Cons. Stato, ad. plen, 2 novembre 2015, n. 9

Non sussiste l'obbligo di indicazione del nominativo del subappaltatore, già in sede di presentazione dell’offerta, neanche nell’ipotesi in cui il concorrente non possieda la qualificazione nelle categorie scorporabili a qualificazione obbligatoria.

 E' inammissibile il soccorso istruttorio e dovuta l'esclusione del concorrente che non abbia indicato i costi di sicurezza aziendali di cui all'art. 87, comma 4, del D. Leg.vo n. 163 del 2006, anche per le procedure nelle quali la presentazione delle offerte è anteriore alla decisione dell’Adunanza Plenaria n. 3 del 2015.

 

 

 

1^ PRINCIPIO DI DIRITTO ENUNCIATO
 
OGGETTO DELLA PRONUNCIA
 
L’Adunanza Plenaria risolve il contrasto giurisprudenziale sulla obbligatorietà dell’indicazione del nominativo del subappaltatore già nella fase di presentazione dell’offerta nei casi di cd. subappalto necessario, ossia quando l’impresa concorrente sia sprovvista di una qualificazione in una o più categorie scorporabili.
 
 
IL PERCORSO ARGOMENTATIVO
 
I giudici dell’Adunanza Plenaria affermano che, dalla analisi della normativa vigente, risulta che l’indicazione del nome del subappaltatore non è obbligatoria all’atto dell’offerta, in quanto la normativa citata ha evidentemente inteso circoscrivere, in maniera tassativa ed esaustiva, le condizioni di efficacia del subappalto ai presupposti indicati e solo a quelli, sicché ogni opzione ermeneutica che si risolvesse nell’aggiunta di un diverso ed ulteriore incombente violerebbe il principio ermeneutico "ubi lex voluit dixit ubi noluit tacuit", introducendo una "clausola espulsiva atipica”, in palese spregio del principio di tassatività delle cause di esclusione. La tesi favorevole all’affermazione dell’obbligo di indicazione del nominativo del supabbaltatore comporterebbe, peraltro, una confusione tra avvalimento e subappalto, confondendo la fase della gara, con quella di esecuzione dell’appalto.
Procediamo, quindi, all’analisi della normativa di riferimento. L’art. 92 del D.P.R. 207/2010 disciplina i requisiti necessari per la partecipazione alle gare e prevede, al comma 1,  che “il concorrente  singolo  può  partecipare  alla  gara  qualora  sia  in  possesso  dei  requisiti economico-finanziari  e  tecnico-organizzativi  relativi  alla categoria prevalente per  l’importo totale dei  lavori  ovvero  sia  in  possesso  dei  requisiti  relativi  alla  categoria  prevalente  e  alle  categorie scorporabili  per  i  singoli  importi.  I  requisiti  relativi  alle  categorie  scorporabili  non  posseduti dall’impresa devono da questa essere posseduti con riferimento alla categoria prevalente”. 
L’art. 118 del codice dei contratti pubblici (d.lgs. 163/2006) sottopone l’autorizzazione al subappalto alle seguenti condizioni: 1) che i concorrenti abbiano indicato in sede di offerta le parti di prestazioni che intendono subappaltare; 2) che l’affidatario provveda al deposito del contratto di subappalto presso la stazione appaltante almeno 20 giorni prima della data di inizio dell’esecuzione delle relative prestazioni; 3) che al momento del deposito del contratto di subappalto presso la stazione appaltante, l’affidatario trasmetta anche la certificazione  attestante  il  possesso  da  parte  del  subappaltatore  dei  requisiti  di qualificazione prescritti dal codice relativamente alle prestazioni da subappaltare e la dichiarazione  del  subappaltatore  attestante  il  possesso  dei  requisiti  generali  di  cui all’art. 38 e 4) che non sussista, nei confronti dell’affidatario del subappalto alcuno dei divieti previsti dall’art. 10 della l. 575/65 e successive modificazioni. 
L’art.109 del D.P.R. succitato differenzia i casi di esecuzione  di  prestazioni  c.d.  a  qualificazione  non obbligatoria, che possono essere eseguite direttamente dal concorrente in possesso della sola categoria prevalente anche se sprovvisto delle relative qualificazioni, dall’esecuzione di prestazioni c.d. a qualificazione obbligatoria, che non possono essere eseguite direttamente dal concorrente qualificato nella sola categoria prevalente se sprovvisto della qualificazione nelle relativa categoria.  La dicitura “categorie o lavorazioni a qualificazione  obbligatoria”, di cui all'art. 109, sta a significare che è necessario possedere i relativi attestati SOA per poter eseguire le  relative prestazioni e non anche che tali attestati sono necessari per partecipare alla gara. Per cui, mentre  l’art.  92  disciplina  la  fase  di  partecipazione  alla  procedura  di  gara,  l’art.  109  fa riferimento alla successiva fase esecutiva e disciplina le modalità con cui il concorrente, già adeguatamente qualificato ai sensi dell’art. 92, è tenuto ad eseguire le prestazioni oggetto dell’affidamento.     
Nel 2013 è intervenuto il parere del Consiglio di  Stato, n. 3014,  annullando l'art. 109, comma  2,  del  DPR  207/2010 in relazione all’Allegato A e, in particolare, con riferimento alla “tabella sintetica delle categorie”, ai sensi della quale il concorrente qualificato per la sola  categoria prevalente non può eseguire direttamente le lavorazioni a qualificazione obbligatoria  indicate nel bando di gara e relativamente alle quali il concorrente risulta sprovvisto delle adeguate qualificazioni. Il Consiglio di Stato ha osservato che se la regola generale prevede che il concorrente in possesso della qualificazione nella categoria prevalente potesse eseguire direttamente tutte le lavorazioni di cui si compone l’intervento,  anche  se  sprovvisto  delle  relative  qualificazioni, salvo specifiche eccezioni, prevedere un numero elevato di categorie che il concorrente in  possesso della sola prevalente non può  eseguire direttamente significherebbe, di fatto, svuotare la disposizione della propria portata normativa, trasformandola da regola generale in eccezione. 
In questo quadro normativo si è iniziato a parlare di “subappalto facoltativo”, per il quale in sede di gara sarebbe sufficiente la mera indicazione della volontà di subappaltare, distinguendolo dal “subappalto necessario”, che verrebbe in essere le volte in cui il ricorso al subappalto rappresenti, per il concorrente, non già una facoltà, bensì una vera e propria necessità, al fine di supplire al mancato ed autonomo possesso dei necessari requisiti di qualificazione in una o più categorie scorporabili. 
Con riferimento a quest'ultimo, secondo un primo orientamento, qualora il ricorso al subappalto si renda necessario per l’esecuzione di lavorazioni a qualificazione obbligatoria, di cui sia sprovvisto il concorrente, non sarebbe sufficiente indicare, in sede di offerta, la volontà di ricorrere  al  subappalto,  in  aderenza  all’art.  118  del  d.lgs.  163 del 2006,  ma  sarebbe necessario indicare, già in tale fase, il nominativo dell’impresa subappaltatrice e produrre, ex art.38 del d.lvo 163 del 2006, le relative dichiarazioni dei requisiti di moralità e di capacità tecnica necessari all’esecuzione delle prestazioni da eseguire in subappalto. 
