Corte di giustizia, sent. 2 maggio 2019, causa C-309/18, Lavogna s.r.l. c. Comune di Montelanico e a. (ECLI:EU:C:2019:350).
1. I principi di parità di trattamento e trasparenza non ostano ad una normativa nazionale, secondo la quale la mancata indicazione dei costi della manodopera comporta l’esclusione dell’offerente interessato, senza possibilità di ricorrere alla procedura di soccorso istruttorio, anche laddove il bando di gara non richiami espressamente l’obbligo legale di fornire detta indicazione (1).
2. Laddove la modulistica predisposta dalla stazione appaltante, da utilizzarsi obbligatoriamente per l’offerta economica, generi confusione in capo agli operatori, in considerazione dei principi di certezza del diritto, trasparenza e proporzionalità, l’amministrazione aggiudicatrice può accordare ad un offerente la possibilità di sanare la sua situazione e di ottemperare agli obblighi previsti dalla legislazione nazionale, entro un termine stabilito dalla stessa amministrazione aggiudicatrice (2).
(1) In senso parzialmente conforme: Corte giust, sent. 2 giugno 2016, causa C-27/15, Pizzo, EU:C:2016:404, p. 51; ord. 10 novembre 2016, causa C-162/16, Spinosa Costruzioni Generali e Melfi, EU:C:2016:870, p. 32; ord. 10 novembre 2016, causa C-140/16, Edra Costruzioni e Edilfac, EU:UC:2016:868, p. 35.
(2) Non constano precedenti in termini.
SENTENZA DELLA CORTE (Nona Sezione)
2 maggio 2019 ( *1 )
«Rinvio pregiudiziale – Aggiudicazione degli appalti pubblici – Direttiva 2014/24/UE – Costi della manodopera – Esclusione automatica dell’offerente che non ha indicato separatamente nell’offerta detti costi – Principio di proporzionalità»
Nella causa C‑309/18,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Italia), con ordinanza del 20 marzo 2018, pervenuta in cancelleria il 7 maggio 2018, nel procedimento
Lavorgna Srl
contro
Comune di Montelanico,
Comune di Supino,
Comune di Sgurgola,
Comune di Trivigliano,
nei confronti di:
Gea Srl,
LA CORTE (Nona Sezione),
composta da K. Jürimäe, presidente di sezione, S. Rodin (relatore) e N. Piçarra, giudici,
avvocato generale: M. Campos Sánchez-Bordona
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
–
per la Gea Srl, da E. Potena, avvocato;
–
per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da M. Santoro, avvocato dello Stato;
–
per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;
–
per la Commissione europea, da G. Gattinara, P. Ondrůšek e L. Haasbeek, in qualità di agenti,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE (GU 2014, L 94, pag. 65), nonché dei principi del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici.
2
Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, la Lavorgna Srl e, dall’altro, il Comune di Montelanico (Italia), il Comune di Supino (Italia), il Comune di Sgurgola (Italia) e il Comune di Trivigliano (Italia), in merito all’aggiudicazione di un appalto pubblico a una società che ha omesso di indicare separatamente i costi della manodopera nella propria offerta economica.
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
3
I considerando 40 e 98 della direttiva 2014/24 sono così formulati:
«(40)
La vigilanza sull’osservanza delle disposizioni in materia di diritto (...) del lavoro dovrebbe essere svolta nelle fasi pertinenti della procedura di appalto, nell’applicare i principi generali che disciplinano la selezione dei partecipanti e l’aggiudicazione dei contratti, nell’applicare i criteri di esclusione e nell’applicare le disposizioni riguardanti le offerte anormalmente basse. (...)
(...)
(98)
(...) I requisiti riguardanti le condizioni di lavoro fondamentali disciplinate dalla direttiva 96/71/CE [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1996, relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi (GU 1997, L 18, pag. 1)], quali le tariffe minime salariali, dovrebbero (...) rimanere al livello stabilito dalla legislazione nazionale o da contratti collettivi applicati in conformità del diritto dell’Unione nel contesto di tale direttiva».
