Tar Lazio, Roma, Sez. IV Ter, 4 aprile 2024, n. 6564
Nonostante il legittimo esercizio del potere di revoca, non è escluso sic et simpliciter che posano emergere profili di responsabilità precontrattuale da parte dell’Amministrazione.
Affinché si configuri un’ipotesi di responsabilità precontrattuale, l’interessato deve dimostrare oltre alla propria buona fede soggettiva:
a) che l’affidamento incolpevole risulti leso da una condotta che, valutata nel suo complesso, e a prescindere dall’indagine sulla legittimità dei singoli provvedimenti, risulti oggettivamente contraria ai doveri di correttezza e di lealtà;
b) che tale oggettiva violazione dei doveri di correttezza sia anche soggettivamente imputabile all’amministrazione, in termini di colpa o dolo;
c) sia il danno-evento (la lesione della libertà di autodeterminazione negoziale), sia il danno-conseguenza (le perdite economiche subite a causa delle scelte negoziali illecitamente condizionate), sia i relativi rapporti di causalità fra tali danni e la condotta scorretta che si imputa all’amministrazione”.
N. 06564/2024REG.PROV.COLL.
N. 00675/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Quarta Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 675 del 2024, proposto dalla Società Chimica Mediterranea S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Giovanni Nardelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Flaminia n. 189;
contro
la Ferservizi S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Marco Giustiniani, Antonello Frasca e Alessandro Paccione, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via Bocca di Leone n. 78;
il Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane S.p.A., non costituito in giudizio;
per l’annullamento
a) del provvedimento di revoca dell'aggiudicazione e dei presupposti atti procedimentali di gara del 12.12.2023, notificato in data 15.12.2023, avente ad oggetto la fornitura di dispositivi per l'emergenza COVID-19 per le esigenze delle Società del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane - Lotto 5 CIG: 8488899D0D;
b) della nota del 28.7.2023 con cui Ferservizi S.p.A. avviava il procedimento di revoca dell'aggiudicazione;
c) di tutti i verbali di gara e annesse schede e allegati, nonché ogni atto e provvedimento, con i quali rispettivamente e nella misura in cui il RUP e/o la Commissione esaminatrice hanno determinato di addivenire alla revoca dell'aggiudicazione e degli atti della procedura di gara;
d) del disciplinare di gara, a firma della dott.ssa Claudia Gasbarri, del 18.11.2020, avente ad oggetto la gara per “la fornitura di dispositivi per l'emergenza COVID-19 per le esigenze delle Società del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane” - Lotto 5 CIG: 8488899D0D;
e) del bando di gara avente ad oggetto la gara per “la fornitura di dispositivi per l'emergenza COVID-19 per le esigenze delle Società del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane” - Lotto 5 CIG: 8488899D0D;
f) di ogni altro atto, accertamento o provvedimento prodromico, presupposto, connesso e consequenziale, ancorché non conosciuto e mai reso noto alla ditta ricorrente, ove e per quanto lesivi degli interessi della ricorrente;
nonché per l'accertamento
del diritto della ditta ricorrente alla sottoscrizione del contratto di appalto per l'affidamento della fornitura;
per il risarcimento del danno in forma specifica
volto a conseguire la conclusione della procedura di gara e consequenziale sottoscrizione del relativo contratto in via subordinata, del risarcimento per l'equivalente qualora non fosse possibile conseguire la sottoscrizione del contratto, da quantificarsi in corso di causa, comunque nella misura non inferiore alla somma di € 426.409,98 per come quantificata negli atti di ricorso, o altra maggiore o minore somma ritenuta equa e di giustizia, oltre interessi e rivalutazione dal dovuto al soddisfo;
per la condanna di
Ferservizi S.p.A. – Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane al risarcimento, anche a titolo di responsabilità precontrattuale ex artt. 1337 e 1338 cod. civ. ed extracontrattuale ex art. 2043 cod. civ., per i danni patiti dalla ditta ricorrente in conseguenza del richiamato provvedimento di revoca dell'aggiudicazione e dei provvedimenti di gara del 12.12.2023, notificato in data 15.12.2023, e, più in generale, della condotta tenuta da Ferservizi S.p.A., per come saranno quantificati in corso di causa, e, comunque, in misura non inferiore ad € 426.409,98, oltre interessi e rivalutazione monetaria, somma espressamente richiesta anche quale indennizzo ex art. 21 quinquies della L. n. 241/1990.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Ferservizi S.p.A.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 marzo 2024 il dott. Valentino Battiloro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il presente gravame ha ad oggetto la legittimità del provvedimento di revoca dell’aggiudicazione della gara indetta dalla Ferservizi S.p.A. per “la fornitura di dispositivi per l’emergenza COVID-19 per le esigenze delle Società del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane” limitatamente al Lotto 5 CIG: 8488899D0D.
