Corte di Giustizia UE, Sez. IX, sentenza 2 maggio 2019, C 309/2018
soccorso istruttorio - art. 95, comma 10, d.lgs n. 50 del 2016 - art. 83, comma 9, d.lgs n. 50 del 2016 - omessa specificazione oneri manodopera
Non è incompatibile con i principi eurounitari di proporzionalità, non discriminazione, trasparenza e libera circolazione dei servizi e delle merci, il combinato disposto degli artt. 95 comma 10, e 83, comma 9, d.lgs. n. 50/2016, interpretato nel senso di non consentire il soccorso istruttorio in caso di omessa specificazione in offerta degli oneri della manodopera (e, quindi, della sicurezza). In casi siffatti, la stazione appaltante può dunque procedere all'esclusione anche a prescindere da un'espressa sanzione in tal senso contenuta nella lex specialis di gara.
È quanto stabilito dalla Corte di Giustizia UE, chiamata dal TAR Lazio a pronunziarsi sulla compatibilità eurounitaria dell’interpretazione del diritto interno fatta propria dapprima dalla Quinta Sezione (cfr. sent. nn. 1228/2018, 653/2018 e 815/2017) e quindi condivisa
dall'Adunanza Plenaria (cfr. ord. nn. 1, 2 e 3 del 2019), investita della questione a seguito dell’insorgere di un contrasto con la Terza Sezione (cfr. sent. n. 2554/2018).
Come noto, la Plenaria aveva deciso di non dirimere il conflitto, ma di rimettere la questione alla CGUE, la quale nel recente passato aveva ritenuto non compatibile con i principi di certezza del diritto, trasparenza e non discriminazione, l’analoga disciplina contenuta nel vecchio codice (artt. 86, comma 3 ter e 87, comma 4, d.lgs. n. 163/2006), ove letta in termini immediatamente escludenti, a prescindere da una sanzione espressa nel bando. In particolare, la Corte aveva ritenuto contrastante con i predetti principi la possibilità che all’esclusione potesse procedersi in forza di un’interpretazione del diritto interno ad opera del giudice nazionale, potendosi in tal caso porre un problema di discriminazione tra imprese, soprattutto in relazione agli operatori esteri.
Con il suo primo intervento sull’argomento in parola per come disciplinato dal nuovo codice, il giudice europeo ha quindi escluso che la normativa interna possa essere considerata poco chiara e che, come invece avveniva in passato, l’effetto escludente possa necessitare del filtro interpretativo ad opera del giudice nazionale. Sembrerebbe dunque che la Corte concordi con la lettura prospettata dalle tre recenti ordinanze con le quali l’Adunanza Plenaria ha rimesso anch’essa analoghe questioni alla CGUE, ponendo in luce – in conformità all’indirizzo assunto dalla V^ Sezione, contrapposto a quello della III^ - le ragioni per le quali l’art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50/2016, letto unitamente all’art. 83, comma 9, avrebbe ora risolto il problema insorto sul vecchio codice, prevedendo, da un lato, un obbligo incondizionato di separata indicazione degli oneri della sicurezza e della manodopera in offerta; ma, dall’altro, anche un divieto generalizzato di soccorso istruttorio sulle offerte (art. 83, comma 9, d.lgs. cit.).
Tale ultima previsione - ricorda ancora la Corte UE - è frutto di una libera scelta del legislatore interno, che ha peraltro optato per l’esercizio di una facoltà ad esso concessa dall'art. 53, paragrafo 6, della direttiva 24/2014, che "autorizza gli Stati membri a limitare i casi nei quali le amministrazioni aggiudicatrici possono chiedere agli operatori economici interessati di presentare, integrare, chiarire o completare le informazioni o la documentazione asseritamente incomplete, errate o mancanti entro un termine adeguato" (punto 23 della sentenza).
Se è pur vero che la questione, oggetto del duraturo contrasto tra giudici nazionali e tra le Alte Corti, potrebbe dirsi auspicabilmente risolta ancor prima dell’intervento della CGUE sulle rimessioni ad opera della Plenaria, tale obiettivo – che è un valore in sé, a prescindere dalla correttezza della soluzione adottata, in quanto conforme alle esigenze di certezza del diritto che permeano la materia – potrebbe essere ancora una volta posto in pericolo dalla mancata analisi, anche ad opera della Plenaria, della questione per come impostata dai richiamati interventi della Terza Sezione (cfr. sent. n. 2554/2018) che hanno dato luogo al contrasto.
In buona sostanza, si osserva che la questione ora risolta dalla CGUE riguardava un caso in cui la stazione appaltante aveva proceduto al soccorso istruttorio sull’offerta carente di indicazioni sui costi della manodopera, nonostante il chiaro contenuto dell’art. 83, comma 9 cit..
Diverso è, invece, il caso in cui, come ad esempio accaduto nella fattispecie affrontato dalla più volte richiamata sentenza della III^ Sezione, la stazione appaltante abbia deciso di sottoporre l’offerta a verifica di congruità, verificando in concreto e in quella sede se gli oneri della sicurezza, che dall’offerta apparivano comunque essere stati considerati, fossero effettivamente congrui.
Un siffatto modo di procedere potrebbe infatti essere ritenuto conforme all’art. 97, comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 50/2016, ed è in linea con il principio eurounitario del contraddittorio sull’offerta, ribadito dalle direttive del 2014 (cfr. l’art. 69 della Dir. 24/2014, secondo cui “Le amministrazioni aggiudicatrici impongono agli operatori economici di fornire spiegazioni sul prezzo o sui costi proposti nelle offerte se queste appaiono anormalmente basse rispetto a lavori, forniture o servizi…L’amministrazione aggiudicatrice valuta le informazioni fornite consultando l’offerente).
Pertanto, se è pur vero che l’intervento della Corte potrà essere utile a superare, in taluni casi, le obiezioni alla tesi dell’effetto necessariamente escludente dell’omessa indicazione in offerta degli oneri della sicurezza, non essendo più necessario passare a tal fine attraverso complesse ipotesi di eterointegrazione del bando, non per questo può dirsi, con la medesima certezza, che il nuovo intervento della Corte abbia messo la parola la parola fine alle discussioni su un tema che, nell'ultimo triennio, ha interessato per ben quattro volte l’Adunanza Plenaria e per almeno tre volte il Giudice europeo (all’insegna della sempre più diffusa sensazione di “incertezza del diritto”).