Cons. Stato, sez. V, 24 luglio 2025, n. 6599

Non vi è alcun onere in capo all’amministrazione di continuare a gestire unitariamente tutti i servizi museali precedentemente affidati con un’unica concessione, atteso che la  determinazione della stazione appaltante di scorporare i servizi, facendo venir meno la gestione integrata degli stessi, è conforme alla disciplina legislativa, che non delinea in modo necessariamente unitario l’organizzazione dei servizi collegati all’offerta culturale (servizi di assistenza e servizi meramente strumentali come i servizi di biglietteria).

I servizi di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico elencati dal comma 2 dell’art. 117 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 possono essere gestiti, ai sensi del successivo comma 3, in forma integrata con i servizi di pulizia, di vigilanza e di biglietteria, anche indipendentemente dal valore economico dei servizi considerati; tale gestione integrata non comporta la perdita della centralità della concessione dei servizi di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico.

Guida alla lettura

Con la pronuncia n. 6599 del 2025, la quinta sezione del Consiglio di Stato ha fornito preziose puntualizzazioni nella materia dell’affidamento in concessione dei servizi museali.

In particolare, l’articolato contenzioso origina dall’impugnazione, da parte della società posizionatasi nella terza posizione in graduatoria, della determina di aggiudicazione della “Gara europea a procedura aperta per l’affidamento in concessione, ai sensi dell’art. 117 del 2 D.lgs. 22 gennaio 2024, n. 42 e degli artt. 164 e ss. del D.lgs. n. 50 del 2016, dei servizi museali in favore dei Musei afferenti alle seguenti Amministrazioni del Ministero della Cultura: Gallerie degli Uffizi; Direzione Regionale Musei della Toscana (Firenze); Opificio delle Pietre Dure”. Dopo aver visto il proprio ricorso respinto da parte del TAR, l’appellante ha riproposto vari profili di censura, attinenti sia alla posizione della prima classificata, sia a quella della seconda classificata, sia vizi afferenti alla procedura di gara nel suo complesso.

Tra le numerose questioni toccate dalla pronuncia (per le quali, oltre a quelle di cui si darà brevemente conto in chiusura, si richiama il testo della sentenza), di particolare interesse è quella relativa alla legittimità di una procedura di gara che opti per affidare solo alcuni dei servizi aggiuntivi a quelli strettamente museali di cui all’art. 117 del d.lgs. n. 42/2004, senza procedere ad una loro gestione integrata.

Sotto questo profilo, l’appellante lamentava che il servizio di biglietteria sarebbe stato illegittimamente oggetto della concessione, nella misura in cui la lex specialis gli avrebbe attribuito un rilievo dominante rispetto ai servizi, e che non fosse legittimo affidare solo alcuni dei servizi aggiuntivi di cui all’art. 117, d.lgs. n. 42/2004, senza una loro gestione integrata.

Il Collegio rigetta tale censura, chiarendo come non sussista alcun onere in capo all’amministrazione di continuare a gestire unitariamente tutti i servizi museali precedentemente affidati con un’unica concessione, atteso che, come già statuito dalla sezione, la determinazione della Stazione appaltante “di scorporare i servizi, facendo venir meno la gestione integrata degli stessi, è conforme alla disciplina legislativa, che non delinea … in modo necessariamente unitario l’organizzazione dei servizi collegati all’offerta culturale (servizi di assistenza e servizi meramente strumentali come i servizi di biglietteria)” (Cons. Stato, V, 25 gennaio 2024, n. 807).

In questo senso, per il Collegio, sarebbe decisivo l’argomento letterale desumibile dal comma 3 dell’art. 117 del d.lgs. n. 42 del 2004, ai sensi del quale i servizi di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico elencati dal comma 2 della stessa norma possono essere gestiti in forma integrata con i servizi di pulizia, di vigilanza e di biglietteria. Secondo la lettera della suddetta disposizione normativa, inoltre: “Qualora l'affidamento dei servizi integrati abbia ad oggetto una concessione di servizi ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera vv), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, l'integrazione può essere realizzata anche indipendentemente dal rispettivo valore economico dei servizi considerati” (art. 117, comma 3, d.lgs. n. 42 del 2004). Ed invero, “tale gestione integrata non comporta la perdita della centralità della concessione dei servizi di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico” (Cons. Stato, 23 luglio 2024, n. 6622).

Quanto alla pretesa posizione dominante assunta nella gara dal servizio di biglietteria rispetto ai servizi aggiuntivi, la stessa è smentita dai criteri di attribuzione dei punteggi tecnici dai quali emerge che i medesimi premiano tutti i servizi al pubblico e gli altri servizi aggiuntivi, non solo quelli di biglietteria.

Con particolare riferimento alla materia in scrutinio, viene quindi affermata la notevole discrezionalità di cui gode la PA nel delineare un modello elastico di affidamento dei servizi museali, individuando quello che risulta più confacente all’interesse pubblico perseguito.

Il che vale ad affermare, con uno sguardo quindi più di sistema, che la PA non è (più) limitata da criteri rigidi e prefissati (in primis quello economico), ma può muoversi con ampia discrezionalità nella predisposizione della lex specialis e nella scelta del contraente, nel rispetto del principio del risultato (art. 1 d.lgs. 36/2023) quale canone di indirizzo dell’azione amministrativa.

Oltre a ciò, tra le altre puntualizzazioni fatte in sentenza, si segnalano, in particolare, quella per cui, in mancanza di espresso divieto previsto dalla legge di gara, è legittimo articolare il riparto delle attività tra le società componenti il raggruppamento temporaneo secondo un criterio di specializzazione funzionale, senza che se ne possa dedurre l’obbligo per i concorrenti di eseguire ciascuno, pro-quota, tutti i servizi nella forma del raggruppamento orizzontale.

Da ultimo, quanto alla possibilità per le società consorziate di spendere in sede di gara i requisiti acquisiti nell’esecuzione delle prestazioni erogate per conto del Consorzio, viene chiarito che, nonostante le prestazioni siano riferibili solo al Consorzio, ben può il soggetto consorziato designato per l’esecuzione far valere il requisito di capacità tecnica e professionale derivante da tale designazione per commesse future. Invero, la lex specialis di gara identifica il requisito di capacità tecnica richiesto non già nella titolarità/imputazione giuridica di contratti di servizi museali, bensì nell’esecuzione di servizi di biglietteria.

 

Pubblicato il 24/07/2025

N. 06599/2025 REG.PROV.COLL.

N. 02767/2025 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

 

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2767 del 2025, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Vivaticket S.p.a. Società con Socio Unico, in proprio e quale mandataria del costituendo Rti con le mandanti Opera Laboratori Fiorentini S.p.a. e Giunti Editore S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG 981751667E, rappresentata e difesa dall'avvocato Valentino Vulpetti, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Monte Zebio, 19;

contro

Ministero della Cultura – Direzione Generale Musei, Direzione Generale Educazione, Ricerca e Istituti Culturali, Direzione Regionale Musei della Toscana, Gallerie degli Uffizi, Opificio delle Pietre Dure, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Consorzio Stabile Primo Nomine, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Massimo Ambroselli, Domenico Gentile e Maria Cristina Lenoci, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Electa S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giovanni De Vergottini e Marco Petitto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Società Cooperativa Culture, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Andrea Grazzini, Antonietta Favale e Matteo Valente, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana (Sezione Seconda) n. 285 del 2025, resa tra le parti.

