Consiglio di Stato, Sez. VI, 7 gennaio 2015, n. 18.
Consiglio di Stato, Sez. VI, 7 gennaio 2015, n. 18.
Presidente Baccarini; Estensore Scanderbeg.
L'omessa dichiarazione di assenza di pregiudizi penali in capo alla società cedente ex art. 38 del d.lvo n. 163/2006, comporta automaticamente l'esclusione dalla gara solo se espressamente prevista nel bando o se, in ogni caso, vi sia la prova che gli amministratori (anche cessati nel triennio, ora nell'anno antecedente la presentazione della dichiarazione) per i quali sia stata omessa la dichiarazione hanno in concreto riportato pregiudizi penali non dichiarati nella presentazione dell'offerta. Con il d.l. 24 giugno 2014, n. 90 (recante Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari), conv. in l., con modif., dall'art. 1, c. 1, della l. 11 agosto 2014, n. 114, il legislatore sembra addirittura superare espressamente l'interpretazione giurisprudenziale più rigorista che riteneva legittima l'esclusione a fronte dell'omessa allegazione della documentazione sul possesso dei requisiti di idoneità morale; l'art. 39 del decreto sopra citato, aggiungendo il c.2 bis all'art. 38 del d.lgs. cit., infatti, prevede che, in caso di incompletezza delle dichiarazioni, vi sia soltanto una penale in favore della stazione appaltante, la quale assegna al concorrente un termine, che non deve essere superiore ai dieci giorni, affinché siano integrate le dichiarazioni necessarie. Nel caso in cui, invece, le irregolarità non siano essenziali, la stazione appaltante non ne deve richiedere nemmeno la regolarizzazione. Pertanto, anche secondo le scelte del legislatore più recente sembra confermato il venir meno del principio dell'esclusione automatica dalla gara. Rimane, dunque, applicabile il principio ormai consolidato in giurisprudenza secondo cui l'inosservanza dell'obbligo dichiarativo di cui all'art. 38 del d.lgs. cit. sugli amministratori dell'impresa dalla quale si è ottenuto la disponibilità dell'azienda ( in particolare nel caso in cui si tratti di affitto d'azienda), può portare all'esclusione del concorrente dalla gara solo se così prevede il bando ovvero, in caso contrario, se risultino in concreto pregiudizi penali a carico degli amministratori della società locatrice.
BREVI ANNOTAZIONI
L’OGGETTO DELLA PRONUNCIA
Il Consiglio di Stato, con la sentenza n.18 del 2015, si è espresso in materia di appalti pubblici e criteri essenziali per la partecipazione allo stesso. Il fatto, da cui si origina la sentenza, riguardava un concorrente che aveva partecipato alla gara in associazione temporanea con altre imprese, una delle quali aveva in affitto un ramo di azienda e gli amministratori e i tecnici della società che aveva ceduto in affitto il ramo di azienda avrebbero dovuto dichiarare l'assenza di pregiudizi penali. Nella sentenza sopra citata, invece, il Consiglio di Stato ha ritenuto legittima la partecipazione dell'associazione temporanea, perché la mancanza della dichiarazione degli amministratori dell'azienda di ceduta locazione è stata ritenuta, secondo il generale principio della più ampia partecipazione, non idonea a portare a un’esclusione automatica dalla gara. Il Consiglio di Stato applica, nella sentenza, il principio del soccorso istruttorio ampliato dal 25 giugno scorso con il D.L. 90/2014.
IL PERCORSO ARGOMENTATIVO
La Sentenza epigrafata pone a confronto la disciplina relativa alle dichiarazioni di cui all’art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006 prima e dopo la novella legislativa, introdotta con il D.L. n. 90/2014, evidenziandone novità e peculiarità.
L’orientamento giurisprudenziale tradizionale, anche a seguito della decisione dell’Adunanza Plenaria 21/2012, era nel senso di ritenere che la mancata presentazione della dichiarazione di assenza di pregiudizi penali in capo alla società cedente comportasse automaticamente l’esclusione dalla gara solo se espressamente prevista nel bando (in applicazione dell’orientamento sostanzialistico) o in presenza della prova che gli amministratori per i quali fosse stata omessa la dichiarazione, avessero in concreto riportato pregiudizi penali non dichiarati nella presentazione dell’offerta (conformemente alla teoria del falso innocuo). L’interpretazione giurisprudenziale più rigorosa, o formalistica, prevedeva, invece, l’esclusione automatica dalla gara a fronte dell’omessa allegazione della documentazione sul possesso dei requisiti di idoneità morale. Un’interpretazione, questa, strettamente collegata al divieto di integrazione delle dichiarazioni in corso di gara, nell’ottica di un efficiente esercizio del potere di controllo spettante alla P.A.
Orbene, a seguito dell’entrata in vigore del D.L. 90/2014 viene confermato il venir meno del principio dell’esclusione automatica dalla gara e ribadita la possibilità di escludere un concorrente dalla gara solo in presenza di un’apposita clausola del bando o in presenza di effettivi pregiudizi penali a carico dei soggetti che hanno omesso la dichiarazione.
Sebbene la novella legislativa non può applicarsi ratione temporis alla fattispecie annotata, poiché quest’ultima antecedente alla sua entrata in vigore, la stessa è importante perché consente un’idonea esegesi della volontà del legislatore di superare, sul piano interpretativo, le cause di esclusione meramente formali.
Nella fattispecie de qua non ricorreva alcuna delle condizioni necessarie affinchè si potesse procedere ad esclusione per violazione dell’art. 38 del Codice dei contratti pubblici; ed infatti, pur in mancanza delle dichiarazioni sui cd. requisiti di moralità relativi agli amministratori della società dalla quale l’impresa mandante dell’ATI aveva tratto in affitto un ramo d’azienda, il bando a riguardo nulla prevedeva e, oltretutto, mancavano in concreto pregiudizi penali effettivi a carico dei soggetti “rei” di non aver presentato le dichiarazioni suddette. Correttamente, quindi, il Consiglio di Stato ritiene di non accogliere tale motivo di appello.
