Cons. Stato, Sez. V, 9 dicembre 2016, n. 5193

La delibera di un Comune che ha determinato lo scioglimento della società partecipata, costituita per l’affidamento del servizio di gestione delle spiagge libere, è legittima quando sia motivata in ordine al fatto che le condizioni economiche previste dai patti parasociali e dallo statuto sono antieconomiche e di fatto spossessano l’Ente da ogni beneficio economico, essendo divenuto il modello societario inefficace ed antieconomico.

 

 

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4935 del 2016, proposto da:
Comune di Lerici, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Daniela Anselmi, Sarah Garabello, Andrea Bartalena, Federico Pardini e Gabriele Pafundi, con domicilio eletto presso l’avv. Gabriele Pafundi in Roma, viale Giulio Cesare, 14;

contro

società Baia s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, società Snack Beach s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, Anna Rovere, Giovanni Pucci, Gioacchino Costa, Catia Tagliavini, rappresentati e difesi dagli avvocati Giuseppe Morbidelli, Roberto Righi, Francesco Paoletti e Sergio Menchini, con domicilio eletto presso l’avv. Giuseppe Morbidelli in Roma, viale Maresciallo Pilsudski, 118;

nei confronti di

Regione Liguria, società Lerici Mare in liquidazione, Società Sviluppo Turistico Lerici Mare s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituiti in giudizio;
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è pure legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LIGURIA - GENOVA: SEZIONE I n. 00400/2016, resa tra le parti, concernente liquidazione societa' a maggioranza comunale costituita per la gestione delle spiagge libere e attrezzate - decadenza concessioni demaniali.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

 

Visto l’atto di costituzione in giudizio della società Baia s.r.l., della società Snack Beach s.r.l., di Anna Rovere, di Giovanni Pucci, di Gioacchino Costa e di Catia Tagliavini, nonchè del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 settembre 2016 il Cons. Stefano Fantini e uditi per le parti gli avvocati Pafundi e Righi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

 

1.- Il Comune di Lerici con delibera del Consiglio comunale n. 6 del 24 gennaio 1997 ha approvato la costituzione di una società a responsabilità limitata, mista a prevalente partecipazione pubblica per l’affidamento del servizio di gestione delle spiagge libere ed attrezzate situate nel territorio comunale, denominata Lerici Mare s.r.l..

Detta società è stata costituita in data 4 luglio 1997 con la partecipazione al 51 per cento del Comune ed al 49 per cento di soci privati ed è divenuta titolare delle concessioni demaniali marittime (successivamente rinnovate sino al 31 dicembre 2009), subentrando in quella gestione al Comune.

Con la prima assemblea in data 6 febbraio 1998 è stato deciso, nella ripartizione del servizio di gestione delle spiagge libere ed attrezzate, che lo statuto prevedeva unitario, di affidare ai soci privati conduttori delle spiagge l’affidamento dei soli servizi secondari, consistenti nel noleggio di sedie ed ombrelloni, mentre alla Lerici Mare rimase la gestione dei servizi primari relativi alla pulizia e sicurezza dei bagnanti. Per effetto poi della modifica statutaria, di cui alla delibera n. 37 del del 2006, il Comune, quale socio, divenne non più titolato a partecipare agli utili provenienti dall’esecuzione delle attività secondarie; inoltre i patti parasociali, approvati nell’assemblea del 16 aprile 2007, consentivano alle imprese attributarie dei servizi secondari di affidarli in via diretta, cioè senza gara, a soggetti terzi.

2. - Allega il Comune appellante che in conseguenza di tali modifiche l’equilibrio economico della società mista si era spostato a favore dei soli soci privati, come criticamente rilevato dal Commissario prefettizio nel corso del 2015 nonché dalla stessa Regione Liguria.

La nuova amministrazione municipale insediatasi il 31 maggio 2015 ha provveduto, con delibera consiliare n. 51 del 23 dicembre 2015, impugnata in primo grado, a disporre lo scioglimento anticipato della società Lerici Mare con conseguente liquidazione della medesima.

Con successiva determina 3 febbraio 2016 del Segretario generale del Comune, fatta oggetto di motivi aggiunti, è stata disposta la cessazione della concessione demaniale con la Lerici Mare ed il rilascio dell’area.