 

Visti il ricorso in appello, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Cultura, del Consorzio Stabile Primo Nomine, di Electa S.p.a. e della Società Cooperativa Culture;

Visto l’appello incidentale della Società Cooperativa Culture;

Viste le memorie delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120 cod. proc. amm.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 luglio 2025 il Cons. Elena Quadri e uditi per le parti gli avvocati Vulpetti, Petitto, Ambroselli, Gentile, Grazzini, Favale e l’avvocato dello Stato Loche;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Vivaticket S.p.a. Società con Socio Unico, in proprio e quale mandataria del costituendo Rti con le mandanti Opera Laboratori Fiorentini S.p.a. e Giunti Editore S.p.a., ha impugnato la determina n. 220 del 22 agosto 2024 di aggiudicazione in favore del R.T.I. CoopCulture – Electa S.p.a. della “Gara europea a procedura aperta per l’affidamento in concessione, ai sensi dell’art. 117 del 2 D.lgs. 22 gennaio 2024, n. 42 e degli artt. 164 e ss. del D.lgs. n. 50 del 2016 dei servizi museali in favore dei Musei afferenti alle seguenti Amministrazioni del Ministero della Cultura: Gallerie degli Uffizi; Direzione Regionale Musei della Toscana (Firenze); Opificio delle Pietre Dure” (numero di gara 9091070; CIG: 981751667E).

Il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana ha in parte respinto e in parte dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado, come integrato dai motivi aggiunti, e ha dichiarato improcedibili i ricorsi incidentali, con sentenza n. 285 del 2025, appellata da Vivaticket S.p.a. per i seguenti motivi di diritto:

A) circa i motivi riguardanti la posizione dell’Ati Coopculture-Electa, prima classificata:

A.1) plurime violazioni degli obblighi di cui ai contratti collettivi e individuali di lavoro; violazione e falsa applicazione degli artt. 30 co. 3, 80 co. 5 lett. a), c) e c-bis) del d.lgs. 50/2016 (motivo a.1 del ricorso introduttivo);

A.2) violazione e falsa applicazione degli artt. 30 co. 3, 80 co. 5 lett. a) e 80 co. 5 lett. c), c-bis) e c-ter) del d.lgs. 50/2016 e dell’art. 6.4 lett. d) ed e) del disciplinare di gara (motivo a.2 del ricorso introduttivo);

A.3) violazione e falsa applicazione dell’art. 80 co. 5 lett. c-bis) e f-bis) del d.lgs. 50/2016 e dell’art. 6.4 del disciplinare di gara. difetto del requisito di capacità tecnico-professionale in capo a coopculture (primo motivo del primo ricorso per motivi aggiunti);

A.4) violazione e falsa applicazione dell’art. 48 co. 2 e co 5 del d.lgs. 50/2016; illegittimo scorporo delle prestazioni di vendita e merchandising a favore della mandante Electa (secondo motivo del primo ricorso per motivi aggiunti);

B) circa i motivi riguardanti la posizione del Consorzio Primo Nomine, secondo classificato:

B.1) inattendibilità del costo della manodopera (par. III del primo ricorso per motivi aggiunti);

B.2) falsa dichiarazione in merito all’attività svolta dalla consorziata Domina presso Galleria Uffizi (par. I del secondo ricorso per motivi aggiunti);

B.3) incertezza sulla forma di partecipazione prescelta dal consorzio e sulla posizione dei consorziati; conseguente inattendibilità degli impegni assunti con l’offerta (par. II del secondo ricorso per motivi aggiunti);

B.4) falsa dichiarazione del consorzio circa l’esecuzione in proprio degli impegni contrattuali e circa il ruolo dei consorziati (par. I del terzo ricorso per motivi aggiunti);

B.5) contraddittorietà dell’offerta economica circa l’aggio offerto e l’utile stimato; conseguente duplicità dell’offerta economica (par. III del secondo ricorso per motivi aggiunti);

B.6) inammissibilità delle giustificazioni di anomalia in quanto riferibili alle condizioni favorevoli di cui godono i consorziati; conseguente incongruità dell’offerta economica (par. II del terzo ricorso per motivi aggiunti);

B.7) indebita modifica postuma dell’importo relativo agli oneri della sicurezza; violazione dell’obbligo di separata e specifica indicazione degli oneri della sicurezza (par. III del terzo ricorso per motivi aggiunti);

C) Circa i motivi dedotti volti alla demolizione parziale della procedura di gara:

C.1) violazione dell’art. 15 del disciplinare e del principio dell’autovincolo; violazione dei principi di buon andamento dell’azione amministrativa; eccesso di potere per sviamento, difetto di istruttoria,

illogicità e irragionevolezza manifesta;

C.2) illegittimità dell’attività posta in essere quale Rup dal dott. Montemurro, designato dal direttore degli Uffizi nel giugno 2024; violazione e falsa applicazione dell’art. 31 co. 1 del d.lgs. 50/2016 (primo motivo del ricorso introduttivo); difetto assoluto di attribuzione ex art. 21 septies della legge 241/1990 e ss.mm.ii.; violazione e falsa applicazione dell’art. 4 della convenzione n. 480/2022 e del principio dell’autovincolo (quarto motivo del primo ricorso per motivi aggiunti e quinto motivo del secondo ricorso per motivi aggiunti);

C.3) illegittimità dell’attività posta in essere quale Rup di gara dal dott. Schmidt dopo il 15.1.2024; violazione e falsa applicazione dell’art. 31 co. 1 del d.lgs. 50/2016; difetto assoluto di attribuzione ex art. 21 septies della legge 241/1990 e ss.mm.ii.; violazione e falsa applicazione dell’art. 4 della convenzione n. 480/2022 e del principio dell’autovincolo (quarto motivo del primo ricorso per motivi aggiunti e quinto motivo del secondo ricorso per motivi aggiunti);

C.4) illegittimità della nomina della commissione giudicatrice e del suo operato (motivo b) del ricorso introduttivo);

D) Circa i motivi integralmente demolitori:

D.1) violazione e falsa applicazione dell’art. 95 del d.lgs. 50/2016; violazione degli artt. 12.2, 14 e 16 del disciplinare; violazione dei principi di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa e del principio di par condicio competitorum (quarto ricorso per motivi aggiunti);

D.2) violazione e falsa applicazione degli artt. 18, 42 e 43 del d.P.C.M. 2 dicembre 2019 n. 169 e dei decreti del Mic n. 46 del 3.2.2022 e n. 21/2020; incompetenza del direttore di Gauff a indire la gara anche per l’Opificio e per la direzione regionale Toscana; violazione degli artt. 37 e 38 del d.lgs. 50/2016, dell’art. 15 della legge 241/1990 e dell’art. 5 del d.lgs. 50/2016 (motivo c.1 del ricorso introduttivo);

D.3) violazione degli artt. 18, 42 e 43 del d.P.C.M. 169/2019 (motivo c.2 del ricorso introduttivo);

D.4) violazione e falsa applicazione dell’art. 32 co. 2 del d.lgs. 50/2016 (motivo c.3 del ricorso introduttivo);

D.5) violazione e falsa applicazione dell’art. 6 del d.M. 29.1.2008 che fissa la durata delle concessioni aventi ad oggetto servizi aggiuntivi in quattro anni rinnovabili per pari periodo; violazione e falsa applicazione dell’art. 106 del d.lgs. 50/2016; violazione del principio di buon andamento dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 della Costituzione (motivo c.5 del ricorso introduttivo);

D.6) violazione e falsa applicazione dei principi vigenti in materia di concessioni e con gli artt. 115-117 del d.lgs. 42/2004 (motivo c.6 del ricorso introduttivo);

D.7) violazione e falsa applicazione del principio di valorizzazione (motivo c.7 del ricorso introduttivo), degli artt. 115 e 117 del d.lgs. 42/2004 (motivo c.7.1 del ricorso introduttivo), degli artt. 111, 114 e 115 del d.lgs. 42/2004; assenza di preventiva programmazione e di progetto di valorizzazione (motivo c.7.2 del ricorso introduttivo);

D.8) violazione e falsa applicazione dell’art. 117 co. 1, 2 e 3 del d.lgs.42/2004; inapplicabilità del regime della concessione alla biglietteria, anche se gestita in forma integrata (motivo c.7.3 del ricorso introduttivo); violazione e falsa applicazione dell’art. 3 co. 4 del dM 29.1.2008 nella parte in cui prevede la gestione integrata dei servizi aggiuntivi; difetto di motivazione e di istruttoria (motivo c.7.4 del ricorso introduttivo); violazione e falsa applicazione degli artt. 111, 114 e 115 del d.lgs. 42/2004; prevalenza del servizio di biglietteria e conseguente violazione del principio di valorizzazione (motivo c.7.5 del ricorso introduttivo);

D.9) violazione dell’art. 165 del d.lgs. 50/2016 e dei principi di libera concorrenza, equilibrio economico- finanziario, efficacia e qualità delle prestazioni, buona amministrazione, proporzionalità, ragionevolezza, trasparenza e pubblicità. eccesso di potere per illogicità manifesta, contraddittorietà, manifesta arbitrarietà, difetto di istruttoria (motivo d del ricorso introduttivo).

