TAR Sicilia, Catania, Sez. II, 16 settembre 2025, n. 2670
La sentenza in commento afferma un principio chiaro: appare non condivisibile la tesi secondo cui, una volta richiamati i principi di risultato e di fiducia di cui agli artt. 1 e 2 del decreto legislativo n. 36/2023, la discrezionalità amministrativa verrebbe ad ampliarsi sino a ricomprendere scelte non suffragate da un adeguato riscontro documentale.
I principi indicati, infatti, non esonerano la stazione appaltante dall’obbligo di un’istruttoria effettiva e proporzionata, tanto più quando la sostenibilità economica dell’offerta si fondi su misure agevolative per loro natura soggette a condizioni, limiti e orizzonti temporali determinati.
Guida alla lettura
La sentenza in commento interviene su un tema fondamentale quale l’impatto dei principi della fiducia e del risultato su singoli istituti della contrattualistica pubblica.
In chiave introduttiva, si ritiene che la relazione tra principio del risultato e principio della fiducia possa essere sintetizzata come segue.
Il principio del risultato, come quello della fiducia, si propone di contrastare la “burocrazia difensiva” e di frenare un pericoloso processo di inerzia che è stato alimentato dalla “cultura del sospetto”[1], attraverso il rilancio della discrezionalità amministrativa e la citata qualificazione del risultato come criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto. I due principi, pertanto, si pongono in ottica di continuità ideale e di complementarietà.
Nei casi dubbi, il funzionario potrà e dovrà sciogliere i nodi guardando al risultato, e potrà farlo perché è il legislatore che indica questa strada attraverso un principio che ha un esplicito valore precettivo.
In definitiva, “se, da un lato, si chiede alla stazione appaltante di adoperare la discrezionalità amministrativa e di sciogliere le questioni di interpretazione del diritto positivo nel segno del risultato, dall’altro lato il legislatore manifesta la sua fiducia nell’operato dell'amministrazione, sancendo in modo espresso l’abbandono della cultura del sospetto e aggiungendo al comma 3 dell’art. 2 alcune previsioni che hanno lo scopo di circoscrivere, in particolare, la responsabilità contabile di chi assume decisioni in questo campo. Potremmo dire in proposito che se è vero che il principio della fiducia, al di fuori di tali ultime specificazioni, potrebbe sembrare collocato su un piano meramente programmatico e privo di un’immediata cogenza, peraltro proprio il suo saldarsi col principio del risultato fa sì che la forza precettiva di quest’ultimo si possa trasmette anche al concetto della fiducia”[2].
I due principi, poi, sono legati dal rapporto che entrambi intrattengono con il principio di effettività.
Il concetto di risultato, infatti, può ricondursi a quello di effettività nel diritto amministrativo ed è stato analizzato come criterio ermeneutico del dato normativo. È stato sostenuto, da parte della dottrina che ha elevato il risultato economico a canone ordinatore dell’azione amministrativa, come tale criterio tende a trasformare la legalità nel rispetto dei principi piuttosto che delle prescrizioni normative nonché ad assumere parametri di valutazione di tipo economico-aziendale, esprimibili in termini di quantità e qualità dei beni e dei servizi assicurati, di tempestività degli interventi, di quantità di risorse impiegate e di pregiudizi arrecati a terzi, di rapporto costi-benefici.
Altra parte della dottrina osserva che è “mutato il quadro generale delle aspettative sociali nei confronti dell’amministrazione, proprio perché su quest’ultima si appuntano adesso attese di risultato” e sottolinea la “fondamentale discrasia ed inadeguatezza di una disciplina dell’invalidità calibrata sulla pura illegalità del provvedimento”[3].
In questa prospettiva, dunque, l’amministrazione tramite la funzione di indirizzo politico-amministrativo sarebbe contraddistinta dal dovere giuridico di realizzare in modo efficiente gli obiettivi predefiniti dalla legge, come desumibile dalle leggi nn. 59/1997 e 191/1998, che hanno elevato lo sviluppo economico a interesse pubblico primario che tutte le amministrazioni pubbliche sono tenute a promuovere[4].
Non possono poi tralasciarsi le ricostruzioni, parimenti autorevoli, secondo cui il risultato rientrerebbe nel novero dei concetti giuridici indeterminati, che richiamano in modo peculiare le scienze economiche. Nell’ambito di questa proposta ermeneutica, per ricondurre tale concetto a un piano strettamente giuridico, il risultato amministrativo andrebbe riconsiderato come elemento derivante dalla combinazione della razionalità del procedimento e della proporzionalità del provvedimento che lo definisce, dotandolo di effettività rilevante sul piano del diritto[5].
Con riferimento al rapporto tra fiducia ed effettività, autorevole dottrina ha rilevato come la prima sia fattore determinante per la seconda, essendo normalmente associata a un più alto grado di comportamento conforme (compliance) da parte dei cittadini, delle imprese e dei funzionari pubblici incaricati dell’attuazione delle norme[6].
Sul tema del ruolo dei principi di risultato e fiducia nella contrattualistica pubblica, è recentemente intervenuto TAR Catania, Sez. II, 16 settembre 2025, n. 2670.
Nel caso di specie, per quanto qui di interesse, in sede di motivi aggiunti la ricorrente evidenziava che le giustificazioni dell’anomalia dell’offerta da parte dell’aggiudicataria erano state condivise dalla stazione appaltante in modo sostanzialmente acritico, senza verificare l’effettiva spettanza e incidenza dei benefici addotti a sostegno della particolare convenienza dell’offerta.
Quanto al merito della vicenda, il TAR osserva che il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, da un lato, impone di contenere entro i noti limiti il sindacato giurisdizionale sulla valutazione tecnico-discrezionale della stazione appaltante in ordine all’anomalia dell’offerta, dall’altro, non esime il Tribunale dall’operare un controllo effettivo sul rispetto dei minimi salariali inderogabili derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva nonché sulla complessiva coerenza logico-contabile delle giustificazioni addotte dall’operatore economico a copertura dei costi della manodopera e, in generale, a sostegno del contenuto della propria offerta.
