Tar Liguria, Sez. I, 7 aprile 2025, n. 360

In tema di procedure di assegnazione delle concessioni demaniali marittime, in assenza di normativa statale di riordino a seguito dell’infruttuoso esercizio della delega legislativa di cui all’art. 4 L. 118/2022, i Comuni conservano la competenza a disciplinare le relative procedure secondo i principi eurounitari di pubblicità, imparzialità e concorrenza, applicando il Codice della Navigazione, la normativa europea (art. 12 Dir. 123/2006/CE) e i principi nazionali di concorrenza, pur in presenza di risorsa naturale (litorale) scarsa, senza che la mancata attuazione della delega statale possa giustificare inerzia amministrativa o proroghe generalizzate.

Guida alla lettura

La sentenza Tar Liguria, Sez. I, 07.04.2025, n. 360, si inserisce nella delicata transizione della disciplina delle concessioni demaniali marittime, tipica del regime cosiddetto “della Bolkestein”, segnata dall’assenza di una compiuta riforma nazionale a seguito dell’inefficacia della delega della L. 118/2022.

La vicenda concerne una società titolare della concessione per la gestione dello stabilimento balneare nell’area 11 del litorale di Chiavari. Il Comune, in previsione di lavori di riqualificazione del litorale e in mancanza di nuova normativa nazionale di riordino della materia (non adottata a seguito della delega della L. 118/2022), ha disciplinato con propri atti la procedura di assegnazione delle nuove concessioni, limitandone la durata a tre anni e incentivando la rinuncia alle parti in locazione comunale mediante punteggi aggiuntivi in sede di gara.

La società ricorrente, pur impugnando il bando e gli atti connessi, ha anche partecipato alla selezione, proponendo un’offerta che includeva anche l’area comunale (rinunciando così al punteggio premiale), mentre la controinteressata ha rinunciato all’area comunale ottenendo il punteggio aggiuntivo e risultando affidataria della concessione. A seguito di ciò, il Comune ha intimato lo sgombero dell’area, che la società uscente ha impugnato assieme a tutti gli atti procedurali.

La società ricorrente ha impugnato i provvedimenti comunali sostenendo:

  • l’incompetenza del Comune ad istituire la gara in assenza di specifica normativa statale di riordino sulle concessioni demaniali balneari, ritenendo che la materia fosse riservata allo Stato;
  • l’illegittimità della procedura di selezione pubblica per mancanza del presupposto della “scarsità” della risorsa naturale (litorale), previsto dalla Direttiva 2006/123/CE e dalla giurisprudenza europea, e la non applicabilità dell’art. 12 di tale Direttiva;
  • l’illegittimità dei criteri di gara, specie quelli che premiavano la rinuncia, da parte dei concorrenti, all’utilizzo di porzioni di area comunale, con attribuzione di punteggio aggiuntivo.

Il ricorso è stato respinto in ogni sua parte. Secondi i Giudici amministrativi il Comune ha agito legittimamente nel bandire la gara e affidare la nuova concessione secondo criteri conformi a diritto nazionale e comunitario, anche adottando meccanismi premiali per la gestione razionale delle aree e per le future esigenze di pubblico interesse.

In particolare, il TAR Liguria, nel dirimere la questione, ha chiarito che in tema di procedure di assegnazione delle concessioni demaniali marittime, in assenza di normativa statale di riordino a seguito dell’infruttuoso esercizio della delega legislativa di cui all’art. 4 L. 118/2022, i Comuni conservano la competenza a disciplinare le relative procedure secondo i principi eurounitari di pubblicità, imparzialità e concorrenza, applicando il Codice della Navigazione, la normativa europea (art. 12 Dir. 123/2006/CE) e i principi nazionali di concorrenza.

Si tratta di un orientamento già consolidato in giurisprudenza amministrativa (ex multis Cons. Stato, Sez. VII, 20 maggio 2024, nn. 4479, 4480, 4481) secondo cui l’inerzia dello Stato e la mancata attuazione della delega non possono paralizzare l’azione amministrativa locale.

Il principio di concorrenza europea, che impone trasparenza e selezione pubblica ex art. 12 della direttiva 123/2006/CE, viene dunque reputato direttamente applicabile, imponendo alle amministrazioni locali di conformare le procedure di rilascio/assegnazione delle nuove concessioni in senso aperto, imparziale e competitivo.

Il passaggio della sentenza che affronta la questione dell'applicabilità dell'articolo 12 della Direttiva Servizi 2006/123/CE alle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative, respinge le argomentazioni del ricorrente su due profili fondamentali.

I Giudici amministrativi chiariscono, in primo luogo, che la valutazione della scarsità delle risorse naturali spetta al giudice nazionale, come stabilito dalla Corte di Giustizia UE. La giurisprudenza europea ha precisato che questo requisito deve essere accertato caso per caso dall'amministrazione competente, sotto il controllo del giudice nazionale, e che tale valutazione non può rimettere in discussione l'effetto diretto dell'articolo 12, cit.

Il TAR evidenzia, inoltre, come la valutazione del Tavolo tecnico ministeriale che si è occupato di definire il concetto di scarsità fosse basata esclusivamente su criteri quantitativi (percentuale del 33% di occupazione delle aree disponibili), risultando perciò insufficiente, in quanto non considera gli aspetti qualitativi. La scarsità deve infatti essere valutata tenendo conto della collocazione geografica, delle caratteristiche morfologiche, del pregio ambientale e paesaggistico, nonché del valore commerciale delle diverse porzioni di costa, che non possono essere considerate tutte equivalenti.

I Giudici concludono, quindi, sul punto, che, in assenza di elementi probatori attendibili che dimostrino il contrario secondo criteri obiettivi e non discriminatori, deve ritenersi confermata la scarsità della risorsa naturale costituita dalle spiagge.

Quanto al secondo profilo, il TAR chiarisce che le concessioni demaniali marittime rientrano nella nozione di "autorizzazione" prevista dalla Direttiva Servizi. La normativa europea adotta infatti un approccio funzionale, concentrandosi sull'effetto economico sostanziale piuttosto che sulla qualificazione giuridica nazionale.

Le concessioni demaniali costituiscono atti formali che gli operatori devono ottenere dalle autorità pubbliche per esercitare la propria attività economica, attribuendo il diritto di sfruttare in via esclusiva una risorsa naturale contingentata. Tale esclusività produce vantaggi economicamente rilevanti che incidono sull'assetto concorrenziale del mercato e sulla libera circolazione dei servizi.

Il TAR conclude sul punto chiarendo che l'articolo 12 della Direttiva 2006/123/CE trova piena applicazione alle concessioni demaniali marittime, comportando l'incompatibilità con il diritto europeo delle norme nazionali che prevedano proroghe automatiche e generalizzate delle concessioni esistenti senza procedure competitive.

Viene inoltre precisato che, qualora si ritenesse inapplicabile la Direttiva Servizi, resterebbe comunque applicabile l'articolo 49 TFUE sulla libertà di stabilimento, che condurrebbe al medesimo risultato di apertura del mercato attraverso procedure competitive trasparenti.

Quanto all'introduzione di criteri premiali destinati agli operatori che rinuncino a porzioni delle aree comunali oggetto di locazione, i Giudici ritengono che tale previsione rappresenti una scelta amministrativa coerente con i margini di discrezionalità riconosciuti all'amministrazione, soprattutto in considerazione del carattere transitorio della fase attuale. Tale meccanismo incentivante appare giustificato dalla finalità di agevolare la successiva realizzazione degli interventi di riqualificazione programmati dall'ente locale.

La previsione di siffatti criteri premiali, a parere del TAR, non determina automaticamente una violazione dei principi di parità di trattamento tra i concorrenti, purché risulti chiaramente specificata e predeterminata all'interno della documentazione di gara; tuttavia, l'amministrazione deve sottoporre tale previsione a un rigoroso scrutinio sotto il profilo della ragionevolezza, proporzionalità e non discriminazione.

La valutazione deve essere condotta con particolare attenzione al fine di prevenire che l'applicazione concreta di tali criteri premiali possa generare effetti distorsivi sulla concorrenza tra gli operatori. L'equilibrio tra l'esigenza di perseguire obiettivi di interesse pubblico attraverso incentivi mirati e la necessità di preservare le condizioni di effettiva parità competitiva costituisce quindi un aspetto cruciale che richiede un'attenta ponderazione da parte dell'amministrazione procedente.

Questa sentenza rappresenta un punto di equilibrio tra l’esigenza di certezza amministrativa e l’adeguamento alle regole di concorrenza europea, in assenza di un definitivo intervento statale. Offre spunti utili sia agli enti locali sia agli operatori balneari in ordine alla gestione della “vacatio legis” in materia di concessioni, marcando la centralità del giudice amministrativo nella verifica della corretta applicazione dei principi eurounitari, anche nella gestione di una risorsa “scarsa” come il litorale marittimo.

 

Pubblicato il 07/04/2025

N. 00360/2025 REG.PROV.COLL.

N. 00842/2024 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 842 del 2024, integrato da due motivi aggiunti, proposto da
Bagni il Gabbiano di Barozzi Enrica & C. S.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'avvocato Simone Carrea, con domicilio eletto presso il suo studio a Genova, Via Assarotti n. 48/6;

contro

Comune di Chiavari, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Luigi Cocchi, con domicilio eletto presso il suo studio a Genova, via Macaggi 21, int. 5-8;
Agenzia del Demanio - Filiale della Liguria, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura dello Stato, domiciliataria ex lege a Genova, v.le Brigate Partigiane, 2;
Regione Liguria, non costituita in giudizio;

nei confronti

Fara S.r.l., rappresentata e difesa dall'avvocato Daniele Rovelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

A) Per quanto riguarda il RICORSO INTRODUTTIVO:

- della Deliberazione della Giunta comunale del Comune di Chiavari n. 247 del 21 dicembre 2023, ad oggetto “Validità concessioni demaniali marittime al 31/12/2024” (doc. 1);

- della deliberazione della Giunta comunale del Comune di Chiavari n. 167 del 18 luglio 2024, recante “Indicazioni organizzative in ordine alle procedure di assegnazione delle concessioni in aree demaniali ed approvazione criteri in ordine alle procedure di evidenza pubblica” e relativi allegati (doc. 2);

- della determinazione dirigenziale n. 1169 del 18 luglio 2024, a firma del responsabile del servizio, Massimo Rainaldi, recante “Procedure di assegnazione delle concessioni in aree demaniali di cui alla DGC n. 167 del 18 luglio 2024 – Approvazione avvisi e pubblicazione” e relativi allegati;

- dell'“Avviso inerente alla procedura di assegnazione della concessione demaniale marittima denominata Area 11 avente ad oggetto uno stabilimento balneare” e relativi allegati (doc. 4);

- di ogni altro atto e/o comportamento precedente, presupposto, consequenziale e/o connesso, anche se non conosciuto.