Tale orientamento traeva origine dalla sentenza del Tar Lazio, n. 5806 del 1 luglio 2011, con la quale il Tribunale Amministrativo dichiarò illegittima la partecipazione di  un  concorrente  che,  privo  della  qualificazione  nella  categoria scorporabile, si era limitato a dichiarare l’intenzione di ricorrere al subappalto, senza però indicare, già in tale sede, i subappaltatori. Tale sentenza veniva confermata dal Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza n. 2508 del 2 maggio 2012, in cui si evidenzia come la ratio del sistema di subappalto postulasse la necessità per l’amministrazione aggiudicatrice di essere messa in grado sin dall'inizio di valutare l’idoneità del soggetto cui, in  proprio o attraverso altri, vengono affidate le prestazioni.  In secondo luogo, spiegava il Consiglio di Stato che, nelle ipotesi di subappalto necessario, il richiamo ad altro operatore risulta assimilabile ad un’ipotesi di avvalimento, con  la  conseguenza  della applicazione di quanto disposto dall’art. 49, comma  2, del  Codice  dei contratti. 
Secondo tale tesi, il subappalto di  lavori  non opera come mero strumento negoziale preordinato ad assicurare l'esecuzione della prestazione ma si connota in termini di "strumento contrattuale" finalizzato ad implementare la massima partecipazione alle  gare di appalto,  attraverso quello che potremmo definire un "partenariato contrattuale", per cui la dichiarazione del nominativo del subappaltatore rileva ai fini dell'an dell'affidamento, come per l'istituto delle associazioni temporanee di imprese, giacchè il subappalto "necessario" mutuerebbe la sua natura dall'avvalimento, a dispetto della diversità del nomen iuris. 
La tesi opposta, accolta dalla Adunanza Plenaria in commento, ritiene sufficiente l’indicazione in gara delle lavorazioni che si intende subappaltare, senza alcuna indicazione  del  nominativo  del subappaltatore, da indicare, invece, in sede di deposito del contratto di subappalto, almeno venti giorni prima dell’effettivo inizio dell’esecuzione delle relative prestazioni. La differenza fra "subappalto facoltativo” e “subbappalto necessario” non trova, infatti, alcun riscontro nell’ordinamento vigente. Ugualmente l'assimilazione del subappalto all’avvalimento è totalmente indebita, giacchè nel subappalto responsabile verso la stazione appaltante è la sola impresa appaltatrice, mentre  l’avvalimento  consente  al  concorrente  di integrare  i  propri  requisiti tramite un soggetto che non è terzo rispetto alla gara. 
L'adesione all'una o all'atra tesi comporta effetti pratici di notevole rilevanza: si pensi ad exemplum gli aggravi nella predisposizione dell’offerta che derivano dalla necessità, una volta individuato il subappaltatore, di  definire con questo la questione dei corrispettivi. 
Nella coscienza di ciò, il Consiglio di Stato IV  sez., n. 2707, del 2015 e V  sez., n. 3069, del 2015, chiedevano che l' Adunanza prendesse posizione nei confronti dell’orientamento giurisprudenziale del "subappalto necessario" diffusosi a partire dal 2012. 
L'orientamento accolto dalla Adunanza Plenaria, che sconfessa totalmente la teoria del "subappalto necessario",  risulta coerente con il quadro normativo di rifermento e con le scelte legislative. 
L'Adunanza sottolina come, in base alla disciplina di cui agli artt. 92, 108 e 109 del DPR 207/2010, il legislatore, nelle ipotesi in cui il subappalto è utilizzato come strumento di integrazione delle qualificazioni necessarie ai fini dell’esecuzione, si limita a richiedere unicamente che l'importo delle categorie scorporabili, non possedute dal concorrente, venga compensato attraverso un corrispondente incremento della qualificazione nella categoria prevalente, senza bisogno che venga indicato anche il nominativo dell’impresa subappaltatrice. 
Ai sensi dell’art. 92 del Regolamento, infatti, “Il concorrente singolo può partecipare alla gara qualora sia in possesso dei requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi relativi alla categoria prevalente per l’importo totale dei lavori ovvero sia in possesso dei requisiti relativi alla categoria prevalente e alle categorie scorporabili per i singoli importi”, per cui è l’esistenza della totale copertura della categoria  prevalente a legittimare la  partecipazione  alla  gara,  pur  in  carenza  dei requisiti  relativi  alle  categorie  scorporabili. Richiedere che il concorrente, ove sprovvisto della  qualificazione  in  una categoria scorporabile a “qualificazione obbligatoria”, indichi, già in sede di offerta, il nominativo  dei  subappaltatori  ed  il  possesso  da  parte  di  questi  dei  requisiti  di qualificazione, svuoterebbe di significato il disposto dell’art. 92 co. 1, norma di carattere generale, che si limita a richiedere che tale carenza sia compensata da un corrispondente  incremento di qualificazione  nella categoria prevalente senza che sia, invece,  necessario  alcun  ulteriore  incombente.
Lo stesso dicasi per l’art. 118 del codice dei contratti, che si limita a richiedere la dichiarazione relativa alla volontà di ricorrere al subappalto, rimandando alla successiva fase esecutiva il deposito del contratto e la certificazione dei requisiti di qualificazione e di quelli generali. Qualora il concorrente, come vorrebbe la tesi del "subappalto necessario" fosse tenuto a dimostrare, già in sede di gara, il possesso da parte del subappaltatore dei requisiti di qualificazione relativi  alle prestazioni da affidare in subappalto,  non si comprenderebbe il motivo per cui il legislatore avrebbe inteso differire alla successiva fase esecutiva la trasmissione del contratto di subappalto alla stazione appaltante e la contestuale certificazione dei requisiti del subappaltatore
La mancata  indicazione del subappaltatore, a parere di chi scrive, peraltro, non preclude, in alcun modo, alla stazione appaltante la possibilità di valutare l’idoneità morale e tecnica del soggetto, giacchè in base all’art.118, l’affidatario, prima di procedere con il subappalto, deve consegnare all’amministrazione, oltre a copia del contratto di subappalto, anche la dichiarazione relativa ai requisiti generali e tecnici del subappaltatore. Ove la stazione appaltante accerti la mancanza di tali qualità, per il concorrente non sarà possibile ottenere la relativa autorizzazione. 
Dalla esegesi delle norme vigenti in materia, non emerge alcun obbligo di preventiva indicazione dei subappaltatori, sinanche nel caso di c.d. "subappalto necessario".
Un bando che richiedesse la indicazione del nominativo del subappattatore a pena di esclusione non potrebbe, secondo l'Adunanza, che ritenersi illegittimo per violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione.
Nemmeno potrebbe parlarsi di eterointegrazione della lex specialis costituita dal bando di gara, giacchè presupposto di tale eterointegrazione è l’esistenza di una specifica norma di ordine pubblico non richiamata dalla disciplina di gara. Nell'ipotesi di subappalto non  è rinvenibile  alcuna  norma  imperativa  che  imponga  al  concorrente  di  indicare,  già  in sede di offerta, il nominativo del soggetto subappaltatore, con la conseguenza che sarebbe del tutto improprio parlare di eterointegrazione del bando di gara. 
 