In disparte il riferito motivo di appello non accolto dalla VI sezione del Consiglio di Stato, merita attenzione quello relativo alla questione controversa sulla possibilità di un soggetto partecipante in ATI come mandante di partecipare alla gara nonostante fosse privo di fatturato specifico. I Giudici ritengono di poter dare risposta affermativa al quesito ogni qualvolta il bando non preveda requisiti minimi di partecipazione in capo a ciascun soggetto. Questo sembra essere perfettamente in linea con i principi desumibili dal Codice dei contratti sempre più orientato, in una logica di massima partecipazione alla gara, ad allargare la platea dei possibili concorrenti. Ed infatti se lo stesso Codice prevede che un soggetto possa far riferimento alle capacità di altri soggetti per poter partecipare alla gara, attraverso, ad esempio, l’istituto dell’avvalimento, va da sé che a maggior ragione, la trasmissibilità di un requisito partecipativo incidente sulle capacità economico-finanziarie o tecnico-professionali deve essere consentita, in mancanza di diversa previsione della stazione appaltante nel bando, all’interno di un raggruppamento temporaneo di imprese che si presenta alla gara come un unico soggetto giuridico.
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Alla luce di quanto detto, non può essere revocato in alcun dubbio che, a seguito dell’entrata in vigore delle norme dell’estate 2014 che rendono obbligatorio e non più facoltativo il soccorso istruttorio, oggi sussistono minori formalità e meno esclusioni automatiche nelle gare di appalto. Il Consiglio di Stato, con la sentenza 5 gennaio 2015 n. 18, che applica il principio del soccorso istruttorio ampliato dal 25 giugno scorso con il D.L. 90/2014, convertito dalla legge 114 (articolo 39), afferma a chiare lettere il principio contenuto nella suddetta legge.
La norma consente una più vasta ammissione alle gare per le imprese che omettano documenti necessari per partecipare. Per di più, sottolinea il Consiglio di Stato, l’innovazione esprime una generale volontà del legislatore di superare le cause di esclusione meramente formali. L’incompletezza delle dichiarazioni dei concorrenti genera, infatti, solo una sanzione economica a favore della stazione appaltante.
Il D.L. 90/2014 ha, infatti, introdotto una rilevante norma semplificativa degli oneri formali gravanti sull’appaltatore nella fase di partecipazione alla gara d’appalto.
L’elenco dei vizi sanabili attraverso il soccorso istruttorio rappresenta una forte novità considerato che per norma giuridica e per costante orientamento giurisprudenziale, l’intervento sanante del RUP è da ritenersi ammesso solo nel caso in cui si tratti di chiarire o specificare documenti già prodotti ed acquisiti al procedimento di assegnazione dell’appalto. Nel caso di specie, invece, si ammette, pur con un costo a carico dell’interessato, la possibilità di integrare i documenti prodotti addirittura nel caso in cui la dichiarazione richiesta non sia stata presentata in fase di partecipazione alla competizione.
La norma del D.L. 90/2014 distingue tra «incompletezza delle dichiarazioni» e «irregolarità non essenziali». L’incompletezza delle dichiarazioni genera una penale a favore della stazione appaltante, la quale assegna al concorrente termini, non superiore a 10 giorni, affinché siano integrate le dichiarazioni necessarie, mentre le irregolarità non essenziali non generano, da parte della stazione appaltante, nemmeno la richiesta di regolarizzazione.
Esercitare il potere di soccorso istruttorio diventa quindi doveroso per ogni ipotesi di mancanza o irregolarità di dichiarazioni e l’esclusione dalla gara è una sanzione che scatta solo quando vi è un’omessa produzione, integrazione o regolarizzazione delle dichiarazioni carenti entro il termine assegnato dalla stazione appaltante.
L’intero meccanismo non è completamente indolore, perché le irregolarità che vengono sanate devono essere accompagnate dal pagamento di una sanzione pecuniaria in misura non inferiore all’uno per mille, non superiore all’uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 50.000 euro. È quindi prevedibile una diminuzione del contenzioso o, al più (Tar Milano, ordinanza 1604/2014, confermata dal Consiglio di Stato 5809/2014) uno spostamento delle liti, che non avranno più ad oggetto le esclusioni bensì l’entità della sanzione pecuniaria, impugnata dal concorrente che ritenga di aver dichiarato tutto il necessario.
In definitiva può dirsi che trattasi di una disposizione che, a prescindere dalle prevedibili difficoltà esegetiche sottese alla qualificazione come essenziali o meno delle irregolarità delle dichiarazioni, risulta finalizzata a superare le incertezze interpretative e applicative degli artt. 38 e 46 del d.lgs. n. 163/2006, mediante la procedimentalizzazione del potere di soccorso istruttorio (che diventa doveroso per ogni ipotesi di mancanza o di irregolarità delle dichiarazioni sostitutive), legittimando l’esclusione solo a seguito dell’omessa produzione, integrazione o regolarizzazione delle dichiarazioni carenti, entro il termine assegnato dalla stazione appaltante (e non più, quindi, per carenze originarie).
PERCORSO BIBLIOGRAFICO
F. Caringella, M. Giustiniani, Manuale di diritto amministrativo. IV. I contratti pubblici, Ed. Dike, 2014, pp. 516 ss., 677 ss.; F. Caringella, M. Giustiniani, Codice dei contratti pubblici, Ed. Dike, 2014.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5202 del 2014, proposto da:
Deloitte Consulting s.r.l. in proprio e quale capogruppo in associazione temporanea con Struttura srl, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Arturo Cancrini e Francesco Vagnucci, con domicilio eletto presso presso l’avvocato Arturo Cancrini in Roma, Via G. Mercalli, 13;
contro
Ecoter s.r.l, . in proprio e quale capogruppo in associazione temporanea con Civita Cultura s.r.l. e Cles s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Raffaele Izzo, Francesca Consolata Mancini e Sergio Caracciolo, con domicilio eletto presso l’avvocato Raffaele Izzo in Roma, Lungotevere Marzio, 3;
nei confronti di
Ministero per i beni e le attività culturali e del turismo, in perosna del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
sul ricorso numero di registro generale 5239 del 2014, proposto da:
Ministero per i beni e le attività culturali e del turismo, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici è domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
contro
Ecoter s.r.l., in proprio e quale mandataria in associazione temporanea con Civita Cultura s.r.l. e Cles s.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati Sergio Caracciolo, Raffaele Izzo e Francesca Consolata Mancini, con domicilio eletto presso l’avvocato Raffaele Izzo in Roma, Lungotevere Marzio, 3;
nei confronti di
Deloitte Consulting s.r.l., in proprio e quale capogruppo in associazione temporanea con Struttura Srl, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Arturo Cancrini e Francesco Vagnucci, con domicilio eletto presso lo studio legale dell’avvocato Francesco Vagnucci in Roma, Via Mercalli Giuseppe n. 13;
per la riforma
in entrambi i ricorsi
della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma: Sezione II^ Quater n. 9670/2014 nonchè del dispositivo di sentenza del T.a.r. Lazio - Roma: Sezione II^ Quater n. 5926/2014, resi tra le parti, concernenti affidamento dei servizi di assistenza tecnica al Ministero per i beni e le attività culturali e del turismo e supporto all’attuazione del progetto operativo di assistenza tecnica “rete per la governance delle politiche culturali” 2012-2015
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione, nei rispettivi giudizi, di Ecoter Srl in proprio e quale capogruppo ut supra, , del Ministero per i beni e le Attività Culturali e del Turismo e di Deloitte Consulting s.r.l.in proprio e quale capogruppo ut supra;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 25 novembre 2014, il consigliere di Stato. Giulio Castriota Scanderbeg e uditi per le parti l’ avvocato Cancrini,l’avvocato Vagnucci, l’avvocato Izzo, l’avvocato Caracciolo e l’avvocato dello Stato Paola Palmieri;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- Con il primo dei ricorsi in appello di cui in epigrafe, la società Deloitte Consulting s.r.l., in proprio e quale capogruppo in ATI con la epigrafata impresa, impugna la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio -sede di Roma, sez. II^ quater n. 9670 del 15 settembre 2014 emessa successivamente al già impugnato dispositivo di sentenza n. 5926 del 4 giugno 2014, con la quale è stato accolto il ricorso di primo grado della società Ecoter s.rl., partecipante in ATI con le altre epigrafate imprese all’appalto bandito dal Ministero per i beni e le attività culturali e del turismo, per il servizio di assistenza tecnica per la formazione di una rete per la governance delle politiche culturali per il periodo 2012-2015 e, per l’effetto, è stata dichiarata l’inefficacia del contratto medio tempore stipulato tra l’ATI con mandataria Deloitte Consulting S.r.l. ed il Ministero dei beni e delle attività culturali, con sostituzione del raggruppamento Ecoter s.r.l. nella posizione contrattuale dell’originaria aggiudicataria.
