Consiglio di Stato, Adunanza plen., 4 maggio 2018, n. 5
1. La responsabilità precontrattuale dell'amministrazione e l’elemento soggettivo. 2. La possibilità di riconoscere la responsabilità precontrattuale dell'amministrazione prima dell’aggiudicazione.
1. La responsabilità precontrattuale dell'amministrazione e l’elemento soggettivo.
L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha recentemente avuto modo di pronunciarsi sul tema della responsabilità precontrattuale dell’amministrazione in tema di appalti, chiarendo, in particolare, i confini temporali entro cui possono essere realizzate le condotte idonee a far sorgere tale tipo di responsabilità risarcitoria[1].
Come è noto, la responsabilità (extracontrattuale) per danno da mancata aggiudicazione non è l'unica tipologia di responsabilità in cui l'amministrazione può incorrere in materia di contrattualistica pubblica[2].
Le stazioni appaltanti possono, infatti, incorrere anche in una responsabilità di natura precontrattuale[3], che la più recente giurisprudenza ritiene pacificamente "applicabile anche all'attività contrattuale dell'amministrazione svolta secondo i modelli autoritativi dell'evidenza pubblica e che prescinde dall'accertamento di un'illegittimità provvedimentale e anche dalla prova dell'eventuale diritto all'aggiudicazione del partecipante"[4], per violazione dei canoni di buona fede e correttezza nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto.
La responsabilità extracontrattuale e quella precontrattuale della P.A. differiscono tra loro soprattutto con riferimento alla natura delle regole violate: la responsabilità extracontrattuale si configura qualora la violazione riguardi norme di tipo pubblicistico che siano poste a presidio delle procedure a evidenza pubblica, mentre quella precontrattuale richiede la violazione di norme di tipo privatistico, generalmente riferite ai rapporti di diritto comune.
Mentre nella responsabilità extracontrattuale per danno da mancata aggiudicazione il danno da risarcire è riferito al c.d. 'interesse positivo' e ricomprende sia il mancato profitto sia il danno curriculare, in quella precontrattuale il danno risarcibile si ricollega a un interesse di tipo 'negativo' e ricomprende unicamente l'interesse a non spendere tempo e risorse nella conduzione di trattative contrattuali inutili[5].
In relazione alla responsabilità precontrattuale, a differenza di quanto avviene con riferimento alla responsabilità per danno da mancata aggiudicazione, l'elemento soggettivo della condotta mantiene una sua specifica rilevanza[6].
2. La possibilità di riconoscere la responsabilità precontrattuale dell'amministrazione prima dell’aggiudicazione.
Non vi è dubbio che una stazione appaltante possa incorrere in una responsabilità di tipo precontrattuale per condotte poste in essere nella fase successiva all'aggiudicazione della procedura[7].
In via esemplificativa, la giurisprudenza ritiene che la stazione appaltante possa incorrere in responsabilità precontrattuale qualora (anche dopo la stipula del contratto) revochi in autotutela una gara d'appalto in ragione del venir meno della fonte di finanziamento dei lavori affidati, se le condizioni di criticità economica erano conosciute o conoscibili già prima dell'indizione della procedura[8].
Al contrario, volendo proseguire nell’esame della casistica giurisprudenziale, non si configurerebbe alcuna responsabilità precontrattuale nel caso di mancata stipula del contratto a seguito di interdittiva antimafia. In particolare, la mancata stipula di un contratto per lavori conseguente a richiesta di informativa antimafia, successivamente intervenuta, non è produttiva di danno risarcibile stante la possibilità dell’amministrazione di acquisire l’informativa prefettizia al fine di evitare di stipulare il contratto con un soggetto che – dal punto di vista della normativa antimafia – è suscettibile di presentare 'controindicazioni'. La responsabilità precontrattuale ricorre, invero, nel caso in cui, prima della stipulazione contrattuale, il presunto danneggiante violi il principio di correttezza e buona fede, ledendo il legittimo affidamento maturato da controparte nella conclusione del contratto. Nella situazione in esame, tuttavia, il mancato rispetto del termine risulterebbe pienamente giustificato dalle esigenze antimafia, non potendo dunque integrare gli estremi di una condotta illecita[9].
