Abstract Capitolo 10 del Manuale dei contratti pubblici di L. Carbone, F. Caringella, G. Rovelli, 2024, Dike Giuridica

La portata innovativa del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36 innerva anche le modalità di affidamento dei contratti pubblici.

Appare significativa, innanzitutto, la scelta del Legislatore di dedicare il titolo I parte I del libro I all’enucleazione dei principi generali, il che rappresenta una assoluta novità rispetto ai previgenti “Codici”. Essa è sintomatica dell’esigenza di strutturare le procedure ad evidenza pubblica in maniera tale da consentire la selezione in tempi ragionevoli dell’offerta che assicuri il miglior rapporto possibile tra qualità e prezzo e la tempestiva esecuzione dei lavori, dei servizi o delle forniture; obiettivi che postulano l’apertura a una ampia platea di operatori economici e un rapporto tra P.A. e privati ispirato al dovere di correttezza.

La buona fede trova sua peculiare declinazione nell’art. 9, che stabilisce l’obbligo di rinegoziazione del contratto in caso di eventi imprevedibili e straordinari successivi alla stipula, tali da alterare l’originario assetto dei diritti e degli obblighi dei paciscenti; norma che, di fatto, aderendo alle soluzioni propugnate dalla giurisprudenza, rispecchia la necessità, affermatasi con particolare vigore durante l’emergenza pandemica, di regolamentare circostanze fattuali non preventivabili (o non disciplinate) al momento della sottoscrizione del contratto e idonee ad incidere sull’equilibrio negoziale.

Il titolo I del libro I rappresenta, dunque, la sintesi della ratio e degli obiettivi del nuovo Codice dei contratti pubblici. L’assunto trova conferma, innanzitutto, nell’art. 15, che segna il passaggio dal Responsabile Unico del Procedimento al Responsabile Unico del Progetto, rectius ai Responsabili di fase.

La modifica ha valenza sostanziale e non meramente lessicale; l’art. 15, comma 4, consente, infatti, di nominare un Responsabile per le fasi di programmazione e progettazione e uno per quella di affidamento, gerarchicamente subordinati al RUP e funzionali a supportare quest’ultimo nella sua attività. Tale previsione normativa offre una ulteriore opzione all’Amministrazione, permettendo alla stessa di adeguare il modello di gestione della procedura alle esigenze del singolo affidamento e determina il superamento della necessaria unitarietà della figura in esame, che aveva creato non poche difficoltà applicative in specie per le stazioni appaltanti strutturate in forma societaria che si connotano per una netta distinzione tra uffici acquisti e tecnici. Ripartizione dei ruoli che, naturalmente, non “scalfisce” l’unicità del centro di responsabilità.

Il combinato disposto dell’art. 15 e dell’allegato I.2 chiarisce, altresì, che il Responsabile Unico del Progetto può svolgere anche le funzioni di progettista e di direttore dei lavori, salvo in caso di lavori complessi o di particolare rilevanza sotto il profilo architettonico, ambientale, storico artistico e conservativo, oltre che tecnologico, oppure in ipotesi di progetti integrati o di interventi di importo superiore ad € 5.832.000,00.  Si assiste, pertanto, a un notevole innalzamento della soglia economica, fissata dalle previgenti Linee guida n. 3 ANAC in € 1.500.000; il Codice del 2016, così come novellato dalla delibera n. 1007 del 2017, escludeva, altresì, che la direzione e la progettazione potesse essere affidata al RUP, qualora allo stesso fosse demandato anche il compito di verificare il progetto.

Il Legislatore, inoltre, ponendo fine al dibattito sorto durante la vigenza del d.lgs. n. 50/2016 ha chiarito: “(..) Della commissione giudicatrice può far parte il RUP (art. 93, comma 3). Il d.lgs. n. 36/2023, inoltra, ha integrato l’art. 107, comma 3, TUEL, stabilendo che: “la commissione giudicatrice, nel caso di aggiudicazione dei contratti di importo inferiore alle soglie europee con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, può essere presieduta dal responsabile unico del procedimento”. L’intervento normativo ha inteso superare l’impasse applicativa generata dal Codice del 2016 e sottende l’adesione alla tesi secondo cui chi ha si è occupato di precedenti fasi della procedura ad evidenza pubblica può garantire la selezione di un’offerta effettivamente coerente con le esigenze della stazione appaltante.