2. Espone in fatto la ricorrente:
- di essersi aggiudicata in data 6 maggio 2021 il lotto di gara su indicato, avente ad oggetto la fornitura di gel disinfettante per le mani;
- di aver ricevuto in data 28 luglio 2023 la notifica dell’avvio del procedimento di revoca con il quale l’Amministrazione evidenziava il venir meno l’interesse alla fornitura, in quanto strettamente connessa all’ormai cessata emergenza sanitaria;
- di aver formulato in data 3 ottobre 2023 le proprie osservazioni, evidenziando il carattere lacunoso delle ragioni poste a fondamento dell’avvio del procedimento di revoca;
- di aver quindi ricevuto in data 15 dicembre 2023 la notifica del gravato provvedimento di revoca, motivato in ragione del “verificatosi mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell'adozione del provvedimento di aggiudicazione, concretizzatosi nel venir meno dell’interesse alla fornitura in oggetto, a valle di un graduale rientro dell’emergenza sanitaria e di una riorganizzazione interna al Gruppo FS in merito alle misure di prevenzione dei contagi”.
3. Avverso tale provvedimento la ricorrente ha articolato i seguenti motivi di censura:
I. “Violazione degli artt. 3 e 21 quinquies della L. n. 241/1990 per carenza dei presupposti per disporre la revoca dell’aggiudicazione e dei provvedimenti di gara del 12.12.2023, notificato in data 15.12.2023 - Violazione dell’art. 32, comma 8, d.lgs. n. 50/2016 - Eccesso di potere sulla base dell’indice sintomatico dell’adozione del provvedimento sulla base di erronei presupposti di fatto e di diritto (in particolare: erronea interpretazione dei fatti, intesi come base fattuale della revoca) - Carenza d’istruttoria, contraddittorietà manifesta, travisamento dei fatti, disparità di trattamento e per violazione del principio di correttezza, buona fede e legittimo affidamento e per violazione degli artt. 1337, 1338 e 2043 del cod.civ.”.
In sintesi, la ricorrente contesta il ritardo con cui l’Amministrazione ha disposto la revoca dell’aggiudicazione, anche in ragione del termine di 60 giorni previso dall’art. 32, co. 8., d. lgs. n. 50/2016, il quale, pur non avendo carattere perentorio, sarebbe un indice da tenere in considerazione al fine di valutare la ragionevolezza del tempo impiegato per assumere la decisione.
Aggiunge che, proprio in ragione del notevole lasso di tempo trascorso tra l’aggiudicazione e la revoca e del corrispondente affidamento maturato in capo all’aggiudicataria, l’Amministrazione avrebbe dovuto adeguatamente motivare le ragioni di interesse pubblico poste a fondamento della decisione.
Il riferimento al venir meno dell’emergenza sanitaria non apparirebbe a tal fine sufficiente, anche in considerazione dei dati sull’andamento della epidemia da COVID-19 relativi all’anno 2023, che in realtà confermerebbero la persistenza del problema e la conseguente necessità di mantenere le misure di protezione e di contenimento del virus;
II. “Violazione degli artt. 3 e 21 quinquies della L. n. 241/1990 per carenza dei presupposti per disporre la revoca dell’aggiudicazione e dei provvedimenti di gara del 12.12.2023, notificato in data 15.12.2023 - Violazione dell’art. 32, comma 8, d.lgs. n. 50/2016 - Eccesso di potere sulla base dell’indice sintomatico dell’adozione del provvedimento sulla base di erronei presupposti di fatto e di diritto (in particolare: erronea interpretazione dei fatti, intesi come base fattuale della revoca) -Carenza istruttoria, contraddittorietà manifesta, travisamento dei fatti, disparità di trattamento e per violazione del principio di correttezza, buona fede e legittimo affidamento e per violazione degli artt. 1337, 1338 e 2043 del cod. civ.”.
