TAR Campania, Napoli, Sez. IV, 17 giugno 2025, n. 4556

La sentenza del TAR Campania-Napoli, sez. IV, del 17 giugno 2025, n. 4556, affronta un tema centrale nell’ambito della giustizia amministrativa: la legittimità dell’annullamento in autotutela di una procedura di gara pubblica alla luce dell’art. 21-nonies della legge n. 241/1990. Il giudice campano richiama la necessità di una valutazione effettiva dell’interesse pubblico concreto, anche alla luce del principio del risultato sancito dall’art. 1 del nuovo Codice dei contratti pubblici. L’articolo analizza la decisione sotto il profilo sistematico, interpretativo e critico, evidenziando il ruolo della Corte dei conti, i limiti dell’autotutela e le implicazioni per la certezza giuridica e la tutela dell’affidamento.

Guida alla lettura

  1. Introduzione

La materia dell’autotutela amministrativa, specie in ambito contrattuale, costituisce un terreno di tensione tra legalità formale, buon andamento e tutela dell’affidamento. L’art. 21-nonies della legge n. 241/1990 ne disciplina i confini, imponendo non solo la sussistenza di vizi sostanziali dell’atto da ritirare, ma anche una motivata valutazione dell’interesse pubblico concreto all’annullamento. La recente sentenza n. 4556/2025 del TAR Campania si inserisce in questo dibattito, annullando un provvedimento di autotutela adottato dalla Reggia di Caserta che aveva disposto il ritiro integrale di una gara per servizi di manutenzione e sanificazione, dopo il rilievo critico della Corte dei conti sulla fase di controllo preventivo. Il Collegio sottolinea l’assenza di una motivazione effettiva sull’interesse pubblico concreto e censura il mancato bilanciamento con l’affidamento ingenerato. In questo contributo si analizzerà l’impianto motivazionale della sentenza, soffermandosi sul rapporto tra giudizio contabile e amministrativo, sulla portata attuale dell’autotutela alla luce del nuovo Codice dei contratti pubblici e sul ruolo costituzionale del principio del risultato.

  1. Autotutela, legalità e principio del risultato

La vicenda oggetto della sentenza ruota intorno alla decisione della Reggia di Caserta di annullare in autotutela, ai sensi dell’art. 21-nonies della legge n. 241/1990, l’intera procedura di gara relativa ai servizi di pulizia e manutenzione del Complesso vanvitelliano, in seguito alla ricusazione del visto da parte della Corte dei conti. L’annullamento è stato disposto con decreto dirigenziale n. 25 del 19 marzo 2025, successivamente impugnato da Romeo Gestioni S.p.A., soggetto subentrato nell’aggiudicazione in virtù di una sentenza del TAR poi confermata dal Consiglio di Stato.

Il Tribunale ha ritenuto fondata la censura rivolta contro il provvedimento di autotutela, rilevando la totale assenza di una valutazione istruttoria sull’interesse pubblico concreto e attuale all’eliminazione dell’atto di gara, in violazione del paradigma imposto dall’art. 21-nonies. Il Collegio ha escluso che l’annullamento potesse rientrare tra i casi di autotutela "doverosa", affermando che nemmeno l’intervento della Corte dei conti – pur dotato di autorevolezza – poteva surrogare l’obbligo dell’Amministrazione di motivare in relazione al contesto specifico, agli interessi in gioco e alle possibili soluzioni alternative meno invasive.

La sentenza valorizza il principio di risultato, codificato all’art. 1 del d.lgs. n. 36/2023, come criterio sostanziale orientatore dell’azione amministrativa, anche nella fase patologica dell’annullamento. Secondo tale principio, l’Amministrazione è tenuta a privilegiare le soluzioni che, pur nel rispetto della legalità, garantiscano l’efficacia, la tempestività e la qualità dell’azione, evitando scelte formalistiche che sacrifichino inutilmente l’interesse pubblico al buon esito della procedura.

