Tar Marche, Sez. I, 8 maggio 2015, n. 362
Tar Marche, Sez. I, 8 maggio 2015, n. 362
Presidente Bianchi, Estensore Morri
In caso di omessa indicazione di una sentenza di condanna penale risalente nel tempo, irrogata con la concessione dei benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione, relativa a reati di modesto tenore – che qualora dichiarato non avrebbe verosimilmente comportato l’esclusione dalla gara – è illegittima l’esclusione automatica del concorrente ad una gara di appalto.
La stazione appaltante è tenuta a valutare e a motivare come, ed in che termini, l’omessa dichiarazione di una condanna risalente nel tempo, accompagnata dai benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione, per fatti assai modesti, rispetto alla quale il Giudice penale aveva già ritenuto quindi accompagnarsi ad una prognosi favorevole, imponga o comunque legittimi la revoca dell’aggiudicazione.
BREVI ANNOTAZIONI
L’OGGETTO DELLA PRONUNCIA
Con la pronuncia in commento, emessa in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 c.p.a. all’esito della camera di consiglio fissata per la discussione della domanda cautelare, il Tribunale Amministrativo Regionale delle Marche ha nuovamente affrontato la questione relativa alla omessa dichiarazione di una condanna penale da parte di una impresa concorrente in una gara di appalto e agli effetti che scaturiscono da tale omissione.
IL PERCORSO ARGOMENTATIVO
La gara oggetto della sentenza in commento concerneva l’affidamento di lavori di intervento e manutenzione di opere o impianti di vario genere negli immobili della stazione appaltante. La procedura di gara si concludeva con l’aggiudicazione definitiva a favore di un’Ati concorrente.
All’esito delle verifiche e dei controlli effettuati a seguito dell’aggiudicazione, la stazione appaltante rilevava la presenza di una condanna a carico di un socio amministratore di una delle imprese consorziate all’Ati aggiudicataria e che, in particolar modo, tale condanna non era stata dichiarata in sede di partecipazione alla procedura.
Nello specifico, la condanna non dichiarata riguardava un reato di tentato furto di olive, commesso nel 1967 e successivamente definito con sentenza nel 1969. Al condannato furono concessi i benefici della sospensione condizionale e della non menzione.
La stazione appaltante dopo aver proceduto all’annullamento dell’aggiudicazione escludeva l’aggiudicataria la quale proponeva tempestivamente ricorso.
Il Tar Marche ha sottolineato anzitutto la “eccezionalità” e la “oggettiva particolarità” del caso oggetto del giudizio.
I dati che il Tar Marche ha ritenuto di assoluta rilevanza, nonché indice di ‘eccezionalità’, ai fini della decisione sono stati i seguenti:
(i) il Disciplinare di gara non contemplava espressamente, tra i motivi di esclusione, la fattispecie oggetto della condanna omessa di dichiarare;
(ii) la condanna subita e non dichiarata concerneva ad un reato assai modesto (il tentato furto di olive) il quale, anche qualora dichiarato, non avrebbe con ogni probabilità comportato l’esclusione dalla gara;
(iii) la condanna era particolarmente risalente nel tempo (oltre trent’anni addietro);
(iv) con la concessione dei benefici di sospensione condizionale della pena e della non menzione evidenziano già di per sé un favor nei confronti del condannato, in quanto postulano una prognosi futura positiva da parte dello stesso giudice penale che il reo non commetterà nuovi reati;
(v) sulla base dei rilievi precedenti, secondo il Tar dovrebbe per un verso escludersi la condotta fraudolenta volta a celare circostanze rilevanti ai fini della gara emergendo, al contrario, plurimi elementi per ritenere che trattasi di mera dimenticanza commessa in buona fede, non equiparabile al falso, bensì all’irregolarità o all’incompletezza documentale.
Sulla base degli elementi di ‘eccezionalità’ appena evidenziati, il Tar Marche ha ritenuto illegittimi l’annullamento dell’aggiudicazione e la connessa esclusione dalla procedura disposta da parte della stazione appaltante la quale, piuttosto che procedere in via automatica, avrebbe dovuto verificare in concreto la portata dell’omissione motivando in ordine alla gravità della stessa.
