CGARS, sez. riunite, parere 30 settembre 2025, n. 205

Affinché possa esser riconosciuta come sussistente la legittimazione processuale attiva di associazioni rappresentative di interessi collettivi è necessario che l'interesse azionato sia: i) omogeneo, in quanto riferibile indistintamente al gruppo di soggetti di cui l'associazione è ente rappresentativo; ii) comune ai singoli componenti del gruppo, senza che possa in tal guisa configurarsi qualsivoglia forma, anche solo potenziale, di conflitto tra gli stessi; iii) diverso rispetto a quello di cui è portatore il singolo appartenente alla categoria rappresentata.

L'interesse ad agire costituisce un quid pluris rispetto alla legittimazione in quanto esso postula: i) la personalità, nel senso che l’utilitas ritraibile dall’impugnativa deve essere direttamente riconducibile alla sfera giuridica del ricorrente e non di terzi; ii) l’attualità del vulnus, dipendente dalla piena efficacia e dall’idoneità lesiva dell'atto impugnato; iii) la concretezza della lesione sofferta, cioè la sussistenza di un pregiudizio non meramente ipotetico o futuribile.

È illegittimo un atto amministrativo di natura regolamentare con il quale si attribuisca alla giunta comunale il potere di modificare il Piano di utilizzo delle aree demaniali marittime (P.U.D.M.) deliberato dall’organo consiliare poiché, nella Regione Siciliana, spetta ai consigli comunali la competenza ad adottare i P.U.D.M., come expressis verbis previsto dall’art. 39, comma 2, della legge regionale 17 marzo 2016, n. 3.

Guida alla lettura

Con il parere n. 205/2025, il CGARS ribadisce con estrema chiarezza alcuni principi consolidati nella giurisprudenza amministrativa in materia di legittimazione processuale attiva e di interesse ad agire delle associazioni rappresentative di interessi collettivi.

Nel caso di specie, il CGARS è stato interpellato dalla Presidenza della Regione Sicilia al fine di ricevere un parere consultivo sul ricorso straordinario proposto dalla Associazione Turistica Balneare Siciliana per l’annullamento del decreto dell’Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente di disciplina della “Nuova procedura per l’approvazione dei Piani di utilizzo delle aree demaniali marittime” (P.U.D.M.) e della successiva Circolare esplicativa laddove riservano all’Ufficio Tecnico della Giunta Comunale, in persona del Responsabile del Procedimento, il potere di rielaborare il Piano sulla base delle prescrizioni contenute nel provvedimento di verifica di assoggettabilità o nel parere VAS e delle osservazioni dei portatori di interesse legittimo.

L’Associazione ricorrente lamenta la violazione dell’art. 39 della Legge Regionale 17 marzo 2016 n. 3 che espressamente riserva al Consiglio comunale, e non al Responsabile del procedimento e alla Giunta Comunale, la ponderazione di interessi pubblici e privati afferenti agli atti di pianificazione urbanistica.

Per effetto dei provvedimenti impugnati, in sostanza, il Consiglio comunale verrebbe estromesso dal procedimento di rielaborazione e modifica del Piano già approvato a seguito della V.A.S. e delle osservazioni dei portatori degli interessi legittimi, la cui partecipazione, a propria volta, verrebbe preclusa dal momento che è proprio il Consiglio Comunale deputato alla loro raccolta, ponderazione e valorizzazione.

Il Collegio si sofferma, preliminarmente, sull’accertamento del possesso delle condizioni dell’azione in capo all’Associazione ricorrente, vale a dire della legittimazione processuale attiva e dell’interesse ad agire.

Sulla legittimazione attiva, costituisce ius receptum in giurisprudenza (Ad. Plen., 2 novembre 2015, n. 9) il principio secondo cui, nel processo amministrativo, per la legittimazione attiva di associazioni rappresentative di interessi collettivi, è necessario che: a) la questione dibattuta rientri in via immediata nell’ambito delle finalità statutarie della associazione, di tal che gli effetti del provvedimento impugnato producano una lesione diretta del suo scopo istituzionale, e non della mera sommatoria degli interessi dei singoli associati; b) l'interesse tutelato sia omogeneo, in quanto riferibile indistintamente al "gruppo" di soggetti di cui l'associazione è ente rappresentativo, sia comune ai singoli componenti del gruppo, senza che possa configurarsi una qualche forma di conflitto tra essi componenti e "diverso" rispetto a quello di cui è portatore il singolo appartenente alla "categoria" rappresentata.

