Il presente contributo rappresenta una rielaborazione della tesina presentata nell’ambito della IV Edizione (a.a. 2023/2024) del Master Universitario di II° livello Teoria e Management degli Appalti Pubblici (TEMAP) presso la Libera Università Maria Ss. A

CAPITOLO I - Il principio di auto-organizzazione amministrativa. Analisi - 1. Il nuovo Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. del 31 marzo 2023, n. 36: ragioni, struttura e [in particolare] i principi; 2. Il principio di auto-organizzazione amministrativa: l’art. 7 del d.lgs. n. 36/2023; 2.1 Segue. L’auto-produzione: in house providing; 2.2 Segue. La cooperazione tra stazioni appaltanti o enti concedenti. Brevi cenni. CAPITOLO II - L’auto-produzione. In specifico gli affidamenti [diretti] alle società in house - 1. La società in house: brevi cenni sull’evoluzione del fenomeno; 1.1 Segue. La posizione della giurisprudenza comunitaria e nazionale; 1.2 Segue. Il panorama normativo; 1.3 Segue. Classificazione delle società in house. Cenni.; 1.4 Segue. La proposta di [linee guida] ANAC, il parere del Consiglio e la posizione delle autorità indipendenti; 2. Le condizioni per l’affidamento diretto in house: la motivazione, il controllo analogo, la partecipazione privata minoritaria e il requisito dell’attività prevalente; 3. In house e contestazione in giudizio. Cenni; 4. La responsabilità amministrativa e contabile per le in house: il ruolo della Corte dei Conti e la posizione della Corte di Cassazione; CAPITOLO III - In house providing nell’era del risultato. Riflessioni conclusive. - 1. Risultato, fiducia e accesso al mercato: i super principi del nuovo Codice; 2. Focus: dalla buona amministrazione all’era del risultato; 3. L’in house providing nell’era del risultato: tra discrezionalità, concorrenza ed efficacia del risultato. Riflessioni conclusive.

 

 

 

CAPITOLO I

Il principio di auto-organizzazione amministrativa. Analisi.

 

1. Il nuovo Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. del 31 marzo 2023, n. 36: ragioni, struttura e [in particolare] i principi[1]  

Ai sensi del comma 4 dell’articolo 1 della legge n. 78/2022 il Presidente del Consiglio dei Ministri ha affidato al Consiglio di Stato la redazione del nuovo Codice dei contratti pubblici, obiettivo, questo, previsto nell’ambito dell’attuazione degli interventi legali al PNRR. Per lo scopo è stata costituita una apposita commissione speciale[2]. Il nuovo Codice[3] si compone di 229 articoli ordinati in 5 libri corredati da ben 38 allegati[4]. L’uso degli allegati rappresenta un innovativo strumento di delegificazione finalizzato a corrispondere al Codice natura autoconclusiva, o autoesecutiva o per meglio dire autoapplicativa, senza quindi operare rinvii a ulteriori provvedimenti attuativi come fatto in passato. È necessario evidenziare fin da subito che, a distanza di due anni dall’entrata in vigore del Codice, lo scorso 31 dicembre 2024 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale dello Stato il d.lgs. n. 209/2024[5] che integra e modifica la disciplina dei contratti pubblici. È ampiamente noto come tale materia sia legata a doppio filo al diritto comunitario il quale contiene disposizioni generali e di dettaglio che, direttamente o indirettamente, contribuiscono alla definizione della politica europea in materia di contrattualistica pubblica. La disciplina italiana, come quella degli altri Stati membri, quindi, si è dovuta progressivamente adeguare negli anni alle direttive emanate a livello comunitario. Per esigenze redazionali, in questa sede non si tratterà dell’evoluzione della disciplina, ma preme sottolineare come, in ragione di tale legame, la giurisprudenza comunitaria abbia influito nel corso degli anni sulle posizioni del legislatore interno nonché dei giudici nazionali.

A differenza del Codice del 2016, che non conteneva una parte specificatamente dedicata ai principi generali della disciplina, il Codice del 2023 dedica, invece, il Titolo I, Parte I del Libro I alla codificazione dei principi alla base della materia dei contratti pubblici. Nella cultura giuridica moderna, in mancanza di disposizioni precise o in presenza di lacune nel diritto, la dottrina così come la giurisprudenza, hanno con frequenza fatto ricorso all’uso dei principi per sostenere una tesi, per fondare una decisione, così come per giustificare la prevalenza di una regola o di una norma sull’altra[6]. La letteratura sul ruolo dei principi nel diritto è ampia e alla stessa si rimanda per una sua puntuale analisi, in questa sede, invece, preme prioritariamente soffermarsi su alcuni elementi utili a comprendere il ricorso agli stessi operato dal legislatore nella sua attività di riordino e aggiornamento della disciplina sui contratti pubblici. In generale, si ricorda che il complesso delle norme relative ad una specifica disciplina presuppone l’esistenza alla base di valori, di scelte politiche, di idee di giustizia, pertanto potremmo in prima battuta definire i principi come quell’insieme di norme che incorporano tali valori, sentimenti di giustizia e decisioni politiche[7]. I principi assumono pertanto un peso, ovvero un ruolo, particolare e specifico per la decisione di un caso, così come rappresentano la chiave di lettura per interpretare e applicare altre norme, ricoprono quindi la funzione di norme fondamentali che rivestono speciale importanza tanto da apparire caratterizzanti dell’ordinamento ed essenziali alla sua fisionomia assiologica[8]. Sul tema si è espressa anche la Corte costituzionale che nell’operare una distinzione tra regole generali e principi afferma che a differenza delle regole generali, che sono quelle sorrette, in relazione al loro contenuto, da esigenze unitarie, i principi sono quelli i quali, pur sorretti da esigenze unitarie, non esauriscono in sé stessi la loro operatività, ma informano, diversamente dalle prime, altre regole, più o meno numerose[9]. I principi, pertanto, hanno forza pari a quella delle singole regole generali, il loro contenuto integra quel parametro di legalità alla base dell’azione amministrativa, questo perché la funzione primaria dei principi sta nel condizionare le regola del diritto positivo fino a riempirla di contenuti di senso valoriale.

In questa direzione ha mosso i propri passi il legislatore del nuovo Codice che come detto poc’anzi si è fatto carico di delineare i [nuovi[10]] principi alla base della disciplina qui in esame. Come ricorda il Consiglio di Stato, poi, la caratteristica di un codice è la sua tendenza a costituire un sistema normativo[11] nel quale “i principi rendono possibile la comprensione delle singole parti connettendole al tutto e rendono intellegibile il disegno armonico, organico ed unitario sotteso rispetto alla frammentarietà delle parti [...] I principi generali di un settore esprimono, infatti, valori e criteri di valutazione immanenti all’ordine giuridico, che hanno una “memoria del tutto” che le singole e specifiche disposizioni non possono avere, pur essendo ad esso riconducibili. I principi sono, inoltre, caratterizzati da una prevalenza di contenuto deontologico in confronto con le singole norme, anche ricostruite nel loro sistema, con la conseguenza che essi, quali criteri di valutazione che costituiscono il fondamento giuridico della disciplina considerata, hanno anche una funzione genetica [nomogenetica] rispetto alle singole norme[12]”. I principi completano l’ordinamento giuridico e garantiscono la tutela di interessi che altrimenti non troverebbero adeguata sistemazione nelle singole disposizioni. Venendo all’articolato normativo in esame, ad esempio, il [nuovo] principio del risultato[13] è destinato ad operare sia come criterio prioritario di bilanciamento con altri principi nell’individuazione della regola del caso concreto sia, insieme con quello della fiducia[14], come criterio interpretativo delle singole disposizioni codicistiche. I principi, pertanto, assurgono al ruolo di attrezzi del mestiere per il giurista-interprete[15]. Il legislatore ha voluto quindi utilizzare norme-principio per risolvere incertezze interpretative o per recepire indirizzi giurisprudenziali ormai divenuti diritto vivente[16].  In un settore complesso come quello dei contratti pubblici in cui, spesso, la presenza di una disciplina rigida e di dettaglio creava incertezze, ritardi e inefficienze, con la codifica dei principi si è voluto favorire la libertà di iniziativa e l’auto-responsabilità alle stazioni appaltanti, così come, più in generale, rafforzare autonomia e discrezionalità[17] delle amministrazioni. Ed ancora, l’introduzione dei principi, come riportato nella Relazione illustrativa al Codice, contribuisce a: a) ribadire che la concorrenza è uno strumento il cui fine è realizzare al meglio l’obiettivo di un appalto aggiudicato ed eseguito in funzione del preminente interesse della committenza; b) accentuare e incoraggiare lo spazio valutativo e i poteri di iniziativa delle stazioni appaltanti, per contrastare, in un quadro di rinnovata fiducia verso l’azione dell’amministrazione, il fenomeno della c.d. burocrazia difensiva[18] che può generare ritardi o inefficienze nell’affidamento e nell’esecuzione dei contratti[19]. Nel contesto appena delineato trova spazio l’innovativa introduzione dei principi del risultato, della fiducia e dell’accesso al mercato i quali, oltre a segnare un cambio di passo rispetto al passato, vengono espressamente richiamati come criteri di interpretazione delle altre norme del Codice[20] tanto da essere definiti super principi[21].

 

2. Il principio di auto-organizzazione amministrativa: l’art. 7 del d.lgs. n. 36/2023

Tra le novità che caratterizzano il nuovo Codice dei contratti pubblici, posto di assoluto rilievo occupa la scelta del legislatore di individuare i principi che regolano l’intera materia. Il legislatore, nel codificare detti principi, ha voluto riservare uno spazio preciso al principio di auto-organizzazione amministrativa[22] disciplinato all’art. 7[23] del decreto legislativo in argomento a mezzo del quale,  ricalcando quando disposto all’articolo 2[24] della direttiva UE 2014/23, al comma 1, recepisce il principio di libera amministrazione delle autorità pubbliche, individuando nello specifico le tre differenti e alternative modalità di affidamento dei contratti nelle disponibilità delle amministrazioni pubbliche, ossia: auto-produzione; esternalizzazione; cooperazione con altre pubbliche amministrazioni. Invero, l’articolo 7 del nuovo Codice riprende quanto già disciplinato all’articolo 5 e all’articolo 192 del Codice del 2016. Seppur le due formulazioni non sono significativamente difformi[25], è necessario sottolinearne la diversa portata. Per ben comprendete l’intento riformatore del legislatore del 2023 è necessario operare un confronto tra le due disposizioni. L’articolo 5 del vecchio codice, rubricato“Principi comuni in materia di esclusione per concessioni, appalti pubblici e accordi tra enti e amministrazioni aggiudicatrici nell’ambito del settore pubblico trovava collocazione all’interno dell’articolato normativo al Titolo II della Parte I dedicata ai contratti esclusi, in tutto o in parte, diversamente l’articolo 7 del Codice del 2023, rubricato “Principio di auto-organizzazione amministrativa, viene collocato dal legislatore nella Parte I del Codice, che tratta ed elenca i principi alla base della disciplina. Tale diversa collocazione fornisce una nuova chiave di lettura del principio; se nel 2016 lo scopo del legislatore era quello di individuare una disciplina derogatoria per gli affidamenti di contratti di lavori, servizi e forniture a società in house e per la conclusione di accordi di cooperazione tra amministrazioni aggiudicatrici ed enti concedenti, nel 2023 non sembra confermarsi tale impianto derogatorio avendo il legislatore collocato la disposizione nella parte dei principi[26], pertanto la norma potrà essere letta in senso teleologico ed estensivo, e non solo letterale e restrittivo come nel vecchio codice, con la conseguenza di prefigurare margini più ampi per il ricorso, ad esempio, all’autoproduzione, che qui interessa. La portata innovativa dell’articolo 7, pertanto, risiede proprio nella rafforzata autonomia posta in capo alle stazioni appaltanti nell’individuare le forme ritenute più idonee per affidare contratti pubblici.

Come ricorda lo stesso Consiglio di Stato nella Relazione illustrativa, la codificazione del principio di auto-organizzazione amministrativa garantisce un maggiore allineamento del diritto nazionale all’ordinamento comunitario che pone l’auto-produzione e l’esternalizzazione su un piano di tendenziale parità. Il legislatore, infatti, fa proprio l’orientamento della Corte di Giustizia che, nell’esprimersi sui dubbi di compatibilità comunitaria sollevati dal Consiglio di Stato[27], ha evidenziato come la direttiva UE del 2014 “… non ha privato gli stati membri della libertà di privilegiare una modalità di prestazione dei servizi, di esecuzione di lavori o di approvvigionamento di forniture a scapito delle altre”[28].

 

2.1 Segue. L’auto-produzione: in house providing

Nel recepire l’ormai pacifico[29] principio di auto-organizzazione amministrativa di cui si è detto sopra, il legislatore non ha perso l’occasione per affrontare un tema assai dibattuto, in giurisprudenza così come in dottrina, ossia l’auto-produzione o in house providing. In questa sede proveremo a delineare il perimetro entro il quale il legislatore ha voluto disciplinare il ricorso all’auto-produzione mediante l’affidamento di contratti a società in house, rimandando alcuni argomenti di dettaglio al successivo capito secondo. Il comma 2 dell’articolo 7 in esame, in ragione dell’autonomia organizzativa per l’affidamento dei contratti di cui si è detto poc’anzi, dispone che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono affidare direttamente a società in house lavori, servizi o forniture, nel rispetto dei principi di cui agli articoli 1 [risultato], 2 [fiducia] e 3[accesso al mercato] del Codice. La scelta tra ricorso all’auto-produzione o ricorso al mercato posta in capo all’amministrazione procedente presuppone un bilanciamento tra principi ed in particolare tra quello di auto-organizzazione amministrativa e i principi del risultato, della fiducia e dell’accesso al mercato[30]. Ne discende che l’amministrazione che decida di ricorrere all’auto-produzione, o in house, deve fondare la propria scelta [discrezionale] motivandola su ragioni legate al caso concreto e alle caratteristiche delle prestazioni da affidare. In questo senso, se si pensa, come detto, che il principio del risultato debba essere necessariamente rispettato [anche] nei casi di affidamento in auto-produzione, allora non può che essere essenziale e centrale per le stazioni appaltanti definire puntualmente il caso concreto, per la cui individuazione il principio del risultato costituisce criterio guida[31]

L’articolo in esame dispone al comma secondo che: “Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti adottano per ciascun affidamento un provvedimento motivato in cui danno conto dei vantaggi per la collettività, delle connesse esternalità e della congruità economica della prestazione, anche in relazione al perseguimento di obiettivi di universalità, socialità, efficienza, economicità, qualità della prestazione, celerità del procedimento e razionale impiego di risorse pubbliche […]”. Tale formulazione non è molto dissimile da quella proposta all’articolo 192[32] del codice del 2016, pertanto, a parere di una parte della dottrina si ripropongono i non semplici interrogativi che la disposizione ha posto sul piano interpretativo e applicativo[33]. Sulla motivazione del provvedimento si rimanda al successivo capitolo, in questa sede, invece, proveremo ad esaminare la disposizione provando ad indagare la ratio della norma. Motivare è obbligo alla base dell’azione amministrativa e vale per ogni provvedimento ai sensi dell’articolo 3[34] della l. n.241/1990. La ragione della norma sta nella necessità di collegare l’azione dell’amministrazione a fatti di cui si deve dar conto, anche in relazione agli obiettivi e agli scopi della pubblica amministrazione. Il legislatore nel primo periodo del comma 2 dell’articolo 7 impone alle stazioni appaltanti il perseguimento di diversi obbiettivi quali: universalità, socialità, efficienza, economicità, qualità della prestazione, celerità del procedimento e razionale impiego di risorse pubbliche. Tralasciando per il momento universalità e socialità, che hanno carattere sociale, tutti gli altri efficienza, economicità, qualità della prestazione, celerità del procedimento e razionale impiego di risorse pubbliche rinviano a grandezze misurabili tanto da poter essere definiti a carattere prettamente economico. La sterminata letteratura[35] sul tema del principio di economicità della pubblica amministrazione stabilisce che per economicità si debba intendere il rapporto tra risorse impiegate (imput) e prodotto finale (output). Per efficienza, invece, potremmo indicare la capacità del prodotto finale (output) di generare un impatto positivo, ovvero valore sociale o esternalità positive[36]. Tutti gli altri obiettivi qualità della prestazione, celerità del procedimento e razionale impiego di risorse pubbliche possono essere anch’essi misurati. È noto come il raggiungimento dell’economicità dell’azione, intesa come sopra, potrebbe comunque non consentire il raggiungimento dell’efficienza, ossia impatti positivi e valore sociale per la comunità di riferimento. L’efficienza, pertanto, possiede anche carattere sociale, in quanto consente di raggiungere risultati ulteriori.

Poc’anzi, nella sommaria classificazione degli obbiettivi indicati dalla norma ne abbiamo individuati alcuni a carattere sociale universalità e socialità, ai quali, per le ragioni appena descritte, possiamo aggiungere anche l’efficienza. Il legislatore, quindi, nella formulazione dell’articolo 7, comma 2 del nuovo Codice, nell’elencare gli obiettivi da perseguire per addivenire all’auto-produzione, e quindi all’affidamento di contratti a società in house, delinea una sorta di ordine di preferenza, ponendo in apertura universalità, socialità e, a questo punto, efficienza. Facendo nostre le parole[37] di attenta dottrina, ciò ci “consente di isolare una regola per il bilanciamento degli obiettivi in virtù della quale la scelta dell’affidamento dell’appalto o della concessione ad una società in house risulta conforme alla norma sicuramente quando la scelta è in grado di raggiungere l’efficienza”. Posta tale lettura, le stazioni appaltanti dovranno verificare e dimostrare il soddisfacimento dell’efficienza e se sia possibile in contemporanea il soddisfacimento degli altri obbiettivi, in tali casi la scelta dell’in house sarà corretta, in alternativa, alcuni obiettivi potranno essere in parte sacrificati, però, nella sola misura necessaria per il perseguimento dell’efficienza.

Lo sparti acque tra auto-produzione e ricorso al mercato è contrassegnato, quindi, nell’individuazione nel caso concreto di esigenze che vanno al di là della prestazione considerata nel loro profilo strettamente economico e quindi esigenze che non possono essere soddisfatte se non con la creazione, attraverso l’affidamento in house, di un valore sociale aggiunto per la collettività. Ciò detto, in merito ai fatti che la stazione appaltante dovrà tenere conto nella motivazione dell’atto, ossia vantaggi per la collettività, le connesse esternalità e la congruità economica della prestazione, se per i primi due si potrà facilmente dimostrate il raggiungimento del valore sociale per il tramite dell’efficienza, nel senso sopra descritto, per la congruità, invece, non si potrà procedere ad un solo giudizio di convenienza economica basato sul raffronto tra il prezzo della società in house e prezzo di mercato, ma si dovrà necessariamente procedere ad una valutazione anche e soprattutto in termini di valore sociale che l’affidamento in house potrà generare.

Procediamo ora alla disamina del secondo e terzo periodo dell’articolo 7, comma 2 che dispongono testualmente: “[…] In caso di prestazioni strumentali, il provvedimento si intende sufficientemente motivato qualora dia conto dei vantaggi in termini di economicità, di celerità o di perseguimento di interessi strategici. I vantaggi di economicità possono emergere anche mediante la comparazione con gli standard di riferimento della società Consip S.p.a. e delle altre centrali di committenza, con i parametri ufficiali elaborati da altri enti regionali nazionali o esteri oppure, in mancanza, con gli standard di mercato”. Il legislatore ha voluto operare una distinzione nei casi in cui l’oggetto del contratto da destinarsi all’auto-produzione sia riferito a prestazioni strumentali. Il Codice non riporta una definizione di tali prestazioni, ma notoriamente si definiscono strumentali quelle prestazioni necessarie per lo svolgimento dei compiti e delle funzioni attribuite all’ente; pertanto non rileva la necessità di riferire in termini di socialità o vantaggi per la collettività nell’ambito della motivazione alla base della scelta. L’onere motivazionale, in tali casi, diviene meno gravoso in quanto la stazione appaltante dovrà dare atto in motivazione dei soli fatti legati all’economicità, celerità e perseguimento di interessi strategici, senza alcun riferimento all’efficienza e quindi all’ulteriore vantaggio sociale[38]. L’intento del legislatore di operare tale semplificazione appare chiara quando riporta nella norma che i vantaggi in parola possono essere dimostrati “mediante la comparazione con gli standard di riferimento della società Consip S.p.a. e delle altre centrali di committenza, con i parametri ufficiali elaborati da altri enti regionali nazionali o esteri oppure, in mancanza, con gli standard di mercato”.

Preme sottolineare come la nuova disciplina contenuta nell’articolo 7 riprenda in parte quanto disciplinato all’articolo 10, comma 3[39] del d.l. n. 77/2021. Quest’ultima disposizione semplificava l’onere motivazionale stabilito dall’articolo 192, comma 2 del Codice del 2016 in ordine alla congruità economica, prevedendo che la stessa dovesse avere riguardo dell’oggetto e del valore della prestazione, nonché dei risparmi di tempo e di risorse economiche emersi dalla comparazione con gli standard di riferimento della società Consip S.p.A. e delle centrali di committenza regionali. Il legislatore del 2023 all’atto di delineare la disciplina degli affidamenti in house nel nuovo Codice ha voluto dare continuità a tale misura di semplificazione.

Da ultimo, al comma 3[40] dell’articolo 7, è stata operata un’ipotesi di esclusione dell’applicazione della disciplina in esame mediante il rinvio al d.lgs. n. 201/2022 in relazione all’affidamento di servizi locali di interesse economico generale, pertanto si ritiene che la disciplina in esame trovi applicazione agli affidamenti di appalti e concessioni sia sopra che sottosoglia, nei settori ordinari e in quelli speciali, ad eccezione di quelli aventi ad oggetto servizi di interesse economico generale di livello locale. Parte della dottrina[41], ha intravisto nella nuova formulazione di cui all’articolo 7 un ritorno al passato in termini di piena autonomia delle stazioni appaltanti e degli enti concedenti in materia di impiego dell’auto-produzione; invero la disposizione propone certamente una rivisitazione della materia, ma, senza discontinuità con il passato in merito all’obbligo di motivare, alla luce di dati tecnici ed economici, le ragioni che hanno portato la stazione appaltante alla scelta dell’affidamento in house escludendo la soluzione esterna. Sul punto si forniranno ulteriori dettagli ed approfondimenti nel proseguo della trattazione.

