TAR Calabria, Reggio Calabria, 8 febbraio 2024, n. 119
La disposizione normativa di cui all’art. 41, comma 14, D.Lgs. n. 36/2023, contiene il riferimento a due concetti distinti non sovrapponibili ovvero “l’importo posto a base di gara”, nell’individuare il quale la Stazione appaltante deve prevedere anche il cd. costo della manodopera, e “l’importo assoggettato al ribasso” dal quale, invece, “i costi della manodopera”, devono essere scorporati. Tale previsione normativa vieta, quindi, che i costi della manodopera, pur rientrando nel più generale “importo posto a base di asta”, siano inclusi nel cd. importo assoggettato al ribasso ovvero nell’importo sul quale dovrà essere applicato il ribasso percentuale offerto dal concorrente e ciò all’evidente fine di non sottostimare le retribuzioni da erogare ai lavoratori “applicati” nell’esecuzione delle commesse pubbliche
Con ricorso dinanzi al TAR Calabria, un operatore economico secondo classificato impugnava il provvedimento con il quale la Stazione appaltante aveva aggiudicato ad altro operatore economico l’affidamento congiunto, sulla base del progetto di fattibilità tecnico- economica, della progettazione esecutiva e della esecuzione dei lavori, relativi all''intervento denominato “Progettazione esecutiva ed esecuzione dei lavori di adeguamento e risanamento della banchina Margottini nel porto di Reggio Calabria”.
Nel caso di specie, l’operatore economico secondo classificato lamentava - per quel che più interessa - che la Commissione di gara avrebbe dovuto escludere l’aggiudicataria in quanto, in sede di presentazione dell’offerta economica, quest’ultima aveva indicato - quale “importo soggetto a ribasso” sul quale calcolare, in via diretta ed immediata, il cd. “ribasso percentuale unico offerto” - una cifra corrispondente ad € 9.084.418,22, di cui € 1.011.221,98 quali oneri della manodopera non soggetta a ribasso d’asta.
L’esposizione di tale cifra - ad avviso dell’operatore economico secondo classificato - siccome inclusiva dei suddetti costi della manodopera, violerebbe il disposto di cui all’art. 41, comma 14, D.Lgs. n. 36/2023, espressamente richiamato nel disciplinare di gara, secondo cui
“...i costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso”.
A fronte di tale dirimente circostanza, dunque, la Stazione appaltante avrebbe dovuto escludere l’aggiudicataria dalla gara, per violazione della normativa inderogabile sopra citata, e non, come invece effettuato dalla Commissione di gara, “manipolare” la relativa offerta, estrapolando dall’importo inequivocabilmente indicato quale “soggetto a ribasso” la somma relativa ai costi della manodopera (pari ad € 1.011.221,98).
Investito della questione, il TAR adito accoglieva il gravame alla luce dei seguenti rilievi.
Prioritariamente il TAR ha osservato che - in relazione alla disposizione di cui all’art. 41, comma 14, D.Lgs. n. 36/2023 - la norma contiene il riferimento a due concetti distinti e non sovrapponibili, e cioè:
- “l'importo posto a base di gara” (nell’individuare il quale la Stazione appaltante deve prevedere anche il cd. costo della manodopera);
- “l’importo assoggettato al ribasso” (dal quale, invece, i costi della manodopera devono essere scorporati).
Ed invero, il novellato Codice dei Contratti Pubblici - ha rilevato il Giudice di Prime Cure - vieta che i costi della manodopera, pur rientrando nel più generale “importo posto a base di asta”, siano inclusi nell’importo assoggettato al ribasso ovvero nell’importo sul quale dovrà essere applicato il ribasso percentuale offerto dal concorrente e ciò al fine di non sottostimare le retribuzioni da erogare ai lavoratori “applicati” nell’esecuzione delle commesse pubbliche.
Nondimeno - in ossequio a quanto previsto nell’ultimo periodo del surrichiamato comma 14 “...resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale...” - il TAR ha osservato che il concorrente, separatamente dall’importo assoggettato al ribasso percentuale complessivo, può esporre un costo della manodopera inferiore rispetto a quello calcolato dalla Stazione appaltante.
Tuttavia - in siffatta ipotesi - il Collegio ha ricordato che andrà successivamente dimostrato in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta (ex art. 110, comma 1, D.Lgs. n. 36/2023) che tale ribasso c.d. “indiretto” dei costi della manodopera risulti coerente con una “più efficiente organizzazione aziendale” 1.
Nel caso di specie, ha statuito il TAR, tale previsione è stata correttamente inserita all’interno della lex specialis per cui ciascun concorrente avrebbe potuto sì ribassare il costo della manodopera, ma avrebbe potuto farlo soltanto in via indiretta, ovvero esponendo una cifra inferiore rispetto a quella computata ex ante dalla Stazione appaltante e non inserendo (come invece compiuto dall’aggiudicataria) il costo medesimo, in via diretta ed immediata, nel diverso e distinto “importo assoggettato a ribasso”, sul quale applicarsi il “ribasso percentuale unico offerto”, da intendersi quale ribasso proposto avuto riguardo a tutte le attività oggetto di appalto.