Applicando detti canoni al caso di specie, il parere conclude positivamente rispetto alla sussistenza della legittimazione ad agire in capo alla Associazione Turistica Balneare Siciliana: l’interesse per la cui tutela l’Associazione ha proposto l’azione è di tipo essenzialmente economico, tendendo al mantenimento della possibilità di ritrarre utili dall’utilizzo dei beni demaniali marittimi in concessione, escludendo possibili conflitti di interessi in relazione all’azione proposta poiché la domanda di annullamento è volta a soddisfare gli scopi istituzionali dell’associazione e, quindi, gli “interessi della categoria degli associati”.

Quanto all’interesse ad agire, si chiarisce come questo costituisce un quid pluris rispetto alla legittimazione, in quanto postula: i. la lesione, concreta e attuale, di quell'interesse sostanziale, differenziato e qualificato, che in abstracto conferisce legittimazione ad agire: ii. la effettiva utilitas ritraibile personalmente dal ricorrente dalla invocata pronunzia.

Con riferimento, in particolare, ai rapporti tra interesse ad agire e legittimazione, viene ribadito il principio consolidato in giurisprudenza (affermato, tra le altre, da Ad. Plen. 22/2021 in materia edilizia e da Cons. Stato, sez. I, 10 marzo 2025, n. 1946 per la vicinitas commerciale) per cui la “vicinitas” giuridica al bene della vita radica la legittimazione, ma non vale da sola ed in automatico a dimostrare la sussistenza dell’interesse al ricorso che va sempre accertato quale pregiudizio concreto derivante dall’atto impugnato. Ciò in ossequio alla ratio comune delle due condizioni dell’azione, funzionale ad evitare la proposizione di giudizi non utili per colui il quale agisce, in ossequio ad un interesse di ordine pubblico processuale "meta individuale" volto a garantire efficienza ed efficacia al processo in conformità degli artt. 111 Cost., 6 e 13 CEDU, 47 Carta UE (Cons. Stato, sez. VI, 21 marzo 2016, n. 1156).

Tanto ricordato, il Collegio ritiene sussistente anche l’interesse a ricorrere poiché il nuovo procedimento delineato dagli atti impugnati precluderebbe l’esame delle osservazioni dei concessionari partecipanti all’associazione da parte del Consiglio comunale.

Passando al merito, vengono richiamate una serie di previsioni normative dalle quali emerge la competenza del Consiglio comunale sull’emanazione del P.U.D.M. In particolare, questa risulta dalla lettera dell’art. 39, comma 2, della legge regionale 17 marzo 2016, n. 3.

L’intervento della Giunta comunale è pertanto privo di legittimazione, non sussistendo una espressa norma di legge che l’autorizzi in un procedimento in cui, al contrario, la legge regionale espressamente riconosce la competenza del Consiglio comunale. In applicazione della predetta fonte normativa, il provvedimento impugnato è pertanto illegittimo.

Del resto, la competenza del Consiglio comunale è funzionale all’emersione degli interessi legittimi dei concessionari, che tale organo è deputato ad intercettare e valorizzare ai fini della revisione del Piano.

In definitiva, è illegittimo l’atto amministrativo regolamentare, così come la Circolare di dettaglio, che riconosce alla Giunta comunale il potere di modificare il P.U.D.M. deliberato dall’organo consiliare in violazione della competenza del Consiglio comunale.

 

Numero 00205/2025 e data 30/09/2025 Spedizione

REPUBBLICA ITALIANA

CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

Adunanza delle Sezioni riunite del 18 settembre 2025

 

NUMERO AFFARE 00131/2025

OGGETTO:

Presidenza della Regione Siciliana – Ufficio legislativo e legale. Ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana, proposto dalla Associazione Turistica Balneare Siciliana, in persona del Presidente pro tempore, sita in Ragusa, via G. Cartia, n. 45 (RG), C.F. 2031700880, rappresentata e difesa, unitamente e disgiuntamente dall’Avv. Andrea Scuderi e dall’Avv. Giovanni Mandolfo, con domicilio eletto telematicamente presso l’indirizzo di posta elettronica certificata dei suindicati procuratori contro Regione Siciliana - Assessorato Territorio ed Ambiente, in persona dell’Assessore pro tempore (C.F. 80012000826), corrente in Palermo (PA), via Ugo La Malfa, n. 169, pec: assessorato.territorio@certmail.regione.sicilia.it.