Se la possibilità per l’amministrazione di incorrere in responsabilità precontrattuale per condotte tenute dopo l’aggiudicazione della gara è pacifica in giurisprudenza, altrettanto non vale con riferimento alla fase che precede l’aggiudicazione.
In particolare, ci si è chiesti se la responsabilità precontrattuale sia o meno configurabile anteriormente alla scelta del contraente. Nulla esclude che la violazione delle regole di buona fede e correttezza si possa concretizzare anche "in un momento che precede la conclusione della fase pubblicistica (….), il che non toglie che tale violazione assume rilevanza dopo che gli atti della fase pubblicistica, attributivi degli effetti vantaggiosi, sono stati rimossi"[10]. Si pone il problema di capire se – ed eventualmente a che titolo – l’amministrazione possa essere chiamata a risponderne in sede risarcitoria.
Sul punto è sorto un contrasto giurisprudenziale.
Da un lato, alcune pronunce del Consiglio di Stato[11] e della Corte di Cassazione[12] hanno sostenuto che la responsabilità precontrattuale sarebbe configurabile anche nella fase che precede la scelta del contraente, prima dell’aggiudicazione e a prescindere da essa.
Dall’altro lato, successive pronunce giurisprudenziali hanno sviluppato un orientamento secondo cui la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione sarebbe connessa alla violazione delle regole di condotta tipiche della fase di formazione del contratto e, quindi, potrebbe riguardare soltanto fatti svoltisi in tale fase; pertanto, la responsabilità non sarebbe configurabile anteriormente alla scelta del contraente, allorché gli aspiranti alla posizione di contraenti siano solo partecipanti ad una gara e possano vantare esclusivamente un interesse legittimo al corretto esercizio dei poteri dell’amministrazione, non essendo (ancora) configurabile una ‘trattativa’ contrattuale in senso proprio[13].
L’Adunanza Plenaria, chiamata a risolvere tale contrasto, ha ritenuto di aderire al primo orientamento.
Nonostante l’ordinanza di rimessione propendesse per la tesi opposta, muovendo dalla premessa teorica per cui il dovere di correttezza e di buona fede troverebbe necessariamente il suo presupposto nella sussistenza di una ‘trattativa’ contrattuale già in stato avanzato, l’Adunanza Plenaria ha chiarito che “l’attuale portata del dovere di correttezza è oggi tale da prescindere dall’esistenza di una formale ‘trattativa’ e, a maggior ragione, dall’ulteriore requisito che tale trattativa abbia raggiunto un livello così avanzato da generare una fondata aspettativa in ordine alla conclusione del contratto”[14].
Infatti, ciò che il dovere di correttezza mira a tutelare non è la conclusione del contratto, ma la libertà di autodeterminazione negoziale: “tant’è che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, il relativo danno risarcibile non è mai commisurato alle utilità che sarebbero derivate dal contratto sfumato, ma al c.d. interesse negativo (l’interesse appunto a non subire indebite interferenze nell’esercizio della libertà negoziale) o, eventualmente, in casi particolari, al c.d. interesse positivo virtuale (la differenza tra l’utilità economica ricavabile dal contratto effettivamente concluso e il diverso più e più vantaggioso contratto che sarebbe stato concluso in assenza dell’altrui scorrettezza)”[15].
Il progressivo ampliamento del dovere di correttezza deve trovare riscontro anche rispetto all’attività posta in essere dall’amministrazione con moduli autoritativi, quando a dolersi della scorrettezza è il privato che partecipa al procedimento amministrativo. Nello svolgimento dell’attività autoritativa, l’amministrazione è tenuta a rispettare non soltanto le norme di diritto pubblico (la cui violazione implica, di base, l’illegittimità del provvedimento e la conseguente responsabilità risarcitoria per lesione di interessi legittimi), ma anche le regole generali dell’ordinamento civile che impongono di agire con correttezza e lealtà, la cui violazione può comportare una responsabilità di tipo precontrattuale, che non incide su interessi legittimi, ma sul diritto soggettivo di autodeterminarsi liberamente nei rapporti negoziali.