In altri termini, se resta preclusa una sovrapposizione della valutazione del giudice sull’apprezzamento tecnico-discrezionale dell’Amministrazione, nondimeno può e deve effettuarsi un sindacato volto ad accertare se la decisione della stazione appaltante non risulti obiettivamente irragionevole, anche sotto il profilo dell’omessa istruttoria o del difetto di motivazione.
Al riguardo va specificato che in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta non è sufficiente per l’operatore economico “spiegare” in via meramente assertiva le ragioni relative alla riduzione dei costi rispetto alle previsioni della lex specialis: il concorrente, infatti, deve fornire giustificazioni specifiche, credibili e soprattutto documentate, idonee a consentire una verifica sulle ragioni poste a fondamento della sostenibilità dell’offerta.
E’ vero, osserva il TAR, che l’art. 110 del decreto legislativo n. 36/2023 utilizza il termine “spiegazioni”, ma ciò non può interpretarsi nel senso che non sussista in capo all’impresa un adeguato onere di dimostrazione e di prova, sicché la stazione appaltante sarebbe tenuta, pur in difetto di ogni riscontro obiettivo, a prendere per buono tutto ciò che il concorrente dichiari.
Ciò precisato, la Sezione rileva che le tabelle ministeriali sul costo del lavoro hanno, come è noto, valore orientativo e non vincolante. Tuttavia, marcati scostamenti da tali valori, soprattutto se associati ad un orizzonte contrattuale pluriennale, richiedono un’istruttoria penetrante sull’effettività e stabilità delle giustificazioni che siano state addotte dal concorrente.
Applicando tali coordinate al caso di specie, il Tribunale reputa che nella specie non sia stato adeguatamente istruito il passaggio decisivo su cui si fonda la disposta conferma dell’aggiudicazione.
La stazione appaltante, infatti, ha valorizzato, quali fattori di copertura dello scostamento rispetto ai costi standard, l’accesso dell’aggiudicataria a regimi di decontribuzione e a incentivi all’assunzione (anche riferiti a giovani e donne), nonché un contenuto tasso di assenteismo e talune opzioni di natura organizzativa.
Dagli atti non emerge, tuttavia, che l’Amministrazione abbia accertato, con sufficiente specificità e con proiezione sull’intero quadriennio di esecuzione dell’appalto, i presupposti soggettivi e oggettivi dei benefici invocati (in termini di requisiti del personale, limiti di cumulo, platea dei soggetti per i quali valgano effettivamente le agevolazioni, capienza dei massimali e durata temporale degli sgravi), né che abbia verificato la loro incidenza reale e non meramente eventuale sul costo orario prospettato, né che abbia acquisito documentazione idonea a dimostrare quanto è stato affermato dall’operatore economico.
In altri termini, la copertura dello scostamento rispetto ai valori standard risulta ancorata ad ipotesi generali, non riscontrate puntualmente dalla stazione appaltante sulla base di dati individualizzati e verificabili e non accertate sulla scorta di concreta e probante documentazione.
Fondamentale ai nostri fini è il punto della motivazione in cui al Collegio appare parimenti non condivisibile la tesi secondo cui, una volta richiamati i principi di risultato e di fiducia di cui agli artt. 1 e 2 del decreto legislativo n. 36/2023, la discrezionalità amministrativa verrebbe ad ampliarsi sino a ricomprendere scelte non suffragate da un adeguato riscontro documentale.
I principi indicati, infatti, non esonerano la stazione appaltante dall’obbligo di un’istruttoria effettiva e proporzionata, tanto più quando la sostenibilità economica dell’offerta si fondi su misure agevolative per loro natura soggette a condizioni, limiti e orizzonti temporali determinati.
Risulta dunque confermato l’indirizzo già espresso dallo stesso TAR con la sentenza 7 febbraio 2024, n. 478, ove è stato affermato il principio secondo cui il giudice, a fronte di scelte discrezionali dell’amministrazione che presentino macroscopici vizi di illegittimità, non può veder arretrare l’area del suo scrutinio, specie ove riconosca che la “fiducia” accordata alla scelta operata da una stazione appaltante tradisca l’interesse pubblico sotteso ad una gara. Ogni stazione appaltante ha invero la responsabilità delle gare e deve svolgerle non solo rispettando la legalità formale, ma tenendo sempre presente che ogni gara è funzionale a realizzare un’opera pubblica (o ad acquisire servizi e forniture) nel modo più rispondente agli interessi della collettività.
Trattasi quindi di un principio che amplia i poteri valutativi e la discrezionalità della p.a., in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile, senza tuttavia tradursi nella legittimazione di scelte discrezionali che tradiscono l’interesse pubblico sotteso ad una gara, le quali, invece, dovrebbero in ogni caso tendere al suo miglior soddisfacimento.
Ne consegue l’accoglimento del ricorso per motivi aggiunti.
[1] Sia consentito il rinvio ad A. Ripepi, Anticorruzione e fiducia: un binomio possibile (?), in Ratio iuris, 15 aprile 2024.
[2] F. Cintioli, Il principio del risultato nel nuovo codice dei contratti pubblici, 2023, in https://www.giustizia-amministrativa.it/-/cintioli-il-principio-del-risultato-nel-nuovo-codice-dei-contratti-pubblici, p. 5.
[3] A. Romano Tassone, Osservazioni su invalidità e irregolarità degli atti amministrativi, in Annuario 2002, p. 103.
[4] Ivi, pp. 744 e 745.
[5] R. Ferrara, Introduzione al diritto amministrativo, Bari, 2014, pp. 171 ss. L’Autore osserva come nella recente esperienza del diritto amministrativo si assista a una contrapposizione tra le ragioni della legalità/legittimità contro quelle dell’efficacia e dell’efficienza dell’attività amministrativa.