La società appellante censura la sentenza impugnata anzitutto nella parte in cui ha dichiarato che la motivazione posta a corredo della stessa pronuncia, come comprovato dalla doppia camera di consiglio risultante in calce alla decisione, sarebbero state ulteriormente approfondite in una camera di consiglio avvenuta dopo la pubblicazione del dispositivo della sentenza.
Censura, inoltre, la società appellante l’iter logico seguito dalla gravata sentenza nella parte in cui la stessa ha inammissibilmente anteposto i motivi di censura dedotti da Ecoter s.r.l. nel ricorso principale all’esame del ricorso incidentale proposto in primo grado da essa appellante, e ciò in contrasto con la pacifica e più recente giurisprudenza di questo Consiglio di Stato che avrebbe riaffermato l’obbligo dell’esame preliminare del c.d. ricorso incidentale “paralizzante”.
Nel merito, l’appellante censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha disatteso il proprio ricorso incidentale in primo grado. Lamenta, infatti, la società Deloitte Consulting s.r.l. l’errata interpretazione da parte del giudice di primo grado dell’applicazione al caso di specie dell’art. 38 d. lgs. n.163 del 2006 ( recante il Codice dei contratti pubblici). Secondo l’appellante, infatti, la società Ecoter s.r.l. avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara per omessa allegazione di alcune dichiarazioni richieste dal suddetto articolo; in particolare, la partecipante avrebbe omesso di allegare agli atti di gara le dichiarazioni sui requisiti di moralità richiesti dall’art. 38 del d.lgs. cit. in relazione agli amministratori della società Aires, che il 25 ottobre 2012 avrebbe ceduto un ramo d’azienda alla Civita Cultura s.r.l., società mandante nell’ATI con capogruppo Ecoter s.r.l..
Inoltre, con il quarto motivo di appello, la società Deloitte, lamenta l’erroneità della sentenza di primo grado laddove la stessa ha disatteso il secondo motivo del ricorso incidentale di primo grado, contestando la mancata esclusione di controparte (i.e., la ridetta società Ecoter s.r.l, nella indicata qualità.) nonostante quest’ultima non avesse specificato, nella propria offerta economica, i c.d. “rischi propri” o “costi di sicurezza aziendale”.
Con il quinto motivo d’appello, l’appellante censura la sentenza gravata nella parte in cui ha ritenuto di dichiarare inammissibile il terzo motivo di gravame del ricorso incidentale. Secondo la società appellante, infatti, vi sarebbe stata un’incongruità di alcuni punteggi attribuiti dalla Commissione rispettivamente alle offerte del RTI Ecoter e del RTI Deloitte.
Con autonomi motivi di appello, l’appellante censura la sentenza di primo grado anche nella parte in cui la stessa avrebbe erroneamente accolto, omettendo di rilevarne la piena infondatezza, il primo e del secondo motivo del ricorso di primo grado proposto dall’odierna appellata Ecoter, incentrati sulla pretesa insussistenza in capo ad essa appellante dei requisiti di capacità tecnico-professionale.
Con distinto ricorso ( in epigrafe meglio indicato) ha impugnato la medesima sentenza il Ministero
dei beni e delle attività culturali e per il turismo che ha concluso per il rigetto del ricorso di primo grado di Ecoter, in riforma della impugnata sentenza, sulla scorta delle analoghe ragioni dedotte in via principale dall’appellante Deloitte. Il Ministero non ha invece aderito ai motivi d’appello della società Deloitte incentrati sulla riproposizione delle censure oggetto del ricorso incidentale di primo grado dalla stessa società interposto.
Si sono costituiti, nei rispettivi giudizi, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per chiedere l’accoglimento degli anzidetti motivi d’appello; viceversa, la società Ecoter s.r.l. in proprio e quale mandataria della costituenda A.T.I con mandanti Civita Cultura s.r.l. e Cles s.r.l. si è costituita per chiederne la reiezione.
Le parti hanno depositato memorie illustrative in vista della discussione della causa.
All’udienza pubblica del 25 novembre 2014 entrambe le cause sono state trattenute per la sentenza.
2.-In quanto rivolti avverso la stessa sentenza,.va preliminarmente disposta la riunione degli appelli proposti, ai sensi dell’art.96 del cod.proc.amm..
3. Prima di passare all’analisi dei motivi d’appello, appare necessaria una breve disamina dei fatti.
Premette, infatti, la società Deloitte Consulting S.r.l., quale capogruppo mandataria del costituendo RTI con la società Struttura S.r.l. (d’ora in poi, per brevità, RTI Deloitte) di aver partecipato alla procedura per l’affidamento dei servizi professionali di assistenza tecnica e supporto all’attuazione del Progetto operativo ed assistenza tecnica “Rete per la governance delle politiche culturali” 2012-2015, nell’ambito del Programma operativo nazionale governance e assistenza tecnica (PON GAT) 2007-2013 (Obiettivo operativo 2.4) relativo alle Regioni dell’obiettivo convergenza (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) per la durata di 19 mesi ed un importo complessivo, a base di gara, di € 1.300.000,00, bandito dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (d’ora in poi, per brevità, MIBACT).