 

2.2 Segue. La cooperazione tra stazioni appaltanti o enti concedenti. Brevi cenni.

Passiamo ora all’esame della deroga alle regole dell’evidenza pubblica indicata al comma 4 dell’articolo 7, che disciplina nello specifico i casi in cui l’oggetto del contratto sia la cooperazione tra stazioni appaltanti o enti concedenti volta al perseguimento di obiettivi di interesse comune[42]. Invero la disposizione in argomento non rappresenta una vera e propria innovazione nell’ambito della disciplina sulla contrattualistica pubblica in quanto già il codice del 2016 prevedeva al comma 6[43] dell’articolo 5 la disapplicazione dell’evidenza pubblica nei casi di cooperazione; inoltre, come noto, la disciplina degli accordi tra soggetti pubblici è un istituto già previsto in passato all’articolo 15[44] della l. n. 241/1990. Ciò detto, nel novellare la disposizione che qui interessa, il legislatore del 2023 ha indicando in maniera tassativa i limiti entro i quali gli accordi di cooperazione possono essere conclusi affinché possa ritenersi legittima la disapplicazione delle disposizioni del Codice e per farlo ha fatto proprio l’orientamento giurisprudenziale venutosi a formare negli anni in sede comunitaria e nazionale, nonché dei pareri resi da ANAC. Nella nuova formulazione, il comma 4 dell’articolo 7 dispone chiaramente che: i) la cooperazione può essere avviata tra stazioni appaltanti o enti concedenti anche con competenze diverse[45]; ii) la cooperazione comporta la partecipazione di tutte le parti allo svolgimento di compiti funzionali all’attività di interesse comune, senza alcun rapporto sinallagmatico; iii) la cooperazione non deve tendere alla realizzazione della missione istituzionale di una sola delle amministrazioni aderenti; iiii) i soggetti partecipanti all’accordo di cooperazione devono svolgere sul mercato aperto meno del 20% delle attività interessate alla cooperazione. Dunque nell’accordo di collaborazione è di particolare importanza il requisito dell’interesse comune delle pubbliche amministrazioni coinvolte e deve sussistere una effettiva condivisione di compiti e di responsabilità, ciò a distinguere dalla situazione che si avrebbe in presenza di un contratto a titolo oneroso in cui solo una delle due parti svolge la prestazione pattuita mentre l’altra assume l’impegno della remunerazione[46]. Sulla distinzione tra cooperazione ad appalto si è espresso anche il giudice del Lussemburgo che in una pronuncia del 2012[47], nel tracciare la linea di demarcazione tra i due istituti, riporta che i “contratti che istituiscono una cooperazione tra enti pubblici finalizzata a garantire l’adempimento di una funzione di servizio pubblico comune a questi ultimi, le norme del diritto UE non sono applicabili sempre che ricorrano, cumulativamente, le seguenti condizioni: a) tali contratti siano stipulati esclusivamente tra enti pubblici, senza la partecipazione di una parte privata; b) nessun prestatore privato può beneficiare di in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti; c) la cooperazione da essi istituita è il frutto di considerazioni ed esigenze connesse al perseguimento di obiettivi d’interesse pubblico”. Lo stesso Giudice ha inoltre chiarito che gli accordi tra pubbliche amministrazioni devono necessariamente riferire ad attività “non deducibili in contratti di diritto privato[48], pertanto, qualora una delle parti dell’accordo “si ponesse come un operatore economico prestatore di servizi e verso un corrispettivo, anche non implicante il riconoscimento di un utile economico, ma solo il rimborso dei costi, non si potrà parlare di cooperazione tra enti pubblici per il perseguimento di funzioni di servizio pubblico comune, ma di uno scambio tra i medesimi[49].

Anche il giudice amministrativo nazionale[50] ha riconosciuto la sussistenza di un accordo di cooperazione, in tutte le ipotesi in cui il rapporto è ispirato al perseguimento di un interesse pubblico comune e non all’acquisizione di prestazioni astrattamente reperibili presso soggetti privati[51]. Dello stesso parere ANAC[52] che, in adesione agli orientamenti giurisprudenziali appena richiamati, ha chiarito che le direttive europee sugli appalti pubblici vanno applicate in coerenza con gli obiettivi ad esse sottesi, ovvero laddove le amministrazioni aggiudicatrici e le stazioni appaltanti debbano affidare contratti relativi ad attività economicamente contendibili; ne consegue, pertanto, che nel caso degli accordi di cooperazioni, aventi finalità di disciplinare attività non deducibili in contratti di diritto privato, le direttive non trovino applicazione.

 

 

CAPITOLO II

L’auto-produzione. In specifico gli affidamenti [diretti] alle società in house

 

1. La società in house: brevi cenni sull’evoluzione del fenomeno 

La società pubblica rappresenta una contraddizione in termini, un ossimoro: uno soggetto al contempo privato e pubblico. Una figura anfibologica caratterizzata da veste privatistica e sostanza pubblicistica[53]. Tale doppia natura è all’origine di tutte le questioni problematiche che, come vedremo, ne rendono difficile lo studio e l’individuazione della disciplina applicabile[54]. L’ordinamento interno, poi, individua diverse tipologie di società pubbliche, disciplinate da principi differenti e da diritti speciali; pertanto le società a partecipazione pubblica non sono riconducibili ad una categoria unitaria[55]. Uno degli aspetti che incide maggiormente e che varia in modo più significativo tra le diverse tipologie di società pubbliche è la relazione tra socio e società. È questo il caso della società in house ove il socio [pubblico] esercita sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi interni, tanto da configurare la società come soggetto strumentale e servente rispetto alle finalità del socio[56]. L’in house, al pari di altri istituti che riguardano l’intervento pubblico nell’economia, è stato caratterizzato nel corso del tempo da un andamento sinusoidale[57], ma nonostante l’ordinamento abbia posto limiti sostanziali e oneri procedurali di vario tipo all’uso di tale modello, le società in house hanno mantenuto nell’economia, soprattutto a livello locale[58], un ruolo centrale. La possibilità per le pubbliche amministrazioni di gestire internamente attività o servizi senza interrogare il mercato ha iniziato a trovare ostacoli quando gli operatori economici hanno cominciato a sollevare dubbi circa la legittimità di tali procedure, tant’è vero che il concetto di in house, così come lo conosciamo oggi, è da ricercare nelle risultanze dei contenziosi tra privati e pubbliche amministrazioni e quindi nella giurisprudenza nazionale e sovranazionale, che, come si vedrà più avanti, ha nel tempo legittimato, ma anche limitato, l’affidamento di contratti da parte delle pubbliche amministrazioni a soggetti che non possono definirsi terzi rispetto ad essi in deroga alle procedure ad evidenza pubblica e quindi dei principi europei di concorrenza e massima trasparenza. Dopo un lungo periodo di ascesa, dal 1999, il fenomeno degli affidamenti in house, a partire dal 2020, è stato oggetto di una parabola discendente tanto da essere considerata una possibilità marginale, residuale e quasi sconsigliata[59] a cui ricorrere. Solo recentemente, sulla scia della legislazione conseguente al PNRR, della legge annuale sulla concorrenza[60], in attuazione della quale è stata approvata la disciplina in materia di servizi pubblici a rilevanza economica[61], e del nuovo Codice dei contratti pubblici[62] il fenomeno dell’in house, o per meglio dire dell’auto-produzione, è tornato di grande interesse come valido modello di auto-organizzazione amministrativa.

 

1.1 Segue. La posizione della giurisprudenza comunitaria e nazionale

Come per altri istituti, anche il tema degli affidamenti in house [o dell’auto-produzione] è stato affrontato prima in sede giurisprudenziale e solo successivamente in sede legislativa. Pertanto, senza pretesa di esaustività, nel proseguo si tenterà di ricostruire i tratti essenziali di alcune delle pronunce più significative, comunitarie e nazionali, intervenute in materia al fine di restituire una fotografia dello stato attuale dell’in house in Italia. I primi riconoscimenti in sede comunitaria risalgono agli anni 2000. In un primo momento l’attenzione del giudice europeo verteva sulla legittimità o meno degli affidamenti in house in deroga alle direttive sugli appalti pubblici ed eventualmente in quale caso ciò fosse possibile. Con due sentenze[63] storiche i Giudici comunitari hanno positivizzato il fenomeno nei casi in cui: l’ente aggiudicatario del contratto svolge sul soggetto affidatario un controllo analogo[64] e, al contempo, quest’ultimo presti la propria attività [prevalentemente] nei confronti dell’ente che lo controlla. Una volta legittimato, come sopra detto, il ricorso all’in house è diventato uno strumento diffusamente utilizzato e l’attenzione del Giudice del Lussemburgo si è spostata sulle caratteristiche per individuare l’in house, sui requisiti necessari per realizzarlo[65], sui gli ambiti applicativi e sul rapporto tra in house e altre forme di affidamento. Con una pronuncia[66] del 2020 la Corte di Giustizia Europea ha ammesso il ricorso ad un contratto in house da parte di una pubblica amministrazione nei casi in cui la stessa è in grado di accertare l’impossibilità di perseguire il risultato atteso tramite gara pubblica e di dimostrare i benefici per la collettività a seguito dell’affidamento diretto in auto-produzione. Sempre recentemente, il Giudice europeo ha dichiarato ammissibile l’in house a favore di altri[67], ovvero il trasferimento tramite un accordo pubblico ad altra amministrazione della competenza di affidare in house un servizio che vada a favore di tutti gli aderenti all’accordo, benché gli effettivi beneficiari dell’accordo non abbiano in concreto alcun controllo analogo o quota di partecipazione nella società affidataria.

In ambito nazionale il tema degli affidamenti in house è stato portato all’attenzione della Corte costituzionale attraverso l’impugnazione delle norme statali e regionali che limitavano, ampliavano o restringevano la libertà di iniziativa economica o la libera concorrenza sul mercato, imponendo all’amministrazione o agli operatori economici oneri più gravosi di quelli ammessi dalla Costituzione e dalle norme europee[68]. Diverse sono le decisioni del giudice costituzionale in materia. Tra queste, nel 2020, la Corte[69] ha riconosciuto, a distanza di vent’anni dalle pronunce del giudice europeo[70], che l’affidamento diretto in house è un istituto eccezionale da sfavorire rispetto al ricorso al mercato e quindi alle procedure in regime concorrenziale, fino a legittimare l’onere motivazionale più stringente posto in capo alla pubblica amministrazione procedente nei casi di ricorso allo stesso. La residualità della scelta in favore dell’in house rispetto alle altre modalità di affidamento di contratti pubblici, con il conseguente obbligo per le pubbliche amministrazioni di osservanza dei criteri e dei presupposti che la normativa e la giurisprudenza richiedono per giustificarne la scelta, è confermata anche in altre e successive pronunce[71]. Tale posizione è stata in parte criticata[72] in quanto, se da un lato, si bacchettavano le pubbliche amministrazioni colpevoli di abusare dello strumento, dall’altra parte, si riconosceva il ruolo centrale di tale istituto nel panorama degli affidamenti di prestazioni, ruolo, però, ingombrante e per tale motivo da disincentivare ponendo paletti ed oneri sempre più gravosi al suo utilizzo. Mentre la Corte di Giustizia Europea e la Corte costituzionale, in ragione del loro ruolo, hanno concentrato la loro attività sulla legittimità o meno della scelta nel verso dell’auto-produzione, la giurisprudenza del Consiglio di Stato e dei TAR, invece, ha giocato un ruolo decisivo nel valutare la correttezza e le modalità dell’affidamento nel singolo caso concreto, tanto da orientare l’attività della pubblica amministrazione che ha dovuto nel corso degli anni conformarsi alle decisioni e alle pronunce dei giudici amministrativi. Se in una prima fase della sua diffusione l’in house fù ritenuto una forma eccezionale di affidamento[73], successivamente, nemmeno troppo in là nel tempo, l’orientamento maggioritario della giurisprudenza è mutato, nel senso di ritenere che il ricorso all’in house avesse natura ordinaria e non più eccezionale[74] in adesione al diritto comunitario che pone l’auto-produzione e l’esternalizzazione sullo stesso piano[75]. Recentemente, poi, si è assistito ad un ritorno all’orientamento iniziale che vede l’in house in una posizione eccezionale rispetto al ricorso al mercato in quanto ritenuto un minus rispetto all’evidenza pubblica, richiedendo perciò all’amministrazione procedente una giustificazione stringente ed approfondita della scelta[76]. Tale cambio di passo è dovuto al conformarsi del giudice amministrativo all’orientamento della Corte di Giustizia, confermato dalla Corte Costituzionale. Pertanto, la più recente giurisprudenza amministrativa[77] esalta l’aspetto di eccezionalità del ricorso all’in house ritenendo necessaria una motivazione particolarmente rafforzata da parte della pubblica amministrazione, che espliciti le ragioni che hanno indotto la scelta, ciò a ribadire lo sfavore dell’ordinamento per siffatta tipologia di affidamento. Nella stessa direzione si muove anche la giurisprudenza contabile della Corte dei Conti che, di recente[78], facendo suo l’orientamento del Consiglio di Stato, individua possibili metodologie di giustifica del mancato ricorso al mercato in favore dell’in house, come l’analitica comparazione tra vantaggi/svantaggi dati dalle differenti tipologie di affidamento. La tendenza a richiedere una motivazione rafforzata è ravvisabile anche nella giurisprudenza di merito, confermando che, in sede di interpretazione pretoria, gli affidamenti interorganici hanno assunto un ruolo residuale ed eccezionale rispetto alla gara pubblica[79]. Come evidenziato in dottrina[80], però, non essendoci dei modelli tipo o predefiniti di motivazione, ogni sentenza è diversa dall’altra, anche perché i giudici possono valorizzare maggiormente un certo profilo fattuale rispetto all’altro, ciò implica l’impossibilità di individuare precedenti assoluti e validi in ogni caso tanto da spingere il giudice amministrativo ad un controllo [forse troppo] penetrante tanto da rischiare di entrare nel merito delle scelte e sovrapporsi al potere amministrativo. Ne consegue, ad esempio, che molte delle sentenze dei TAR vengono riformate in secondo grado, dove il giudice di appello dà maggiore rilevanza a determinati aspetti della motivazione rispetto a quelli valorizzati dal TAR, capovolgendo la decisione di primo grado e creando incertezza nel settore. La giurisprudenza sopra richiamata riferisce ad un periodo antecedente all’entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici e della nuova disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, sui quali la giurisprudenza non si è ancora pronunciata, ma a parere di tanti[81] si ritiene che la stessa si orienterà rispetto all’applicazione di queste nuove normative senza discostarsi in maniera eclatante dagli orientamenti appena descritti.

 

1.2 Segue. Il panorama normativo

Come già accennato, la posizione della giurisprudenza, comunitaria e nazionale, ha orientato l’attività del legislatore. Le fonti che regolamentano gli affidamenti in house [o in house providing], sono diverse e differenti, tanto da porsi anche un problema di coordinamento tra le stesse. La positivizzazione dell’istituto in parola è oggi da ricercare nella disciplina dei servizi pubblici locali, nel Codice dei contratti pubblici, nel Testo unico sulle società partecipate (TUSP) e nel Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali. Il d.lgs. n. 175/2016[82] (TUSP) nel dettare la disciplina delle società in cui la pubblica amministrazione detiene quote di partecipazione e controllo, dispone anche in materia di società in house[83]. Nel testo in esame, il legislatore definisce le società in house come quelle società nei confronti delle quali le pubbliche amministrazioni esercitano un controllo analogo[84], anche congiunto, ed in cui i capitali privati non influiscono in maniera determinante sulla società controllata[85]. Per quanto attiene, invece, alle attività che possono essere eseguite dalle società si segnalano: i servizi di interesse generale, la realizzazione di opere pubbliche con accordi di programma, l’auto-produzione di attività e beni strumentali all’ente ed i servizi di committenza anche ausiliari a favore di enti senza scopo di lucro o amministrazioni aggiudicatrici[86]. Pare quindi evidente come l’intento del legislatore delegato sia quello di giustificata la spendita di risorse erariali da parte delle pubbliche amministrazioni solamente al fine di svolgere attività a vantaggio della stessa amministrazione e di riflesso della cittadinanza tutta. Il Testo unico in esame, poi, all’articolo 16, rubricato “Società in house”, chiarisce che uno degli elementi caratterizzanti il modello è l’affidamento diretto da parte delle amministrazioni pubbliche che esercitano potere di controllo sulla società e, quindi, la deroga di questo istituto al generale principio della concorrenza e della gara pubblica[87]. Il legislatore ha inoltre previsto che l’assetto organizzativo può essere raggiunto tramite clausole statutarie e patti parasociali[88] e ha posto la condizione che l’80% del fatturato delle società oggetto di studio debba essere prodotto tramite le attività affidate dagli enti pubblici soci, mentre la restante parte possa essere rivolta ad attività diverse purché finalizzate a ricavare economie di scala utili a recuperare efficienza sull’attività principale[89]. In ultimo, si chiarisce che le società in house, qualora decidano di esternalizzare parte delle attività, devono rispettare le disposizioni in materia di contrattualistica pubblica[90]. Analizzato, per gli aspetti che qui interessano, il Testo unico sulle società partecipate, passiamo in rassegna la seconda fonte normativa che interviene in materia, ovvero il d.lgs. n. 201/2022[91] che disciplina i servizi pubblici locali di rilevanza economica. Il decreto in commento, rispetto alla disciplina precedente, conferma principi, definizioni e presupposti dei servizi pubblici ed innova in materia di affidamento, regolazione e competenza.  Per quanto attiene in specifico agli affidamenti in house, il legislatore, oltre a recepire le indicazioni del PNRR, ha positivizzato diversi presupposti e caratteristiche coniate in via giurisprudenziale, senza le quali non è perseguibile tale tipologia di affidamento, individuando, inoltre, tutta una serie di atti necessari allo scopo. Entrando nel dettaglio, le norme che interessano la tematica dell’affidamento in house sono gli articoli 14 e 17. L’articolo 14 prevede che la pubblica amministrazione provveda all’affidamento del servizio pubblico tramite quattro modalità[92]: procedura ad evidenza pubblica; gara a doppio oggetto per istituire una società mista; società in house; aziende speciali. Ai fini della scelta della modalità, l’ente locale deve valutare e tener conto di una serie di aspetti[93] economici, qualitativi e quantitativi nonché dei dati e delle informazioni che emergono dalle verifiche periodiche di cui all’articolo 30[94] d.lgs. n. 201/2022. Gli esiti della valutazione sono riportati dall’ente locale in un’apposita relazione[95] alla quale deve essere allegato un piano economico finanziario (PEF) che contiene la proiezione dei costi, dei ricavi, degli investimenti e dei finanziamenti necessari e attesi durante la gestione. La norma in esame, come si è appena visto, indica una serie di adempimenti cui l’ente affidante deve necessariamente provvedere, nonché dati ed informazioni da tenere in considerazione. La relazione citata, inoltre, deve essere pubblicata e trasmessa all’ANAC. Rispetto alla disciplina previgente, il legislatore ha apportato specificazioni, prima desumibili solo in via implicita dalla giurisprudenza di settore, che sembrano vincolare il ricorso all’in house non tenendo in considerazione che tale modello potrebbe anche essere utile per raggiungere più facilmente l’efficienza dell’intervento pubblico [o risultato], laddove il mercato non sia funzionale[96]. L’articolo 17 del decreto, poi, nel concentrarsi in specifico sugli affidamenti in house, oltre a porre tale strumento in posizione gerarchicamente subordinata all’affidamento tramite gara o con società mista, prevede che in tali casi il rispetto dei limiti e dei presupposti previsti dal Codice dei contratti pubblici e dal Testo unico sulle società partecipate[97]. Nel recepire, inoltre, gli orientamenti giurisprudenziali ampiamente discussi nel paragrafo precedente, il legislatore ha disposto che nel caso si proceda ad affidamenti in house di servizi di importi superiori alle soglie comunitarie l’ente procedente debba predisporre una motivazione qualificata che esplichi le ragioni del mancato ricorso al mercato, illustrando i benefici per la collettività[98]. Ai fini degli obblighi di trasparenza, l’atto di affidamento deve essere tempestivamente pubblicato e trasmesso ad ANAC, prevedendo, inoltre, una particolare forma di stand still di 60 giorni prima della stipula del contratto[99]. All’atto di affidamento deve essere allegato, inoltre, un piano economico finanziario asseverato che preveda la proiezione, su base triennale e per l’intera durata dell’affidamento, dei costi, ricavi, investimenti e finanziamenti, specificando l’assetto economico patrimoniale della società, del capitale proprio investito e dell’ammontare dell’indebitamento, da aggiornare ogni triennio[100]. Il legislatore ha previsto, anche, particolari forme di monitoraggio del contratto ponendo in capo all’ente locale l’obbligo di analisi periodica degli affidamenti anche con riferimento alle ipotesi di razionalizzazione di cui all’articolo 20 del Testo unico delle società partecipate[101]. È chiaro che la disposizione in esame dettaglia e precisa in quali casi sia possibile ricorrere all’affidamento in house e a quali condizioni. Merita un richiamo, in ultimo, l’articolo 19 del decreto legislativo in parola che prevede per gli affidamenti in house di servizi pubblici non a rete una durata non superiore a 5 anni, salvo che l’ente locale non giustifichi una maggiore durata, in modo tale da consentire di ammortizzare gli investimenti secondo quanto asseverato nel piano economico e finanziario (PEF). Tale ultima previsione è particolarmente importante, in quanto rende esplicita la natura derogatoria ed eccezionale di questa tipologia di affidamento e dà attuazione alle disposizioni del PNRR che richiedono una durata proporzionata degli affidamenti diretti in house, in modo da promuovere la concorrenza e il mercato, favorendo l’evidenza pubblica. Tra le fonti che disciplinano l’in house abbiamo in precedenza citato anche il nuovo Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n.36/2023, le cui disposizioni sono state già affrontati nel precedente capitolo al quale si rimanda. In questa sede, invece, preme sottolineare solo alcuni aspetti. Il nuovo Codice dei contratti pubblici disciplina gli affidamenti in house in due distinti articoli, l’articolo 7 e l’articolo 186. La scelta della tipologia di affidamento per l’esecuzione di lavori o la prestazione di beni e servizi è rimessa alla pubblica amministrazione procedente che, nel rispetto dei principi di cui agli articoli 1, 2 e 3 del Codice, dovrà motivare la propria decisione in ragione delle proprie esigenze e del risultato atteso. Il d.lgs. n. 36/2023 non dettaglia i requisiti dell’in house, rinviando[102] specificamente al d.lgs. n. 201/2022 e al d.lgs. n. 175/2016 per le relative discipline e caratteristiche nonché alle direttive 24/2014/UE[103], 23/2014/UE[104] e per i settori speciali 24/2014/UE[105]. Da una lettura delle disposizioni si nota un difetto di coordinamento. Viene in rilievo che la motivazione richiesta dall’articolo 7 del nuovo Codice risulta essere meno approfondita rispetto a quella qualificata prevista dall’articolo 17 d.lgs. n. 201/2022[106]. Infine, si evidenzia che l’articolo 209 d.lgs. n.3 6/2023 introduce una modifica all’articolo 120 c.p.a. estendendo i termini di impugnazione in materia di in house, di cui si dirà meglio in avanti.