4
L’articolo 18 della direttiva 2014/24 così dispone:
«1. Le amministrazioni aggiudicatrici trattano gli operatori economici su un piano di parità e in modo non discriminatorio e agiscono in maniera trasparente e proporzionata.
La concezione della procedura di appalto non ha l’intento di escludere quest’ultimo dall’ambito di applicazione della presente direttiva né di limitare artificialmente la concorrenza. Si ritiene che la concorrenza sia limitata artificialmente laddove la concezione della procedura d’appalto sia effettuata con l’intento di favorire o svantaggiare indebitamente taluni operatori economici.
2. Gli Stati membri adottano misure adeguate per garantire che gli operatori economici, nell’esecuzione di appalti pubblici, rispettino gli obblighi applicabili in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dal diritto dell’Unione, dal diritto nazionale, da contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro elencate nell’allegato X».
5
A termini dell’articolo 56, paragrafo 3, della medesima direttiva:
«Se le informazioni o la documentazione che gli operatori economici devono presentare sono o sembrano essere incomplete o non corrette, o se mancano documenti specifici, le amministrazioni aggiudicatrici possono chiedere, salvo disposizione contraria del diritto nazionale che attua la presente direttiva, agli operatori economici interessati di presentare, integrare, chiarire o completare le informazioni o la documentazione in questione entro un termine adeguato, a condizione che tale richiesta sia effettuata nella piena osservanza dei principi di parità di trattamento e trasparenza».
Diritto italiano
6
L’articolo 83, comma 9, del decreto legislativo del 18 aprile 2016, n. 50 – Codice dei contratti pubblici [(Supplemento Ordinario alla GURI n. 91, del 19 aprile 2016), così come modificato dal decreto legislativo del 19 aprile 2017, n. 56 (Supplemento Ordinario alla GURI n. 103, del 5 maggio 2017); in prosieguo: il «codice dei contratti pubblici»], è del seguente tenore:
«Le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda possono essere sanate attraverso la procedura di soccorso istruttorio di cui al presente comma. In particolare, in caso di mancanza, incompletezza e di ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo di cui all’articolo 85, con esclusione di quelle afferenti all’offerta economica e all’offerta tecnica, la stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere. (...)».
7
Ai sensi dell’articolo 95, comma 10, del codice dei contratti pubblici:
«Nell’offerta economica l’operatore deve indicare i propri costi della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro ad esclusione delle forniture senza posa in opera, dei servizi di natura intellettuale e degli affidamenti ai sensi dell’articolo 36, comma 2, lettera a). Le stazioni appaltanti, relativamente ai costi della manodopera, prima dell’aggiudicazione procedono a verificare il rispetto di quanto previsto all’articolo 97, comma 5, lettera d)».
Procedimento principale e questione pregiudiziale
8
Con provvedimento del 29 settembre 2017, il Comune di Montelanico ha bandito una procedura d’appalto aperta il cui valore di mercato superava la soglia prevista all’articolo 4 della direttiva 2014/24. Il provvedimento in questione non richiamava espressamente l’obbligo incombente agli operatori di indicare nella loro offerta economica i costi della manodopera, prescritto all’articolo 95, comma 10, del codice dei contratti pubblici.
9
Sei offerenti, tra i quali figuravano la Gea Srl e la Lavorgna, hanno presentato un’offerta.
10
Dopo la scadenza del termine impartito per la presentazione delle offerte, l’amministrazione aggiudicatrice, facendo ricorso alla procedura di soccorso istruttorio di cui all’articolo 83, comma 9, del codice dei contratti pubblici, ha invitato alcuni degli offerenti, tra i quali la Gea, a indicare i loro costi della manodopera.
11
Con decisione del 22 dicembre 2017, il Comune di Montelanico ha aggiudicato l’appalto pubblico alla Gea.
