Tar Lazio, Roma, sez. II, sentenza 5 giugno 2014, n. 5993
TAR Lazio, Roma, sez. II, sentenza 5 giugno 2014, n. 5993
Nel caso in cui, all’atto di verificare il possesso dei requisiti in capo al concorrente sorteggiato ai sensi dell’articolo 48, comma 1, del Codice dei contratti pubblici, la stazione appaltante ne accerti il mancato possesso, all’esclusione del concorrente non può seguire automaticamente l’incameramento della cauzione. Esso, infatti, rappresenta attività provvedimentale connotata da discrezionalità che, nella specie, deve essere utilizzata dall’amministrazione per verificare in concreto la gravità della violazione, non potendo una violazione “lieve” avere conseguenze sproporzionate per l’operatore economico.
BREVI ANNOTAZIONI
L’OGGETTO DELLA PRONUNCIA
La sentenza in esame si appunta sulla natura del potere che la legge (rectius: il Codice dei contratti pubblici) assegna alle stazioni appaltanti nel caso in cui la verifica a campione dei requisiti ex articolo 48, comma 1, non confermi quanto autocertificato dagli operatori economici in sede di gara. Come, infatti, recita il penultimo periodo della disposizione richiamata – nella versione ad oggi in vigore – “Quando tale prova non sia fornita, ovvero non confermi le dichiarazioni contenute nella domanda di partecipazione o nell’offerta, le stazioni appaltanti procedono all’esclusione del concorrente dalla gara, all’escussione della relativa cauzione provvisoria e alla segnalazione del fatto all’Autorità per i provvedimenti di cui all’articolo 6 comma 11”. La sentenza che si commenta – con un percorso argomentativo indubbiamente interessante, sebbene largamente minoritario – dispone che l’escussione della cauzione provvisoria non sia un atto di natura vincolata, corollario automatico dell’esclusione, bensì involga una valutazione discrezionale del seggio di gara, sulla base di principi e criteri precisi.
IL PERCORSO ARGOMENTATIVO
La questione qui posta innanzi al Tar è stata oggetto di un numero smisurato di pronunce amministrative, sia in primo che in secondo grado. Dalla loro ricognizione emerge un orientamento assolutamente predominante secondo il quale, nel caso in cui la verifica a campione dei requisiti ex articolo 48, comma 1, del Codice appalti, dia esito negativo, le stazioni appaltanti devono automaticamente escutere la cauzione provvisoria prodotta dal concorrente in sede di offerta (ai sensi dell’articolo 75 del Codice dei contratti) nonché procedere a segnalazione all’Autorità di Vigilanza per i Contratti Pubblici. Sui presupposti del potere di escussione e segnalazione, la giurisprudenza si è lungamente interrogata. Ad esempio, il Consiglio di Stato, con l’Adunanza Plenaria 4 maggio 2012, n. 8, ha statuito che l’incameramento della cauzione è ben possibile non solo nel caso di verifica dei requisiti speciali (artt. 41 e 42 del Codice) ma anche nel caso di accertamento negativo dei requisiti di ordine generale. Tuttavia, non si è mai posta la questione inerente la natura discrezionale ovvero vincolata dei poteri di escussione e segnalazione, i quali sono sempre stati considerati espressione di potere vincolato. Del resto, occorre segnalare che anche la Corte costituzionale, con ordinanza n. 13 luglio 2011 n. 211, ha dichiarato manifestamente infondata una questione di legittimità costituzionale relativa all’art. 48, comma 1, sollevata con riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, nella parte in cui dispone in via automatica l’incameramento della cauzione provvisoria da parte della stazione appaltante, nell’ipotesi in cui il concorrente in una gara d’appalto non sia in possesso dei requisiti di partecipazione richiesti dal bando. Per la Corte, infatti, l’automatico incameramento della cauzione provvisoria è conforme all’ordinamento per tre motivi: 1) si profila come garanzia del rispetto dell’ampio patto d’integrità cui si vincola chi partecipa a gare pubbliche; 2) è