In seguito all’emanazione del provvedimento di AGCM del 7 aprile 2025 di irrogazione a Coopculture di una sanzione pari a 7 milioni di euro per pratiche commerciali scorrette in relazione al fenomeno del secondary ticketing, l’appellante ha proposto motivi aggiunti deducendo:

A.5) violazione e falsa applicazione dell’art. 80 co. 5 lett. c-bis) del d.lgs. 50/2016; violazione e falsa applicazione dell’art. 80 co. 5 lett. c) e lett. c-ter) del d.lgs. 50/2016; violazione e falsa applicazione degli artt. 6.3 lett. d) e 6.4 lett. e) del disciplinare di gara.

Si sono costituiti per resistere all’appello il Ministero della Cultura, il Consorzio Stabile Primo Nomine, Electa S.p.a. e la Società Cooperativa Culture, che ha, altresì, proposto appello incidentale.

Successivamente le parti hanno depositato memorie a sostegno delle rispettive conclusioni.

All’udienza pubblica del 3 luglio 2025 gli appelli principale e incidentale sono stati trattenuti in decisione.

DIRITTO

Giunge in decisione l’appello proposto da Vivaticket S.p.a. per la riforma della sentenza del Tar Toscana n. 285 del 2025 che ha in parte respinto e in parte dichiarato inammissibile il suo ricorso, come integrato dai motivi aggiunti, proposto per l’annullamento della determina n. 220 del 22 agosto 2024 di aggiudicazione in favore del R.T.I. CoopCulture – Electa S.p.a. della “Gara europea a procedura aperta per l’affidamento in concessione, ai sensi dell’art. 117 del 2 D.lgs. 22 gennaio 2024, n. 42 e degli artt. 164 e ss. del D.lgs. n. 50 del 2016 dei servizi museali in favore dei Musei afferenti alle seguenti Amministrazioni del Ministero della Cultura: Gallerie degli Uffizi; Direzione Regionale Musei della Toscana (Firenze); Opificio delle Pietre Dure” (numero di gara 9091070; CIG: 981751667E).

La sentenza ha, altresì, dichiarato improcedibili i ricorsi incidentali proposti dalle controinteressate.

Deve premettersi che l’appellante, che ha partecipato alla gara quale mandataria del costituendo Rti con le mandanti Opera Laboratori Fiorentini S.p.a. e Giunti Editore S.p.a., si è posizionata nella terza posizione della graduatoria.

Propone, dunque, censure riguardanti la posizione dell’Ati Coopculture-Electa, prima classificata; censure riguardanti la posizione del Consorzio Primo Nomine, secondo classificato; censure volte alla demolizione parziale della procedura di gara e censure integralmente demolitorie.

Propone, inoltre, motivi aggiunti di appello.

Con riferimento ai motivi riguardanti la posizione dell’Ati Coopculture-Electa, prima classificata, l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza appellata nel respingere diverse censure del ricorso di primo grado con cui si lamentava l’illegittimità della mancata esclusione dell’aggiudicataria dalla gara.

Innanzitutto, con riferimento a una reiterata violazione della disciplina giuslavoristica, l’appellante ha dedotto la violazione sia dell’art. 80, comma 5, lett. a), del d.lgs. n. 50 del 2016, che della successiva lettera c-bis), per omessa dichiarazione in gara.

Con un secondo motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità del mancato accoglimento della censura relativa al mancato possesso del requisito di capacità tecnico-professionale in capo a Coopculture, riferito al pregresso svolgimento dei “servizi di biglietteria, accoglienza e di assistenza alla visita” presso il Colosseo, atteso che era stato avviato dall’AGCM nei riguardi di Coopculture un procedimento istruttorio per presunte pratiche commerciali scorrette nella vendita dei biglietti presso il Colosseo; in ragione di tale procedimento, il Parco Archeologico del Colosseo avrebbe omesso di certificare il “buon esito” del servizio reso per l’anno 2022 e sarebbe mancata da parte di Coopculture una dichiarazione in tal senso che informasse l’Amministrazione della pendenza del procedimento; la questione avrebbe dovuto, dunque, assumere rilevanza ai fini della causa escludente di cui all’art. 80, comma 5, lett. c-ter), del d.lgs. n. 50 del 2016, sussistendo una significativa e persistente carenza nell’esecuzione di un precedente contratto.

Con un terzo motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha respinto il motivo con cui era stato contestato che Coopculture, contrariamente a quanto dichiarato nel proprio DGUE, non sarebbe in possesso del requisito esperienziale di cui all’art. 6.4. lett. e) del disciplinare di gara, riferito alla avvenuta “esecuzione di servizi di biglietteria, accoglienza e di assistenza alla visita eseguito, in uno degli ultimi tre esercizi finanziari approvati alla data di scadenza del termine di presentazione delle offerte con un numero di biglietti annui emessi pari ad almeno 1.000.000. Per servizi di biglietteria s’intende la fornitura integrata, di un sistema che gestisca servizi di vendita biglietti tramite biglietteria fisica e off-site, prenotazioni, call center off-site, canali di vendita B2B. […]”.

Ed invero, il servizio cui l’aggiudicataria ha fatto riferimento nel DGUE è quello della biglietteria e dei servizi aggiuntivi presso il Parco Archeologico del Colosseo (PAC), svolto da Coopculture non in proprio, ma quale consorziata designata dal CNS, che è un consorzio di società cooperative e che, a sua volta, è stato mandatario del RTI CNS-Electa, unico titolare della concessione del PAC. Non sarebbe, dunque, possibile per il soggetto consorziato designato per l’esecuzione far valere il requisito di capacità tecnica e professionale derivante da tale designazione per commesse future, essendo la prestazione riferibile solo al Consorzio di cooperative.

Con una quarta e ultima censura l’appellante ha dedotto l’illegittimità della partecipazione alla gara del Rti Coopculture-Electa, che ha scorporato i servizi di vendita e merchandising assegnandoli ad Electa. Sarebbe noto, infatti, che, qualora la stazione appaltante non abbia distinto tra prestazioni principali e secondarie, il concorrente non può, pena l’esclusione dalla gara, arbitrariamente scomporre le prestazioni assegnandole in via esclusiva (i.e. verticale) ad una delle imprese raggruppate. Il RTI vincitore avrebbe, dunque, partecipato come raggruppamento verticale, modalità che non sarebbe prevista né consentita dalla legge di gara, la quale non indicava prestazioni secondarie scorporabili, imponendo perciò la partecipazione con raggruppamento orizzontale.

Le quattro censure sono tutte infondate.