12
La Lavorgna, posizionatasi al secondo posto in esito alla procedura di selezione, ha proposto un ricorso, dinanzi al giudice del rinvio, diretto, in particolare, all’annullamento della succitata decisione, sostenendo che la Gea avrebbe dovuto essere esclusa dalla procedura di gara per aver omesso di indicare, nella sua offerta, i costi della manodopera, senza possibilità di riconoscerle il beneficio della procedura di soccorso istruttorio.
13
Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Italia) ricorda che, nella sentenza del 2 giugno 2016, Pizzo (C‑27/15, EU:C:2016:404) e nell’ordinanza del 10 novembre 2016, Edra Costruzioni e Edilfac (C‑140/16, non pubblicata, EU:C:2016:868), la Corte si è pronunciata sulla questione se alcuni offerenti possano essere esclusi da una procedura di appalto pubblico per non aver precisato i costi relativi alla sicurezza sul lavoro e se una simile omissione possa essere regolarizzata a posteriori. In tale occasione, la Corte avrebbe sottolineato che, nell’ipotesi in cui una condizione per la partecipazione alla procedura di aggiudicazione, a pena di esclusione dell’offerente, non sia espressamente prevista dai documenti dell’appalto e possa essere identificata solo con un’interpretazione giurisprudenziale del diritto nazionale, l’amministrazione aggiudicatrice può accordare all’offerente escluso un termine sufficiente per regolarizzare la sua omissione.
14
Il giudice del rinvio precisa che il legislatore nazionale, quando ha adottato il codice dei contratti pubblici al fine di recepire la direttiva 2014/24 nell’ordinamento giuridico italiano, ha espressamente previsto l’obbligo per gli offerenti di indicare nell’offerta economica i propri costi della manodopera, escludendo al contempo la facoltà, per l’amministrazione aggiudicatrice, di fare ricorso alla procedura di soccorso istruttorio per invitare gli offerenti che non hanno adempiuto il medesimo obbligo a regolarizzare la loro situazione.
15
Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio s’interroga sulla compatibilità della normativa nazionale di cui al procedimento principale con i principi generali della tutela del legittimo affidamento, della certezza del diritto e di proporzionalità, in particolare nel caso in cui, come nel procedimento di cui è investito, l’offerta economica, che non riporta l’indicazione dei costi della manodopera, sia stata redatta dall’impresa partecipante alla gara d’appalto in conformità alla documentazione all’uopo predisposta dall’amministrazione aggiudicatrice, e non sia in discussione il rispetto sostanziale delle norme relative ai costi della manodopera.
16
Il giudice del rinvio sostiene che l’applicazione della normativa nazionale in esame potrebbe comportare discriminazioni nei confronti delle imprese stabilite in altri Stati membri che volessero partecipare a un appalto bandito da un’amministrazione aggiudicatrice italiana, non potendo esse nutrire un valido e concreto affidamento sulla correttezza della modulistica predisposta dall’amministrazione aggiudicatrice.
17
Stante quanto precede, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se i principi comunitari di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto, unitamente ai principi di libera circolazione delle merci, di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui al Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), nonché i principi che ne derivano, come la parità di trattamento, la non discriminazione, il mutuo riconoscimento, la proporzionalità e la trasparenza, di cui alla direttiva (…) 2014/24/UE, ostino all’applicazione di una normativa nazionale, quale quella italiana derivante dal combinato disposto degli artt. 95, comma 10, e 83, comma 9, del D. Lgs. n. 50/2016, secondo la quale l’omessa separata indicazione dei costi della manodopera nelle offerte economiche di una procedura di affidamento di servizi pubblici determina, in ogni caso, l’esclusione della ditta offerente senza possibilità di soccorso istruttorio, anche nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicazione separata non sia stato specificato nella documentazione di gara e, ancora, a prescindere dalla circostanza che, dal punto di vista sostanziale, l’offerta rispetti effettivamente i costi minimi della manodopera, in linea peraltro con una dichiarazione all’uopo resa dalla concorrente».
