Cons. Stato, sez. V,18 ottobre 2024, n. 8352
Nel caso di specie, non risulta che la stazione appaltante abbia messo a disposizione dell’odierna appellante tutti gli atti del procedimento di gara, se non a seguito della richiesta di accesso da quest’ultima avanzata.
Ne consegue che, come correttamente dedotto nell’appello, il termine per impugnare non poteva iniziare a decorrere se non dall’ostensione della documentazione oggetto dell’istanza di accesso
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4455 del 2024, proposto da
Arcasensa Agostino s.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG A00C198307, rappresentata e difesa dall'avv. Emilio Paolo Salvia, con domicilio digitale di pec come in atti e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Antonio Cordasco, in Roma, via Costabella, n. 23;
contro
Acquedotto Lucano s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Donatello Genovese e Silvano Lorenzo Pinto, con domicilio digitale di pec come in atti;
Marottoli Costruzioni e Servizi s.r.l., Mancusi s.p.a. ed Edilia Costruzioni s.r.l., in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore, rappresentate e difese dall'avv. Andrea Sticchi Damiani, con domicilio digitale di pec come in atti;
Centrale Unica di Committenza di Tito - CUC Tito e Comune di Tito, in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore, non costituiti in giudizio;
nei confronti
Telesca s.r.l., Del Prete s.r.l., e Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata (Sezione Prima) n. 00217/2024, resa tra le parti, concernente l’aggiudicazione di una gara finalizzata alla conclusione di un accordo quadro per l’affidamento di lavori.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Acquedotto Lucano s.p.a., di Marottoli Costruzioni e Servizi s.r.l., di Mancusi s.p.a. e di Edilia Costruzioni s.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 ottobre 2024 il Cons. Alessandro Maggio e uditi per le parti gli avv.ti Emilio Paolo Salvia e Andrea Sticchi Damiani;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con bando pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea in data 19 settembre 2023, la Centrale Unica di Committenza Tito - C.U.C. Tito ha indetto, per conto della Acquedotto Lucano s.p.a., una procedura aperta telematica, suddivisa in quattro lotti funzionali, finalizzata alla conclusione di un accordo quadro per l’affidamento dei lavori concernenti la realizzazione di camerette e la sostituzione di condotte nel territorio della Regione Basilicata.
Il criterio di aggiudicazione era quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
All’esito delle operazioni di gara, con riguardo al lotto B, si è classificata al primo posto la costituenda A.T.I. tra la Marottoli Costruzioni e Servizi s.r.l. (capogruppo), la Mancusi s.p.a. e la Edilia Costruzioni s.r.l., con punti 78,47, seguita dall’A.T.I. Telesca s.r.l - Del Prete s.r.l., con punti 72,07 e dall’Arcasensa Agostino s.a.s., con punti 70,73.
La società Acquedotto Lucano ha, pertanto, adottato la determina 31 ottobre 2023, n. 102, pubblicata sulla piattaforma telematica di negoziazione, in data 17 novembre 2023, con la quale ha, tra l’altro, aggiudicato il suddetto lotto B alla costituenda A.T.I. capeggiata dalla Marottoli Costruzioni e Servizi.
L’Arcasensa Agostino ha, quindi, formulato, in data 24 novembre 2023, istanza di accesso agli atti, alla quale la stazione appaltante ha dato riscontro, con l’ostensione della documentazione richiesta, il successivo 21 dicembre.
Alla luce dei documenti ottenuti l’Arcasensa Agostino ha ritenuto illegittima l’aggiudicazione del lotto B alla prima classificata, per cui l’ha impugnata con ricorso al T.A.R. Basilicata, notificato in data 22 gennaio 2024.
L’adito Tribunale ha definito il gravame con sentenza 23 aprile 2024, n. 217, con la quale ne ha dichiarato l’irricevibilità sulla base della seguente motivazione:
<<5.1. In fatto: a) il contestato provvedimento di aggiudicazione è stato pubblicato nel profilo della CUC in data 17 novembre 2023; b) la richiesta di accesso è stata formulata dalla ricorrente al Comune di Tito in data 24 novembre 2023; c) il 6 dicembre 2024 è stata avviata dall’Acquedotto lucano s.p.a. la notificazione ai controinteressati ai sensi dell’art. 3 del d.p.r. 12 aprile 2006, n. 184; d) l’accesso è stato assentito il 21 dicembre 2023; e) il ricorso è stato notificato il 22 gennaio 2024; f) sono complessivamente trascorsi tra la pubblicazione del provvedimento e la notificazione del ricorso sessantasei giorni.