La sussistenza della responsabilità precontrattuale dell’amministrazione prescinde quindi dall’eventuale illegittimità dei provvedimenti amministrativi adottati, ed anzi “per molti versi presuppone la legittimità dei provvedimenti che scandiscono la parabola procedurale”.
In tale contesto, risulterebbe eccessivamente restrittiva la tesi secondo cui, nei procedimenti ad evidenza pubblica, l’obbligo di rispettare i doveri di correttezza sorgerebbe soltanto dopo l’adozione del provvedimento di aggiudicazione.
Aderendo a tale impostazione, “si finirebbero, infatti, per creare a favore del soggetto pubblico ‘zone franche’ di responsabilità, introducendo in via pretoria un regime ‘speciale’ e ‘privilegiato’, che si porrebbe in significativo contrasto con i principi generali dell’ordinamento civile e con la chiara tendenza al progressivo ampliamento dei doveri di correttezza”[16].
Nella visione fatta propria dall’Adunanza Plenaria, le pur meritorie preoccupazioni di una eccessiva estensione della responsabilità dell’amministrazione non possono essere affrontate introducendo limitazioni di responsabilità tanto ingiustificate quanto aprioristiche, ma vanno superate mediante una rigorosa verifica ‘in concreto’ circa l’effettiva sussistenza dei presupposti necessari per far sorgere la pretesa risarcitoria. A tal fine, non è sufficiente che il privato dimostri la propria buona fede e il proprio affidamento incolpevole, occorrendo altresì: (i) che l’affidamento incolpevole risulti leso da una condotta oggettivamente contraria ai doveri di correttezza e di lealtà, a prescindere dall’indagine sulla legittimità dei singoli provvedimenti amministrativi; (ii) che tale oggettiva violazione dei doveri di correttezza sia soggettivamente imputabile all’amministrazione in termini di colpa e di dolo; e (iii) che il privato provi sia il danno-evento (ossia la lesione alla libertà di autodeterminazione negoziale), sia il danno-conseguenza (ossia le perdite economiche sofferte a causa della condotta scorretta dell’amministrazione)[17].
Sussistendo tali presupposti, l’amministrazione sarà tenuta a rispondere a titolo di responsabilità precontrattuale anche per eventuali comportamenti posti in essere prima dell’aggiudicazione, indipendentemente dalla circostanza per cui tali comportamenti siano precedenti o successivi rispetto al bando di gara.
[1] Cons. Stato, Ad. Plen., 4 maggio 2018 n. 5.
[2] Cfr. F. Trimarchi Banfi, L'aggiudicazione degli appalti pubblici e la responsabilità dell'Amministrazione, in Dir. proc. amm., n. 1/2015, pp. 1 e ss.
[3] In dottrina, si veda P. Malanetto, La disciplina speciale dei contratti pubblici: procedure di affidamento, contratto ed esecuzione del rapporto tra diritto civile e diritto amministrativo. Problematiche attuali., in www.giustizia-amministrativa.it, 18 aprile 2018. In giurisprudenza, si veda ad esempio, Cons. St., Sez. V, 13 marzo 2018, n. 1603, nonché la più risalente Ad. Plen., 5 novembre 2005, n. 6, in cui si è affermato che “nello svolgimento della sua attività di ricerca del contraente l’amministrazione non è tenuta soltanto a rispettare le regole dettate nell’interesse pubblico (…) ma anche le norme di correttezza di cui all’art. 1337 c.c. prescritte dal diritto comune, regole la cui violazione assume significato e rilevanza, ovviamente, solo dopo che gli atti della fase pubblicistica attributiva degli effetti vantaggiosi sono venuti meno e questi ultimi effetti si sono trasformati in affidamenti restati senza seguito”.