Sulla questione pregiudiziale
18
Con la questione pregiudiziale posta, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se i principi della certezza del diritto, della parità di trattamento e di trasparenza, contemplati nella direttiva 2014/24, debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, secondo la quale la mancata indicazione separata dei costi della manodopera, in un’offerta economica presentata nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, comporta l’esclusione della medesima offerta senza possibilità di soccorso istruttorio, anche nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicare i suddetti costi separatamente non fosse specificato nella documentazione della gara d’appalto.
19
A tale proposito, per giurisprudenza costante della Corte, da un lato, il principio di parità di trattamento impone che gli offerenti dispongano delle stesse possibilità nella formulazione dei termini delle loro offerte e implica quindi che tali offerte siano soggette alle medesime condizioni per tutti gli offerenti. Dall’altro lato, l’obbligo di trasparenza, che ne costituisce il corollario, ha come scopo quello di eliminare i rischi di favoritismo e di arbitrio da parte dell’amministrazione aggiudicatrice. L’obbligo in questione implica che tutte le condizioni e le modalità della procedura di aggiudicazione siano formulate in maniera chiara, precisa e univoca nel bando di gara o nel capitolato d’oneri, in modo che, da un lato, si permetta a tutti gli offerenti ragionevolmente informati e normalmente diligenti di comprenderne l’esatta portata e d’interpretarle allo stesso modo e, dall’altro, all’autorità aggiudicatrice di essere in grado di verificare effettivamente se le offerte degli offerenti rispondano ai criteri che disciplinano l’appalto in questione (sentenza del 2 giugno 2016, Pizzo, C‑27/15, EU:C:2016:404, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).
20
Alla luce delle suesposte considerazioni, la Corte ha statuito che il principio della parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza devono essere interpretati nel senso che ostano all’esclusione di un operatore economico da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico a seguito del mancato rispetto, da parte di tale operatore, di un obbligo che non risulta espressamente dai documenti relativi a tale procedura o dal diritto nazionale vigente, bensì da un’interpretazione di tale diritto e di tali documenti nonché dal meccanismo diretto a colmare, con un intervento delle autorità o dei giudici amministrativi nazionali, le lacune presenti in tali documenti (sentenza del 2 giugno 2016, Pizzo, C‑27/15, EU:C:2016:404, punto 51; v., in tal senso, ordinanza del 10 novembre 2016, Spinosa Costruzioni Generali e Melfi, C‑162/16, non pubblicata, EU:C:2016:870, punto 32).
21
Questi stessi principi non possono invece, di norma, ostare all’esclusione di un operatore economico dalla procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico a causa del mancato rispetto, da parte del medesimo, di un obbligo imposto espressamente, a pena di esclusione, dai documenti relativi alla stessa procedura o dalle disposizioni del diritto nazionale in vigore.
22
Una simile considerazione s’impone a maggior ragione in quanto, secondo una giurisprudenza costante della Corte, nell’ipotesi in cui i documenti relativi all’appalto pubblico imponessero chiaramente taluni obblighi a pena di esclusione, l’amministrazione aggiudicatrice non può ammettere qualsiasi rettifica a omissioni concernenti i medesimi obblighi (v., per analogia, sentenze del 6 novembre 2014, Cartiera dell’Adda, C‑42/13, EU:C:2014:2345, punti 46 e 48; del 2 giugno 2016, Pizzo, C‑27/15, EU:C:2016:404, punto 49, e del 10 novembre 2016, Ciclat, C‑199/15, EU:C:2016:853, punto 30).
23
A tale riguardo, occorre aggiungere che l’articolo 56, paragrafo 3, della direttiva 2014/24 autorizza gli Stati membri a limitare i casi nei quali le amministrazioni aggiudicatrici possono chiedere agli operatori economici interessati di presentare, integrare, chiarire o completare le informazioni o la documentazione asseritamente incomplete, errate o mancanti entro un termine adeguato.
24
Infine, conformemente al principio di proporzionalità, che costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, una normativa nazionale riguardante le procedure d’appalto pubblico finalizzata a garantire la parità di trattamento degli offerenti non deve eccedere quanto necessario per raggiungere l’obiettivo perseguito (v., in tal senso, sentenza dell’8 febbraio 2018, Lloyd’s of London, C‑144/17, EU:C:2018:78, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).