B) Per quanto riguarda i PRIMI MOTIVI AGGIUNTI notificati 8.1.2025 (oltre agli atti di cui sopra):

- della determinazione dirigenziale del Comune di Chiavari n. 2006 del 9 dicembre 2024, recante “Procedure di assegnazione delle concessioni in aree demaniali di cui alla DGC n. 167 del 18 luglio 2024 e DD n. 1169 del 18 luglio 2024 – Aggiudicazioni” (doc. 12) e di tutti gli atti ivi richiamati e ad essa presupposti e/o connessi;

- dei verbali delle procedure di assegnazione delle concessioni in aree demaniali di cui alla Deliberazione della Giunta comunale n. 167 del 18 luglio 2024 e alla Determinazione dirigenziale n. 1169 del 18 luglio 2024, e segnatamente (i) del verbale di seduta pubblica del 4 novembre 2024 (doc. 13); (ii) del verbale di seduta riservata dell'11 novembre 2024 (doc. 14); (iii) del verbale della terza seduta del 18 novembre 2024 (doc. 15); (iv) del verbale delle operazioni svolte in seduta riservata nei giorni 18 novembre 2024, 19 novembre 2024, 20 novembre 2024, 25 novembre 2024 e 4 dicembre 2024 (doc. 16);

- di ogni atto precedente e/o presupposto, conseguente e/o connesso, anche non conosciuto e, in particolare, di tutti gli atti / verbali / provvedimenti, comunque denominati, assunti dalla Commissione giudicatrice e dal Comune di Chiavari nell'ambito della procedura ad evidenza pubblica riferita all'assegnazione della concessione demaniale marittima in Area 11, anche se non conosciuto;

C) per quanto riguarda i SECONDI MOTIVI AGGIUNTI notificati il 20.1.2025 per l'annullamento, previa concessione di misure cautelari, oltre agli atti impugnati con il ricorso e i motivi aggiunti di cui sopra:

- della richiesta di “Sgombero aree precedentemente occupate”, datata 13 gennaio 2024 (ma trasmessa in data 13 gennaio 2025), a firma del Dirigente del Comune di Chiavari, Dott. Ing. Eric Parpaglione (doc. 17);

- della Deliberazione della Giunta comunale del Comune di Chiavari n. 322 del 20 dicembre 2024, recante “Approvazione del documento di indirizzo alla progettazione (D.I.P.) relativo all'intervento di prolungamento Lungomare ‘Esuli italiani'” (doc. 24);

- della proposta n. 347 del 17 dicembre 2024, avente ad oggetto “Approvazione del documento di indirizzo alla progettazione (D.I.P.) relativo all'intervento di prolungamento Lungomare ‘Esuli italiani'” e della documentazione ad essa allegata e connessa;

- del Documento di Indirizzo alla Progettazione (D.I.P.) ex art. 2 – allegato I.7 ex art. 3 D.Lgs. n. 36/2023 (doc. 25).

 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Chiavari, dell’Agenzia del Demanio - Filiale della Liguria, del Ministero dell'Economia e delle Finanze, del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e di Fara S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 11 febbraio 2025 il dott. Marcello Bolognesi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

 

FATTO e DIRITTO

1) La ricorrente società Bagni il Gabbiano di Barozzi Enrica & C. S.a.s. , quale titolare della concessione demaniale marittima n. 9/2004, ha gestito lo stabilimento balneare denominato Il Gabbiano situato nel Comune di Chiavari.

2) La suddetta società, con un primo ricorso (RG n. 228/2024) ha impugnato la Deliberazione della Giunta comunale (DGC) n. 247 del 21.12.2023 portante la proroga d’efficacia delle concessioni demaniali marittime al 31.12.2024. Senonché tale ricorso è stato dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse con decreto del Presidente di questo T.A.R. n. 145 del 14.12.2024 “Visto l'atto depositato il 9 dicembre 2024, con il quale parte ricorrente ha dichiarato di non avere più interesse al ricorso”.

3) Successivamente, con il RICORSO INTRODUTTIVO di cui in epigrafe, notificato in data 17.9.2024, sono state impugnate (nuovamente la citata DGC n. 247 del 21.12.2023, nonché) la DGC n. 167 del 18.7.2024 e la determina n. 1169 del 18.7.2024 portanti, rispettivamente, gli indirizzi per la procedura di assegnazione delle concessioni in aree demaniali marittime (tra cui quella relativa all’area 11, sede dello stabilimento balneare gestito dalla ricorrente) e l’Avviso di indizione di tale procedura.

4) Il Comune, con la citata DGC n. 167/2024, ha premesso che alcuni stabilimenti balneari cittadini – fra cui quello che è stato gestito dalla ricorrente ubicato nell’area 11 del litorale – insistono in parte su aree demaniali (in regime di concessione) e in parte su aree del patrimonio disponibile comunale (date in locazione) e che il litorale di Chiavari è interessato da un progetto di riqualificazione complessiva destinato a modificare l’estensione e la profondità degli arenili e, per tali ragioni:

- ha limitato a soli tre anni la durata delle nuove concessioni da assegnare al fine di consentire l’effettuazione dei lavori di riqualificazione suddetta;

- ha consentito ai concorrenti (ivi compresi quelli interessati all’Area 11 rilevante nel presente giudizio) di rinunciare alle aree comunali in locazione (o a porzioni di esse) presentando un progetto di gestione di uno stabilimento balneare ubicato unicamente sull’area demaniale, incentivando tale rinuncia prevedendo l’attribuzione di un punteggio aggiuntivo di 15 o 30 punti in caso di rinuncia parziale o totale.

5) La soc. Gabbiano, pur avendo contestato con il ricorso introduttivo l’indizione della gara suddetta, vi ha comunque partecipato limitatamente all’assegnazione dell’area 11 unitamente alla controinteressata soc. Fara e ad altri concorrenti.

L’offerta della ricorrente ha incluso l’area comunale in locazione e, pertanto, non ha conseguito i 30 punti aggiuntivi previsti, mentre la controinteressata Fara ha dichiarato di rinunciare a tale area, conseguendo i 30 punti in questione.

Senonché, in esito alla selezione, tale area è stata assegnata all’odierna controinteressata soc. Fara, con determina dirigenziale n. 2006 del 9.12.2024 che la ricorrente ha impugnato con i PRIMI MOTIVI AGGIUNTI notificati l’8.1.2025.

6) Il Comune, con successivo atto del 13.1.2025, ha intimato alla ricorrente lo sgombero dell’area demaniale occupata e, anche tale nota è stata impugnata con i SECONDI MOTIVI AGGIUNTI notificati il 20.1.2025.

7) Si sono costituiti in giudizio il Comune di Chiavari, la controinteressata soc. Fara, l’Agenzia del Demanio-filiale della Liguria, il Ministero dell'Economia e delle Finanze e il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

I primi due soggetti hanno chiesto di respingere il ricorso, mentre l’Agenzia del demanio e i due Ministeri hanno eccepito il difetto di legittimazione passiva.

Alla Camera di consiglio dell’11.2.2025 la causa è stata trattenuta in decisione e, previo avvertimento alle parti ai sensi dell’art. 60 C.p.a., viene definita con sentenza in forma semplificata.

8) Preliminarmente deve essere scrutinata l’eccezione del difetto di legittimazione passiva formulata dall’Agenzia del Demanio e dai due Ministeri costituiti in giudizio.

L’eccezione è fondata in quanto tali amministrazioni statali risultano estranee al procedimento che ha condotto all’adozione dei provvedimenti impugnati che fa capo unicamente al Comune, con conseguente estromissione di esse dal presente giudizio.

9) Con il PRIMO MOTIVO del ricorso (articolato in plurime censure) sono stati riproposti i vizi-motivi dedotti con il precedente gravame Rg n. 228/2024 (dichiarato improcedibile con decreto del Presidente di questo T.A.R. n. 145 del 14.12.2024) inteso all’annullamento della delibera di Giunta n. 247 del 21.12.2023 e dei relativi atti attuativi costituiti dalla delibera di Giunta n. 167 del 18/7/2024 (recante indicazioni organizzative per le procedure di assegnazione delle concessioni demaniali marittime) e della determina n. 1169 del 18/7/2024 (recante approvazione degli avvisi e pubblicazione ai fini della decorrenza dei termini per le procedure e dell’Avviso pubblico per l’assegnazione delle concessioni, con riguardo al lotto relativo all’Area 11 di interesse per la ricorrente).

Le censure sono inammissibili e, comunque, infondate.

9.1) Con il motivo A.1 del ricorso è stata dedotta l’incompetenza del Comune sostenendo che la L. n. 118/2022 (ovviamente nella sua formulazione anteriore alle modifiche apportate con il DL n. 131 del 16.9.2024) avrebbe configurato la competenza esclusiva dello Stato in materia di disciplina delle selezioni per l’assegnazione delle concessioni demaniali marittime, con conseguente illegittimità della DGC n. 247 del 21/12/2023 con cui il Comune, in assenza della normativa statale non ancora emanata, ha demandato all’Ufficio Demanio di predisporre una “regolamentazione che disciplini modalità, condizioni e criteri per addivenire all’affidamento delle aree demaniali marittime con procedure comparative aperte al mercato” (cfr. punto 3 del dispositivo), disciplinando tale procedura a livello comunale anziché statale.

La doglianza è inammissibile e, comunque, infondata.

In primo luogo, con riguardo all’impugnazione della delibera di Giunta n. 247 del 21.12.2023, la censura è irricevibile perché tale atto era noto alla ricorrente quantomeno dal 26.2.2024 (data di notifica del precedente ricorso Rg n. 228/2024, poi dichiarato improcedibile), talché alla data del 17.9.2024 di notifica del ricorso introduttivo del presente giudizio, tale termine decadenziale di impugnazione era ormai longe et ultra scaduto.

Con riguardo ai provvedimenti successivi la doglianza è infondata.

La censura si fonda sull’art. 4 della L. n. 118/2022 che ha previsto la delega al Governo per l’emanazione (entro 6 mesi dalla sua entrata in vigore avvenuta il 27.8.2022) di uno o più decreti legislativi ex art 76 Cost. intesi al riordino della materia, con previsione da parte della normativa statale di nuovi criteri sulla cui base effettuare le selezioni per l’affidamento delle concessioni.

Senonché l’invocata disposizione, per costante giurisprudenza, dev’essere disapplicata in quanto in contrasto con la normativa europea (ex plurimis: Cons. Stato, sez. VII, 20 maggio 2024, n. 4480 e n. 4481; Cons. Stato, sez. VI, 1 marzo 2023, n. 2192, Cons. Stato, sez. VI, 28 agosto 2023, n. 7992, Cons. Stato, sez. VII, 3 novembre 2023, n. 9493 e, Cons. Stato, sez. VI, 27 dicembre 2023, n. 11200, Cons. Stato, sez. VII, 19 marzo 2024, n. 2679 e Cons. Stato, sez. VII, 30 aprile 2024, n. 3940, Cons. Stato, sez. VII, 2 maggio 2024, n. 3963), con la conseguenza che, correttamente, il Comune resistente, ha proceduto ad assegnare alla controinteressata la nuova concessione applicando la normativa del Codice della navigazione unitamente alle norme e ai principi europei e nazionali in materia di concorrenza ed apertura del mercato, ivi comprese le disposizioni di cui agli artt. 12 della Dir. 2006/123/CE e 49 TFUE.