 

Per l’annullamento

previa sospensione cautelare degli effetti

dei seguenti atti e provvedimenti: 1) il decreto del 2 gennaio 2025, n. 1, emanato dall’Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana il 17 gennaio 2025, con cui è stata disciplinata la “Nuova procedura per l’approvazione dei Piani di utilizzo delle aree demaniali marittime”; 2) la circolare del 3 gennaio 2025 prot. n. 3, emanata dall’Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana il 17 gennaio 2025, nella parte in cui è previsto che l'Ufficio Tecnico competente, in persona del Responsabile del Procedimento «… provvede a: 8) rielaborare, ove necessario, il Piano apportando le opportune revisioni, sulla base delle eventuali prescrizioni e/o osservazioni contenute nel provvedimento di verifica di assoggettabilità o nel parere VAS di cui al D.Lgs. n. 152/2006 e ss.mm.ii., e delle eventuali osservazioni dei portatori di interesse legittimo …»; 3) ogni altro atto e provvedimento amministrativo connesso antecedente e successivo, comunque presupposto e consequenziale.

LA SEZIONE

Vista la nota di trasmissione della relazione prot. n. 9725/082.25.8 in data 24 giugno 2025, con la quale la Presidenza della Regione Siciliana - Ufficio legislativo e legale ha chiesto il parere del Consiglio di Giustizia Amministrativa sull’affare consultivo in oggetto;

Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Maurizio Antonio Pasquale Francola.

 

Premesso e considerato

1. Con il proposto ricorso straordinario al Presidente della Regione l’Associazione Turistica Balneare Siciliana impugna il decreto del 2 gennaio 2025 n. 1, emanato dall’Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana il 17 gennaio2025, con cui è stata disciplinata la “Nuova procedura per l’approvazione dei Piani di utilizzo delle aree demaniali marittime” e la circolare del 3 gennaio 2025 prot. n. 3, emanata dall’Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente , pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana il 17 gennaio 2025, nella parte in cui si prevede che l'Ufficio Tecnico competente, in persona del Responsabile del Procedimento «… provvede a: 8) rielaborare, ove necessario, il Piano apportando le opportune revisioni, sulla base delle eventuali prescrizioni e/o osservazioni contenute nel provvedimento di verifica di assoggettabilità o nel parere VAS di cui al D.Lgs. n. 152/2006 e ss.mm.ii., e delle eventuali osservazioni dei portatori di interesse legittimo …».

La ricorrente domanda l’annullamento degli atti impugnati poiché precluderebbero al Consiglio Comunale la possibilità di intervenire sul procedimento di formazione del Piano di Utilizzo del Demanio Marittimo (P.U.D.M.) nella fase di rielaborazione conseguente alla delibera di adozione del relativo schema, non essendo prevista la possibilità di formulare ulteriori valutazioni in ordine agli accorgimenti da adottare dopo la V.A.S. ed in ragione delle osservazioni da parte dei portatori degli interessi legittimi.

La nuova procedura sarebbe, infatti, illegittima nella parte in cui affida al Responsabile del procedimento ed alla Giunta Comunale la ponderazione di interessi pubblici e privati afferenti ad atti di pianificazione urbanistica che l’art. 39 della l.r. 17 marzo 2016 n. 3 (pubblicata nella G.U.RS. del 18 marzo 2016, n. 12, S.O., n. 9) espressamente riserva alle valutazioni del Consiglio comunale.

Inoltre, l’estromissione del Consiglio comunale dalla fase deputata a ponderare le modifiche da apportare al piano già deliberato in ragione di quanto stabilito in sede di V.A.S. e delle osservazioni formulate da parte dei portatori di interessi legittimi lederebbe anche la partecipazione di questi ultimi al procedimento, essendo l’organo consiliare «deputato a cogliere proficuamente i contributi dei portatori di interesse».

Il ricorso era, inoltre, corredato da un’istanza cautelare motivata, sul piano del periculum in mora, dall’esigenza di eludere il rischio che «con la nuova procedura vengano approvati Piani di utilizzo delle aree demaniali marittime senza la corretta valutazione di quei necessari contributi partecipativi dai quali, ai sensi di legge, non si può in alcun modo prescindere».

2. Con nota n. 9725/082.25.8 in data 24 giugno 2025 l’Ufficio legislativo e legale si opponeva all’accoglimento della proposta istanza di sospensione dell’efficacia del provvedimento impugnato, per carenza del periculum in mora, pur rilevando la sussistenza del fumus boni iuris, nonostante qualche perplessità in ordine alla legittimazione ad agire della ricorrente.

3. Questo Consiglio, anzitutto, rileva che il ricorso straordinario è stato tempestivamente proposto, essendo stato depositato entro il termine di 120 giorni dall’emissione del provvedimento impugnato.

Tuttavia, il ricorso non è regolare sotto il profilo fiscale, non essendo stato ancora corrisposto il pagamento del contributo unificato richiesto con nota ULL prot. n. 8050 del 22 maggio 2025.