[6] G. Corso – M. De Benedetto – N. Rangone, op. cit., p. 115.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 495 del 2025, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Puliservice S.r.l., in relazione alla procedura CIG N.D., rappresentata e difesa dagli avvocati Domenico Gentile e Maria Lucia Civello, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Azienda Trasporti Messina S.p.A., rappresentata e difesa dall'avvocato Pietro Cami, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Multiservice S.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati Ignazio Scuderi e Liliana D'Amico, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
S.G.M. S.r.l. - Servizi Generali e Manutenzioni, non costituita in giudizio;
per l'annullamento
degli atti indicati nel ricorso introduttivo e nei motivi aggiunti (puntualmente specificati nella parte motiva della presente decisione);
nonché per la declaratoria
di inefficacia del contratto eventualmente stipulato, con subentro della ricorrente nel rapporto, e per la condanna dall’Amministrazione intimata al risarcimento del danno.
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 luglio 2025 il dott. Daniele Burzichelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato in data 3 marzo 2025 la società, chiedendo anche la dichiarazione di inefficacia del contratto, il subentro nel rapporto e la condanna della stazione appaltante al risarcimento del danno, ha impugnato: a) la determina di ATM S.p.A. n. 14 in data 31 gennaio 2025 - comunicata in pari data - con cui è stata aggiudicata in favore di MULTISERVICE S.r.l. la gara finalizzata alla conclusione di un accordo-quadro, ai sensi dell’art. 59 del decreto legislativo n. 36/2023, per il servizio di reception, hostess e vigilanza non armata presso gli edifici e le strutture di proprietà della stazione appaltante per la durata di anni quattro; b) i verbali di gara, compresi quelli relativi alla fase di valutazione dell’offerta tecnica, di apertura dell’offerta economica e di attribuzione dei relativi punteggi; c) tutti gli atti con cui il responsabile unico del procedimento ha preso atto delle giustificazioni dell’aggiudicataria e della seconda graduata; d) la proposta di aggiudicazione; e) il provvedimento con cui è stata disposta l’integrazione dell’efficacia dell’aggiudicazione.
Nel ricorso, per quanto in questa sede interessa, si rappresenta in fatto e in diritto quanto segue: a) la disciplina della gara, da aggiudicare secondo il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, contemplava la cosiddetta “clausola sociale”; b) la stazione appaltante ha indicato un monte-ore annuo pari a 46.300 ore; c) si è classificata prima in graduatoria la MULTISERVICE S.r.l. (con un ribasso del 30,26%) e la S.G.M. S.r.l. è risultata seconda (con un ribasso del 38,19%), mentre la ricorrente si è classificata al terzo posto della graduatoria; d) la verifica di congruità delle offerte classificate al primo e al secondo posto si è concentrata sui costi della manodopera e sono stati richiesti chiarimenti alla prima classificata; e) la stazione appaltante non ha pubblicato le giustificazioni relative alle offerte economiche presentate dalle concorrente classificate al primo e al secondo posto; f) sul portale, invero, è stata pubblicata solo parte della documentazione amministrativa e le offerte oscurate dei primi cinque classificati; g) nonostante una formale istanza di accesso agli atti presentata dalla ricorrente, l’Amministrazione non ha osteso le giustificazioni, di cui si richiede, quindi, l’esibizione ai sensi dell’art. 65 c.p.a.; h) il costo della manodopera dichiarato dalle prime due classificate è pari ad € 12,00/ora, insufficiente a garantire la retribuzione minima in conformità al contratto collettivo e ai costi standard stimati dalla stazione appaltante; i) le tabelle ministeriali da ultimo aggiornate indicano, infatti, un costo minimo di € 15,84/ora per il livello D quanto al mese di ottobre 2024 e di € 16,31/ora quanto al mese di gennaio 2025; l) la concorrente prima classificata non ha garantito il numero minimo - e vincolante - di ore di servizio richiesto dal bando (con una riduzione di 124 ore rispetto alle 46.300 ore previste); i) i costi della manodopera non sono soggetti a ribasso, se non tramite giustificazioni adeguate le quali dimostrino condizioni singolarmente favorevoli o un’organizzazione aziendale particolarmente efficiente; m) le nuove tabelle ministeriali dell’anno 2024, pubblicate prima della verifica di congruità, avrebbero dovuto essere considerate in sede di valutazione dell’anomalia delle offerte, posto che, come affermato dalla giurisprudenza, la verifica di congruità deve fondarsi sui valori relativi ai costi effettivi, anche qualora le nuove tabelle siano state pubblicate dopo la presentazione delle offerte; n) il contratto collettivo applicabile al personale impiegato nel servizio in questione ha subito due aggiornamenti - in data 30 maggio 2023 e 16 febbraio 2024 - prima della pubblicazione del bando di gara; o) tali aggiornamenti contemplano aumenti salariali progressivi sino all’anno 2026 e le offerte degli operatori economici classificati al primo e al secondo posto della graduatoria avrebbero dovuto tener conto di tali incrementi; p) il costo della manodopera effettivo per l’operatore economico primo classificato, in base alle nuove tabelle ministeriali, è pari a circa € 813.700,66 per l’intero quadriennio del servizio, ma l'offerta indica un costo di € 554.112,00; q) anche applicando la cosiddetta decontribuzione SUD, il costo risulterebbe pari ad € 767.028,20; r) il costo della manodopera effettivo per la seconda classificata è pari a € 826.833,77 per l’intero quadriennio, ma l’offerta indica un costo di € 562.882,00; s) anche considerando la cosiddetta decontribuzione SUD, il costo effettivo risulterebbe pari ad € 779.408,22; t) le due concorrenti dovevano, quindi, essere escluse; u) in alternativa, si chiede al Tribunale di ordinare alla stazione appaltante di riesaminare le offerte; v) per mero tuziorismo si impugna anche il chiarimento FAQ D23, unitamente al richiamato allegato, ove si afferma che “i dipendenti dell'affidatario uscente sono inquadrati con livello F relativamente alla qualifica professionale riportata nell'allegato”, qualora esso sia inteso nel senso che i concorrenti avessero facoltà di far riferimento alle previgenti declaratorie contrattuali.