Con riferimento alla prima censura dedotta dall’appellante, relativa alla illegittima mancata esclusione dalla gara di Coopculture per aver omesso di dichiarare alcune presunte gravi infrazioni debitamente accertate agli obblighi in materia sociale e del lavoro di cui all’art. 80, comma 5, lett. a), del d.lgs. 50 del 2016, in considerazione del fatto che l’aggiudicazione è avvenuta con determina n. 220 del 22 agosto 2024 e, dunque, successivamente alla segnalazione del Consorzio, che risale a giugno 2024, del tutto correttamente la sentenza impugnata ha statuito che l’aggiudicazione avesse “implicitamente” considerato l’irrilevanza dei fatti dedotti con la segnalazione e, dunque, delle sentenze del Giudice del lavoro, non imponendosi, oltretutto, una esplicita motivazione, neppure attenuata, atteso che le fattispecie segnalate dal Consorzio si riferivano ad alcune sporadiche vicende giuslavoristiche ritenute correttamente, seppur implicitamente, del tutto insignificanti dalla stazione appaltante in considerazione della lunga e rilevante attività esercitata da Coopculture, nonché prive delle caratteristiche della “gravità” e della “rilevanza” (cfr. Cons. Stato, V, 5 maggio 2020, n. 2850) e, quindi, incapaci di incidere sulla integrità e affidabilità del concorrente. Tanto, in considerazione del rapporto tra importi e numero delle condanne in favore dei lavoratori e complessiva rilevanza dell’organizzazione societaria di Coopculture, come risulta dalle idonee e del tutto condivisibili statuizioni del giudice di prime cure, a cui, integralmente, si rinvia (sentenza impugnata, pagg. 19-21). Risulta, peraltro, che per tali violazioni i lavoratori siano stati integralmente risarciti.

Riguardo alla seconda doglianza, con cui l’appellante deduce l’erroneità della sentenza impugnata per aver respinto la censura con cui si contestava l’illegittimità della mancata esclusione di Coopculture ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett.c-ter), del d.lgs. n. 50 del 2016, sussistendo una significativa e persistente carenza nell’esecuzione di un precedente contratto in relazione al procedimento istruttorio per presunte pratiche commerciali scorrette nella vendita dei biglietti presso il Colosseo avviato dall’AGCM nei riguardi di Coopculture, deve precisarsi che la delibera dell’AGCM con la quale l’Autorità ha inflitto agli operatori coinvolti, come Coopculture, consistenti sanzioni pecuniarie amministrative in relazione all’accaparramento finalizzato alla rivendita di biglietti (cd.: secondary ticketing), è sopravvenuta alla partecipazione alla gara, all’aggiudicazione, al giudizio di primo grado, all’instaurazione del presente giudizio e persino alla stipula del contratto, con la conseguenza che in nessun caso il suo contenuto può assumere rilevanza “retroattiva”, privando Coopculture dei requisiti posseduti in precedenza, né essa può avere inciso sul certificato rilasciato dal Parco Archeologico del Colosseo per il 2022.

Non sussisteva, quindi, alcun onere dichiarativo in capo a Coopculture in ordine alla mera pendenza del procedimento istruttorio avviato dall’AGCM durante le fasi della gara, come correttamente statuito dalla sentenza impugnata ed altresì da questa sezione, secondo cui: “La mera istruttoria avviata dall'AGCM non integra un obbligo dichiarativo” (cfr. Cons. Stato, V, 23 luglio 2024, n. 6622).

Né alcuna rilevanza avrebbe potuto assumere la pendenza del procedimento istruttorio avviato dall’AGCM sui certificati rilasciati dal Parco Archeologico del Colosseo, che ha, infatti, sempre rilasciato apposita attestazione dei servizi svolti per tutti gli anni che qui rilevano, come risulta dalla documentazione versata in atti.

Con riferimento alla terza doglianza, con cui l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza impugnata nell’aver respinto la censura con cui si contestava, sostanzialmente, che la consorziata di un consorzio di cooperative designata esecutrice non potrebbe spendere il requisito di capacità tecnica e professionale derivante da tale designazione per commesse future, essendo la prestazione riferibile solo al consorzio di cooperative, deve osservarsi che, come statuito in maniera condivisibile dal Tar, la lex specialis di gara identificava il requisito di capacità tecnica richiesto non già nella titolarità di un contratto pubblico, bensì nell’esecuzione di servizi di biglietteria. Pertanto, il requisito non richiedeva di provare l'imputazione giuridica di contratti di servizi museali, bensì l’esecuzione di tali servizi: ed è esattamente quanto certificato da Coopculture, come risulta dalle attestazioni di buon esito depositate in primo grado.

Coopculture ha indicato nella sezione C della parte IV sui criteri di selezione (“capacità tecniche e professionali”) del DGUE presentato in sede di gara, i servizi di biglietteria - compreso il numero di biglietti annui, sempre superiore a 1.000.000 - che essa ha svolto nei tre esercizi dal 2020 al 2022, e tale dichiarazione risulta perfettamente corrispondente alle certificazioni rilasciate dal Ministero della cultura - Parco Archeologico del Colosseo, depositate dall’appellante, in cui si attesta che il servizio di biglietteria agli utenti relativo all’affidamento in concessione dei servizi aggiuntivi del Parco Archeologico del Colosseo è stato eseguito da Coopculture, quale assegnataria dal Consorzio.

Ed invero, sebbene il consorzio di cooperative sia un soggetto giuridico autonomo distinto dai consorziati e munito di personalità giuridica, dunque con autonomia giuridica e patrimoniale, che diventa l’unico contraente, portatore di un interesse proprio, anche se finalisticamente collegato allo scopo mutualistico delle consorziate che operano quali interna corporis e agiscono in virtù di un rapporto di immedesimazione organica (cfr. Cons. Stato, V, 5 aprile 2024, n. 3144; 2 settembre 2019, n. 6024), le consorziate che ne fanno parte possono partecipare distintamente e autonomamente alle procedure ad evidenza pubblica (cfr. CGUE, 19 maggio 2009, C – 538/07, Assitur; 22 ottobre 2015, C – 425/14, Impresa Edilux e Sicef). Da ciò consegue inequivocabilmente che le consorziate possono spendere i requisiti delle attività dalle stesse svolte.

Invero, come condivisibilmente statuito dal Tar: “La circostanza che la giurisprudenza citata … affermi che il servizio posto in essere dalla consorziata risulta qualificante per il Consorzio, il quale può avvalersene in eventuali future gare, non esclude che lo stesso requisito possa contemporaneamente maturare anche in capo alla cooperativa, che ha effettivamente e materialmente erogato il servizio”.

Ciò è confermato, del resto, dalla progressiva equiparazione operata dalla giurisprudenza amministrativa, sotto tale profilo, dei consorzi di cooperative ai consorzi stabili (cfr. Cons. Stato, V, 5 aprile 2024 n. 3144).

Con riferimento alla quarta e ultima censura con cui l’appellante ha dedotto l’illegittimità della partecipazione alla gara del Rti Coopculture per aver scorporato i servizi di vendita e merchandising assegnandoli ad Electa pur in assenza di previsioni della lex specialis sulla distinzione tra prestazioni principali e secondarie, deve evidenziarsi che la legge di gara non vietava di articolare il riparto delle attività tra le componenti del raggruppamento temporaneo secondo un criterio di specializzazione funzionale, né obbligava i concorrenti ad eseguire ciascuno, pro quota, tutti i servizi nella forma del raggruppamento orizzontale. Infatti, Coopculture ed Electa hanno indicato l’assetto del raggruppamento in una dichiarazione prevista in allegato al disciplinare di gara che, secondo l’impostazione data dalla stazione appaltante, obbligava i concorrenti a precisare se il raggruppamento si presentasse in forma orizzontale, verticale o mista.

Inoltre, la stazione appaltante ha confermato la possibilità di presentazione delle offerte da parte di raggruppamenti di tipo verticale in risposta a richieste di chiarimenti avanzate dai concorrenti prima della partecipazione alla gara, come risulta dalla documentazione versata in atti.