In questo senso, la decisione si colloca in una linea giurisprudenziale evolutiva che riconosce alla legalità non un valore assoluto, ma strumentale alla realizzazione degli interessi pubblici sostanziali. È significativo che il TAR citi espressamente la giurisprudenza del Consiglio di Stato secondo cui il principio del risultato impone un’azione amministrativa pragmatica e coerente con l’effettiva funzione del contratto pubblico.

Particolarmente rilevante è la critica alla mancata valutazione delle possibili alternative all’annullamento, come la rinuncia alle opzioni contrattuali censurate dalla Corte dei conti o la rettifica selettiva delle clausole, ipotesi che avrebbero potuto salvaguardare la sostanza della procedura, evitando costi ulteriori, ritardi e compressione degli interessi legittimi già consolidati, anche a seguito del giudicato favorevole.

Il giudice amministrativo censura anche l’inattività processuale dell’Amministrazione, che non ha aggiornato le proprie difese all’evoluzione della vicenda giudiziaria e ha dimostrato un approccio statico e privo di approfondimenti istruttori. Ciò ha contribuito ad avvalorare la tesi dell’illegittimità per difetto di motivazione e di ponderazione.

Dal punto di vista sistemico, la sentenza contribuisce a consolidare un orientamento garantista verso l’affidamento e la certezza del diritto, che impone all’Amministrazione, anche nella fase di autotutela, un onere argomentativo rigoroso, tanto più quando si incide su diritti consolidati in seguito a un contenzioso favorevole. È una prospettiva che tutela la continuità amministrativa e la stabilità degli effetti giuridici, in una visione di equilibrio tra principio di legalità, tutela giurisdizionale e buon andamento.

  1. Conclusione

La sentenza n. 4556/2025 del TAR Campania si segnala per la sua portata sistemica e la chiarezza nell’affermare che l’autotutela non può essere esercitata in modo meccanico o per “doverosità apparente”, ma richiede una valutazione effettiva, istruita e motivata dell’interesse pubblico concreto, nel rispetto del principio del risultato. L’intervento della Corte dei conti, sebbene autorevole, non esonera l’Amministrazione dal compito di scegliere soluzioni proporzionate, idonee e compatibili con l’affidamento legittimo dei partecipanti. Il valore giuridico della decisione risiede anche nel suo contributo all’evoluzione della teoria dell’autotutela, che da potere correttivo diventa strumento di equilibrio tra legalità e funzionalità, sempre alla luce dei principi fondamentali del nuovo diritto amministrativo dei contratti pubblici.

 

Pubblicato il 17/06/2025

N. 04556/2025 REG.PROV.COLL.

N. 02050/2025 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2050 del 2025, proposto da
Romeo Gestioni S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG A002A3CB28, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesco Fimmanò e Federico Dinelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Reggia di Caserta, Ministero della Cultura, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Diaz 11;

nei confronti

B.S.F. S.r.l., Consorzio Stabile Lga Service S.C.A.R.L., non costituite in giudizio;

per l'annullamento

del decreto n. rep. 25 del 19 marzo 2025, con cui Reggia di Caserta ha disposto l’annullamento in autotutela, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 21-nonies della l. n. 241 del 1990, della «procedura di gara relativa all'affidamento del Servizio di manutenzione programmata, pulizie, sanificazione, disinfestazione e raccolta differenziata dei rifiuti da eseguirsi presso il Complesso Vanvitelliano - Reggia di Caserta, per la durata di anni tre, CIG A002A3CB28, nonché di tutti gli atti che ne sono conseguiti»;

del decreto n. prot. 2450 del 10 marzo 2025, con cui Reggia di Caserta ha ritenuto «inefficace l’Accordo Quadro, e gli atti conseguenti, stipulato in data 19/09/2024, prot. n. 8204 con il quale era stato affidato il Servizio di manutenzione programmata, pulizie, sanificazione, disinfestazione e raccolta differenziata dei rifiuti da eseguirsi presso il Complesso Vanvitelliano – Reggia di Caserta la cui efficacia era subordinata all’esito dei controlli della Corte dei Conti»;