Proprio alla luce delle suddette considerazioni, il TAR ha accolto il ricorso ritenendo fondata la censura espulsiva proposta dall’operatore economico secondo classificato.
Commento
Il nuovo codice dei contratti pubblici (D. Lgs. n. 36/2023) oltre a confermare il divieto per le imprese partecipanti alla gara di ribassare i costi della sicurezza prestabiliti dal Committente, introduce un analogo divieto di ribasso anche per i costi della manodopera.
Così recita l’art. 41, comma 14, del nuovo codice, in applicazione del criterio di delega di cui all’art. 1, comma 2, lettera t), della Legge n. 78/2022: “I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso”.
La norma sembra reintrodurre una vecchia regola contenuta nel codice del 2006, poi superata dall’evoluzione normativa (con il codice del 2016) e giurisprudenziale, i cui approdi sono così riassumibili:
- non sono ribassabili i trattamenti minimi salariali retributivi indicati nelle tabelle ministeriali sul costo del lavoro, derivanti da previsioni inderogabili di legge o dei contratti collettivi;
1 Cfr. In tema di ribasso costi manodopera in relazione al D.Lgs. n. 36/2023, Cons. di Stato, Sez. V, 09/06/2023, n. 5665; TAR Sicilia, Palermo, Sez. II, 19/12/2023, n. 3779; TAR Campania, Napoli, Sez. V, 07/11/2023, n. 6128.
- invece, gli importi relativi alle altre voci che compongono il costo della manodopera (ad esempio, gli oneri previdenziali e assicurativi, altri oneri come l’adesione alla previdenza complementare, l’incidenza del tasso di assenteismo, ecc.) sono derogabili dall’impresa, rispetto ai relativi valori (medi) indicati nelle tabelle di riferimento, purché lo scostamento sia motivato e non sia eccessivo.
Occorre, quindi, chiedersi se tali approdi normativi e giurisprudenziali siano ora travolti dalla nuova norma, nella misura in cui quest’ultima sembra estendere il divieto di ribasso, indistintamente, a tutti i costi della manodopera predeterminati dal Committente nei documenti di gara.
In realtà, ad attenuare la portata di tale estensione della nuova previsione è lo stesso art. 41, comma 14, che così chiarisce: “...Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale...”.
Di talché risulta opportuno - sul tema - dare sinteticamente conto dei primi punti di vista espressi sul punto dai diversi TAR, dal Consiglio di Stato, dall’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) e dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT).
Il primo contributo giurisprudenziale è stato offerto del Consiglio di Stato, che con sentenza n. 5665 in data 9 giugno 2023, pur relativa a un appalto al quale era applicabile il previgente Codice del 2016, ha colto l’occasione per svolgere alcune osservazioni sul nuovo art. 41.
È stato osservato che un effettivo scorporo dei costi della manodopera si tradurrebbe in un “...divieto indiscriminato di ribasso sulla manodopera...” (par. 14.3), con molteplici effetti negativi tra cui:
- la standardizzazione dei costi verso l’alto;
- nel caso degli appalti ad alta intensità di manodopera, la limitazione del confronto competitivo al solo ribasso sui (residuali) costi diversi dalla manodopera; nel caso deciso dal Consiglio di Stato, ritenendo operativo il divieto di ribasso, si sarebbe pervenuti “...all’assurdo logico...” (par. 14.6) di considerare la gara indetta solo per vagliare il ribasso sulla voce “spese generali”.
Nella sostanza, pur senza esprimersi in termini netti, la V Sez. del Consiglio di Stato ha interpretato l’art. 41, comma 14, nel senso che i costi della manodopera sono ribassabili (e quindi non materialmente scorporati), ma che il ribasso dev’essere giustificato alla luce di un’efficiente organizzazione aziendale.
Procedendo in rigoroso ordine cronologico, in linea con il Consiglio di Stato si sono espressi dapprima il MIT, e poi ANAC.
Il servizio di consulenza del MIT, con parere n. 2154 in data 19 luglio 2023, ha offerto un’interpretazione basata sulle indicazioni operative contenute nel bando tipo ANAC n. 1/2023, il quale indica a) che l’importo a base di gara comprende i costi della manodopera stimati dalla stazione appaltante e b) che i costi della manodopera effettivamente stimati dal concorrente vadano indicati in offerta da quest’ultimo.
Ne consegue, a parere del MIT, che gli operatori possono ben esporre costi della manodopera inferiori a quelli stimati dalla Stazione appaltante, con la sola conseguenza che in tal caso l’offerta è sottoposta al procedimento di verifica dell’anomalia ex art. 110 del Codice; fermo ovviamente il divieto di fornire giustificazioni in relazione a trattamenti salariali inferiori ai minimi inderogabili di legge.