5.2. Consegue a quanto innanzi la piana tardività del ricorso, la cui notificazione, è in primo luogo ben successiva ai trenta giorni di rito decorrenti dalla data della comunicazione dell’esito di gara.
5.2.1. A speculare approdo si perviene pur volendosi “neutralizzare” il tempo impiegato dall’Acquedotto Lucano a rendere disponibili gli ulteriori documenti di cui alla cennata istanza ostensiva. In effetti, se è vero che la proposizione di istanza di accesso agli atti di gara possa comportare la “dilazione temporale” di tale termine, quando, come è nella specie, i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta (Cons. Stato, A.P. n. 12/2020), è altrettanto indubitabile che l’ampio lasso temporale (sette giorni) impiegato da parte deducente per proporre la
domanda medesima non può che essere computato nei trenta giorni di rito, anche in ossequio al principio di “autoresponsabilità”, che impone ai concorrenti di adempiere a precisi obblighi di correttezza nel rapporto con l’ente aggiudicatore.
Opinare diversamente, infatti, significherebbe consentire al ricorrente di ampliare surrettiziamente il termine decadenziale (posto a presidio delle esigenze di stabilità, certezza e celerità dell’agere amministrativo, di speciale rilevanza nel settore dei pubblici affidamenti) mediante la protrazione della presentazione di un’istanza di accesso documentale. Ebbene, anche in tale caso, sommando i predetti nove (rectius sette) giorni
a quelli successivi alla ricezione degli atti richiesti (trenta), il ripetuto termine decadenziale risulta ampiamente elasso.
In particolare, ove l’operatore economico non procede all’immediata presentazione dell’istanza di accesso, il relativo ritardo determina una progressiva erosione dei giorni a disposizione per proporre ricorso, atteso che l’inerzia dell’impresa istante non può costituire un mezzo a disposizione dell’impresa per dilatare ad libitum i termini di legge …>>.
Avverso la sentenza ha proposto appello l’Arcasensa Agostino.
Per resistere al ricorso si sono costituite in giudizio le società Acquedotto Lucano, Marottoli Costruzioni e Servizi, Mancusi ed Edilia Costruzioni.
Con successive memorie le parti costituite hanno ulteriormente argomentato le rispettive tesi difensive.
Alla pubblica udienza del 10 ottobre 2024 la causa è passata in decisione.
Col primo motivo si denuncia l’errore commesso dal Tribunale nel dichiarare irricevibile il ricorso, in quanto proposto oltre il termine di trenta giorni dalla data della pubblicazione del provvedimento di aggiudicazione.
Il giudice di prime cure, infatti, non avrebbe tenuto conto del mancato rispetto, da parte della stazione appaltante, del termine di quindici giorni – previsto dall’art. 76, comma 2, del D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 - per l’ostensione degli atti di gara oggetto della richiesta di accesso, formulata, invece, dall’odierna appellante, entro i quindici giorni dalla pubblicazione del suddetto provvedimento di aggiudicazione.
Nella descritta situazione di fatto, l’adito Tribunale avrebbe dovuto
fare applicazione del principio in base al quale, qualora la stazione appaltante abbia ritardato a rendere conoscibili gli atti richiesti, il termine di trenta giorni per la proposizione del ricorso rimane del tutto integro e inizia a decorrere dalla data di effettiva ostensione degli stessi, operando – in questo caso – non già il meccanismo della “dilazione temporale”, bensì quello della “concessione di un nuovo termine” di trenta giorni, da calcolarsi, per intero, a decorrere dal momento dell’effettiva messa a disposizione della documentazione.
A nulla rileverebbe, poi, in ordine all’osservanza del menzionato termine di quindici giorni, assegnato alla stazione appaltante per rispondere, che la stessa, il 6 dicembre 2023, abbia comunicato all’odierna appellante l’avvenuta notifica, ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. 12 aprile 2006, n. 184, della richiesta di accesso, ai controinteressati, ai fini della loro eventuale opposizione al rilascio della documentazione reclamata.