Tali provvedimenti sono stati impugnati dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Liguria dai soci privati della Lerici Mare, titolari delle sub-concessioni rilasciate per ogni singola spiaggia assegnata.

3. - Con la sentenza qui appellata Il Tribunale amministrativo della Liguria ha accolto il ricorso ed i motivi aggiunti, con annullamento della delibera consiliare n. 51 del 2015 e della conseguenziale determina del Segretario generale 3 febbraio 2016, perché lo scioglimento anticipato della società partecipata viola i principi di proporzionalità e ragionevolezza, le concessioni vigenti risultano prorogate automaticamente sino al 31 dicembre 2020, e inoltre non sono state rispettate le garanzie procedimentali previste dalla legge.

4. - Avverso detta sentenza ha interposto appello il Comune di Lerici, affidandolo ad una pluralità di motivi, in rito (con riguardo alla tempestività del ricorso, al difetto di legittimazione attiva dei soci privati ed alla carenza di interesse) e nel merito (criticando, in sintesi, la infrapetizione, e cioè la disamina, da parte del giudice di prime cure, solo di alcuni motivi del ricorso introduttivo, la violazione dell’art. 34, commi 20 e 21, d.-l. 18 ottobre 2012, n. 179, la violazione dell’art. 1, comma 291, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, ed assumendo, ancora, che non sono state rispettate le garanzie procedimentali prodromiche all’adozione dei provvedimenti finali).

5. - Si sono costituiti in resistenza il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con memoria di forma, nonché i signori Campodonico Fulvio (quale legale rappresentante de La Baia s.r.l.), Ratti Maira (quale legale rappresentante della Snack Beach s.r.l.), Rovere Anna, Pucci Giovanni, Costa Gioacchino, Tagliavini Catia. Questi ultimi, già ricorrenti in primo grado, hanno altresì esperito appello incidentale condizionato con riguardo al primo motivo del ricorso introduttivo, che risulta essere stato implicitamente disatteso, concernente la negazione della configurabilità di un servizio pubblico locale nella gestione delle spiagge attrezzate. I soci privati hanno inoltre riproposto i motivi assorbiti dalla sentenza di primo grado ai sensi dell’art. 101, comma 2, Cod. proc. amm..

6.- All’udienza del 22 settembre 2016 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.- I primi tre motivi, che attengono a profili in rito, possono essere esaminati congiuntamente, in quanto infondati.

Anzitutto, la censura con cui si lamenta il mancato accoglimento, da parte della sentenza appellata, dell’eccezione di irricevibilità del ricorso introduttivo, che, in quanto inerente all’affidamento di un servizio pubblico, sarebbe assoggettato al rito speciale accelerato (in particolare con dimidiazione del termine per la proposizione del ricorso) ai sensi del combinato disposto degli artt. 119, comma 1, lett. a), e 120, comma 5, Cod. proc. amm., non appare meritevole di positiva valutazione. La controversia ha infatti ad oggetto il provvedimento di scioglimento anticipato e liquidazione della Lerici Mare s.r.l., che è fattispecie rientrante nella diversa previsione dell’art. 119, comma 1, lett. c), dello stesso Codice, alla quale non si applica il termine decadenziale di trenta giorni, secondo quanto inferibile dal comma 2.

Nemmeno merita condivisione la tesi secondo cui, inscrivendosi il provvedimento impugnato nell’ambito di una concessione di servizio pubblico, si avrebbe l’esercizio di un potere di autotutela, da conformare alla regola del contrarius actus. Anche prescindendo dalla recente pronuncia di Cons. Stato, Ad. plen., 27 luglio 2016, n. 22 (che ha ricondotto le controversie aventi ad oggetto affidamenti di servizi pubblici al rito abbreviato, riconoscendo peraltro il beneficio dell’errore scusabile) militano in senso contrario a tale soluzione due considerazioni : la prima riposa nel fatto che è impugnata la decisione di scioglimento della società mista, e non dunque un atto espressione dell’autotutela decisoria in senso proprio; la seconda, assorbente, discende dal carattere eccezionale della disciplina sulla riduzione dei termini, che è di stretta interpretazione in quanto implica decadenze, tale per cui trova applicazione solamente nelle ipotesi tassativamente previste dall’art. 119, comma 1, lett. a), Cod. proc. amm. (in termini Cons. Stato, VI, 28 maggio 2015, n. 2679). Il rito super-accelerato si applica dunque ai provvedimenti concernenti le procedure di affidamento e non anche ai provvedimenti inerenti lo scioglimento di società, quand’anche (come nel caso di specie) relative ai servizi pubblici. Ciò significa che la specialità del regime processuale abbreviato, applicabile alle controversie in materia di servizi pubblici, trova poi un ulteriore tratto peculiare (connesso alla dimidiazione anche del termine per la proposizione del ricorso) con riguardo a talune tipologie di ricorso, specificamente previste sub lett. a) del comma 1 dell’art. 119 Cod. proc. amm..