Con riguardo al periculum in mora si ritiene che il pregiudizio grave ed irreparabile non sussista.

Tuttavia, la manifesta fondatezza dei motivi di illegittimità dedotti induce a rendere un parere definitivo nel merito, onde garantire la celere definizione del ricorso.

4. Come noto l'esame delle questioni preliminari deve precedere la valutazione del merito della domanda (Cons. Stato, ad. plen., 7 aprile 2011, n. 4), salve esigenze eccezionali di semplificazione che possono giustificare l'esame prioritario di altri aspetti della lite, in ossequio al superiore principio di economia dei mezzi processuali (Cons. Stato, ad. plen., 27 aprile 2015, n. 5); inoltre l'ordine di esame delle questioni pregiudiziali di rito non rientra nella disponibilità delle parti (Cons. Stato, ad. plen., 25 febbraio 2014, n. 9). La norma positiva desumibile dal combinato disposto degli artt. 76, comma 4, c.p.a. e 276, comma 2, c.p.c., impone, inoltre, di risolvere le questioni processuali e di merito secondo l'ordine logico loro proprio, assumendo come prioritaria la definizione di quelle di rito rispetto a quelle di merito, e fra le prime la priorità dell'accertamento della ricorrenza dei presupposti processuali (nell'ordine: giurisdizione, competenza, capacità delle parti, ius postulandi, ricevibilità, contraddittorio, estinzione) rispetto alle condizioni dell'azione (tale fondamentale canone processuale è stato ribadito anche da Cons. Stato, ad. plen., 3 giugno 2011, n. 10).

5. Con riguardo al caso in esame, l’unico profilo processuale potenzialmente dubbio attiene alla legittimazione ad agire dell’associazione ricorrente.

Secondo l’Ufficio legislativo e legale sembrerebbe, infatti, mancare il requisito della rappresentatività, essendo stato prodotto un verbale del consiglio direttivo dell’11 marzo 2025 contemplante un elenco di 60 nuovi associati, con i relativi nominativi oscurati.

Come noto, l’azione di annullamento davanti al giudice amministrativo è soggetta, sulla falsariga del processo civile, a tre condizioni fondamentali: il c.d. titolo o possibilità giuridica dell'azione (cioè, la posizione giuridica configurabile in astratto da una norma come di interesse legittimo o diritto soggettivo ovvero, secondo un altro ordine di idee, la legittimazione a ricorrere discendente dalla speciale posizione qualificata del soggetto che lo distingue dal quisque de populo rispetto all'esercizio del potere amministrativo); l'interesse ad agire (ex art. 100 c.p.c.), ossia il vantaggio attuale e concreto scaturente dall’accoglimento dell’azione; e la legitimatio ad causam (o legittimazione attiva/passiva), discendente dall'affermazione di colui che agisce/resiste in giudizio di essere titolare del rapporto controverso dal lato attivo o passivo.

Al riguardo si osserva che la legittimazione ad agire:

- si identifica con un interesse sufficientemente differenziato e qualificato, tendente al conseguimento o al mantenimento di un bene della vita ritenuto dall’ordinamento meritevole di tutela al punto da assurgere al rango di situazione giuridica soggettiva qualificabile come diritto soggettivo ovvero interesse legittimo;

- presuppone la titolarità di siffatta qualificata posizione sostanziale.

La personalità dell'interesse azionato costituisce, dunque, la regola generale, in ossequio al principio generale che vieta la sostituzione processuale «fuori dei casi espressamente previsti dalla legge» (art. 81 c.p.c.).

In questa ottica – in disparte le ben diverse questioni concernenti gli interessi diffusi ovvero le tassative forme di legittimazione popolare – personale può essere anche l'interesse, ontologicamente riferibile ad una determinata collettività di soggetti, riferibile all’associazione che quella collettività in certo modo "rappresenta" e "tutela".

Donde, il riconoscimento della legitimatio ad causam in capo a soggetti collettivi che rappresentano interessi di "categorie" ben individuate (professionisti, imprenditori, anche per settori merceologici di attività).