L’Azienda Trasporti Messina si è costituita in giudizio, svolgendo, in sintesi, le seguenti difese: a) la tesi secondo cui l’aggiudicataria avrebbe dovuto essere esclusa per aver indicato un numero di ore lavorative inferiore rispetto a quanto previsto dal capitolato non può essere condivisa, poiché l’offerta rispettava implicitamente i requisiti richiesti; b) il responsabile unico del procedimento ha, peraltro, richiesto una verifica dei dati contenuti nelle tabelle e con nota del 21 marzo 2025 la Direzione Amministrativa della stazione appaltante ha rappresentato che, sulla base delle tabelle del Ministero del Lavoro e dei dati delle banche dati de Il Sole 24 Ore, il costo medio orario per un lavoratore con inquadramento medio-basso risultava pari a € 15,84 (sino al mese di ottobre 2024) e a € 16,31 (dal mese di gennaio 2025), mentre i costi orari indicati dalle prime due classificate nella documentazione di gara erano pari a circa € 12,00 (importo anche inferiore rispetto a quanto stimato dalla stazione appaltante) gara; c) la verifica dell’anomalia dell’offerta, pertanto, non è stata gestita correttamente, essendosi fatto riferimento, quanto al profilo indicato, ad una mera dichiarazione resa dall’aggiudicataria; d) la stazione appaltante ha, quindi, avviato un procedimento in autotutela quanto alla disposta aggiudicazione.
Con memoria in data 25 marzo 2025 la MULTISERVICE ha svolto, in sintesi, le seguenti difese: a) la società aggiudicataria ha giustificato i propri costi specificando che, rispetto alle tabelle ministeriali, l’azienda beneficiava di riduzioni contributive e fiscali; b) sono stati elencati in dettaglio i criteri utilizzati per il calcolo del costo orario (sgravi INPS e INAIL, esclusione della rivalutazione del trattamento di fine rapporto, tasso di assenteismo, ore supplementari, specificazione degli oneri di sicurezza) ed è stato indicato l’importo complessivo del costo per la manodopera, la sicurezza, le spese generali, l’utile e gli ulteriori elementi dell’offerta; c) il responsabile unico del procedimento ha richiesto nuovi chiarimenti in ordine all’utilizzo delle agevolazioni fiscali e l’impresa ha ribadito le proprie argomentazioni; d) la ricorrente ha proposto il presente ricorso senza aver preso visione delle giustificazioni rese dall’aggiudicataria; e) il gravame si fonda su assunti erronei, non supportati da dati oggettivi; f) il monte-ore indicato dalla stazione appaltante non era vincolante; g) le valutazioni della stazione appaltante sulla congruità dell’offerta hanno contenuto tecnico-discrezionale e nella specie non emergono errori evidenti che consentano al Tribunale di esercitare il proprio sindacato; h) per il costo del lavoro sono state utilizzate le tabelle ministeriali aggiornate; h) l’impugnazione del chiarimento reso dalla stazione appaltante è infondata, avendo la controinteressata fatto corretta applicazione del livello D.
Con primi motivi aggiunti notificati in data 23 aprile 2025 la ricorrente, a seguito del deposito in data 25 marzo 2025 delle giustificazioni rese dall’aggiudicataria, ha sollevato, in sintesi, le seguenti, ulteriori censure: a) le giustificazioni offerte dall’aggiudicataria sono generiche e inattendibili, in quanto fondate su benefici contributivi non adeguatamente documentati e sulla mancata considerazione degli aumenti retributivi previsti dal contratto collettivo e dalle tabelle ministeriali per l’intera durata dell’appalto; b) la giurisprudenza ha chiarito che la verifica di congruità deve tener conto degli aumenti retributivi sopravvenuti e già noti al momento dell’espletamento della gara (Consiglio di Stato, n. 9042/2024, n. 5659/2024 e n. 453/2024); c) viene contestato il ricorso ai benefici della “decontribuzione Sud” e del “bonus assunzione”, in assenza di dati concreti e verificabili; d) la riduzione del tasso di assenteismo è priva di supporto documentale; e) il ricorso al lavoro supplementare non tiene conto dei limiti posti dalla cosiddetta “clausola sociale” e della reale articolazione del personale; f) come risulta dal calcolo dettagliato dei costi della manodopera che è stato versato in atti, risulta confermata l’insufficienza dell’offerta presentata dall’aggiudicataria - come anche dell’offerta presentata dalla seconda classificata - rispetto ai minimi retributivi, pur considerando i benefici che sono stati rivendicati.
Mediante secondi motivi aggiunti notificati in data 26 maggio 2025 la ricorrente ha impugnato: a) il provvedimento della stazione appaltante n. 56 in data 18 aprile 2025, con cui è stato definito il procedimento volto all’annullamento in autotutela della determinazione n. 14 del 31 gennaio 2025, confermando l’aggiudicazione, in favore della MULTISERVICE S.r.l.; b) la nota n. 3957 del 21 marzo 2025 e il provvedimento n. 39 del 24 marzo 2025, con cui è stato avviato il procedimento di annullamento in autotutela; c) la nota del responsabile unico del procedimento in data 3 aprile 2025, con cui è stato concluso il procedimento alla luce dei nuovi chiarimenti resi dall’aggiudicataria.