[4] Cons. St., Sez. V, 2 febbraio 2018, n. 680. In termini, anche Cons. St., Sez. V, 8 novembre 2017, n. 5146, nonché Cons. St., Sez. V, 27 marzo 2017, n. 1364.
[5] Ciò conduce, invero, a conclusioni che dal punto di vista della coerenza complessiva del sistema appaiono paradossali. Secondo. F. Trimarchi Banfi, op. cit., "all'aggiudicatario che è stato privato della possibilità di concludere il contratto per effetto della revoca (legittima) dell'aggiudicazione spetta il risarcimento dell'interesse negativo, quando la revoca si accompagna alla violazione degli obblighi di correttezza, mentre all'a-spirante contraente che non ha potuto giocarsi la chance di conseguire l'aggiudicazione perché, in ipotesi, non gli è stata data la possibilità di partecipare alla gara, spetta il risarcimento dell'interesse positivo, sia pure entro i limiti della consistenza della chance medesima. Detto in altre parole, il soggetto che ha ottenuto (legittimamente) l'aggiudicazione si viene a trovare in una situazione peggiore di quella del soggetto che è stato privato della mera chance di ottenerla: il primo è tenuto indenne dalle perdite subìte a causa delle inutili trattative, mentre al secondo è assicurato l'utile del contratto stipulato. (…) La sproporzione del risarcimento accordato rispetto al danno effettivamente sofferto dall'interessato pare avvertita dallo stesso giudice, che suole detrarre dal l'importo del risarcimento del lucro cessante parametrato sull'utile contrattuale, l'aliunde perceptum vel percipiendum, a meno che l'interessato dimostri di non aver potuto utilizzare mezzi e mano d'opera perché tenuti a disposizione dell'amministrazione. (….) Da un lato, il calcolo del valore delle occasioni perdute effettuato avendo come termine di riferimento l'utile ricavabile dal contratto messo a gara e, dall'altro, la detrazione dell'aliunde perceptum vel percipiendum dall'utile contrattuale spettante nel caso di perdita della chance di aggiudicazione, tendono a ridurre l'ammontare della distanza tra i due risarcimenti.".
[6] Cfr. Tar Lazio, Sez. II-bis, 24 novembre 2017, n. 11680.
[7] Di norma, la responsabilità precontrattuale dell'amministrazione viene riconosciuta sussistente - a determinate condizioni - con riferimento alla revoca di provvedimenti di aggiudicazione. Si segnala, sul punto, che la giurisprudenza ha chiarito come non sia configurabile alcuna responsabilità di tipo precontrattuale nei casi in cui a essere revocata sia stata l'aggiudicazione provvisoria, trattandosi di atto meramente endoprocedimentale. In tal senso, si veda Tar Lazio, Sez. II-bis, 24 novembre 2017, n. 11680.
[8] Cfr. Tar Campania, Napoli, Sez. I, 9 gennaio 2018, n. 139. Tale pronuncia precisa altresì che la carenza originaria o sopravvenuta della copertura finanziaria costituisce una valida ragione per disporre la revoca dell'affidamento di un appalto pubblico.
[9] Cfr. Cons. St., Sez. III, 26 marzo 2018, n. 1882.
[10] Cfr. F. Trimarchi Banfi, op. cit.
[11] Si vedano: Cons. St., Sez. VI, 25 luglio 2012, n. 4236; Cons. St., Sez. VI, 7 novembre 2012, n. 5638; Cons. St., Sez. V, 15 luglio 2013, n. 3831.
[12] Cfr. Cass. civ., Sez. I, 3 luglio 2014, n. 15260.
[13] Cfr. Cons. St., Sez. V, 21 agosto 2014, n. 4272; Cons. St, Sez. III, 29 luglio 2015, n. 3748; Cons. St., Sez. V, 21 aprile 2016, n. 1599; Cons. St., Sez. V, 8 novembre 2017, n. 5146.
[14] Ad. Plen., 4 maggio 2018, n. 5.
[15] Ad. Plen., n. 5/2018.
[16] Ad. Plen., n. 5/2018.
[17] In termini, Cons. St., Sez. IV, n. 2907/2018.