Ad avviso del ricorrente, dall’illegittimità del provvedimento deriverebbe anche la responsabilità aquiliana dell’Amministrazione che, con il suo comportamento colposo, avrebbe dato causa alle ragioni della revoca.
Da ultimo, nel caso in cui si dovesse ritenere legittimo il provvedimento di revoca, sussisterebbe comunque la responsabilità precontrattuale dell’Amministrazione per violazione del principio di buona fede e correttezza di cui all’art. 1337 c.c.
4. L’Amministrazione resistente, costituitasi in giudizio, ha evidenziato in fatto il comportamento colposo della società ricorrente che, prima della proposizione del presente gravame, non avrebbe mai sollecitato la stipula del contratto, mostrando un sostanziale disinteresse verso la commessa de qua.
Nel merito, dopo aver posto in risalto il carattere ampiamente discrezionale della revoca in autotutela del provvedimento amministrativo e l’assenza di stringenti limiti temporali per la sua adozione, ha sostenuto che, nel caso di specie, il sopravvenuto ridimensionamento dell’emergenza sanitaria e la conseguente necessità di una riorganizzazione interna al Gruppo FS in merito alle misure di prevenzione dei contagi apparirebbero ragioni più che sufficienti per sostenere l’impianto motivazionale della determinazione assunta.
La legittimità della delibera comporterebbe, de plano, anche l’infondatezza dell’azione ex art. 2043 c.c., in relazione alla quale comunque si argomenta in ordine al mancato assolvimento dell’onere della prova del danno-conseguenza, con particolare riferimento al lucro cessante.
Quanto alla domanda di risarcimento del danno ex art. 1337 c.c., l’Amministrazione resistente ha eccepito, in rito, il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, e, nel merito, ha dedotto l’insussistenza del requisito dell’affidamento incolpevole in capo alla ricorrente che, non sollecitando la stipula del contratto, avrebbe assunto un comportamento colposo valutabile ex art. 1227 c.c.
5. Con successive memorie di replica le parti hanno ribadito le ragioni poste a sostegno degli scritti introduttivi e la ricorrente ha depositato documentazione attestante i solleciti inviati all’Amministrazione al fine di avere aggiornamenti sulla stipula del contratto.
6. Alla pubblica udienza del 5 marzo 2024 la causa è stata chiamata e trattenuta in decisione.
7. Come esposto in narrativa, la ricorrente ha formulato in via principale un’azione di annullamento del provvedimento di revoca (con conseguente domanda di risarcimento in forma specifica o per equivalente) e, in subordine, un’azione risarcitoria ex art. 1337 c.c. per lesione dell’affidamento incolpevole ingenerato dal comportamento dell’Amministrazione che, in violazione del principio di buona fede e correttezza, avrebbe assunto la determina con grave e colpevole ritardo.
7.1. Ciò premesso, ritiene il Collegio che siano infondate le doglianze con le quali parte ricorrente deduce l’illegittimità della revoca dell’aggiudicazione.
L’art. 21-quinquies della l. n. 241/90, nell’indicare i presupposti della revoca (sopravvenuti motivi di pubblico interesse o mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell'adozione del provvedimento), non detta alcuna prescrizione sui termini per l’esercizio del potere di autotutela, a differenza di quanto previsto dall’art. 21 nonies in tema di annullamento d’ufficio.
Il potere di revoca è inoltre connotato da un'ampia discrezionalità: a differenza del potere di annullamento d'ufficio, che postula l'illegittimità dell'atto rimosso d'ufficio, quello di revoca esige, infatti, solo una valutazione di opportunità, seppur ancorata alle condizioni legittimanti dettagliate all'art. 21-quinquies, l. n. 241/1990, sicché il valido esercizio dello stesso resta, comunque, rimesso a un apprezzamento ampiamente discrezionale dell'Amministrazione procedente.
Ciò premesso, va evidenziato che il tempo trascorso tra l’adozione del provvedimento e la sua revoca non è del tutto irrilevante, potendo assumere rilievo nell’ambito del giudizio di comparazione tra l’interesse pubblico sotteso alla revoca e l’interesse del privato alla conservazione degli effetti del provvedimento amministrativo.