 
RIFLESSIONI CRITICHE  
 
Evidenziate le coordinate di riferimento emerge evidente come l’orientamento disconosciuto dalla Adunanza Plenaria confonda le disposizioni dettate ai fini della partecipazione ad una procedura  ad evidenza pubblica con quelle relative all’esecuzione delle prestazioni oggetto di affidamento, richiedendo ai fini della partecipazione alla gara, il possesso dei requisiti relativi, invece,  all’esecuzione di taluni lavori. 
Dalla esegesi del quadro normativo, concordemente a quanto statuito dalla Adunanza Plenaria  deriva che la concreta identificazione dell’impresa subappaltatrice e la verifica del possesso dei requisiti da parte di quest’ultima concerne solo il momento  dell’esecuzione  delle  prestazioni oggetto di affidamento e non rileva, dunque, in sede di gara.  
La  prima  stesura  del  Codice  dei  Contratti  Pubblici ex  art.  107,  comma  2,  DPR 207/2010 , infatti, prevedeva espressamente che le opere altamente specializzate, eccedenti il 15% potessero essere eseguite solo da ATI nell’ipotesi in cui  il  concorrente  non  fosse  in  possesso  dei  requisiti  tecnico-organizzativi ed economico-finanziari relativi alla  categoria scorporabile. Tale previsione  è  stata modificata dal d.lgs. n. 152 del 2008 che prevede, attualmente, la possibilità di ricorrere al subappalto anche per le opere  altamente  specializzate,  senza  alcuna  specificazione, non richiedendo, difatti, condizioni specifiche di partecipazione alla gara, neanche nel caso di  opere  altamente specializzate superiori al 15% dell’importo complessivo. 
Il quadro normativo attuale è, d'altronde, coerente con la soppressione operata dall’art. 9 della legge 415 del 1998 dell’obbligo di immediata indicazione dei subappaltatori di cui all’art. 34, co 1, della L.109 del 1994. Ai sensi di tale ultimo articolo il  concorrente,  per  poter  ricorrere al subappalto, doveva indicare all’atto dell’offerta le parti di prestazioni che intendeva subappaltare e da uno a sei subappaltatori candidati ad eseguire detti lavori. 
Con la soppressione del disposto di cui all'art. 34 della L.109 del 1994  gli articoli 118 del d.lgs. 163 del 2006 e 109 del DPR 207 del 2010 vengono a configurarsi come normativa di portata generale, non suscettibile di eccezioni, se non specificamente previste dalla legge.
Concordemente la  Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici, richiamata dalla stessa Adunanza Plenaria, con determinazione n. 4 del 10 ottobre 2012 e poi con i pareri n. 165 del 10 ottobre 2012 e n. 187 del 7 novembre 2012 e n. 70 del 9 maggio 2013 aveva  osservato che la normativa vigente in materia non comporta alcun obbligo di indicare, in sede di offerta, i nominativi  dei  subappaltatori,  bensì  impone  unicamente al concorrente di indicare le quote che intende subappaltare, qualora sprovvisto della qualificazione per la categoria scorporabile.
L'obbligo che impone che la qualificazione “mancante” sia comunque posseduta  in  relazione  alla  categoria prevalente tutela la stazione appaltante circa la sussistenza della capacità economico-finanziaria da parte dell’impresa.
Ne sono conferma le direttive –richiamate dalla stessa Adunanza Plenaria– 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE, che hanno rimesso alla scelta discrezionale degli Stati membri o, comunque, delle stazioni appaltanti, l’opzione regolatoria attinente alla doverosità dell’indicazione del nome del subappaltatore, ai fini della partecipazione alla gara, astenendosi, quindi, dall’imporre una qualsivoglia soluzione alla questione. 
L'analisi dei mutamenti legislativi porta a considerare che quando il legislatore ha ritenuto fosse necessaria l’indicazione del nominativo del subappaltatore lo ha specificato espressamente  specificando finanche il numero dei subappaltatori da indicare, ciò affinchè le aspettative del   concorrente non  venissero frustrate dal venir meno, pensiamo alla ipotesi di intervenuto fallimento, di uno dei subappaltatori. L'attuale normativa non prevede l'indicazione di un numero minimo di subappaltatori, per cui si arriverebbe all'assurdo giuridico che pur indicando il nominativo dell'unica impresa in subappalto, nel caso del venir meno di quest'ultima il concorrente non avrebbe modo di partecipare alla gara.
Sotto altro profilo l'orientamento disconosciuto dalla Adunanza procede sulla scorta di un'assimilazione tra il c.d. "subappalto necessario” e l’avvalimento ( Cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, n. 2508 del 2 maggio 2012; Consiglio di Stato, sez. V, con sentenza n. 5900 del 21 novembre 2012; Tar Umbria, con sentenza n. 464 del 31 ottobre 2012;Tar Toscana, con la sentenza n.1173 del 11 luglio 2013). Tale assimilazione è inconcepibile nel nostro ordinamento.
La alterità ontologica dei due istituti è palesata  dal fatto che nel caso di subappalto il concorrente è già di per sé in  grado di qualificarsi adeguatamente anche senza il ricorso alle qualifiche di soggetti terzi e il ricorso al subappalto è volto esclusivamente a garantire che le prestazioni siano poi eseguite da un soggetto munito delle necessarie qualificazioni, il cui controllo è però rimandato alla fase esecutiva e non attiene, dunque, alla fase di presentazione delle offerte. Con riferimento alle posizioni soggettive, la normativa prevede la responsabilità solidale del concorrente e dell’impresa ausiliaria nei confronti dell’amministrazione, giacchè nell’avvalimento l’impresa ausiliaria non è soggetto terzo rispetto alla gara, e si impegna sia verso il concorrente sia verso la stazione appaltante, coerentemente. Diversamente nell'ipotesi di subappalto il soggetto responsabile verso la stazione appaltante è la sola impresa appaltatrice, il subappaltatore è estraneo alla procedura di gara e rileva nella sola fase esecutiva realizzando in proprio le prestazioni a lui affidate.
La diversità ontologica riflette la diversità di disciplina. Nel caso dell’avvalimento,  considerato  che lo stesso mira ad integrare alcuni requisiti di cui il concorrente è  privo, la  normativa sottopone il ricorso a tale istituto ad una serie di incombenti che mirano a “vincolare” l’impresa  ausiliaria,  trattandosi  di  impresa  che  non  può  essere  considerata  quale soggetto terzo rispetto alla gara. L’art.49 del codice contratti richiede che il concorrente alleghi, già nella domanda di partecipazione: 1) una sua dichiarazione  attestante l'avvalimento  dei  requisiti  necessari  per  la  partecipazione  alla  gara,  con  specifica indicazione dei requisiti stessi e dell'impresa ausiliaria; 2) una sua dichiarazione circa il possesso da parte del concorrente medesimo dei requisiti generali di cui all'articolo 38; 3)  una  dichiarazione  sottoscritta  da  parte  dell'impresa  ausiliaria  attestante  il possesso da parte di quest'ultima dei requisiti generali di cui all'articolo 38, nonché il possesso  dei  requisiti  tecnici  e  delle  risorse  oggetto  di  avvalimento; 4) una dichiarazione sottoscritta dall'impresa ausiliaria con cui quest'ultima si obbliga verso il concorrente e verso la stazione appaltante a mettere a disposizione per tutta la durata dell'appalto le risorse necessarie di cui è carente il concorrente; 5) una dichiarazione sottoscritta dall'impresa ausiliaria con cui questa attesta che non partecipa alla gara in proprio  o  associata  o  consorziata  ai  sensi  dell'articolo  34;  5)  in  originale  o  copia autentica il contratto in virtù del quale l'impresa ausiliaria si obbliga nei confronti del concorrente a fornire i requisiti e a mettere a disposizione le risorse necessarie per tutta la  durata  dell'appalto;  6) nel  caso  di  avvalimento  nei  confronti  di  un'impresa  che appartiene  al  medesimo  gruppo  in  luogo  del  contratto  di  avvalimento  l'impresa concorrente può presentare una dichiarazione sostitutiva attestante il legame giuridico ed economico esistente nel gruppo. 
Ai sensi dell’art. 118, co 2 del Codice, nessuno di tali adempimenti è richiesto  per  il  subappalto, ciò in ragione del fatto che l’impresa subappaltatrice  non  integra  i  requisiti  del  concorrente,  che  è  già  adeguatamente qualificato,  in  conformità  alla  disciplina  di  cui  all’art.  92,  per  la  partecipazione  alla gara,  ma  viene  utilizzata  unicamente  per  eseguire  delle  prestazioni  per  le  quali  è richiesto  il  possesso  di  determinate  qualificazioni.  Il  subappaltatore,  come detto,  rimane estraneo alla procedura di gara e proprio in ragione di ciò il legislatore non ha ritenuto necessario che lo stesso fosse “vincolato” al concorrente sin dalla fase di presentazione delle offerte, ma ha stabilito che solamente  in fase esecutiva sia tenuto ad indicare il nominativo del subappaltatore e dimostrare che il medesimo è in  possesso  dei  requisiti  necessari  ad  eseguire  le  prestazioni  oggetto  di affidamento. 
Per tutto quanto detto, l'orientamento della Adunanza Plenaria sembra essere l’unico rispettoso del principio di tassatività delle cause di esclusione di cui all’art. 46 del codice dei  contratti (Cfr. con specifico riferimento al principio della tassatività delle cause di esclusione, Cons. Stato Sez. VI, con l’ordinanza di rimessione all’Adunanza plenaria 17 maggio 2013, n. 2681). Secondo tale disposizione le stazioni appaltanti possono procedere all’esclusione di un operatore  unicamente ove tale sanzione  sia  prevista  da  disposizioni  del  codice,  del regolamento o da altre disposizioni di legge, tanto che sono nulle le clausole dei bandi e delle lettere di invito che stabiliscano ulteriori prescrizioni a pena di esclusione. 
Non ci si può esimere dal constatare, però, che il testo del nuovo Codice degli Appalti, attualmente al vaglio, in seconda lettura, della Camera dei Deputati, prevede l’individuazione dei casi specifici in cui vige l’obbligo di indicare, in sede di offerta, una terna di nominativi di subappaltatori per ogni tipologia di attività prevista in progetto, preludendo, quindi, ad un riconoscimento normativo del "subappalto necessario". 
E' opportuno, peraltro, sottolineare, per completezza di vedute, come, già nel 2013, con riferimento alla proposta di direttiva in materia di appalti pubblici, l'Associazione Nazionale dei Costruttori Edili (ANCE), riteneva maggiormente conforme al diritto comunitario in materia di libero mercato il mantenimento del principio di libertà di subappalto, ivi compresa quella di scelta del soggetto subappaltatore.
Si deve ritenere, quindi, verosimilmente, che il meccanismo del subappalto necessario,  correttamente atteggiato - id est con la previsione  una clausola di salvaguardia come quella della scelta fra una terna di soggetti-  sarà introdotto ex lege nel nostro ordinamento, superando il problema della dichiarazione del nominativo del subappaltatore.
Anche alla luce di tale previsione resta fermo l'insegnamento dell'Adunanza, che, in mancanza di espressa previsione normativa, il silenzio serbato  dal legislatore su alcuni punti di una disciplina sistemica, debba essere considerato una scelta legislativa, la cui ratio non è giammai eludibile  a mezzo di  incerte operazione ermeneutiche. 
 
 
2^ PRINCIPIO DI DIRITTO ENUNCIATO
 
OGGETTO DELLA PRONUNCIA
 
E' dovuta l'esclusione del concorrente che non abbia indicato i costi di sicurezza aziendali di cui all'art. 87, comma 4, del D. Leg.vo n. 163 del 2006, anche per le procedure nelle quali la presentazione delle offerte è anteriore alla decisione dell’Adunanza Plenaria n. 3 del 2015.
 