Devono, a questo punto, scrutinarsi i motivi volti alla demolizione parziale della procedura di gara, con cui l’appellante ha dedotto, innanzitutto, che l’art. 15 del Disciplinare di gara richiedeva a pena di esclusione l’inserimento nella busta economica anche del PEF e della relazione illustrativa, precisando che detta relazione serviva a sottoporre al vaglio della stazione appaltante le “motivazioni di mercato e di efficacia che ne dimostrino attendibilità e realismo” (art. 15 del Disciplinare). Nella seduta del 29.11.2023 (Verbale n. 9 – doc. 47) la Commissione, illegittimamente, si sarebbe limitata ad aprire le buste economiche dei concorrenti, a rilevare che “Tutti i concorrenti hanno elaborato il PEF ed hanno evidenziato i costi della manodopera e della sicurezza”, ad applicare le formule per l’attribuzione del punteggio economico e infine a determinare i punteggi complessivi. Nessuna valutazione sarebbe stata espressa in ordine alla “attendibilità e realismo” dei PEF dell’ATI CoopCulture-Electa e del Consorzio.

Con il secondo motivo l’appellante ha dedotto l’illegittimità della nomina a RUP del Dott. Montemurro disposta dal Direttore di GAUFF Dott. Simone Verde in data 25 giugno 2024, in quanto in palese contrasto con l’art. 4 della Convenzione n. 480/2022, che individua il RUP nel Direttore delle Gallerie degli Uffizi.

Con la terza censura l’appellante ha dedotto che, ai sensi dell’art. 4 della Convenzione n. 480/2022 le funzioni di RUP sono state inizialmente assunte dall’allora Direttore di GAUFF Dott. Eike Schmidt. Con atto del 5.2.2024, Prot. MIC|MIC_GA-UFF|05/02/2024|0000819-A, si è provveduto alla nomina del nuovo Direttore di GAUFF nella persona del Dott. Simone Verde con decorrenza dal 15.1.2024 e per la durata di quattro anni. Nonostante sia cessato sin dal 15.1.2024 dalla carica di Direttore di GAUFF e da ogni funzione connessa, il Dott. Schmidt ha continuato a svolgere le funzioni di RUP. Infatti nei Verbali n. 11 del 26.2.2024, n. 12 del 25.3.2024, n. 13 del 6.5.2024 si dà atto della partecipazione del Dott. Schmidt alle attività di gara ancora nella veste di RUP. Peraltro, dal 16.4.2024 il Ministero della Cultura ha anche collocato il Dott. Schmidt in aspettativa (decreto DG-OR n. 563, come citato nella determina n. 100 del 25.6.2024). Quindi, in occasione della seduta del 6.5.2024 egli ha continuato a ricoprire le funzioni di RUP quando nemmeno era più nel ruolo del Ministero. Il vizio dell’aggiudicazione e degli atti presupposti sarebbe dunque evidente nella misura in cui il procedimento di verifica delle offerte economiche del RTI Coopculture e del Consorzio è stato condotto da un soggetto (il Dott. Schmidt) privo di qualsivoglia attribuzione in merito.

Con il quarto motivo l’appellante ha dedotto l’illegittimità della nomina della commissione per mancata pubblicazione dei curricula dei componenti nominati, per omessa predeterminazione dei criteri di nomina e per mancanza in capo ai commissari della necessaria esperienza e professionalità.

Le censure sono tutte infondate.

Ed invero, dalla lex specialis di gara risulta che attendibilità e realismo del PEF dovevano essere valutati successivamente rispetto al momento dell’apertura delle buste economiche.

Ai sensi dell’art. 18 del disciplinare, invero, dopo la fase di apertura delle offerte tecniche, nella successiva seduta pubblica sarebbero stati solamente comunicati i punteggi tecnici ed aperte le offerte

economiche con attribuzione del relativo punteggio, come avvenuto nella seduta di gara del 29 novembre 2023 (cfr. verbale n. 9), in cui la Commissione ha proceduto all’apertura delle offerte economiche e ha verificato che “tutti i concorrenti hanno elaborato il PEF ed hanno evidenziato i costi della manodopera e della sicurezza”; ha altresì ribadito, in coerenza con le succitate previsioni, che “in caso di PEF non sostenibile, il concorrente potrà essere escluso in fase di aggiudicazione definitiva”.

Inoltre, nella seduta di gara del 6 maggio 2024 (cfr. verbale n. 13) la congruità dell’offerta del RTI Coopculture, quindi anche la sostenibilità del PEF presentato, è stata valutata positivamente.

Riguardo all’assunta illegittimità della nomina del Rup, al contrario, la stessa è avvenuta nel pieno rispetto dell’art. 4 della Convenzione, che non dispone alcun divieto in ordine al potere di delega, che è stato, dunque, legittimamente esercitato dal nuovo Direttore delle Gallerie degli Uffizi nei confronti del Dott. Montemurro.

Per quanto concerne la censura con cui è stata dedotta l’erroneità della sentenza riguardo alla contestazione dell’illegittimità delle operazioni di gara condotte dal 15 gennaio 2024 dal dott. Schmidt, che allora non era più Direttore degli Uffizi, deve evidenziarsi che la sostituzione in tale carica, avvenuta nelle more dell’espletamento della procedura concorsuale il 15 gennaio 2024, non ha avuto alcuna efficacia sulla precedente nomina del Rup della procedura stessa, che si fonda su un distinto provvedimento (determina a contrarre n. 100 del 10 maggio 2023), atteso che, come correttamente statuito dal Tar, la Convenzione n. 480/2022 non imponeva che il Rup dovesse identificarsi con il Direttore degli Uffizi.

Solo in seguito alla comunicazione del dott. Schmidt dell’intenzione di voler rinunciare all’incarico, avvenuta il 24 maggio 2024, sono state avviate le procedure per la scelta del nuovo Rup, che si sono concluse il successivo 25 giugno 2024 con la nomina del dott. Montemurro.

Circa la quarta e ultima doglianza concernente l’assunta illegittimità della nomina della commissione, la quale sarebbe avvenuta senza la predeterminazione dei criteri di competenza e trasparenza e senza che fossero stati pubblicati i curricula dei commissari, come statuito in maniera del tutto condivisibile dal Tar, nonché dalla consolidata giurisprudenza di questo Consiglio, alle cui statuizioni si rinvia, l’operato della commissione non può ritenersi illegittimo per la semplice omessa predeterminazione dei criteri per l’individuazione dei componenti, in mancanza di prova, non fornita nella specie dall’appellante, che nel caso concreto siano mancate le condizioni di trasparenza e competenza dei componenti della commissione (cfr. Cons. Stato, V, 23 luglio 2024, n. 6622; 9 luglio 2024, n. 6060; III, 4 novembre 2020, n. 6818).

Ed invero: “Per quanto concerne l’assenza di criteri trasparenti nella scelta dei componenti, osserva il Collegio che la mancata predeterminazione degli stessi non determina, ex se, l’illegittimità della nomina, occorrendo dimostrare che, in concreto, siano totalmente mancate le condizioni di trasparenza e competenza; non è dunque necessario un vero e proprio regolamento, essendo sufficiente che la commissione risulti costituita secondo regole di trasparenza e competenza (Cons. Stato, III, 14 aprile 2022, n. 2819). Tali regole risultano comunque garantite dal regolamento Consip nella versione aggiornata del 17 aprile 2023 sui criteri per la nomina dei componenti delle commissioni giudicatrici e del seggio di gara” (Cons. Stato, V, 23 luglio 2024, n. 6622).

Anche tutti i nove motivi di gravame volti alla demolizione integrale della procedura di gara sono infondati.

Con il primo motivo l’appellante ha dedotto, innanzitutto, che, dai documenti trasmessi dalla Stazione Appaltante il 13 dicembre 2024 è risultato che all’atto della valutazione e dell’assegnazione dei punteggi alle offerte tecniche (verbale n. 8 del 27.11.2023) la Commissione era a conoscenza anche del contenuto delle offerte economiche. Infatti, nell’allegato al verbale n. 8, oltre ad essere riportati i punteggi tecnici sono indicati anche quelli delle offerte economiche, di cui evidentemente la commissione era già a conoscenza.