1.1.-Appare poi corretta la sentenza di prime cure nella parte in cui ha disatteso l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione attiva dei soci privati (di minoranza), svolta nell’assunto che questa spetti alla società Lerici Mare, solo soggetto destinatario della decisione di scioglimento della società. Non può trascurarsi di considerare che il provvedimento gravato, oltre a prevedere lo scioglimento anticipato della società e la sua messa in liquidazione, dà mandato al dirigente «di dichiarare decaduto il rapporto concessorio che lega il Comune alla Lerici Mare s.r.l. nonché di rimuovere in autotutela tutti gli atti afferenti l’affidamento del servizio di gestione delle spiagge libere ed attrezzate di Lerici», adempimento al quale ha provveduto la nota del Segretario generale in data 3 gennaio 2016. Queste prescrizioni, incidendo sulla sub-concessione dei soci operativi, appaiono lesive per gli appellati (in termini Cons. Stato, V, 30 settembre 2010, n. 7214). Anche per ipotesi ad assumere che la legittimazione sia ravvisabile per i soli motivi aggiunti, all’effetto pratico nulla cambierebbe, in quanto sono stati, tra l’altro, dedotti vizi di illegittimità derivata dalla presupposta delibera consiliare.

1.2. - Destituito di fondamento è anche il motivo con cui si deduce il mancato esame della censura incentrata sul difetto di interesse dei ricorrenti in primo grado sotto il profilo dell’insindacabilità delle scelte compiute, che sarebbero espressione di attività vincolata.

E’ chiaro infatti che il ricorso è volto a contestare i presupposti e le modalità dell’esercizio di un potere che non è vincolato, e che infatti è espressione di un bilanciamento degli interessi, nel quale consiste il quid proprium della discrezionalità amministrativa.

2. - Con il quarto (primo nel merito) motivo di appello si censurano le “considerazioni di carattere generale”, fondate sui principi del diritto civile, contenute nella sentenza in ordine alla “stabilità istituzionale” delle società di capitali (di cui è indicativo l’art. 2332 Cod. civ. in tema di nullità della società) come valore prevalente sulle molteplici ragioni poste a fondamento del disposto scioglimento della società mista o partecipata nonché la statuizione relativa all’asserita proroga legale delle concessioni di beni demaniali marittimi con finalità turistico-ricreative sino al 31 dicembre 2020 per opera dell’art. 1, comma 18, d.-l. 30 dicembre 2009, n. 194 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative) come convertito dalla l. 26 febbraio 2010, n. 25 come poi novellato (da ultimo, dall’art. 1, comma 291, della legge 27 dicembre 2013, n. 147).

Il motivo è fondato nei sensi di cui in motivazione.

Procedendo per ordine di priorità logico-giuridica, con riguardo al tema della proroga delle concessioni di beni marittimi occorre considerare, in adesione con quanto assunto dalla sentenza appellata, che le concessioni costituiscono un bene della società, con la conseguenza che fondare la valutazione della (il)legittimità dello scioglimento (anticipato) della società sulla loro (supposta) permanente efficacia dà luogo ad una petizione di principio o comunque ad un’inversione di metodo. Non è infatti la durata (giuridica) di un bene di una società che impone la durata di questa; ma è al contrario la volontà sociale, anche circa la persistenza della società, che nelle more determina la durata di quel rapporto: diversamente sarebbe come confondere, e anzi invertire, la relazione tra soggetto e oggetto.

Oggetto di sindacato è piuttosto la decisione di scioglimento della società mista in considerazione delle difformità (rispetto alla normativa vigente) rilevate alle pagine 9 e seguenti della delibera consiliare.