 

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Reggia di Caserta e del Ministero della Cultura;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 giugno 2025 la dott.ssa Germana Lo Sapio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO e DIRITTO

1.La presente controversia si colloca in una più ampia vicenda giudiziaria relativa alla procedura di affidamento del servizio di manutenzione programmata, pulizie, sanificazione, disinfestazione e raccolta differenziata dei rifiuti da eseguirsi presso il Complesso Vanvitelliano - Reggia di Caserta, indetta dalla Reggia di Caserta (CIG A002A3CB28).

2. L’originaria aggiudicazione, in favore dell’odierna parte controinteressata, è stata oggetto di un giudizio, conclusosi da ultimo con la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 3 giugno 2025, n. 4789 (RG 9418/2024) che ha dichiarato improcedibile l’appello avverso la sentenza di questa Sezione del 25 novembre 2024, n. 6525/2024.

Con tale decisione di primo grado era stata annullato il provvedimento di aggiudicazione in favore della controinteressata e disposto il subentro a favore della odierna ricorrente, in accoglimento del ricorso introduttivo e del ricorso per motivi aggiunti introdotti da Romeo Gestioni S.p.A.

3. All’esito di tale giudizio, e in pendenza del giudizio di appello intanto incardinatosi dinnanzi alla Sez. V del Consiglio di Stato, è stata adottata la deliberazione della Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Campania del 5 marzo 2025 n. 104 che, nel richiamare ampiamente gli esiti istruttori del processo svoltosi dinnanzi a questa Sezione, ha ricusato il visto al decreto 23 settembre 2024 n. 8312, con il quale il Direttore della Reggia di Caserta aveva approvato l'accordo quadro n. 8204 del 19 settembre 2024, quale atto conseguenziale all’aggiudicazione originaria (provvedimento del 20 marzo 2024 n. 2534).

La ricusazione del visto è stata motivata, facendo riferimento alla mancata prova del possesso del requisito di ordine speciale, richiesto dalla legge di gara, da parte dell’aggiudicataria della gara (BSF), con specifico riferimento al certificato di qualità 27001:2013 (punto 4.1 della delibera, che richiama la sentenza T.A.R. sopra citata), nonché alla non idonea determinazione del valore del contratto, in ragione dell’omessa determinazione dell’ammontare della proroga contrattuale e dell’importo del quinto d’obbligo (punti 6.1, 6.2 e 6.3). La deliberazione della Corte dei conti, ampiamente citata negli atti oggetto di odierna impugnazione, costituisce un atto di controllo non impugnabile, non configurandosi come provvedimento amministrativo efficace e quindi concretamente lesivo delle posizioni giuridiche dei destinatari, ma è doveroso darne conto proprio perché, di fatto, costituisce il nucleo motivazionale anche della decisione di annullamento in autotutela ex art. 21-nonies della legge 241/90, oggetto di questo giudizio.

4. In particolare, con il ricorso introduttivo, parte ricorrente ha impugnato:

-il decreto del 10 marzo 2025 n. 2450, con cui la Reggia di Caserta, nel prendere atto della deliberazione della Corte dei conti, ha dichiarato l’inefficacia dell’accordo quadro stipulato con BSF stipulato in data 19 settembre 2024, prot. n. 8204, senza però sollevare specifiche censure al riguardo, né dimostrare in concreto l’effettivo pregiudizio subito;

- il provvedimento 19 marzo 2025 n. 25, con cui la Reggia di Caserta, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990, ha decretato “di annullare la procedura di gara relativa all'affidamento del Servizio di manutenzione programmata, pulizie, sanificazione, disinfestazione e raccolta differenziata dei rifiuti da eseguirsi presso il Complesso Vanvitelliano - Reggia di Caserta, per la durata di anni tre, CIG A002A3CB28, nonché di tutti gli atti che ne sono conseguiti” e “di rinviare a successiva determinazione l’indizione di una nuova procedura”, sollevando, al riguardo, plurimi motivi di ricorso.