I motivi di gravame di cui ai secondi motivi aggiunti ribadiscono in parte le doglianze già svolte e propongono, in sintesi, le seguenti, ulteriori censure: a) la stazione appaltante ha accettato giustificazioni fondate sull’accesso ad una serie di agevolazioni e sgravi (decontribuzione SUD, bonus giovani, bonus donne) che non risultano di spettanza dell’aggiudicataria, né in termini oggettivi (tenuto conto dei limiti relativi alla spesa pubblica, della condizioni prescritte dalla legge e di criteri di matrice europea sugli aiuti di Stato), né in termini soggettivi (con riferimento ai requisiti del personale da assumere); b) l’aggiudicataria presuppone che tutto il personale da assumere sia “neoassunto” e quindi potenzialmente beneficiario delle agevolazioni, ma la lex specialis contemplava l’applicazione della clausola sociale e indicava la presenza di personale già impiegato da assorbire nell’appalto; c) soltanto in seguito il gestore uscente ha comunicato all’aggiudicataria dati differenti in ordine al personale (relativi a tre dipendenti in esubero a tempo determinato, rispetto ai cinque indicati in fase di gara); d) per il cosiddetto bonus giovani, inoltre, è necessario che gli assunti abbiano meno di trentacinque anni e non siano mai stati titolari di un contratto a tempo indeterminato, mentre per il cosiddetto bonus donne sono necessari dei periodi di disoccupazione e particolari condizioni territoriali o settoriali; e) tali requisiti non sono stati dimostrati in modo puntuale dall’aggiudicataria; f) non è stata, altresì, dimostrata la compatibilità degli aiuti di Stato con la normativa europea e il rispetto dei limiti di spesa fissati dalla legge e dal regolamento europeo; f) la stazione appaltante ha tenuto conto di informazioni rese disponibili solo dopo la scadenza dei termini per la presentazione delle offerte, ledendo in tal modo la par condicio concorsuale; g) il principio di serietà dell’offerta impone che la proposta economica sia formulata su basi certe e verificabili, non potendosi ammettere correzioni ex post al fine di giustificare una palese sottostima dell’offerta; h) l’Amministrazione ha considerato giustificazioni tardive e non documentate, senza svolgere una verifica effettiva in ordine alla sussistenza dei relativi presupposti; i) non sono stati correttamente valutati, altresì, i costi aggiuntivi per il lavoro notturno e festivo, né le conseguenze derivanti dagli ultimi rinnovi contrattuali; l) il calcolo delle ore di lavoro supplementare e il tasso di assenteismo sono stati considerati in modo incoerente e irrealistico rispetto a quanto previsto dal contratto collettivo e dai dati di settore; m) l’offerta dell’aggiudicataria, pur calcolando le maggiorazioni dovute, risulta sottostimata di oltre € 200.000 rispetto a quanto necessario per coprire i costi salariali, con un utile dichiarato di appena € 15.000; n) anche la controinteressata S.G.M. S.r.l. ha indicato come parametro il livello F, ormai eliminato dal nuovo contratto collettivo, e non ha considerato l’obbligo di adeguamento al livello D dopo il decorso di nove mesi, né ha contemplato gli aumenti contrattuali sopravvenuti.
Con memoria in data 17 giugno 2025 la MULTISERVICE, nel ribadire le proprie difese, ha precisato, in particolare, quanto segue: a) la ricorrente ha ottenuto le giustificazioni rese dalla seconda classificata in data 15 maggio 2025, dopo aver presentato istanza di accesso agli atti in data 15 febbraio 2025.; b) tuttavia, a fronte del diniego parziale della stazione appaltante sull’istanza di accesso, la ricorrente non ha utilizzato lo specifico strumento contemplato dall’art. 116, secondo comma, c.p.a. (cioè il ricorso incidentale ai fini dell’accesso documentale), né ha impugnato il diniego: c) come affermato dall’Adunanza Plenaria con sentenza n. 4/2023, il ricorso ex art. 116, secondo comma, c.p.a. costituisce una forma di tutela qualificata, in relazione alla quale la parte interessata è tenuta proporre impugnazione entro il termine di trenta giorni dal diniego espresso o tacito dell’Amministrazione; d) la mancata proposizione dell’istanza comporta la decadenza dall’azione e la tardività di ogni successiva censura relativa alle giustificazioni che non siano state ostese; e) le censure proposte nei confronti della seconda classificata sono, quindi, irricevibili e da ciò consegue l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse; f) deve aggiungersi che la stazione appaltante non ha ancora completato la valutazione delle giustificazioni relative alla seconda classificata e il giudice amministrativo non può sostituirsi all’Amministrazione e compiere valutazioni tecnico-discrezionali non ancora effettuate (art. 34, sesto comma, c.p.a.); g) in ogni caso, la valutazione sull’anomalia delle offerte è espressione di discrezionalità tecnica riservata all’Amministrazione, con conseguente restrizione del sindacato di legittimità; h) l’aggiudicataria, inoltre, ha fornito i dati richiesti e ha dimostrato documentalmente di aver diritto agli sgravi contributivi e agli ulteriori benefici previsti dalla normativa vigente; i) le tabelle ministeriali relative al costo della manodopera hanno, poi, valore indicativo e non vincolante e l’ordinamento tutela la libertà d’impresa, riconoscendo la facoltà di proporre offerte competitive grazie a soluzioni organizzative più efficienti, purché sia garantita la sostenibilità dell’offerta e il rispetto dei minimi contrattuali; l) l’aggiudicataria ha dimostrato, mediante asseverazione di un consulente del lavoro, l’effettività del tasso di assenteismo indicato e dell’organizzazione adottata e la coerenza di tali dati con le previsioni normative; m) poiché il personale già in servizio era stato assunto a tempo determinato, la controinteressata ritiene di aver legittimamente assunto nuovo personale, beneficiando degli sgravi previsti per nuove assunzioni, senza vincoli derivanti dalla clausola sociale; n) occorre anche tener conto del principio di risultato di cui all’art. 1 del decreto legislativo n. 36/2023, secondo cui la gara deve garantire il miglior rapporto tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza, e del principio di fiducia (art. 2 del decreto legislativo n. 36/2023), con conseguente ampliamento della discrezionalità amministrativa e responsabilità in capo all’Amministrazione quando alle scelte gestionali da compiere.