Il motivo è infondato.

L’art. 12 del disciplinare di gara così disponeva: “la procedura si svolge esclusivamente attraverso l’utilizzo della Piattaforma telematica di e-procurement nella disponibilità delle Gallerie degli Uffizi … mediante la quale sono gestite le fasi di pubblicazione, presentazione, analisi, valutazione e ammissione dell’offerta, oltre che le comunicazioni e gli scambi di informazioni ….” e che “la documentazione di gara dovrà pervenire esclusivamente tramite la piattaforma telematica”. “TUTTA la documentazione di gara dovrà essere marcata temporalmente entro le ore 13.00 del giorno 30.06.2023.

L’orario di inizio per l’inserimento della documentazione amministrativa e tecnica da parte degli operatori economici avverrà a partire dalle ore 13:01 del giorno 30 giugno 2023 con termine alle ore 13:00 del giorno 3 luglio 2023. Per l’offerta economica, la relativa busta dovrà essere caricata nella finestra temporale che verrà comunicata tramite il portale Traspare al termine della valutazione della documentazione tecnica”.

L’articolo 18 del Disciplinare prevedeva, quindi, che solo successivamente alle sedute in cui sarebbe avvenuta l’assegnazione dei punteggi alle offerte tecniche “la Commissione giudicatrice comunicherà a tutti i concorrenti, per mezzo della Piattaforma telematica, il giorno e l’ora della seduta pubblica in cui saranno comunicati i punteggi tecnici complessivi attribuiti alle singole offerte tecniche, saranno aperte le offerte economiche, sarà attribuito il relativo punteggio e si procederà all’attribuzione del punteggio complessivo (punteggio offerta tecnica + punteggio offerta economica)”.

Le offerte (comprensive di documentazione amministrativa, tecnica ed economica) dovevano essere, dunque, marcate dai concorrenti entro il 30 giugno 2023, ma caricate nella piattaforma secondo la scansione temporale definita dal disciplinare, che, come visto, permetteva di caricare l’offerta economica in piattaforma solo al termine della valutazione delle offerte tecniche; ne consegue che in nessun caso la commissione avrebbe potuto aprire le offerte economiche prima di aver valutato quelle tecniche, perché non ancora caricate.

Ed invero, dalla documentazione versata in atti risulta che tutti i concorrenti hanno caricato sulla piattaforma le proprie offerte economiche il 28 novembre 2023, quindi successivamente alla valutazione delle offerte tecniche, avvenuta nella seduta del 27 novembre 2023 (cfr. verbale n. 8).

L’effettiva sequenza delle operazioni di apertura e di valutazione delle offerte da parte della commissione giudicatrice è inoltre attestata dai verbali nn. 7, 8 e 9, da cui risulta che le buste tecniche sono state aperte nella seduta di gara del 2 novembre 2023 (cfr. verbale n. 7) e valutate in seduta riservata il 27 novembre 2023 (cfr. verbale n. 8), in cui la commissione, “preso atto delle risultanze delle verifiche effettuate”, ha stabilito “di riunirsi in seduta pubblica per proseguire nelle operazioni di gara, concernenti l’apertura in seduta pubblica delle offerte economiche in data 29 novembre 2023”, come poi effettivamente avvenuto (cfr. verbale n. 9 della seduta del 29 novembre 2023, in cui la commissione ha proceduto in seduta pubblica all’apertura e all’esame delle offerte economiche dei concorrenti, predisponendo poi la graduatoria finale risultante dalla sommatoria dei punteggi tecnici ed economici).

Anche il secondo motivo, concernente l’assunta incompetenza del direttore di Gauff a indire la gara anche per l’Opificio e per la direzione regionale Toscana, è infondato, come correttamente statuito dalla sentenza impugnata.

Ed invero, l’art. 37, commi 10 e 11, del d.lgs. n. 50 del 2026 non disciplina solo le centrali di committenza già costituite, ma anche “l’aggregazione delle committenze, vale a dire una ipotesi di centralizzazione temporanea, non strutturata, basata su un accordo tra amministrazioni aggiudicatrici e finalizzata alla realizzazione di singole iniziative. Tale accordo può riguardare una o più procedure di aggiudicazione nonché l’esecuzione dei relativi contratti e stabilisce i confini delle responsabilità dei diversi soggetti nelle varie ipotesi”.

Inoltre, il successivo art. 38, comma 8, richiama pure l’art. 216, comma 10, secondo cui i requisiti di qualificazione sono soddisfatti mediante l’iscrizione all’Anagrafe Unica delle Stazioni Appaltanti, come risulta per Gallerie degli Uffizi, che è, quindi, secondo il regime transitorio, pienamente qualificata ad espletare la gara anche per conto delle altre amministrazioni parti della convenzione per accordo di collaborazione stipulata ai sensi dell’art. 15, l. 7 agosto 1990, n. 241, tra Gallerie degli Uffizi, Opificio delle Pietre Dure e la Direzione Regionale dei Musei della Toscana, con cui le stesse si sono determinate nel senso di cooperare per la realizzazione congiunta della gara e per la gestione del rapporto concessorio conseguente.

La forma scritta imposta agli accordi tra Pubbliche Amministrazioni dall’art. 15 e dall’art. 11, comma 2, l. 241/1990 risulta, dunque, pienamente rispettata (cfr. artt. 2 e 4 della convenzione).

La convenzione richiama, infatti, proprio il contenuto del suddetto art. 15, che qualifica l’accordo tra PP.AA. come volto a “disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune

come la gara in questione, al termine della quale “con decorrenza dalla stipula del contratto di concessione, il rapporto tra il Concessionario ed ogni singola Amministrazione resterà autonomo e separato” (cfr. art. 3 della convenzione).

Dalla convenzione si evince, inoltre, che le responsabilità e i compiti affidati ai soggetti referenti sono distinti da quelli attribuiti al RUP, atteso che la responsabilità della procedura di affidamento è stata affidata, in qualità di RUP, al solo Direttore di Gallerie degli Uffizi, mentre i soggetti individuati dalla Direzione regionale Musei e dall’Opificio sono meri referenti - tra i quali è indicato anche un soggetto in rappresentanza delle Gallerie degli Uffizi -, non responsabili della procedura di affidamento, ma della mera attuazione della stessa (cfr. art. 4 della convenzione).

Ed invero, la convenzione e le presupposte note autorizzative hanno stabilito la competenza delle Gallerie degli Uffizi nel procedere in via autonoma all’affidamento, sulla base di un’unica gara.

Riguardo all’assunto contrasto tra l’indizione della gara da parte del Direttore di Gallerie degli Uffizi e il ruolo e le funzioni riconosciute alle Direzioni regionali, l’art. 42 d.P.C.M. 169/2019 attribuisce alle Direzioni regionali il compito di “assicurare l’espletamento del servizio pubblico di fruizione e di valorizzazione degli istituti e dei luoghi della cultura”, ma nulla dispone in ordine al soggetto tenuto a indire le singole gare.

Con la terza censura l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza per violazione degli artt. 18, 42 e 43 del d.P.C.M. 169/2019.

Il motivo è infondato, come statuito in maniera del tutto condivisibile dalla sentenza, secondo cui: l’assoggettamento del direttore museale alle linee guida del direttore generale sussiste, ovviamente, nel caso in cui lo stesso abbia adottato tali atti di indirizzo, mentre “in caso contrario, il direttore del museo potrà invece disporre l’esternalizzazione sulla base dei principi comunque ricavabili dall’ordinamento, e segnatamente in virtù degli artt. 115 e 117 D. Lgs. 42/2004”.