5. Con riferimento al decreto n. 2450 del 10 marzo 2025, dichiarativo di inefficacia dell’Accordo quadro, all’udienza pubblica dell’11 giugno 2025, il Collegio ha sottoposto al contraddittorio delle parti, ex art. 73 comma 3 c.p.a., la questione di inammissibilità del ricorso in parte qua.

All’esito dell’esame a cognizione piena, deve ritenersi inammissibile il ricorso, nella parte in cui la domanda di annullamento, ex art. 29 c.p.a., ha ad oggetto tale decreto, per carenza di interesse a ricorrere della ricorrente, poiché la determinazione dell’Amministrazione non incide sfavorevolmente sulla posizione giuridica della medesima ricorrente e sull’interesse concreto ad ottenere la commessa, essendo al contrario direttamente lesivo della sfera giuridica dell’aggiudicataria originaria, odierna controinteressata (come, peraltro, autorevolmente sottolineato anche nella citata sentenza del Consiglio di Stato n. 4789/2025, punto 10.5. che ha dichiarato improcedibile l’appello, anche per la mancata impugnazione del predetto atto, da parte della odierna controinteressata).

6. Con riferimento invece al decreto n. rep. 25 del 19 marzo 2025, il ricorso è fondato.

7. Romeo Gestioni S.p.A. ha fondato la domanda di annullamento su due motivi di ricorso (per la cui analitica lettura – anche in considerazione delle esigenze di sinteticità ex art. 3 e 120 c.p.a. – si rinvia al ricorso medesimo).

In sostanza, con il primo motivo, la ricorrente ha censurato l’illegittimità dell’atto di annullamento in autotutela della procedura di gara, per violazione dell’art. 21-nonies della L. 241/1990, per la carenza dei presupposti ulteriori rispetto al dedotto – e contestato – vizio di illegittimità dell’atto annullato in autotutela, ivi compreso il superamento del termine di decadenza.

Con la seconda censura, ha dedotto la illegittimità del provvedimento di autotutela evidenziando che “le due mancate previsioni – riguardanti la proroga contrattuale e il quinto d’obbligo – non sono richiamate né nel bando, né, tantomeno, nell’accordo quadro. In questi due atti, infatti, è prevista soltanto una proroga tecnica, opzione, quest’ultima, che, come la stessa Corte dei conti riconosce, «non appare aprioristicamente quantificabile», con la conseguenza per cui non andava considerata ai fini della base d’asta”.

8. In data 24 aprile 2025, si è costituita in giudizio l’Amministrazione resistente che, con la successiva memoria difensiva, ha specificato, anzitutto, che il suo interesse era quello di conformarsi alla delibera della Corte dei conti, “al fine di evitare future ricusazioni e di ripristinare integralmente la legittimità dell’azione amministrativa emendandola dai rilievi espressi dalla Corte dei Conti” e che, ai sensi dell’art. 3, co. 1 della L. n. 20/1994, il controllo preventivo di legittimità da parte della Corte dei conti è condizione indispensabile per l’efficacia giuridica del contratto di appalto di servizi, cui è funzionale la procedura di gara.

Di qui una sorta di “doverosità” dell’annullamento, in autotutela, degli atti di gara.

Parte ricorrente ha depositato memoria di replica, prendendo posizione su ciascuna argomentazione difensiva spiegata dalla controparte.

