruttoria richiesta per dare seguito all’istanza.

11. Alla luce delle considerazioni che precedono, l’appello deve essere respinto in ogni sua parte, ivi incluso il capo relativo alla condanna alle spese di lite, non ravvisandosi, in relazione alla natura e alla trattazione delle questioni dedotte – risolte sulla base di orientamenti interpretativi già consolidati – i presupposti per disporne la compensazione.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge ai sensi di cui in motivazione.

Condanna la parte appellante a rifondere in favore della parte appellata le spese di lite che liquida nell’importo omnicomprensivo di € 2.000,00, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 ottobre 2025 con l'intervento dei magistrati:

Rosanna De Nictolis, Presidente

Giovanni Pescatore, Consigliere, Estensore

Nicola D'Angelo, Consigliere

Luca Di Raimondo, Consigliere

Angelo Roberto Cerroni, Consigliere