 
PERCORSO ARGOMENTATIVO
 
Il secondo quesito posto all'attenzione della Adunanza attiene alla doverosità dell’uso dei poteri di soccorso istruttorio nei casi in cui la fase procedurale di presentazione delle offerte si sia perfezionata prima della pubblicazione della decisione della stessa Adunanza Plenaria, n. 3 del 2015, con la quale è stato chiarito che l’obbligo, codificato all’art. 87, co. 4, d.lgs. 163/2006, di indicazione degli oneri di sicurezza aziendale si applica anche agli appalti di lavori.
L'Adunanza Plenaria, n.9 del 2015, ha ribadito che deve ritenersi esclusa la sanabilità con il soccorso istruttorio dell’omissione dell’indicazione degli oneri di sicurezza aziendale, perché ciò si risolverebbe in un’inammissibile integrazione postuma di un elemento essenziale dell’offerta. 
Secondo il consesso riunito, in favore del del soccorso istruttorio non rileva neppure l’orientamento di senso contrario consolidatosi prima della Plenaria n. 3 del 2015, atteso che “non sembra possibile elevare la precedente esegesi al rango di legge per il periodo antecedente al suo mutamento”. 
L'adunanza richiama l’orientamento della Suprema Corte a SS.UU. n. 15144 del 2011, che stabiliva che l’unica ipotesi contemplabile nel nostro ordinamento di intervento nomofilattico con valore normativo presuppone la sussistenza di tre requisiti cumulativi: a) che l’esegesi incida su una regola del processo; b) che si tratti di esegesi imprevedibile e susseguente ad altra consolidata nel tempo e tale, dunque, da ingenerare un ragionevole affidamento; c) che, infine, essa determini un effetto preclusivo del diritto di azione o di difesa. 
Opinando diversamente, quindi, si finirebbe con l'introdurre una nuova fonte di produzione del diritto rappresentata dalla esegesi giurisprudenziale favorevole al soccorso istruttorio, in violazione in primo luogo del principio costituzionale di separazione dei poteri, e più in generale dei principi che sottendono l'ermeneutica normativa.
 
 
RIFLESSIONI CRITICHE
 
L'art. 83, comma 3 bis, D.lgs. 163/2006 dispone, da un lato, che "nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell'anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all'entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture. […]"; dall'altro lato, l'art. 87, comma 4, aggiunge che "non sono ammesse giustificazioni in relazione agli oneri di sicurezza in conformità all'articolo 131, nonché al piano di sicurezza e coordinamento di cui all'articolo 12, decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494 (ora art. 100 del d.lgs. n. 81 del 2008) e alla relativa stima dei costi conforme all'articolo 7, d.P.R. 3 luglio 2003, n. 222 (ora punto 4 dell'allegato XV al d.lgs. n. 81 del 2008). Nella valutazione dell'anomalia la stazione appaltante tiene conto dei costi relativi alla sicurezza, che devono essere specificamente indicati nell'offerta e risultare congrui rispetto all'entità e alle caratteristiche dei servizi o delle forniture".
Il combinato disposto delle due norme aveva generato  un animato dibattito giurisprudenziale in merito agli obblighi di indicazione gravanti sul partecipante alla gara.
Secondo l'orientamento più consolidato la ratio delle norme suindicate imponeva "ai concorrenti di indicare già nell'offerta l'incidenza degli oneri di sicurezza aziendali" rispondendo detta scelta alle finalità di sicurezza dei lavoratori e quindi non solo "a valori sociali e di rilievo costituzionale, che assumono rilevanza anche nel settore dei lavori pubblici", bensì anche all'evidente scopo di consentire alla stazione appaltante la verifica del rispetto delle norme inderogabili a tutela dei fondamentali interessi dei lavorati (Cons. Stato, sez. III, 3 luglio 2013, n. 3565).
Altro orientamento, più recente, riteneva, invece, che l'obbligo di indicazione riguardasse unicamente gli appalti di servizi e forniture, in quanto per quelli relativi ai lavori pubblici interverrebbe il combinato disposto degli artt. 100, D.lgs. 81/2008 e 131 D.lgs. 163/2006, con riferimento al piano di sicurezza (Cons. Stato, sez. V, 7 maggio 2014, n. 2342).
a cavallo di questi due orientamenti e prima dell’Adunanza Plenaria n. 3 del 2015, il bando tipo dell’ANAC, al quale dovevano attenersi le Amministrazioni appaltanti ai sensi art. 64 comma 4-bis, del Codice, prevedeva che gli oneri per la sicurezza aziendali dovessero essere richiesti ai concorrenti solo in sede di verifica dell’anomalia ex art. 86, co 3-bis del Codice e non in sede di compilazione dell’offerta economica.
L’Adunanza Plenaria aveva chiarito che anche per gli appalti di lavori –e, dunque, non solo per gli appalti di servizi e forniture- il concorrente fosse tenuto ad indicare nell’offerta i propri oneri di sicurezza interni e soprattutto che fosse “esclusa la sanabilità con il soccorso istruttorio dell’omissione dell’indicazione degli oneri di sicurezza aziendale, che si risolverebbe in un’inammissibile integrazione postuma di un elemento essenziale dell’offerta”.
A seguito dell'Adunanza 3 del 2015, parte della giurisprudenza, per porre riparo alle abnormi conseguenze pratiche derivanti dalla pronuncia, aveva ammesso il soccorso istruttorio, e così l’indicazione postuma degli oneri di sicurezza, quanto meno per le gare antecedenti alla sentenza n. 3 del 2015, in virtù dei principi di affidamento e di certezza del diritto, ritenendo irragionevole  introdurre, nelle regole che governano la procedura di gara, un adempimento, originariamente non previsto, la cui inosservanza avrebbe determinato l'inesorabile esclusione del concorrente (cfr ordinanza del Consiglio di Stato, Sez.IV, n.2707 del 3 luglio 2015; TAR Catania, sentenza n.1896 del 10 luglio 2015; TAR Veneto, Sez. I, 4 giugno 2015, n. 619; TAR Friuli Venezia Giulia, Trieste, 26 giugno 2015, n. 311; TAR Puglia, Lecce, Sez. I, ord. 11 settembre 2015 n. 449).  
Preso atto di questa incertezza giuridica e delle notevoli conseguenze derivanti dalla sentenza n. 3 del 2015, la Quarta Sezione del Consiglio di Stato con ordinanza di remissione n. 2707 del 3 giugno 2015, ha chiesto chiarimenti, osservando che, già prima dell’intervento dall’Adunanza Plenaria n. 3 del 2015, il principio della necessità di indicazione degli oneri di sicurezza aziendale in sede di offerta era tutt’altro che pacifico (cfr., fra le tante, Cons. Stato, Sez. V, 17 marzo 2015 n. 1375; Cons. Stato, Sez. V, 23 febbraio 2015 n. 884; Cons. Stato, Sez. V, 3 febbraio 2015 n. 512; Cons. Stato, Sez. V, 17 giugno 2014 n. 3056; C.G.A. Sicilia, 24 marzo 2015 n. 305).
Il ragionamento seguito dall'Adunanza n. 9 del 2015 è coerente con l'interpretazione dell'art. 46. In base a tale articolo la stazione appaltante ha il potere di escludere i candidati in ipotesi tassative, quali il caso di mancato adempimento alle prescrizioni del codice dei contratti e relativo regolamento o da altre disposizioni di legge vigenti; incertezza assoluta sul contenuto o  provenienza  dell’offerta, difetto di sottoscrizione o di altri elementi essenziali, non integrità del plico contenente l'offerta o la domanda di partecipazione, altre irregolarità relative alla chiusura dei plichi, tali da far ritenere, secondo le circostanze concrete, che sia stato violato il principio di  segretezza delle offerte. L'art. 46, co. 1bis, ha natura di norma  non innovativa, bensì  interpretativa e và interpretato quale corollario del principio del “soccorso” istruttorio, secondo cui il dovere di preventiva richiesta di regolarizzazione opera inderogabilmente tranne nei casi in cui la causa di esclusione abbia un fondamento, implicito o esplicito, in una fonte legislativa. 
Diversamente ritenere possibile l’esclusione automatica dalla partecipazione all’aggiudicazione di contratti pubblici per la mancata inserzione in sede di offerta di elementi contenutistici previsti  come obbligatori nell’ordinamento, nel totale silenzio della lex specialis, colliderebbe con l’esigenza di certezza del diritto e di tutela dell’affidamento dei concorrenti, nonché con il principio di favor partecipationis (cfr. Tar  Umbria, sentenza 22 maggio 2013, n. 301, Consiglio di Stato, sez. III, 2 settembre 2013, n. 4364). 
Nonostante la indubitabile condivisione del ragionamento giuridico, nondimeno non si può sottacere che l’Adunanza Plenaria nell'annunciare il principio interpretativo, avrebbe potuto tenere conto della sua incidenza sulle procedure di gara in corso, e indulgere ad un regime transitorio, bilanciando il principio ermeneutico con i principi di affidamento e di certezza del diritto.
Una tale scelta, d'altronde, era già stata operata dal massimo consesso della giustizia  amministrativa. Ci si riferisce alla sentenza della Adunanza Plenaria n. 16 del 2013, che generalizzava la regola della pubblicità della seduta di gara concernente l’apertura dei plichi contenenti le offerte tecniche e la verifica del loro contenuto. In tale caso l’Adunanza Plenaria aveva precisato che il principio espresso dovesse ritenersi operante per le gare successive alla pronuncia interpretativa raggiunta.  
 