In ogni caso, stante il mancato esercizio della delega legislativa da parte del Governo nel termine di 6 mesi previsto dalla L. n.118/2022, ai sensi dell’art. 76 Cost. la legge-delega è divenuta inefficace a partire dal 27.2.2023, precludendo la possibilità di emanare la normativa statale delegata (cfr. Cons. Stato, sez. VII, 20.5.2024, nn. 4479, 4480, 4481; T.A.R. Liguria Sez. I, 19.2.2025, n. 183). Anche sotto tale profilo, dunque, il Comune ha correttamente esercitato la propria competenza in ordine al “rilascio o rinnovo … di concessioni relative a beni del demanio marittimo” espressamente prevista dall’art. 10, comma 1, lett. c) LR n. 13 del 28.4.1999 e s.m.i..

9.2) Con il motivo A.2) n. 2 del ricorso è stata dedotta l’illegittimità degli atti gravati in ragione della ritenuta inapplicabilità dell’art. 12 della Dir. 2006/123/CE sotto due profili:

a) per mancanza del presupposto della scarsità della risorsa naturale, con conseguente insussistenza dell’obbligo di procedere alla selezione pubblica per l’assegnazione delle concessioni;

b) per l’impossibilità di ricondurre la concessione demaniale marittima alla “autorizzazione disponibile per una determinata attività” di cui all’art. 12 della Direttiva in questione.

Le doglianze sono infondate.

a.1) In ordine al primo profilo la Corte di Giustizia UE ha precisato:

- con la sentenza del 14 luglio 2016, cause riunite C-458/14 e C-67/15 - Promoimpresa) che “per quanto riguarda, più specificamente, la questione se dette concessioni debbano essere oggetto di un numero limitato di autorizzazioni per via della scarsità delle risorse naturali, spetta al giudice nazionale verificare se tale requisito sia soddisfatto” (punto 43);

- con la pronuncia del 20 aprile 2023 in C-348/22 (Comune di Ginosa, invocata dalla stessa ricorrente a sostegno della censura) al par. 71 ha precisato che “la circostanza che tale obbligo e tale divieto si applichino solo nel caso in cui il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali utilizzabili, le quali devono essere determinate in relazione ad una situazione di fatto valutata dall’amministrazione competente sotto il controllo di un giudice nazionale, non può rimettere in discussione l’effetto diretto connesso a tale articolo 12, paragrafi 1 e 2”.

Anche la costante giurisprudenza amministrativa ha precisato:

- che anche quando siano previste dalla normativa nazionale modalità di accertamento di tale scarsità, il controllo sulla valutazione di tale aspetto spetta comunque al Giudice nazionale (cfr. Cons. Stato, sez. VII, 20 maggio 2024 n.ri. 4480 e 4481 cit., punto 36; T.A.R. Liguria, Sez. I, 14 dicembre 2024 n. 869, punto 4.3);

- che “23. …. ogni questione sulla scarsità delle risorse e sugli eventuali criteri fissati per accertare tale scarsità non può costituire ragione, come sostenuto da alcune parti del presente giudizio, per determinare la non applicabilità della Dir. 2006/123/CE nelle more della fissazione dei menzionati criteri. 24. Come chiarito dalla Corte di Giustizia, la valutazione dell’effetto diretto connesso all’obbligo e al divieto previsti dall’art. 12, paragrafi 1 e 2, della Dir. 2006/123/CE e l’obbligo di disapplicare le disposizioni nazionali contrarie incombono ai giudici nazionali e alle autorità amministrative, comprese quelle comunali, senza che ciò possa essere condizionato o impedito da interventi del legislatore” (Cons. Stato, sez. VII, 20 maggio 2024 n. 4480);

- che la valutazione in ordine alla scarsità delle risorse naturali effettuata dall’apposito Tavolo tecnico istituito dall’art. 10-quater del DL n. 198 del 2022 è inattendibile perché basata unicamente su criteri quantitativi (la percentuale delle aree occupate dalle concessioni demaniali del 33 per cento delle aree disponibili) e non anche (e soprattutto) su criteri qualitativi. Infatti non è possibile ignorare la funzione economico-sociale della risorsa pubblica in questione e, segnatamente “la collocazione geografica, le caratteristiche morfologiche, il pregio ambientale e paesaggistico, il valore “commerciale”, il pregio di quella particolare tipologia di concessione in rapporto al bene pubblico (il tratto di costa) oggetto di sfruttamento economico e non tutto il tratto costiero in ipotesi balneabile come se fosse un unico eguale ed indifferenziato, non potendo ritenersi non discriminatorio un criterio che tratti e consideri e calcoli in modo eguale situazioni costiere estremamente diverse sul territorio nazionale” (cfr. Cons. Stato, sez. VII n.ri 4480 e 4481 cit. punto 30; così anche Ad. Plen. 9.11.2021 n. 17, che contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente non è stata cassata da Cass. SU 23.11.2023 n. 32559 che ha riguardato solo la pronuncia n. 18 della medesima Adunanza). Anche questo Tribunale ha ritenuto di “confermare, sul punto, quanto già stabilito dall’Adunanza Plenaria …, ossia la scarsità delle risorse naturali in questione, con conseguente pacifica applicabilità dell’art. 12 della Direttiva” (T.A.R. Liguria, Sez. I, 14 dicembre 2024 n. 869).

Pertanto sulla base della citata giurisprudenza europea e nazionale e in assenza di risultati, ancorché parziali e provvisori, che dimostrino in modo serio e attendibile, tanto a livello nazionale che a livello locale, che le spiagge non siano una risorsa scarsa, secondo i criteri obiettivi, non discriminatori, trasparenti e proporzionati, indicati dalla Corte di Giustizia nella sentenza 20 aprile 2023 (Comune di Ginosa), questo Tribunale, cui compete il controllo giurisdizionale sulla valutazione della scarsità delle risorse in merito alla vicenda oggetto del presente giudizio, non può che riaffermare la scarsità della risorsa.

Pertanto l’applicabilità dell’art. 12 della Dir. 2006/123/CE è piena, diretta, incondizionata e non è (né può essere) subordinata dal legislatore ad una “mappatura” delle coste o al riordino dell’intera materia, pena il contrasto di tale subordinazione con il diritto europeo e la conseguente necessità di disapplicazione delle norme che prevedano tali misure (cfr. ex aliis, T.A.R. Liguria, Sez. I, 14 dicembre 2024 n. 869).

In ogni caso, quand’anche si ritenesse inapplicabile l’art. 12 della Dir. 2006/123/CE (quid non), come precisato dalla costante giurisprudenza della CGUE (cfr. 14.7.2026 – Promoimpresa) e da plurime pronunce del Consiglio di Stato (cfr. ex pluribus: Cons. Stato, sez. VII, 20.5.2024 n. 4480, punto 55), è comunque applicabile l’art. 49 del T.F.U.E. sulla libertà di stabilimento per attività di rilievo transfrontaliero (aspetto che si presume fino alla rigorosa prova contraria, cfr. ancora Cons. Stato n. 4480, punto 31) che porterebbe al medesimo risultato di imporre l’apertura del mercato con disapplicazione delle norme nazionali che prevedano proroghe generalizzate dei termini di efficacia delle concessioni esistenti o limitino l’indizione delle selezioni pubbliche per l’affidamento delle nuove concessioni.

b.1) Anche il profilo b) è infondato.

L’art. 4, n. 6 della Direttiva 2006/123/CE (anche: Direttiva n. 123/06 o Bolkestein) definisce “regime di autorizzazione” qualsiasi procedura che obbliga un prestatore o un destinatario a rivolgersi ad un’autorità competente allo scopo di ottenere una decisione formale o una decisione implicita relativa all’accesso ad un’attività di servizio o al suo esercizio.

Il considerando n. 39 della medesima Direttiva stabilisce che “la nozione di regime di autorizzazione dovrebbe comprendere, in particolare, le procedure amministrative per il rilascio di autorizzazioni, licenze, approvazioni o concessioni …” e l’art. 12 della Direttiva in questione stabilisce che: “1. Qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza e preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento.

2. Nei casi di cui al paragrafo 1 l’autorizzazione è rilasciata per una durata limitata adeguata e non può prevedere la procedura di rinnovo automatico né accordare altri vantaggi al prestatore uscente o a persone che con tale prestatore abbiano particolari legami”.

La citata sentenza Promoimpresa ha precisato che:

- gli atti che concedono l’uso di risorse naturali sono qualificabili come “autorizzazioni” ai sensi delle disposizioni della direttiva 2006/123/UE, in quanto costituiscono atti formali che i prestatori devono ottenere dalle autorità nazionali per poter esercitare la loro attività economica, con conseguente contrasto con la Direttiva delle misure nazionali che prevedano la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico-ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati;

- tali autorizzazioni riguardano, comunque, un diritto di stabilimento nell’area demaniale finalizzato ad uno sfruttamento economico per fini turistico-ricreativi, talché rientrano anche nell’ambito dell’articolo 49 TFUE che tutela il diritto di stabilimento degli operatori economici negli stati UE, con conseguente contrasto con il Trattato in questione della normativa nazionale che consenta una proroga automatica delle concessioni demaniali pubbliche in essere per attività turistico-ricreative, sussistendo un interesse transfrontaliero certo (la cui esistenza si presume).

La questione della compatibilità della qualificazione della concessione demaniale turistico-ricreativa in termini di “autorizzazione” ai sensi dell’art. 12 della Direttiva 2006/123/CE è stata compiutamente affrontata anche dalle sentenze dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 17 e n. 18 del 2021 che hanno richiamato i principi espressi dalla citata sentenza della CGUE Promoimpresa e hanno dato atto che il diritto europeo, nell’ottica funzionale e pragmatica che lo caratterizza, ha da tempo valorizzato l’effetto economico sostanziale della concessione costituito dall’attribuzione al titolare del diritto di sfruttare in via esclusiva una risorsa naturale contingentata al fine di svolgere un’attività economica, effetto che, a prescindere dalla qualificazione giuridica che riceve nell’ambito dell’ordinamento nazionale, procura al titolare vantaggi economicamente rilevanti in grado di incidere sensibilmente sull’assetto concorrenziale del mercato e sulla libera circolazione dei servizi, talché è “evidente che il provvedimento che riserva in via esclusiva un’area demaniale (marittima, lacuale o fluviale) ad un operatore economico, consentendo a quest’ultimo di utilizzarlo come asset aziendale e di svolgere, grazie ad esso, un’attività d’impresa erogando servizi turistico-ricreativi, va considerato, nell’ottica della direttiva 2006/123, un’autorizzazione di servizi contingentata e, come tale, da sottoporre alla procedura di gara. Del resto, come ricordato dalla Corte di giustizia nella più volte citata sentenza Promoimpresa, “il considerando 39 della direttiva in questione precisa che la nozione di regime di autorizzazione dovrebbe comprendere, in particolare, le procedure amministrative per il rilascio di concessioni”. E la stessa sentenza ha chiaramente affermato che “tali concessioni possono quindi essere qualificate come autorizzazioni, ai sensi delle disposizioni della direttiva 2006/123, in quanto costituiscono atti formali, qualunque sia la loro qualificazione nel diritto nazionale, che i prestatori devono ottenere dalle autorità nazionali al fine di poter esercitare la loro attività economica” (Cons. Stato, AP n. 17 del 9.11.2021. punto 24).

Pertanto l’art. 12 della Direttiva 2006/123/CE è applicabile al rilascio e al rinnovo delle concessioni demaniali marittime, con conseguente incompatibilità comunitaria, anche sotto tale profilo, della disciplina nazionale che prevede la proroga automatica e generalizzata delle concessioni già rilasciate.