Considerando le contestazioni svolte dai ricorrenti in primo grado sui vari punti in cui si articola la motivazione della delibera consiliare, ritiene il Collegio che il mero profilo del non adeguato perseguimento delle sue finalità istituzionali da parte della società sia congruo e ragionevole per giustificare, dal punto di vista dell’ente pubblico, la decisione di dar luogo al suo scioglimento (visti anche i rilievi generali circa le partecipazioni societarie degli enti locali di cui a Cons. Stato, Ad. plen., 3 giugno 2010, n. 11).

La delibera rileva a questo riguardo che «le attuali condizioni economiche previste dai patti parasociali e dallo statuto sono antieconomiche e di fatto spossessano il Comune da ogni beneficio economico». Ciò significa che il modello societario per il servizio pubblico di gestione dell’area demaniale non è efficace, né economico, laddove dovrebbe essere improntato all’economicità, efficacia ed efficienza, oltre che corrispondere ad una finalità propria dell’ente.

Per la sentenza della Corte costituzionale 20 luglio 2012, n. 199 i servizi pubblici di rilevanza economica possono essere gestiti vuoi mediante il mercato, vuoi attraverso il partenariato pubblico-privato (ossia mediante una società mista, e dunque con una “gara a doppio oggetto” per la scelta del socio e poi per la gestione del servizio), vuoi attraverso l’affidamento diretto, in house; la preferenza per l’uno o l’altro modello costituisce frutto di una scelta ampiamente discrezionale, che va adeguatamente motivata circa le ragioni di fatto e di convenienza che la giustificano (in termini anche Cons. Stato, V, 22 gennaio 2015, n. 257).

In analoga direzione muove la disposizione di cui all’art. 34, comma 20, d.-l. 18 ottobre 2012, n. 179 (Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese) convertito dalla l. 17 dicembre 2012, n. 221, secondo cui l’affidamento del servizio è effettuato sulla base di apposita relazione, che dà conto delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti dall’ordinamento europeo per l’affidamento della forma prescelta.

Nel caso di specie difetta il requisito dell’economicità della gestione: lo si evince dalla documentazione in atti, dalla quale emerge che il Comune in qualità di socio di maggioranza (detenendo il 51 per cento del capitale sociale) non ritrae più alcuna partecipazione agli utili; invece, ove ricorresse al modello dell’affidamento della gestione del servizio ad un concessionario potrebbe percepire un canone di circa 35.000,00 euro all’anno per ogni singola spiaggia. È evidente dunque l’ingiustificata diseconomia che, a parità di servizio erogato, si ingenera in capo all’ente pubblico; con corrispondente esternalizzazione del medesimo beneficio in capo ai soci cui la modifica statutaria aveva ceduto l’intero provento dell’erogazione del servizio al pubblico.

In questo contesto non assume rilevanza il richiamo alla limitazione legislativa della nullità delle società (dopo l’iscrizione nel registro delle imprese) e alla sua conversione in causa di scioglimento (e dunque di liquidazione): nel caso di specie si dà proprio corso alla liquidazione della società, e comunque tale disciplina di “stabilità istituzionale” assolve ad una funzione di protezione dei terzi (essenzialmente i creditori) la cui necessità non emerge in questa sede.

3. - Le considerazioni esposte sub 2) consentono di prescindere dalla disamina del quinto (secondo nel merito) motivo di appello, incentrato sulla critica della sentenza laddove ha ritenuto ostativa allo scioglimento della società la previsione (di cui all’art. 1, comma 18, del d.-l. 30 dicembre 2009, n. 194, nel testo successivamente novellato) della proroga legale delle concessioni di beni demaniali marittimi in scadenza entro il 31 dicembre 2015 fino al 31 dicembre 2020.

La decisione di accoglimento dell’appello basato sulla c.d. “ragione più liquida” (difetto del requisito dell’economicità della gestione del servizio pubblico locale mediante la società mista) esime il Collegio dalla verifica della compatibilità della proroga legale con i principi eurounitari, recentemente ribaditi dalla decisione della Corte di Giustizia U.E., V, 14 luglio 2016 (in causa C-67/15), che ha comunque affermato l’illegittimità della proroga automatica delle concessioni marittime in essere per attività turistico-ricreative in assenza di procedure di selezione tra i potenziali candidati e nei limiti in cui tali concessioni presentano un interesse transfrontaliero certo.