 
RIFERIMENTI LEGISLATIVI
 
Art. 12 delle Preleggi; Art. 46. Documenti e informazioni complementari - Tassatività delle cause di esclusione - Art. 49. Avvalimento - 73- 87 co.3 e 4 – Art. 118. Subappalto, attività che non costituiscono subappalto e tutela del lavoro  del d.lgs. n. 163 del 2006,  Art. 85. Lavori eseguiti dall’impresa affidataria e dall'impresa subappaltatrice. Lavori affidati a terzi dal contraente generale Art. 92. Requisiti del concorrente singolo e di quelli riuniti -  Art. 107. Categorie di opere generali e specializzate - strutture, impianti e opere speciali - Art. 108. Condizione per la partecipazione alle gare - Art.  109.  Criteri  di  affidamento  delle  opere  generali  e  delle  opere  specializzate  non  eseguite direttamente del d.P.R. 5 ottobre 2010, n.207; 
 
 
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
 
P. Algieri in "La necessità di un chiarimento dell’Adunanza Plenaria: l’obbligatorietà o meno dell’indicazione del nominativo del subappaltatore" Nota a Cons. Stato Sez. IV ord. rimessione Adu. Plen., 3 giugno 2015, n. 2707 , sulla rivista www.ildirittoamministrativo.
 
Con riferimento al concetto di eterointegrazione del bando di gara v.A. Grazzini, "Il bando di gara", in Appalti e contratti, percorsi giurisprudenziali, Milano, 2009, p. 47 ss.; 
 
P. Santoro, E. Santoro, "Le procedure di scelta del contraente", in Nuovo Manuale dei contratti pubblici, Rimini, 2011, p. 451.
 
Per il parere n. 3014 del 26 giugno 2013  Consiglio di Stato, Adunanza della Commissione speciale si veda R. Mangani, "Svolta nella qualificazione, ma per renderla operativa serve ora un d.P.R., su proposta del Ministro Lupi", in www.ediliziaeterritorio.ilsole24ore
 
Per i profili disciplinari dell'avvalimento si veda determinazione Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, 1° agosto 2012, n. 2, L’avvalimento nelle procedure di gara e la circolare del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Dipartimento per le infrastrutture, gli affari generali ed il personale, direzione generale per la regolazione e dei contratti pubblici, 30 ottobre 2012, n. 4536, recante “Primi chiarimenti in ordine all’applicazione delle disposizioni di cui al d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207.
 
 
 
 
 

REPUBBLICA ITALIANA

  IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 IL CONSIGLIO DI STATO

 

in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria) ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale __________di A.P. del 2015, proposto da:  ___________

difesi dagli avv.ti _____________, con domicilio eletto presso ___________; 

contro

______________, rappresentata e difesa dall'avv. __________, con domicilio eletto presso ___________; 

nei confronti di

___________________, rappresentata e difesa dagli avv.ti _______________ , con domicilio eletto presso ___________________; 

e con l'intervento di

ad adiuvandum: _____________________, rappresentata e difesa dall'avv. _____________, con domicilio eletto presso _________________; ________________, rappresentata e difesa dall'avv. _________________, con domicilio eletto presso __________________; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. ___________________, resa tra le parti, concernente l’annullamento e/o la riforma della sentenza del _____________________ pubblicata in data ___________________, con cui è stato accolto il ricorso promosso da ____________ avverso l’aggiudicazione definitiva al (costituendo) r.t.i. tra le imprese ______________ e _______________

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di ____________ e di ______________., nonché l’appello incidentale proposto da quest’ultima;

Visti gli interventi in giudizio di _________ e di __________;

Viste le memorie difensive;  

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno _____________il Cons. ____________ e uditi per le parti

gli avvocati ___________________________;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

 

FATTO

Con la sentenza impugnata il Tribunale amministrativo regionale della Valle d’Aosta ha accolto il ricorso proposto dalla _____________ avverso l’aggiudicazione definitiva al (costituendo) r.t.i.

composto dalla mandataria _____________ e dalla mandante______________ dell’appalto avente ad oggetto l’esecuzione dei lavori di sostituzione delle barriere spartitraffico tra le progressive km. 78+816 e km 88+865 (tratto n.40) dell’autostrada A5, disposta dalla Società _____________, in esito ad una procedura ristretta indetta con il criterio del prezzo più basso e giudicata illegittima dai giudici di prima istanza a causa della mancata (e, viceversa, doverosa) esclusione del r.t.i. aggiudicatario, per aver omesso l’indicazione dell’impresa a cui avrebbe affidato il subappalto delle opere per le quali era sprovvisto del requisito di qualificazione.

Avverso la predetta decisione proponevano appello la ____________ e ___________ ribadendo l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado per omessa impugnazione del bando di gara, nella parte che qui rileva, contestando, nel merito, la correttezza del gravato giudizio di illegittimità dell’aggiudicazione controversa, sulla base del rilievo che la disciplina di riferimento (sia quella speciale della procedura controversa, sia quella normativa generale) non imponevano (tantomeno a pena d’esclusione) l’indicazione del nominativo del subappaltatore nel caso di subappalto c.d. necessario, e concludendo per la riforma della decisione appellata e per la conseguente reiezione del ricorso di primo grado.

Resisteva la ____________, contestando la fondatezza dell’appello, riproponendo la censura, rimasta assorbita nel giudizio di prima istanza, relativa all’erroneità della positiva verifica dell’anomalia dell’offerta aggiudicataria, sotto il profilo dell’omessa indicazione degli oneri per la sicurezza aziendale, e concludendo per il rigetto dell’impugnazione e per la conferma della statuizione di annullamento, in ipotesi con diversa motivazione. 

La sentenza veniva appellata in via incidentale anche dalla __________, che aderiva alle conclusioni formulate con l’appello principale.

Intervenivano ad adiuvandum __________ e __________ e _________, formulando le medesime conclusioni delle parti appellanti (in via principale e incidentale).

Con ordinanza n. 2707/2015 in data 3 giugno 2015 la Quarta Sezione rimetteva all’Adunanza Plenaria la soluzione delle questioni (meglio di seguito illustrate) relative alla necessità (o meno) dell’indicazione nominativa, al momento della presentazione dell’offerta, dell’impresa subappaltatrice, nelle ipotesi in cui quella concorrente sia sprovvista del requisito di qualificazione  per alcune categorie scorporabili e abbia manifestato l’intenzione di subappaltare le relative lavorazioni, e alla legittimità (o meno) del c.d. soccorso istruttorio al fine di consentire la predetta identificazione (nell’ipotesi in cui l’Adunanza Plenaria la dovesse giudicare necessaria e solo per le

procedure nelle quali la fase di presentazione delle offerte si sia conclusa in data anteriore al relativo pronunciamento) e l’indicazione degli oneri di sicurezza aziendali (per le sole procedure nelle quali la fase di presentazione delle offerte si sia conclusa prima della pubblicazione della decisione dell’Adunanza Plenaria n.3 del 2015, che ne ha affermato l’obbligatorietà anche per gli appalti di lavori).

Alla pubblica udienza del 7 ottobre 2015, dinanzi all’Adunanza Plenaria, il ricorso veniva trattenuto

in decisione.

DIRITTO

1.- Prima di esaminare, nel merito, i quesiti affidati all’Adunanza Plenaria, occorre verificare, d’ufficio, l’ammissibilità degli interventi svolti da ________ e ________, essendo state ritualmente informate le stesse della questione, nel corso dell’udienza pubblica del 7 ottobre 2015, ai sensi e per

gli effetti dell’art.73, comma 3, c.p.a..

1.1- La legittimazione attiva (e, dunque, all’intervento in giudizio) di associazioni rappresentative di

interessi collettivi obbedisce alle stringenti regole di seguito precisate (da reputarsi applicabili anche

nell’ipotesi, quale quella in esame, in cui l’interventore ad adiuvandum in appello assuma la posizione sostanziale di interventore ad adiuvandum in primo grado e possa, quindi, limitarsi a far valere un interesse di mero fatto, come chiarito dalla recente decisione dell’Adunanza Plenaria 28 gennaio 2015, n.1). 

E’ necessario, innanzitutto, che la questione dibattuta attenga in via immediata al perimetro delle finalità statutarie dell’associazione e, cioè, che la produzione degli effetti del provvedimento controverso si risolva in una lesione diretta del suo scopo istituzionale, e non della mera sommatoria

degli interessi imputabili ai singoli associati (Cons. St., sez. IV, 16 novembre 2011, n.6050).

E’, inoltre, indispensabile che l’interesse tutelato con l’intervento sia comune a tutti gli associati, che non vengano tutelate le posizioni soggettive solo di una parte degli stessi e che non siano, in definitiva, configurabili conflitti interni all’associazione (anche con gli interessi di uno solo dei consociati), che implicherebbero automaticamente il difetto del carattere generale e rappresentativo della posizione azionata in giudizio (cfr. ex multis Cons. St., sez. III, 27 aprile 2015, n.2150).