Quanto ad ANAC, con parere di precontenzioso n. 528 in data 15 novembre 2023 l’Autorità ha concluso che nonostante la formulazione letterale della prima parte dell’art. 41, comma 14, del Codice “...induca a ritenere che i costi della manodopera siano scorporati dall’importo assoggettato a ribasso, la lettura sistematica e costituzionalmente orientata delle diverse disposizioni del Codice in materia di costi della manodopera...” debba portare a conclusioni opposte.
Il riferimento è anzitutto al secondo inciso contenuto nell’art. 41, comma 14, a mente del quale “...resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale...”. Tale inciso sarebbe infatti posto nel nulla se si interpretasse il precedente inciso come divieto inderogabile di ribasso dei costi della manodopera.
Il riferimento di ANAC è altresì all’art. 108, comma 9, e all’art. 110 del Codice.
Il primo impone ai concorrenti di indicare nell’offerta economica, a pena di esclusione, i costi della manodopera.
Il secondo prescrive che le Stazioni appaltanti, nel valutare la congruità delle offerte, tengano conto anche dei costi della manodopera indicati dai concorrenti.
Tali previsioni non avrebbero avuto ragion d’essere se davvero l’art. 41, comma 14, avesse inteso vietare tout court il ribasso sui costi della manodopera.
In continuità con quanto precede si è poi espresso il TAR Sicilia (sentenza del 19 dicembre 2023 n. 3787), affermando la legittima impostazione di una procedura nell’ambito della quale i costi della manodopera erano (doverosamente) indicati in via separata, ma era prevista la possibilità di esprimere un ribasso in termini percentuali sull’importo complessivo a base d’asta, inclusi i costi della manodopera.
Il TAR interpreta l’obbligo normativo di scorporare i costi della manodopera come un mero onere di indicazione separata negli atti di gara (“...cosa che è stata puntualmente fatta nella formulazione dei documenti della gara per cui è controversi...”), senza che ciò precluda ai concorrenti di offrire ribassi su tale significativa voce di costo.
A tale tesi, di recente, vi ha aderito anche il TAR Toscana (sentenza del 29 gennaio 2024 n. 120), il quale ha ritenuto che l’art. 41 debba essere interpretato in maniera coerente con l’art. 108, comma 9 e l’art. 110 del Codice, esattamente come argomentato da ANAC.
Il TAR conclude per l’assoggettabilità a ribasso dei costi della manodopera, osservando che “...se, infatti, il legislatore avesse voluto considerare tali costi fissi e invariabili, non avrebbe avuto senso richiedere ai concorrenti di indicarne la misura nell’offerta economica, né avrebbe avuto senso includere anche i costi della manodopera tra gli elementi che possono concorrere a determinare l’anomalia dell’offerta...” (par. 1.1).
Giova altresì dare conto di due pronunce in termini opposti.
Il TAR Campania, Salerno (sentenza del 11 gennaio 2024 n. 147) si è trovato a valutare la legittimità o meno di atti di gara che prevedevano un rigoroso scorporo del costo della manodopera, rispetto al quale era esclusa la possibilità di ribasso.
Il TAR non ha preso posizione sul dibattito in relazione all’art. 41, e limitando l’esame alla legittimità degli specifici atti di gara ha confermato la bontà della scelta della Stazione appaltante di precludere il ribasso sui costi della manodopera.
Da ultimo, il TAR Calabria, Reggio Calabria con la sentenza oggetto della presente nota che ha interpretato l’art. 41, comma 14, come divieto al ribasso sui costi della manodopera.
Secondo il TAR, l’art. 41 farebbe riferimento a due concetti distinti:
- “...l’importo posto a base di gara”, nell’individuare il quale la stazione appaltante deve prevedere anche il cd. costo della manodopera...”;
- “...l’importo assoggettato al ribasso” dal quale, invece, “i costi della manodopera”, devono essere scorporati...” (par. 10).
La previsione normativa, vietando il ribasso sulla manodopera, perseguirebbe “...l’evidente fine di non sottostimare le retribuzioni da erogare ai lavoratori “applicati” nell’esecuzione delle commesse pubbliche...” (par. 10).
Quanto al secondo inciso contenuto nel comma 14, la pronuncia afferma che gli operatori potrebbero ben esporre una cifra a titolo di costi della manodopera inferiore a quella stimata dalla Stazione appaltante, dimostrando che il risparmio deriva da una più efficiente organizzazione aziendale.
Ma senza che tale risparmio possa consentire una concorrenzialità maggiore in gara, non potendo il risparmio tradursi in un maggior ribasso sull’importo a base di gara (dal quale, come detto, il TAR ritiene che la manodopera debba essere rigidamente esclusa).