Pertanto, per il Tar, il Direttore delle Gallerie degli Uffizi avrebbe adottato un atto illegittimo solo “ove avesse disposto l’affidamento dei servizi in contrasto con le adottate linee guida; non anche, come avvenuto nella presente fattispecie, agendo in conformità con l’ordinamento e in mancanza delle linee guida”.

Inoltre, la convenzione tra Gallerie degli Uffizi, Direzione regionale musei della Toscana e Opificio delle Pietre Dure, nelle sue premesse, attesta che la Direzione Generale Musei, con nota prot. 5389 del 23 maggio 2022, ha espresso parere favorevole alla richiesta della Direzione regionale di essere autorizzata alla preparazione di una gara congiunta con gli Uffizi per i servizi museali aggiuntivi e di bigliettazione destinati ai musei dell’area fiorentina, dimostrando, dunque, una vigilanza sulla procedura da parte della stessa, anche in attuazione del principio di valorizzazione.

Con il quarto motivo l’appellante ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art. 32, comma 2, del d.lgs. 50/2016, atteso che i criteri di selezione degli operatori e di valutazione delle offerte, così come tutte le altre prescrizioni di gara previste dal disciplinare di gara, sarebbero stati approvati solo successivamente all’indizione della procedura e non prima.

Il motivo è infondato, atteso che, dall’esame della determina a contrarre, si evincono l’oggetto, la durata, gli elementi essenziali del contratto e il valore stimato della concessione (cfr. anche il richiamo, per relationem, ai Capitolati generali e speciali sulle modalità di esecuzione dei servizi), nonché il tipo di procedura e i requisiti di partecipazione e i criteri di aggiudicazione (vedi anche il richiamo al disciplinare di gara), e dunque la determina a contrarre contiene tutti gli elementi essenziali per permettere ai concorrenti una consapevole formulazione delle offerte.

Con il quinto motivo l’appellante ha dedotto la violazione dell’art. 6 del d.M. 29 gennaio 2008, che fissa la durata delle concessioni aventi ad oggetto servizi aggiuntivi in quattro anni, rinnovabili per un pari periodo, atteso che per la concessione di specie era prevista una durata pari a cinque anni iniziali, oltre tre anni di eventuale proroga.

Il motivo è infondato, essendo sufficiente rinviare all’ormai consolidato orientamento della sezione secondo cui: “l’art. 6 del d.m. 29 gennaio 2008 è disposizione non regolamentare attuativa di una previsione (quella dell’art. 14, comma 2, del d.l. 1 ottobre 2007, n. 159) di legge abrogata dall’art. 8, comma 3, lett. e), del d.l. 30 aprile 2010, n. 64, e dunque priva di base legale al momento dell’adozione degli atti gravati in primo grado. Ritiene il Collegio che, alla luce dei rilevati profili di diritto intertemporale, l’art. 6 del predetto d.m. non possa ritenersi più applicabile, essendo mutata la disciplina di fonte primaria applicabile. Invero l’art. 168 del d.lgs. n. 50 del 2016, in tema di concessioni, afferma che la durata delle medesime è limitata e determinata nel bando di gara ed è commisurata al valore della concessione, nonché alla complessità organizzativa dell’oggetto della stessa (ordinariamente, nell’ordine di un quinquennio). Mutato il parametro legislativo di riferimento, deve ritenersi che l’art. 6 del d.m. 29 gennaio 2008, avente contenuto sostanzialmente paranormativo, non sia più applicabile, in quanto incompatibile con la sopravvenuta disciplina di fonte primaria” (Cons. Stato, V, 23 luglio 2024, n. 6622; 9 luglio 2024, n. 6070).

Non sussistono, dunque, neppure i presupposti per rimettere la questione all’Adunanza Plenaria di questo Consiglio, avendo, peraltro, il giudice di prime cure condivisibilmente statuito che, in relazione al disposto dell’art. 168 cit., la durata della concessione di specie è del tutto coerente col dato legislativo, oltre che ragionevole in relazione all’ingente importo della stessa, e alla complessità della gestione che ne forma oggetto.

Riguardo al sesto motivo, con cui l’appellante ha dedotto che la lex specialis avrebbe posto vincoli al concorrente tali da comprimere la sua libera gestione del servizio a scopo di sfruttamento economico, in contrasto con la ratio della disciplina delle concessioni, devono, al contrario, condividersi pienamente le statuizioni del Tar, secondo cui la normativa di settore, costituita dagli artt. 115, commi 4 e 5, e 117 del d.lgs. n. 42 del 2004, non vieta al concedente di fissare i contenuti essenziali del contratto di servizio e di imporre i livelli minimi qualitativi dei servizi da effettuarsi, ma ammette espressamente tale facoltà. Nella specie, dunque, legittimamente la legge di gara ha previsto nel dettaglio le prescrizioni della concessione.

Ne consegue l’infondatezza anche di tale censura.

Riguardo al settimo motivo, concernente l’assunta mancata attuazione mediante programmazione del principio di valorizzazione, correttamente la sentenza impugnata l’ha ritenuto inammissibile, atteso che: “la mancanza di una programmazione o pianificazione della valorizzazione del patrimonio culturale nonché l’analisi della comparazione circa la convenienza o l’efficienza delle soluzioni gestionali adottate […], non incide di per sé sulla posizione di terzi, trattandosi di un atto gestionale a valenza interna”.

Il motivo è anche infondato, atteso che, come già statuito da questa sezione: “Dagli artt. 114 e 115 del d.lgs. n. 42 del 2004 non si evince l’obbligo di una programmazione o progettazione preliminare, prevedendosi piuttosto che la scelta tra la forma di gestione diretta ed indiretta avvenga all’esito di una valutazione comparativa in termini di sostenibilità economico-finanziaria e di efficacia, sulla base di obiettivi previamente definiti. E tali contenuti sono evincibili nello schema di contratto di concessione, oltre che nel capitolato tecnico e nella determinazione a contrarre. In ogni caso la programmazione è contenuta nello “atto di indirizzo sui criteri tecnico-scientifici e sugli standard di funzionamento e sviluppo dei musei”, redatto dall’allora Mi.B.A.C e approvato con il d.m. 10 maggio 2001” (Cons. Stato, V, 23 luglio 2024, n. 6622).

Nella fattispecie in questione, dall’esame della documentazione di gara risulta proprio la centralità del principio di valorizzazione dei beni culturali, atteso che sono stati previsti stretti controlli nell’ambito dello svolgimento del servizio (cfr., in particolare, artt. 6, 7 e 8 del capitolato speciale).

Con l’ottavo motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha respinto le censure con cui si lamentava che il servizio di biglietteria sarebbe stato illegittimamente oggetto della concessione, nella misura in cui la lex specialis gli avrebbe attribuito un rilievo dominante rispetto ai servizi, e che non fosse legittimo affidare solo alcuni dei servizi aggiuntivi di cui all’art. 117, d.lgs. n. 42/2004, senza una loro gestione integrata. Oltretutto, per l’appellante, la sentenza avrebbe omesso di pronunciarsi sull’assunta violazione dell’art. 3, comma 4, d.M. 29 gennaio 2008.

Il motivo è infondato.

Riguardo all’ultimo profilo di censura (violazione dell’art. 3, comma 4, d.M. 29 gennaio 2008) si rinvia a quanto già osservato.

Non sussiste, inoltre, alcun onere in capo all’amministrazione di continuare a gestire unitariamente tutti i servizi museali precedentemente affidati con un’unica concessione, atteso che, come già statuito dalla sezione, la determinazione della Stazione appaltante “di scorporare i servizi, facendo venir meno la gestione integrata degli stessi, è conforme alla disciplina legislativa, che non delinea … in modo necessariamente unitario l’organizzazione dei servizi collegati all’offerta culturale (servizi di assistenza e servizi meramente strumentali come i servizi di biglietteria)” (Cons. Stato, V, 25 gennaio 2024, n. 807.