Il Collegio non ignora che con la decisione dell’Adunanza Plenaria 3 giugno 2011, n.10 è stata riconosciuta la legittimazione ad agire in capo a un ordine professionale, anche nell’ipotesi in cui il provvedimento impugnato avvantaggi alcuni degli iscritti, ma reputa che tale sentenza non valga a smentire l’indirizzo dianzi citato, ma ne costituisca, al contrario, una chiara conferma.

Nella decisione in esame, infatti, l’Adunanza Plenaria ha ribadito che la legittimazione dell’ente esponenziale va riguardata con esclusivo riferimento all’interesse istituzionalizzato e alla portata lesiva di esso (rintracciabile nel provvedimento impugnato) e si è solo limitata a rilevare correttamente che non vale ad escludere la legittimazione a ricorrere, avverso un provvedimento lesivo degli interessi della collettività dei professionisti iscritti all’ordine, la circostanza che lo stesso ne avvantaggi alcuni, ma non come professionisti (nel chè va ravvisata la capacità rappresentativa dell’ordine professionale), ma nelle diverse e del tutto peculiari vesti di dipendenti o

di docenti (e non, quindi, di liberi professionisti), potenzialmente configgenti (come si è verificato nella fattispecie ivi esaminata) con gli interessi, istituzionalmente rappresentati dall’ordine, della generalità della categoria dei professionisti iscritti ad esso.

Resta, infine, preclusa ogni iniziativa giurisdizionale sorretta dal solo interesse al corretto esercizio dei poteri amministrativi o per mere finalità di giustizia, occorrendo, si ripete, per autorizzare l’intervento di un’associazione esponenziale di interessi collettivi, un interesse concreto ed attuale (imputabile alla stessa associazione) alla rimozione degli effetti pregiudizievoli prodotti dal provvedimento controverso (Cons. St., sez. III, 9 giugno 2014, n.2892).

Orbene, entrambi gli interventi in esame difettano dei predetti, indispensabili, requisiti.

1.2- Quanto alla posizione di _________, è sufficiente osservare che la posizione assunta con l’intervento in merito alla questione principalmente dibattuta (e, cioè, la non obbligatorietà   dell’indicazione nominativa del subappaltatore in sede di offerta), oltre a non afferire alle finalità istituzionali dell’associazione, non può in alcun modo ritenersi comune a tutti i suoi associati, tanto che, ad esempio, nella presente controversia un’impresa di costruzioni sostiene la tesi contraria (così come appare plausibile che accada in altre situazioni simili).

Si tratta, in altri termini, di una situazione in cui il provvedimento impugnato in primo grado (l’aggiudicazione di un appalto) ha concretato gli effetti di un conflitto di interessi tra gli appartenenti alla categoria istituzionalmente rappresentata dall’________, di talchè l’intervento finalizzato alla sua difesa non può ritenersi sorretto dall’esigenza di tutelare l’interesse collettivo statutariamente rappresentato dall’Associazione.

1.3- In merito alla posizione di __________, a ben vedere, l’intervento non appare sorretto dall’esigenza di tutelare un interesse da essa protetto e perseguito in via statutaria (come potrebbe accadere, ad esempio, in una controversia concernente la legittimità delle tariffe autostradali), quanto da quella di sostenere una tesi di diritto (e, quindi, per mere ed astratte finalità di giustizia) la

cui soluzione, tuttavia, non incide in via diretta ed immediata sugli interessi istituzionalmente rappresentati da _________, ma produce effetti solo riflessi ed indiretti sulla sfera giuridica dei concessionari autostradali (ciò che non può ritenersi sufficiente a radicare la legittimazione all’intervento).

1.4- Alla stregua delle considerazioni che precedono, gli interventi in questione vanno giudicati inammissibili e le relative parti estromesse dal giudizio.

2.- Occorre, quindi, procedere all’analisi delle questioni devolute all’Adunanza Plenaria, principiando da quella formulata per prima (e meglio di seguito descritta).

2.1- Come già rilevato in fatto, la Quarta Sezione, registrando un contrasto giurisprudenziale sulla decisiva questione dell’obbligatorietà (o meno) dell’indicazione del subappaltatore già nella fase dell’offerta da parte dell’impresa concorrente sprovvista della qualificazione in una o più categorie scorporabili (e, quindi, a fronte di un c.d. subappalto necessario) e, quindi, sulla doverosità della sua

esclusione, nell’ipotesi di inosservanza del predetto obbligo (ove giudicato tale), ne ha devoluto la risoluzione all’Adunanza Plenaria. Al predetto problema, infatti, sono state offerte due diverse soluzioni.

Secondo una prima tesi, infatti, la necessità della dimostrazione, ai fini della partecipazione alla procedura, della qualificazione per tutte le lavorazioni per le quali la normativa di riferimento la esige implica, quale indefettibile corollario, la necessità dell’indicazione del nominativo del   subappaltatore già nella fase dell’offerta, di guisa da permettere alla stazione appaltante il controllo circa il possesso, da parte della concorrente, di tutti i requisiti di capacità richiesti per l’esecuzione dell’appalto (Cons. St., sez. V, 25 febbraio 2015, n. 944; sez. V, 10 febbraio 2015, n. 676; sez. V, 28 agosto 2014, n. 4405; sez. IV, 26 agosto 2014, n. 4299; sez. IV, 26 maggio 2014, n. 2675; sez. IV, 13 marzo 2014, n. 1224; sez. III 5 dicembre 2013, n. 5781); secondo una diversa, e minoritaria, lettura dell’istituto, viceversa, una corretta esegesi delle regole che presidiano i requisiti di qualificazione, e che escludono che, ai fini della partecipazione alla gara, sia necessario il possesso della qualificazione anche per le opere relative alle categorie scorporabili (esigendo il ricorso al subappalto solo per quelle a qualificazione necessaria e nella sola fase dell’esecuzione dell’appalto),

impone la diversa soluzione dell’affermazione del solo obbligo di indicazione delle lavorazioni che

il concorrente intende affidare in subappalto, ma non anche del nome dell’impresa subappaltatrice (Cons. St., sez. IV, 4 maggio 2015, n. 2223; sez. V, 7 luglio 2014, n. 3449; sez. V, 19 giugno 2012, n. 3563).

Si tratta, come si vede, di ricostruzioni (entrambe) plausibili e ragionevoli, oltre che fondate sull’esigenza di tutelare l’interesse pubblico all’amministrazione imparziale e corretta delle procedure di affidamento dei contratti pubblici.

2.2- La scelta dell’opzione ricostruttiva più coerente con la normativa di riferimento esige una preliminare disamina del sistema di regole alla stregua del quale dev’essere affermata la sussistenza

(o meno) dell’obbligo dell’indicazione nominativa del subappaltatore ai fini della partecipazione alla gara.

L’art. 92, commi 1 e 3, del d.P.R. 5 ottobre 2010, n.207, che disciplina i requisiti di partecipazione alla gara, stabilisce, innanzitutto, che, ai predetti fini, è sufficiente il possesso della qualificazione nella categoria prevalente (quando il concorrente, singolo o associato, non la possieda anche per le categorie scorporabili), purchè per l’importo totale dei lavori.

Il combinato disposto degli artt.92, comma 7 e 109, comma 2, d.P.R. cit. e 37, comma 11, d.lgs. 12 aprile 2006, n.163 chiarisce, poi, che il concorrente che non possiede la qualificazione per le opere scorporabili indicate all’art.107, comma 2 (c.d. opere a qualificazione necessaria) non può eseguire direttamente le relative lavorazioni ma le deve subappaltare a un’impresa provvista della relativa, indispensabile qualificazione.

L’art.118 d.lgs. cit. (collocato sistematicamente entro la Sezione V del codice, rubricata “principi relativi all’esecuzione del contratto”) si occupa, invece, di definire le modalità e le condizioni per il

valido affidamento delle lavorazioni in subappalto e prevede, per quanto qui rileva, che all’atto   dell’offerta siano indicati (solo) i lavori che il concorrente intende subappaltare e che l’affidatario depositi, poi, il contratto di subappalto presso la stazione appaltante almeno venti giorni prima della

data di inizio delle relative lavorazioni (unitamente a tutte le attestazioni e dichiarazioni prescritte).