4. - E’ fondato anche il terzo motivo di appello nel merito che censura la statuizione della sentenza secondo cui i soci privati sarebbero stati privati di un contraddittorio procedimentale prima dell’adozione della delibera consiliare di scioglimento della società.

Si inferisce infatti dalla delibera che è intervenuto in fase procedimentale un parere del prof. Menchini in data 15 maggio 2015, che sostiene, tra l’altro, che sarebbero stati rispettati i principi comunitari nell’affidamento dei servizi in favore dei soci privati.

Tale parere legale esprime un qualificato contributo partecipativo e dimostra la conoscenza, da parte dei soci privati, della pendenza del procedimento finalizzato allo scioglimento della società.

Del resto, le norme sulla partecipazione al procedimento amministrativo vanno considerate in chiave sostanziale alla luce della loro ratio, che è di consentire all’interessato di far valere le proprie ragioni nell’iter procedimentale, permettendogli un apporto partecipativo per orientare in senso a lui favorevole il provvedimento finale. In tale prospettiva, è irrilevante il mancato rispetto dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990, essendo gli interessati alla comunicazione di avvio del procedimento posti comunque in grado di partecipare per avere avuto conoscenza aliunde della pendenza dello stesso (ex multis Cons. Stato, V, 7 dicembre 2005, n. 6990).

5. - Va conseguenzialmente accolto l’appello anche nella parte in cui la sentenza accoglie i motivi aggiunti esperiti avverso la determina del Segretario generale del Comune che ha dichiarato la decadenza delle concessioni demaniali (e dei subaffidamenti ex art. 45-bis Cod. nav.), per vizio di illegittimità derivata dall’invalidità della presupposta delibera consiliare.

Erronea appare la sentenza anche nella parte in cui afferma che la decadenza è stata pronunciata al di fuori dei casi previsti dagli artt. 42 e 47 Cod. nav.. Infatti la decadenza dalla concessione consegue, anzideriva dallo scioglimento della società titolare del servizio pubblico di gestione delle spiagge, cui segue necessariamente il venire meno del rapporto (sub)concessorio tra il Comune di Lerici e la società Lerici Mare; si tratta dunque di una decadenza “derivata” e non per inadempimento imputabile al concessionario.

6.- Consegue da quanto esposto che l’appello principale va accolto, nei termini di cui alla precedente motivazione.

7. - L’accoglimento dell’appello principale comporta ora la disamina dell’appello incidentale condizionato incentrato sulla statuizione implicita della sentenza che ha riconosciuto la natura di servizio pubblico locale all’attività svolta dalla società Lerici Mare.

In particolare, deducono gli appellanti incidentali che la vicenda controversa si colloca al di fuori dell’ambito applicativo del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, in quanto la gestione degli stabilimenti balneari sui quali è articolata l’attività dei soci operativi della Lerici Mare non afferisce alla materia dei servizi pubblici (locali).

Il motivo è infondato.

Invero, sotto il profilo oggettivo, appare difficilmente sostenibile, per i suoi caratteri tipici, che la gestione degli stabilimenti balneari non rientri tra i servizi pubblici locali di rilevanza economica, melius di interesse economico generale; in tal modo è ad esempio qualificato, tra i “servizi turistici diversi” dal d.m. 31 dicembre 1983. E è indubbio che la gestione dello stabilimento balneare costituisce un servizio rivolto ad un numero indeterminato di soggetti, verso corrispettivo.

A conferma, anche a latere subiecti, la circostanza che la gestione sia assunta da una società a partecipazione pubblica prevalente induce a ravvisare una connotazione in termini di servizio pubblico: per regola generale desumibile dall’art. 4 d.lgs. 18 agosto 2016, n. 175, «le amministrazioni pubbliche non possono, direttamente od indirettamente, costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società». Il predetto art. 4, comma 2, chiarisce, in modo complementare al primo comma, che le amministrazioni pubbliche possono costituire società esclusivamente a taluni fini, tra cui quello di «gestione di un servizio d’interesse generale attraverso un contratto di partenariato di cui all’art. 180 del decreto legislativo n. 50 del 2016 […]».

8. - Infondati sono anche gli ulteriori motivi riproposti in quanto assorbiti in primo grado.