Al riguardo, costituisce ius receptum in giurisprudenza il principio secondo cui nel processo amministrativo per la legittimazione attiva di associazioni rappresentative di interessi collettivi è necessario che:

a) la questione dibattuta attenga in via immediata al perimetro delle finalità statutarie della associazione e, cioè, che la produzione degli effetti del provvedimento controverso si risolva in una lesione diretta del suo scopo istituzionale, e non della mera sommatoria degli interessi imputabili ai singoli associati;

b) l'interesse tutelato con l'intervento sia comune a tutti gli associati, che non vengano tutelate le posizioni soggettive solo di una parte degli stessi e che non siano, in definitiva, configurabili conflitti interni all'associazione (anche con gli interessi di uno solo dei consociati), che implicherebbero automaticamente il difetto del carattere generale e rappresentativo della posizione azionata in giudizio; resta, infine, preclusa ogni iniziativa giurisdizionale sorretta dal solo interesse al corretto esercizio dei poteri amministrativi, occorrendo un interesse concreto ed attuale (imputabile alla stessa associazione) alla rimozione degli effetti pregiudizievoli prodotti dal provvedimento controverso (Cons. Stato, ad. plen., 2 novembre 2015, n. 9).

L'interesse azionato dalla associazione deve, dunque, essere:

- omogeneo, in quanto riferibile indistintamente al "gruppo" di soggetti di cui l'associazione è ente rappresentativo;

- comune ai singoli componenti del gruppo, senza che possa in tal guisa configurarsi qualsivoglia forma, anche solo potenziale, di conflitto tra essi componenti;

- è "diverso" rispetto a quello di cui è portatore il singolo appartenente alla "categoria" rappresentata.

Siffatta posizione sostanziale collettiva – differenziata rispetto a quella spettante ai singoli, sia uti cives che in quanto appartenenti ad un determinato gruppo o categoria – deve altresì essere "qualificata", id est in certa misura "coinvolta" dalle norme di attribuzione del potere oggetto di censura.

Pertanto, la potestà, regolamentare ovvero amministrativa, esercitata in attuazione di quelle norme, deve:

- afferire alle finalità istituzionali dell'ente collettivo;

- incidere sul suddetto interesse omogeneo di "categoria", comune indistintamente alla platea dei membri di essa categoria, sì da escludersi già in nuce ed in abstracto qualsivoglia conflitto di interesse "endogeno".

In ossequio, infatti, ai principi enunciati dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (sent. n. 9 del 2 novembre 2015) la legittimazione ad agire delle associazioni rappresentative di interessi collettivi deve essere valutato in ordine:

- alla attinenza della questione dibattuta al perimetro delle finalità statutarie dell'associazione; ciò che avviene allorquando la produzione degli effetti del provvedimento controverso "interessa" lo scopo istituzionale dell'ente collettivo, "e non la mera sommatoria degli interessi imputabili ai singoli associati" (cfr., altresì, Cons. Stato, sez. IV, 16 novembre 2011, n. 6050);

- alla comunanza dell'interesse azionato (di cui si invoca tutela) a tutti gli associati, sì da escludere che "vengano tutelate le posizioni soggettive solo di una parte degli stessi" e, in definitiva, la configurabilità di "conflitti interni all'associazione (anche con gli interessi di uno solo dei consociati), che implicherebbero automaticamente il difetto del carattere generale e rappresentativo della posizione azionata in giudizio (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. III, 27 aprile 2015, n. 2150)" (Cons. Stato, ad. plen., n. 9 del 2015).

Con riguardo al caso in esame, l’interesse per la cui tutela l’associazione ha proposto l’azione è di tipo essenzialmente economico, tendendo al mantenimento della possibilità di ritrarre utili dall’utilizzo dei beni demaniali marittimi in concessione.

Non si colgono, inoltre, possibili conflitti di interessi in relazione all’azione proposta poiché la domanda di annullamento formulata dall’associazione è preordinata a soddisfare gli scopi istituzionali sanciti nel proprio statuto, ed ossia la tutela degli “interessi della categoria degli associati”.

Sussiste, pertanto, la legittimazione ad agire.

Occorre adesso soffermarsi sull'altra condizione dell'azione – la cui ratio, comune a quella delle legittimazione ad agire, è funzionale ad evitare la proposizione di giudizi non utili per colui il quale agisce, in ossequio ad un interesse di ordine pubblico processuale "meta individuale" volto a garantire efficienza ed efficacia al processo in conformità degli artt. 111 Cost., 6 e 13 CEDU, 47 Carta UE – ossia l'interesse a ricorrere, inteso come concreta possibilità di perseguire un bene della vita, anche di natura morale o residuale, attraverso il processo, in corrispondenza ad una lesione diretta ed attuale dell'interesse protetto, a norma dell'art. 100 c.p.c. (Cons. Stato, sez VI, n. 1156 del 2016).