25
Nel caso di specie, dagli elementi forniti dal giudice del rinvio emerge che l’obbligo, a pena di esclusione, di indicare separatamente i costi della manodopera discende chiaramente dal combinato disposto dell’articolo 95, comma 10, del codice dei contratti pubblici e dell’articolo 83, comma 9, del medesimo, in vigore al momento della pubblicazione del bando di gara oggetto del procedimento principale. Sulla scorta dell’articolo 56, paragrafo 3, della direttiva 2014/24, il legislatore italiano ha deciso, all’articolo 83, comma 9, del succitato codice, di escludere dalla procedura di soccorso istruttorio, in particolare, l’ipotesi in cui le informazioni mancanti riguardino i costi della manodopera.
26
Inoltre, sebbene il giudice del rinvio rilevi che il bando di gara di cui al procedimento principale non richiamava espressamente l’obbligo incombente ai potenziali offerenti, previsto all’articolo 95, comma 10, del codice dei contratti pubblici, di indicare, nell’offerta economica, i loro costi della manodopera, dagli elementi del fascicolo di cui dispone la Corte risulta tuttavia che il bando in parola specificava che, «[p]er quanto non espressamente previsto nel presente bando, nel capitolato e nel disciplinare di gara si applicano le norme del [codice dei contratti pubblici]».
27
Ne consegue che qualsiasi offerente ragionevolmente informato e normalmente diligente era, in linea di principio, in grado di prendere conoscenza delle norme pertinenti applicabili alla procedura di gara di cui al procedimento principale, incluso l’obbligo di indicare nell’offerta economica i costi della manodopera.
28
Da quanto precede deriva dunque che i principi della parità di trattamento e di trasparenza non ostano a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, secondo la quale la mancata indicazione dei costi della manodopera comporta l’esclusione dell’offerente interessato senza possibilità di ricorrere alla procedura di soccorso istruttorio, anche in un caso in cui il bando di gara non richiamasse espressamente l’obbligo legale di fornire detta indicazione.
29
Tuttavia, dalle osservazioni scritte sottoposte alla Corte dalla Gea emerge che il modulo predisposto che gli offerenti della gara d’appalto di cui al procedimento principale dovevano obbligatoriamente utilizzare non lasciava loro alcuno spazio fisico per l’indicazione separata dei costi della manodopera. In più, il capitolato d’oneri relativo alla medesima gara d’appalto precisava che gli offerenti non potevano presentare alcun documento che non fosse stato specificamente richiesto dall’amministrazione aggiudicatrice.
30
Spetta al giudice del rinvio, che è il solo competente a statuire sui fatti della controversia principale e sulla documentazione relativa al bando di gara in questione, verificare se per gli offerenti fosse in effetti materialmente impossibile indicare i costi della manodopera conformemente all’articolo 95, comma 10, del codice dei contratti pubblici e valutare se, di conseguenza, tale documentazione generasse confusione in capo agli offerenti, nonostante il rinvio esplicito alle chiare disposizioni del succitato codice.
31
Nell’ipotesi in cui lo stesso giudice accertasse che effettivamente ciò è avvenuto, occorre altresì aggiungere che, in tal caso, in considerazione dei principi della certezza del diritto, di trasparenza e di proporzionalità, l’amministrazione aggiudicatrice può accordare a un simile offerente la possibilità di sanare la sua situazione e di ottemperare agli obblighi previsti dalla legislazione nazionale in materia entro un termine stabilito dalla stessa amministrazione aggiudicatrice (v., in tal senso, sentenza del 2 giugno 2016, Pizzo, C‑27/15, EU:C:2016:404, punto 51, e ordinanza del 10 novembre 2016, Spinosa Costruzioni Generali e Melfi, C‑162/16, non pubblicata, EU:C:2016:870, punto 32).