È necessario ora soffermarsi sull’ultima fonte che disciplina la materia che qui interessa, ossia il Testo unico degli enti locali[107]. Una delle problematiche che nella prassi degli affidamenti dei servizi pubblici locali viene spesso in rilievo riguarda la scelta tra l’affidamento in house e la costituzione di un’azienda speciale, entità molto utilizzate nel settore e spesso erroneamente sovrapposte o considerate alternative equivalenti, tanto che l’articolo 14 d.lgs. n. 201/2022 prevede espressamente l’azienda speciale come quarta alternativa perseguibile per l’affidamento del servizio pubblico. Si coglie quindi l’occasione per delineare brevemente le differenze tra i due istituti. Il Testo unico degli enti locali descrive[108] l’azienda speciale come un ente strumentale all’ente locale che ne approva lo statuto e che pertanto ne è giuridicamente distinto. Dunque, per sua natura, l’azienda speciale e la società in house nascono come entità con caratteristiche diverse rispetto a quanto detto in precedenza, la prima serve per eseguire un cosiddetto oggetto in house, mentre la seconda è un vero e proprio soggetto in house. Tale orientamento è presente in giurisprudenza[109], il Consiglio di Stato ha infatti affermato che: “L’azienda speciale, per le caratteristiche è il modello di gestione del servizio pubblico più vicino alla completa internalizzazione o auto-produzione del servizio stesso. In questo senso l’azienda speciale è un soggetto in house, al pari della società a partecipazione pubblica c.d. in house, inteso come longa manus dell’amministrazione pubblica per la realizzazione di lavori o opere o per l’espletamento di servizi. L’affidamento del servizio pubblico ad un’azienda speciale configura, pertanto, un c.d. affidamento in house. L’azienda speciale è, quindi, un soggetto già ontologicamente dentro all’amministrazione pubblica in quanto creato dalla stessa per lo svolgimento di attività strumentali[110], non trattandosi pertanto di un affidamento in house nel senso inteso dal d.lgs. n. 175/2016. La differenza è sottile: l’azienda speciale nasce già in house, mentre per l’affidamento diretto in auto-produzione serve una società affidataria con determinate caratteristiche normative e il rispetto della relativa disciplina, diversa da quella delle aziende speciali di cui all’articolo 114 del Testo unico degli enti locali. In estrema sintesi, l’azienda speciale, per la essenza di ente strumentale all’ente locale, non riceve semplicemente l’affidamento del servizio in modalità in house, ma nasce per tale scopo, pertanto l’espressione affidamento in house risulta impropria rispetto all’azienda speciale, dovendosi semplicemente parlare di affidamento diretto da parte dell’ente istituente[111].

 

1.3 Segue. Classificazione delle società in house[112]. Cenni

Al quadro generale appena descritto, va aggiunto che dal punto di vista tipologico la società in house costituisce un istituto poliedrico, potendo assumere diverse forme[113]. Si parla di in house a cascata quando l’amministrazione aggiudicatrice esercita il controllo analogo su una società che a sua volta controlla il soggetto affidatario del servizio. Si configura, invece, in house orizzontale qualora due società sono controllate dallo stesso ente, sebbene tra di esse non sussista alcuna relazione, e una di esse affida il servizio all’altra. Avremo in house verticale (o capovolto), poi, quando la società procede ad affidamento diretto senza gara nei confronti della pubblica amministrazione controllante. In ultimo, abbiamo l’in house frammentato o frazionato, nel caso in cui diverse amministrazioni affidano il servizio ad un unico soggetto ed esercitano congiuntamente sullo stesso affidatario il controllo analogo, seppur in quote o modalità frammentate.

 

1.4 Segue. La proposta di [linee guida] ANAC, il parere del Consiglio e la posizione delle autorità indipendenti

È necessario fin da subito evidenziare che nel momento in cui si scrive il progetto di linee guida proposto da ANAC è oggetto di rielaborazione da parte dell’Autorità in ragione della nuova normativa sui contratti pubblici intervenuta, come noto, nel marzo 2023. La bozza di linee guida in parola è stata pubblicata[114] in consultazione il 12 febbraio 2021 ed erano destinate a fornire indicazioni alle stazioni appaltanti in merito alla motivazione aggravata richiesta dell’articolo 192 del d.lgs. n. 50/2016, oggi abrogato, che presupponeva lo svolgimento di un’indagine comparativa per dimostrare la convenienza economica e sociale dell’affidamento diretto in house rispetto al ricorso al mercato. Seppur oggi la norma presa a riferimento da ANAC per la redazione delle linee guida è stata sostituita, come già ricordato più volte, dall’articolo 7 del nuovo Codice dei contratti e dall’articolo 17, d.lgs. n. 201/2022 e che le stesse non siano ancora state pubblicare, una loro disamina, assieme ai relativi pareri in merito espressi, può contribuire senza meno ad una comprensione del quadro generale della materia oggetto d’indagine. La Corte di Giustizia[115] ha ammesso, in materia di affidamenti in deroga all’evidenza pubblica, la possibilità per gli Stati membri di prevedere in sede legislativa e regolatoria l’introduzione di oneri più stringenti a carico delle amministrazioni pubbliche. Tale posizione, unitamente agli orientamenti assunti della giurisprudenza nazionale amministrativa[116] e contabile[117] , ha costituito il punto di partenza del progetto di linee guida avanzato da ANAC. Per sopperire al rischio di un possibile abuso dell’in house, in spregio al mercato e alle qualità delle prestazioni, l’ANAC, nella bozza di linee guida, ha posto l’attenzione sulla necessità di una motivazione forte che giustifichi la scelta derogatoria e implicitamente lesiva della concorrenza. Nello schema, ANAC spiega: quali sono i criteri e gli obiettivi della valutazione preordinata alla scelta[118]; come deve essere accertata la presenza di ulteriori offerte sul mercato per la stessa prestazione[119]; quali sono le modalità per valutare la congruità dell’offerta economica proposta dall’organismo in house[120]; come bisogna valutare i benefici per la collettività scaturenti dalla forma di gestione prescelta[121]; le conseguenze dell’omissione o della non corretta attività di valutazione della stazione appaltante[122]. Una serie di adempimenti che rischiano di rendere impercorribile la scelta dell’in house. Le predette Linee guida non sono ancora state approvate ed ora che sono entrati in vigore sia il d.lgs. n. 201/2022 che il d.lgs. n. 36/2023 è ragionevole pensare ed immaginare un nuovo intervento dell’ANAC volto a varare delle Linee guida definitive. Invero, le linee guida [sulla motivazione] di ANAC non sono ancora state adottate anche in ragione della posizione del Consiglio di Stato[123] al quale la stessa Autorità aveva richiesto, sempre nel 2021, di pronunciarsi in sede consultiva. I Giudici di palazzo Spada, nello stesso anno, dopo aver ribadito che le Linee guida non hanno efficacia normativa vincolante e ricordato che il parere del Consiglio di Stato ha solo natura facoltativa, hanno evidenziato come per consolidato orientamento giurisprudenziale la società in house è equiparata ad un ufficio interno alla pubblica amministrazione senza alterità sostanziale con la stessa[124]. Ciò detto, i Giudici hanno rimesso le linee guida all’ANAC sottolineando primariamente che prima di adottare indirizzi non normativi e ampliativi dell’obbligo di motivazione per le pubbliche amministrazioni sarebbe stato bene attendere l’entrata in vigore della normativa in materia di servizi pubblici e contratti pubblici. In ultimo è necessario dare conto del fatto che nell’ambito del procedimento di consultazione pubblica, alcune autorità di regolazione hanno presentato le proprie osservazioni per meglio adeguare e coordinare il testo di ANAC con le normative dei vari settori. Tra tutte, l’AGCM[125] che, pur condividendo la ratio alla base delle Linee guida, ha marcatamente sottolineato che l’onere motivazionale della scelta in favore dell’in house riveste un ruolo di assoluta rilevanza anche ai fini della concorrenza e della tutela del mercato, pertanto ha osservato che nella motivazione non debbano essere richieste solo valutazioni di carattere economico a giustificare la deroga all’evidenza pubblica, ma anche valutazioni sulla base di elementi concreti e caratterizzanti i singoli servizi da affidare. A parere dell’AGCM, quindi, la motivazione andrebbe resa pubblica in un momento antecedente alla costituzione dell’atto di affidamento, a differenza di ANAC che ritiene, invece, debba essere contenuta proprio in tale atto. Nella stessa sede, poi, è intervenuta anche ART[126] (Autorità di regolazione dei trasporti) a parere della quale la motivazione debba avvenire a valle della procedura istruttoria e valutativa. Per ultimo ci si sofferma brevemente sulle osservazioni dell’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA) che in riferimento allo specifico ambito dei settori regolamentati ricorda che è assolutamente necessario valutare la congruità delle offerte di una gestione in house prendendo a riferimento unicamente le tariffe e i costi efficienti che garantiscono l’equilibrio economico finanziario della gestione[127].

 

2. Le condizioni per l’affidamento diretto in house: la motivazione, il controllo analogo, la partecipazione privata minoritaria e il requisito dell’attività prevalente

Tra i concetti che vengono maggiormente in rilievo quando si parla di affidamenti in house, come sopra ampiamente visto, ci sono: la motivazione, il controllo analogo, la partecipazione privata minoritaria e il requisito dell’attività prevalente. Tali elementi sono gli stessi che nel corso del tempo hanno generato le maggiori difficoltà interpretative. Nel riprendere quanto già discusso[128], il ricorso all’in house o all’auto-produzione costituisce espressione del principio di auto-organizzazione amministrativa secondo cui le pubbliche amministrazioni possono affidare direttamente a società in house lavori, servizi o forniture in deroga al principio di concorrenza, ed in particolare al procedimento dell’evidenza pubblica, che di tale principio costituisce proiezione applicativa[129]. Tale deroga, in ragione del quadro generale descritto nei precedenti paragrafi, è subordinata al ricorrere di precise e tassative condizioni[130]. L’articolo 7 del nuovo Codice dei contratti pubblici nel prevedere la possibilità di procedere ad affidamenti diretti tramite società in house impone all’amministrazione l’onere di motivarne[131] la scelta. Rispetto alla disciplina previgente, tale onere motivazionale è stato ridimensionato e le ragioni di tale mutamento sono da individuare nel diverso peso che il legislatore delegato attribuisce ai principi. Nell’impianto del 2016 l’onere di motivazione era particolarmente enfatizzato e la logica sottesa a tale impostazione era dovuta all’elevazione della concorrenza a principio dominante. Nel nuovo Codice, invece, il principio di concorrenza costituisce un mezzo, più che un fine, un principio da rispettare, più che da perseguire[132], il che porta a ridimensionare e alleggerire l’onere motivazionale. La motivazione, come è noto nel diritto amministrativo[133], costituisce la parte centrale di ogni atto che manifesta la volontà dell’amministrazione in quanto assorbe gli esiti di tutti gli adempimenti propedeutici alla scelta, e ciò vale anche nel caso degli affidamenti in auto-produzione. La storia dell’intensità della motivazione segue l’evoluzione della tesi in merito alla natura residuale o ordinaria della scelta in house[134]. Inoltre, come già argomentato in sede di analisi della giurisprudenza delle varie corti, è fondamentale che la motivazione sia approfondita e puntuale nel descrivere la scelta. La giurisprudenza più recente si è concentrata sui dettagli e sul modo in cui le pubbliche amministrazioni motivano la scelta tanto da poter affermare che in ambito in house sono i dettagli a fare la differenza, non a caso più che di motivazione spesso si parla di giustificazione della scelta. Sul controllo analogo partiamo con il dire che diverse sono le fonti normative[135] che ne disciplinano il funzionamento e dalla loro lettura ed analisi emerge chiaramente che è qualcosa di più del semplice controllo[136]. Il controllo analogo consiste in una forma di eterodirezione della società, tale per cui i poteri di governance non appartengono agli organi amministrativi, ma al socio pubblico controllante che si impone a questi ultimi con le proprie decisioni, pertanto l’amministrazione esercita un controllo equivalente a quello che esercita nei confronti di un proprio organo[137]. Se si pensa ai casi in cui vi sono diverse amministrazioni che devono esercitare il controllo, lo stesso, oltre che analogo, diventa anche congiunto. Sul tema è intervenuta la Corte di Giustizia[138] che nel richiamare l’articolo 12 della direttiva n.24/2014 ha statuito che: “...le amministrazioni aggiudicatrici esercitano su una persona giuridica un controllo congiunto quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni: i) gli organi decisionali della persona giuridica controllata sono composti da rappresentanti di tutte le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti. Singoli rappresentanti possono rappresentare varie o tutte le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti; i) tali amministrazioni aggiudicatrici sono in grado di esercitare congiuntamente un'influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative di detta persona giuridica; e iii) la persona giuridica controllata non persegue interessi contrari a quelli delle amministrazioni aggiudicatrici controllanti”. In tali situazioni [in house frammentato] è importante verificare se la sommatoria dei controlli consenta in concreto all’affidante, o agli affidanti, di controllare effettivamente la società che andrà ad eseguire il servizio in suo favore. Secondo recente giurisprudenza[139] “la verifica dell’esercizio da parte dell’amministrazione aggiudicatrice o dell’ente aggiudicatore, sulla persona giuridica di cui trattasi, di un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, bisogna accertare la sussistenza in capo agli stessi di poteri di controllo, di ingerenza e di condizionamento superiori a quelli tipici del diritto societario, previsti in specifiche disposizioni dell’atto costitutivo, dello statuto o di appositi patti parasociali”. Nei casi in cui, invece, si sia in presenza di partecipazione pulviscolari[140] di più amministrazioni o enti pubblici nella stessa compagine sociale, è frequente che venga istituito un organismo [comitato] interno alla società stessa preposto ad eseguire il controllo e composto da rappresentati nominati dalle varie amministrazioni affidanti e portatori degli interessi delle stesse. L’obiettivo ed il compito di questi organi atipici è di garantire che, in sede di scelta degli indirizzi della gestione del servizio affidato, siano preservati gli interessi dell’amministrazione affidante e che eventuali scelte societarie vengano prima vagliate e discusse in contraddittorio con i rappresenti degli enti pubblici soci. L’utilizzo di questi comitati deve essere ben ponderato ed il meccanismo di controllo organizzato in modo da garantirne l’efficienza[141]. Se è vero che in generale la scelta di istituire tali comitati è stata legittimata dalla giurisprudenza[142], si assiste frequentemente ad una diversità[143] di valutazione tra primo e secondo grado che deriva da un’evoluzione del sindacato del giudice amministrativo che, in tema di in house, si sta trasformando da estrinseco ad intrinseco, arrivando ad un approfondimento delle scelte che rischia di travalicare il merito amministrativo sovrapponendosi ad esso[144].

Accanto alla motivazione e al controllo analogo, il legislatore ha poi posto due ulteriori elementi per poter procedere ad affidamento diretto in house. In primo luogo, nonostante quanto richiesto in un primo momento dalla giurisprudenza comunitaria[145], il legislatore nazionale non ha escluso in toto la possibilità di una partecipazione privata nella società in house a condizione, però, che la stessa sia minoritaria e in ogni caso non implichi poteri di veto o di controllo. In secondo luogo, elemento legittimante l’affidamento è rappresentato dal rispetto del requisito della attività prevalente secondo il quale l’80% dell’attività della società debba essere effettuata nello svolgimento dei compiti ad esse affidati dalla pubblica amministrazione e la produzione ulteriore sia ammessa solo se finalizzata al conseguimento di economie di scala o altri recuperi di efficienza. Su tale secondo elemento il legislatore ha disposto[146] che il mancato rispetto di tale limite costituisca grave irregolarità tanto da legittimare l’attivazione del rimedio del controllo (esterno) giudiziario [147].

 

3. In house e contestazione in giudizio. Cenni.

Gli operatori economici sono particolarmente attenti e sensibili al comportamento delle pubbliche amministrazioni quando si tratta di affidamento di contratti pubblici[148], non di meno nei casi di affidamento diretto in auto-produzione. La prassi dimostra che non sempre colui che agisce in giudizio contro un ente affidante per censurare l’affidamento diretto in auto-produzione è legittimato a farlo. È generalmente noto, infatti, che per esercitare il diritto alla tutela in sede amministrativa è necessario che il ricorrente [operatore economico] dimostri il proprio interesse ad agire e la sua legittimazione a stare in giudizio[149]. Ciò vale anche per gli affidamenti in house la cui scelta non può di per sé essere sanzionata se non nei casi in cui si dimostri l’effettiva lesione di un interesse individuale. In ultimo, quindi, la scelta nel verso dell’auto-produzione può essere contestata solamente da colui che dall’annullamento dei relativi provvedimenti ne trae un vantaggio, non essendo ammessa la possibilità di censurare la scelta in via di principio o in termini generali. In tema di soggetti legittimati a ricorrere in giudizio avverso un affidamento in house, la giurisprudenza più recente ha affermato che possono contestare il ricorso all’auto-produzione gli operatori economici che svolgono la propria attività nel settore di mercato cui riferisce il contratto affidato e che, quindi, in astratto avrebbero la possibilità di aggiudicarsi il contratto qualora lo stesso sia posto sul mercato in regime concorrenziale[150], definendo tale interesse come interesse mediano[151]. Per inverso, gli operatori del mercato che non hanno la possibilità astratta di aggiudicarsi il contratto qualora venisse annullata la decisione dell’in house e svolta una gara pubblica, non possono aprioristicamente contestare la scelta senza dimostrare quale bene della vita otterrebbero qualora fosse annullata la scelta[152]. Ulteriore elemento di interesse è l’individuazione dell’atto che per primo deve essere impugnato da parte degli interessati. Si è detto nei paragrafi precedenti che la scelta si compone di diversi passaggi e relativi provvedimenti e atti. Secondo l’orientamento[153] ormai consolidato della giurisprudenza amministrativa, la lesività della scelta si concretizza nel primo momento in cui la pubblica amministrazione si orienta nel verso l’auto-produzione, l’atto di affidamento del contratto, invece, è solo un atto conseguente che può essere censurato in via derivata. Spesso tra il momento della scelta e quello dell’affidamento in concreto intercorre diverso tempo, pertanto è essenziale individuale l’atto da impugnare al fine di evitare che vengano a scadere i termini per proporre ricorso. Per quanto attiene alle tempistiche per proporre il ricorso, è necessario ricordare che l’articolo 209 del nuovo Codice dei contratti pubblici ha introdotta una modifica importante all’articolo 120 c.p.a., stabilendo che per la decorrenza del termine di impugnazione della determinazione di procedere all’affidamento in house, la stessa deve contenere necessariamente la motivazione della scelta di affidare il contratto, in alternativa il ricorso può essere proposto non oltre sei mesi dal giorno successivo alla data di stipulazione del contratto comunicata a norma di legge. Il legislatore delegato ha quindi voluto addossare alla pubblica amministrazione che procedere all’affidamento tutta la responsabilità di non motivare adeguatamente gli atti propedeutici all’affidamento in house.

 

4. La responsabilità amministrativa e contabile per le in house: il ruolo della Corte dei Conti e la posizione della Corte di Cassazione

Nonostante la legislazione degli ultimi anni ha via via sottoposto le società in house ad un regime vincolistico sempre più sostenuto, con un contestuale loro ridimensionamento, il numero delle partecipazioni pubbliche è rimasto considerevole[154]. Al contempo, però, resta in rilievo l’incidenza della gestione di dette società sui bilanci delle amministrazioni socie che sono chiamate a farsi carico di assicurarne la sopravvivenza mediante il ripianamento delle perdite, la concessione di finanziamenti, la ricostituzione del capitale[155] nonché l’esposizione dell’ente socio ad esborsi necessari per porre rimedi all’inefficienza dei servizi resi da dette società. Quanto appena premesso spiega in astratto il perché della soggezione del settore delle partecipazioni pubbliche alla magistratura istituzionalmente preposta alla tutela dell’erario, ossia la Corte dei Conti che, oltre a svolgere funzioni di controllo, si occupa anche delle possibili implicazioni in punto di responsabilità amministrativo – contabile[156]. È noto che la responsabilità amministrativo – contabile investe il soggetto che, legato a un ente pubblico da un rapporto di impiego o di servizio[157], in ragione di una condotta contraria ai propri doveri cagiona un danno patrimoniale o di immagine all’amministrazione di appartenenza[158]. La responsabilità amministrativa – contabile ricorre solo in presenza di dolo o colpa grave[159]. Nella giurisprudenza[160] delle SS.UU. della Suprema Corte è consolidato l’orientamento secondo il quale, in linea di principio e in generale, il danno subito dalla società a causa della mala gestio degli amministratori o dei componenti dell’organo di controllo non è qualificabile come danno erariale, inteso come pregiudizio arrecato direttamente allo Stato o all’ente pubblico socio[161], fatta eccezione[162], però, per le società in house. Tale eccezione pone le sue ragioni nel fatto che le società in house costituiscono diretta espressione dell’amministrazione [socia] che se ne avvale per l’auto-produzione di beni e servizi, tanto da essere considerate articolazioni interne alla stessa pubblica amministrazione, sicché la loro attività non è rapportabile a quella di un soggetto privato dotato di un’autonoma soggettività giuridica, ma resta sostanzialmente imputabile all’amministrazione di riferimento[163]. Per tale motivo, la Suprema Corte ha più volte ricordato[164] che il pregiudizio derivante dalla condotta degli agenti e più in generate dei dipendenti delle società in house, pur incidendo sul patrimonio della società e quindi formalmente separato da quello dell’ente socio, rileva ad substantiam come danno al patrimonio di quest’ultimo, con la conseguenza che la giurisdizione in ordine all’azione risarcitoria spetta alla Corte dei Conti. Pertanto “ove dalle disposizioni statutarie vigenti all’epoca cui risale la condotta ritenuta illecita emerga la sussistenza di tutti i requisiti necessari per la qualificazione della partecipata come società in house provìding, la cognizione in ordine all’azione di responsabilità promossa nei confronti degli organi di amministrazione e di controllo per i danni cagionati al patrimonio della società spetta alla Corte dei conti[165]”. Tale orientamento è in linea con le disposizioni di cui all’articolo 12[166] del d.lgs. n. 175/2016 che, nel disciplinare la responsabilità dei componenti degli organi di amministrazione delle società pubbliche, ha ribadito l’assoggettamento di questi ultimi alle azioni civili di responsabilità previste dalla disciplina ordinaria delle società di capitali, facendo però salva la giurisdizione della Corte dei conti per il danno erariale causato dagli amministratori delle società in house. In ultimo, si evidenzia che, secondo una lettura consolidata, la giurisdizione di responsabilità della Corte dei conti non ha carattere esclusivo, bensì concorre con quella ordinaria[167], pertanto non si da luogo a questioni di giurisdizione ma di proponibilità della domanda[168].