In altri termini, nel fare applicazione dei principi espressi anche dal Consiglio di Stato (Cons. Stato, Sez. IV, 25 marzo 2014, n. 1456), il Tar Marche ha avuto modo di sottolineare che: “In un’ottica sostanzialistica, e non meramente formale di caccia all’errore, la stazione appaltante avrebbe quindi dovuto valutare e motivare come, ed in che termini, l’omessa dichiarazione di una condanna risalente a più di un quarantennio fa, per fatti assai modesti, che il Giudice penale aveva già ritenuto accompagnarsi ad una prognosi favorevole, imponesse o comunque legittimasse la statuizione revocatoria”.
Sulla base di tali ragioni, il Collegio del Tar Marche ha accolto il ricorso e disposto l’annullamento dei provvedimenti di annullamento dell’aggiudicazione e di esclusione dell’Ati ricorrente.
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Con la sentenza in commento, il Tar Marche fornisce – in merito alla necessità di indicare, con la domanda di partecipazione alle gare pubbliche, tutte le sentenze di condanna ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. c), del Codice dei contratti pubblici – un’interpretazione sostanzialista che, seppur non isolata, può senz’altro esser definita “coraggiosa”.
In effetti, la giurisprudenza amministrativa maggioritaria si è – in maniera progressivamente più decisa – attestata su una posizione di carattere formale e rigorista. Secondo l’orientamento dominante, infatti, la mancata indicazione nelle dichiarazioni rese in fase di partecipazione alle gare di appalto di tutti i precedenti penali relativi ai soggetti tenuti alla dichiarazione, rappresenterebbe di per sé – e per ciò solo – un legittimo motivo di esclusione.
In questo senso, è stato infatti costantemente affermato che “la verifica dell'incidenza dei reati commessi dal legale rappresentante dell'impresa sulla moralità professionale della stessa attiene all'esercizio del potere discrezionale della stazione appaltante e deve essere valutata mediante la disamina in concreto delle caratteristiche dell'appalto, del tipo di condanna, della natura e delle concrete modalità di commissione del reato, non potendo il concorrente valutare da sé quali reati siano rilevanti ai fini della dichiarazione da rendere, ciò implicando un giudizio inevitabilmente soggettivo, inconciliabile con la finalità della norma; pertanto i concorrenti non possono operare alcun filtro relativamente all'indicazione delle condanne penali subite ed alla loro rilevanza sulla moralità professionale, che è riservata in via esclusiva alla stazione appaltante” (Tar Lazio, Roma, Sez. II, 23 marzo 2015, n. 4463; in senso conforme, ex pluribus, cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 17 giugno 2014, n. 3092; id., 24 marzo 2014, n. 1428; 27 gennaio 2014, n. 400; 6 marzo 2013, n. 1378; sez. IV, 22 marzo 2012, n. 1646; 19 febbraio 2009, n. 740);
Secondo tale orientamento, pertanto, a nulla rileverebbe il tipo di reato omesso, la sua gravità, il tempo trascorso dalla condanna o gli eventuali provvedimenti medio tempore intervenuti (sempreché non abbiano fatto cessare l’obbligo dichiarativo). Infatti, il concorrente non può (rectius non deve) operare alcuna forma di selezione o filtro omettendo di dichiarare quelle condanne ritenute non gravi sulla base di una selezione effettuata secondo i propri criteri personali. In altre parole, la sola omessa dichiarazione dei precedenti penali o di anche solo taluno di essi, indipendentemente da ogni giudizio sulla relativa gravità, rende legittima l’esclusione dalla gara (cfr., tra le prime, Cons. Stato, Sez. IV, 28 marzo 2012, n. 1646; Sez. VI, 2 maggio 2012, n. 2597).
Sotto altro quanto connesso profilo, inoltre, “la completezza e la veridicità (sotto il profilo della puntuale indicazione di tutte le condanne riportate) della dichiarazione sostitutiva di notorietà rappresenta lo strumento indispensabile, adeguato e ragionevole, per contemperare i contrapposti interessi in gioco, quello dei concorrenti alla semplificazione e all’economicità del procedimento di gara (a non essere, in particolare, assoggettati ad una serie di adempimenti gravosi, anche sotto il profilo strettamente economico, come la prova documentale di stati e qualità personali, che potrebbero risultare inutili o ininfluenti) e quello pubblico, delle amministrazioni appaltanti, di poter verificare con immediatezza e tempestività se ricorrono ipotesi di condanne per reati gravi che incidono sulla moralità professionale, potendo così evitarsi ritardi e rallentamenti nello svolgimento della procedura ad evidenza pubblica di scelta del contraente, così realizzando quanto più celermente possibile l’interesse pubblico perseguito proprio con la gara di appalto” (in questo senso, cfr. Cons. Stato, Sez. V, 2 ottobre 2014, n. 4932. In senso conforme, v. Cons. Stato, sez. V, 6 marzo 2013, n. 1378; Sez. VI, 10 dicembre 2012, n. 6291; Sez. III, 17 agosto 2011, n. 4792).