Alla predetta gara partecipavano tre concorrenti, tra i quali il RTI Ecoter, ricorrente in primo grado, classificatosi al secondo posto di graduatoria, subito dopo l’ATI risultata aggiudicataria con a capo Deloitte.
Nel bando, era previsto come criterio di aggiudicazione quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, da individuarsi mediante l’assegnazione di un massimo di 70 punti per l’offerta tecnica ed un massimo di 30 punti per l’offerta economica.
Tra i requisiti di partecipazione la legge speciale di gara richiedeva, a pena di esclusione, la insussistenza delle cause di esclusione indicate nell’art. 38 del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163, con l’ulteriore precisazione, all’ultimo periodo dell’art. 10, punto 1, del disciplinare di gara, che “la falsità, l’omissione o l’incompletezza delle dichiarazioni da rendersi ai sensi dell’art. 38 del Codice degli appalti costituiscono motivo di esclusione dalla presente gara”.
Sempre il disciplinare di gara, all’art. 10, punto 4, richiedeva che il concorrente attestasse il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria, prescritti dal bando al punto 3.2.3 con particolare riferimento al possesso:
a) di un fatturato globale non inferiore ad € 2.000.000,00 nel triennio 2009-2011;
b) di un fatturato specifico “per servizi di assistenza tecnica a programmi comunitari finanziati da fondi strutturali (FESR, FSE)”, di cui all’art. 3.2.2, lett. b) del bando di gara, non inferiore ad € 1.500.000,00.
L’art. 10 del disciplinare, al punto 5, richiedeva, inoltre, che i concorrenti attestassero il possesso del requisito di capacità tecnico-professionale di cui al punto 3.2.4 del bando, consistente nell’aver realizzato “almeno tre servizi di assistenza tecnica allo sviluppo di programmi cofinanziati da Fondi della UE (FESR, FSE) prestati in favore di amministrazioni centrali e/o periferiche nel triennio 2010-2011-2012”.
Specificava poi il bando di gara (ai punti 3.2.3 e 3.2.4) che, in caso di partecipazione di concorrenti in RTI, i requisiti di fatturato ed i requisiti di capacità tecnico professionale “devono essere posseduti in misura maggioritaria dalla mandataria rispetto alle mandanti”, mentre l’art. 7 del disciplinare disponeva, in particolare, che: “i requisiti di qualificazione economico-finanziaria e tecnico-professionali sono richiesti al RTI nel suo complesso, fermo restando che l’impresa mandataria dovrà possedere tali requisiti in misura maggioritaria rispetto alle mandanti”.
Ciò premesso sui contenuti specifici della lex specialis rilevanti ai fini del decidere, va ricordato che il 15 ottobre 2013, la Commissione ha proceduto all’esame della documentazione prodotta dagli offerenti., ai sensi dell’art. 10 del Disciplinare di gara. Nelle due sedute successive, del 6 novembre 2013 e del 12 novembre 2013, la Commissione ha in tal modo proceduto all’attribuzione del punteggio tecnico: 48,60 punti sono stati attribuiti al RTI Deloitte e 55,80 punti al RTI Ecoter.
Il giorno 18 novembre 2013, si è poi passati all’assegnazione dei punti per l’offerta economica che ha visto l’attribuzione di 30 punti all’ATI Deloitte, rispetto ai 22,80 punti all’ATI Ecoter.
All’esito della sommatoria risultava, quindi, come primo classificato, il RTI Deloitte. L’amministrazione proponeva, dunque, l’aggiudicazione, divenuta definitiva con decreto del 20 dicembre 2013 del MIBACT.
Tale esito veniva impugnato con ricorso davanti al TAR Lazio da RTI Ecoter.
Con la sentenza, oggetto dell’odierno appello, il TAR, respinto il ricorso incidentale di Deloitte, ha parzialmente accolto il ricorso principale, annullando gli atti impugnati e dichiarando l’inefficacia del contratto medio tempore stipulato tra l’odierna appellante e la stazione appaltante. A base della pronuncia di accoglimento, il giudice di primo grado ha rilevato, in accoglimento del corrispondente motivo di ricorso, la mancata dimostrazione da parte dell’aggiudicataria del requisito di capacità tecnico-professionale per come richiesto dal bando, osservando ulteriormente come inammissibilmente la mandante società Struttura avesse un fatturato pari a zero nel settore specifico oggetto d’appalto; per tali ragioni i giudici di primo grado hanno concluso, in accoglimento sul punto del ricorso di Ecoter, che l’intero raggruppamento risultato aggiudicatario non avesse i requisiti per partecipare alla selezione.
4.- Può ora procedersi all’esame dei motivi d’appello dedotti dalla società privata.
Con il primo motivo d’appello, la Società Deloitte s.r.l. ha lamentato la nullità della sentenza, censurando in particolare che il dispositivo della stessa risulterebbe adottato in esito all’udienza pubblica del 29 maggio 2014, mentre la motivazione ( come inequivocabilmente risulta dal tenore della sentenza impugnata) recherebbe due date ( corrispondenti alle due camere di consiglio in cui la decisione ha preso forma), una delle quali ( quella del 14 luglio 2014) tuttavia inammissibilmente posteriore alla data risultante dal dispositivo di decisione. La tesi dell’appellante è che una volta adottato il dispositivo della sentenza, la decisione è già assunta dal Collegio, onde non residuerebbe spazio per ulteriori camere di consiglio, quand’anche destinate ad un approfondimento o ad un affinamento dell’iter logico da addurre in motivazione, dato che ciò imporrebbe al giudicante la rimessione delle questioni da approfondire ad un nuovo esame delle parti, con concessione alle stesse di termini a difesa.
La censura merita un approfondimento.
Ai sensi dell’art. 276 cod.proc.civ., richiamato espressamente dall’art. 76 c.p.a., la decisione si compone di due parti: il dispositivo e la motivazione. Essa è adottata in camera di consiglio, seguendo uno stringente iter logico, che si conclude con la redazione e la sottoscrizione del dispositivo. La motivazione, redatta successivamente dal giudice relatore, non può essere altro che la sintesi dell’iter logico-giuridico percorso nella camera di consiglio che ha portato alla redazione del dispositivo (cfr. Cons. St., sez. V, 21 giugno 2013, n. 3404). E’ quindi evidente l’errore in cui è incorso il primo Giudice, nel frazionare la decisione, adottando il dispositivo in una camera di consiglio e ridiscutendo la motivazione in altra e successiva camera di consiglio.