L'interesse ad agire, o legitimatio ad processum, costituisce un quid pluris rispetto alla legittimazione (legitimatio ad causam), in quanto postula:

- la lesione, concreta e attuale, di quell'interesse sostanziale, differenziato e qualificato, che in abstracto conferisce legittimazione ad agire:

- la effettiva utilitas ritraibile dalla invocata pronunzia; la tutela giurisdizionale deve costituire, infatti, il mezzo per il superamento della lamentata lesione alla propria sfera giuridica ed il soddisfacimento dell'interesse sostanziale per la cui tutela si agisce in giudizio, stante il generale divieto di azioni emulative ovvero di abuso del processo; donde, l'indissolubile legame tra l'interesse del domandante (art. 100 c.p.c.) e la concreta utilitas scaturente dalla pronuncia giurisdizionale che al soddisfacimento di quell'interesse è teleologicamente preordinata. La decisione di accoglimento deve, infatti, assicurare un vantaggio, di talché «l'interesse ad agire è dato dal rapporto tra la situazione antigiuridica che viene denunziata e il provvedimento che si domanda per porvi rimedio mediante l'applicazione del diritto, e questo rapporto deve consistere nella utilità del provvedimento, come mezzo per acquisire all'interesse leso la protezione accordata dal diritto» (Cass., sez. III, n. 12241/98).

Indefettibili requisiti dell'interesse a ricorrere sono, dunque:

- la personalità; la utilitas ritraibile deve, infatti, essere direttamente riconducibile alla sfera giuridica del ricorrente (e non di terzi);

- la attualità del vulnus, cioè la sussistenza di una lesione concreta non meramente ipotetica o futuribile, dipendente, dunque, dalla piena efficacia e dall’idoneità lesiva dell'atto impugnato;

- la concretezza della lesione sofferta, intesa come sua effettività ed apprezzabilità.

Con riguardo al caso in esame sussiste anche l’interesse a ricorrere poiché il nuovo procedimento delineato dagli atti impugnati precluderebbe l’esame delle osservazioni dei concessionari partecipanti all’associazione ricorrente da parte del Consiglio comunale, ossia l’organo competente ad adottare le decisioni sul Piano di utilizzo delle aree del demanio marittimo (d’ora in poi, “P.U.D.M.”).

Di conseguenza, il ricorso straordinario è ammissibile.

6. Nel merito i motivi possono essere congiuntamente esaminati in ragione della loro fondatezza.

Con riguardo ai piani territoriali e urbanistici, va richiamato l’art. 42, comma 2, lett. b), del d. lgs. 267/2000, a norma del quale «il consiglio ha competenza limitatamente ai seguenti atti fondamentali: ... piani territoriali ed urbanistici…;».

Per quanto concerne più specificamente i P.U.D.M., l’art. 4, comma 1, della l.r. n. 15 del 2005 dispone che «[l]e attività e le opere consentite sul demanio marittimo, ai sensi dell'articolo 1 della presente legge, possono essere esercitate e autorizzate solo in conformità alle previsioni di appositi piani di utilizzo delle aree demaniali marittime, approvati dall'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente su proposta dei comuni costieri».

Il comma 3 del medesimo articolo, così come modificato dalla l.r. n. 3/2016, prevede poi che «[l]'assessorato regionale del territorio e dell'ambiente approva i piani di utilizzo delle aree demaniali marittime adottati dai comuni, ai quali spetta la predisposizione della documentazione necessaria per la valutazione ambientale strategica secondo le procedure di cui all'art. 12 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e successive modifiche ed integrazioni.

I piani sono dotati dei pareri di competenza e di ogni altro atto endoprocedimentale obbligatorio, ivi compresa la procedura di cui agli articoli 6 e seguenti del decreto legislativo n. 152/2006 e successive modifiche ed integrazioni.

L'approvazione da parte dell'assessorato regionale del territorio e dell'ambiente interviene entro il

termine perentorio di novanta giorni dal ricevimento della delibera di adozione del consiglio comunale, decorsi i quali i piani acquisiscono efficacia.

Resta ferma l'applicabilità, da parte dell'assessorato regionale del territorio e dell'ambiente, della clausola di cui all'art. 19, comma 1, della legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71 e successive modifiche ed integrazioni. I provvedimenti edilizi abitativi previsti dall'art. 1, comma 4, sono sostituiti dal nulla osta rilasciato dal comune competente per territorio».

In attuazione di quanto stabilito nella richiamata disposizione legislativa, l’Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente ha emanato il decreto prot. n. 319 del 5 agosto 2016, contemplante le linee guida da seguire per la redazione dei P.U.D.M. da parte dei comuni costieri siciliani.