2.3- Dall’analisi delle regole appena citate si ricavano, quindi, i seguenti principi: a) per la partecipazione alla gara è sufficiente il possesso della qualificazione nella categoria prevalente per l’importo totale dei lavori e non è, quindi, necessaria anche la qualificazione nelle categorie scorporabili (neanche in quelle indicate all’art.107, comma 2, d.P.R. cit.); b) le lavorazioni relative alle opere scorporabili nelle categorie individuate all’art.107, comma 2, d.P.R. cit. non possono essere eseguite direttamente dall’affidatario, se sprovvisto della relativa qualificazione (trattandosi, appunto, di opere a qualificazione necessaria); c) nell’ipotesi sub b) il concorrente deve subappaltare l’esecuzione delle relative lavorazioni ad imprese provviste della pertinente qualificazione; d) la validità e l’efficacia del subappalto postula, quali condizioni indefettibili, che il

concorrente abbia indicato nella fase dell’offerta le lavorazioni che intende subappaltare e che abbia, poi, trasmesso alla stazione appaltante il contratto di subappalto almeno venti giorni prima dell’inizio dei lavori subappaltati; e) il subappalto è un istituto che attiene alla fase di esecuzione dell’appalto (e che rileva nella gara solo negli stretti limiti della necessaria indicazione delle lavorazioni che ne formeranno oggetto), di talchè il suo mancato funzionamento (per qualsivoglia ragione) dev’essere trattato alla stregua di un inadempimento contrattuale, con tutte le conseguenze che ad esso ricollega il codice (tra le quali, ad esempio, l’incameramento della cauzione).

Si tratta come si vede di un apparato regolativo compiuto, coerente, logico e, soprattutto, privo di aporie, antinomie o lacune.

2.4- Ora, a fronte di un sistema di regole chiaro e univoco, quale quello appena esaminato, restano precluse opzioni ermeneutiche additive, analogiche, sistematiche o estensive, che si risolverebbero,

a ben vedere, nell’enucleazione di una regola non scritta (la necessità dell’indicazione del nome del

subappaltatore già nella fase dell’offerta) che (quella sì) configgerebbe con il dato testuale della disposizione legislativa dedicata alla definizione delle condizioni di validità del subappalto (art.118,

comma 2, d.lgs. cit.) e che, nella catalogazione (esauriente e tassativa) delle stesse, non la contempla.

2.5- Secondo il canone interpretativo sintetizzato nel brocardo in claris non fit interpretatio (e codificato all’art.12 delle Preleggi), infatti, la prima regola di una corretta esegesi è quella che si fonda sul significato delle parole e che, quindi, là dove questo risulta chiaro ed univoco, quale deve intendersi il dato testuale della predetta disposizione, non è ammessa alcuna interpretazione che   corregga la sua portata precettiva (per come desunta dal lessico ivi utilizzato, ove risulti privo di ambiguità semantiche).

2.6- Ma anche in ossequio al canone interpretativo espresso nel brocardo ubi lex voluit dixit ubi noluit tacuit si perviene alle medesime conclusioni. Là dove, infatti, l’art.118, secondo comma, d.lgs. cit., ha catalogato (articolandoli in quattro lettere) i requisiti di validità del subappalto, ha evidentemente inteso circoscrivere, in maniera tassativa ed esaustiva, a quei presupposti (e solo a quelli) le condizioni di efficacia del subappalto, sicchè ogni opzione ermeneutica che si risolvesse nell’aggiunta di un diverso ed ulteriore adempimento (rispetto a quelli ivi classificati) dev’essere rifiutata in quanto finirebbe per far dire alla legge una cosa che la legge non dice (e che, si presume, secondo il suddetto canone interpretativo, non voleva dire).

2.7- Dall’esame della vigente normativa di riferimento può, in definitiva, identificarsi il paradigma (riferito all’azione amministrativa, ma anche al giudizio della sua legittimità) secondo cui l’indicazione del nome del subappaltatore non è obbligatoria all’atto dell’offerta, neanche nei casi in

cui, ai fini dell’esecuzione delle lavorazioni relative a categorie scorporabili a qualificazione necessaria, risulta indispensabile il loro subappalto a un’impresa provvista delle relative qualificazioni (nella fattispecie che viene comunemente, e, per certi versi, impropriamente definita come “subappalto necessario”).

2.8- La correttezza della soluzione appena enunciata (e che risponde al primo quesito nel senso di negare la doverosità dell’indicazione nominativa del subappaltatore) risulta, peraltro, avvalorata e corroborata dai convergenti argomenti di seguito (sinteticamente) dettagliati.

2.9- L’esegesi ut supra preferita risulta, innanzitutto, riscontrata dall’esame diacronico della legislazione in materia, che consegna all’Adunanza la preziosa informazione dell’originaria previsione (nella legge 11 febbraio 1994, n.109, c.d. Legge Merloni) dell’obbligo dell’indicazione, già nella fase dell’offerta, di una rosa di imprese subappaltatrici (fino al numero di sei) entro le quali avrebbe poi dovuto essere scelta quella affidataria delle lavorazioni subappaltate, e della successiva abrogazione di tale previsione (già nella legge 18 novembre 1998, n.415, c.d. Legge Merloni ter e poi, definitivamente, con il codice dei contratti pubblici), che costituisce il più valido indice della consapevole ed univoca volontà del legislatore del 2006 di escludere, tra le condizioni di validità del subappalto, l’obbligo dell’indicazione nominativa in discussione.

Non solo, ma anche nel disegno di legge di delega al Governo per il recepimento delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE (all’esame della Camera dei Deputati, in seconda lettura, al  

momento della redazione della presente decisione) può ricavarsi un ulteriore prezioso riscontro alla tesi scelta dall’Adunanza Plenaria, là dove si ripristina, ivi, l’obbligo dell’indicazione di una terna di subappaltatori, ad ulteriore conferma che il silenzio serbato sul punto dal codice dei contratti pubblici in vigore non può essere trattato alla stregua di una lacuna colmabile in esito ad una complessa ed incerta operazione ermeneutica, ma costituisce una scelta chiara e cosciente (tanto che

la legislazione precedente e, forse, quella successiva hanno operato e, probabilmente, opereranno una scelta diversa).

2.10- La correttezza della scelta interpretativa sopra enunciata risulta, peraltro, avvalorata anche dalle determinazioni dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici (l’AVCP, prima, e l’ANAC, poi) che hanno ripetutamente affermato il principio dell’obbligatorietà della sola indicazione delle lavorazioni che si intendono affidare in subappalto e contestualmente escluso l’obbligatorietà dell’indicazione nominativa del subappaltatore (si vedano la determinazione ANAC nr. 1 dell’8 gennaio 2015; il parere ANAC nr. 11 del 30 gennaio 2014 e la determinazione AVCP nr. 4 del 10 ottobre 2012), approvando, in coerenza con tali enunciazioni, gli schemi dei bandi, con il valore vincolante ad essi assegnati dall’art. 64, comma 4-bis, d.lgs. cit. (e previo parere conforme del Ministero delle infrastrutture).

Come si vede, dunque, le autorità istituzionalmente provviste di competenza in ordine alla vigilanza

sulla corretta amministrazione delle procedure di affidamento degli appalti pubblici hanno costantemente espresso l’avviso della doverosità della sola indicazione delle lavorazioni da subappaltare (e non anche del nome dell’impresa subappaltatrice), validando gli schemi dei bandi confezionati in coerenza a tale regola ed ingenerando, perciò, un significativo affidamento circa la legittimità del relativo modus procedendi.

2.11- Lo scrutinio delle direttive europee non conduce ad esiti differenti, confermando, anzi, la correttezza dei principi prima affermati.

Le direttive in materia di appalti pubblici hanno, infatti, rimesso alla discrezionale scelta degli Stati membri o, comunque, delle stazioni appaltanti l’opzione regolatoria attinente alla doverosità dell’indicazione del nome del subappaltatore, ai fini della partecipazione alla gara, astenendosi, quindi, dall’imporre una qualsivoglia soluzione alla pertinente questione.

Orbene, in difetto di un vincolo europeo all’introduzione (in via legislativa o amministrativa) dell’obbligo in discussione, la sua positiva affermazione esige una chiara, univoca ed esplicita sua revisione (con una specifica disposizione di legge), in mancanza della quale resta precluso all’interprete (che eserciterebbe inammissibilmente, in tal modo, in luogo del legislatore o della   stazione appaltante, la potestà discrezionale assegnata allo Stato membro dalle direttive) il suo riconoscimento (in esito, peraltro, a un percorso ermeneutico di dubbio fondamento positivo).

2.12- Non solo, ma la tesi contraria dev’essere rifiutata anche perché produrrebbe effetti distorsivi (rispetto al sistema) o, comunque, inutili (rispetto agli interessi che con la stessa si intendono tutelare).

2.13- In primo luogo, l’affermazione dell’obbligo di indicare il nominativo del subappaltatore all’atto dell’offerta si risolverebbe in una eterointegrazione del bando (che non lo prevedeva), mediante l’inammissibile inserzione automatica nella lex specialis di un obbligo non previsto da alcuna disposizione normativa cogente pretermessa nell’avviso (da valersi quale unica condizione legittimante della sua eterointegrazione).

Mentre, infatti, l’eterointegrazione della lex specialis postula logicamente l’omessa ripetizione, in essa, di un adempimento viceversa sancito chiaramente da una disposizione normativa imperativa (cfr. ex multis Cons. St., sez. VI, 11 marzo 2015, n.1250), nella fattispecie in esame verrebbe, al contrario, automaticamente inserita nel bando una clausola non rinvenibile nel diritto positivo e di mera creazione giurisprudenziale.