32
Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione pregiudiziale posta dichiarando che i principi della certezza del diritto, della parità di trattamento e di trasparenza, contemplati nella direttiva 2014/24, devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, secondo la quale la mancata indicazione separata dei costi della manodopera, in un’offerta economica presentata nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, comporta l’esclusione della medesima offerta senza possibilità di soccorso istruttorio, anche nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicare i suddetti costi separatamente non fosse specificato nella documentazione della gara d’appalto, sempreché tale condizione e tale possibilità di esclusione siano chiaramente previste dalla normativa nazionale relativa alle procedure di appalti pubblici espressamente richiamata in detta documentazione. Tuttavia, se le disposizioni della gara d’appalto non consentono agli offerenti di indicare i costi in questione nelle loro offerte economiche, i principi di trasparenza e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi non ostano alla possibilità di consentire agli offerenti di sanare la loro situazione e di ottemperare agli obblighi previsti dalla normativa nazionale in materia entro un termine stabilito dall’amministrazione aggiudicatrice.
Sulle spese
33
Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Nona Sezione) dichiara:
I principi della certezza del diritto, della parità di trattamento e di trasparenza, quali contemplati nella direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, secondo la quale la mancata indicazione separata dei costi della manodopera, in un’offerta economica presentata nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, comporta l’esclusione della medesima offerta senza possibilità di soccorso istruttorio, anche nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicare i suddetti costi separatamente non fosse specificato nella documentazione della gara d’appalto, sempreché tale condizione e tale possibilità di esclusione siano chiaramente previste dalla normativa nazionale relativa alle procedure di appalti pubblici espressamente richiamata in detta documentazione. Tuttavia, se le disposizioni della gara d’appalto non consentono agli offerenti di indicare i costi in questione nelle loro offerte economiche, i principi di trasparenza e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi non ostano alla possibilità di consentire agli offerenti di sanare la loro situazione e di ottemperare agli obblighi previsti dalla normativa nazionale in materia entro un termine stabilito dall’amministrazione aggiudicatrice.
Guida alla lettura
Con sentenza del 2 maggio u.s., la Nona Sezione della Corte di giustizia si è pronunciata, su rinvio pregiudiziale del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, su un quesito relativo all’applicabilità degli artt. 83, comma 9, e 95, comma 10, del Codice dei contratti pubblici, in materia di soccorso istruttorio e indicazione in offerta degli oneri relativi a manodopera e sicurezza. In particolare, il TAR del Lazio, premettendo che, in base alle norme nazionali, il soccorso istruttorio non è applicabile alle carenze dell’offerta economica, chiedeva alla Corte di chiarire se i principi generali di parità di trattamento, non discriminazione, mutuo riconoscimento e trasparenza, richiamati dalla direttiva 2014/24/UE, debbano determinare in ogni caso l’esclusione dell’offerta, anche nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicazione separata non sia stato chiaramente specificato nella documentazione di gara e, ancora, a prescindere dalla circostanza che, dal punto di vista sostanziale, l’offerta rispetti effettivamente i costi minimi della manodopera, in linea peraltro con una dichiarazione all’uopo resa dalla concorrente.
La controversia scaturiva dall’aggiudicazione, da parte del Comune di Montelanico, di un appalto, di valore superiore alla soglia di applicazione della normativa europea, alla Gea s.r.l., nonostante tale società avesse omesso di indicare i costi della manodopera nella propria offerta iniziale, redatta in conformità alla documentazione predisposta dall’amministrazione aggiudicatrice. Scaduto il termine per la presentazione delle offerte, infatti, la stazione appaltante invitava tale impresa, ai sensi dell’art. 83 comma 9 del Codice dei contratti pubblici, ad integrare la propria offerta. Entro il termine impartito, la Gea inviava le integrazioni richieste, ed il Comune disponeva l’aggiudicazione a favore di tale impresa. La controinteressata Lavorgna s.r.l., tuttavia, ricorreva al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, contestando l’aggiudicazione ed affermando che la Gea avrebbe dovuto essere esclusa per aver omesso di indicare i costi della manodopera, senza possibilità di riconoscerle il beneficio del soccorso istruttorio.