E invero, in base alla disciplina dettata dal codice dei contratti pubblici di cui al D. Lgs. n. 50 del 2016 (art. 53, commi 5, lett. a e 6), che prevarrebbe sulla normativa generale che regola il procedimento amministrativo, la tutela del segreto tecnico o commerciale non potrebbe essere fatta valere, per la prima volta, in sede di opposizione all’istanza di accesso, ma dovrebbe essere invocata mediate apposita dichiarazione resa in sede di offerta.
La doglianza, così sinteticamente riassunta, merita accoglimento.
Occorre premettere che l’appalto di che trattasi ricade tra quelli soggetti alla disciplina del nuovo codice dei contratti pubblici, approvato col D. Lgs. 31 marzo 2023, n. 36, posto che il bando di gara è stato pubblicato successivamente al primo luglio 2023 (artt. 226, comma 2 e 229, comma 2 del citato D. Lgs. n. 36/2023).
L’art. 209, comma 1, lett. a), del citato D. Lgs. n. 36/2023 ha sostituito l’art. 120 del c.p.a., che detta disposizioni specifiche per i giudizi aventi a oggetto le controversie relative ai provvedimenti concernenti le procedure di affidamento, anche in concessione, di pubblici lavori, servizi e forniture.
Tale ultima norma, al comma 2, dispone che: “Per l'impugnazione degli atti di cui al presente articolo il ricorso, principale o incidentale, e i motivi aggiunti, anche avverso atti diversi da quelli già impugnati, sono proposti nel termine di trenta giorni. Il termine decorre, per il ricorso principale e per i motivi aggiunti, dalla ricezione della comunicazione di cui all'articolo 90 del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo di attuazione della legge n. 78 del 2022 oppure dal momento in cui gli atti sono messi a disposizione ai sensi dell'articolo 36, commi 1 e 2, del medesimo codice”.
Il citato art. 90 stabilisce, al comma 1, che qui rileva, che: “Nel rispetto delle modalità previste dal codice, le stazioni appaltanti comunicano entro cinque giorni dall'adozione:
a) la motivata decisione di non aggiudicare un appalto ovvero di non concludere un accordo quadro, o di riavviare la procedura o di non attuare un sistema dinamico di acquisizione, corredata di relativi motivi, a tutti i candidati o offerenti;
b) l'aggiudicazione all'aggiudicatario;
c) l'aggiudicazione e il nome dell'offerente cui è stato aggiudicato l'appalto o parti dell'accordo quadro a tutti i candidati e concorrenti che hanno presentato un'offerta ammessa in gara, a coloro la cui candidatura o offerta non siano state definitivamente escluse, nonché a coloro che hanno impugnato il bando o la lettera di invito, se tali impugnazioni non siano state già respinte con pronuncia giurisdizionale definitiva;
d) l'esclusione ai candidati e agli offerenti esclusi, ivi compresi i motivi di esclusione o della decisione di non equivalenza o conformità dell'offerta;
e) la data di avvenuta stipulazione del contratto con l'aggiudicatario ai soggetti di cui alla lettera c)”.
L’art. 36 del medesimo codice, nei primi due commi, prevede, a sua volta, che:
“1. L'offerta dell'operatore economico risultato aggiudicatario, i verbali di gara e gli atti, i dati e le informazioni presupposti all'aggiudicazione sono resi disponibili, attraverso la piattaforma di approvvigionamento digitale di cui all'articolo 25 utilizzata dalla stazione appaltante o dall'ente concedente, a tutti i candidati e offerenti non definitivamente esclusi contestualmente alla comunicazione digitale dell'aggiudicazione ai sensi dell'articolo 90.
2. Agli operatori economici collocatisi nei primi cinque posti in graduatoria sono resi reciprocamente disponibili, attraverso la stessa piattaforma, gli atti di cui al comma 1, nonché le offerte dagli stessi presentate”.