2.14- La statuizione dell’adempimento in questione finirebbe, inoltre, per costituire una clausola espulsiva atipica, in palese spregio del principio di tassatività delle cause di esclusione (codificato all’art.46, comma 1-bis, d.lgs. cit.).

Se è vero, infatti, che la latitudine applicativa della predetta disposizione è stata decifrata come comprensiva anche dell’inosservanza di adempimenti doverosi prescritti dal codice, ancorchè non assistiti dalla sanzione espulsiva (cfr. Ad. Plen. n.9 e n. 16 del 2014), è anche vero che l’applicazione di tale principio esige, in ogni caso, l’esistenza di una prescrizione legislativa espressa, chiara e cogente (nella fattispecie non rintracciabile nel codice dei contratti pubblici).

2.15- La tesi favorevole all’affermazione dell’obbligo in questione comporterebbe, peraltro, una confusione tra avvalimento e subappalto, nella misura in cui attrae il rapporto con l’impresa subappaltatrice nella fase della gara, anziché in quella dell’esecuzione dell’appalto, con ciò assimilando due istituti che presentano presupposti, finalità e regolazioni diverse, ma senza creare il

medesimo vincolo dell’avvalimento e senza assicurare, quindi, alla stazione appaltante le stesse garanzie contrattuali da esso offerte.

Non solo, ma il relativo assunto si rivela distorsivo del mercato dei lavori pubblici, nella misura in cui costringe le imprese concorrenti a scegliere una (sola) impresa subappaltatrice, già nella fase   della partecipazione alla gara, mediante l’imposizione di un onere partecipativo del tutto sproporzionato e gravoso.

2.16- La prospettazione qui disattesa finirebbe, infine, per introdurrebbe un requisito di qualificazione diverso ed ulteriore rispetto a quelli stabiliti, con disciplina completa ed autosufficiente, dall’art.92 d.P.R. cit. (che, come si è già rilevato, esclude l’obbligo del possesso delle attestazioni nelle categorie scorporabili, ancorchè a qualificazione necessaria, ai fini della partecipazione alla gara), implicando, di conseguenza, la sua inammissibile disapplicazione, che, tuttavia, postula l’indefettibile presupposto, nella specie inconfigurabile, dell’illegittimità della norma secondaria in quanto confliggente con la disposizione legislativa primaria (come chiarito, ex multis, da Cons. St., sez. VI, 14 luglio 2014, n.3623).

Se, infatti, il fondamento logico e sistematico della tesi ricostruttiva che afferma l’obbligatorietà dell’indicazione del nominativo del subappaltatore all’atto dell’offerta dev’essere rinvenuto nell’esigenza di garantire alla stazione appaltante il controllo del possesso da parte del concorrente di tutti i requisiti di qualificazione necessari, la sua condivisione postula l’affermazione della necessità, ai fini della partecipazione alla procedura, della dimostrazione della titolarità delle attestazioni riferite anche alle opere scorporabili (ciò che, invece, risulta chiaramente escluso dalla citata disposizione regolamentare dedicata alla disciplina delle qualificazioni e che andrebbe, quindi, logicamente disapplicata, ma in difetto della indispensabile condizione, sopra ricordata, della sua illegittimità).

3.- La soluzione del primo quesito implica la decadenza del secondo, in quanto fondato sull’unico presupposto dell’affermazione della necessità dell’indicazione nominativa del subappaltatore (viceversa negata con la risposta al primo quesito).

4.- Con il terzo quesito si chiede all’Adunanza Plenaria di chiarire la legittimità (rectius: la doverosità) dell’uso dei poteri di soccorso istruttorio nei casi in cui la fase procedurale di presentazione delle offerte si sia perfezionata prima della pubblicazione della decisione dell’Adunanza Plenaria 20 marzo 2015 n.3 (con la quale è stato chiarito che l’obbligo, codificato all’art.87, co 4, d.lgs. cit., di indicazione degli oneri di sicurezza aziendale si applica anche agli

appalti di lavori).

A tale problema occorre offrire una risposta negativa, in quanto con la medesima decisione dell’Adunanza Plenaria è stata espressamente esclusa la sanabilità con il soccorso istruttorio dell’omissione dell’indicazione degli oneri di sicurezza aziendale, che si risolverebbe in   un’inammissibile integrazione postuma di un elemento essenziale dell’offerta (cfr. Ad. Plen. n. 3 del 2015, punto 2.10).

Non si ravvisano, peraltro, ragioni per rimeditare tale (condivisibile e recente) avviso, nella misura in cui si rivela coerente con la lettura della funzione e dei limiti di operatività dell’istituto del soccorso istruttorio, per come enunciati da questa stessa Adunanza Plenaria (Ad. Plen. n.9 del 2014).

A questo proposito non può accedersi alla tesi propugnata dalla difesa delle appellanti secondo cui, in applicazione del principio di cui alla A.P. n. 21 del 2012, dovrebbe affermarsi che la esclusione dalla gara per non avere indicato gli oneri di sicurezza aziendale potrebbe essere comminata solo per le procedure bandite successivamente alla pubblicazione della decisione della A.P. n. 3 del 2015.

L’Adunanza al riguardo approfondendo la questione, ritiene di dover riaffermare il tradizionale insegnamento in tema di esegesi giurisprudenziale, anche monofilattica, che attribuisce ad essa valore esclusivamente dichiarativo.

La diversa opinione finisce per attribuire alla esegesi valore ed efficacia normativa in contrasto con la logica intrinseca della interpretazione e con il principio costituzionale della separazione dei poteri

venendosi a porre in sostanza come una fonte di produzione.

In proposito è stato perspicuamente osservato: “Ad una diversa conclusione potrebbe invero giungersi solo ove si ritenga che la precedente interpretazione, ancorché poi corretta, costituisca il parametro normativo immanente per la verifica di validità dell’atto compiuto in correlazione temporale con essa (ut lex temporis acti). Ma con ciò, all’evidenza, si trasformerebbe una sequenza di interventi accertativi del contenuto della norma in una operazione di creazione di un novum ius, in sequenza ad un vetus ius, con sostanziale attribuzione, ai singoli arresti, del valore di atti fonte del diritto, di provenienza dal giudice; soluzione non certo coniugabile con il precetto costituzionale

dell’art. 101 Cost.” (Cassazione SS.UU. n. 15144 del 2011).

E’ significativo che anche le recenti aperture del giudice di legittimità in tema di prospective overruling siano rimaste confinate in ambito strettamente delimitato.

A far tempo dalla già citata pronuncia delle Sezioni unite n. 15144 del 2011 si è costantemente affermato che per attribuire carattere innovativo all’intervento nomofilattico occorre la concomitanza di tre precisi presupposti e cioè che l’esegesi incida su una regola del processo; che si

tratti di esegesi inprevedibile susseguente ad altra consolidata nel tempo e quindi tale da indurre un   ragionevole affidamento, e che infine - presupposto decisivo – comporti un effetto preclusivo del diritto di azione o di difesa (v. anche Cass. 28967/11; 12704/12 e, da ultimo, 19700/15; 20007/15).

Nel caso di specie nessuno degli anzidetti presupposti può ritenersi sussistente non trattandosi di norma attinente ad un procedimento di carattere giurisdizionale, non preesistendo un indirizzo lungamente consolidato nel tempo e non risultando precluso il diritto di azione o di difesa per alcuna delle parti in causa.

In conclusione, se da un lato non sembra possibile elevare la precedente esegesi al rango di legge per il periodo antecedente al suo mutamento, dall’altro non possono essere sottotaciute le aspirazioni del cittadino alla sempre maggiore certezza del diritto ed alla stabilità della nomofiliachia, ma trattasi di esigenze che, ancorché comprensibili e condivisibili de jure condendo, nell’attuale assetto costituzionale possono essere affrontate e risolte esclusivamente dal legislatore.

5.- Alla stregua delle considerazioni che precedono, si devono, quindi, affermare i principi di diritto

che seguono:

a) l’indicazione del nominativo del subappaltatore già in sede di presentazione dell’offerta non è obbligatoria, neanche nell’ipotesi in cui il concorrente non possieda la qualificazione nelle categorie

scorporabili previste all’art.107, comma 2, d.P.R. cit.;

b) non sono legittimamente esercitabili i poteri attinenti al soccorso istruttorio, nel caso di omessa indicazione degli oneri di sicurezza aziendali, anche per le procedure nelle quali la fase della presentazione delle offerte si è conclusa prima della pubblicazione della decisione dell’Adunanza Plenaria n. 3 del 2015.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria), non definitivamente pronunciando

sull'appello, come in epigrafe proposto:

a) dichiara inammissibili gli interventi in giudizio di ________ e di ________;

b) formula i principi di diritto di cui in motivazione;

c) restituisce gli atti alla IV Sezione del Consiglio di Stato per ogni ulteriore statuizione, in rito, nel

merito nonché sulle spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.