Rilevanti novità sono ravvisabili anche con riferimento al conflitto di interessi. Il nuovo Codice, infatti, in parte recependo il parere n. 667 del 5 marzo 2019 del Consiglio di Stato, che aveva espresso la necessità di evitare definizioni del fenomeno in commento meramente descrittive ed eccessivamente generiche, all’art. 16, comma 1, amplia l’ambito soggettivo e quello oggettivo; mentre ai sensi dell’art. 42 d.lgs. n. 50, cit., infatti, il conflitto d’interessi poteva riguardare “il personale di una stazione appaltante”, il Codice del 2023 utilizza la locuzione “un soggetto che, a qualsiasi titolo, interviene con compiti funzionali nella procedura di aggiudicazione o nella fase di esecuzione degli appalti o delle concessioni”. La norma, dunque, include anche collaboratori della P.A. e il personale di altra Amministrazione, purché intervengano con compiti funzionali, ossia implicanti l’esercizio di funzioni amministrative e non meramente materiali o d’ordine.

Il medesimo, inoltre, disciplina l’istituto in commento anche con riferimento alla fase esecutiva del contratto; la scelta legislativa di collocare, a differenza del codice previgente, le due ipotesi nello stesso comma appare sintomatica dell’equiparazione in materia di conflitto di interessi tra sede procedimentale e sede contrattuale.

Ulteriore innovazione morfologica che disvela, invero, la volontà del Legislatore di introdurre modifiche sostanziali è rintracciabile all’art. 17, che disciplina la decisione di contrarre che “sostituisce” la determinazione a contrarre. In particolare, in forza dell’art. 6, comma 2, lett. c), dell’allegato I.2, il RUP decide i sistemi di affidamento dei lavori, servizi e forniture, la tipologia di contratto da stipulare, il criterio di aggiudicazione, in tal modo dismettendo il ruolo meramente propositivo assegnatogli (rectius assegnato al Responsabile Unico del Procedimento) nel Codice del 2016 dalle linee guida ANAC n. 3.

Tale novella legislativa pone, invero, problemi applicativi laddove il RUP non coincida con il dirigente titolare del potere di spesa, che ai sensi dell’art. 192 TUEL ha la competenza per l’adozione della decisione di contrarre. La responsabilità gravante sulla predetta figura dirigenziale induce ad escludere che il suddetto debba o possa semplicemente accettare quanto stabilito dal RUP.

Per quanto concerne, poi, l’affidamento diretto, è significativa l’elisione del verbo potere; mentre l’art. 32, comma 2, d. lgs. 50, cit. recitava “(..) la stazione appaltante può procedere ad affidamento diretto tramite determina a contrarre (..)”, l’art. 17 stabilisce, invece, che in caso di affidamento diretto la decisione a contrarre individua l’oggetto, l’importo, il contraente, unitamente alle ragioni della scelta.

L’assenza nel comma 2 dell’art. 17 della parola “può” attesta, dunque, che la P.A. ha l’obbligo e non la mera facoltà di affidare in via diretta i lavori con un unico atto; in tale peculiare ipotesi, infatti, non vi è una procedura ad evidenza pubblica, sicché la decisione di contrarre non assurge ad atto prodromico all’avvio della fase di aggiudicazione, ma concreta un provvedimento amministrativo epilogo dell’attività istruttoria del RUP, con intuibili conseguenze sulla sua impugnabilità.

Significativa è, poi, la scelta legislativa di consentire agli operatori economici di presentare la proposta nell’ambito del project financing anche in assenza dei requisiti per l’affidamento, essendo sufficiente che il proponente abbia maturato i medesimi al momento della gara. Il d.lgs. n. 36, cit., inoltre, non prevede, a differenza della normativa previgente, che l’impresa debba stipulare nella prima fase una garanzia e debba versare una cauzione pari al 2,5% del valore dell’investimento; novità che attesta la consapevolezza da parte del Legislatore della difficoltà di ottenere garanzie economiche di importi cospicui prima della procedura di affidamento. L’art. 194, infine, statuisce l’obbligo per l’aggiudicatario di costituire una S.p.A. o una S.r.l. definita di scopo (e non più di progetto). La costituzione di un nuovo “soggetto” societario, che nel d.lgs. n. 50, cit. assurgeva a mera facoltà, è funzionale a garantire una maggiore stabilità dell’investimento, che, dunque, potrà essere realizzato anche in ipotesi di fallimento di uno degli aggiudicatari.