Con memoria in data 21 giugno 2025 la ricorrente, nel ribadire le proprie difese, ha precisato, in particolare, quanto segue: a) la controinteressata ha eccepito l’irricevibilità dei motivi aggiunti rivolti nei confronti della seconda graduata per presunta tardività e mancata impugnazione del silenzio sulla richiesta di accesso agli atti, nonché l’inammissibilità delle relative censure poiché l’offerta della seconda classificata non sarebbe stata ancora oggetto di verifica da parte della stazione appaltante; b) al riguardo deve osservarsi che il ricorso introduttivo già conteneva una puntuale censura relativa all’offerta della seconda classificata, con specifico riferimento alla violazione dei minimi retributivi di cui alle nuove tabelle ministeriali e agli intervenuti rinnovi del contratto collettivo; c) inoltre, come affermato dalla giurisprudenza (Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 12/2020; Consiglio di Stato, V, n. 2882/2024), il termine per l’impugnazione decorre dalla conoscenza effettiva dei documenti e la legittimazione del terzo graduato sussiste anche se l’offerta dell’operatore economico secondo classificato non sia stata sottoposta a verifica, purché i vizi contestati risultino idonei a determinare l’esclusione di entrambi i controinteressati; c) il giudizio amministrativo in tema di rispetto dei minimi retributivi è pieno e penetrante, non limitato, quindi, al solo sindacato sulla ragionevolezza tecnica (Consiglio di Stato, V, 29 luglio 2022, n. 6696); d) occorre, altresì, ribadire che l’aggiudicataria ha modificato radicalmente i presupposti dell’offerta in corso di giudizio (sostenendo, ex post, la prevalenza delle nuove assunzioni rispetto all’impegno all’assorbimento del personale del gestore uscente); e) appare illegittima un’offerta fondata su dati incerti e su risparmi ipotizzati solo dopo la scadenza del termine per la presentazione della domanda e dopo la chiusura del procedimento di verifica; f) va, altresì, evidenziato che il la disciplina di gara non può essere modificata da risposte fornite dalla stazione appaltante alle cosiddette FAQ; g) le difese della controinteressata appaiono generiche e consistono in affermazioni congetturali e non documentate, senza alcun confronto sui conteggi analitici e le criticità tecniche evidenziate e documentate dalla ricorrente.
La stazione appaltante ha tardivamente depositato una propria memoria in data 24 giugno 2025 (posto che il termine di dieci giorni per il deposito delle repliche deve computarsi in giorni liberi).
Nella pubblica udienza in data odierna la causa è stata trattenuta in decisione.
Il Collegio osserva quanto segue.
Deve disattendersi in via preliminare l’eccezione di inammissibilità del gravame per carenza di interesse in relazione alle censure rivolte avverso la posizione della seconda graduata. Dal ricorso introduttivo e dalle successive difese risulta, invero, che la ricorrente ha articolato al riguardo specifiche doglianze, le quali, qualora ritenute fondate dal Tribunale, risultano astrattamente idonee a comportare l’esclusione di entrambi gli operatori economici che precedono la ricorrente in graduatoria, con conseguente attualità dell’interesse a ricorrere in capo al soggetto terzo graduato.
Né rileva, ai fini della sussistenza dell’interesse, la circostanza che la stazione appaltante non avesse ancora definito la verifica relativa all’offerta della seconda classificata, in quanto l’interesse al ricorso va apprezzato alla stregua della astratta idoneità delle censure sollevate a rimuovere gli atti che precludano alla parte ricorrente il conseguimento dell’aggiudicazione.
Quanto all’eccezione di irricevibilità fondata sull’irrituale proposizione della domanda ex art. 116, secondo comma, c.p.a, la Sezione rileva quanto segue: a) anche quando l’accesso sia chiesto in corso di causa, l’istanza ex art. 116, secondo comma, c.p.a. va notificata entro trenta giorni dalla conoscenza del diniego espresso o tacito a pena d’irricevibilità (il citato art. 116, secondo comma, rinvia, infatti, al ricorso di cui al comma primo); b) nel caso di mancata o non tempestiva attivazione del rito incidentale di accesso ex art. 116, secondo comma, c.p.a. non è, tuttavia, preclusa la proposizione di motivi aggiunti fondati su documenti che l’Amministrazione abbia successivamente depositato in giudizio; c) l’istanza ex art. 116, secondo comma, c.p.a., introduce, infatti, un rimedio acceleratorio e facoltativo, finalizzato ad un più rapido accesso agli atti, ma non costituisce condizione di ammissibilità delle censure sollevate nel giudizio principale allorquando i documenti divengano comunque conoscibili a seguito del loro deposito da parte dell’Amministrazione; d) semplicemente, qualora sull’istanza di accesso si sia formato il diniego espresso o tacito dell’Amministrazione e tale diniego non sia stato tempestivamente impugnato, risulta preclusa la proposizione di una nuova (identica, anche parzialmente) domanda di accesso; e) in materia di procedure di affidamento, peraltro, la giurisprudenza amministrativa, sulla scia delle affermazioni contenute nella sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 12/2020, ha ribadito che, pur dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 36/2023, il termine di trenta giorni per l’impugnazione è suscettibile di dilazione sino a quarantacinque giorni se l’istanza di accesso è stata presentata tempestivamente (entro quindici giorni), come appunto avvenuto nel caso di specie; f) in particolare, è stato precisato (Consiglio di Stato, V, 27 marzo 2024, n. 2882) che il termine di quarantacinque giorni vale quando l’accesso sia stato richiesto entro quindici giorni e la richiesta sia stata evasa tempestivamente, mentre, se l’ostensione è tardiva, decorre l’ordinario termine di trenta giorni dall’effettiva ostensione; g) nel caso di specie la stazione appaltante ha osteso le giustificazioni relative all’offerta della prima graduata in data 25 marzo 2025 e i primi motivi aggiunti sono stati tempestivamente notificati in data 23 aprile 2025, mentre le giustificazioni relative all’offerta della seconda graduata sono state rese disponibili dall’Amministrazione in data 15 maggio 2025 e i secondi motivi aggiunti sono stati tempestivamente notificati in data 26 maggio 2025.
Quanto al merito della vicenda, il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento da un lato impone di contenere entro i noti limiti il sindacato giurisdizionale sulla valutazione tecnico-discrezionale della stazione appaltante in ordine all’anomalia dell’offerta, dall’altro non esime il Tribunale dall’operare un controllo effettivo sul rispetto dei minimi salariali inderogabili derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva, nonché sulla complessiva coerenza logico-contabile delle giustificazioni addotte dall’operatore economico a copertura dei costi della manodopera e, in generale, a sostegno del contenuto della propria offerta.
In altri termini, se resta preclusa una sovrapposizione della valutazione del giudice sull’apprezzamento tecnico-discrezionale dell’Amministrazione, nondimeno può e deve effettuarsi un sindacato volto ad accertare se la decisione della stazione appaltante non risulti obiettivamente irragionevole, anche sotto il profilo dell’omessa istruttoria o del difetto di motivazione.