 

 

CAPITOLO III

In house providing nell’era del risultato. Riflessioni conclusive.

 

1. Risultato, fiducia e accesso al mercato: i super principi del nuovo Codice

Come già detto nelle pagine che precedono, uno dei principali elementi di innovazione introdotti dal legislatore delegato del nuovo Codice dei contratti è la codificazione precisa e puntuale dei principi alla base della materia. Tra questi, in posizione di assoluto rilievo, troviamo i principi del risultato, della fiducia e dell’accesso al mercato, che vengono elevati a rango di criteri interpretativi e applicativi delle altre norme del Codice[169], come fossero super principi[170]. La letteratura che si è venuta a formare sul ruolo e la funzione dei principi in subiecta materia è ampia e ad essa si rimanda per un approfondimento[171], in questa sede, invece, si cercherà di porre all’attenzione del lettore sui principali elementi distintivi e caratterizzanti dei tre principi appena richiamati e per farlo si farà riferimento anche alle più recenti pronunce giurisprudenziali[172].

Il principio del risultato, disciplinato all’articolo 1[173] del Codice, dispone, al comma primo, che: “le stazioni appaltanti e gli enti concedenti perseguono il risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza. Il risultato, come confermato dalla giurisprudenza, orienta l’azione della pubblica amministrazione sia in fase di affidamento sia in fase di esecuzione del contratto[174] secondo due direttrici: una temporale, la tempestività dell’affidamento e dell’esecuzione, e una qualitativa, l’efficienza e l’economicità del contratto[175]. Al comma secondo viene enfatizzato il valore funzionale della concorrenza e della trasparenza come strumenti essenziali per il raggiungimento del miglior risultato. Per quanto riguarda la concorrenza[176] la dottrina più autorevole ha parlato di passaggio dalla concorrenza assoluta alla concorrenza regolata[177], ovvero una concorrenza orientata e verificabile. Attraverso la concorrenza è possibile per la stazione appaltante raggiungere il miglior risultato possibile, tant’è che tra i due principi viene a crearsi un nesso circolare di reciproca influenza[178] tanto da poter avanzare l’ipotesi di una sola apparente gerarchia[179] del risultato sulla concorrenza in quanto quest’ultima [così come la trasparenza] deve essere in ogni caso perseguita per il raggiungimento del risultato ottimale. Il legislatore, inoltre, individua la trasparenza[180] quale ulteriore strumento che concorre al raggiungimento del risultato. È noto come nell’ordinamento interno la trasparenza rappresenti uno dei principi cardine dell’agire amministrativo la cui essenza va ben oltre la mera divulgazione di informazioni o esposizione delle attività pubbliche in quanto funge da catalizzatore per l’engagement civico e la fiducia nelle istituzioni[181].  Nell’alveo della nuova disciplina dei contratti pubblici la trasparenza assume il ruolo di alleata del principio del risultato in quanto funzionale alla massima semplicità e celerità nella corretta applicazione delle regole del Codice e quindi strumento di verifica dei risultati conseguiti in quanto il controllo trasparente sull’attività amministrativa concorre alla crescita delle pubbliche amministrazioni in termini di efficienza e responsabilizzazione[182], garantendo al contempo la protezione degli interessi sociali e collettivi. Da ultimo, il legislatore, al comma terzo, chiarisce che il principio del risultato costituisce attuazione del principio del buon andamento e dei correlati principi di efficienza, efficacia ed economicità nonché principio guida per il corretto esercizio del potere discrezionale da parte del decisore pubblico e per l’individuazione della regola del caso concreto.

Veniamo ora al principio della fiducia codificato all’articolo 2[183] del Codice a mezzo del quale il legislatore, nell’operare un cambio di passo rispetto al passato, incoraggia l’autonomia decisionale pubblica ampliando i poteri valutativi e la discrezionalità della pubblica amministrazione[184] in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile, quasi ad introdurre una rete di protezione rispetto all’alto rischio che accompagna l’operato dei funzionari pubblici e che in passato aveva ingenerato quella forma di burocrazia difensiva[185] che scaricava sul legislatore o sul giudice la risoluzione di problemi che sarebbe spettata, invece, alla pubblica amministrazione[186]. Come confermato dalla giurisprudenza[187] più recente, la fiducia che si invoca, però, non è una fiducia unilaterale o incondizionata, dovendo la stessa essere reciproca e investire, quindi, anche gli operatori economici che partecipano alle gare[188]. In generale, quindi, il principio della fiducia ha come obiettivo porre alla base del sistema amministrativo una visione più collaborativa e meno conflittuale dei rapporti istituzionali in cui la fiducia non è solo un valore morale, ma una strategia operativa per migliorare efficacia ed efficienza[189].

In merito alla relazione[190] tra risultato e fiducia possiamo prendere a riferimento quanto riportato nella relazione di accompagnamento al Codice nella quale i giudici di palazzo Spada hanno chiarito che: “La fiducia che viene riconosciuta ai pubblici funzionari non è incondizionata, ma costituisce una sorta di contropartita di ciò che l’ordinamento si aspetta dall’azione amministrativa, ossia la realizzazione del risultato”. Da ultimo, al comma quarto, il legislatore opera una perimetrazione del concetto di colpa grave rilevante ai fini della responsabilità amministrativa dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei Conti. Dalla lettura della norma, lo scopo del legislatore appare essere chiaro, sottrarre alle ipotesi di colpa grave tutte quelle condotte che non siano palesemente ascrivibili a violazioni di norme o a regole di ordinaria cautela[191] tanto da lanciare un chiaro segnale per mitigare il fenomeno della burocrazia difensiva che sovente paralizzava l’attività amministrativa[192]. Allo scopo, e come chiara misura di promozione della fiducia, il legislatore dispone che le pubbliche amministrazioni sono abilitate ad attivare coperture assicurative per il personale nonché provvedere a rafforzare le capacità professionali dei dipendenti, pure mediante piani di formazione specializzata mirati.

Il principio dell’accesso al mercato, disciplinato all’articolo 3[193], poi, impone alle pubbliche amministrazioni di garantire l’accesso al mercato[194] [dei contratti pubblici] agli operatori economici secondo le modalità indicate dal Codice stesso e attraverso il rispetto dei principi generali dell’azione amministrativa, che, si ricorda, deve essere improntata alla correttezza, all’imparzialità e alla non discriminazione, alla pubblicità e alla trasparenza nonché alla proporzionalità. La disposizione richiama i concetti di: imparzialità e non discriminazione, che, calati nella fase di affidamento dei contratti pubblici, impongono alle stazioni appaltanti e agli enti concedenti di assicurare la parità di trattamento fra gli operatori economici in quanto contribuiscono anch’essi al conseguimento del miglior risultato; pubblicità e trasparenza, che, ben esercitate, consentono di rendere l’operato della pubblica amministrazione visibile e controllabile; proporzionalità[195], che richiede alle stazioni appaltanti e agli enti concedenti di adottare, nell’esercizio del loro potere discrezionale, la soluzione più congrua che comporti il minor sacrificio possibile di tutti gli interessi, pubblici e privati, coinvolti.

 

2. Focus: dalla buona amministrazione all’era del risultato

Il termine esatto non è conosciuto nella nostra Carta costituzionale, purtuttavia una definizione è possibile rinvenirla nel diritto comunitario all’articolo 41[196] del Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, tralasciando una disamina puntuale di tale disposizione, ci si chiede se è possibile rinvenire nel nostro diritto interno una buona amministrazione definizione di buona amministrazione nonché un più generale diritto alla buona amministrazione; la questione è problematica[197]. Il diritto alla buona amministrazione può essere inteso come un presidio di tutela del singolo nei confronti dell’amministrazione[198], ovvero l’interesse della collettività ad una amministrazione imparziale ed efficiente. Buona parte della dottrina[199] ritiene che nell’ordinamento interno la disciplina della buona amministrazione possa essere ricondotta ai principi costituzionali di buon andamento ed imparzialità di cui all’articolo 97 Costituzione.

La stessa dottrina[200], con riferimento alla disposizione comunitaria di cui sopra, ha inteso che la bontà dell’amministrazione dovrebbe manifestarsi in comportamenti ispirati a lealtà e spirito di collaborazione, ossia ricondotti al principio di buona fede, il quale però stenta ad essere riconosciuto come fonte di un dovere generale di comportamento. Proseguendo, se si vuole ricercare un significato costituzionale il più ampio possibile di buona amministrazione, dovremmo chiederci, inoltre, quale sia la sostanza di quell’attività che chiamiamo amministrazione pubblica. In tal senso è condivisibile ricondurre alla generale amministrazione pubblica le attività che hanno per scopo la cura di interessi pubblici, ossia l’insieme delle attività svolte dagli apparati amministrativi per curare non interessi propri né genericamente altrui, ma gli interessi ai quali la qualifica e il valore di pubblici sono acquisiti secondo le regole di scelta costituzionali[201]. Pertanto, se l’amministrazione potrà essere giudicata buona solo se e nella misura in cui riesca ad assolvere realmente il suo compito (sia efficace), ottimizzando l’uso dei mezzi di cui dispone (sia efficiente) e facendo comunque un uso molto oculato delle risorse pubbliche messe a sua disposizione (sia economica) e se il “buon andamento...dell’amministrazione”, di cui all’art. 97 Cost., può ben intendersi come funzionamento efficace, efficiente ed economico[202], tale impostazione può essere sussunta nei termini di buona amministrazione.

La ricerca dell’efficienza è una costante nel processo evolutivo dell’amministrazione pubblica, e, come direbbe Cassese[203], sin dalla sua stessa più embrionale strutturazione moderna, “sia quando essa ha agito esclusivamente ex parte principis sia quando le è stato sempre più insistentemente richiesto di porsi ex parte civium”. Nondimeno, la funzione dell’amministrazione pubblica conosce un’evidente evoluzione relativa agli obiettivi che è chiamata a realizzare, così come la crescente attribuzione di compiti all’amministrazione connessi al soddisfacimento dei diritti dei cittadini, ha gradualmente ridimensionato l’azione amministrativa in funzione dei risultati da raggiungere. Tale processo evolutivo sommariamente delineato ha determinato lo spostamento della prospettiva d’azione dello Stato verso gli interessi [soprattutto] del cittadino; tale orientamento è ancora più evidente se si volge lo sguardo verso la canonizzazione sempre più forte e ampia del principio del buon andamento che come si è visto richiama al diritto vero e proprio di buona amministrazione[204].

In dottrina si è consolidato il principio secondo il quale l’attività provvedimentale dell’amministrazione, ossia quella che si esprime con atti produttivi di effetti, ascrivibili al diritto pubblico come provvedimenti veri e propri, o al diritto privato derogato da norme pubblicistiche [ad esempio i contratti], è un servizio per la collettività[205]. Pertanto, la legittimità del provvedimento è funzionale al raggiungimento del risultato dell’intera azione amministrativa nella quale l’atto stesso si inserisce, in tal senso la stessa legge n. 241/1990 si propone come legge sull’attività amministrativa considerata in relazione alla sua finalizzazione ad un risultato. Viene così delineandosi un nuovo modello organizzativo della pubblica amministrazione votato al raggiungimento del risultato, il cui principio caratterizzante è il principio del buon andamento, modello che “integra il tradizionale criterio della funzione amministrativa, come discrezionalità imparziale, con quello della discrezionalità efficiente. La legalità resta il parametro dell’azione ma l’efficienza il risultato[206].  La ricerca di una maggiore efficienza pubblica e, più in generale, del buon andamento, ha orientato molte delle recenti innovazioni ordinamentali tanto che non sembra improprio affermare che “l’imperativo dell’efficienza va determinando un adeguamento dei principi giuridici in ambito amministrativo agli schemi della cultura industriale[207]”, ne è prova il costante avvicinamento del diritto alla cultura manageriale, ovvero al project management, che mira a bilanciare obiettivi e mezzi, o potremmo dire interesse della collettività e costo finanziario. La legge diviene mezzo per la realizzazione di un programma.

La commistione tra principi manageriali e principi di diritto muta lo stesso significato di legittimità, che non è più intesa solo come regolarità e conformità a legge, ma anche come efficacia degli interventi e raggiungimento degli obiettivi [o meglio dei risultati] prefissati. Viene formandosi, così, un diritto del risultato.

A conferma di ciò, non deve sorprendere che l’articolo di apertura del nuovo Codice dei contratti sia dedicato al principio di risultato, coadiuvato da quello di buona fede e accesso al mercato. Il risultato viene a configurarsi come nuovo baricentro normativo rispetto al quale gli altri principi subiscono una rifunzionalizzazione e, in alcuni casi, una nuova curvatura o riconfigurazione[208]. La tendenza del legislatore è chiara: valorizzare una nuova amministrazione del risultato[209], dove il principio di risultato si configura come deriva evoluta del più generale principio del buon andamento. Per quanto sino ad ora detto, il legislatore, nel perseguire la direzione del risultato, non si è mosso in un ambito del tutto nuovo e inesplorato, la dottrina in più occasioni aveva già posto attenzione sull’importanza del risultato[210]. Le ragioni[211] di questa scelta sono diverse, sul punto viene in aiuto un’autorevole e recente analisi[212] che ne individua due. Il Codice del 2023 prende forma in un momento storico di crisi sociale ed economica dovuta ai recenti fatti pandemici e bellici, intrecciati a loro volto con la crisi che ha investito negli ultimi anni il settore dei contratti pubblici e che in specifico afferisce a quell’attacco alla discrezionalità amministrativa ad opera del legislatore e talora dalla giurisprudenza volto a limitare ed a penalizzare la discrezionalità delle stazioni appaltanti. Sul punto si ricorda, ad esempio, nel 2014 la scelta del legislatore di far confluire nell’autorità competente a vigilare sui contratti pubblici le funzioni amministrative di prevenzione della corruzione e attuazione della trasparenza e la sua ridenominazione come Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC). E ancora la revisione dell’istituto dell’offerta economicamente più vantaggiosa che da efficace manifestazione di una discrezionalità amministrativa di derivazione eurounitaria veniva successivamente corredata [ad opera della stessa Autorità nazionale] di una serie di parametri volti a comprimere al massimo l’attività amministrativa tipicamente discrezionale in attività vincolata. Ed infine, l’elevata complessità del dato normativo dovuta ad una alluvionale attività legislativa volta ad innovare, nel senso della semplificazione e dell’accelerazione, le disposizioni codicistiche in materia.  In questo contesto viene a formarsi una forma di discrezionalità inedita[213], che consiste nella scelta operata dagli agenti pubblici, e più in generale dalle stazioni appaltanti, di preferire un appesantimento procedimentale rifugiandosi negli obblighi di gara, sempre più articolati e complessi, e rifiutando qualsivoglia azione di discrezionalità amministrativa più accentuata, creando, così, una forma di auto-protezione. È in questo contesto che va calata la scelta del legislatore [nella direzione dei giudici del Consiglio di Stato] di percorrere la strada del risultato. Nella speranza di invertire tale rotta al principio del risultato è stato affidato, quindi, il ruolo di arbitro per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto, nonché parametro per la valutazione della responsabilità del personale amministrativo e per attribuire gli incentivi secondo le modalità previste dalla contrattazione collettiva. Il passo dalla fiducia al risultato è breve[214], se da un lato, è chiesto alle stazioni appaltanti di dirimere le questioni e i dubbi azionando la propria discrezionalità in un’ottica di risultato, allo stesso tempo, in uno slancio di fiducia verso l’amministrazione, il legislatore circoscrive[215] il perimetro della responsabilità.

Una seconda ragione è collegata, invece, all’approccio che è venuto formandosi sul tema della concorrenza che trova le sue ragioni, lecite, nell’obiettivo eurounitario di garantire in un settore come quello dei contratti pubblici la non discriminazione delle imprese e che tradotto in procedura ha visto la costruzione di articolati e complessi modelli procedimentali di gare volti a tutelare la concorrenza. Una tutela che, però, è degenerata, a parere di molti[216], nell’individuare tale tutela come il fine stesso della gara e non come mezzo per arrivare alla realizzazione dell’intervento pubblico.

Il risultato assurge anche il compito di stella polare dell’azione amministrativa volta a tutelare non solo i diritti degli operatori economici, ma anche quelli della stazione appaltante. L’acceso dibattito sull’amministrazione di risultato al quale abbiamo sopra accennato, ha fatto emerge alcune difficoltà oggettive alla positiva applicazione del principio di risultato. In tal senso si richiama quanto aveva teorizzato Romano[217] il quale vedeva come principale ostacolo all’applicazione della teorica del risultato l’assunto secondo il quale il fenomeno giuridico presuppone e si alimenta soprattutto di certezze, aspetto dal quale l’amministrazione di risultato sfuggiva in quanto non si ancorava a un dato formale e non avrebbe avuto un dato preliminare di orientamento in base al quale giudicare della validità del provvedimento. Tale aspetto è utile se calato nell’attuale se si considera che oggi abbiamo quello strumento assai prezioso che è il PNRR a mezzo del quale sono puntualmente individuati una serie di risultati da raggiungere in tempi minuziosamente descritti, esattamente ciò che l’articolo1 del nuovo codice si propone di fare in termini più generali.  Il principio del risultato si candida quindi a diventare principio generale utilmente applicabile anche in campi dell’azione amministrativa diversi dai contratti pubblici? Proviamo a dare una risposta.

Come ricordano i giudici nella relazione illustrativa del nuovo Codice “la legge, anche se riordinata e semplificata grazie a un codice, è un elemento necessario ma non sufficiente per una riforma di successo, giacché tutte le riforme iniziano “dopo” la loro pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e si realizzano soltanto se le norme sono effettivamente attuate in concreto”. Sul tema dell’effettiva portata del principio del risultato un ruolo di primaria importanza lo sta ricomprendo la giurisprudenza che nell’ultimo anno più e più volte si è pronunciata[218]. Ma al netto del ruolo giocato dalla giurisprudenza, e per non cadere nuovamente in una logica difensiva, il principio del risultato potrebbe davvero via via consolidarsi nell’ordinamento tanto da diventare un principio generale utilmente applicabile anche in campi dell’azione amministrativa diversi dai contratti pubblici, questo se si tiene conto della tradizione interpretativa propria del diritto amministrativo, che come sappiamo ha sovente costruito i suoi principi vitali canonizzandoli nel richiamo all’una o all’altra legge speciale e trasferendoli all’azione amministrativa come fenomeno giuridico in sé[219]. L’ambito oggettivo del principio del risultato è dunque potenzialmente vasto tanto da estendersi, e in linea teorica, oltre il perimetro di applicazione del Codice, prefigurando così, l’avvento dell’era del risultato.

 

3. L’in house providing nell’era del risultato: tra discrezionalità, concorrenza ed efficacia del risultato. Riflessioni conclusive

Alla luce di quanto detto nelle pagine che precedono, nel corso del tempo l’istituto dell’in house [o auto-produzione] è stato oggetto di orientamenti giurisprudenziali e interventi normativi ondivaghi che ne hanno reso sempre più rigoroso l’utilizzo, purtuttavia oggi il ricorso a tale strumento è ampiamente ammesso dall’ordinamento interno in totale adesione al diritto comunitario. La tendenza ad una generale e rinnovata apertura nei confronti dell’istituto in esame è di tutta evidenza se si pensa a come i nuovi testi legislativi in materia di contratti pubblici e di servizi pubblici locali prevedono la possibilità per le pubbliche amministrazioni di affidare contratti a società in house. In apertura del presente elaborato abbiamo evidenziato come il legislatore della nuova disciplina in materia di contrattualistica pubblica abbia avuto cura di dedicare al principio di autonomia organizzativa della pubblica amministrazione un posto di rilievo nella piramide codicistica. In ossequio a tale principio la pubblica amministrazione è titolare della decisione [o meglio della scelta] tra ricorso all’auto-produzione o ricorso al mercato. Il legislatore delegato nel disciplinare l’istituto dell’auto-produzione ha posto in capo all’amministrazione procedente l’onere di fondare la propria scelta nel rispetto dei principi di cui agli articoli 1 [risultato], 2 [fiducia] e 3 [accesso al mercato] del Codice presupponendo, quindi, un’opera di bilanciamento tra detti principi e quello di auto-organizzazione amministrativa. In estrema sintesi la scelta alla quale è chiamata la pubblica amministrazione, pur avendo carattere discrezionale, deve essere adeguatamente motivata sulla base di ragioni legate al caso concreto, per la cui individuazione, ricordiamo, il principio del risultato costituisce criterio guida.