Al riguardo, tuttavia, deve in primo luogo escludersi che assuma specifica rilevanza il termine di 60 giorni previsto dall’art. 32, co. 8, d. lgs. 50/2016, per la stipula del contratto.
Tale termine, che per stessa ammissione di parte ricorrente ha natura meramente ordinatoria (cfr. ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 14 luglio 2022, n. 5991), è posto invero a tutela dell'aggiudicatario, il quale deve poter calcolare ed attuare le scelte imprenditoriali entro tempi certi.
Da ciò deriva che, di fronte all'inerzia dell'amministrazione che si sottrae all'obbligo di stipulare il contratto, l'operatore economico ha di fronte a sé due opzioni: a) svincolarsi dalla propria offerta; b) proporre azione avverso il silenzio, di cui agli artt. 31 e 117 del c.p.a., al fine di ottenere la condanna dell'amministrazione pubblica a provvedere.
Esclusa dunque la rilevanza di detto termine ai fini del corretto esercizio del potere di revoca, occorre domandarsi se, nel caso di specie, alla luce del tempo trascorso dall’aggiudicazione definitiva, l’Amministrazione avrebbe dovuto corredare il provvedimento di una motivazione “rafforzata”, come sostenuto dalla ricorrente.
Al riguardo va evidenziato che, con il decreto legge del 24 marzo 2022, n. 24, è stata confermata la cessazione dello stato di emergenza da COVID-19, prorogata nel corso del tempo fino al 31 marzo 2022, quando erano trascorsi circa 10 mesi dall’aggiudicazione definitiva del contratto.
Il 31 marzo 2022 segna dunque, dal punto di vista prettamente normativo, il momento a partire dal quale l’emergenza sanitaria poteva ritenersi rientrata, preceduto dai noti progressi scientifici nel contenimento del virus, inclusa la campagna vaccinale iniziata nel dicembre del 2020.
Ritiene quindi il Collegio che dal marzo del 2022 l’Amministrazione era in possesso delle informazioni che avrebbero potuto giustificare un “ripensamento” delle decisioni in precedenza adottate, circostanza poi concretizzatasi con la comunicazione dell’avvio del procedimento del 28 luglio 2023, a distanza di 16 mesi dall’aggiudicazione.
Non appare congruo, pertanto, valutare la ragionevolezza del termine impiegato per la revoca facendolo decorrere dal momento dell’aggiudicazione, posto tra l’altro che nei primi mesi successivi entrambe le parti sono state inerti, fatta eccezione per due mail inviate dalla ricorrente nel settembre del 2021 per avere delucidazioni sullo stato della procedura.
Il tempo trascorso non appare inoltre rilevante o, comunque, tale da rafforzare il contrapposto interesse del privato alla conservazione del provvedimento amministrativo, se rapportato, quale termine di raffronto, a quello di 12 mesi previsto per l’annullamento d’ufficio dell’atto amministrativo.
Alla luce di tali considerazioni si esclude quindi che il tempo trascorso comportasse un onere motivazionale particolarmente intenso per l’Amministrazione, tale da inficiare la determinazione assunta.
La motivazione del provvedimento adottato - che indica, quale mutamento della situazione di fatto, il graduale rientro dell’emergenza sanitaria e la conseguente necessità, quanto alle ragioni di pubblico interesse, di una riorganizzazione interna al Gruppo FS in merito alle misure di prevenzione dei contagi - in quanto strettamente legata alla causa concreta del contratto di fornitura, incisa dalle sopravvenienze di cui si è detto, non è quindi manifestamente irragionevole e, dunque, ulteriormente sindacabile.
Ne deriva, pertanto, l’infondatezza dell’azione di annullamento e della connessa azione risarcitoria, in ragione del giudizio negativo sulla spettanza del bene della vita anelato con la prima.
7.2. Venendo alla subordinata azione di responsabilità precontrattuale, va in primo luogo respinta l’eccezione di difetto di giurisdizione avanzata da parte resistente.