Al riguardo va specificato che in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta non è sufficiente per l’operatore economico “spiegare” in via meramente assertiva le ragioni relative alla riduzione dei costi rispetto alle previsioni della lex specialis: il concorrente, infatti, deve fornire giustificazioni specifiche, credibili e soprattutto documentate, idonee a consentire una verifica sulle ragioni poste a fondamento della sostenibilità dell’offerta.
E’ vero che l’art. 110 del decreto legislativo n. 36/2023 utilizza il termine “spiegazioni”, ma ciò non può - irragionevolmente - interpretarsi nel senso che non sussista in capo all’impresa un adeguato onere di dimostrazione e di prova, sicché la stazione appaltante sarebbe tenuta, pur in difetto di ogni riscontro obiettivo, a prendere per buono tutto ciò che il concorrente dichiari.
Ciò non può tradursi in un onere della prova dal contenuto impossibile o eccessivamente oneroso, residuando peraltro l’esigenza che le giustificazioni siano corredate da elementi probatori sufficientemente puntuali (listini, preventivi, contratti, simulazioni contabili, dati storici aziendali) e che non si risolvano in semplici affermazioni.
In buona sostanza, sussiste l’onere di “spiegare provando” e le giustificazioni devono, quindi, essere, assistite da una base documentale seria e verificabile, sulla quale la stazione appaltante è chiamata ad esprimere il proprio giudizio tecnico - entro i noti limiti insindacabile - sull’affidabilità complessiva dell’offerta.
Ciò precisato, la Sezione rileva che le tabelle ministeriali sul costo del lavoro hanno, come è noto, valore orientativo e non vincolante.
Tuttavia, marcati scostamenti da tali valori, soprattutto se associati ad un orizzonte contrattuale pluriennale, richiedono un’istruttoria penetrante sull’effettività e stabilità delle giustificazioni che siano state addotte dal concorrente.
Applicando tali coordinate al caso di specie, il Tribunale reputa che nella specie non sia stato adeguatamente istruito il passaggio decisivo su cui si fonda la disposta conferma dell’aggiudicazione.
La stazione appaltante, infatti, ha valorizzato, quali fattori di copertura dello scostamento rispetto ai costi standard, l’accesso dell’aggiudicataria a regimi di decontribuzione e a incentivi all’assunzione (anche riferiti a giovani e donne), nonché un contenuto tasso di assenteismo e talune opzioni di natura organizzativa.
Dagli atti non emerge, tuttavia, che l’Amministrazione abbia accertato, con sufficiente specificità e con proiezione sull’intero quadriennio di esecuzione dell’appalto, i presupposti soggettivi e oggettivi dei benefici invocati (in termini di requisiti del personale, limiti di cumulo, platea dei soggetti per i quali valgano effettivamente le agevolazioni, capienza dei massimali e durata temporale degli sgravi), né che abbia verificato la loro incidenza reale e non meramente eventuale sul costo orario prospettato, né che abbia acquisito documentazione idonea a dimostrare quanto è stato affermato dall’operatore economico.
L’assunto - valorizzato dall’aggiudicataria - secondo cui la compagine sarebbe stata prevalentemente composta da neoassunti, così da ampliare la fruizione degli incentivi, si confronta, inoltre, con la presenza nella lex specialis della clausola sociale e con elementi sopravvenuti sulla consistenza del personale del gestore uscente che, per quanto acquisiti in fase di verifica, non hanno dato luogo ad una ricostruzione puntuale della base occupazionale effettiva e della concreta possibilità che tale base occupazionale consenta - ed entro quali limiti - di fruire dei benefici che sono stati indicati dall’impresa.
In altri termini, la copertura dello scostamento rispetto ai valori standard risulta ancorata ad ipotesi generali, non riscontrate puntualmente dalla stazione appaltante sulla base di dati individualizzati e verificabili e non accertate sulla scorta di concreta e probante documentazione.
Né il riferimento alle tabelle ministeriali come meri indici medi consente di elidere l’onere istruttorio e motivazionale in presenza di un differenziale significativo.
La ricorrente ha allegato conteggi analitici dai quali emergerebbe uno scostamento rilevante tra il costo della manodopera effettivo, calcolato tenendo conto degli aggiornamenti contrattuali progressivi sino al 2026 e degli ultimi adeguamenti tabellari, e quello assunto nell’offerta dell’aggiudicataria.
Tali allegazioni non sono state specificamente confutate dall’Amministrazione nel corso del giudizio mediante una controverifica numerica che tenesse conto, con criteri trasparenti e verificabili, delle maggiorazioni per il lavoro notturno e festivo, dei limiti per il lavoro supplementare nel settore di interesse e dell’incidenza temporale degli incentivi che sono stati richiamati.
In questa prospettiva, il giudizio di congruità si espone al duplice vizio di difetto di istruttoria e di insufficienza della motivazione.
Al Collegio appare parimenti non condivisibile la tesi secondo cui, una volta richiamati i principi di risultato e di fiducia di cui agli artt. 1 e 2 del decreto legislativo n. 36/2023, la discrezionalità amministrativa verrebbe ad ampliarsi sino a ricomprendere scelte non suffragate da un adeguato riscontro documentale.
I principi indicati, infatti, non esonerano la stazione appaltante dall’obbligo di un’istruttoria effettiva e proporzionata, tanto più quando la sostenibilità economica dell’offerta si fondi su misure agevolative per loro natura soggette a condizioni, limiti e orizzonti temporali determinati.
Per le identiche ragioni appare, altresì, meritevole di un opportuno approfondimento istruttorio anche la questione relativa al monte-ore.
Tanto premesso, il ricorso introduttivo va dichiarato improcedibile quanto all’impugnazione: a) della determina di ATM S.p.A. n. 14 in data 31 gennaio 2025, con cui è stata aggiudicata in favore di MULTISERVICE S.r.l. la gara finalizzata alla conclusione di un accordo-quadro, ai sensi dell’art. 59 del decreto legislativo n. 36/2023, per il servizio di reception, hostess e vigilanza non armata presso gli edifici e le strutture di proprietà della stazione appaltante per la durata di anni quattro; b) del provvedimento con cui è stata disposta l’integrazione di efficacia dell’aggiudicazione.