In primo luogo, si deduce che alla base della delibera consiliare debba esservi o una revoca della deliberazione consiliare n. 6 del 1997 (prodromica alla costituzione della società Lerici Mare), quanto degli atti confermativi della medesima risalenti agli anni 2010/2015, il che comporterebbe, tra l’altro, ai sensi dell’art. 21-quinquies l. n. 241 del 1990, la corresponsione di un indennizzo, ovvero un annullamento d’ufficio, che però sarebbe viziato per non avere rispettato il termine ragionevole per l’adozione ai sensi del successivo art. 21-nonies; quale che sia l’inquadramento giuridico, risulta violata, ad avviso degli appellati, la tutela dell’affidamento.

L’assunto non è condivisibile. L’Amministrazione ha fatto applicazione della norma speciale di cui all’art. 34, comma 21, d.-l. n. 179 del 2012, alla cui stregua gli affidamenti in essere alla data di entrata in vigore del decreto non conformi ai requisiti previsti dalla normativa europea (nel caso di specie difettava, quanto meno, il requisito dell’economicità del servizio, come si è supra argomentato), ove non adeguati, comportano la cessazione dell’affidamento.

La norma, in definitiva, effettua di suo un bilanciamento degli interessi: se non riducendo l’ambito della discrezionalità della valutazione, certamente precludendo l’opponibilità del legittimo affidamento, ed anche evitando il rispetto della disciplina procedimentale propria degli atti di revoca od annullamento, pur rimanendo lo scioglimento della società comunque connesso alla sopravvenienza di motivi di interesse pubblico o ad una rivalutazione dell’interesse originariamente delibato.

8.1. - Anche il secondo motivo riproposto (terzo motivo assorbito), con cui si deduce la violazione dei commi 611 e 612 dell’articolo unico della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015), non appare pregnante alla stregua di quanto sopra esposto in accoglimento dell’appello principale nel presupposto che si verta al cospetto dell’esercizio attraverso una società mista a prevalente capitale pubblico di un servizio pubblico (gestione di uno stabilimento balneare) in violazione del principio di economicità.

8.2. - La riproposizione dei motivi aggiunti esperiti avverso la determina del Segretario generale del Comune di Lerici in data 3 febbraio 2016 e assorbiti in primo grado è inammissibile per carenza di interesse, in quanto detto provvedimento è stato impugnato anche per vizi di illegittimità derivata dalla presupposta deliberazione del Consiglio comunale n. 51 del 23 dicembre 2015.

Tali motivi sono comunque infondati; per la lamentata violazione della regole sulla partecipazione procedimentale, è sufficiente fare rinvio a quanto osservato al punto sub 4) della presente motivazione.

Quanto alla prospettata scindibilità tra lo scioglimento della società e le sub-concessioni demaniali in capo ai soci privati, si tratta di argomento non condivisibile in quanto la concessione è loro attribuita come della Lerici Mare s.r.l.: e resoluto iure dantis, resolvitur et ius accipientis. Il singolo privato, già socio operativo della società mista, ha del resto titolo, uti singulus od in diversa forma associata, e ove lo desideri, a partecipare ad una nuova procedura di evidenza pubblica per conseguire la concessione demaniale.

9. - In conclusione, alla stregua di quanto esposto, l’appello principale deve essere accolto, mentre l’appello incidentale condizionato deve essere respinto.

La complessità della vicenda giuridica costituisce tuttavia eccezionale motivo per disporre tra le parti la integrale compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando, accoglie l’appello principale, mentre respinge l’appello incidentale condizionato, e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso introduttivo ed i motivi aggiunti.

Compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 settembre 2016 con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Severini, Presidente

Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere

Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere

Oreste Mario Caputo, Consigliere

Stefano Fantini, Consigliere, Estensore

 

 

Guida alla lettura

La vicenda prende le mosse dalla decisione di un comune ligure di sciogliere anticipatamente, mettendola in liquidazione, una società partecipata a maggioranza dall’ente locale, la quale era titolare di alcune concessioni demaniali marittime, nonché di disporre la cessazione del rapporto concessorio che legava i soci privati alle spiagge demaniali. Questi ultimi, onde veder annullati gli atti qui descritti, decidevano di adire il giudice amministrativo.