L’esigenza di garantire la tempestività dell’affidamento e dell’esecuzione del contratto è, altresì, riscontrabile nelle novità riguardanti le procedure di affidamento, che risultano, peraltro, coerenti con l’individuazione dello strumento telematico quale modalità ordinaria per lo svolgimento delle gare.

Nella procedura aperta, ad esempio, il termine per la presentazione delle offerte, precedentemente fissato in 35 giorni, è stato ridotto a 30 giorni; il predetto termine, peraltro, può essere ulteriormente abbreviato di 5 giorni in caso di ricorso alla procedura telematica. L’art. 71, comma 3, inoltre, attribuisce alla Stazione appaltante la facoltà di statuire che l’offerta pervenga in 15 giorni laddove sussistano ragioni di urgenza specificatamente motivate e purché vengano rispettati i presupposti di cui al successivo comma 4.

Analoghi “meccanismi di defalcazione dei termini procedimentali” sono previsti con riferimento alla procedura ristretta e alla procedura competitiva con negoziazione.

Per quanto concerne, invece, il dialogo competitivo, il nuovo Codice dispensa la Stazione appaltante dall’obbligo di motivare la scelta di ricorrere a tale modello procedurale, a differenza di quanto previsto dalla normativa previgente. Obbligo che, invece, persiste con riferimento alla procedura negoziata senza pubblicazione del bando.

Il nuovo Codice dei Contratti pubblici, inoltre, mira a delineare con chiarezza le ipotesi di esclusione dell’operatore economico. Al fine di sopire le incertezze interpretative, infatti, il Legislatore enuclea le ipotesi tassative che determinano l’esclusione automatica del concorrente e le fattispecie che, invece, assurgono a cause non automatiche di estromissione dell’impresa e che impongono l’esercizio, all’esito di apposito contraddittorio con il concorrente “interessato”, di un potere discrezionale da parte del committente pubblico.

Distinzione tra esclusione obbligatoria e facoltativa che connota anche l’art. 54, disciplinante l’offerta anormalmente bassa, che fissa il discrimen tra le proposte economiche del tutto irricevibili, da altre, invece, necessitanti di un approfondimento procedimentale.

Il principio del risultato, infine, trova peculiare esplicazione nell’ambito dei criteri di aggiudicazione, in cui si assiste a un ampliamento delle ipotesi in cui la Stazione appaltante deve affidare i lavori, i servizi o le forniture sulla base dell’offerta economicamente vantaggiosa. Tale criterio, infatti, diviene obbligatorio anche per il partenariato per l’innovazione e in caso di appalto integrato; l’appalto integrato, che implica che la gara riguardi non solo l’esecuzione dei lavori ma anche la predisposizione dell’appalto, diviene modello applicabile anche in caso di utilizzo di fondi PNRR, dismettendo il ruolo di modello contrattuale eccezionale, tendenzialmente vietato.

La logica acceleratoria caratterizzante il d.lgs. n. 36/2023 è rintracciabile, infine, anche nell’art. 30 che non solo ammette ma mira ad incentivare l’utilizzo di procedure automatizzate funzionali a migliore l’efficienza delle procedure ad evidenza pubblica. In adesione alla giurisprudenza in tema di algoritmo e ai principi espressi dal Regolamento UE 2016/679 nonché dalla CEDU, si sancisce l’imprescindibilità del contributo umano, che deve garantire l’attuazione di misure tecniche ed organizzative idonee a scongiurare esiti discriminatori e decisioni adottate all’esito di logiche di funzionamento conoscibili e comprensibili.

Quanto illustrato, quindi, dimostra che le modalità di affidamento stabilite dal nuovo Codice dei contratti pubblici rappresentano probabilmente l’emblema delle ragioni e delle logiche sottese all’intervento riformatore.

*Abstract del Cap. 10 del MANUALE DEI CONTRATTI PUBBLICI, di L. Carbone, F. Caringella, G. Rovelli, Dike Giuridica, 2024