In particolare, l’art. 5, comma 2, rubricato «Adozione dei Piani di utilizzo delle aree demaniali marittime», individua nel consiglio comunale l’organo deputato a deliberare il P.U.D.M. («Successivamente ai sensi dell’art. 39, comma 2, della l.r. 3/2016, i PUDM sono adottati con delibera del consiglio comunale»).

L’art. 6 (Approvazione dei piani di utilizzo delle aree demaniali marittime), a sua volta, richiama l’art. 4, comma 3, della l.r. n. 15 del 2005, secondo cui l’Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente approva i P.U.D.M. adottati dai comuni entro il termine perentorio di novanta giorni dal ricevimento della delibera di adozione del consiglio comunale.

Dopo il decreto prot. n. 319 del 5 agosto 2016, l’Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente ha emanato la circolare prot. n. 47168 del 27 giugno 2017 contenente gli adempimenti ex art. 39 della l.r. n. 3 del 2016, chiarimenti e direttive, poi modificata dalla circolare dell’Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente prot. n. 14758 dell’8 marzo 2018.

Le predette circolari «descrivono dettagliatamente le procedure di approvazione dei P.U.D.M., prevedendo, nell’omonimo paragrafo, che “Il piano deve quindi essere adottato dal consiglio comunale, con specifica delibera ai sensi dell’art. 5 del D.A. n. 319/2016, in attuazione dell’art. 39, comma 2, della l.r. n. 3/2016, per la definitiva approvazione in conformità al comma 1 dell’art. 6 del D.A. n. 319/2016.”.

Ancora, nel sottoparagrafo “Fasi di competenza del consiglio comunale”, ai punti 8 e 9, è previsto che “8. Il comune, acquisiti il provvedimento VAS (punto 6), l’eventuale documentazione a seguito della consultazione (art. 14, D. Lgs. 152/06 e s.m.i.), i pareri tecnici (punto 7) e le osservazioni dei portatori di interesse legittimo (punto 5), provvede alle opportune revisioni del PUDM e lo sottopone al consiglio comunale per le determinazioni di competenza.

9. Il Consiglio Comunale adotta con delibera (adozione finale) il PUDM (art. 39, comma 2, l.r. n. 3/2016)”.

Da ultimo, nel sottoparagrafo “Procedura di approvazione finale del PUDM”, ai punti 10 e 11, si stabilisce che “10. Il Comune trasmette al Dipartimento Regionale dell’Ambiente (Servizio 2), in forma cartacea e digitale (formato pdf e shapefile), la delibera di adozione del consiglio comunale, il PUDM, l’eventuale Rapporto ambientale, la valutazione preventiva dell’UTA, il provvedimento VAS, i pareri tecnici e le osservazioni dei portatori di interesse legittimo, per l’approvazione finale del piano (art. 6, D.A. n. 319/2016).

11. Il Dipartimento Regionale dell’Ambiente verifica la conformità del piano (art. 39, comma 1, l.r.

n. 3/2016 – D.A. n. 319/2016). L’approvazione da parte dell’Assessorato avviene entro il termine perentorio di 90 giorni dal ricevimento della delibera di adozione finale da parte del Consiglio Comunale (punto 9 del diagramma di flusso), decorsi i quali i piani acquisiscono efficacia. Resta ferma l’applicabilità da parte dell’ARTA delle norme di salvaguardia di cui all’art. 19, comma 1, della l.r. n. 71/1978 e s.m.i. (art. 39, comma 1, l.r. n. 3/2016)”» (relazione dell’Ufficio legislativo e legale).

Il richiamato quadro normativo chiarisce ed afferma la competenza del Consiglio comunale sull’emanazione del P.U.D.M.

Il che dimostra l’illegittimità del decreto assessoriale n. prot. 1 del 2 gennaio 2025 nella parte in cui al comma 4, dopo avere riconosciuto ai comuni la competenza a rielaborare, ove necessario, il Piano sulla base delle eventuali prescrizioni e osservazioni contenute nel provvedimento di verifica di assoggettabilità o nel parere motivato VAS di cui al d. lgs. n. 152/2006 e ss.mm.ii., ed a fronte di eventuali osservazioni dei portatori di interesse legittimo, precisa che «[l]a Giunta comunale, con propria delibera, prende atto del Piano così rielaborato, unitamente al parere motivato VAS, e, ove richiesto, alla dichiarazione di sintesi di cui all’art. 17 del D.Lgs. n. 152/2006 e ss.mm.ii.», statuendo poi che «[l]’Assessore regionale del territorio e dell’ambiente, in qualità di Autorità Unica Ambientale, approva il Piano, entro e non oltre il termine perentorio di 90 giorni dal ricevimento della documentazione di cui al punto 4 del presente articolo, decorsi i quali il Piano acquisisce efficacia, ai sensi dell’art. 4, comma 3, della legge regionale 29 novembre 2005, n. 15, come modificato dall’art. 39 della legge regionale 17 marzo 2016, n. 3, e viene pubblicato sul Portale del Demanio marittimo e sul Portale Valutazioni Ambientali dell’Assessorato regionale del territorio e dell’ambiente».