In merito alla discrezionalità della scelta è bene richiamare a memoria che il diritto comunitario non impone il mercato agli Stati membri, ma ne disciplina il ricorso. La scelta dell’auto-produzione, pertanto, è una legittima alternativa al ricorso al mercato e non una eccezione da sottoporre a limiti e regimi autorizzanti, ma va giustificata da un discrezionale apprezzamento dei bisogni e delle opportunità [Caringella, 2025]. A sostegno del ragionamento appena proposto è bene ricordare che il legislatore, peraltro, nel codificare i principi alla base del Codice, si sofferma nel declinare, tra gli altri, anche il principio di autonomia contrattuale che si traduce nella coerenza con i fini istituzionali della pubblica amministrazione e nella ragionevolezza della scelta operata dal decisore pubblico. Emerge con forza, quindi, una nuova impostazione nel verso di una crescente discrezionalità che si annida nella decisione [a contratte] in ordine alla scelta della procedura di affidamento delle commesse pubbliche. Tale schema trova conferma nel rinnovato principio della fiducia che favorisce e valorizza l’iniziativa e l’autonomia decisionale dei pubblici funzionari. Quella che abbiamo appena descritto, però, non è una discrezionalità illimitata e arbitraria in quanto il legislatore, come detto poc’anzi, ha legato la scelta [ovvero la decisione] al rispetto dei principi del risultato, della fiducia e dell’accesso al mercato quali criteri generali di orientamento e parametro di legittimità dell’azione pubblica.

Per quanto qui interessa, poi, preme sottolineare come il legislatore del nuovo Codice abbia voluto liberare le pubbliche amministrazioni dalla c.d. concorrenza imposta o concorrenza a tutti i costi. La dottrina più attenta, alla quale si rimanda per un approfondimento, ha evidenziato come alla base della novellata disciplina dei contratti pubblici ci sia l’idea di una “nuova concorrenza”, una concorrenza vista come mezzo per il raggiungimento del risultato e non come fine [Cintioli, 2023]. Tale cambio di paradigma è stato oggetto di indagine nelle pagine che precedono e pertanto non ci si sofferma oltre in questa sede, ma preme evidenziare in queste riflessioni conclusive un aspetto essenziale. L’aver relegato per anni il diritto dei contratti pubblici a branca del diritto della concorrenza, ha comportato che gli affidamenti diretti a società in house, in deroga all’evidenza pubblica, benché legittimi, fossero stigmatizzati tanto da essere visti come assoluta eccezione da contrastare e reprimere in nome della concorrenza.

Il legislatore del 2023, pertanto, ha voluto chiarire che la tutela della concorrenza non deve ridurre, né tanto meno paralizzare, la discrezionalità della pubblica amministrazione nell’atto della scelta tra mercato o in house, in quanto il raggiungimento del miglior risultato possibile non è detto che coincida sempre e soltanto con il ricorso al mercato e quindi con la gara pubblica.

In ossequio alla regola del caso concreto la concorrenza deve pertanto contribuire alla scelta, ma non imporla. Detto in altre parole, non è scontato che la scelta nel verso dell’auto-produzione rappresenti un minus rispetto al ricorso al mercato in quanto non è aprioristicamente escluso che una società in house possa offrire una prestazione qualitativamente migliore rispetto ad un operatore del mercato individuato tramite gara.

Il ragionamento appena proposto può essere ulteriormente arricchito.

Ogni qualvolta la pubblica amministrazione sceglie di intraprendere la strada dell’apertura al mercato, e quindi dell’evidenza pubblica, dovrebbe essere cosciente del fatto che sul piatto sono presenti una serie di variabili che per quanto preventivamente indagate manifestano i loro effetti soltanto in fase di scelta del contraente, se non più avanti in fase di esecuzione del contratto. In generale, le condizioni a base di gara, le modalità di selezione, i requisiti richiesti, i costi della gara, l’eventuale posizione di vantaggio del gestore uscente, l’assenza di operatori economici interessati o potenzialmente raggiungibili, senza dimenticare i possibili contenziosi, sono tutte variabili che potrebbero portare l’amministrazione procedente a scegliere non la migliore offerta in assoluto, ma quella che più si avvicina al risultato prefissato. Pertanto, se da un lato, la gara garantisce senza dubbio l’apertura al mercato in termini pro-concorrenziali, dall’altro, porta con sé il rischio del raggiungimento di un risultato, potremmo dire, parziale. In tali casi, il decisore pubblico attento e in grado di fiutare il possibile esito negativo della gara potrebbe ragionevolmente scegliere di percorrere la strada dell’auto-produzione sacrificando il confronto concorrenziale.

L’in house, seppur motivato e giustificato secondo i criteri rigorosi di cui si è ampiamente parlato nelle pagine che precedono, può rappresentare uno strumento utile al raggiungimento dell’efficienza della commessa pubblica, nonché di quel miglior risultato possibile al quale l’amministrazione aspira, anche in ragione della sua celerità.

È bene ricordare che in un momento storico come quello che stiamo affrontando in cui l’azione pubblica deve necessariamente essere finalizzata alla realizzazione degli interventi in tempi brevi, in ragione del rispetto degli obiettivi e degli obblighi dettati dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), l’istituto dell’in house, che per sua natura è un modello di affidamento semplificato e più celere rispetto alle altre procedure di affidamento delle commesse pubbliche, potrebbe trovare nuovo slancio. L’attuazione del Piano, infatti, impone il raggiungimento di obiettivi specifici [risultati] entro scadenze prefissate, il che presuppone una pubblica amministrazione sempre più orientare al risultato e capace di trovare per ogni intervento il modello di affidamento che meglio risponda ai criteri di efficienza e benessere collettivo, evitando al contempo perdite di tempo e risorse.

Ciò detto, in situazioni in cui il ricorso al mercato potrebbe rilevarsi inefficiente in ragione delle rigorose dinamiche competitive, l’in house providing rappresenta una valida alternativa in termini di efficienza del risultato atteso e di risposta agli interessi della collettività. Si pensi, ad esempio, ai casi in cui il decisore pubblico opera nell’ambito dei servizi più essenziali per la collettività [sanità, trasporto, rifiuti] che per evidenti ragioni non possono rischiare di scontare ritardi o interruzioni in ragione di una logica solo ed esclusivamente pro-concorrenziale.

È qui che interviene il bilanciamento tra principi di cui si è detto sopra.

In conclusione, nei termini appena proposti, il legislatore nell’atto di novellare l’istituto dell’auto-produzione ha voluto dare nuovo slancio ad uno strumento che, al netto di una necessaria, rigorosa e motivata scelta, è in grado di soddisfare l’interesse pubblico al pari del mercato nel rispetto di quei principi tra cui campeggia quello del risultato.

 

Bibliografia

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Giurisprudenza

Corte di Giustizia dell’Unione europea

Corte giust. UE, Sez. V, sent. 22 dicembre 2022, in cause riunite C-383/21 e C-384/21

Corte giust UE., Sez. IX, ord. 6 febbraio 2020, in cause riunite C-89/19 e C-91/19

Corte giust. UE, Sez. IV, sent. 18 giugno 2020, in causa C-328/19

Corte giust. UE, Sez. IV, sent. 8 dicembre 2016, in causa C-553/15

Corte giust. UE, Sez. V, sent. 19 giugno 2014, in causa C-574/12

Corte giust. UE, Sez. X, sent. 16 maggio 2013, in causa C-564/11

Corte giust. UE, Grande Sez., 19 dicembre 2012, in causa C- 159/11

Corte giust. UE., Sez. IX, sent. 21 dicembre 2012, in cause riunite da C-159/12 a C-161/12

Corte giust. UE, Sez. IV, sent. 11 gennaio 2005, in causa C-26/03

Corte giust. UE, Sez. I, sent. 13 ottobre 2005, in causa C-458/03

Corte giust. UE, Sez. V, sent. 18 novembre 1999, in causa C-107/98

 

Corte Costituzionale

Corte cost., sent. 23 novembre 2021, n. 218

Corte cost., sent. 27 maggio 2020, n. 100

Corte cost., sent. 17 novembre 2010, n. 325

Corte cost., sent. 15 luglio 2005, n. 279

 

Cassazione civile

Cass. civ., SS. UU., 8 gennaio 2024, n. 567

Cass. civ., SS. UU., del 15 gennaio 2021, n. 614

Cass. civ., SS. UU., 23 novembre 2021, n. 36205

Cass. civ., SS. UU., 21 giugno 2019, n. 16741

Cass. civ., SS. UU., 11 settembre 2019, n. 22712

Cass. civ., SS. UU., 13 settembre 2018, n. 22409

Cass. civ., SS.UU., 24 marzo 2017, n. 7663

Cass. civ., SS. UU., 13 aprile 2016, n. 7293

Cass. civ., SS.UU., 1° dicembre 2016, n. 2459

Cass. civ., SS. UU., 3 maggio 2013, n. 10299

Cass. civ., SS. UU., 2 settembre 2013, n. 20075

Cass. civ., SS. UU., 25 novembre 2013, n. 26283

Cass. civ., SS.UU., 19 dicembre 2009, n. 26806

 

Consiglio di Stato

Cons. Stato, Sez. V, sent. 27 febbraio 2024, n. 1924

Cons. Stato, Sez. V, sent. 5 marzo 2024, n. 7571

Cons. Stato, Sez. III, sent. 12 marzo 2021, n. 2102

Cons. Stato, Sez. III, sent. 10 maggio 2021, n. 3682

Cons. Stato, Sez. att. norm., par. 7 ottobre 2021, n. 1614

Cons. Stato, Sez. IV, sent. 19 ottobre 2021, n. 7022

Cons. Stato, Sez. IV, sent. 22 ottobre 2021, n. 7093

Cons. Stato, Sez. V, sent. 27 gennaio 2020, n. 681

Cons. Stato, Sez. V, sent. 26 ottobre 2020, n. 6459

Cons. Stato, Sez. V, sent. 15 dicembre 2020, n. 8028

Cons. Stato, Sez. V, sent. 7 gennaio 2019, n. 138

Cons. Stato, Sez. V, sent. 14 gennaio 2019, n. 296

Cons. Stato, Sez. V, sent. 31 luglio 2019, n. 5444

Cons. Stato, Sez. V, sent. 28 marzo 2017, n. 1418

Cons. Stato, Sez. V, sent. 18 luglio 2017, n. 3554

Cons. Stato, Sez. III, sent. 24 ottobre 2017, n. 4902

Cons. Stato, Sez. V, sent. 22 gennaio 2015, n. 257

Cons. Stato, Sez. V, sent. 23 giugno 2014, n.3130

Cons. Stato, Sez. IV, sent. 11 febbraio 2013, n.  762

Cons. Stato, Sez. V, sent. 15 luglio 2013, n. 3849

Cons. Stato, Sez. IV, dec. 25 gennaio 2005, n. 168

Cons. Stato, Sez. I, par. 28 ottobre 2004, n. 2

 

Taribunali Amministrativi Regionali

TAR Abruzzo, Pescara, sent. 29 gennaio 2018, nn. 33 e 34

TAR Emilia-Romagna, Parma, Sez. I, sent. 29 aprile 2024, n.98

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, sent. 4 gennaio 2022, n.12

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, sent. 15 novembre 2022, n.2536

TAR Puglia, Bari, Sez. I, sent.14 gennaio 2022, n.65

TAR Puglia, Bari, Sez. I, sent.3 marzo 2021, n.422

TAR Sicilia, Palermo, Sez. I, sent.26 gennaio 2023, n.181

TAR Sicilia, Catania, Sez. III, sent. 4 giugno 2024, n.2096

Corte conti, Sez. contr. Marche, 25 gennaio 2023, n.25

Corte conti, Sez. contr. reg. Toscana, 25 febbraio 2022, n.13

Corte conti, Sez. contr. reg.le Lombardia, 25 ottobre 2022, n.161

Corte conti, Sez. aut., 9 agosto 2021, n.15

Corte conti, Sez. reg. cont. reg. Veneto, 4 novembre 2021, n. 182

Corte conti, Sez. reg. cont. reg. Lazio, 20 gennaio 2015, n.2

 

Sitografia

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Amministrazione in cammino <https://www.amministrazioneincammino.luiss.it/>

Autorità Nazionale Anticorruzione <https://www.anticorruzione.it/>

Appalti e contratti <https://www.appaltiecontratti.it/>

Camera dei Deputati – Servizio Studi < https://www.camera.it/leg19/1>

Corte dei Conti < https://www.corteconti.it/>

Corte costituzionale <https://www.cortecostituzionale.it/default.do>

Corte Suprema di Cassazione <https://www.cortedicassazione.it/>

Costituzionalismo <https://www.costituzionalismo.it/>

CURIA Corte di giustizia dell’unione Europea <https://curia.europa.eu/>

Diritto dei servizi pubblici <https://www.dirittodeiservizipubblici.it/>

Federalismi.it <https://www.federalismi.it/>

Giustizia amministrativa <https://www.giustizia-amministrativa.it/>

Giustizia insieme <https://www.giustiziainsieme.it/it/>

Il sole 24 ore <https://www.ilsole24ore.com/>

IRPA - Istituto di ricerca sulla pubblica amministrazione < https://www.irpa.eu/>

Leggi d’Italia <https://www.leggiditaliaprofessionale.it/>

Ministero dell’Economia e delle finanze (MEF) < https://www.mef.gov.it/>

Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT) <https://www.mit.gov.it/>

Normattiva <https://www.normattiva.it/>

Questione giustizia <https://www.questionegiustizia.it7>

Senato della Repubblica – Servizio Studi < https://www.senato.it/home>

Sentenze appalti <https://www.sentenzeappalti.it/>

Spazioetico <https://spazioetico.com/>

Treccani, il portale del sapere <https://www.treccani.it/>

 

[1] Per esigenze redazionali in questa sede non si tratterà dell’evoluzione della disciplina in materia di contrattualistica pubblica. La letteratura in materia è ampia, tra queste si rinvia per un approfondimento a B. BRUNO, M. MARIANI, E. TOMA, La nuova disciplina dei contratti pubblici, Commento al D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36, Torino, Giappichelli, 2023, 1-10.

[2] Nel compito di redazione dello schema di Codice i consiglieri di Stato sono stati affiancati non solo da magistrati dei Tar, della Cassazione, della Corte dei conti, nonché da Avvocati dello Stato, ma anche da esperti esterni quali professori, avvocati, economisti, ingegneri, esperti di drafting, un informatico e un accademico della Crusca. Tale variegata composizione ha consentito alla Commissione, arricchita del fondamentale apporto di saperi non giuridici, di seguire un metodo di redazione normativa rigorosamente multidisciplinare, sottoponendo le disposizioni man mano formulate a una verifica di “fattibilità tecnico/economica”, ossia a una realistica simulazione applicativa da parte di esperti di altre discipline e non soltanto da giuristi. Relazione illustrativa al nuovo codice dei contratti pubblici, consultabile al link: https://www.bosettiegatti.eu/info/norme/statali/2023_0036_Codice_Contratti_Relazione.pdf.

[3] D.lgs. 31-3-2023, n. 36 Codice dei contratti pubblici in attuazione dell'articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante delega al Governo in materia di contratti pubblici.

[4] Legislativi in prima applicazione, regolamentari a regime.

[5] D.lgs. 31-12-2024, n. 209 Disposizioni integrative e correttive al codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36.  Trascorso più di un anno dalla entrata in vigore e dall’acquisto di efficacia delle disposizioni del Codice (articolo 229, commi 1 e 2), il Governo ha ritenuto di avvalersi della facoltà concessa dal comma 4 dell’articolo 1 della citata delega, in virtù della quale il Governo, entro due anni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 36 del 2023, è autorizzato ad apportare al medesimo decreto le correzioni e integrazioni che l’applicazione pratica ha reso medio tempore necessarie od opportune, nel rispetto dei medesimi principi e criteri direttivi contenuti nella delega. La ratio ispiratrice del provvedimento in argomento è da rinvenire prioritariamente nell’esigenza di chiarire, specificare e attuare alcune disposizioni che presentavano criticità applicative, con particolare riferimento agli allegati, in modo da agevolare il rilancio strutturale degli investimenti pubblici anche nella fase post PNRR, coerentemente con le prospettive e i tempi di un bilancio strutturale. Per un approfondimento si rimanda alla relazione illustrativa disponibile al link:

https://documenti.camera.it/apps/nuovoSito/attiGoverno/schedaLavori/getTesto.ashx?leg=XIX&file=0226_F001.pdf.

[6] G. PINO, Principi e argomentazione giuridica, in Ars Interpretandi, Annuario di ermeneutica giuridica, 2009, 131-158.

[7] G. ROVELLI, Introduzione al nuovo codice dei contratti pubblici. I principi nel nuovo codice degli appalti pubblici e la loro funzione regolatoria, saggio tratto dal Corso di formazione per Magistrati amministrativi “I contratti pubblici”, in giustizia-amministrativa.it, 2023.

[8] R. GUASTINI, Interpretare e argomentare, Giuffrè editore, Milano, 2011, cap. V.

[9] Corte cost., sent. 15 luglio 2005, n.279, in cortecostituzionale.it.

[10] Tentando di individuare alcune differenze e difformità tra i principi tradizionali, del 2016, e quelli di nuovo conio, del 2023, i primi sembrano essere frutto della tradizione, tratti dalla giurisprudenza, non sono circostanziati, sono dotati di un elevato grado di genericità e sono affermati in modo assoluto; i secondi, invece, sono inediti e contengono formulazioni finora occasionalmente conosciute dalla giurisprudenza, sono circostanziati e non generici ossia accompagnati da norme di dettaglio, e sono affermati in modo relativo indicando il limite oltre il quale la garanzia cessa o subisce un’eccezione, cosi M. MACCHIA, Il ruolo dei principi nel Codice dei contratti, in M. Macchia (a cura di) Costruire e acquistare, Lezioni sul nuovo codice dei contratti pubblici, Giappichelli, Torino, 2024, 4.

[11] Cons. Stato, Ad. gen., parere del 28 ottobre 2004, n.2, in federalismi.it, fas. n. 2/2019.

[12] V. nota a Cons. Stato, Ad. plen., sentenza del 7 maggio 2013 n. 13, (a cura di) C. GIORDANO, in ildirittoamminisrativo.it.

[13] Art. 1 del d.lgs. 31-3-2023, n. 36.

[14] Art. 2 del d.lgs. 31-3-2023, n. 36.

[15] B. BRUNO, M. MARIANI, E. TOMA, op. cit., 2023.

[16] G. MONTEDORO, La funzione nomofilattica e ordinante e i principi ispiratori del nuovo codice dei contratti pubblici, in giustizia-amministrativa.it, 2023.

[17] Idem.

[18] A. GALLO CARRABBA, La burocrazia difensiva: un esempio di cattiva amministrazione, in amministrazione pubblica, Roma, 2007, 55-56.

[19] Relazione illustrativa al nuovo codice dei contratti pubblici, consultabile al link: https://www.bosettiegatti.eu/info/norme/statali/2023_0036_Codice_Contratti_Relazione.pdf.

[20] Art. 4 del d.lgs. 31-3-2023, n. 36 “1. Le disposizioni del codice si interpretano e si applicano in base ai principi di cui agli articoli 1, 2 e 3.”.

[21] V. cap. III, par.1 del presente elaborato.

[22] Attenta dottrina ha definito tale principio un principio recinto definizione coniata da M. RENNA, I principi, in S. FANTINI, H. SIMONETTI, (a cura di) Il nuovo corso dei contratti pubblici, Principi e regole in cerca di ordine (d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36), Città di Castello, 2023, 27. L’autore individua le finalità dei c.d. principi recinto nel “segnare il perimetro entro il quale le norme del codice sono destinate a trovare applicazione”.

[23] Art. 7 del d.lgs. 31-3-2023, n. 36: “1. Le pubbliche amministrazioni organizzano autonomamente l’esecuzione di lavori o la prestazione di beni e servizi attraverso l’auto-produzione, l’esternalizzazione e la cooperazione nel rispetto della disciplina del codice e del diritto dell’Unione europea. 2. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono affidare direttamente a società in house lavori, servizi o forniture, nel rispetto dei principi di cui agli articoli 1, 2 e 3. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti adottano per ciascun affidamento un provvedimento motivato in cui danno conto dei vantaggi per la collettività, delle connesse esternalità e della congruità economica della prestazione, anche in relazione al perseguimento di obiettivi di universalità, socialità, efficienza, economicità, qualità della prestazione, celerità del procedimento e razionale impiego di risorse pubbliche. In caso di prestazioni strumentali, il provvedimento si intende sufficientemente motivato qualora dia conto dei vantaggi in termini di economicità, di celerità o di perseguimento di interessi strategici. I vantaggi di economicità possono emergere anche mediante la comparazione con gli standard di riferimento della società Consip S.p.a. e delle altre centrali di committenza, con i parametri ufficiali elaborati da altri enti regionali nazionali o esteri oppure, in mancanza, con gli standard di mercato. 3. L’affidamento in house di servizi di interesse economico generale di livello locale è disciplinato dal decreto legislativo 23 dicembre 2022, n. 201. 4. La cooperazione tra stazioni appaltanti o enti concedenti volta al perseguimento di obiettivi di interesse comune non rientra nell’ambito di applicazione del codice quando concorrono tutte le seguenti condizioni: a) interviene esclusivamente tra due o più stazioni appaltanti o enti concedenti, anche con competenze diverse; b) garantisce la effettiva partecipazione di tutte le parti allo svolgimento di compiti funzionali all’attività di interesse comune, in un’ottica esclusivamente collaborativa e senza alcun rapporto sinallagmatico tra prestazioni; c) determina una convergenza sinergica su attività di interesse comune, pur nella eventuale diversità del fine perseguito da ciascuna amministrazione, purché l’accordo non tenda a realizzare la missione istituzionale di una sola delle amministrazioni aderenti; d) le stazioni appaltanti o gli enti concedenti partecipanti svolgono sul mercato aperto meno del 20 per cento delle attività interessate dalla cooperazione”.

[24] Art. 2, Direttiva UE 2014/23 “la presente direttiva riconosce il principio per cui le autorità nazionali, regionali e locali possono liberamente organizzare l’esecuzione dei propri lavori o la prestazione dei propri servizi in conformità del diritto nazionale e dell’Unione. Tali autorità sono libere di decidere il modo migliore per gestire l’esecuzione dei lavori e la prestazione dei servizi per garantire in particolare un levato livello di qualità, sicurezza e accessibilità, la parità di trattamento e la promozione dell’accesso universale e dei diritti dell’utenza nei servizi pubblici”.

[25] A. ZITO, Art. 7. Principio di auto-organizzazione amministrativa, in A. BOTTO, S. CASTRIVINCI ZENNA (a cura di) Commentario alla normativa sui contratti pubblici, Torino, Giappichelli, 2024, 74.

[26] Idem.

[27] Cons. Stato, Sez. V, sent. 14 gennaio 2019, n.296; Id., 7 gennaio 2019, n. 138 in giustizia-amministrativa.it.