Ciò nonostante ritiene il Collegio che la conformità della motivazione con il dispositivo già pronunciato, dimostri che nella specie si è verificata al più un’irregolarità del procedimento decisionale incapace come tale di determinare la nullità della sentenza, escludendo così l’operatività del rinvio ex art. 105 c.p.a., sotto il profilo della lesione del contraddittorio e della difesa. La decisione finale, infatti, desumibile dalla motivazione non si basa su argomenti “nuovi” non trattati dalle parti nel corso dello svolgimento del giudizio di primo grado, di tal che si appalesa plausibile – pur se irrituale- la tesi, sostenuta dalla società privata appellata, dell’approfondimento ulteriore che il Collegio abbia inteso svolgere, nella seconda camera di consiglio, su argomenti già trattati ed oggetto della già assunta decisione, al solo fine di arricchirne la motivazione.
D’altra parte, il codice del processo amministrativo prevede una sola ipotesi ( art. 73, comma 3, del cod. proc. amm.) in cui il Collegio, dopo il passaggio in decisione della causa, è tenuto a stimolare il contraddittorio delle parti assegnando loro un termine per il deposito di memorie: e questo è il caso in cui il giudicante ravvisi la sussistenza di una questione nuova, rilevata d’ufficio ( e quindi non affrontata dalle parti nelle loro difese), capace di dirimere la lite. Tale ipotesi palesemente non ricorre nella fattispecie in esame in cui, a base della decisione impugnata, sono state poste questioni ampiamente dibattute dalle parti nel corso del giudizio di primo grado.
Tale motivo di censura pertanto non merita di essere condiviso.
5.- Ancora, in via pregiudiziale, la società appellante lamenta la scelta operata dal giudice di primo grado di esaminare i motivi di ricorso principale prima di quelli, aventi carattere “escludente”, dedotti in via incidentale, in spregio alla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ( cfr. in particolare, da ultimo,Ad. plen. 25 febbraio 2014 n. 9).
Tale aspetto pare privo di rilievo considerato che, comunque, la sentenza impugnata ha esaminato diffusamente nel merito tutti i motivi dedotti in entrambi i ricorsi e, avendo accolto i motivi di cui al ricorso principale e respinto quelli articolati nel ricorso incidentale, sarebbe giunta alle stesse conclusioni anche invertendo l’ordo successivus dei motivi esaminati .
Sul piano meramente formale ed astratto vale tuttavia osservare che la censura presenta profili di fondatezza posto che, in base alle conclusioni più di recente raggiunte dall’Adunaza plenaria di questo Consiglio di Stato, deve essere dato ingresso prioritario all’esame del ricorso incidentale a contenuto “escludente”, quale appunto era quello in primo grado proposto dall’ATI Deloitte. Nondimeno poiché l’esame dell’incidentale, sia pur tardivamente, è stato compiuto in sentenza con pronuncia di rigetto, la soluzione – come già anticipato -non sarebbe mutata se il giudice di primo grado avesse prioritariamente esaminato il ricorso incidentale.
Anche nel presente grado di giudizio, come si dirà più oltre, verranno esaminate tutte le censure dedotte con i motivi di ricorso principale nonchè con il ricorso incidentale di primo grado ( dando precedenza, evidentemente, a queste ultime), di tal che anche tale questione processuale afferente l’ordine successivo di esame dei motivi di ricorso, sia pur con le precisazioni che sono state espresse, può ritenersi superata ed ininfluente ai fini della decisione della controversia.
6.- Con il terzo motivo d’appello, l'appellante società ripropone il ricorso incidentale in primo grado, dichiarato in parte inammissibile e in parte infondato già con il dispositivo di sentenza di cui in epigrafe.
Lamenta, in particolare, Deloitte Consulting s.r.l., la violazione dell'art. 38 del decreto legislativo n. 163 del 2006, per omessa allegazione agli atti di gara delle dichiarazioni sui c.d. requisiti di moralità relativi degli amministratori della società Airest s.p.a., dalla quale l'impresa mandante dell'ATI avente come mandataria Ecoter aveva tratto in affitto un ramo d'azienda.
Il Collegio ritiene che la doglianza sia infondata.
Infatti, secondo l'orientamento giurisprudenziale più recente, formatosi a seguito della decisione dell’Adunanza Plenaria 7 giugno 2012 n. 21, può dirsi superata l'annosa questione relativa al se, in caso di mancata allegazione delle dichiarazioni di cui all’art. 38 cit. relativa agli amministratori o ai direttori tecnici della società cedente ( in caso di cessione d’azienda o di un suo ramo), vi possa essere o meno l'esclusione dalla procedura di gara del concorrente che sia incorso nella omissione documentale, anche a prescindere dalla mancata attivazione dei poteri di soccorso istruttorio in capo alla stazione appaltante previsti dall'art. 46 dello stesso Codice dei contratti pubblici. Riprendendo i principi già enunciati nell'Adunanza Plenaria n. 10 del 4 maggio 2012, il Consiglio di Stato ha infatti affermato che “l’art. 38, comma 2, d.lgs. n. 163 del 2006, sia prima che dopo l’entrata in vigore del d.l. n. 70 del 2011, impone la presentazione di una dichiarazione sostitutiva completa, a pena di esclusione, e tale dichiarazione sostitutiva deve essere riferita, quanto all’art. 38, comma 1, lett. c), anche agli amministratori delle società che partecipano ad un procedimento di incorporazione o di fusione”. E tuttavia , partendo proprio dalle oscillazioni della giurisprudenza sul punto, l'Adunanza riconosce, pur dopo aver affermato la necessità di una lettura della disposizione non elusiva ( e quindi non meramente testuale delle ipotesi di esclusione, stante l’evidente pregiudizio che deriverebbe alla stazione appaltante dal contrarre con soggetti di cui non fosse comprovata la discontinuità gestoria con precedenti soggetti gravati da pregiudizi penali), che “resta altresì fermo – tenuto anche conto della non univocità delle norme circa l’onere del cessionario – che in caso di mancata presentazione della dichiarazione e sempre che il bando non contenga al riguardo una espressa comminatoria di esclusione, quest’ultima potrà essere disposta soltanto là dove sia effettivamente riscontrabile l’assenza del requisito in questione”.