9. Può soprassedersi sulla questione della tardività dell’atto di annullamento d’ufficio, poiché sono fondate le restanti doglianze, in relazione alla violazione dell’art. 21-nonies citato e perché esse sono di per sé sufficienti a condurre all’accoglimento del ricorso (invero, in relazione alla non tempestività dell’atto di ritiro in autotutela, le parti controvertono circa l’individuazione del dies a quo, che, secondo parte ricorrente, sarebbe da retrodatare al momento di adozione dell’atto di indizione della gara e non a quello dell’aggiudicazione, poiché il vizio della lex specialis si riverserebbe, quale atto endoprocedimentale, sulla decisione di aggiudicazione definitiva).

Ritiene il Collegio che peraltro, nell’economia processuale di questo giudizio, e considerata la natura assorbente delle restanti censure, non è neanche necessaria la sospensione del giudizio, essendo attualmente pendente la questione di costituzionalità dell’art. 21-nonies comma 1 della legge 241/90, proprio con riguardo al termine di decadenza di dodici mesi, sia pure solo con riguardo a provvedimenti incidenti “su un interesse sensibile e di rango costituzionale come la tutela del patrimonio storico e artistico della Nazione” (questione sollevata con sentenza non definitiva del Cons. Stato, Sez. VI, 16 ottobre 2024, n. 8296).

10. È invece fondato il motivo di ricorso, con cui si deduce la mancata valutazione dell’interesse pubblico concreto, sotteso alla decisione di annullamento in autotutela ex art. 21-nonies della legge 241/90.

10.1. Deve in primo luogo escludersi che ricorra, nel caso di specie, un’ipotesi di cd. “autotutela doverosa”.

La giurisprudenza amministrativa è pacifica nel ritenere che il potere di annullamento in autotutela – oggi codificato all’art. 21-nonies della L. 241/1990 – presupponga una valutazione discrezionale da parte dell’Amministrazione, persino quando incida su sottostanti atti vincolati, circa la sussistenza di un interesse pubblico attuale e concreto all’eliminazione dell’atto, nonché una comparazione con gli interessi privati coinvolti nella vicenda concreta.

È pertanto necessario che l’amministrazione ancori la sua decisione di annullamento non al solo eventuale vizio di illegittimità riscontrato, ma ad una ponderazione sostanziale tra legalità, interesse pubblico concreto e affidamento, generato negli altri soggetti titolari di interessi legittimi nella vicenda sostanziale. Ciò nella considerazione che la legalità – o meglio il suo ripristino per effetto dell’accertato “errore/vizio” dell’atto, oggetto di ritiro in autotutela – non è un fine autonomo, ma un mezzo per garantire la corretta allocazione dell’interesse pubblico affidato in cura, all’amministrazione, dal legislatore.

In particolare “la sussistenza di un interesse pubblico alla rimozione di un atto amministrativo illegittimo (anche a prescindere dal ricorso alla formula dell’interesse in re ipsa) è oggettivamente connaturata alla rilevata sussistenza di una situazione antigiuridica. Ma ciò non sta a significare che il riconoscimento di un tale interesse (peraltro, espressamente richiamato dal comma 1 del più volte richiamato articolo 21-nonies) comporti di per sé la pretermissione di ogni altra circostanza rilevante (come gli interessi dei destinatari dell’atto, di cui la disposizione chiede espressamente di tener conto) ed esoneri l’amministrazione da qualunque - seppur succintamente motivata - valutazione sul punto. Una cosa è infatti la tendenziale prevalenza dell’interesse pubblico al ripristino dell’ordine giuridico rispetto agli altri interessi rilevanti; ben altra cosa è la radicale pretermissione, anche ai fini motivazionali, di tali ulteriori circostanze attraverso una loro innaturale espunzione dalla fattispecie” (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. I, 17 febbraio 2025, n. 513).

10.2. Questo paradigma, che esclude una visione “rimediale” dell’autotutela, nell’ambito dei contratti pubblici, è avvalorata dalla novità sistemica, introdotta dall’art. 1 del d. logs. 23/2023 (cd. Codice dei contratti pubblici) concernente il principio di risultato che impone, nell’esercizio dell’azione amministrativa anche nelle forme dell’autotutela, un approccio teleologico e non solo procedurale; che rafforza le valutazioni ponderate che tengano conto, nella situazione concreta, della funzione svolta dal contratto di appalto nella specifica fattispecie; che supporta decisioni “pragmatiche” dell’Amministrazione, coerenti con l’interesse pubblico concreto, e non meramente formalistiche.