In base alla trascritta disciplina processuale, il dies a quo del termine decadenziale stabilito per l’impugnazione degli atti di gara, coincide, dunque, con quello in cui l’interessato acquisisce, o è messo in grado di acquisire, piena conoscenza degli atti che lo ledono.
Tale normativa, che persegue l’obiettivo di evitare i c.d. ricorsi “al buio”, si pone in linea con l’orientamento espresso dal giudice euro unitario secondo cui “la direttiva 89/665, e in particolare i suoi articoli 1 e 2 quater, letti alla luce dell'articolo 47 della Carta, deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede che i ricorsi avverso i provvedimenti delle amministrazioni aggiudicatrici recanti ammissione o esclusione dalla partecipazione alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici debbano essere proposti, a pena di decadenza, entro un termine di 30 giorni a decorrere dalla loro comunicazione agli interessati, a condizione che i provvedimenti in tal modo comunicati siano accompagnati da una relazione dei motivi pertinenti tale da garantire che detti interessati siano venuti o potessero venire a conoscenza della violazione del diritto dell'Unione dagli stessi lamentata” (cfr. Corte di giustizia UE, Sez. IV, ord. 14 febbraio 2019, in C- 54/18; Cons. Stato, Sez. V, 6 dicembre 2022, n. 10696).
Nel caso di specie, non risulta che la stazione appaltante abbia messo a disposizione dell’odierna appellante tutti gli atti del procedimento di gara, se non a seguito della richiesta di accesso da quest’ultima avanzata.
Ne consegue che, come correttamente dedotto nell’appello, il termine per impugnare non poteva iniziare a decorrere se non dall’ostensione della documentazione oggetto dell’istanza di accesso, avvenuta in data 21 dicembre 2023.
Il ricorso di primo grado, notificato in data 22 gennaio 2024 doveva, quindi, considerarsi tempestivo, tenuto conto che il giorno 20 gennaio cadeva di sabato.
La doglianza sarebbe fondata anche laddove alla procedura di che trattasi fosse stata applicabile la disciplina vigente precedentemente alle modifiche introdotte dal D. Lgs. n. 36/2023.
La giurisprudenza formatasi nel vigore del precedente regime ha, infatti, affermato i seguenti principi:
a) quando i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l'offerta dell'aggiudicatario, ovvero delle giustificazioni rese nell'ambito del procedimento di verifica dell'anomalia dell'offerta, la proposizione dell'istanza d'accesso agli atti di gara comporta una dilazione temporale del termine per ricorrere pari a quindici giorni (ex art. 76, comma 2, del citato D. Lgs. n. 50/2016);
b) presupposto per l'applicazione della dilazione temporale è, a sua volta (oltreché la natura del vizio da far valere, il quale non deve essere evincibile se non all'esito dell'acquisizione documentale) la tempestività dell'istanza d'accesso, avanzata, cioè, entro quindici giorni dalla comunicazione dell'aggiudicazione;
c) laddove la stazione appaltante non dia immediata conoscenza degli atti di gara reclamati, in specie mediante tempestiva risposta alla (anch'essa tempestiva) domanda d'accesso, da evadere entro il termine di quindici giorni, si farà applicazione dell'ordinario termine d'impugnazione di trenta giorni, decorrente dalla effettiva ostensione dei documenti richiesti (Cons. Stato, A.P. 2 luglio 2020, n. 12; Sez. V, 27 marzo 2024, n. 2882; 7 febbraio 2024, n. 1263; 20 marzo 2023, n. 2796; Sez. III, 15 marzo 2022, n. 1792).
Nel caso di specie la società Arcasensa Agostino ha presentato la richiesta di accesso ad atti la cui conoscenza era necessaria ai fini della formulazione delle contestazioni dedotte, entro i quindici giorni dalla pubblicazione del provvedimento di aggiudicazione, mentre i documenti sono stati consegnati oltre il termine assegnato all’amministrazione per rispondere. Conseguentemente, il termine decadenziale di trenta giorni per impugnare l’aggiudicazione decorreva, per intero, dal momento dell’effettiva ostensione dei documenti richiesti.