Più precisamente, i soci privati erano conduttori delle spiagge e a loro venivano affidati i servizi secondari, consistenti nel noleggio di sedie ed ombrelloni, mentre alla partecipata rimaneva la gestione dei servizi primari concernenti i servizi di pulizia e di sicurezza dei bagnanti. Da una decina d’anni, però, per effetto di una modifica statutaria, l’Amministrazione aveva perso la titolarità a partecipare agli utili provenienti dall’esecuzione delle attività secondarie, che, in virtù di patti parasociali, venivano affidati a soggetti terzi dalle imprese gestenti i servizi secondari senza l’espletamento di alcuna procedura ad evidenza pubblica.

Il giudice di prime cure, disattesa l’eccezione di giurisdizione, accoglieva l’originario ricorso (nonché il ricorso per motivi aggiunti), ritenendo che lo scioglimento anticipato della società partecipata violasse i principi di proporzionalità e ragionevolezza e che l’intero procedimento fosse illegittimo a causa del mancato rispetto delle garanzie previste dalla legge.

Di diverso avviso il Consiglio di Stato che, con la sentenza qui annotata, accoglie l’appello del Comune, giudicando legittima la delibera consiliare di scioglimento, la quale così aveva motivato la decisione: «le attuali condizioni economiche previste dai patti parasociali e dallo statuto sono antieconomiche e di fatto spossessano il Comune da ogni beneficio economico». Appare quindi condivisibile, nonché ragionevole e adeguata, una motivazione siffatta, la quale dà atto che il modello societario scelto per la gestione dell’area demaniale si è rivelato inefficace e antieconomico, laddove dovrebbe essere improntato all’economicità, efficacia ed efficienza, oltre che corrispondere ad una finalità propria dell’ente.

A tal proposito il Collegio richiama un’importante pronuncia della Corte costituzionale (sent. n. 199 del 20 luglio 2012) per la quale i servizi pubblici di rilevanza economica possono essere gestiti vuoi mediante il mercato, vuoi attraverso il partenariato pubblico-privato (ossia mediante una società mista, e dunque con una “gara a doppio oggetto” per la scelta del socio e poi per la gestione del servizio), vuoi attraverso l’affidamento diretto, in house; la preferenza per l’uno o l’altro modello costituisce frutto di una scelta ampiamente discrezionale, che va adeguatamente motivata circa le ragioni di fatto e di convenienza che la giustificano (cfr. anche Cons. Stato, Sez. V, 22 gennaio 2015, n. 257). Nel caso di specie manca del tutto il requisito dell’economicità e perciò, una volta riconosciuto il venir meno della ragione che rendeva conveniente per l’Ente l’esternalizzazione del servizio, legittima è la decisione di sciogliere la società partecipata.

Accolto l’appello principale, l’attenzione si focalizza sull’appello incidentale degli originari ricorrenti in primo grado, incentrato sulla statuizione implicita della sentenza che ha riconosciuto la natura di servizio pubblico locale all’attività svolta dalla società partecipata.

Sul punto i Giudici di Palazzo Spada non concordano con quanto sostiene il patrocinio degli appellati e così scrivono: “sotto il profilo oggettivo, appare difficilmente sostenibile, per i suoi caratteri tipici, che la gestione degli stabilimenti balneari non rientri tra i servizi pubblici locali di rilevanza economica, melius di interesse economico generale; in tal modo è ad esempio qualificato, tra i “servizi turistici diversi” dal d.m. 31 dicembre 1983”.

A conferma di ciò soccorre anche il recente d.lgs. 175/2016: infatti per regola generale desumibile dall’art. 4 d.lgs. 18 agosto 2016, n. 175, «le amministrazioni pubbliche non possono, direttamente od indirettamente, costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società». L’art. 4, comma 2, chiarisce, in modo complementare al primo comma, che le amministrazioni pubbliche possono costituire società esclusivamente a taluni fini, tra cui quello di «gestione di un servizio d’interesse generale attraverso un contratto di partenariato di cui all’art. 180 del decreto legislativo n. 50 del 2016 […].

Pertanto la circostanza che, nel caso di specie, la gestione sia assunta da una società a partecipazione pubblica prevalente è un ulteriore elemento a conferma della connotazione in termini di servizio pubblico dell’attività svolta dalla società partecipata de qua.