Il Collegio condivide sul punto l’orientamento giurisprudenziale in base al quale, in materia di procedure ad evidenza pubblica, rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ex art. 133, comma 1, lett. e), n. 1) c.p.a., sia le controversie che attengono ad atti che, pur collocandosi dopo l'aggiudicazione, riguardano comunque ancora la procedura di affidamento, nel senso che ne determinano le sorti o incidono sull'individuazione del contraente e comunque sono originate dall'adozione o dalla caducazione di provvedimenti amministrativi, sia le controversie risarcitorie, in relazione ad "atti o comportamenti", anche se concernono ipotesi di responsabilità precontrattuale della P.A., originate da violazione delle regole di correttezza e buona fede e dalla lesione del legittimo affidamento del privato.
Si afferma la giurisdizione esclusiva, estesa quindi anche a posizioni di diritto soggettivo, in quanto anche tale sub-fase (quella tra l'aggiudicazione e la stipula del contratto di appalto) ha carattere pubblicistico, essendo "ancora esposta all'esercizio di poteri autoritativi di controllo e di eventuale autotutela della stazione appaltante" (Cons. Stato, Sez. V, 2 agosto 2019, n. 5498).
Nel merito, il Collegio ritiene che la domanda sia parzialmente fondata in base alle considerazioni che seguono.
Occorre in particolare verificare se la PA si sia comportata non solo da buon amministratore ma anche da corretto contraente.
Più in particolare è stato affermato che: “le regole di legittimità amministrativa e quelle di correttezza operano su piani distinti, uno relativo alla validità degli atti amministrativi e l’altro concernente invece la responsabilità dell’amministrazione e i connessi obblighi di protezione in favore della controparte. Oltre che distinti, i profili in questione sono autonomi e non in rapporto di pregiudizialità, nella misura in cui l’accertamento di validità degli atti impugnati non implica che l’amministrazione sia esente da responsabilità per danni nondimeno subiti dal privato destinatario degli stessi” (Cons. Stato, ad. plen., 29 novembre 2021, n. 21).
Ed ancora che: “A conferma della descritta evoluzione si pone l’art. 1, comma 2-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241, il quale dispone che: “(i) rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai princìpi della collaborazione e della buona fede”” (Cons. Stato, ad. plen., 29 novembre 2021, n. 21, cit.). Infine che: “La responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione può derivare non solo da comportamenti anteriori al bando, ma anche da qualsiasi comportamento successivo che risulti contrario, all’esito di una verifica da condurre necessariamente in concreto, ai doveri di correttezza e buona fede (Cons. Stato, Ad. plen., 4 maggio 2018, n. 5)” (così Cons. Stato, sez. V, 13 luglio 2020, n. 4514).
In questa direzione, pertanto, “non viene in rilievo l’attività provvedimentale della p.a. (l’esercizio diretto ed immediato del potere) bensì il comportamento (collegato in via indiretta e mediata all’esercizio del potere) complessivamente tenuto dalla stazione appaltante nel corso della gara, di modo che rilevano le regole di diritto privato la cui violazione non dà vita ad invalidità provvedimentale, ma a responsabilità; anche per la p.a. le regole di correttezza e buona fede così come per i privati sono regole di responsabilità” (Cons. Stato, sez. V, 13 luglio 2020, n. 4514, cit.).
L’ipotesi di responsabilità precontrattuale rilevante nella fattispecie in esame è quella cd. “pura”, ovvero riconducibile al modello civilistico di cui all’art. 1337 c.c.., che si configura quando l’Amministrazione, con un proprio comportamento contrario a buona fede, lede il legittimo affidamento riposto dal privato nella conclusione del contratto, incidendo negativamente sul suo diritto all’autodeterminazione in ambito negoziale e, quindi, violando una posizione di diritto soggettivo.
Ai fini della sussistenza degli elementi integranti la fattispecie di responsabilità, il privato, oltre alla propria buona fede soggettiva (ovvero l’affidamento incolpevole circa l’esistenza di un presupposto su cui ha fondato la scelta di compiere conseguenti attività economicamente onerose), deve dimostrare:
a) che l’affidamento incolpevole risulti leso da una condotta che, valutata nel suo complesso, e a prescindere dall’indagine sulla legittimità dei singoli provvedimenti, risulti oggettivamente contraria ai doveri di correttezza e di lealtà;
b) che tale oggettiva violazione dei doveri di correttezza sia anche soggettivamente imputabile all’amministrazione, in termini di colpa o dolo;
c) sia il danno-evento (la lesione della libertà di autodeterminazione negoziale), sia il danno-conseguenza (le perdite economiche subite a causa delle scelte negoziali illecitamente condizionate), sia i relativi rapporti di causalità fra tali danni e la condotta scorretta che si imputa all’amministrazione.