In contrario non vale obiettare che il termine assegnato alla stazione appaltante per provvedere sarebbe stato rispettato, in quanto, in data 6 dicembre 2023 e, quindi, entro i quindici giorni dall’istanza d’accesso, la medesima aveva comunicato alla richiedente di aver notificato, ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. 12 aprile 2006, n. 184, la suddetta richiesta ai controinteressati, allo scopo di consentire loro di manifestare eventuale opposizione alla consegna.
E invero:
a) in base all’art. 53, comma 1, del codice dei contratti pubblici di cui al D. Lgs. n. 50/2016, la legge generale sul procedimento amministrativo (L. 7 agosto 1990, n. 241, artt. 22 e ss.) trova applicazione in tema di diritto di accesso agli atti della procedura di gara soltanto per i profili non espressamente e puntualmente disciplinati dal medesimo codice;
b) ai sensi del comma 5, lett. a) del suddetto art. 53 i concorrenti devono manifestare l’opposizione all’ostensione delle informazioni che costituiscono segreti tecnici o commerciali in sede di offerta, con motivata e comprovata dichiarazione che attesti l’esigenza di tutelare tali segreti, spettando all’amministrazione, cui pervenga l’istanza di accesso, valutare se la dichiarazione in precedenza resa risulti adeguatamente motivata e comprovata (Cons. Stato, Sez. IV, 28 Luglio 2016, n. 3431).
Il che rendeva superflua e ridondante la comunicazione di cui al ricordato art. 3 del D.P.R. n. 184 del 2006.
Vanno, a questo punto, affrontate le censure prospettate in primo grado, che il Tribunale non ha esaminato e che sono state ritualmente riproposte.
Il Collegio rileva che nessuna delle censure dedotte nei confronti della seconda classificata risulta supportata da elementi di prova, il che ne preclude l'accoglimento.
Ciò determina il venir meno dell'interesse all'esame delle doglianze rivolte nei confronti dell'aggiudicataria, atteso che anche laddove le stesse risultassero fondate l'odierna appellante non potrebbe conseguire l'aggiudicazione della gara, non potendo, comunque, sopravanzare l’A.T.I. classificatasi al secondo posto.
Dalle esposte considerazioni discende l'inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto d'interesse.
L'appello va, pertanto, respinto confermando la sentenza gravata con diversa motivazione.
Sussistono eccezionali ragioni per disporre l’integrale compensazione di spese e onorari di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 ottobre 2024 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Caringella, Presidente
Alessandro Maggio, Consigliere, Estensore
Stefano Fantini, Consigliere
Sara Raffaella Molinaro, Consigliere
Giorgio Manca, Consigliere
Guida alla lettura
Il tema dei rapporti tra istanza di accesso e termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione ha da sempre suscitato un intenso dibattito giurisprudenziale, sopito, sotto la vigenza del D. Lgs. 50/2016, dall’Adunanza Plenaria 2 luglio 2020 n. 12 e ravvivato dal Codice dei contratti pubblici del 2023.
Occorre, innanzitutto, rammentare che generalmente nel diritto amministrativo il termine decadenziale per la proposizione dell’azione di annullamento decorre dall’adozione del provvedimento lesivo dell’interesse legittimo del ricorrente e non dalla conoscenza della sua motivazione. Nel settore dei contratti pubblici, però, il rigore della suindicata regola subisce un temperamento, anche in virtù della giurisprudenza unionale, che impone che il dies a quo coincida con il momento in cui gli interessati abbiano conosciuto i presupposti di fatto e di diritto dell’aggiudicazione. L’obiettivo è scongiurare il rischio che l’operatore economico debba proporre un “ricorso al buio”, ossia che debba esperire un’azione giudiziale al sol fine di evitare lo spirare del termine decadenziale e soprattutto non conoscendo la motivazione dell’atto provvedimentale impugnato e/o le caratteristiche dell’offerta dell’aggiudicatario.
Il ricorso al buio, infatti, oltre a rappresentare un ostacolo per il compiuto esercizio del diritto di difesa, rischia, altresì, di aggravare il carico giudiziario, giacché nel dubbio le imprese interessate potrebbero comunque agire per l’annullamento dell’aggiudicazione “sperando” che il provvedimento della Stazione appaltante si riveli illegittimo.