[28] Così testualmente Corte Giust. UE, Sez. V, sent. 22 dicembre 2022, in cause riunite C-383/21 e C-384/21, in Il Foro amministrativo, Rivista mensile di dottrina e giurisprudenza, Giuffrè editore, 1548.

[29] Così F. FIGORILLI, Il principio di auto-organizzazione amministrativa previsto dal nuovo codice dei contratti pubblici, in Nuove Autonomie Rivista Quadrimestrale di Diritto Pubblico, Fascicolo n. 3/2023, 969, link: https://www.nuoveautonomie.it/wp-content/uploads/2024/07/N.A.-3.23_fascicolo.pdf.    

[30] A. ZITO, op. cit., 2024, 75-76

[31] Art. 1, c. 4, del d.lgs. 31-3-2023, n. 36 “4. Il principio del risultato costituisce criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto [...]”

[32] Art. 192, c. 2 del d.lgs. 18-4-2016, n. 50: “2. Ai fini dell'affidamento in house di un contratto avente ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, le stazioni appaltanti effettuano preventivamente la valutazione sulla congruità economica dell'offerta dei soggetti in house, avuto riguardo all'oggetto e al valore della prestazione, dando conto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche”.

[33] A. ZITO, op. cit., 75-76, ma anche F. FIGORILLI, op. cit., 2023, 974-975.

[34] Art. 3 della l. 7-8-1990, n.241: “1. Ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti l’organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi ed il personale, deve essere motivato, salvo che nelle ipotesi previste dal comma 2. La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria […]”.

[35] F.G. SCOCA, Diritto amministrativo, Torino, Giappichelli, 2021,195-197, M. FRATINI, Manuale sistematico di diritto amministrativo 2022-2023, Accademia del diritto, 2022, 415-418, G. CORSO, Manuale di diritto amministrativo, XI edizione, Torino, Giappichelli, Torino, 2023, 333-356, R. MUSSARI, Economia delle amministrazioni pubbliche, II edizione Milano, McGrawHill, 2017, 1-44, M. PAOLONI, F.G. GRANDIS, La dimensione aziendale delle amministrazioni pubbliche, Torino, Giappichelli, 2007.

[36] Idem.

[37] A. ZITO, op. cit., 2024, 75-76.

[38] A. MALTONI, Oneri motivazionali differenziati richiesti per l’affidamento a società in house di attività aventi rilevanza economica e affidamenti in house “convenzionali”, in federalismi.it, 2023.

[39] Art. 10, comma 3 del d.l. 31-5-2021, n. 77. Ai fini dell'articolo 192, comma 2, del decreto legislativo n. 50 del 2016, la valutazione della congruità economica dell'offerta ha riguardo all'oggetto e al valore della prestazione e la motivazione del provvedimento di affidamento dà conto dei vantaggi, rispetto al ricorso al mercato, derivanti dal risparmio di tempo e di risorse economiche, mediante comparazione degli standard di riferimento di Consip S.p.A e delle centrali di committenza regionali.

[40] Art. 7, c. 3, del d.lgs. 31-3-2023, n.36 3. L’affidamento in house di servizi di interesse economico generale di livello locale è disciplinato dal decreto legislativo 23 dicembre 2022, n. 201.

[41] I. CAVALLINI, E. RIVOLA, M. ORSETTI, La nuova stagione delle società in house dopo il PNRR, la riforma del codice appalti e la legge concorrenza 2022, in Azienditalia – Enti locali, n.1/2022, IPSOA Wolters Kluwer.

[42] art. 7, c. 4, del d.lgs. 31-3-2023, n. 36 4. La cooperazione tra stazioni appaltanti o enti concedenti volta al perseguimento di obiettivi di interesse comune non rientra nell’ambito di applicazione del codice quando concorrono tutte le seguenti condizioni: a) interviene esclusivamente tra due o più stazioni appaltanti o enti concedenti, anche con competenze diverse; b) garantisce la effettiva partecipazione di tutte le parti allo svolgimento di compiti funzionali all’attività di interesse comune, in un’ottica esclusivamente collaborativa e senza alcun rapporto sinallagmatico tra prestazioni; c) determina una convergenza sinergica su attività di interesse comune, pur nella eventuale diversità del fine perseguito da ciascuna amministrazione, purché l’accordo non tenda a realizzare la missione istituzionale di una sola delle amministrazioni aderenti; d) le stazioni appaltanti o gli enti concedenti partecipanti svolgono sul mercato aperto meno del 20 per cento delle attività interessate dalla cooperazione.

[43] art. 5, c. 6, del d.lgs. 18-04-2016, n. 50 Un accordo concluso esclusivamente tra due o più amministrazioni aggiudicatrici non rientra nell'ambito di applicazione del presente codice, quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni: a) l’accordo stabilisce o realizza una cooperazione tra le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori partecipanti, finalizzata a garantire che i servizi pubblici che essi sono tenuti a svolgere siano prestati nell'ottica di conseguire gli obiettivi che essi hanno in comune; b) l'attuazione di tale cooperazione è retta esclusivamente da considerazioni inerenti all'interesse pubblico; c) le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori partecipanti svolgono sul mercato aperto meno del 20 per cento delle attività interessate dalla cooperazione.

[44][…] le amministrazioni pubbliche possono sempre concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune”.

[45] Parte della dottrina ha evidenziato come il riferimento alla competenza non sia particolarmente felice in quanto il legislatore non chiarisce cosa si intenda per competenza, se la misura in cui i poteri sono distribuiti all'interno di una pubblica amministrazione o più in generale gli interessi pubblici alla stessa attributi, in tal senso v. A. ZITO, op. cit., 2024.

[46] In tal senso v. parere ANAC del 17-1-2024, n.66 “[…] È, quindi, essenziale la posizione di equiordinazione tra le parti, al fine di coordinare i rispettivi ambiti di intervento su oggetti di interesse comune e non di comporre un conflitto di interessi di carattere patrimoniale; occorre, in sostanza, una “sinergica convergenza” su attività di interesse comune, pur nella diversità del fine pubblico perseguito da ciascuna amministrazione”.

[47] Corte giust. UE, grande sezione, sent. 19 dicembre 2012, in causa C- 159/11, in giurdanella.it, In relazione ad una controversia riguardante un contratto di consulenza tra l’Azienda Sanitaria Locale di Lecce e l’Università del Salento avente ad oggetto lo studio e la valutazione della vulnerabilità sismica di strutture ed edifici ospedalieri.

[48] Corte giust. UE, Sez. X, sent. 16 maggio 2013, in causa C-564/11, in questionegiustizia.it.

[49] Sul punto v. Corte giust. UE, Sez. IX, sent. 21 dicembre 2012, in cause riunite da C-159/12 a C-161/12, in curia.europa.eu, i Giudici hanno ritenuto non coerente con la disciplina in materia di contratti pubblici, la stipula di un accordo tra due amministrazioni aggiudicatrici (nella fattispecie una ASL e una Università) per lo studio e la valutazione della vulnerabilità sismica di strutture ospedaliere, poiché una delle amministrazioni coinvolte rivestiva la qualità di operatore economico. In particolare, i Giudici hanno osservato che: “Tale contratto present(a)i un insieme di aspetti materiali corrispondenti in misura estesa, se non preponderante, ad attività che vengono generalmente svolte da ingegneri o architetti e che, se pur basate su un fondamento scientifico, non assomigliano ad attività di ricerca scientifica. Di conseguenza..., la funzione di servizio pubblico costituente l’oggetto della cooperazione tra enti pubblici istituita da detto contratto non sembra garantire l’adempimento di una funzione di servizio pubblico comune all’ASL e all’Università”.

[50] Cons. Stato, Sez. V, sent. 23 giugno 2014, n. 3130, in lexitalia.it.

[51] Cons. Stato, Sez. V, sent. 28 marzo 2017, n. 1418 e Id., sent. 15 luglio 2013, n. 3849, entrambe consultabili in amministrazioneincammino.luiss.it; anche il giudice amministrativo ha escluso la sussistenza dei presupposti legittimanti il ricorso agli accordi di cooperazione laddove il contratto non contenga una disciplina di attività comuni agli enti, ma componga un contrasto di interessi tra l’Università che, grazie all’attività scientifica istituzionalmente svolta, offre prestazioni di ricerca e consulenza deducibili in contratti di appalto pubblico di servizi e l’ente che, conformandosi a precetti normativi, domanda tali prestazioni, in quanto strumentali allo svolgimento dei propri compiti di interesse pubblico. Tanto più ove sia previsto uno scambio economico, ossia la previsione di un corrispettivo, calcolato secondo il criterio del costo necessario alla produzione del servizio. Anche in tal caso è configurabile lo schema tipico dei contratti di diritto comune ex art. 1321 c.c., escludendo quindi che l’accordo dia luogo ad una cooperazione tra enti pubblici finalizzata a garantire l’adempimento di una funzione di servizio pubblico comune a questi ultimi.

[52] Delibera ANAC 18 febbraio 2015, n. 7, Delibera ANAC 18 maggio 2023, n. 179, Parere ANAC del 17 gennaio 2024, n.66, consultabili in anticorruzione.it.

[53] M. FRATINI, op. cit., 185.

[54] Data la forma privatistica, dovrebbero applicarsi le regole del diritto privato, all’opposto la sostanzia riconduce alle regole del diritto amministrativo.

[55] Ne esistono invece più tipi, classificabili in ragione del differente oggetto e della differente finalità, della natura dei soci pubblici, del loro assetto proprietario. Si può tentare di operare una classificazione delle società pubbliche sulla base di un criterio quantitativo, che distingue le società pubbliche in ragione della misura della partecipazione pubblica al capitale (società a totale partecipazione pubblica dalle società a capitale misto), o si un criterio qualitativo che considera l'oggetto sociale e l'attività svolta (società di gestione, società strumentali e società-impresa pubblica).

[56] In tutta evidenza si stratta di una relazione socio - società del tutto differente da quella prevista dal diritto comune e disciplinata all’art. 2497 del Codice civile.

[57] M. CLARICH, Le autorità indipendenti nello spazio regolatorio: l’ascesa e il declino del modello, in Diritto Pubblico, il Mulino, Milano, 2004, 1035-1073; H. BONURA, M. VILLANI, Ancora sull’eccezionalità del ricorso all’in house: una possibile rilettura alla luce della giurisprudenza più recente, in Rivista della Corte dei Conti, fascicolo n. 3/2020; S. VALAGUZZA, Nuovi scenari per l’impresa pubblica nella sharing economy, in federalismi.it, 2020.

[58] Camera dei deputati, Servizio per il Controllo parlamentare, Monitoraggio e controllo sulle società a partecipazione pubblica e ricognizione degli assetti organizzativi n. 48, dossier gennaio 2023.

[59] In tal senso v. la proposta di Linee guida ANAC del 2021, poi rimaste inattuate dopo il parere del Consiglio di Stato.

[60] L. 5-8-2022, n. 118 Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021.

[61] D.lgs. 23-12-2022, n. 201 Riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica.

[62] V. nota n. 27.

[63] Corte giust. UE, Sez. V, sent. 18 novembre 1999, in causa C-107/98, Teckla, in dirittodeiservizipubblici.it. I giudici hanno ha evidenziato che l’unico caso in cui non è necessario svolgere la gara pubblica per l’affidamento di un contratto è quando “nel contempo, l'ente locale eserciti sulla persona di cui trattasi un controllo analogo a quello da esso esercitato sui propri servizi e questa persona realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o con gli enti locali che la controllano”. In tutti gli altri casi in cui l’ente aggiudicatario del contratto e l’operatore economici affidatario sono entità tra loro distinte sul piano formale e autonome su quello decisionale è necessario procedere con gara pubblica; Corte giust. UE, Sez. V, sent. 7 dicembre 2000, in causa C-94/99, TREA Leuna, in ambientediritto.it, i Giudici hanno affermato che: “anche una minoritaria partecipazione privata nell'ente affidatario pregiudica il corretto esercizio del controllo analogo, richiedendo l'applicazione della normativa sui contratti pubblici da affidare previa gara. Ciò in quanto la partecipazione privata sottende il perseguimento di tutta una serie di interessi privatistici ed egoistici che si differenziano da quelli pubblici collettivi portati dall'amministrazione”.

[64] V. cap. II, par. 2 del presente elaborato.

[65] In merito all’attività prevalente e come individuarla v. Corte giust. UE, Sez. IV, sent. 8 dicembre 2016, in causa C-553/15, Undis Servizi, in curia.europe.eu; in merito al controllo analogo e come realizzarlo si veda Corte giust. UE, Sez. V, sent. 19 giugno2014, in causa C-574/12, dirittodeiservizipubblici.it.

[66] Corte giust. UE, Sez. IX, ord., 6 febbraio 2020, in cause riunite C-89/19 e C-91/19, in curia.europe.eu, i giudici hanno affermato che: “le pubbliche amministrazioni possono acquisire una partecipazione in una società già pubblicamente controllata, per poi affidare il servizio in house solo nel caso in cui sia garantito che la sommatoria di tutte le partecipazioni pubbliche garantisca l'esistenza di un effettivo controllo analogo. Per un approfondimento su tale ordinanza v. G. SCARAFIOCCA, L’in house providing di nuovo all'attenzione delle Corti. L'occasione per uno sguardo d'insieme, in federalismi.it, 10 febbraio 2021.

[67] Corte giust. UE, sez. IV, sent. 18 giugno 2020, in causa C-328/19, in ambientediritto.it, la Corte ha ritenuto ammissibile che il Comune incaricato affidi direttamente in house un servizio, senza svolgimento di gara pubblica, a favore di tutti i Comuni aderenti all'accordo qualora, in assenza di detto affidamento, gli altri Comuni sarebbero rimasti scoperti dal servizio.

[68] In tal senso v., Corte cost., sent. 17 novembre 2010, n. 325, in cortecostituzionale.it.

[69] Corte cost., sent. 27 maggio 2020, n. 100, in cortecostituzionale.it. La Corte, adita dal TAR Liguria, in merito alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 192, c. 2, d.lgs. n. 50/2016, ora abrogato, nella parte in cui prevedeva che le stazioni appaltanti danno conto, nella motivazione del provvedimento di affidamento in house, delle ragioni del mancato ricorso al mercato. Il TAR rimettente sosteneva che tale previsione avrebbe imposto all’amministrazione un onere eccessivo in sede di motivazione, tanto da integrare un indoramento (gold plaiting) in quanto introduceva un onere non richiesto dalla direttiva UE n. 24/2014 e pertanto illegittimo. Nella pronuncia, i giudici costituzionali hanno ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale posta dal TAR, valorizzando la libertà per i singoli Stati membri di scegliere i modi e gli strumenti più adatti per attuare le direttive.

[70] V. nota n. 63.

[71] Corte Cost., sent. 23 novembre 2021, n. 218, in cortecostituzionale.it.

[72]D. ANSELMI, F. SMERCHINICH, C. DE MARTINO, Società in house. L’affidamento nella pratica, Maggioli editori, Santarcangelo di Romagna, 2023, 36.

[73] Cons. Stato, Sez. IV, dec. 25 gennaio 2005, n.168, in dirittodeiservizipubblici.it.

[74] Ex multis Cons. Stato, Sez. IV, sent. 11 febbraio 2013, n. 762, in dirittodeiservizipubblici.it; Cons. Stato, Sez. V, sent. 22 gennaio 2015, n. 257, in dirittodeiservizipubblici.it; Cons. Stato, Sez. V, sent. 18 luglio 2017, n. 3554, in dirittodeiservizipubblici.it.

[75] Ex multis Cons. Stato, Sez. V, sent. 18 luglio 2017, cit., in sentenzeappalti.it, luglio 2017; Cons. Stato, Sez. III, sent. 24 ottobre 2017, n. 4902, in Rassegna giurisprudenziale sulle procedure ad evidenza pubblica (ottobre 2017 – dicembre 2017) a cura di  F. ARMENANTE, FormezPA, 13: “Più di recente, Cons. Stato, sez. V, 22 gennaio 2015, n. 257 ha non solo ribadito la natura ordinaria e non eccezionale dell'affidamento in house, ricorrendone i presupposti, ma ha pure rilevato come la relativa decisione dell'amministrazione, ove motivata, sfugge al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salva l'ipotesi di macroscopico travisamento dei fatti o di illogicità manifesta; motivazione che, nel caso di specie, è stata fornita anche a mezzo della citata relazione allegata alla deliberazione consiliare n. 61 del 2012. A ciò aggiungasi la chiara dizione del quinto Considerando della direttiva 2014/24/UE, laddove si ricorda che 'nessuna disposizione della presente direttiva obbliga gli Stati membri ad affidare a terzi o a esternalizzare la prestazione di servizi che desiderano prestare essi stessi o organizzare con strumenti diversi dagli appalti pubblici ai sensi della presente direttiva”.

[76] TAR Lombardia, Milano, Sez. I, sent. 15 novembre 2022, n. 2536, in studiolegalesantiapichi.it; “Sempre in relazione al fallimento del mercato, è tautologica e irrilevante l'affermazione per cui la configurazione in house consente all'ente affidante un più pervasivo controllo sul servizio. Si tratta di una conseguenza propria di ogni legittimo affidamento in house, quale istituto centrato sull’esistenza di un controllo analogo talmente pregnante da escludere una sostanziale alterità tra l'ente locale e la sua società in house. Se il parametro per valutare la legittimità di un affidamento in house fosse quello proposto dal Comune di ..., l'utilizzazione dell’in house sarebbe la regola generale, ma così non è, perché l’in house costituisce una deroga al principio di tutela della concorrenza e del mercato, che è giustificata solo quando l'amministrazione dimostra che il mercato non è in grado di soddisfare le esigenze espresse dal suo territorio e dalla sua popola-zione, in termini sia di benefici per la collettività, sia di universalità, efficienza, economicità e qualità del servizio, sia di convenienza economica”.

[77] Cons. Stato, Sez. III, sent. 12 marzo 2021, n. 2102, in giustiziainsieme.it; Cons. Stato, Sez. III, sent. 10 maggio 2021, n. 3682, in dirittodeiservizipubblici.it; Corte conti, sez. contr. reg. Toscana, del. 25 febbraio 2022, n.13, in corteconti.it; in ultimo Cons. giust. amm. reg.le Sicilia, sent. 13 dicembre 2022, n. 1258, in ilsole24ore.com: “Tuttavia, l'evidenza statistica della maggiore diffusione nazionale della gestione in house è di per sé inidonea a dimostrare la pretesa maggiore economicità ed efficienza dell'affidamento diretto in house in sé considerato, dovendosi verificare caso per caso il ricorrere dei requisiti previsti per tal forma di affidamento. Questo ha comportato che nessuno dei due atti abbia assolto all'onere di motivazione, men che meno rafforzato, imposto dalla legge. In particolare, i suddetti documenti non danno conto delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti dall’ordinamento europeo per la forma di affidamento prescelta, nonché delle ragioni del mancato ricorso d mercato e dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del service, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche”.

[78] Corte conti, sez. contr. reg.le Lombardia, sent. 25 ottobre 2022, n.161, in corteconti.it: Sempre a titolo esemplificativo, si rileva che nell'ambito di un'analisi comparativa dei punti di forza e debolezza dei tre modelli gestionali per lo svolgimento del servizio di igiene urbana, è stata considerata adeguata la motivazione che rimanda ad una relazione che 'sottolinea i vantaggi della scelta del modello in house, dati tra l'altro: dalla riserva in capo all'ente comunale della direzione strategica e dalla maggiore capacità di controllo sulla gestione; dall'esperienza maturata dalla società in house nella gestione del servizio, tale da consentirle di offrire un progetto maggiormente rispondente alle esigenze dello stesso; dalla maggiore flessibilità nell'organizzazione delle attività rispetto alle previsioni contrattuali, insite nel rapporto organico tipico dell’in house providing, e dalla riduzione di organico. Non manca al riguardo una disamina delle criticità insite nel modello in questione, individuate tra l'altro nei maggiori vincoli agli investimenti in risorse umane e strumentali; nell'assenza di competizione sul prezzo quale vi sarebbe stata in gara e nell'impossibilità di applicare penali in caso di inadempienze contrattuali. La relazione svolge quindi un'analoga analisi per il modello del ricorso al mercato, del quale sono individuati quali punti di forza: la professionalità e l'esperienza nel settore; l'assunzione di responsabilità per l'esecuzione del servizio in via esclusiva in capo all'operatore privato; la competizione sul prezzo in sede di gara; una maggiore capacità di investimenti, cui però si contrappone l'assenza delle sinergie tipiche dell'in house providing derivanti dall'alterità soggettiva dell'appaltatore rispetto all'amministrazione; e i rischi di contenzioso tra le due parti (Cons. St., sent. n. 1596 del 23 febbraio 2021). Una volta evidenziati i punti di forza' e debolezza' dei diversi modelli (ivi compresa la società mista), la metodologia della attribuzione di punteggi in relazione ai singoli punti di forza e debolezza per giungere alla decisione finale sul modello gestorio da scegliere è corretta”.

[79] V. nota n. 76.

[80] D. ANSELMI, F. SMERCHINICH, C. DE MARTINO, op.cit., 43.

[81] Idem, 30.

[82] D.lgs. 19-08-2016, n. 175 Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica.

[83] Si precisa che l’art.1, c. 3 del d.lgs. 19-08-2016, n. 17 il quale dispone che “Per tutto quanto non derogato dalle disposizioni del presente decreto, si applicano alle società a partecipazione pubblica le norme sulle società contenute nel codice civile e le norme generali di diritto privato” si applica anche alle società in house così come specificato dalla corte di Corte cass., SS.UU., ord. 1° dicembre 2016, n. 2459, in eius.it.

[84] Sul controllo analogo v. cap. II, par. 2 del presente elaborato.

[85] Art. 2, c. 1, let. o) del d.lgs. 19-08-2016, n. 175.