Da ciò l’infondatezza della censura.

9.3) Con la censura A.2) n. 3 del ricorso è stata lamentata l’illegittimità degli atti impugnati a causa dell’inapplicabilità, sotto ulteriore profilo, dell’art. 12 della Dir. 2006/123/CE in quanto la sentenza C.G.U.E., Grande Sezione, 30/1/2018 (cause C-360/15 e C31/16, Visser, punti 113 e segg.) avrebbe statuito che un “Piano regolatore” non rientri nella nozione di autorizzazione di cui all’art. 12 della Direttiva 123/2006 in quanto consente o inibisce l’esercizio delle attività da esso contemplate a tutti i destinatari, mentre la Direttiva n. 123/2006, ai sensi del suo considerando 9, si applicherebbe unicamente ai requisiti che influenzano l’accesso alle attività e non ai requisiti previsti dalle “norme riguardanti lo sviluppo e l’uso delle terre”.

In particolare, in materia di concessioni demaniali marittime, la LR della Liguria 28.4.1999 n. 13 ha previsto che l’utilizzazione delle aree demaniali marittime avvenga nel rispetto del Piano di utilizzazione demaniale (PUD) e del Progetto di utilizzo comunale attuativo del PUD suddetto, al fine di garantire l’equilibrato rapporto tra aree libere ed aree in concessione, la qualificazione delle strutture balneari ai fini di una migliore offerta turistico-ricreativa, la miglior fruizione dell'arenile da parte del pubblico e la minore occupazione con strutture permanenti (art. 11-bis, comma 1 della citata legge regionale). Poiché tale Progetto di utilizzo costituirebbe una “norme di natura pianificatoria” finalizzata a garantire gli standard qualitativi suddetti, la Direttiva Bolkestein non sarebbe applicabile alle concessioni demaniali marittime che non riguardano l'accesso ad un servizio ai sensi dell’art. 4, punto 6 della Direttiva, ma riguardano i “requisiti” (ossia i presupposti e limiti) ai sensi dell’art 4, punto 7 della Direttiva che i titolari dovrebbero rispettare nello svolgimento della loro attività economica sulla base del Progetto di utilizzo comunale delle aree demaniali marittime.

La censura non merita accoglimento.

Essa in primo luogo è inammissibile in quanto la mancata applicazione della Direttiva n. 123/2006 non esonera dall’assegnazione delle aree demaniali mediante selezione pubblica, giacché tale modalità è imposta, comunque, dall’art. 49 del TFUE secondo quanto stabilito dalla sentenza della CGUE Promoimpresa sopra riportata.

La censura è comunque infondata per le seguenti ragioni.

a) La sentenza della CGUE Visser invocata dalla ricorrente, quantomeno nella parte citata dalla ricorrente (punti 113 e seguenti) non è applicabile al presente giudizio perché riguarda una fattispecie che attinente:

- all’applicazione degli artt. 9, 10 e 14 della Direttiva n. 123/2006 in materia di conformità alla citata Direttiva di un Piano regolatore che consentiva determinate attività in alcune porzioni soltanto del territorio comunale e non, invece, degli artt. 12 e 13 in materia di selezioni pubbliche tra i diversi candidati per l’autorizzazione all’utilizzo di una risorsa pubblica scarsa;

- alla compatibilità con la Direttiva n. 123/06 del suddetto Piano regolatore nella parte in cui stabilisce determinati limiti all’esercizio di attività in base ad alcune zone comunali, aspetto evidentemente diverso da quello delle modalità di assegnazione di un bene pubblico mediante procedura selettiva dei candidati oggetto del presente giudizio.

b) Sotto altro profilo la decisione suddetta è irrilevante perché, nel caso in esame, la presenza del Piano di utilizzazione demaniale e del Progetto di utilizzo contribuisce a comporre il quadro giuridico di riferimento per il rilascio della concessione, ma non incide in alcun modo sulla necessità di attribuire le risorse naturali scarse mediante selezione pubblica di cui all’art 12 della Direttiva n. 123/06. Il Comune, infatti, in attuazione al PUD e al suo Progetto di utilizzo, è tenuto ad indire gare distinte per le spiagge “libere attrezzate” e per le spiagge assegnate in concessione, a rispettare gli standard qualitativi previsti anche da tali atti pianificatori, ma comunque sempre con l’indizione di una selezione pubblica ai sensi dell’art. 12 della Direttiva citata.

Correttamente, dunque, gli atti impugnati hanno disposto la gara in applicazione dell’art. 12 della Direttiva n. 123/06.

9.4) Con il motivo A.3) n. 4 la ricorrente ha lamentato che la DGC n. 247/2023 ha prorogato la scadenza delle concessioni fino al 31.12.2024 ai sensi dell’art. 3 della L. n. 118/2022, ma in parte motiva anziché richiamare il comma 1 che prevede tale possibilità di proroga finalizzata all’espletamento delle selezioni pubbliche, ha erroneamente indicato il comma 3 che prevede la proroga al 31.12.2025.

La censura è in primo luogo tardiva per le ragioni illustrate sopra al punto 9.1, in quanto proposta nei confronti della delibera n. 247 del 21.12.2023 con ricorso notificato il 17.9.2024.

In ogni caso è infondata.

Innanzitutto è irrilevante l’errata indicazione dell’art. 3, comma 3, della L. n. 118/2022, essendo chiaramente evincibile l’effettiva volontà del Comune di avvalersi della proroga limitatamente al termine del 31.12.2024 per le esplicitate esigenze di effettuare la selezione pubblica, tanto è vero che entro il suddetto termine la selezione è stata completata, con l’assegnazione delle nuove concessioni.

In ogni caso un’ipotetica proroga al 31.12.2025, in quanto non motivata da specifiche ragioni connesse alla conclusione di una procedura selettiva in atto, avrebbe avuto natura di proroga generalizzata e, come tale, si sarebbe posta in conflitto con il diritto europeo con conseguente obbligo di disapplicazione della stessa.

Inoltre è errato l’assunto secondo cui le sentenze gemelle dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n.ri 17 e 18 del 2021 sarebbero state entrambe travolte dalla pronuncia 23.11.2023 n. 32559 delle Sezioni Unite della suprema Corte che le avrebbe cassate con rinvio al Consiglio di Stato, giacché è notorio che tale cassazione ha riguardato unicamente la pronuncia n. 18/2021, restando intonsa la n. 17/2021 avente il medesimo tenore motivazionale e dispositivo.

In ogni caso i principi delle citate sentenze gemelle sono stati confermati dalla totalità della successive sentenze del Consiglio di Stato e dalle plurime pronunce della Corte di Giustizia successive alla pronuncia Promoimpresa del 2016, talché anche se entrambe le sentenze gemelle fossero state cassate (quid non), non sarebbero venuti meno i principi e le norme comunitarie in ordine all’incompatibilità delle proroghe nazionali generalizzate di efficacia delle concessioni demaniali marittime.

9.5) Con il motivo A.3) n. 5 la ricorrente ha dedotto la violazione:

- dell'art. 4, comma 4-bis, L. n. 118/2022 secondo cui “Fino all’adozione dei decreti legislativi di cui al presente articolo, è fatto divieto agli enti concedenti di procedere all’emanazione dei bandi di assegnazione delle concessioni e dei rapporti di cui all’articolo 3, comma 1, lettere a) e b)” ma, come si è detto, tale legge-delega ex art 76 Cost. ha perso efficacia in ragione della mancata emanazione dei Decreti delegati nel termine semestrale previsto (cfr. punto 9.1);

- dell’art. 10-quater, comma 3, del DL n. 198/2022 (conv. in L. 14/2023) ai sensi del quale "Le concessioni e i rapporti di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a) e b), della legge 5 agosto 2022, n. 118, continuano in ogni caso ad avere efficacia sino alla data di rilascio dei nuovi provvedimenti concessori", senonché anche tale censura è infondata perché il Comune ha terminato le procedure di assegnazione delle nuove concessioni entro il 31.12.2024 con il rilascio del nuovi provvedimenti concessori.

9.6) Con il motivo A.3) n. 6 la ricorrente ha dedotto la violazione dell'art. 4, comma 2, lettere c) ed i) della legge 5 agosto 2022, n. 118 in relazione all'art. 49 Cod. Nav. per la mancata previsione dell’indennizzo del gestore uscente.

Il motivo è infondato.

Le norme e i principi ratione temporis applicabili non hanno previsto indennità o ristori lato sensu intesi a favore dei gestori uscenti, né per le opere non amovibili realizzate, né per l’avviamento aziendale.

In proposito la Corte di Giustizia UE, sezione III, 11.7.2024, C-598/22 ha precisato che “Non costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento ex art. 49 TFUE, l’acquisizione a titolo gratuito, da parte dello Stato italiano, delle opere non amovibili costruite sulle spiagge al termine di una concessione”.

Anche la Corte Costituzionale in plurime pronunce (cfr. ex aliis, n. 222/2020 e n. 157/2017) ha precisato che l’ordinamento italiano esclude qualsiasi forma di riconoscimento positivo di una libertà o discrezionalità pubblica nell’attribuzione di un indennizzo a favore del concessionario uscente realizzatore delle opere, con conseguente illegittimità di eventuali leggi regionali che dispongano tali forme di ristoro.

Inoltre la stessa Corte costituzionale ha precisato che la previsione di tali ristori si ripercuoterebbe negativamente sulla possibilità di accesso al mercato da parte di altri operatori, in violazione dei principi costituzionali ed europei di concorrenza, di accesso al mercato e di uniforme regolamentazione dello stesso (cfr. Corte Cost. nn. 157 del 2017, 109 del 2018, 1, 86 del 2019, 161 del 2020).

Anche il Consiglio di Stato ha confermato la non spettanza di tali forme di ristoro precisando che

14. … In primo luogo la pretesa è paralizzata dall’intervenuta decadenza, che come sopra esposto comporta ai sensi dell’art. 47, comma 4, cod. nav. che al concessionario decaduto «non spetta alcun rimborso per opere eseguite né per spese sostenute». A prescindere dal carattere assorbente del divieto ora richiamato, pur sufficiente al rigetto della domanda, deve in ogni caso aggiungersi che l’art. 49 cod. nav. non prevede alcun indennizzo per l’acquisizione delle «opere non amovibili, costruite sulla zona demaniale» alla scadenza (ma non decadenza) della concessione. La disposizione di legge ora citata è stata poi considerata conforme al diritto sovranazionale (Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza dell’11 luglio 2024, C-598/22). Inoltre, nel presente giudizio non è stato specificato quali sarebbero le opere non amovibili incamerate dall’amministrazione al termine della concessione”.(Cons. Stato, sez. VII, 26.2.2025, n. 1704).

9.7) Con i motivi A.3) n. 8 e A.3) n. 9 la ricorrente ha richiesto il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia per vagliare la conformità della degli artt. 2, 3 e 4 della L. n. 118/2022 alla disciplina europea o, in subordine, la rimessione degli atti alla Corte costituzionale.

I profili indicati dalla ricorrente - peraltro già in più occasioni affrontati dalla Corte Costituzionale e della Corte di Giustizia UE - non sono meritevoli di essere nuovamente sottoposti a tali Giudici per le seguenti plurime ragioni.