Come è stato autorevolmente osservato, l’art. 1, collocato “in apertura della disciplina del nuovo Codice dei contratti pubblici, impone che l’azione amministrativa relative alle fasi propedeutiche alla stipulazione dei contratti pubblici persegua “il risultato dell'affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza. Si tratta pertanto di un principio considerato quale valore dominante del pubblico interesse da perseguire attraverso il contratto e che esclude che l'azione amministrativa sia vanificata ove non si possano ravvisare effettive ragioni che ostino al raggiungimento dell'obiettivo finale che è: a) nella fase di affidamento giungere nel modo più rapido e corretto alla stipulazione del contratto; b) nella fase di esecuzione (quella del rapporto) il risultato economico di realizzare l'intervento pubblico nei tempi programmati e in modo tecnicamente perfetto” (Cons. Stato, Sez. V, 13 settembre 2024, n. 7273).

11. Nel caso di specie, emerge chiaramente dagli atti che l’Amministrazione ha agito nel solo intento di “prevenire future ricusazioni” e “ripristinare la legittimità dell’azione amministrativa”, senza che risulti un’effettiva istruttoria e ponderata valutazione in ordine: agli interessi concreti dei partecipanti alla gara, come peraltro sono stati concretamente esercitati, anche nella fase patologica del contenzioso, di cui si è dato conto in premessa; alla complessiva incisione sul risultato della gara della deliberazione della Corte dei conti, assunta a una sorta di assorbente presupposto fattuale; al rilievo effettivo dell’appalto di servizi in oggetto (manutenzione programmata, pulizie, sanificazione, disinfestazione e raccolta differenziata dei rifiuti da eseguirsi presso il Complesso Vanvitelliano - Reggia di Caserta), rispetto alla fruibilità, anche per i cittadini, del patrimonio storico-artistico di inestimabile valore, gestito dalla Reggia di Caserta; alla durata complessiva e al dispendio di risorse che l’attivazione di una nuova procedura di gara implicherebbe, a fronte di vizi formali o comunque non incidenti sull’efficienza e qualità del servizio, sottesi alla decisione di annullamento d’ufficio (l’amministrazione non ha neanche dato un’indicazione temporale sull’avvio della nuova gara, doveroso all’esito dell’annullamento in autotutela di quella in controversia, rinviando genericamente a future determinazioni); alla mancata valutazione di possibili soluzioni alternative a fronte della mancata registrazione da parte della Corte dei conti (questione sulla quale si sofferma a lungo la tesi della ricorrente, alla quale si rinvia per relationem).

12. La mancata valutazione, da parte dell’Amministrazione, delle possibili alternative all’annullamento integrale della procedura di gara si rivela, infatti, sintomatico del vizio di mancata ponderazione dell’interesse in concreto all’annullamento in autotutela, in relazione anche all’affidamento concreto ad ottenere la commessa, che l’odierna ricorrente radica sulle decisioni giurisdizionali ad essa favorevoli e oramai – nel merito – definitive.

In sostanza, nella fase istruttoria e motivazionale del provvedimento, adottato ex art. 21-nonies della legge n. 241/1990, l’Amministrazione avrebbe dovuto operare un effettivo bilanciamento tra l’interesse pubblico al ripristino della legalità, che peraltro è fondata su una deliberazione della Corte dei conti neanche impugnabile, e quello alla conservazione degli atti già legittimamente compiuti. Come evidenziato dalla ricorrente, l’Amministrazione non ha considerato soluzioni alternative, meno invasive e, soprattutto, più aderenti al principio di risultato, oggi espressamente codificato all’art. 1 del d.lgs. n. 36/2023.