Ciò posto, va evidenziato che nella fattispecie in esame sussiste l’affidamento incolpevole in capo alla società ricorrente che, contrariamente a quanto sostenuto da parte resistente (segnatamente nel settembre del 2021 e, in modo più incisivo, tra il mese di maggio e luglio del 2023), ha sollecitato la stipula del contratto.
Il comportamento dell’Amministrazione, inoltre, appare connotato da colpa, nella misura in cui con la sua inerzia, protrattasi per mesi nonostante l’oramai acquisito dato del ridimensionamento dell’epidemia, ha alimentato l’affidamento della ricorrente aggiudicataria in ordine alla stipula del contratto.
Sussiste, infine, il nesso eziologico tra la condotta tenuta dall’Amministrazione e il danno-evento, non emergendo fattori causali alternativi che possano avere inciso sui tempi per l’adozione del provvedimento di revoca e sull’affidamento maturato in capo alla ricorrente.
Quanto al danno-conseguenza, valgano le seguenti considerazioni.
La ricorrente ha richiesto in primo luogo, a titolo di danno emergente:
- € 805,00 per la cauzione definitiva corrisposta alla Compagnia Assicurativa S2C S.p.A.;
- € 982,00 a titolo di rimborso spese della pubblicazione degli atti di gara sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana;
- € 11.590,00, comprensivo di IVA (22%) per l’acquisto, in data 21.9.2020, di una macchina riempitrice manuale antideflagrante a due cilindri;
- € 4.097,98 comprensivo di IVA (22%) per l’acquisto, in data 7.12.2020, di alcool etilico denaturato DGS-COVID 19, per far fronte immediatamente alle richieste di fornitura della S.A.;
- € 8.935,00 a titolo di danno emergente (c.d. danno per spese di struttura) consistente nell’utilizzo di personale (nella specie un operaio di maestranza non impiegato in altri lavori da dicembre 2020 a giugno 2021), specificamente ed individualmente, impiegato nell’appalto aggiudicato.
Per quanto concerne il rimborso delle spese di partecipazione alla gara (€ 805,00 per la cauzione definitiva ed € 982,00 per gli oneri di pubblicazione), viene in rilievo la lesione del diritto del soggetto a non essere coinvolto in trattative inutili, e pertanto va affermata la risarcibilità di tali spese.
In particolare, per effetto della revoca della aggiudicazione, sia pur legittima, si verte in ipotesi di responsabilità precontrattuale e quindi proprio di lesione dell’interesse del concorrente a non essere coinvolto in trattative inutili.
La precipua voce di danno ristorabile in applicazione dell’art. 1337 c.c. è quella relativa alle spese sopportate per le trattative (cui nella specie va equiparata la partecipazione ad una procedura di evidenza pubblica revocata e non seguita dalla stipula del contratto in favore della legittima aggiudicataria).
Non può essere invece riconosciuto il risarcimento delle spese sostenute dalla ricorrente per l’acquisto di beni strumentali e per l’impiego del personale, trattandosi di costi sostenuti prima ancora dell’aggiudicazione definitiva del lotto rispetto ai quali, tra l’altro, data la loro fungibilità, risulta indimostrato il nesso di strumentalità con la specifica commessa per cui è causa.
Quanto alla richiesta del risarcimento del lucro cessante, sotto specie di mancato conseguimento dell’utile di impresa, il Collegio osserva che la natura della responsabilità precontrattuale esclude in radice la possibilità di reintegrare tale voce di danno, essendo la responsabilità limitata al mero interesse contrattuale negativo.
In proposito è, infatti, assolutamente pacifico in giurisprudenza che a titolo di responsabilità precontrattuale non va riconosciuto il mancato utile derivante dall’esecuzione del contratto: se il danno è causato dalla violazione delle regole di correttezza e buona fede (art. 1337 c.c.) – ipotesi che si configura generalmente come nella specie nella fase successiva all’aggiudicazione – il danno da risarcire è riferito all’interesse negativo.
Inoltre, è ammesso il ristoro della perdita di chance, ma per le sole occasioni di guadagno alternative cui l’operatore leso avrebbe potuto attingere in assenza del contegno dannoso dell’Amministrazione, mentre non è ammesso il ristoro della chance intesa come pura e semplice possibilità di conseguire i guadagni connessi all’esecuzione del contratto non stipulato.