9.7.1) Con riferimento alla richiesta di rinvio pregiudiziale eurounitario, la ricorrente ha lamentato che gli artt. 2, 3 e 4 della L. n. 118/2022, sebbene finalizzati a conformare il regime concessorio dei beni demaniali marittimi all’art. 49 TFUE e all’articolo 12 della Direttiva 2006/123/CE, si sono limitati a prevedere, rispettivamente, la proroga generalizzata della scadenza delle concessioni al 31.12.2024 al fine di consentire l’effettuazione delle selezioni pubbliche, e la “Delega al Governo in materia di affidamento delle concessioni demaniali marittime”, con conseguente contrasto di tali norme rispetto ai citati art. 49 TFUE e art. 12 Direttiva Bolkestein.

In particolare, secondo parte ricorrente, tali disposizioni, avendo posto tutti i concessionari sullo stesso piano, avrebbero omesso di tutelare l’affidamento degli stessi in relazione: “i) sia rispetto all'affidamento e agli investimenti medio tempore eventualmente effettuati; ii) sia rispetto alla valutazione circa il carattere transfrontaliero certo delle concessioni demaniali marittime italiane; iii) sia rispetto alla valutazione della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili; iv) sia infine (e soprattutto) rispetto alla data di effettiva scadenza delle concessioni demaniali attualmente vigenti, imposta indistintamente per tutti al 31/12/2024”.

La ricorrente, pertanto, ha formulato i seguenti due quesiti da sottoporre al vaglio della CGUE ai sensi dell’art. 267 del TFUE:

- primo quesito: "Se la disciplina eurounitaria a tutela della libertà di stabilimento (art. 49 TFUE) e in tema di regime delle autorizzazioni a svolgere una determinata attività, qualora quest'ultima sia limitata per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili (art. 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE) osti a un'interpretazione della stessa per effetto della quale – al fine dell'individuazione del momento di effettiva cessazione del rapporto concessorio – si pongano indistintamente sullo stesso piano tutti i concessionari demaniali marittimi, impedendo una valutazione caso per caso in ordine sia all'affidamento e agli investimenti medio tempore eventualmente effettuati, sia al carattere transfrontaliero certo della relativa concessione demaniale marittima, sia alla scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, sia alla data di effettiva scadenza della concessione demaniale in vigore, sulla base degli investimenti medio tempore effettuati”;

- secondo quesito: "Se la disciplina eurounitaria a tutela della libertà di stabilimento (art. 49 TFUE) e in tema di regime delle autorizzazioni a svolgere una determinata attività (art. 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006) osti a un'interpretazione della stessa e/o di una normativa nazionale di recepimento (nella specie, l’art. 4, comma 2, lettere “c” e “i” della legge n. 118/2022) per effetto della quale l'Amministrazione competente possa / debba – nel corso della vigenza di una concessione demaniale – decurtare di 10 anni la durata della relativa concessione/autorizzazione, senza riconoscere alcuna forma di risarcimento in favore del concessionario uscente inciso dal provvedimento e altresì senza computare, nell’indennizzo da corrispondere al concessionario medesimo, il valore dell’avviamento della propria attività".

La richiesta di rinvio pregiudiziale non merita accoglimento.

a) La tesi per cui la fissazione del nuovo termine di scadenza al 31.12.2024 (con proroga di un anno rispetto al termine ultimo fissato dall’Adunanza plenaria con le sentenze gemelle n.ri 17 e 18 del 2021) costituirebbe una decurtazione di 10 anni sulla durata della concessione prevista dalla L. n. 145/2018, è palesemente infondata atteso che la costante giurisprudenza eurounitaria e nazionale ha affermato che la previsione del termine del 31.12.2023 (poi prorogato al 31.12.2024) non ha determinato alcuna revoca o annullamento in autotutela delle concessioni in essere, ma ha costituito semplicemente l’adeguamento del sistema nazionale ai principi eurounitari in precedenza violati con la proroga generalizzata al 2033 da parte dell’art. 1, commi 682, 683, 684, L. n.145/2018. Pertanto, non essendovi stata alcuna revoca o illegittima riduzione temporale d’efficacia del titolo, correttamente non è stato previsto alcun indennizzo.

b) In ordine alla richiesta di rinvio pregiudiziale in ordine alla proroga al 31.12.2024 della scadenza delle concessioni demaniali marittime in essere, non si vede quale pregiudizio all’affidamento possa vantare la ricorrente che ha beneficiato del prolungamento del rapporto concessorio senza effettuare alcuna attività o investimento suppletivo.

c) La citata sentenza della CGUE Promoimpresa, in senso opposto a quanto prospettato da parte ricorrente, ha statuito che l’aspettativa del privato nel rinnovo della concessione/autorizzazione “non può pertanto essere invocata validamente a sostegno di una proroga automatica istituita dal legislatore nazionale e applicata indiscriminatamente a tutte le autorizzazioni in questione” (punto 56), talché la proroga generalizzata in questione è certamente in contrasto con la normativa europea non già perché non tutela l’affidamento della ricorrente (invero lo tutela eccessivamente, in violazione delle norme sulla concorrenza e sull’apertura del mercato), ma perché viola l’art 12 della Direttiva n. 123/2006 in ordine alla necessità di effettuare una selezione pubblica trasparente e imparziale al fine di individuare gli aventi diritto (punto 57), in contrasto con l’effetto delle proroghe generalizzate che determinano la insistenza de facto del concessionario attuale nell’area demaniale anche dopo la scadenza del titolo di godimento.

d) Anche in ordine alla ritenuta incertezza sulla data di scadenza della concessione, il quesito proposto è illogico, atteso che la concessione della ricorrente è scaduta il 31.12.2023 e la normativa di cui si chiede il vaglio di compatibilità comunitaria (art 2, 3 e 4 L. n. 118/2022) ha stabilito l’ennesima proroga generalizzata al 31.12.2024 e che si pone in contrasto con la Direttiva servizi e con l’art. 49 del TFUE per le plurime ragioni enucleate dalla costante giurisprudenza della Corte di Giustizia e del Consiglio di Stato di cui si è dato conto nei punti che precedono.

e) Analoghe argomentazioni valgono in merito alla lamentata mancata previsione di un indennizzo per l’avviamento dell’impresa. In particolare, per le opere non amovibili la normativa ratione temporis applicabile (il DL n. 131/2024 ha fatto salve le procedure selettive iniziate anteriormente alla sua entrata in vigore, come quella che ci occupa) contempla un ristoro per le opere non amovibili solo se espressamente previsto dalla singola concessione, disposizione ritenuta compatibile sia con il diritto europeo (cfr. CGUE, Sez. III, 11.7.2024, in C-598/22) sia con quello interno (ex aliis. Corte Cost. n. 222/2020 e n. 157/2017).

In particolare la sentenza della Corte Costituzionale n. 222/2020 ha precisato che nell’ordinamento italiano:

- “La legge statale non assegna alcun rilievo alle componenti economico-aziendali dell'impresa del concessionario uscente, in caso di definizione del rapporto e ciò vale anche per il caso in cui questi abbia realizzato opere non amovibili che, in base all'art. 49 cod. nav., possono essere acquisite al demanio senza alcun compenso o rimborso, ovvero senza oneri che gravino sul subentrante.”;

- La previsione da parte di una legge regionale (o a maggior ragione di un provvedimento amministrativo) di un indennizzo per gli investimenti non ancora ammortizzati dal gestore uscente, posti a carico del concessionario subentrante “… all'evidenza, influisce sulle possibilità di accesso al mercato di riferimento e sulla uniforme regolamentazione dello stesso, potendo costituire, per le imprese diverse dal concessionario uscente, un disincentivo alla partecipazione al concorso che porta all'affidamento (sentt. nn. 40, 157 del 2017, 109 del 2018, 1, 86 del 2019, 161 del 2020)”.

f) Il fatto che la proroga generalizzata in questione non consentirebbe di valutare il carattere transfrontaliero certo e la scarsità delle risorse affidate in concessione, costituisce affermazione illogica, non essendovi alcun nesso tra la premessa della proroga e le pretese conseguenze pregiudizievoli.

Ad abundantiam si ribadisce, comunque, che per la giurisprudenza comunitaria e nazionale, il carattere transfrontaliero si presume e anche la scarsità di risorse nella materia in questione è stata affermata in plurime pronunce del Consiglio di Stato sopra riportate.

g) Infine le norme e i principi comunitari sono assolutamente chiari nel senso di non lasciare adito ad alcun ragionevole dubbio sulla soluzione da dare alla questione sollevata, così dovendosi ritenere superfluo il rinvio pregiudiziale eurounitario ai sensi del canone ermeneutico dell’acte clair (cfr. CGUE 6.10.1982, C-283-81).

In conclusione il contrasto tra la normativa nazionale e quella europea prospettato dalla ricorrente non sussiste, essendo sufficientemente chiari i principi e le norme applicabili da non lasciare adito ad alcun ragionevole dubbio sulla soluzione da dare alla questione sollevata, con conseguente non luogo a procedere sull’istanza di rimessione pregiudiziale comunitaria ex art 267 TFUE.

9.7.2) Anche la prospettata incostituzionalità delle norme suddette non è condivisibile.

Secondo la ricorrente i citati artt. 3 e 4 della L. n. 118/2022, nel disporre la proroga delle concessioni in essere al 31.12.2024, avrebbero posto tutti i concessionari sullo stesso piano, omettendo la valutazione “caso per caso” dell’affidamento dei concessionari uscenti, come sarebbe richiesto dalla normativa eurounitaria e dal principio di uguaglianza sostanziale di cui all’art 3, comma 2, Cost.

La questione di costituzionalità:

- non è rilevante nel presente giudizio in quanto la proroga generalizzata in questione contrasta con il diritto europeo, talché dovrebbe essere disapplicata, non ponendosi neppure il problema della sua incostituzionalità;

- non appare neppure fondata atteso che: i) la proroga contestata costituisce una misura favorevole alla ricorrente cui è stata ulteriormente differito il termine di efficacia della concessione senza richiesta di alcuna attività o investimento suppletivo; ii) la mancata valutazione pro casu delle diverse situazioni dei concessionari ai fini della tutela dell’affidamento è irrilevante in relazione al fatto che ad essi è stato attribuito il suddetto vantaggio.

10) Con il SECONDO MOTIVO la ricorrente ha lamentato la violazione dell’art. 4, comma 4-bis della L. n. 118/2022 che vietava l’esperimento di gare nelle more dell’emanazione dei Decreti legislativi di riordino della materia.

In particolare l’art. 4 della L. n. 118/2022 ha delegato il Governo al riordino della materia di affidamento delle concessioni demaniali marittime al fine di emanare Decreti delegati nel termine di 6 mesi e il successivo art. 4, comma 4-bis, ha disposto che “fino all’adozione dei decreti legislativi di cui al presente articolo, è fatto divieto agli enti concedenti di procedere l’emanazione dei bandi di assegnazione delle concessioni”.

La ricorrente ritiene che gli atti impugnati che hanno indetto la selezione sarebbero illegittimi per violazione della disposizione citata.

Il motivo è infondato, in primo luogo perché la citata normativa, in seguito al mancato esercizio della delega legislativa, è divenuta inefficace divenendo tamquam non esset come si è diffusamente argomentato al punto 9.1 e come confermato dalla giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, sez. VII, 20.5.2024, nn. 4479, 4480, 4481; T.A.R. Liguria Sez. I, 19.2.2025, n. 183).