Dall’esame del comma 3 dell’art. 117 del d.lgs. n. 42 del 2004 risulta anche che i servizi di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico elencati dal comma 2 della stessa norma possono essere gestiti in forma integrata con i servizi di pulizia, di vigilanza e di biglietteria. Secondo la lettera della suddetta disposizione normativa, inoltre: “Qualora l'affidamento dei servizi integrati abbia ad oggetto una concessione di servizi ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera vv), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, l'integrazione può essere realizzata anche indipendentemente dal rispettivo valore economico dei servizi considerati” (art. 117, comma 3, d.lgs. n. 42 del 2004).

Ed invero, “Tale gestione integrata non comporta la perdita della centralità della concessione dei servizi di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico” (Cons. Stato, 23 luglio 2024, n. 6622).

Né il servizio di biglietteria ha assunto nella gara di specie una posizione dominante rispetto ai servizi aggiuntivi, atteso che, come condivisibilmente affermato dalla sentenza appellata, dall’analisi dei criteri di attribuzione dei punteggi tecnici emerge che i medesimi premiano tutti i servizi al pubblico e gli altri servizi aggiuntivi, non solo quelli di biglietteria.

Con il nono motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza impugnata per aver respinto la censura concernente l’assunta violazione degli artt. 164 e seguenti del d.lgs. n. 50 del 2016 per inidoneità del PEF posto a base di gara, in quanto lacunoso.

Ed invero, il PEF pubblicato dalle Gallerie degli Uffizi rispetta in pieno il disposto di cui all’art. 165 del d.lgs. 50 del 2016, che richiede l’allegazione agli atti di gara da parte della stazione appaltante di un PEF che evidenzi la capacità del progetto di creare valore nell'arco di tempo in cui il contratto ha effetto e di generare un livello di redditività adeguato al capitale investito.

Si rinvia, in proposito, ai fini di una analitica disamina, alla approfondita e condivisibile analisi condotta nella sentenza impugnata, che il Collegio condivide integralmente (al punto 14.11), secondo le cui statuizioni, sinteticamente, le voci di costo ritenute mancanti (personale, materie prime e utenze) erano, invece, presenti nell’ambito degli esposti oneri finanziari, mentre i dati sui flussi di cassa erano presenti e stimati sulla base del dato storico, così come il costo dei biglietti, ed erano facilmente reperibili da tutti i concorrenti.

Quanto all’allocazione del rischio e alla vincolatività del PEF posto a base di gara, la sentenza ribadisce correttamente che nelle gare di affidamento delle concessioni di servizi l’amministrazione deve essere in grado di valutare la concreta possibilità che il servizio sia gestito in condizioni di equilibrio economico finanziario. Pertanto, le indicazioni contenute nel PEF e le relative quantificazioni risultano puramente indicative, ricadendo sugli offerenti l’onere di allegazione del PEF che espliciti le condizioni di equilibrio definitive. Inoltre, non ogni famiglia di rischio deve essere trasferita in capo al concessionario, atteso che l’obbligo imposto dall’art. 165 del d.lgs. n. 50 del 2016 si limita alla sostanziale traslazione del rischio operativo e al divieto di un intervento pubblico volto a sanare carenze o inadempienze gestionali connesse al rischio di impresa. Né dalle censure proposte si evince la presenza di minacce per l’equilibrio economico finanziario iniziale della gara tali da determinare la radicale impossibilità di prendere parte alla procedura concorsuale o l’impossibilità di calcolo di convenienza tecnica ed economica (cfr. Cons. Stato, V, 7 aprile 2023, n. 3628). In ogni caso, ai sensi dell’art. 165, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016, in tali ipotesi soccorre la possibilità di revisione del PEF, con il ritorno a condizioni di equilibrio economico finanziario.

Anche l’ultima censura è, dunque, infondata.

In seguito all’emanazione del provvedimento di AGCM del 7 aprile 2025 di irrogazione a Coopculture di una sanzione pari a 7 milioni di euro per pratiche commerciali scorrette in relazione al fenomeno del secondary ticketing, l’appellante ha proposto motivi aggiunti deducendo la violazione e falsa applicazione dell’art. 80, comma 5, lett. c-bis) del d.lgs. 50/2016; la violazione e falsa applicazione dell’art. 80, comma 5, lett. c) e lett. c-ter) del d.lgs. 50/2016, nonché la violazione e falsa applicazione degli artt. 6.3, lett. d) e 6.4, lett. e) del disciplinare di gara.

Deve, al riguardo, essere accolta l’eccezione preliminare di inammissibilità dei motivi aggiunti di appello sollevata dalle controparti.

Ed invero, l’articolo 104, comma 3, c.p.a., consente di proporre motivi aggiunti nel giudizio di appello unicamente per dedurre vizi su atti e/o provvedimenti già impugnati, qualora le nuove censure emergano da documenti non prodotti dalle altre parti nel giudizio di primo grado. E’, dunque, consentita la proposizione di motivi aggiunti in appello solo per la contestazione di nuovi vizi degli atti già impugnati, non anche per impugnare nuovi atti e/o provvedimenti.

In proposito, è stato affermato dalla sezione che: “ai sensi dell’art. 104, comma 3, cod. proc. amm. nel processo amministrativo i motivi aggiunti sono consentiti nel giudizio di appello solo per dedurre ulteriori censure in relazione ad atti e provvedimenti già impugnati, allorché i vizi ulteriori emergano da documenti non prodotti dalle altre parti nel giudizio di primo grado (Cons. Stato, II, 29 settembre 2023, n. 8578; VI, 2 dicembre 2019, n. 8239).

Ora, nel caso di specie, la …, versata in atti, risulta pubblicata il … (con dispositivo depositato contestualmente alla motivazione) ed è dunque successiva non solo all’aggiudicazione, ma anche alla stipulazione del contratto, avvenuta … Ne consegue che detta … non poteva assumere rilevanza ai fini dell’aggiudicazione, se del caso in fase esecutiva, ovviamente ad altri fini. Diversamente opinando, si attribuirebbe ai motivi aggiunti in appello un valore improprio di domanda nuova, seppure connessa a quella già proposta” (Cons. Stato, V, 23 luglio 2024, n. 6622).

Nel caso di specie, con i motivi aggiunti è stato impugnato un provvedimento sopraggiunto sia alla proposizione del ricorso in primo grado che dell’appello, adottato il 7 aprile del 2025 da AGCM.

Infatti, il provvedimento emesso dall’AGCM è, allo stato, oggetto di specifica impugnazione.

Ne consegue l’inammissibilità dei proposti motivi aggiunti di appello.

Da quanto statuito consegue l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse dei motivi riguardanti la posizione del Consorzio Prime Nomine, secondo classificato, nonché dell’appello incidentale dell’aggiudicataria Coopculture.

Alla luce delle suesposte considerazioni l’appello principale va in parte respinto (con riferimento alle censure rivolte contro il primo classificato e all’annullamento parziale e integrale della gara), e per il resto (riguardo alle censure rivolte contro il secondo classificato) va dichiarato improcedibile, mentre i motivi aggiunti vanno dichiarati inammissibili. L’appello incidentale va dichiarato improcedibile. Per l’effetto, va confermata la sentenza appellata di reiezione del ricorso principale di primo grado e di improcedibilità di quelli incidentali.

Sussistono giusti motivi, in considerazione della complessità delle censure proposte, per disporre l’integrale compensazione fra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello principale, come in epigrafe proposto, lo respinge in parte e per il resto lo dichiara improcedibile, mentre dichiara inammissibili i motivi aggiunti. Dichiara improcedibile l’appello incidentale. Per l’effetto, conferma la sentenza appellata di reiezione del ricorso principale di primo grado e di improcedibilità di quelli incidentali.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 luglio 2025 con l'intervento dei magistrati:

Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Presidente

Valerio Perotti, Consigliere

Stefano Fantini, Consigliere

Elena Quadri, Consigliere, Estensore

Marina Perrelli, Consigliere