[86] Art. 4, c. 2 del d.lgs. 19-08-2016, n. 175 Nei limiti di cui al comma 1, le amministrazioni pubbliche possono, direttamente o indirettamente, costituire società e acquisire o mantenere partecipazioni in società esclusivamente per lo svolgimento delle attività sotto indicate:

a) produzione di un servizio di interesse generale, ivi inclusa la realizzazione e la gestione delle reti e degli impianti funzionali ai servizi medesimi;

b) progettazione e realizzazione di un'opera pubblica sulla base di un accordo di programma fra amministrazioni pubbliche, ai sensi dell'articolo 193 del decreto legislativo n. 50 del 2016;

c) realizzazione e gestione di un'opera pubblica ovvero organizzazione e gestione di un servizio d'interesse generale attraverso un contratto di partenariato di cui all'articolo 180 del decreto legislativo n. 50 del 2016, con un imprenditore selezionato con le modalità di cui all'articolo 17, commi 1 e 2;

d) autoproduzione di beni o servizi strumentali all'ente o agli enti pubblici partecipanti o allo svolgimento delle loro funzioni, nel rispetto delle condizioni stabilite dalle direttive europee in materia di contratti pubblici e della relativa disciplina nazionale di recepimento;

e) servizi di committenza, ivi incluse le attività di committenza ausiliarie, apprestati a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 50 del 2016.

[87] Art. 16, c. 1 del d.lgs. 19-08-2016, n. 175: “1. Le società in house ricevono affidamenti diretti di contratti pubblici dalle amministrazioni che esercitano su di esse il controllo analogo o da ciascuna delle amministrazioni che esercitano su di esse il controllo analogo congiunto solo se non vi sia partecipazione di capitali privati, ad eccezione di quella prescritta da norme di legge e che avvenga in forme che non comportino controllo o potere di veto, né l’esercizio di un'influenza determinante sulla società controllata”.

[88] Art. 16, c. 2 del d.lgs. 19-08-2016, n. 175: “2. Ai fini della realizzazione dell'assetto organizzativo di cui al comma 1:a) gli statuti delle società per azioni possono contenere clausole in deroga delle disposizioni dell'articolo 2380-bis e dell'articolo 2409-novies del codice civile; b) gli statuti delle società a responsabilità limitata possono prevedere l'attribuzione all'ente o agli enti pubblici soci di particolari diritti, ai sensi dell'articolo 2468, terzo comma, del codice civile; c) in ogni caso, i requisiti del controllo analogo possono essere acquisiti anche mediante la conclusione di appositi patti parasociali; tali patti possono avere durata superiore a cinque anni, in deroga all'articolo 2341-bis, primo comma, del codice civile”.

[89] Art. 16, c. 3 e 3 bis del d.lgs. 19-08-2016, n.175: “3. Gli statuti delle società di cui al presente articolo devono prevedere che oltre l'ottanta per cento del loro fatturato sia effettuato nello svolgimento dei compiti a esse affidati dall'ente pubblico o dagli enti pubblici soci. 3-bis. La produzione ulteriore rispetto al limite di fatturato di cui al comma 3, che può essere rivolta anche a finalità diverse, è consentita solo a condizione che la stessa permetta di conseguire economie di scala o altri recuperi di efficienza sul complesso dell'attività principale della società”.

[90] Art. 16, c. 7 del d.lgs. 19-08-2016, n.175: “7. Le società di cui al presente articolo sono tenute all'acquisto di lavori, beni e servizi secondo la disciplina di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016. Resta fermo quanto previsto dagli articoli 5 e 192 del medesimo decreto legislativo n. 50 del 2016”.

[91] d.lgs. 23-12- 2022, n. 201 (“Riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica”), pubblicato il 23 dicembre 2022 ed entrato in vigore il 9 gennaio 2023.

[92] Art. 14, c. 1 del d.lgs. 23-12-2022, n. 201: “1.Tenuto conto del principio di autonomia nell’organizzazione dei servizi e dei principi di cui all’articolo 3, l’ente locale e gli altri enti competenti, nelle ipotesi in cui ritengono che il perseguimento dell’interesse pubblico debba essere assicurato affidando il servizio pubblico a un singolo operatore o a un numero limitato di operatori, provvedono all’organizzazione del servizio mediante una delle seguenti modalità di gestione: a) affidamento a terzi mediante procedura a evidenza pubblica, secondo le modalità previste dal dall’articolo 15, nel rispetto del diritto dell’Unione europea; b) affidamento a società mista, secondo le modalità previste dall’articolo 16, nel rispetto del diritto dell’Unione europea; c) affidamento a società  in house, nei limiti fissati dal diritto dell’Unione europea, secondo le modalità previste dall’articolo 17; d) limitatamente ai servizi diversi da quelli a rete, gestione in economia o mediante aziende speciali di cui all’articolo 114 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000”.

[93] Art. 14, c. 2 del d.lgs. 23-12-2022, n. 201: “2. Ai fini della scelta della modalità di gestione del servizio e della definizione del rapporto contrattuale, l’ente locale e gli altri enti competenti tengono conto delle caratteristiche tecniche ed economiche del servizio da prestare, inclusi i profili relativi alla qualità del servizio e agli investimenti infrastrutturali, della situazione delle finanze pubbliche, dei costi per l’ente locale e per gli utenti, dei risultati prevedibilmente attesi in relazione alle diverse alternative, anche con riferimento a esperienze paragonabili, nonché dei risultati della eventuale gestione precedente del medesimo servizio sotto il profilo degli effetti sulla finanza pubblica, della qualità del servizio offerto, dei costi per l’ente locale e per gli utenti e degli investimenti effettuati. Nella valutazione di cui al presente comma, l’ente locale e gli altri enti competenti tengono altresì conto dei dati e delle informazioni che emergono dalle verifiche periodiche di cui all’articolo 30”.

[94] Art. 30 del d.lgs. 23-12-2022, n. 201: “I comuni o le loro eventuali forme associative, con popolazione superiore a 5.000 abitanti, nonché le città metropolitane, le province e gli altri enti competenti, in relazione al proprio ambito o bacino del servizio, effettuano la ricognizione periodica della situazione gestionale dei servizi pubblici locali di rilevanza economica nei rispettivi territori. Tale ricognizione rileva, per ogni servizio affidato, il concreto andamento dal punto di vista economico, della qualità del servizio e del rispetto degli obblighi indicati nel contratto di servizio, in modo analitico, tenendo conto anche degli atti e degli indicatori di cui agli articoli 7, 8 e 9. La ricognizione rileva altresì la misura del ricorso all’affidamento a società in house, oltre che gli oneri e i risultati in capo agli enti affidanti. 2. La ricognizione di cui al comma 1 è contenuta in un’apposita relazione ed è aggiornata ogni anno, contestualmente all’analisi dell’assetto delle società partecipate di cui all’articolo 20 del decreto legislativo n. 175 del 2016. Nel caso di servizi affidati a società    in house, la relazione di cui al periodo precedente costituisce appendice della relazione di cui al predetto articolo 20 del decreto legislativo n. 175 del 2016. 3. In sede di prima applicazione, la ricognizione di cui al primo periodo è effettuata entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.”.

[95] Art. 14, c. 3 del d.lgs. 23-12-2022, n.201: “3. Degli esiti della valutazione di cui al comma 2 si dà conto, prima dell’avvio della procedura di affidamento del servizio, in un’apposita relazione nella quale sono evidenziate altresì le ragioni e la sussistenza dei requisiti previsti dal diritto dell’Unione europea per la forma di affidamento prescelta, nonché illustrati gli obblighi di servizio pubblico e le eventuali compensazioni economiche, inclusi i relativi criteri di calcolo, anche al fine di evitare sovracompensazioni”.

[96] D. ANSELMI, F. SMERCHINICH, C. DE MARTINO, op. cit.,19.

[97] Art. 17, c. 1 del d.lgs. 23-12-2022, n.201: “1. Gli enti locali e gli altri enti competenti possono affidare i servizi di interesse economico generale di livello locale a società in house, nei limiti e secondo le modalità di cui alla disciplina in materia di contratti pubblici e di cui al decreto legislativo n. 175 del 2016”.

[98] Art. 17, c. 2 del d.lgs. 23-12-2022, n.201: “2. Nel caso di affidamenti    in house    di importo superiore alle soglie di rilevanza europea in materia di contratti pubblici, fatto salvo il divieto di artificioso frazionamento delle prestazioni, gli enti locali e gli altri enti competenti adottano la deliberazione di affidamento del servizio sulla base di una qualificata motivazione che dia espressamente conto delle ragioni del mancato ricorso al mercato ai fini di un’efficiente gestione del servizio, illustrando, anche sulla base degli atti e degli indicatori di cui agli articoli 7, 8 e 9, i benefici per la collettività della forma di gestione prescelta con riguardo agli investimenti, alla qualità del servizio, ai costi dei servizi per gli utenti, all’impatto sulla finanza pubblica, nonché agli obiettivi di universalità, socialità, tutela dell’ambiente e accessibilità dei servizi, anche in relazione ai risultati conseguiti in eventuali pregresse gestioni in house, tenendo conto dei dati e delle informazioni risultanti dalle verifiche periodiche di cui all’articolo 30”.

[99] Art. 17, c. 3 del d.lgs. 23-12-2022, n. 201: “3. Il contratto di servizio è stipulato decorsi sessanta giorni dall’avvenuta pubblicazione, ai sensi dell’artico lo 31, comma 2, della deliberazione di affidamento alla società    in house    sul sito dell’ANAC. La disposizione di cui al presente comma si applica a tutte le ipotesi di affidamento senza procedura a evidenza pubblica di importo superiore alle soglie di rilevanza europea in materia di contratti pubblici, compresi gli affidamenti nei settori di cui agli articoli 32 e 35”.

[100] Art. 17, c. 4 del d.lgs. 23-12-2022, n. 201: “4. Per i servizi pubblici locali a rete, alla deliberazione di cui al comma 2 è allegato un piano economico-finanziario che, fatte salve le discipline di settore, contiene anche la proiezione, su base triennale e per l’intero periodo di durata dell’affidamento, dei costi e dei ricavi, degli investimenti e dei relativi finanziamenti, nonché la specificazione dell’assetto economico-patrimoniale della società, del capitale proprio investito e dell’ammontare dell’indebitamento, da aggiornare ogni triennio. Tale piano deve essere asseverato da un istituto di credito o da una società di servizi iscritta all’albo degli intermediari finanziari ai sensi dell’articolo 106 del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, o da una società di revisione ai sensi dell’articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1966, o da revisori legali ai sensi del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39”.

[101] Tale previsione serve a dare attuazione alla modifica apportata dalla l. 5-8-2022, n. 118 (“Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021”) all’art. 5, c. 3 del d.lgs. 19-08-2016, n. 175 in materia di razionalizzazione delle partecipazioni pubbliche, adempimento verificato dalla Corte dei Conti.

[102] Art. 3, c. 3, let. e) dell’allegato I.1 del d.lgs. 30-03-2023, n. 36.

[103] Art. 2, par. 1 della Direttiva 24/2014/UE.

[104] Art.17, par. 1, 2 e 3 della Direttiva 23/2014/UE.

[105] Art. 28, par. 1, 2 e 3, della Direttiva 24/2014/UE.

[106] Per un approfondimento sul coordinamento tra le normative v. l’e-book D. ANSELMI, F. SMERCHINICH, L’affidamento dei servizi pubblici tra il decreto legislativo di riordino n. 201/2022, il nuovo codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 36/2023) e il testo unico delle società a partecipazione pubblica ((d.lgs. n. 175/2016) Linee guida di coordinamento per orientarsi tra le normative, Maggioli editori, Santarcangelo di Romagna, 2023,

[107] D.lgs. del 8-8-2000, n. 267 “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”.

[108] Art. 114, c. 1, del d.lgs. 08-08-2000, n. 267: “1. L'azienda speciale è ente strumentale dell'ente locale dotato di personalità giuridica, di autonomia imprenditoriale e di proprio statuto, approvato dal consiglio comunale o provinciale. L'azienda speciale conforma la propria gestione ai principi contabili generali contenuti nell'allegato n.1 al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e successive modificazioni, ed ai principi del codice civile”.

[109] Cons. St., sez. V, sent. 31 luglio 2019, n. 5444, in appaltiecontratti.it.

[110] D. ANSELMI, F. SMERCHINICH, C. DE MARTINO, op. cit., 26.

[111] Idem, 28.

[112]  Per un approfondimento v. Corte conti, sez. reg. cont. Veneto, par. 4 novembre 2021, n.182, in dirittodeiservizipubblici.it.

[113] V. DI CESARE, Le società in house e il principio di auto – produzione amministrativa: tratti morfologici e principi disciplinari, in rivista il Diritto amministrativo, 2023, 5-6.

[115] V. nota n. 66.

[116] Ex multis Cons. Stato, Sez. V, sent. 27 gennaio 2020, n. 681, in dirittodeiservizipubblici.it.

[117] Ex multis Corte conti, sez. reg. cont. Reg. Lazio, del. 20 gennaio 2015, n.2, in dirittodeiservizipubblici.it.

[118] Par. 3 dello schema di Linee guida.

[119] Par. 4 dello schema di Linee guida.

[120] Par. 5 dello schema di Linee guida.

[121] Par. 6 dello schema di Linee guida.

[122] Par. 7 dello schema di Linee guida.

[123] Cons. St., sez. att. norm., par. 7 ottobre 2021, n.1614, in anticorruzione.it.

[124] Idem.

[125] È possibile consultare integralmente le osservazioni di AGCM su anticorruzione.it, v. nota n. 114.

[126] È possibile consultare integralmente le osservazioni di ART su anticorruzione.it, si v. nota n. 114.

[127] È possibile consultare integralmente le osservazioni di ARERA su anticorruzione.it, v. nota n. 114.

[128] V. cap. I, par. 3 e 3.1 del presente elaborato.

[129] V. DI CESARE, op. cit., 3.

[130] M. CIAN, I requisiti qualificatori della società in house, in giurisprudenza commerciale, 2019, 196.

[131] È necessario evidenziare che le diverse fonti a cui si fa riferimento in materia di in house, utilizzano terminologie diverse, ad esempio il d.lgs. 23-12-2022, n.201 fa riferimento ad una “motivazione qualificata”, mentre il d.lgs. 19-08-2016, n.175 richiede una “motivazione analitica”. Anche in giurisprudenza si legge di “motivazione approfondita” (cosi Cons. Stato, Sez. V, sent. 8 febbraio 2011, n. 854) o “motivazione aggravata” (cosi Corte conti, sez. cont. reg. Lombardia, 23 gennaio 2023, n.13).

[132] Ciò emerge da una lettura sistematica degli art. 1, c.1 e 2 e art. 3, d.lgs. 31-03-2023, n.36

[133] Art. 3 della legge 7-8-1990, n.241. È noto che non esiste uno standard tipo di motivazione, ma è possibile affermare che la motivazione cambia a seconda del potere esercitato e della discrezionalità di cui dispone l'amministrazione. Pertanto nel caso di attività vincolata, la motivazione sarà debole e stringata, mentre nel caso di attività discrezionale sarà più intensa in proporzione all’ampiezza della discrezionalità esercitare, fino ad arrivare ad essere rafforzata nei casi in cui la scelta presa deroga alle ordinarie regole di gestione dell’attività amministrativa.

[134] V. cap II, par. 1.1 e 1.2 del presente elaborato

[135] Artt. 2 e 16, d.lgs. 19-08-2016, n. 175 e 186, c. 7, del d.lgs. 31-03-2023, n.36

[136] L’art. 2, c. 1 del d.lgs. 19-08-2016, n. 175 opera una distinzione tra la nozione di semplice “controllo” di cui alla lettera b) (la situazione descritta nell'articolo 2359 del codice civile. Il controllo può sussistere anche quando, in applicazione di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all'attività sociale è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo), quella di “controllo analogo” di cui alla lettera c) (controllo analogo»: la situazione in cui l'amministrazione esercita su una società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, esercitando un'influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della società controllata. Tale controllo può anche essere esercitato da una persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo stesso modo dall'amministrazione partecipante), nonché quella di “controllo analogo congiunto” di cui alla let. d) (la situazione in cui l'amministrazione esercita congiuntamente con altre amministrazioni su una società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi. La suddetta situazione si verifica al ricorrere delle condizioni di cui all'articolo 5, comma 5, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50).

[137] Cons. Stato, Sez. IV, sent. 15 dicembre 2020, n.8028, in italiappalti.it; Corte giust, UE Sez. I, sent. 13 ottobre 2005, in causa C-458/03, in amministrazioneincammino.luiss.it; Corte conti, sez. contr. Marche, 25 gennaio 2023, n.25, in dirittodeiservizipubblici.it.

[138] Da ultimo Corte giut. UE, sez. V, sent. 22 dicembre 2022, in cause riunite C-383/21 e C-384/21, in curia.europa.eu.

[139] TAR Sicilia, Palermo, Sez. I, sent. 26 gennaio 2023, n.181, in giustizia-amministrativa.it.

[140] Espressione tratta da Cons. Stato, Sez. IV, sent. 22 ottobre 2021, n.7093, par. 19.6, in in dirittodeiservizipubblici.it.

[141] Per un approfondimento si v. delibera ANAC 27 settembre 2017, n. 976, in anticorruzione.it.

[142] Ex multis Cons. Stato, Sez. V, sent.15 dicembre 2020, n. 8028, in eius.it

[143] Sul punto si veda Cons. Stato, Sez. IV, sent. 22 ottobre 2021, n. 7093, in dirittodesiservizipubblici.it che ha riformato la sentenza di primo grado TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, sent.23 marzo 2021, n. 280, in dirittodesiservizipubblici.it.

[144] Per un approfondimento sul sindacato del controllo analogo n. Cons. Stato, Sez. V, sent.15 dicembre 2020, n. 8028, in eius.it (conferma a TAR Abruzzo, Pescara, sent. 29 gennaio 2018, n. 32) e Cons. Stato, Sez. V, sent.26 ottobre 2020, nn. 6459 e 6560, in dirittodesiservizipubblici.it, nonché le relative sentenze di primo grado TAR Abruzzo, Pescara, sent. 29 gennaio 2018, nn. 33 e 34. Tali pronunce oltre a legittimare l’utilizzo di Comitati unitari e tecnici per il controllo analogo, consentono di avere una panoramica sia normativa che esemplificativa o possibili meccanismi di funzionamento dei Comitati per il controllo analogo e regolazione dei relativi poteri negli atti societari.

[145] Corte di Giustizia, sentenza del 11 gennaio 2005, in causa C-26/03, in curia.europa.eu, le originarie resistenze poggiavano su due argomenti: si rilevava che qualsiasi investimento di capitale privato in un’impresa rispondesse ad interessi privati e perseguisse obiettivi di diversa natura rispetto a quelli di pubblico interesse; l’affidamento diretto di un appalto ad un soggetto partecipato anche in minima parte da privati avrebbe pregiudicato l’obiettivo di una concorrenza libera, giacché avrebbe offerto ad un’impresa privata presente nel capitale della società affidataria un vantaggio rispetto ai suoi concorrenti.

[146] Art. 16, c. 4 del d.lgs. 19-08-2016, n. 175.

[147] Art. 2409 c.c.

[148] D. ANSELMI, F. SMERCHINICH, C. DE MARTINO, op. cit., 105.

[149] M. FRATINI, op. cit., 1288-1290.

[150] TAR Puglia, Bari, sez. I, sent.14 gennaio 2022, n.65, in giustizia-amministrativa.it: “I ricorsi non possono trovare accoglimento, poiché inammissibili e infondati. Quanto al primo profilo, osserva il Collegio che costituisce ormai ius receptum il principio secondo cui qualsiasi impresa operante nel settore economico cui si riferisce l'oggetto della commessa (cd. operatore eco-operano di settore) e legittimata a contestare l'affidamento diretto o senza gara. Ciò posto, dirimente, ai fini che ci occupano, è che la società ricorrente - come emerge dagli scritti difensivi, nonché dalla discussione in pubblica udienza del 15 dicembre 2021 - opera esclusivamente nel settore della gestione degli impianti per il trattamento dei RSU, ossia in un segmento del ciclo dei rifiuti diverso da quello oggetto di affidamento diretto; di talché, non esercitando l’attività di “raccolta, spazzamento e trasporto” dei rifiuti urbani, non può qualificarsi “operatore di settore”. (..) Infine, non è condivisibile l'assunto secondo cui la ricorrente potrebbe partecipare alla futura gara in associazione con ditte ed operatori del settore che hanno quella specifica iscrizione', poiché l'iscrizione all'Albo, proprio in quanto requisito di idoneità professionale, è intrinsecamente legato al soggetto e alla sua idoneità a porsi come valido e affidabile contraente per l'Amministrazione e, pertanto, 'deve essere posseduto direttamente dalle imprese che partecipano alla gara, senza possibilità di mediazione attraverso il ricorso a rapporti negoziali di avvalimento né a contratti di consorzio. (TAR Bari, n. 1126/2016). Benché le suesposte considerazioni abbiano carattere assorbente, il Collegio, per ragioni di completezza motivazionale ed effettività della tutela, ritiene di esaminare anche nel merito le censure articolate dalla società istante”.

[151] TAR Lombardia, Milano, Sez. I, sent. 4 gennaio 2022, n.12, in giustizi-amministrativa.it: 5.1 “La società ricorrente, nella qualità di operatore economico del settore del ciclo dei rifiuti, agisce per la realizzazione di un interesse 'mediano', che è quello di accrescere, mediante la riedizione del potere, le proprie chanche di partecipazione ad una procedura competitiva, la quale è pur sempre astrattamente praticabile come una delle possibili opzioni per la gestione del servizio (Cons. Stato, sezione III, 3 marzo 2020, n. 1564). Essa ha pertanto un interesse specifico, concreto ed attuale a contrastare la scelta del Comune di S. di sottrarre l'affidamento del servizio di igiene ambientale il mercato di riferimento”.

[152] In tal senso è interessante la decisione del TAR Puglia, Bari, sez. I, sent.3 marzo 2021, n.422, in giustizi-amministrativa.it, che ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto presunto promotore di project financing, in quanto non era stato dimostrato alcun collegamento diretto tra l’eventuale annullamento dell’affidamento in house e la conseguente scelta dell’amministrazione affidante di orientarsi per un project financing che avrebbe consentito al ricorrente di presentarsi come promotore.

[153] V. Cons. Stato, Sez. IV, sent.19 ottobre 2021, n. 7022, in giustizia-amministrativa.it, che ha riformato la sentenza del TAR Lombardia, Brescia, sez. I, 23 marzo 2021, n.281, la quale aveva ritenuto ammissibile e ricevibile un ricorso proposto avverso tutti gli atti di affidamento in house, sul presupposto che la lesione diretta ed attuale si verifica solamente al momento dell'affidamento alla società. Il Consiglio di Stato ha ritenuto tardiva l’impugnativa sul presupposto che la volontà definitiva dell'amministrazione pubblica si fosse formata nel momento in cui la Giunta aveva deliberato di procedere con l’affidamento in house.