Tale quadro non è stato modificato neppure dall’emanazione del Decreto Legge 16.9.2024 n. 131 (convertito in L. n. 166 del 14.11.2024) in quanto l’art. 1, comma 1, lett. a), n. 1.1), ha sancito espressamente la validità delle selezioni pubbliche deliberate prima della sua entrata in vigore, precisando che le regole inserite nell’art. 4 della L. 118/2022 (nel testo sostituto dal citato DL n. 131), si applicano “limitatamente alle procedure avviate successivamente” a tale data.

Per completezza si rileva, comunque, che anche diversamente opinando, tale disposizione inibitoria dell’indizione delle selezioni pubbliche si porrebbe in contrasto con il diritto unionale e dovrebbe essere disapplicata, non ponendosi alcun problema di effetti diretti verticali discendenti (dallo Stato al privato), rilevando unicamente la conformazione del diritto interno a quello europeo.

In proposito la ricorrente ha formulato un’ulteriore richiesta di rinvio pregiudiziale al fine di accertare se “gli effetti diretti riconosciuti in capo alle disposizioni della Direttiva 2006/123 (c.d. direttiva Bolkestein) siano suscettibili di applicazione in senso ‘verticale e discendente’ e possano, dunque, essere opposte, da parte dello Stato che non vi abbia dato corretta attuazione, nei confronti di singoli operatori interessati, invece, a far valere in giudizio il quadro normativo di diritto interno”. Tale questione, tuttavia, è superata dalle argomentazioni sopra enunciate e, comunque, risulta privo di interesse concreto in quanto l’indizione delle procedure selettive discende, oltre che dalla contestata applicazione della Direttiva Bolkestein, anche dalla diretta attuazione del (non censurato) art. 49 del TFUE.

Quanto all’invocata applicazione dell’art. 1 del Protocollo Addizionale n. 1 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali secondo cui “Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni” e “Nessuno può essere privato

della sua proprietà se non per causa di utilità pubblica e nelle condizioni prevista dalla legge

e dai principi generali del diritto internazionale”, si rileva che tale disposizione non è invocabile nel caso in questione in cui i beni in questione non sono di proprietà della ricorrente ma dello Stato che legittimamente e doverosamente agisce per garantire che essi siano destinati alla loro funzione pubblica, anche evitando il perpetuarsi di rendite di posizione ai concessionari originari il cui titolo è scaduto.

11) Con il TERZO MOTIVO è stata lamentata l’illegittimità della DGC n. 247 del 21.12.2023 per violazione dell’art. 4 della L. n. 118/2022.

Tale norma, come si è detto in relazione al punto precedente, ha previsto la delega al Governo per la modifica della disciplina delle procedure di affidamento delle concessioni demaniali marittime.

Tra le questioni oggetto della delega legislativa era stata individuata anche la predisposizione di criteri che tenessero in “adeguata considerazione degli investimenti, del valore aziendale dell’impresa e dei beni materiali e immateriali (…)” (comma 2, lettera c) e la “la quantificazione dell’indennizzo da riconoscere al concessionario uscente, posto a carico del concessionario subentrante” (comma 2, lettera i).

Secondo la ricorrente tali previsioni, sebbene contenuti in una delega legislativa non attuata, assurgerebbero a “principi” che il Comune avrebbe dovuto applicare, anche in forza del ritenuto “autovincolo” stabilito dalla DGC n. 247/2023 in merito al rispetto dei criteri contenuti nella normativa nazionale, talché sarebbero illegittime le DGC n. 167/24 e n. 247/24 che non hanno riconosciuto alcun indennizzo per il gestore uscente.

Il motivo è infondato.

Come si è detto in più occasioni (cfr. sopra il punto 9.1), la delega contenuta nel suddetto art. 4 non è stata attuata nei termini previsti, con perdita di effetti della medesima ai sensi dell’art. 76 Cost., cosicché non è possibile ritenere che tale norma mantenga alcuna efficacia, men che meno limitata alle parti gradite alla ricorrente.

Inoltre – e ogni caso - gli invocati “principi” in materia indennitaria non sono previsti dal nostro ordinamento in materia di concessioni di beni demaniali scadute e tale mancanza è stata ritenuta legittima dalla Corte di Giustizia UE, dalla Corte Costituzionale e dal Consiglio di Stato con le pronunce sopra illustrate ai punti 9.6 e 9.7.1.e) (cfr. ex aliis: CGUE, Sez. III, 11.7.2024, in C-598/22, Corte Cost. n. 222/2020 e n. 157/2017; Cons. Stato, sez. VII, 26.2.2025, n. 1704).

12) Con il QUARTO MOTIVO è stata lamentata l’illegittimità della DGC n. 167/2024 r dell’Avviso di gara per violazione dell’art. 37 Cod. Nav, del progetto di attuazione del PUD approvato con DCC n. 79/2015 e per contraddittorietà rispetto alle indicazioni contenute nella DGC n. 167/2024, nella parte in cui, per l’area 11, ha consentito al singolo offerente di rinunciare (in tutto o in parte) all’area comunale in locazione, concorrendo solo per quella demaniale, attribuendo a tale rinuncia 15 punti se parziale o 30 punti se totale (cfr. sopra il punto 5). Tale previsione sarebbe illegittima e sproporzionata.

12.1) Il motivo è, in primo luogo, inammissibile perché non supera la prova di resistenza.

La controinteressata ha conseguito un punteggio complessivo di 74,4 punti a fronte dei 41,8 punti della ricorrente che, anche se conseguisse i 30 punti contestati, non supererebbe il punteggio dell’assegnataria.

12.2) Il motivo è, comunque, infondato.

a) La ricorrente, in primo luogo, ha ritenuto illegittima la stessa possibilità di rinuncia all’area patrimoniale-comunale in quanto lo stabilimento oggetto dell’avviso di gara sarebbe costituito da entrambe le aree la cui presenza imposta dal Progetto di utilizzo comunale delle aree demaniali marittime (c.d. P.U.D. comunale) approvato con DCC n. 79/2015 che, per la zona in questione, all’art. 41 indica graficamente sia le aree demaniali che quelle patrimoniali comunali e all’art. 11.11 stabilisce che “Nel caso lo stabilimento balneare insista in parte su area diversa da quella demaniale marittima, il concessionario della struttura deve stipulare apposito contratto di locazione per detta area con l’ente proprietario”.

L’assunto è infondato.

In primo luogo il PUD disciplina l’utilizzo delle aree demaniali e non degli stabilimenti balneari, con la conseguenza che:

- le relative tavole sono ricognitive della situazione attuale degli stabilimenti esistenti ma non ne prescrivono l’immodificabilità;

- è ben possibile che nella tavola figuri uno stabilimento che sia situato in parte su area demaniale e in parte su area patrimoniale, senza per questo che il PUD imponga di mantenere lo status quo, specie con riguardo ad un’area che non è demaniale;

- la previsione di cui all’art. 11 del PUD che, in caso di stabilimento gravante su area patrimoniale, prevede la stipula di un contratto di locazione, non impone in alcun modo di assegnare unitariamente le aree demaniali insieme a quelle patrimoniali, ma precisa solo il dato ovvio per cui, se queste ultime sono state assegnate, sono soggette ad un contratto di locazione e non di concessione, secondo i principi generali.

Pertanto il Comune, correttamente esercitando la sua discrezionalità, ha ritenuto di incentivare (con l’attribuzione del punteggio premiale contestato dalla ricorrente) i nuovi gestori a concorrere unicamente per l’assegnazione delle aree demaniali, senza con ciò violare il PUD che riguarda tali aree e la cui destinazione turistico ricettiva non è in alcun modo stata intaccata.

Inoltre il punteggio assegnato per l’eventuale rinuncia parziale/totale alle aree in locazione appare proporzionato all’interesse del Comune a riottenere la disponibilità di dette aree per la loro assegnazione a destinazioni maggiormente satisfattive dell’interesse pubblico (nella fattispecie costituito dalla riqualificazione del litorale) e non discriminatorio, atteso che tale previsione ha riguardato plurimi i lotti della selezione e non solo quello oggetto del presente giudizio.

b) Sotto altro profilo, secondo la ricorrente la facoltà di rinuncia alla locazione dell’area comunale contrasterebbe con gli obiettivi previsti dall’art. 37 Cod. Nav. secondo cui “nel caso di più domande di concessione, è preferito il richiedente che offra maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione” e del P.U.D. che favorisce la “appropriata ubicazione ed il dimensionamento delle cabine e di altre opere amovibili onde favorire e recuperare la libera visuale del mare”, obiettivi che sarebbero pregiudicati in caso di riduzione dell’area dello stabilimento alla sola superficie demaniale.

Anche tale censura è infondata perché la rinuncia all’utilizzo dell’area del patrimonio disponibile non impedisce di strutturare uno stabilimento balneare nei 1430 mq di area demaniale, realizzando una proficua utilizzazione della concessione e prevedendo la sistemazione delle cabine in maniera tale da favorire la vista del mare da punti visuali del litorale.

c) La possibilità di rinuncia all’area demaniale non comporta neppure l’indeterminatezza dell’oggetto della procedura che riguarda lo sfruttamento dell’area marittima indicata nell’Avviso, nel quale figura una corposa serie di criteri e subcriteri per l’attribuzione dei punteggi in relazione all’offerta del servizio.

d) L’attribuzione del punteggio per la rinuncia all’area patrimoniale non appare estranea alla finalità di valorizzazione delle aree demaniali ai sensi dell’art. 37 Cod. Nav né sproporzionata.

Rientra nella discrezionalità del Comune la possibilità di incentivare l’ubicazione dei nuovi stabilimenti balneari unicamente sulle aree demaniali e tale operazione ben può avvenire nell’ambito della procedura di assegnazione delle aree in questione. Il Comune avrebbe anche potuto decidere di assegnare solo le aree demaniali, invece ha optato per l’incentivazione di tale scelta con l’attribuzione del punteggio premiale la cui ampiezza appare proporzionata al rilevante interesse pubblico del Comune a rientrare in possesso dell’area in questione utilizzarla più proficuamente, nell’ambito di scelte afferenti al merito amministrativo.

13) Con il QUINTO MOTIVO è stata lamentata l’illegittimità dell’Avviso di gara per violazione dell’art. 37 Cod. Nav, del progetto di attuazione del PUD approvato con DCC n. 79/2015 e degli artt. 3 e 4 della L. n. 118/2022 e dell’art. 1 del DL 131/2024 in ragione della fissazione al 31.12.2027 la scadenza delle concessioni oggetto di assegnazione laddove il DL 131/2024 ha stabilito in 5 anni la durata minima delle concessioni demaniali marittime al fine di consentire l’ammortamento delle attrezzature.