Tale decisioneporta a ritenere, alla luce del principio di diritto sopra citato, che l'omessa dichiarazione di assenza di pregiudizi penali in capo alla società cedente comporti automaticamente l'esclusione dalla gara solo se espressamente prevista nel bando o se, in ogni caso, vi sia la prova che gli amministratori ( anche cessati nel triennio, ora nell’anno antecedente la presentazione della dichiarazione) per i quali sia stata omessa la dichiarazione hanno in concreto riportato pregiudizi penali non dichiarati nella presentazione dell’offerta. Nella fattispecie in esame, nessuna delle ridette condizioni appare sussistere, di guisa che appare corretta la determinazione della stazione appaltante di non escludere dalla gara il raggruppamento Deloitte.
D’altra parte, con il recente decreto legge 24 giugno 2014,n. 90 ( recante Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari), convertito in legge , con modificazioni, dall’ art. 1, comma 1, della legge 11 agosto 2014, n. 114, il legislatore sembra addirittura superare espressamente l’interpretazione giurisprudenziale più rigorista che riteneva legittima l’esclusione a fronte dell’omessa allegazione della documentazione sul possesso dei requisiti di idoneità morale; l'art. 39 del decreto sopra citato, aggiungendo il comma 2 bis all'art. 38 del d.lgs. cit., prevede che, in caso di incompletezza delle dichiarazioni, vi sia soltanto una penale in favore della stazione appaltante, la quale assegna al concorrente un termine, che non deve essere superiore ai dieci giorni, affinché siano integrate le dichiarazioni necessarie. Nel caso in cui, invece, le irregolarità non siano essenziali, la stazione appaltante non ne deve richiedere nemmeno la regolarizzazione.
Orbene, dunque anche secondo le scelte del legislatore più recente ( certamente non applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame, ma confermativo sul piano interpretativo della volontà del legislatore di superare le cause di esclusione meramente formali) sembra confermato il venir meno del principio dell'esclusione automatica dalla gara.
Rimane, pertanto, applicabile il principio ormai consolidato in giurisprudenza secondo cui l’inosservanza dell'obbligo dichiarativo di cui all’art. 38 del d.lgs. cit. sugli amministratori dell'impresa dalla quale si è ottenuto la disponibilità dell'azienda ( in particolare nel caso in cui si tratti di affitto d'azienda), può portare all’esclusione del concorrente dalla gara solo se così prevede il bando ovvero, in caso contrario, se risultino in concreto pregiudizi penali a carico degli amministratori della società locatrice.
Poiché come già detto tali condizioni nella specie non ricorrono, tale motivo d’appello non merita accoglimento.
7.- Con il quarto motivo, parte appellante torna a riproporre in questo grado il motivo, già dedotto nel ricorso incidentale di primo grado, afferente la mancata esclusione dalla gara della ricorrente in primo grado, per non aver la stessa specificato nell'offerta economica i costi connessi ai rischi dell'attività propria dell'appaltatore e cioè i c.d. “rischi propri” o “costi di sicurezza aziendale”.
Anche tale doglianza non appare meritevole di accoglimento.
Il Collegio condivide sul punto quanto osservato dal giudice di primo grado, e cioè che a fronte del contenuto specifico dell’appalto, relativo a prestazioni di servizio di tipo intellettuale afferenti l’assistenza tecnica, il monitoraggio, il controllo e la valutazione di programmi comunitari funzionali ad orientare l’appaltatore per la ottimale gestione di tali programmi, non appare irragionevole o altrimenti illegittima la clausola del bando di gara, cui ha correttamente ottemperato la concorrente Ecoter, nella parte in cui non ha richiesto agli offerenti di specificare gli oneri per la sicurezza. Ed infatti, l’assenza nell’esecuzione del servizio oggetto di appalto di profili afferenti il tema della salute e della sicurezza sul lavoro, ha reso sostanzialmente inutile l’inserimento nell’ambito della lex specialis di una clausola che ne prevedesse (ciò che avviene normalmente) l’obbligo di quantificazione sotto comminatoria di esclusione.. D’altronde, il semplice rilievo che il bando nulla prescrivesse al proposito, è sufficiente ad elidere la consistenza della censura, posto che la giurisprudenza ormai prevalente di questo Consiglio di Stato ( cfr., per tutte, sez. III, 21 novembre 2014 n.5746) non ritiene l’inserimento nella lex specialis degli oneri di sicurezza alla stregua di quei principi del Codice dei contratti di carattere cogente ed inderogabile per i quali possa farsi luogo ad eterointegrazione delle prescrizioni di gara. In tal senso, appare non significativo il richiamo alla decisione della Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato n. 9 del 25 febbraio 2014 che, sulla scia delle precedenti pronunce della stessa Adunanza plenaria ( 5 luglio 2012 n. 26 e 13 giugno 2012 n. 22), ha fatto riferimento alla possibilità di un’eterointegrazione del bando soltanto a fronte di norme imperative (che verrebbero ad integrare la disciplina di gara ai sensi dell’art. 1339 del cod.civ.).
8.- Quanto ai motivi d’appello (comuni alle odierne parti appellanti e perciò meritevoli di trattazione congiunta) con i quali si fa valere l’erroneità della impugnata sentenza per aver questa accolto il ricorso principale di Ecoter, il Collegio osserva come detti motivi d’appello risultino fondati e meritevoli di accoglimento.
Sul punto, giova richiamare in fatto la circostanza che il giudice di primo grado ha ritenuto fondato il ricorso di prime cure di Ecoter sotto il profilo che lo stesso avrebbe correttamente stigmatizzato la carenza di due importanti requisiti partecipativi in capo al RTI Deloitte: anzitutto quello afferente la capacità tecnico professionale, da dimostrare attraverso l’esecuzione di almeno tre servizi di assistenza tecnica allo sviluppo di programmi cofinanziati da fondi della Ue; in secondo luogo il Tar ha ritenuto illegittimo l’affidamento della gara al RTI Deloitte in ragione della incontestata carenza, in capo alla mandante Struttura dell’ATI risultato aggiudicatario, del requisito di capacità economico-finanziaria, per non aver in particolare detta società dimostrato di aver maturato un fatturato specifico nel settore dell’assistenza tecnica all’implementazione di programmi cofinanziati dalla UE.
Il Collegio osserva che, contrariamente a quanto opinato dal giudice di prime cure, entrambi i motivi di censura di primo grado risultano infondati e che pertanto, in riforma della impugnata sentenza, l’originario ricorso deve essere respinto.