In ogni caso, i vizi evidenziati dalla deliberazione della Corte dei conti nell’esercizio delle sue funzioni istituzionali, e ripresi pedissequamente nell’atto di ritiro in autotutela, attengono a clausole di natura meramente facoltativa (la proroga contrattuale e il quinto d’obbligo), o comunque a difetti di requisiti, che riguardano unicamente la posizione della controinteressata, rispetto alle quali la stazione appaltante ben avrebbe potuto rinunciare unilateralmente all’esercizio delle relative opzioni, senza compromettere l’equilibrio economico-contrattuale del rapporto e quindi il “risultato” della commessa oggetto di subentro, per effetto della decisione, più volte citata, della Sezione.

13. L’inadeguata motivazione del provvedimento di autotutela, a fronte dell’articolato paradigma di cui all’art. 21-nonies della legge 241/90 è sufficiente all’accoglimento del ricorso, nella parte in cui ha ad oggetto il decreto n. rep. 25 del 19 marzo 2025.

Tuttavia, in ossequio al criterio probatorio di cui all’art. 64 c.p.a., ultimo comma, secondo cui il giudice, ai sensi dell'art. 64, comma 4, del c.p.a. può "desumere argomenti di prova dal comportamento tenuto dalle parti nel corso del processo" (Cons. giust. amm. Sicilia, 6 giugno 2025, n. 444), deve evidenziarsi che, pur essendosi costituita in giudizio ed avendo articolato memorie difensive (l’ultima depositata risale invero al 24 aprile 2025), l’Amministrazione non solo non ha dato conto dell’esito definitivo del giudizio che aveva ad oggetto l’originaria aggiudicazione e che, durante il presente giudizio, si è poi concluso a suo sfavore (la sentenza del Consiglio di Stato pubblicata il 3 giugno 2025 è stata depositata solo da parte ricorrente in vista dell’udienza pubblica dell’11 giugno), ma non ha neanche depositato alcun atto o memoria successivamente a tale esito, così pretermettendo l’esito della controversia giudiziale che certamente avrebbe potuto incidere anche su un eventuale ripensamento dell’atto, oggetto di odierno gravame.

14. In conclusione, il ricorso è inammissibile, nella parte relativa all’impugnazione del decreto n. prot. 2450 del 10 marzo 2025, per carenza di interesse a ricorrere, mentre è fondato e va accolto nella restante parte, con conseguente annullamento del decreto rep. 25/2025, con cui è stata disposto l’annullamento in autotutela dell’intera procedura di gara.

15. In relazione al rilievo d’ufficio della inammissibilità, in parte qua, del ricorso, le spese del giudizio possono compensarsi per un terzo. Per la restante parte, in ossequio al principio della soccombenza, vanno poste a carico dell’Amministrazione resistente in favore della ricorrente e liquidate in dispositivo.

Possono invece compensarsi nei confronti delle controinteressate, attesa la stessa articolazione complessiva della vicenda emarginata.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, statuisce quanto segue:

-lo dichiara inammissibile, nella parte in cui ha ad oggetto il decreto prot. 2450 del 10 marzo 2025;

-lo accoglie nella restante parte e, per l’effetto, annulla il decreto rep. 25 del 19 marzo 2025.

-tra la ricorrente e l’Amministrazione, compensa per un terzo le spese, complessivamente liquidate in euro 7.500 euro (settemilacinquecento/00) e, per la restante parte, liquidate, al netto della compensazione, in euro 5.000,00 (cinquemila/00), al cui pagamento condanna l’Amministrazione, oltre accessori come per legge e rimborso del contributo unificato.

-compensa le spese tra parte ricorrente e le controinteressate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 11 giugno 2025 con l'intervento dei magistrati:

Paolo Severini, Presidente

Germana Lo Sapio, Consigliere, Estensore

Valeria Nicoletta Flammini, Primo Referendario