Al contrario di quanto appena evidenziato, la sentenza in commento sembra invece inserirsi in un ’solco interpretativo’ diverso, di carattere sostanziale ed ispirato, probabilmente, dai nuovi principi in materia di dequotazione delle irregolarità nelle dichiarazioni presentate in gare d’appalto di cui agli artt. 38, comma 2-bis, e 46, comma 1-ter, del Codice, come modificati dal d.l. n. 90/14 e dalla legge n. 114/14.
Infatti, secondo quanto emerge dalla sua lettura della sintetica pronuncia del Tar Marche, la stazione appaltante sarebbe tenuta in primo luogo a verificare se ed in che modo l’omessa indicazione possa aver concretamente inciso (e avvantaggiato) il concorrente. In questo senso, nel caso sottoposto all’attenzione del Tar, è emerso che la condanna non dichiarata nella domanda di partecipazione risaliva a più di trent’anni addietro, aveva ad oggetto un reato di modesta entità (tentato furto di olive) e che già in sede di condanna il giudice penale, nel concedere i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione, era stata implicitamente compiuta una valutazione di ‘tenuità’ del fatto. In altri termini, quindi, se la condanna fossa stata dichiarata, non avrebbe potuto portare ad alcuna valutazione di incidenza in merito alla moralità professionale del concorrente e – di converso – alla sua mancata indicazione non è conseguito alcun beneficio per lo stesso. Sulla scorta di tali rilievi, pertanto, la mancata dichiarazione sarebbe stata il frutto, utilizzando le parole del Collegio, di una “mera dimenticanza commessa in assoluta buona fede, non equiparabile al falso, bensì all’irregolarità o all’incompletezza documentale”.
La tesi raggiunta dal Tar Marche, pur coraggiosa, come detto non appare isolata. Infatti, in senso sostanzialmente analogo, si segnalano:
(i) la recente pronuncia del Consiglio di Stato, Sez. IV, 25 marzo 2014, n. 1456, con la quale è stato ritenuto che l’omessa indicazione di una sentenza di condanna – stante, anche in questo caso, la natura lieve del reato e la vetustà della condanna – non potesse legittimare ex se la revoca dell’aggiudicazione e che la stazione appaltante avrebbe dovuto valutare nel concreto come ed in che termini una simile condanna (risalente, per fatti remoti e modesti, che il Giudice penale aveva già ritenuto accompagnarsi ad una prognosi favorevole) imponesse o comunque legittimasse la revoca dell’aggiudicazione;
(ii) la più risalente giurisprudenza sul c.d. falso innocuo di cui alla nota sentenza Cons. Stato, Sez. V, 13 febbraio 2009, n. 829.
In conclusione, la pronuncia in rassegna sembra destinata a suscitare interesse tra tutti gli operatori, avendo offerto una lettura sostanziale dell’art. 38, comma 1, del Codice e delle correlate conseguenze in caso di false dichiarazioni contenute nella domanda di partecipazione.