Giova al riguardo rilevare che nel settore dei servizi, in mancanza di una predeterminazione normativa o regolamentare dei requisiti di capacità tecnico-organizzativa ed economico-finanziaria ( ben diversi dai requisiti soggettivi ed oggettivi di partecipazione che ciascuna impresa deve possedere) spetta alla stazione appaltante il compito di definire nella lex specialis, in relazione al contenuto specifico della prestazione, i requisiti di idoneità che devono essere posseduti dalle imprese componenti il raggruppamento. L’art. 37, comma 4, del Codice dei contratti si limita a stabilire che nel caso di forniture o servizi nell'offerta devono essere specificate le parti del servizio o della fornitura che saranno eseguite dai singoli operatori economici riuniti o consorziati, senza nulla aggiungere in ordine ai requisiti di qualificazione sul piano tecnico professionale o della dimostrazione della capacità economica. Ed invero, la relativa disciplina normativa (contenuta, per quanto attiene ai requisiti di capacità economica finanziaria , nell’art. 41 del Codice dei contratti (d. lgs. n. 163 del 2006), a differenza di quanto prevede l’art. 40 del medesimo testo normativo per il settore dei lavori ( ove è sancito il diverso principio secondo cui i soggetti esecutori a qualsiasi titolo di lavori pubblici devono essere qualificati), non prescrive quale quota percentuale minima dei requisiti di qualificazione e/o di capacità deve essere posseduta da ciascuna impresa che partecipi all’appalto riunita in raggruppamento temporaneo, affidando le relative determinazioni alla discrezionalità della singola stazione appaltante ( anzi, il comma 3 del già richiamato art. 41- stabilisce che se il concorrente non è in grado, per giustificati motivi, ivi compreso quello concernente la costituzione o l'inizio dell'attività da meno di tre anni, di presentare le referenze richieste, può provare la propria capacità economica e finanziaria mediante qualsiasi altro documento considerato idoneo dalla stazione appaltante L’art. 42 del Codice dei contratti che disciplina la dimostrazione dei requisiti di capacità tecnico-professionale si limita ad indicare con quali modalità alternative ( o se del caso cumulative) detta capacità possa essere dimostrata dalla imprese partecipanti all’appalto, lasciando anche in tal caso mano libera alla stazione appaltante di determinarne in concreto le modalità nel bando di gara. E’ tuttavia significativo ricordare che l’art. 4-bis dell’art. 42 cit. (comma inserito dall'art. 4, comma 2, lett. c-bis), d.l. 13 maggio 2011, n. 70). dispone che al fine di assicurare la massima estensione dei principi comunitari e delle regole di concorrenza negli appalti di servizi o di servizi pubblici locali, la stazione appaltante considera, in ogni caso, rispettati i requisiti tecnici prescritti anche ove la disponibilità dei mezzi tecnici necessari ed idonei all'espletamento del servizio sia assicurata mediante contratti di locazione finanziaria con soggetti terzi. Da ultimo, l’art. 275 del d.P.R. n. 207 del 2010 ( recante il regolamento di esecuzione del Codice dei contratti pubblici) , a proposito dei requisiti dei partecipanti alle procedure di affidamento stabilisce che, mentre il concorrente singolo può partecipare alla procedura di affidamento qualora sia in possesso dei requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi specificati nel bando relativi alla prestazione di servizi o forniture indicata come principale e alle eventuali prestazioni secondarie per i singoli importi, per i soggetti di cui all'articolo 34, comma 1, lettere d), e), f), e f-bis), del codice, il bando individua i requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi necessari per partecipare alla procedura di affidamento, nonché le eventuali misure in cui gli stessi devono essere posseduti dai singoli concorrenti partecipanti; e che la mandataria, in ogni caso, deve possedere i requisiti ed eseguire le prestazioni in misura maggioritaria.
In senso non distonico da tali coordinate normative di rango primario, la lex specialis di gara nell’appalto per cui è giudizio stabiliva (art. 10, punto 4 del disciplinare di gara), come si è già detto, che il concorrente attestasse il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria, prescritti dal bando al punto 3.2.3 con particolare riferimento al possesso:
a) di un fatturato globale non inferiore ad € 2.000.000,00 nel triennio 2009-2011;
b) di un fatturato specifico “per servizi di assistenza tecnica a programmi comunitari finanziati da fondi strutturali (FESR, FSE)”, di cui all’art. 3.2.2, lett. b) del bando di gara, non inferiore ad € 1.500.000,00.
L’art. 10 del disciplinare, al punto 5, richiedeva, inoltre, che i concorrenti attestassero il possesso del requisito di capacità tecnico-professionale di cui al punto 3.2.4 del bando, consistente nell’aver realizzato “almeno tre servizi di assistenza tecnica allo sviluppo di programmi cofinanziati da Fondi della UE (FESR, FSE) prestati in favore di amministrazioni centrali e/o periferiche nel triennio 2010-2011-2012”.
Specificava poi il bando di gara (ai punti 3.2.3 e 3.2.4) che, in caso di partecipazione di concorrenti in RTI, i requisiti di fatturato ed i requisiti di capacità tecnico professionale “devono essere posseduti in misura maggioritaria dalla mandataria rispetto alle mandanti”, mentre l’art. 7 del disciplinare disponeva, in particolare, che: “i requisiti di qualificazione economico-finanziaria e tecnico-professionali sono richiesti al RTI nel suo complesso, fermo restando che l’impresa mandataria dovrà possedere tali requisiti in misura maggioritaria rispetto alle mandanti”.
9.- Così delineate le regole di gara applicabili alla fattispecie in oggetto, in piena coerenza con le superiori prescrizioni di legge e di regolamento, va osservato che all’ATI aggiudicataria non difettavano i requisiti di capacità economico finanziaria e tecnico professionale richiesti dal bando.
Quanto a questi ultimi, è da rilevare che il raggruppamento Deloitte ha dimostrato di possedere ( con i servizi rubricati ai numeri n. 1,3 e 4 della propria offerta ) il requisito di capacità tecnica e professionale richiesto dalla legge di gara per aver realizzato almeno tre servizi di assistenza tecnica allo sviluppo di programmi co-finanziati da fondi della UE ( in particolare, FESR e FSE), nel periodo richiesto dal bando di gara.
Non appare sul punto convincente la sentenza di primo grado che, aderendo alle tesi della società Ecoter, ha escluso dal novero dei servizi utili a comprovare il suddetto requisito quello corrispondente al servizio n. 3 dichiarato dal RTI Deloitte, recante “ Servizio di sperimentazione e sviluppo di innovazioni organizzative funzionali all’attuazione dei programmi e dei progetti di sviluppo complessi, espletato a favore della Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della Funzione pubblica.