Il motivo non merita accoglimento.

a) Preliminarmente si rileva che il Comune ha affidato le nuove concessioni mediante selezione pubblica predisposta secondo i principi europei e della normativa nazionale con essi compatibile (art 36, 37 e 49 Cod. Nav) e che la durata ridotta a tre anni dei titoli concessori, oltre a non essere vietata da alcuna norma ratione temporis vigente, è stata espressamente motivata con l’esigenza di procedere al completamento dei lavori di riqualificazione del litorale.

b) Ciò precisato la censura è, in primo luogo, inammissibile:

- per difetto di interesse, atteso che la breve durata della concessione potrebbe avvantaggiare i gestori uscenti che, come la ricorrente, dispongono già di gran parte delle attrezzature necessarie per l’allestimento e la gestione dello stabilimento balneare, quindi non dovendo ammortizzare nuove attrezzature in un breve lasso di tempo;

- per genericità, atteso che non è stata dimostrata l’impossibilità di formulare un’offerta sostenibile, specie in considerazione del fatto che la stessa ricorrente ha partecipato alla gara attestando la sostenibilità dei propri investimenti.

c) Il motivo è, comunque, infondato atteso che, contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente, il limite minimo di durata quinquennale concessioni previsto dal DL 131/2024, non costituisce norma di interpretazione autentica, ma ha natura di norma ordinaria valida per unicamente il futuro, come si evince dal fatto che, oltre a mancare qualsiasi riferimento alla natura interpretativa, l’art. 1, comma 1, lett. a), n. 1.1) del dicato Decreto Legge ha riconosciuto espressamente la validità delle selezioni deliberate prima della sua entrata in vigore ed ha precisato che le regole inserite nell’art. 4 della l. 118/2022 (nel testo sostituto dal citato DL n. 131), si applicano “limitatamente alle procedure avviate successivamente” a tale data.

14) Con il SESTO MOTIVO è stata dedotta l’illegittimità degli atti impugnati per violazione dell’art. 3 della L. n. 118/2022 come modificato dal DL 131/2024 perché la gara è stata indetta senza prendere atto della proroga generalizzata della scadenza delle concessioni demaniali marittime al 30.9.2027, come previsto dal recente DL 131/2024.

Il motivo è infondato perché il DL n. 131/2024:

- è entrato in vigore il 16.9.2024, quindi posteriormente all’indizione della gara in questione il cui Avviso è stato pubblicato il 18.7.2024;

- come si è detto sopra in relazione al quinto motivo, fa salve le gare già indette alla data della sua entrata in vigore, come la procedura che ci occupa.

15) Con il SETTIMO MOTIVO del ricorso è stata dedotta l’illegittimità degli atti impugnati in quanto il Comune per altri lotti non ha previsto la rinuncia dell’area appartenente al patrimonio disponibile ed ha previsto un diverso punteggio per i criteri valutativi, con conseguente irragionevolezza e disparità di trattamento.

Il motivo è infondato.

Il Comune ha effettuato discrezionalmente le valutazioni in ordine alle aree del patrimonio disponibile più interessanti sotto il profilo del pubblico interesse, talché legittimamente ha ritenuto di incentivare la rinuncia solo a talune di esse, sulla base di una scelta di merito non sindacabile in assenza di errori di fatto o di profili di macroscopica irragionevolezza.

Inoltre l’invocata disparità di trattamento presuppone l’identità di situazioni in comparazione, mentre nel caso in esame il trattamento difforme è lamentato con riguardo ad un lotto diverso (l’Area 12) che ha ad oggetto beni differenti per posizione, dimensione, importanza commerciale ed interesse del Comune per le relative aree del patrimonio disponibile, con conseguente impossibilità di comparazione omogenea e, dunque, di configurabilità del vizio di disparità di trattamento.

16) Con l’OTTAVO MOTIVO del ricorso è stata dedotta l’illegittimità degli atti impugnati in quanto i criteri valutativi fissati per l’Area 11 sarebbero estranei alla valorizzazione della concessione demaniale.

Il motivo è inammissibile per difetto di interesse in quanto non è stata dimostrata l’incidenza concreta degli atti viziati sulla valutazione dell’offerta della ricorrente.

La censura è, comunque, infondata perché i criteri non appaiono manifestamente irragionevoli.

La criticata attribuzione di un punteggio aggiuntivo per la postazione per i bagnini non è irrazionale, atteso che tale previsione appare utile per aumentare la sicurezza dei bagnanti.

Così anche il punteggio aggiuntivo previsto per la stipula di convenzioni con attività di bar e ristorazione appare razionale nella prospettiva della moderna gestione di uno stabilimento balneare che può offrire un servizio più completo e modulato sulle richieste della clientela se può contare su una rete di imprese specializzate in catering e/o forniture di prodotti edibili al fine di aumentare la qualità del servizio offerto in caso di feste, cene o cerimonie.

Infine l’asserita sproporzione nella quantificazione dei punteggi assegnati a taluni criteri costituisce una censura del tutto generica e, nella misura in cui richiama i criteri dell’art. 4 della L. 118/2022, anche errata, giacché i criteri previsti da tale norma, in seguito al mancato esercizio della delega legislativa, sono divenuti tamquam non essent (cfr. sopra il punto 9.1).

L’esperienza nel settore è stata correttamente valorizzata, pur evitando di attribuire punteggi sproporzionati che avrebbero avuto riflessi negativi sulla possibilità di partecipazione alla gara di altri operatori.

17) Con l’UNICO MOTIVO (dei primi motivi aggiunti) è stata dedotta l’illegittimità degli atti di gara in via derivata dai vizi dedotti con il ricorso Rg 228/2024 (dichiarato improcedibile) e con il ricorso introduttivo di cui in epigrafe.

Il motivo non merita accoglimento in ragione dell’inammissibilità o, comunque, dell’infondatezza dei motivi dedotti con il ricorso introduttivo.

18) Con il PRIMO MOTIVO (dei secondi motivi aggiunti) è stata nuovamente dedotta la censura di cui al quarto motivo del ricorso introduttivo in ordine alla ritenuta illegittimità dell’incentivo a rinunciare all’area del patrimonio disponibile offrendo un progetto relativo alla sola area demaniale. Secondo la ricorrente l’illegittimità di tale previsione sarebbe dimostrata dal fatto che, a parte la controinteressata soc. Fara, tutti gli altri operatori che hanno rinunciato all’area comunale sono stati esclusi non essendo riusciti a formulare un’offerta compatibile con la normativa di settore e con le previsioni del bando.

Il motivo è infondato per le ragioni già espresse in occasione dell’esame del quanto motivo del ricorso introduttivo.

Il fatto che 3 dei 6 candidati per l’area 11 siano stati esclusi dalla gara per avere presentato offerte palesemente errate e inammissibili (come analiticamente illustrato dal Comune nella memoria del 7.2.2025, pagina 14), non dimostra né l’illegittimità della previsione del bando, né l’impossibilità di realizzare nella sola area demaniale un progetto che prescinda dall’utilizzo delle aree comunali in locazione, specie in considerazione del fatto che la citata area demaniale ha una superficie di 1.430 mq (a fronte dei 550 mq dell’area in locazione) con un fronte-mare di oltre 90 metri, dimensioni che appaiono più che sufficienti all’organizzazione di uno stabilimento balneare.

19) Con il SECONDO MOTIVO (dei secondi motivi aggiunti) è stata dedotta la violazione della par condicio in quanto la controinteressata FARA è titolare di un’area retrostante a quella demaniale e sarebbe stata avvantaggiata avendo potuto agevolmente rinunciare all’area in locazione potendo sfruttare l’area di proprietà.

Il motivo è inammissibile per difetto della prova di resistenza in quanto, anche senza i 30 punti aggiuntivi conseguiti per la rinuncia all’area comunale in locazione, la controinteressata sarebbe comunque risultata vincitrice (cfr. sopra il punto 12.1).

La censura è infondata perché non è stato dimostrato il favor verso la controinteressata, perché la sola area demaniale ha una superficie di 1430 metri che non preclude di insediare uno stabilimento balneare.

Inoltre il denunciato “vantaggio competitivo” della controinteressata, in quanto non attribuito dal Comune, non lede la par condicio ma costituisce una circostanza di fatto legittima che consente di predisporre offerte più vantaggiose, non potendosi certamente pretendere che un operatore economico che dispone di condizioni produttive del servizio favorevoli, debba essere penalizzato.

Tale principio è stato recepito anche del vigente Codice dei contratti pubblici (D.lgs. n. 36/2023) secondo il quale che le offerte anormalmente basse possono essere giustificate quando sussista una “economia del processo di fabbricazione … dei servizi” o delle “condizioni eccezionalmente favorevoli di cui dispone l’offerente per … fornire i servizi” (art. 110, comma 3, del D.lgs. n. 36/2023). Tali previsioni, in quanto espressive di un principio generale, sono applicabili anche alle procedure di assegnazione dei contratti attivi costituiti dalle concessioni demaniali marittime.

Pertanto, in difetto di prova del favor per la controinteressata, le condizioni favorevoli di cui disporrebbe la controinteressata costituiscono un vantaggio competitivo legittimo che non si traduce nella lesione della par condicio.

20) Con il TERZO MOTIVO (dei secondi motivi aggiunti) è stata dedotta l’illegittimità della DGC n. 322 del 20.12.2024 e dei successivi atti progettuali relativi al prolungamento della passeggiata a mare Lungomare esuli italiani che il Comune ha ritenuto di situare nell’area comunale in locazione (alla quale l’aggiudicataria soc. Fara ha rinunciato per l’allestimento dello stabilimento balneare), pur potendola localizzare in altro sedime, lasciando intatta l’area in questione.

La ricorrente si duole del fatto che la realizzazione di tale passeggiata nell’area comunale suddetta preclude che essa possa essere destinata in future gare a stabilimento balneare e ciò determinerebbe un vantaggio per la controinteressata in conseguenza del lock-in in favore di quest’ultima “con l’ovvia (quanto inevitabile) conseguenza che, alla scadenza della concessione assentita nell’ambito della procedura in contestazione, non potrà che essere nuovamente Fara ad aggiudicarsene il rinnovo”.

La censura è in primo luogo inammissibile perché la ricorrente pretende di sindacare le scelte discrezionali – e non errate né manifestamente irrazionali – del Comune in merito all’ipotesi di prolungamento della passeggiata lungomare formulata da oltre 20 anni, la cui attuazione è stata avviata dopo l’aggiudicazione della nuova concessione dell’Area 11. La scelta dell’area su cui realizzare l’opera è di esclusiva pertinenza comunale e non è censurabile in giudizio se non per i profili di errore di fatto e di manifesta irrazionalità che non risultano sussistenti nel caso in questione.

Il motivo è inammissibile anche per difetto di interesse in quanto la ricorrente lamenta un pregiudizio futuro ed eventuale connesso alle future gare di assegnazione della concessione dell’area in parola.

La censura è comunque infondata sia perché la scelta dell’area ove ubicare la passeggiata a mare non appare viziata da errore di fatto e da manifesta irrazionalità, sia perché l’area demaniale di 1430 mq consente l’installazione di uno stabilimento balneare anche senza disponibilità di aree retrostanti, circostanza che esclude la sussistenza del prospettato lock-in in favore della controinteressata (salvo il legittimo vantaggio competitivo della controinteressata costituito dal fatto che essa dispone di un’area privata retrostante a quella demaniale, di cui si detto al punto 19).