Anche in tema di danni da responsabilità precontrattuale va fatta invero applicazione, con i dovuti adattamenti, dei principi enunciati dalla Adunanza plenaria nella pronuncia n. 2/2017, a mente della quale il danneggiato deve “offrire la prova dell’utile che in concreto avrebbe conseguito, poiché nell’azione di responsabilità per danni il principio dispositivo opera con pienezza e non è temperato dal metodo acquisitivo proprio dell’azione di annullamento (ex art. 64, commi 1 e 3, c.p.a.); quest’ultimo, infatti, in tanto si giustifica in quanto sussista la necessità di equilibrare l’asimmetria informativa tra amministrazione e privato la quale contraddistingue l’esercizio del pubblico potere ed il correlato rimedio dell’azione di impugnazione, mentre non si riscontra in quella di risarcimento dei danni, in relazione alla quale il criterio della c.d. vicinanza della prova determina il riespandersi del predetto principio dispositivo sancito in generale dall’art. 2697, primo comma, c.c.”.
Ne consegue che, per il ristoro delle occasioni di guadagno mancate in attesa del contratto non concluso, la richiedente deve fornire rigorosamente la prova di tali occasioni mancate, non potendo genericamente ricorrere ad una deduzione vaga ed indimostrata.
Nella fattispecie in esame, la ricorrente ha domandato l’utile netto che sarebbe derivato dall’esecuzione del contratto, come tale estraneo al profilo dell’interesse negativo, senza nemmeno allegare l’eventuale perdita di occasioni di guadagno alternative.
Nei suesposti limiti, va riconosciuto alla ricorrente il risarcimento dei danni da responsabilità precontrattuale, che è stato adeguatamente dedotto e provato solo relativamente alle spese per la partecipazione alla gara pari a: € 805,00 per la cauzione definitiva corrisposta alla Compagnia Assicurativa S2C S.p.A. ed € 982,00 a titolo di rimborso spese della pubblicazione degli atti di gara sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.
Sugli importi risarcitori saranno applicati gli interessi legali dalla maturazione (data di esborso effettivo di ciascuna somma) al soddisfo.
8. In conclusione, il ricorso va accolto parzialmente nei termini sopra specificati.
8.1. Sussistono infine giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio, attesa la soccombenza parziale e reciproca, ad eccezione del contributo unificato da rifondersi a beneficio della ricorrente (cfr. sul punto Cons. Stato, sez. V, 4 gennaio 2023, n. 146, secondo cui “A norma dell’art. 13, comma 6-bis.1, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, l’importo del contributo unificato va posto a carico della parte soccombente, anche in caso di compensazione delle spese di giudizio. Infatti l’obbligazione di pagamento del contributo unificato è tale ex lege per l’importo predeterminato e grava in ogni caso sulla parte soccombente, essendo sottratta alla potestà del giudice, sia quanto alla possibilità di disporne la compensazione, sia quanto alla determinazione del suo ammontare, tanto da non richiedere alcuna pronuncia in merito da parte del giudice stesso. Ne consegue che, da un lato, l’obbligazione del rimborso a carico del soccombente non necessita, ai fini della sua ottemperanza, dell’inserimento di una specifica statuizione nella sentenza e, dall’altro, che tale obbligazione grava sulla parte soccombente anche quando sia stata esonerata dal corrispondere le spese di lite alla controparte vittoriosa, avendo il giudice disposto la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.”).
P.Q.M.
l Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quarta Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:
- lo accoglie limitatamente alla domanda risarcitoria, connessa alla responsabilità precontrattuale della resistente Feservizi S.p.A. e per l’effetto condanna la stessa al risarcimento in favore della ricorrente dei danni limitati all’interesse contrattuale negativo, con le modalità e nei limiti indicati in motivazione;
- lo respinge nel resto;
- compensa le spese tra le parti, ad eccezione dell’obbligo di restituzione del contributo unificato ex art. 13, co. 6-bis.1 d.P.R. n. 115/2002.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
l Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quarta Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:
- lo accoglie limitatamente alla domanda risarcitoria, connessa alla responsabilità precontrattuale della resistente Feservizi S.p.A. e per l’effetto condanna la stessa al risarcimento in favore della ricorrente dei danni limitati all’interesse contrattuale negativo, con le modalità e nei limiti indicati in motivazione;
- lo respinge nel resto;
- compensa le spese tra le parti, ad eccezione dell’obbligo di restituzione del contributo unificato ex art. 13, co. 6-bis.1 d.P.R. n. 115/2002.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Guida alla lettura
Con pronuncia n. 6564 del 4 aprile la Sezione IV-ter del Tar Lazio, Roma vengono ripercorsi i presupposti della responsabilità extracontrattuale per la revoca tardiva dell’aggiudicazione.