Il Tar del Lazio sospendeva la causa e sollevava rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE, chiedendo alla Corte di chiarire, in sostanza, se la dir. 2014/24/UE sugli appalti pubblici, ed i principi generali di non discriminazione, trasparenza e parità di trattamento da essa richiamati, debbano imporre ad un’amministrazione aggiudicatrice di escludere un’offerta per la violazione di una disposizione di diritto nazionale, anche laddove i documenti di gara non prevedano espressamente la sanzione dell’esclusione.
La Corte osserva anzitutto che, secondo propria costante giurisprudenza, il principio di parità di trattamento impone che gli offerenti dispongano delle stesse possibilità nella formulazione delle loro offerte, e implica quindi che le offerte siano soggette alle medesime condizioni per tutti gli offerenti. Da tale principio deriva l’obbligo di trasparenza dell’ente aggiudicatore, che ha come scopo quello di eliminare i rischi di favoritismo e di arbitrio, e comporta che tutte le condizioni e regole della procedura di aggiudicazione siano formulate in maniera chiara, precisa e univoca nel bando di gara o nel capitolato d’oneri, in modo che si permetta a tutti gli offerenti ragionevolmente informati e normalmente diligenti di comprenderne l’esatta portata.
Come si ricorderà, la Corte si era già pronunciata, nel caso Pizzo (sentenza del 2 giugno 2016, Pizzo, C‑27/15, EU:C:2016:404), sulla questione della mancata indicazione dei costi relativi alla manodopera, affermando che il principio di parità di trattamento non consentirebbe l’esclusione di un’offerta che presenti tale carenza, trattandosi della violazione di un obbligo non espressamente previsto né dai documenti di gara né dal diritto nazionale vigente (ivi, p. 51; la questione, infatti, era antecedente al D.lgs. 50/2016).
Viceversa, i ricordati principi di parità di trattamento e non discriminazione impongono l’esclusione dell’operatore economico che ha violato un obbligo espressamente imposto da una norma nazionale in vigore, ossia l’art. 95, co. 10, letto in combinato disposto con l’art. 83, co. 9, del Codice.
Tale statuizione, benché apparentemente diversa dalla pronuncia Pizzo, non rappresenta un autentico overruling. Anzi, già nella precedente sentenza Cartiera dell’Adda (sent. 6 novembre 2014, causa C-42/13, EU:C:2014:2345, p. 46-48), la Corte aveva affermato che una stazione appaltante non deve consentire rettifiche delle offerte, laddove risulti chiaramente dalla legge di gara che l’operatore economico ha violato una disposizione sanzionata con l’esclusione.
La statuizione, peraltro, appare in linea con il principio di autoresponsabilità, ben noto nella giurisprudenza amministrativa (ex multis, v. Cons. Stato, sez. III, 28 novembre 2018, n. 6752, in questa Rivista, http://www.italiappalti.it/leggiarticolo.php?id=3956, con nota di A. Danza) che, nella declinazione europea, significa che l’operatore economico non può invocare il soccorso istruttorio, laddove qualsiasi offerente ragionevolmente informato e normalmente diligente sia, in linea di principio, in grado di prendere conoscenza delle norme pertinenti applicabili alla procedura di gara. In tali casi, l’amministrazione aggiudicatrice è tenuta ad escludere un operatore che non abbia comunicato un documento o un’informazione la cui produzione sia imposta dai documenti di gara o dalla legge sotto pena di esclusione.
La seconda statuizione è anch’essa conseguente all’affermazione del principio di non discriminazione e ragionevolezza. La possibilità di sanare l’offerta, che sia carente di requisiti imposti dalla legge a pena di esclusione, andrà quindi riconosciuta solo in casi estremi, come quello in cui la stazione appaltante abbia essa stessa favorito l’equivoco, imponendo l’utilizzo di una modulistica errata o incompleta.