Ed invero, anche in base alla descrizione del servizio contenuta nell’allegato II del Regolamento Ce n. 1828 del 2006, recante la classificazione degli interventi dei Fondi per il periodo 2007-2013, la macrocategoria dell’intervento di “assistenza tecnica” si scompone in due sottocategorie rappresentate rispettivamente dalla n. 85 relativa alla “Preparazione, attuazione, sorveglianza e ispezioni” e dalla n. 86, afferente “Valutazione e studi; informazione e comunicazione”.
Ora, anche alla luce di tali indicazioni regolamentari, non par dubbio che il servizio sub iudice, espletato dal RTI Deloitte sia ascrivibile al novero di quelli richiesti dal bando a comprova del requisito di capacità tecnico-professionale posto che nei suoi specifici contenuti erano ricomprese: le attività di supporto alla programmazione strategica delle iniziative attraverso l’analisi, la valutazione e la prioritizzazione degli interventi, la revisione dei principali processi di governance e delle soluzioni organizzative per la gestione di programmi complessi, la valutazione delle iniziative di riorganizzazione proposte, il monitoraggio procedurale e finanziario delle iniziative, le azioni di supporto alle strutture regionali coinvolte nella programmazione e attuazione di progetti e programmi di sviluppo territoriale, attività di animazione territoriale ( con particolare riferimento al personale delle pubbliche amministrazioni regionali coinvolte), l’assistenza all’efficace comunicazione e promozione degli interventi mediante specifici interventi di comunicazione.
In definitiva, alla luce di tali specifici contenuti del servizio reso, non appare coerente che detto servizio non potesse rientrare, tra quelli utili a comprovare il requisito di capacità tecnico-professionale, dovendo la nozione di assistenza tecnica essere intesa in senso logicamente allargato e funzionale all’incremento del patrimonio curriculare del concorrente, secondo lo spirito della previsione di lex specialis oggetto di applicazione nella concreta fattispecie in esame.
Quanto all’ulteriore motivo d’appello incentrato sull’infondatezza del motivo di primo grado ( erroneamente accolto dal Tar) afferente la pretesa carenza del requisito di capacità economico-finanziaria in capo al RTI Deloitte ( quale conseguenza della carenza del requisito specifico di fatturato in capo alla mandante Struttura s.r.l.), il Collegio è persuaso che anche tale motivo d’appello meriti accoglimento.
Si ricorderà infatti che la legge di gara richiedeva, in caso di partecipazione in ATI dei concorrenti, che detto requisito fosse verificabile in capo al RTI nel suo complesso, mentre la mandataria avrebbe dovuto possedere in misura maggioritaria il requisito richiesto.
Nella specie dette condizioni ricorrono tutte, posto che, per un verso, non si dubita che il RTI nel suo complesso possegga il requisito di fatturato né che la mandataria Deloitte abbia dimostrato .di possederne in misura maggioritaria.
La questione giuridica controversa riguarda se un soggetto partecipante in ATI come mandante ( come appunto nella specie la società Struttura) possa partecipare alla gara( e con essa l’intero RTI) nonostante sia priva di fatturato specifico. La risposta al quesito è senz’altro affermativa se la lex di gara non abbia previsto, in caso di offerte proveniente da soggetti raggruppati temporaneamente, requisiti minimi anche in capo alle mandanti. Sul punto è sufficiente rilevare che tale scelta è conforme, come si è dimostrato, alla disciplina normativa generale ed a quella speciale della gara e non contrasta con principi desumibili dal Codice dei contratti, che anzi è sempre più orientato, in una logica di massima partecipazione alle gare, ad allargare la platea dei possibili concorrenti. Si sono ricordate le disposizioni normative che, in materia di servizi, favoriscono la partecipazione dei soggetti in forma di ATI consentendo ( salva diversa e motivata determinazione della stazione appaltante) alla mandataria di supplire ai requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico- professionale mancanti in capo alle altre associate. D’altra parte se, come condivisibilmente affermato dalla III^ sezione di questo Consiglio di Stato in una recente sentenza ( 30 settembre 2014 n. 4865), la direttiva CE n. 18/2004 ( art.47, comma 2 e art. 48, comma 3) ammette che un operatore economico possa, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura dei suoi legami con questi ultimi , ( donde l’istituto dell’avvalimento e/o della locazione finanziaria con soggetti terzi) a fortiori la trasmissibilità di un requisito partecipativo incidente sulle capacità economico-finanziarie o tecnico-professionali deve essere consentita – si ripete, in mancanza di diversa e motivata scelta della stazione appaltante – all’interno di un raggruppamento di imprese che si presenta alla gara come un unico soggetto giuridico.
In conclusione, alla luce dei rilievi che precedono, gli appelli risultano, nei sensi anzidetti, fondati e meritano accoglimento nei limiti sopra esposti, con assorbimento degli ulteriori motivi .
10.- Quanto ai restanti motivi di ricorso di primo grado dedotti da Ecoter, va osservato che sugli stessi, in difetto di specifica impugnazione incidentale si è ormai formato il giudicato, di tal che la loro trattazione in questa sede – pur riproposta con memoria da Ecoter - deve qui ritenersi inammissibile, essendosi sugli stessi espressamente pronunciato il giudice di primo grado con statuizione di rigetto ( cfr. pagg. 42-46 della impugnata sentenza).
11.- In definitiva, in riforma della gravata sentenza ed in accoglimento, nei sensi anzidetti, dei ricorsi di cui in epigrafe, va respinto il ricorso principale proposto in primo grado dalla società Ecoter s.r.l., con salvezza quindi della già disposta aggiudicazione dell’appalto in favore del RTI Deloitte e del contratto con lo stesso stipulato.
12.- Le spese e gli onorari dei giudizio seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sugli appelli come in epigrafe proposti, li accoglie previa riunione e, per l’effetto, in riforma della impugnata sentenza, respinge il ricorso di primo grado della società Ecoter ( proposto in proprio e nella qualità di capogruppo mandataria della costituenda ATI con Civita Cultura srl e Cles srl).
Condanna la società Ecoter , ut supra, al pagamento delle spese e degli onorari del doppio grado di giudizio, che liquida in euro 4.000,00( quattromila/00), oltre iva e cpa se dovuti, in favore del RTI Deloitte ed in euro 4.000,00 (quatromila/00), oltre iva e cpa se dovuti, in favore del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 novembre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Stefano Baccarini, Presidente
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere, Estensore
Roberta Vigotti, Consigliere
Andrea Pannone, Consigliere
Marco Buricelli, Consigliere