L’intervento della Giunta comunale, infatti, è priva di legittimazione, non sussistendo una espressa norma di legge che l’autorizzi in un procedimento in cui, invece, la legge regionale espressamente riconosce la competenza del Consiglio comunale.

È illegittimo, dunque, che con un atto amministrativo di natura regolamentare, come quello impugnato, si violi la competenza del Consiglio comunale, riconoscendo alla Giunta comunale il potere di modificare il P.U.D.M. deliberato dall’organo consiliare.

Alle medesime conclusioni deve pervenirsi con riguardo alla circolare dell’Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente n. prot. 3 del 3 gennaio 2025 che ha regolamentato in modo ancor più dettagliato la nuova procedura da seguire per l’approvazione del P.U.D.M.

Più specificamente, devono ritenersi illegittimi i punti 8, 10, 11, 12 e 13, laddove si prevede che i Comuni, attraverso i propri uffici tecnici competenti, provvedono a:

- «8. rielaborare, ove necessario, il Piano apportando le opportune revisioni, sulla base delle eventuali prescrizioni e/o osservazioni contenute nel provvedimento di verifica di assoggettabilità o nel parere VAS di cui al D.Lgs. n. 152/2006 e ss.mm.ii., e delle eventuali osservazioni dei portatori di interesse legittimo; …

10. curare gli adempimenti necessari affinché la Giunta comunale con propria delibera prenda atto del Piano rielaborato, unitamente al parere motivato VAS e, ove, richiesto alla dichiarazione di sintesi;

11. Acquisita la delibera con cui la Giunta comunale ha preso atto del Piano rielaborato e dell’allegato parere motivato VAS, nonché, ove richiesto, della dichiarazione di sintesi, l’Ufficio Tecnico del Comune entro 30 giorni provvede a:

12. trasmettere all’Area 2 del Dipartimento regionale dell’Ambiente, la documentazione di cui al punto 11;

13. L’Assessore regionale del territorio e dell’ambiente, in qualità di Autorità Unica Ambientale provvederà ad approvare il Piano, entro e non oltre il termine perentorio di 90 giorni dal ricevimento della documentazione di cui al punto 12 della presente direttiva, decorsi i quali, il Piano acquisisce efficacia, ai sensi dell’art. 4, comma 3, della legge regionale n. 15/2005, come modificato dall’art. 39 della legge regionale n. 3/2016, e viene pubblicato sul Portale del Demanio marittimo e sul Portale Valutazioni Ambientali dell’Assessorato regionale del territorio e dell’ambiente».

7. L’illegittimità delle richiamate previsioni è, dunque, evidente e, pertanto, induce il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana a ritenere sussistenti i presupposti per l’accoglimento del proposto ricorso straordinario ed il conseguente annullamento degli atti impugnati.

Secondo i principi generali, l’annullamento, nei predetti sensi e limiti, di un atto generale di valenza regolamentare – qual è l’impugnato decreto assessoriale – è qui pronunziato con effetto erga omnes

Al relativo annullamento, in parte qua, il Collegio ritiene debbano seguire gli incombenti di cui all’art. 14, commi 2 e 3, del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199 a cura dell’Assessorato soccombente o, in difetto, della parte più diligente, ma in danno di esso.

L’art. 14 dispone, infatti, che «[q]ualora il decreto di decisione del ricorso straordinario pronunci l’annullamento di atti amministrativi generali a contenuto normativo, del decreto stesso deve essere data, a cura dell’Amministrazione interessata, nel termine di trenta giorni dalla emanazione, pubblicità nelle medesime forme di pubblicazione degli atti annullati. Nel caso di omissione da parte dell’amministrazione, può provvedervi la parte interessata, ma le spese sono a carico dell'amministrazione stessa» (in argomento, cfr. C.G.A.R.S. 23 aprile 2025, n. 338; 27 febbraio 2025, n. 133; nonché 16 dicembre 2024, n. 980, n. 981, n. 982, n. 983, n. 984, n. 985, n. 986 e n. 987).

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, pronunciandosi a Sezioni Riunite sul ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana in epigrafe indicato, esprime il parere che il ricorso debba essere accolto con l’annullamento degli atti impugnati.