21) Con il QUARTO MOTIVO (dei secondi motivi aggiunti) è stato lamentato che progetto dell’aggiudicataria Fara trasformerebbe lo stabilimento balneare in una pertinenza dell’Hotel di sua proprietà situato nell’area retrostante alla spiaggia, potendo collocare su tale area retrostante tutte le attrezzature e determinando un utilizzo dello stabilimento balneare in via pressoché esclusiva da parte degli ospiti dell’albergo, come si evincerebbe dal fatto che è stata prevista la riserva di alcuni ombrelloni e lettini anche per gli ospiti dell’hotel, dal fatto che la piscina dell’albergo è stata messa a disposizione dello stabilimento. Tale gestione pregiudicherebbe l’avviamento dello stabilimento e la sua appetibilità per le gare future, realizzando unicamente l’interesse privato della controinteressata e non la “proficua utilizzazione” della concessione, in violazione dell’art. 37 Cod. Nav e con sviamento di potere.

Il motivo è inammissibile per difetto di interesse ove pretende di censurare l’ipotetico e futuro pregiudizio per l’avviamento dello stabilimento balneare.

La censura è, comunque, infondata.

L’offerta ai clienti dell’albergo di accedere allo stabilimento è una politica commerciale legittima, anche perché gli ospiti della struttura in una località balneare richiedono la fruizione di tali servizi.

La messa a disposizione della piscina dell’hotel ai fruitori dello stabilimento balneare costituisce un servizio ulteriore che realizza il miglioramento complessivo dell’offerta, realizzando la proficua utilizzazione dell’area concessa.

Infine l’assenza di cabine collocate sull’area demaniale (stante la loro ubicazione nell’area dell’albergo) riduce l’impatto paesaggistico, favorisce la visibilità del mare da parte dei cittadini e realizza l’obiettivo previsto dall’art. 37, comma 2, Cod. Nav secondo il qual e “al fine della tutela dell'ambiente costiero, per il rilascio di nuove concessioni demaniali marittime per attività turistico-ricreative è data preferenza alle richieste che importino attrezzature non fisse e completamente amovibili”.

22) Con il QUINTO MOTIVO (dei secondi motivi aggiunti) è stato lamentato il difetto dei requisiti minimi di partecipazione in capo a Fara.

L’art. 4 dell’avviso pubblico imponeva la presentazione di una “relazione sulla sostenibilità

economica del progetto presentato (massimo n. 2 pagine o 4 facciate); tale documento dovrà

essere asseverato da un professionista (dottore commercialista)”, mentre la relazione presentata dalla controinteressata sarebbe carente sotto il profilo della descrizione degli investimenti iniziali (stimati in 110.000 euro per acquisto di attrezzature) e dei costi sostenuti e dei ricavi previsti e configurerebbe un’offerta insostenibile che si giustificherebbe solo con la speranza di Fara di aggiudicarsi nuovamente la concessione alla scadenza del triennio di efficacia.

Il motivo è infondato.

L’art. 4 dell’Avviso pubblico ha richiesto la presentazione di una relazione sulla sostenibilità economica del progetto presentato caratterizzata, da un lato, dall’estrema sintesi (lunghezza massima di 2 pagine) ma, dall’altro, dall’asseverazione da parte di un commercialista in ordine alla sostenibilità dei costi.

Nel caso in questione la controinteressata ha presentato la relazione in questione asseverata da un commercialista che ha attestato la sostenibilità economica del progetto.

La relazione della controinteressata ha indicato le spese per investimenti di 110 mila euro per acquisto di attrezzature, ha dato atto della sinergia tra l’attività balneare e quella alberghiera (con riflessi positivi sull’attività economica), contiene la certificazione del commercialista che ha rilevato come dall’analisi dei bilanci consolidati della soc. Fara in comparazione con gli investimenti previsti nella Relazione tecnico illustrativa, il “quadro previsionale per il prossimo triennio 2025-20205-2027 appare dunque idoneo a consentire alla soc. Fara S.r.l. il completo e pieno rientro dell’investimento preventivato, confermando di conseguenza la sostenibilità dell’operazione”.

Tale professionista, in particolare, ha effettuato la certificazione facendo riferimento alle caratteristiche economico-finanziarie desunte “dall'analisi dei bilanci consolidati della società Fara S.r.l.” in comparazione “con gli investimenti esposti dal progettista nella relazione tecnico illustrativa a corredo dell'offerta, il quadro previsionale per il prossimo triennio appare idoneo a consentire alla società Fara S.r.l. il completo è pieno rientro dell’investimento preventivato”.

Il riferimento ai bilanci della controinteressata, per quanto non richiesto dall’Avviso, costituisce un parametro oggettivo significativo in ordine alla capacità economico-finanziaria dell’aggiudicataria, capacità asseverata dal commercialista in relazione agli investimenti previsti e illustrati nella relazione tecnica, richiamata per relationem.

Pertanto la relazione in questione appare rispondente a quanto richiesto con l’art. 4 dell’Avviso.

23) Con il SESTO MOTIVO (dei secondi motivi aggiunti) è stato lamentato l’ulteriore difetto di requisiti minimi di partecipazione in capo a Fara costituito dalla pregressa gestione di stabilimenti balneari.

Il motivo è infondato.

L’art. 2.4 dell’Avviso ha previsto i requisiti di partecipazione costituiti dall’iscrizione alla Camera di commercio e dal possesso di adeguata capacità economico finanziaria comprovata mediante presentazione di adeguata garanzia bancaria.

Tra i requisiti di partecipazione non figura quello della pregressa esperienza della gestione di stabilimenti balneari, in linea con il principio della più ampia partecipazione alla gara.

In ogni caso l’Avviso di gara ha valorizzato l’esperienza nello specifico settore con attribuzione di uno specifico punteggio premiale (Sezione A7 dei criteri) che ha visto prevalere nettamente la ricorrente.

24) Con il SETTIMO MOTIVO (dei secondi motivi aggiunti) è stata dedotta l’assenza di sottoscrizione dell’offerta da parte della controinteressata.

Il motivo è infondato perché le difese del Comune hanno chiarito che gli uffici comunali, nell’esibire gli atti di gara alla ricorrente, per un errore di fotocopiatura non hanno allegato la pagina contenente la sottoscrizione, ma comunque esistente come dimostrato dall’atto poi regolarmente versato in giudizio dal Comune.

25) Con l’OTTAVO MOTIVO (dei secondi motivi aggiunti) è stata lamentata l’omessa sottoscrizione di alcuni verbali di gara da parte di uno dei commissari.

Il motivo è infondato perché i verbali, quantomeno a margine, risultano firmati.

In ogni caso l’assenza di firma di soggetti diversi dal verbalizzante, al più comportano una irregolarità.

26) Con il NONO MOTIVO (dei secondi motivi aggiunti) è stata lamentata l’irrealizzabilità dell’offerta della controinteressata sotto plurimi profili.

i) In primo luogo alcuni degli ombrelloni graficamente rappresentati nell’offerta sarebbero collocati in un’area ove si trovano degli scogli e non la sabbia.

Senonché, come ha chiarito il Comune nelle proprie difese, la fotografia inserita nell’Avviso si riferisce alla stagione invernale quando la spiaggia viene erosa dalle mareggiate ma la civica amministrazione, prima dell’inizio della stagione balneare, effettua un ripascimento che ricostituisce la spiaggia anche nell’area ove vi sono gli scogli, come si evince anche dall’elaborato denominato “Progetto – Planimetria Generale” prodotto dalla stessa ricorrente in sede di partecipazione alla Gara (doc. 5 del Comune depositato il 2.2.2025).

ii) In secondo luogo le cabine e gli ulteriori locali sarebbero realizzati fuori dallo stabilimento nel piano sotto strada, sicché è dubbio che possa essere rilasciato il relativo titolo edilizio.

La censura è inammissibile per genericità e, comunque, è infondata atteso che l’ubicazione delle cabine è prevista in un “piano interrato”, talché dette opere amovibili saranno realizzate all’interno di un volume chiuso, con conseguente assenza di impatto paesaggistico ed assenza di ragioni ostative all’approvazione del relativo intervento.

iii) Infine è stata dedotta l’erronea previsione dell’apertura dello stabilimento balneare fino alle 22 impiegando due bagnini a rotazione.

Senonché la controinteressata ha garantito “l’impiego di due bagnini a rotazione” (pag. 6 della relazione tecnica) da intendersi, in difetto di altre limitazioni, a copertura dell’intero orario di apertura con almeno un bagnino in servizio.

27) Con il DECIMO MOTIVO (dei secondi motivi aggiunti) è stata contestata l’attribuzione di alcuni punteggi asseritamente negati alla ricorrente (per complessivi 8,8 punti) ed erroneamente attribuiti alla soc. Fara (7,6 punti), con la conseguenza che il punteggio corretto dovrebbe essere di 50,6 punti per la ricorrente e di 67,1 per la controinteressata.

È evidente che la ricorrente, anche con tale riformulazione dei giudizi, senza la decurtazione alla controinteressata dei 30 punti assegnati per la rinuncia all’area comunale in locazione, rimarrebbe comunque seconda.

Poiché, tuttavia, il Collegio ritiene legittima l’attribuzione dei 30 punti suddetti alla soc. Fara, il motivo è inammissibile per carenza di interesse giacché anche in caso di suo accoglimento la ricorrente rimarrebbe comunque seconda classificata.

28) Con l’UNDICESIMO MOTIVO (dei secondi motivi aggiunti) è stata dedotta l’illegittimità del provvedimento del 13.1.2025 ingiuntivo dello sgombero dell’area in via derivata dall’illegittimità degli atti presupposti e in via propria per violazione dell’art. 1 del DL n. 131/2024 che ha disposto la proroga dell’efficacia delle concessioni in essere al 30.9.2027.

Il motivo è infondato.

L’invalidità derivata non sussiste, stante l’infondatezza dei motivi dedotti.

Non sussiste neppure l’invalidità propria per contrasto con l’art. 1 del DL n. 131/2024 perché:

- come si è detto, l’art. 1, comma 1, lett. a), n. 1.1), ha sancito espressamente la validità delle selezioni deliberate prima della sua entrata in vigore;

- tale sopravvenuta normativa, come già affermato da questo Tribunale, quantomeno nella parte in cui ha disposto l’ennesima proroga di efficacia delle concessioni demaniali in essere, contrasta con il diritto europeo e, pertanto deve essere disapplicata (T.A.R. Liguria, Sez. I, 14.12.2024 n. 869; 19.2.2025 n. 183; 25.2.2025, n. 199).

29) Conclusivamente il ricorso e i due motivi aggiunti sono infondati e devono essere respinti.

30) Le spese del giudizio sono compensate nei confronti dell’Agenzia del Demanio filiale della Liguria, del Ministero dell'Economia e delle Finanze e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, mentre sono poste a carico della ricorrente nei confronti del Comune resistente e della controinteressata soc. Fara, nella misura liquidata nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso e sui due motivi aggiunti, come in epigrafe indicati, previa estromissione dal giudizio dell’Agenzia del Demanio-filiale della Liguria, del Ministero dell'Economia e delle Finanze e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, li respinge.

Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio nei confronti del Comune resistente e della controinteressata soc. Fara che liquida nella somma complessiva di euro 6.500, con le maggiorazioni per spese generali (15%), cassa avvocati ed Iva (come per legge), mentre compensa le spese nei confronti dell’Agenzia del Demanio filiale della Liguria, del Ministero dell'Economia e delle Finanze e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso a Genova nella camera di consiglio del giorno 11 febbraio 2025 con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Caruso, Presidente

Marcello Bolognesi, Referendario, Estensore

Nicola Pistilli, Referendario