La disamina del giudice di prime cure inizia con la breve analisi dell’istituto del potere di revoca, caratterizzato da discrezionalità, nel chiaro rispetto delle condizioni dell’art. 21-quinquies, l. n. 241/1990.
In secondo luogo, nel ripercorrere i presupposti individuati dalla norma su citata (sopravvenuti motivi di pubblico interesse o mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento), viene chiarito che non sussiste alcuna previsione in ordine ai termini per l’esercizio del potere di autotutela. Conseguentemente, il tempo trascorso tra l’adozione del provvedimento di aggiudicazione da parte dell’amministrazione e la sua revoca risulta ininfluente ai fini della legittimità dell’esercizio del potere stesso.
Una volta esclusa la rilevanza del tempo trascorso tra l’aggiudicazione della procedura di gara ed il provvedimento di revoca, il giudice si sofferma sulla necessità di un provvedimento con motivazione rafforzata, escludendola nel caso di specie, in ragione della presenza di un elemento oggettivo ed inequivocabile, quale il decreto legge del 24 marzo 2022, n. 24.
Ulteriore argomento di pronuncia da parte del giudice riguarda il tema della responsabilità precontrattuale della stazione appaltante.
Affinché si configuri un’ipotesi di responsabilità precontrattuale, l’interessato (l’operatore economico nel caso in esame), oltre alla propria buona fede soggettiva (ossia l’affidamento incolpevole in ordine all’esistenza di un presupposto sulla base del quale compiere conseguenti attività economicamente onerose), deve dimostrare:
a) che l’affidamento incolpevole risulti leso da una condotta che, valutata nel suo complesso, e a prescindere dall’indagine sulla legittimità dei singoli provvedimenti, risulti oggettivamente contraria ai doveri di correttezza e di lealtà;
b) che tale oggettiva violazione dei doveri di correttezza sia anche soggettivamente imputabile all’amministrazione, in termini di colpa o dolo;
c) sia il danno-evento (la lesione della libertà di autodeterminazione negoziale), sia il danno-conseguenza (le perdite economiche subite a causa delle scelte negoziali illecitamente condizionate), sia i relativi rapporti di causalità fra tali danni e la condotta scorretta che si imputa all’amministrazione.
Nel caso di specie, nonostante il legittimo esercizio del potere di revoca, emergono profili di responsabilità precontrattuale, in particolare la lesione dell’interesse del concorrente a non essere coinvolto in trattative inutili.
Nel caso specifico, il giudice ha perimetrato il danno ristorabile, in applicazione dell’art. 1337 c.c., individuato nelle spese sopportate per le trattative (che corrispondono, nel caso di specie, alle spese sostenute per la partecipazione ad una procedura di evidenza pubblica revocata e non seguita dalla stipula del contratto in favore della legittima aggiudicataria).
Viene escluso il riconoscimento del risarcimento delle spese sostenute dalla ricorrente per l’acquisto di beni strumentali e per l’impiego del personale, in quanto costi sostenuti prima dell’aggiudicazione del lotto rispetto ai quali non sussiste nesso di strumentalità con la specifica commessa.
Quanto alla richiesta del risarcimento del lucro cessante, nella sentenza in esame si chiarisce che la natura della responsabilità precontrattuale esclude il reintegro di tale voce di danno, poichè la responsabilità è limitata al mero interesse contrattuale negativo.
Infine, viene affrontato il tema del ristoro della perdita di chance, delimitato alle sole occasioni di guadagno alternative cui l’operatore leso avrebbe potuto attingere, di contro non è ammesso il ristoro della chance intesa come pura e semplice possibilità di conseguire i guadagni connessi all’esecuzione del contratto non stipulato.