Tali provvedimenti, invero, risultano superati a seguito dell’adozione del provvedimento della stazione appaltante n. 56 in data 18 aprile 2025, con cui è stato definito il procedimento volto all’annullamento in autotutela della determinazione n. 14 del 31 gennaio 2025, confermandosi l’aggiudicazione, in favore della MULTISERVICE S.r.l. (provvedimento n. 56 del 18 aprile 2025 che è stato impugnato con i secondi motivi aggiunti e che, in quanto assunto all’esito di una nuova istruttoria, non presenta natura meramente confermativa).
Va, invece, dichiarata l’inammissibilità degli ulteriori atti impugnati con il ricorso introduttivo (- nota n. 3957 del 21 marzo 2025 e atto n. 39 del 24 marzo 2025, con cui è stato avviato il procedimento di annullamento in autotutela; nota del responsabile unico del procedimento in data 3 aprile 2025, con cui è stata conclusa l’istruttoria procedimentale alla luce dei nuovi chiarimenti resi dall’aggiudicataria), in quanto tale atti presentato natura endoprocedimentale.
Deve, altresì, dichiararsi improcedibile e inammissibile il primo ricorso per motivi aggiunti, in quanto le censure ivi spiegate si aggiungono a quelle di cui al ricorso introduttivo avverso gli atti che già sono stati indicati.
Per quanto indicato risulta fondato il secondo ricorso per motivi aggiunti e per l’effetto deve disporsi l’annullamento del provvedimento della stazione appaltante n. 56 in data 18 aprile 2025, con cui è stato definito il procedimento volto all’annullamento in autotutela della determinazione n. 14 del 31 gennaio 2025, confermandosi l’aggiudicazione, in favore della MULTISERVICE S.r.l., emergendo il menzionato difetto di istruttoria di motivazione, nella parte in cui la stazione appaltante ha ritenuto adeguatamente giustificato lo scostamento dei costi della manodopera sulla base di benefici e condizioni non comprovati in modo specifico e con proiezione sull’intero periodo contrattuale.
I secondi motivi aggiunti sono, però, inammissibili quanto all’impugnazione della nota n. 3957 del 21 marzo 2025 e dell’atto n. 39 del 24 marzo 2025, con cui è stato avviato il procedimento di annullamento in autotutela, nonché della nota del responsabile unico del procedimento in data 3 aprile 2025, con cui è stata conclusa l’istruttoria alla luce dei nuovi chiarimenti resi dall’aggiudicataria, in quanto tali atti presentano natura endoprocedimentale.
In sede di riedizione del potere l’Amministrazione dovrà tener conto degli aggiornamenti del contratto collettivo e delle tabelle ministeriali vigenti all’epoca della verifica, esplicitando in modo puntuale ogni scostamento rispetto alle previsioni dei costi da parte della stazione appaltante e valutando in modo approfondito e sufficientemente documentato le giustificazioni fornite dell’impresa, anche per quanto attiene alla questione del monte-ore.
Quanto alle censure rivolte alla seconda graduata, l’art. 34, terzo comma, c.p.a. impedisce a questo Tribunale di sostituirsi all’Amministrazione nello svolgimento di valutazioni tecnico-discrezionali non ancora compiute, sebbene l’esito conformativo della presente decisione implichi l’osservanza, anche in occasione della verifica di congruità nei confronti della seconda classificata, dei medesimi criteri di completezza, coerenza e verifica documentale.
Sussiste, cionondimeno, l’interesse della ricorrente alla decisione del presente giudizio in quanto, allo stato, anche l’offerta della seconda graduata appare inficiata da rilevanti scostamenti rispetto ai costi preventivati dalla stazione appaltante, impregiudicata ovviamente la possibilità che tali scostamenti siano adeguatamente e documentalmente giustificati in sede di verifica dell’anomalia (dalla seconda graduata, così come dalla prima classificata).
Le domande con cui la ricorrente ha sollecitato il Tribunale a dichiarare l’inefficacia del contratto, a disporre il suo subentro nel rapporto e a condannare la stazione appaltante al risarcimento del danno trovano allo stato ostacolo nell’esigenza di riedizione del potere e restano quindi assorbite, salva ogni successiva iniziativa di parte all’esito della rinnovata istruttoria.
In ragione della particolare articolazione della vicenda, le spese di lite possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione Staccata di Catania (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto: 1) dichiara improcedibile e inammissibile il ricorso introduttivo e il primo ricorso per motivi aggiunti, secondo quanto indicato in motivazione; 2) accoglie il secondo ricorso per motivi aggiunti quanto all’impugnazione del provvedimento della stazione appaltante n. 56 in data 18 aprile 2025 e annulla tale provvedimento; 3) lo dichiara inammissibile per il resto; 4) compensa fra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 3 luglio 2025 con l'intervento dei magistrati:
Daniele Burzichelli, Presidente, Estensore
Gustavo Giovanni Rosario Cumin, Consigliere
Emanuele Caminiti, Primo Referendario
[1] Sia consentito il rinvio ad A. Ripepi, Anticorruzione e fiducia: un binomio possibile (?), in Ratio iuris, 15 aprile 2024.
[2] F. Cintioli, Il principio del risultato nel nuovo codice dei contratti pubblici, 2023, in https://www.giustizia-amministrativa.it/-/cintioli-il-principio-del-risultato-nel-nuovo-codice-dei-contratti-pubblici, p. 5.
[3] A. Romano Tassone, Osservazioni su invalidità e irregolarità degli atti amministrativi, in Annuario 2002, p. 103.
[4] Ivi, pp. 744 e 745.
[5] R. Ferrara, Introduzione al diritto amministrativo, Bari, 2014, pp. 171 ss. L’Autore osserva come nella recente esperienza del diritto amministrativo si assista a una contrapposizione tra le ragioni della legalità/legittimità contro quelle dell’efficacia e dell’efficienza dell’attività amministrativa.
[6] G. Corso – M. De Benedetto – N. Rangone, op. cit., p. 115.