PERCORSO BIBLIOGRAFICO
- F. Caringella, M. Giustiniani, Codice dei Contratti Pubblici, Ed. Dike, 2015;
- F. Caringella, M. Giustiniani, Manuale di Diritto Amministrativo, IV. I Contratti Pubblici, Ed. Dike, 2014;
- M. Pastore, La dequotazione dei vizi formali attinenti ai requisiti di partecipazione alle gare di appalto dopo il D.L. 90/2014, in Il Nuovo Diritto Amministrativo, n.2/2105.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 194 del 2015, proposto da:
A.T.I. tra Tucci Costruzioni S.r.l. - Edil Futura Snc - Impresa Cil, rappresentate e difese dagli avv. Nicola Zingrillo, Raffaele Carone, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. Marche in Ancona, Via della Loggia, 24;
contro
Trenitalia S.p.A. - Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, rappresentata e difesa dall’avv. Patrizia Niccolaini, con domicilio eletto presso Avv. Patrizia Niccolaini in Ancona, Via Goito 3;
Trenitalia Spa - Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane - Divisione Passeggeri Regionale - Dir. Reg. Marche;
per l’annullamento
- della nota di Trenitalia Spa - Divisione Passeggeri Regionale prot. 1447 del 2/2/2014 recante annullamento aggiudicazione definitiva della gara 893/2013 dell’11.08.2014 per l’affidamento in appalto dei lavori di intervento di manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere civili, degli impianti idrico-sanitari, impianti termici e di climatizzazione, ascensori e montacarichi, aria compressa, antincendio e sicurezza, impianti elettrici, telefonici e speciali degli immobili della Direzione Regionale Marche;
- della delibera 1/2015 del 27.02.2015;
- della nota della Trenitalia Spa- prot. 12317 del 10.03.2015 di conferma del provvedimento di esclusione;
- di ogni altro atto presupposto o consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Trenitalia S.p.A. - Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 16 aprile 2015 il dott. Gianluca Morri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Avvisate e sentite le stesse parti, ai sensi dell’art. 60 del D.Lgs. n. 104/2010, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’ATI ricorrente, inizialmente aggiudicataria, veniva successivamente esclusa dalla gara in oggetto poiché, dalle verifiche effettuate, emergeva che il Sig. Teodoro Puntonio, in qualità di socio amministratore di Edilfutura, aveva omesso di dichiarare una sentenza penale a proprio carico per furto tentato (art. 56, 624 Cp).
La ricorrente allega che trattasi di un fatto (tentato furto di olive) commesso in data 13.12.1967 e definito con sentenza irrevocabile del 22.5.1969, concessi i benefici della sospensione condizionale e non menzione.
Si è costituta in giudizio Trenitalia Spa per contestare, nel merito, le deduzioni di parte ricorrente, chiedendone il rigetto.
2. Il ricorso è fondato e va accolto.
Al riguardo il Collegio ritiene che, anche volendo affermare l’obbligo, in astratto, di dichiarare tutte le condanne, nessuna esclusa, affinché l’amministrazione possa poi compiere autonome valutazioni di rilevanza, la vicenda in esame, data la sua eccezionale ed oggettiva peculiarità, possa essere risolta in forza dei principi recentemente affermati dalla giustizia amministrativa su caso pressoché analogo (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 25.3.2014 n. 1456).
Nello specifico va osservato:
- che il punto VIII del Disciplinare di gara non contempla, tra i motivi di esclusione, la fattispecie in esame;
- che la condanna subita dall’appellante attiene ad un reato assai modesto che, anche qualora dichiarato, non avrebbe verosimilmente comportato l’esclusione dalla gara;
- che trattasi di condanna risalente ad epoca assai remota, addirittura di parecchio antecedente rispetto alla fattispecie di cui alla sentenza sopra citata;
- che lo stesso Giudice penale, che ebbe ad irrogare la condanna, concesse i benefici di sospensione condizionale della pena (istituto che postula un favorevole convincimento in ordine alla prognosi futura che il reo non commetterà nuovi reati) e di non menzione;
- che non emergono quindi elementi per ritenersi in presenza di una condotta fraudolenta, volta a nascondere circostanze rilevanti ai fini della gara; emergono, al contrario, elementi per ritenere che trattasi di mera dimenticanza commessa in assoluta buona fede, non equiparabile al falso, bensì all’irregolarità o all’incompletezza documentale.
In un’ottica sostanzialistica, e non meramente formale di caccia all’errore, la stazione appaltante avrebbe quindi dovuto valutare e motivare come, ed in che termini, l’omessa dichiarazione di una condanna risalente a più di un quarantennio fa, per fatti assai modesti, che il Giudice penale aveva già ritenuto accompagnarsi ad una prognosi favorevole, imponesse o comunque legittimasse la statuizione revocatoria.
L’Amministrazione si è invece limitata ad applicare un mero automatismo, senza però cogliere che la specificità della situazione di fatto imponeva, quantomeno, un supplemento motivazionale.
3. Le spese processuali possono essere, tuttavia, integralmente compensate stante la specificità della situazione di fatto.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.
Spese compensate.
La presente sentenza sarà eseguita dall’Autorità amministrativa ed è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 16 aprile 2015 con l’intervento dei magistrati:
Franco Bianchi, Presidente
Gianluca Morri, Consigliere, Estensore
Tommaso Capitanio, Consigliere