Per le ragioni suesposte è cruciale individuare un punto di equilibrio tra la tutela degli operatori economici e la certezza dei tempi per proporre l’impugnazione dell’aggiudicazione, il che assume un rilievo ancor maggiore in procedure finanziate con fondi PNRR o comunque di matrice unionale, che subordinano la fruizione delle sovvenzioni al rispetto di timing stringenti.
Ebbene, sotto la vigenza del Codice del 2016 la giurisprudenza ammnistrativa aveva chiarito che il termine di 30 giorni decorrente dalla comunicazione dell’aggiudicazione poteva essere prorogato in presenza delle seguenti condizioni:
- la presentazione dell’istanza di accesso entro 15 giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione.
- soddisfatto il suindicato requisito, qualora la Stazione appaltante avesse fornito riscontro esaustivo e tempestivo, ossia entro 15 giorni dalla ricezione dell’istanza, il termine per l’impugnazione doveva intendersi di 45 giorni a partire dalla comunicazione dell’aggiudicazione.
- qualora, invece, la committente pubblica avesse fornito tardivamente i documenti richiesti, assumendo dunque un atteggiamento ostruzionistico, il termine di 30 giorni doveva ritenersi decorrente dalla ostensione dei documenti.
Va precisato che la proroga operava, rectius opera, soltanto qualora i motivi di ricorso emergano proprio all’esito dello scrutinio dei documenti trasmessi dalla committente.
Naturalmente, in caso di istanza di accesso tardiva, presentata dopo oltre 15 giorni dalla aggiudicazione, anche alla luce del principio di autoresponsabilità delle imprese, l’interessato non avrebbe potuto usufruire della proroga.
Ebbene, la tematica in questione parrebbe essere stata in parte sterilizzata dal nuovo Codice, che prevede all’art. 36, comma 2, che i primi cinque in graduatoria possono accedere agli atti, ai dati e alle informazioni afferenti all’aggiudicazione nonché alle offerte degli altri operatori rientranti tra le prime cinque posizioni mediante la piattaforma di approvvigionamento digitale. La previsione in commento, dunque, dovrebbe rendere superflua la presentazione di una istanza di accesso e, di conseguenza, scongiurare qualsivoglia controversia in ordine alla dilazione temporale dell’azione di annullamento. L’interrogativo esegetico in oggetto, tuttavia, può porsi qualora il ricorrente non sia tra i primi cinque in graduatoria, qualora vi siano parti dell’offerta avversa indebitamente “oscurate” o soprattutto laddove la piattaforma telematica, invero, non renda visibili tutte le informazioni prescritte dall’art. 36, comma 2, D. Lgs. n. 36/2023. In tali ipotesi, dunque, il soggetto interessato sarebbe comunque “costretto” a proporre una istanza di accesso, il che (ripro)pone il tema della proroga del termine decadenziale.
Nel caso concreto sotteso alla sentenza in commento, il ricorrente, terzo in graduatoria, non aveva avuto immediata conoscenza delle offerte dell’aggiudicatario e del secondo in graduatoria, e, pertanto, aveva proposto apposita istanza di accesso, evasa tardivamente dalla Stazione appaltante soltanto 30 giorni prima della notifica del ricorso.
Nell’accogliere tale motivo di appello, il Supremo Consesso ha osservato che il combinato disposto degli artt. 209, 90 e 36 D. Lgs. n. 36/2023 statuisce che il dies a quo per l’impugnazione decorre dalla comunicazione dell’aggiudicazione o dalla conoscenza delle informazioni di cui all’art. 36, cit.. Il nuovo Codice, dunque, in maniera ancora più esplicita e marcata della previgente disciplina, subordina la tempestività del ricorso alla effettiva conoscenza dei presupposti fattuali e giuridici dell’aggiudicazione. Nel caso concreto, dunque, il ricorso era ricevibile perché promosso entro 30 giorni dall’ostensione dei documenti richiesti con l’istanza di accesso.
Il Giudice ha sottolineato, inoltre, che a medesime conclusioni si può pervenire utilizzando le coordinate giurisprudenziali dell’Adunanza Plenaria del 2020 giacché nella presente fattispecie la committente aveva fornito riscontro tardivo alla istanza di accesso, con conseguente decorrenza dei 30 giorni dalla effettiva trasmissione dei documenti richiesti.