[154] Per una lettura dei dati riferiti alla diffusione delle società in house v. MEF (https://www.de.mef.gov.it/it/attivita_istituzionali/partecipazioni_pubbliche/censimento_partecipazioni_pubbliche/rapporti_annuali_partecipazioni/) e alla più recente deliberazione n.10/2024 della Corte dei Conti, in corteconti.it.

[155] V. Corte conti, sez. aut. 9 agosto 2021, n.15 Relazione al Parlamento sugli organismi partecipati dagli enti territoriali e sanitari, 2021, in corteconti.it.

[156] Tra i tanti v. M. PIERONI, S. OGGIANU, La posizione della Corte dei conti nell’ordinamento costituzionale italiano, (a cura di), La Corte dei conti nella giurisprudenza della Corte costituzionale, in www.cortecostituzionale.it, febbraio, 2015.

[157] Cass. civ., SS.UU., 24 marzo 2017, n.7663, in Rassegna delle decisioni delle sezioni unite della corte di cassazione in materia di giurisdizione, Collana dell’ufficio studi e documentazione (a cura di) Procura generale della Corte dei Conti, 2017. La Corte ha chiarito che: “per rapporto di servizio si intende quella relazione che si instaura quando il soggetto esterno all’amministrazione si inserisce nell’iter procedimentale dell’ente pubblico, come compartecipe dell’attività pubblicistica di quest’ultimo, non rilevando, in contrario, la natura privatistica del soggetto affidatario del servizio, né il titolo giuridico in forza del quale il servizio viene svolto”.

[158] F. CERIONI, Le responsabilità degli amministratori delle società e degli enti pubblici soci per danno erariale, (a cura di) Le società pubbliche, Milano, Giuffrè, 2023, 362.

[159] La letteratura sull’argomento è ampia. Su tutti v. M.T. D’URSO, La riforma del dolo nei giudizi di responsabilità dopo il d.l. n.76/2020 (c.d. decreto semplificazioni), convertito dalla legge n.120/2020, in rivista della corte dei conti, n.2/2021 – Parte I – Dottrina, disponibile www.corteconti.it.

[160] Per tutte v. Cass. civ., SS.UU., 19 dicembre 2009, n. 26806, in amministrazioneincammini.luiss.it. V. anche Cass. civ., SS. UU., 11 settembre 2019, n.22712; Id., 2 settembre 2013, n. 20075; Id., 3 maggio 2013, n. 10299.

[161] Sul punto v. F. FIMMANO’, Le “pluri-responsabilità” connesse e collegate di organi sociali delle partecipate e degli amministratori e dirigenti degli enti pubblici soci nella nuova giurisprudenza, in rivista Corte dei Conti, fascicolo n. 5/2022, Parte I – Dottrina, 5.

[162] Eccezione introdotta per la prima volta da Cass. civ., SS. UU., 25 novembre 2013, n. 26283, in italgiure.giustizia.it.

[163] F. FIMMANO’, op. cit., 6.

[164] Ex multis Cass. civ., SS. UU., 21 giugno 2019, n.16741; Id., 13 settembre 2018, n.22409; Id., 13 aprile 2016, n. 7293, in italgiure.giustizia.it.

[165] In ultimo v. la recente ordinanza Cass. civ., SS. UU., 8 gennaio 2024, n. 567, in Rassegna delle decisioni delle sezioni unite della corte di cassazione in materia di giurisdizione, Collana dell’ufficio studi e documentazione (a cura di) Procura generale della Corte dei Conti, 2024,11. La Corte nell’individuare la giurisdizione della Corte dei conti in relazione alla condanna per danno erariale cagionato dall’amministratore della società in house, ha precisato che in ordine alle questioni di giurisdizione le SS.UU. sono anche giudice del fatto, sicché possono e devono esaminare l’atto negoziale, la cui valutazione incida sulla determinazione della giurisdizione, anche quando tale titolo sia già stato apprezzato col provvedimento impugnato, perché la decisione sulla corretta individuazione del giudice munito di competenza giurisdizionale dipende da quella circostanza fattuale. In applicazione del principio, al fine di verificare la sussistenza del requisito necessario per la configurazione di una società “in house”, assoggettata a controllo analogo a quello sui servizi di diretta gestione dell’ente pubblico, la Corte di cassazione ha riesaminato lo statuto - già oggetto del precedente apprezzamento della Corte dei conti - della società interamente partecipata dalla azienda di Foggia, rilevando che l’ente pubblico partecipante aveva il potere di dettare le linee strategiche e le scelte operative della società, di decidere le strategie aziendali in relazione alle operazioni necessarie o utili al raggiungimento dell’oggetto sociale, nonché specifici poteri di ingerenza nella pianificazione, programmazione e controllo dell’attività aziendale, concludendo così per la giurisdizione del giudice contabile. Sul punto si v. anche Cass. civ., SS. UU., del 15 gennaio 2021, n. 614; Id., 21 giugno 2019, n. 16741 in italgiure.giustizia.it.

[166] Art. 12 del d.lgs. del 19-8-2016: “1. I componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società partecipate sono soggetti alle azioni civili di responsabilità previste dalla disciplina ordinaria delle società di capitali, salva la giurisdizione della Corte dei conti per il danno erariale causato dagli amministratori e dai dipendenti delle società in house. È devoluta alla Corte dei conti, nei limiti della quota di partecipazione pubblica, la giurisdizione sulle controversie in materia di danno erariale di cui al comma 2”.

[167] Ex multis Cass. civ., SS. UU., 23 novembre 2021, n.36205, in Rassegna delle decisioni delle sezioni unite della corte di cassazione in materia di giurisdizione, Uff. studi e documentazione (a cura di) Procura generale della Corte dei Conti, 2021, 46.

[168] Ex multis Cass. civ., SS. UU., 15 gennaio 2021, n. 614, in Rassegna delle decisioni delle sezioni unite della corte di cassazione in materia di giurisdizione, Collana dell’ufficio studi e documentazione (a cura di) Procura generale della Corte dei Conti, 2021,64, cfr. Cass. civ., SS. UU., 13 settembre 2018, n.22406; Id., 7 gennaio 2014, n.63; Id., 22 dicembre 2009, n. 27092.

[169] Art. 4, c.1, del d.lgs. 31-3-2023: “1. Le disposizioni del codice si interpretano e si applicano in base ai principi di cui agli articoli 1, 2 e 3”.

[170] Espressione usata per la prima volta da A. CIOFFI, Prima lettura del nuovo Codice dei contratti e dei suoi tre principi fondamentali, in ApertaContrada, del 16 gennaio 2023.

[171] M.A. SANDULLI, Prime Considerazioni sullo schema del Nuovo Codice dei contratti pubblici, in l’amministrativista.it, 2022; A. CIOFFI, Prima lettura del nuovo Codice dei contratti e dei suoi tre principi fondamentali, in www.apertacontrada.it, n.1, 2023; M. DI RIENZO, A. FERRARINI, Quando l’integrità abdica all’etica del risultato. I principi di “risultato” e “fiducia” nello schema del nuovo Codice dei contratti pubblici, in www.spazioetico.com, 2022; A.M. CHIARELLO, Una nuova cornice dei principi per i contratti pubblici, in Il diritto dell’economia, n. 1, 2023; L. OLIVIERI, Nuovo Codice appalti: il principio del risultato azzera la trasparenza negli affidamenti diretti, 2023; A. MASSARI, Verso il Nuovo Codice: la “polarizzazione” del public procurement verso un’amministrazione del “risultato”, in Appalti & Contratti, n. 3, 2023; G. ROVELLI, Introduzione al nuovo codice dei contratti pubblici. I princìpi nel nuovo codice degli appalti pubblici e la loro funzione regolatoria, in giustizia-amministrativa.it, 2023; L. CARBONE, La scommessa del codice e il suo futuro, Relazione introduttiva al Convegno dell’Istituto Jemolo “Il nuovo codice degli appalti – La scommessa di un cambio di paradigma: dal codice guardiano al codice volano?” Avvocatura dello Stato, 27 gennaio 2023; G. TULUMELLO, Il diritto dei contratti pubblici fra regole di validità e regole di responsabilità: affidamento, buona fede, risultato, n giustizia-amministrativa.it, 2023; B.G. MATTARELLA, S. CASTROVINCI ZENNA, Art. 1. Principio del risultato in A. BOTTO, S. CASTROVINCI ZENNA (a cura di) Commentario alla normativa sui contratti pubblici, Torino, Giappichelli, 2024, 3-16.

[172] Si rimanda alla Rassegna monotematica di giurisprudenza, Il nuovo Codice dei Contratti pubblici, (a cura di) D. CAMINITI, del 28 ottobre 2024, in giustizia-amminsitrativa.it.

[173] Art. 1 del d.lgs. 31-3-2023 (Principio del risultato) 1. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti perseguono il risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza. 2. La concorrenza tra gli operatori economici è funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti. La trasparenza è funzionale alla massima semplicità e celerità nella corretta applicazione delle regole del presente decreto, di seguito denominato «codice» e ne assicura la piena verificabilità. 3. Il principio del risultato costituisce attuazione, nel settore dei contratti pubblici, del principio del buon andamento e dei correlati principi di efficienza, efficacia ed economicità. Esso è perseguito nell’interesse della comunità e per il raggiungimento degli obiettivi dell’Unione europea. 4. Il principio del risultato costituisce criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto, nonché per: a) valutare la responsabilità del personale che svolge funzioni amministrative o tecniche nelle fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione dei contratti; b) attribuire gli incentivi secondo le modalità previste dalla contrattazione collettiva. 5. Il presente codice disciplina i contratti di appalto e di concessione delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori aventi ad oggetto l’acquisizione di servizi, forniture, lavori e opere, nonché i concorsi pubblici di progettazione.

[174] Cons. Stato, Sez. V, sent. 27 febbraio 2024, n.1924, in sentenzeappalti.it, febbraio 2024,“17.4 il principio del risultato è […] considerato quale valore dominante del pubblico interesse da perseguire attraverso il contratto e che esclude che l’azione amministrativa sia vanificata ove non si possano ravvisare effettive ragioni che ostino al raggiungimento dell’obiettivo finale che è: a) nella fase di affidamento giungere nel modo più rapido e corretto alla stipulazione del contratto; b) nella fase di esecuzione (quella del rapporto) il risultato economico di realizzare l’intervento pubblico nei tempi programmati e in modo tecnicamente perfetto”.

[175] TAR Emilia-Romagna, Parma, Sez. I, sent. 29 aprile 2024, n.98, in lavoripubblici.it.

[176] La concorrenza è un principio fondamentale del sistema giuridico comunitario in quanto necessario per garantire un mercato libero e competitivo. Per un approfondimento v. S. PERONGINI, Il principio del risultato e il principio di concorrenza nello schema definitivo di codice dei contratti pubblici, in giustizia-amministrativa.it.

[177] F. CARINGELLA, Il nuovo Codice dei contratti pubblici: riforma o rivoluzione?, 2023, in giustizia-amministrativa.it. A parere dell’autore il legislatore del codice ha fatto emergere il concetto secondo il quale la concorrenza funziona meglio se orientata da finalità chiare, capaci di vivificarla e darle un significato concreto. In tal senso si vedano, ad esempio, gli artt. 70 e 71 del codice, che disciplinano in materia di criteri di selezione e procedure aperte, oppure l’art. 95, primo comma, lett. d) che concerne la valutazione delle offerte. Sul tema v. anche F. CARINGELLA, La filosofia del nuovo codice dei contratti pubblici: dalla gara al contratto, in L. CARBONE, F. CARINGELLA, G. ROVELLI, (a cura di) Manuale dei contratti pubblici, II ed., Dike Giuridica, Roma, 2025, 6-10.

[178] B.G. MATTARELLA, S. CASTROVINCI ZENNA, Art. 1. Principio del risultato, in A. BOTTO, S. CASTROVINCI ZENNA (a cura di) Commentario alla normativa sui contratti pubblici, Torino, Giappichelli, 2024, 3 e ss.

[179] Sul punto v. C. VOLPE, Il nuovo codice dei contratti pubblici: dall’emergenza del modello Genova a nuove procedure di ordinaria efficienza per la competitività del mercato, in giustizia-amministrativa.it.

[180] Nell’ordinamento interno la trasparenza ricopre un ruolo di fondamentale importanza in quanto funge da pilastro per l’efficienza e l’integrità dell’agire amministrativo. Per un approfondimento v. M.R. SPASIANO, I principi di pubblicità. Trasparenza e imparzialità, in Codice dell’azione amministrativa (a cura di) M.A. SANDULLI, Giuffrè editore, Milano, 2017, 117-133.

[181] G. TROVATO, Il principio del risultato come “stella polare” dell’azione amministrativa, in Rivista di Diritto ed Economia dei Comuni, fascicolo n. 2/2024, 129.

[182] A.M. CHIARELLO, Una nuova cornice di principi per i contratti pubblici, in il Diritto dell’economia, fascicolo n. 1/2023, 141-161.

[183] Art. 2 del d.lgs. 31-3-2023 (Principio della fiducia) 1. L’attribuzione e l’esercizio del potere nel settore dei contratti pubblici si fonda sul principio della reciproca fiducia nell’azione legittima, trasparente e corretta dell’amministrazione, dei suoi funzionari e degli operatori economici. 2. Il principio della fiducia favorisce e valorizza l’iniziativa e l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici, con particolare riferimento alle valutazioni e alle scelte per l’acquisizione e l’esecuzione delle prestazioni secondo il principio del risultato. 3. Nell’ambito delle attività svolte nelle fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione dei contratti, ai fini della responsabilità amministrativa costituisce colpa grave la violazione di norme di diritto e degli auto-vincoli amministrativi, nonché la palese violazione di regole di prudenza, perizia e diligenza e l’omissione delle cautele, verifiche ed informazioni preventive normalmente richieste nell’attività amministrativa, in quanto esigibili nei confronti dell’agente pubblico in base alle specifiche competenze e in relazione al caso concreto. Non costituisce colpa grave la violazione o l’omissione determinata dal riferimento a indirizzi giurisprudenziali prevalenti o a pareri delle autorità competenti. 4. Per promuovere la fiducia nell’azione legittima, trasparente e corretta dell’amministrazione, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti adottano azioni per la copertura assicurativa dei rischi per il personale, nonché per riqualificare le stazioni appaltanti e per rafforzare e dare valore alle capacità professionali dei dipendenti, compresi i piani di formazione di cui all’articolo 15, comma 7.

[184] TAR Sicilia, Catania, Sez. III, sent. 4 giugno 2024, n.2096, in ildirittoamministrativo.it.

[185] Per un approfondimento si rimanda a AA.VV., Il rilancio della pubblica amministrazione tra velleità e pragmatismo burocrazia difensiva: cause, indicatori e rimedi, in irpa.eu; A. GALLO CARRABBA, La burocrazia difensiva: un esempio di cattiva amministrazione, in Amministrazione pubblica, nn. 55-56, Roma, anno 2007 (in culturaprofessionale.interno.gov.it).

[186] Si è parlato spesso di amministrare per legge o amministrare per sentenza v. Corte cost., sent. n.8/2022, in giurisprudenzapenale.it.

[187] V. nota n. 189.

[188] Sul punto ci sono anche tesi differenti, tra tanti v. G. NAPOLITANO, Il nuovo Codice dei contratti pubblici: i principi generali, in Giornale diritto amministrativo, n. 3/2023,292, secondo l’autore “Nonostante l’auspicata dimensione “bilaterale” della fiducia, la portata della norma rimane asimmetrica”.

[189] G. TROVATO, op. cit., 132.

[190] La giurisprudenza ha affrontato il tema della relazione tra principio del risultato e principio della fiducia inizia ad essere corposa, tra tante v. Cons. Stato, sez. V, sent. 1° ottobre 2024, n.7875; Id., sent. del 13 settembre 2024, n.7571; Id., sent. 27 febbraio 2024, n.1924.

[191] M. MACCHIA, Il ruolo dei principi nel Codice dei contratti, in M. Macchia (a cura di) Costruire e acquistare, Lezioni sul nuovo codice dei contratti pubblici, Giappichelli, Torino, 2024, 12.

[192] Sul punto di veda S. BATTINI, F. DECAROLIS, L’amministrazione si difende, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, anno 2019, 293.

[193] Art. 3 del d.lgs. 31-3-2023 (“Principio dell’accesso al mercato”) “1. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti favoriscono, secondo le modalità indicate dal codice, l’accesso al mercato degli operatori economici nel rispetto dei principi di concorrenza, di imparzialità, di non discriminazione, di pubblicità e trasparenza, di proporzionalità”.

[194] In tema di accesso al mercato v. Cons. Stato, Sez. V, sent. 5 marzo 2024, n. 7571, in giustizia-amministrativa.it.

[195] In tal senso v. il considerando n. 3 della Direttiva UE n. 24/2014 secondo la quale il principio di proporzionalità nella fase di accesso al mercato obbliga le stazioni appaltanti e gli enti concedenti a predisporre la documentazione di gara in modo tale da permettere la maggiore partecipazione possibile tra gli operatori economici, soprattutto di piccole e media dimensione.

[196] Art. 41 (“Diritto ad una buona amministrazione”) 1.Ogni persona ha diritto a che le questioni che la riguardano siano trattate in modo imparziale ed equo ed entro un termine ragionevole dalle istituzioni, organi e organismi dell’Unione. 2.Tale diritto comprende in particolare: a) il diritto di ogni persona di essere ascoltata prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che le rechi pregiudizio; b) il diritto di ogni persona di accedere al fascicolo che la riguarda, nel rispetto dei legittimi interessi della riservatezza e del segreto professionale e commerciale; c) l’obbligo per l'amministrazione di motivare le proprie decisioni. 3.Ogni persona ha diritto al risarcimento da parte dell'Unione dei danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell'esercizio delle loro funzioni, conformemente ai principi generali comuni agli ordinamenti degli Stati membri. 4.Ogni persona può rivolgersi alle istituzioni dell'Unione in una delle lingue dei trattati e deve ricevere una risposta nella stessa lingua

[197] Sul diritto alla Buona amministrazione si vedano: V. RAPELLI, Il diritto ad una buona amministrazione comunitaria, Giappichelli, Torino, 2004,11 e ss; D. SORACE, La buona amministrazione e la qualità della vita, nel 60° anniversario della Costituzione, in costituzionalismo.it, fascicolo n. 2/2008; S. CASSESE, Il diritto alla buona amministrazione, Relazione alla “Giornata sul diritto alla buona amministrazione” per il 25° anniversario della legge sul “Síndic de Greuges” della Catalogna, Barcellona, 27 marzo 2009, in irpa.ue; A. ZITO, Il «diritto ad una buona amministrazione» nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e nell’ordinamento interno, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 2002, 179-198; D.U. GALLETTA, Il diritto ad una buona amministrazione nei procedimenti amministrativi oggi (anche alla luce delle discussioni sull’ambito di applicazione dell’art. 41 della Carta dei diritti UE), in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 2019, n. 2,165 e ss.

[198] B. PONTI, Le diverse declinazioni della “Buona amministrazione” nel PNRR, consultabile al link: regione.emilia-romagna.it/affari_ist/rivista_2_2022/Ponti.pdf.

[199] Idem.

[200] A. ZITO, op. cit., 2002

[201] D. SORACE, op. cit., 2008

[202] P. CARELLI, C. PINELLI, U. POTOTSCHING, G. LONG, G. BORRE’, La Pubblica Amministrazione. Art. 97-98, Zanichelli, Roma, 1994.

[203] S. CASSESE, op. cit., 2009

[204] F. MONCERI, Ancora sull’amministrazione di risultato, in Revista Brasileira de Estudos Políticos, Belo Horizonte, n. 123, 2021, 255-298.

[205] M.C. MIRANDA, Amministrazione di risultato ed e-government, in amministrazioneincammino.luiss.it, 2010.

[206] P. CALANDRA, Il buon andamento dell’amministrazione pubblica, in AA.VV. Studi in memoria di Vittorio Bachelet, Giuffrè, Milano, 1987, 155 e ss.

[207] G. LADU, Gli indicatori di efficienza, in Rassegna parlamentare, n.47/1997, 891 e ss.

[208] A. MASSARI, Verso il nuovo Codice: la “polarizzazione” del public procurement verso un’amministrazione del “risultato”, in appaltiecontratti.it, 2023.

[209] Sul concetto di amministrazione di [o del] risultato la letteratura dagli anni ’90 ad oggi è vastissima. Per un approfondimento si veda tra i tanti il recente contributo di M.R. SPASIANO, Dall’amministrazione di risultato al principio di risultato del Codice dei contratti pubblici: una storia da scrivere, in federalismi.it, n. 9/2024.

[210] Da ultimo si riportano gli atti del convegno tenutosi a Palermo nel 2003 pubblicati in M. IMMORDINO, A. POLICE (a cura di) Principio di legalità e amministrazione di risultati, Torino, 2004.

[211] Sul punto si veda la relazione tenuta a Firenze il 14 aprile 2023 in occasione del convegno su I principi nel codice dei contratti pubblici, organizzato dalla Fondazione Cesifin Alberto Predieri.

[212] F. CINTIOLI, Il principio del risultato nel nuovo codice dei contratti pubblici, in giustizi-amministrativa.it, 2023.

[213] F. CINTIOLI, op. cit., 2023.

[214] In tal senso si veda M.A. SANDULLI, Prime considerazioni sullo Schema del nuovo codice dei contratti pubblici, in giustiziainsieme.it, 2022.

[215] Il riferimento è al comma 3 dell’art. 2 del d.lgs.31-03-2023, n. 36.

[216] F. CINTIOLI, op. cit., 2023.

[217] A. ROMANO, Sulla formula “amministrazione per risultati”, in Scritti in onore di Elio Casetta, Napoli, 2001, 813 ss.; A. ROMANO, Analisi economica del diritto e “amministrazione di risultato”, in diritto amministrativo riv. trim., 1, 2007, 63-78.

[218] Sul punto si veda Rassegna monotematica di giurisprudenza, Il nuovo Codice dei Contratti pubblici a cura di D. CAMINITI, op. cit., 2024.

[219] F. CINTIOLI, op. cit., 2023.