congruente rispetto alla funzione di garantire serietà ed affidabilità dell’offerta, sanzionando la violazione dell’obbligo di diligenza gravante sull’offerente, mediante l’anticipata liquidazione dei danni subiti dalla stazione appaltante, tenuto conto che l’operatore economico, con la domanda di partecipazione, sottoscrive e si impegna ad osservare le regole della relativa procedura, delle quali ha, dunque, contezza, e, conseguentemente, sotto questo profilo, le situazioni poste in comparazione dal rimettente non presentano elementi di apprezzabile diversità; 3) costituisce una scelta del legislatore ordinario che, alla luce di siffatte considerazioni, non può essere giudicata frutto di un uso distorto ed arbitrario della discrezionalità allo stesso spettante e che, quindi, non contrasta in modo manifesto con il canone della ragionevolezza. In questo senso, dunque, si segnala la singolarità dell’orientamento espresso dalla sentenza in commento, in cui il giudice di prime cure riconduce il potere di escussione della cauzione nell’ambito di quei poteri pubblicistici colorati da discrezionalità. Secondo il giudice, infatti, nel caso di specie la stazione appaltante, all’atto della verifica dei requisiti, non ha condotto un’attività valutativa volta ad accertare l’effettiva gravità dei fatti alla base dell’escussione della sanzione. Sebbene la sentenza non ne faccia cenno, sembra, pertanto, che l’amministrazione, in tutti i casi in cui si ponga il problema di escutere la cauzione provvisoria di un concorrente, debba ricorrere ai principi di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689, recante “Modifiche al sistema penale” e contenente i principi ispiratori di qualunque attività di natura sanzionatoria (tanto sembra enunciare la sentenza quando parla del “carattere indubbiamente afflittivo se non propriamente sanzionatorio” del provvedimento di incameramento della cauzione). La sentenza, invece, non accoglie il ricorso diretto all’annullamento dell’atto di segnalazione all’A.V.C.P.; esso, infatti, costituisce solo l’atto di impulso di un conseguente iter procedimentale gestito dalla stessa Autorità, nel corso del quale entra largamente in gioco (grazie alle garanzie procedimentali all’uopo previste) quel potere valutativo che, invece, nel caso dell’incameramento della cauzione risulta assente (e quindi stigmatizzato dal giudice).
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Questa sentenza del Tar Lazio costituisce un filone del tutto minoritario in ordine all’esercizio del potere di escussione della cauzione di cui all’articolo 48, comma 1, del d.lgs. n. 163/2006, secondo il quale esso dovrebbe essere esercitato all’esito di una valutazione del seggio di gara circa la gravità della violazione dei canoni comportamentali di cui alla norma citata. Ciò contrasta con la giurisprudenza maggioritaria, che fa propria l’interpretazione secondo cui l’escussione della cauzione provvisoria è conseguenza automatica dell’esclusione del concorrente. Seguendo l’orientamento tracciato dalla pronuncia in commento, pertanto, si dovrebbe ritenere che le stazioni appaltanti siano tenute ad instaurare un autonomo subprocedimento che, all’esito dell’esclusione del concorrente dalla gara, operi una verifica sulla sussistenza dei presupposti per l’incameramento. Si coglie l’occasione per fare due, ulteriori osservazioni: 1) la sentenza in commento abbandona la tendenza che, sia a livello legislativo che giurisprudenziale, tende a sottrarre, in materia di appalti, discrezionalità alle stazioni appaltanti. Da questo punto di vista, pertanto, sarà interessante valutare come si pronuncerà il Consiglio di Stato, ove mai essa sia impugnata. 2) tutto il sistema di verifica dei requisiti (sia generali che speciali) verrà probabilmente rivisto in sede di recepimento del nuovo sistema di direttive comunitarie in materia di appalti. Sarà, pertanto, interessante valutare come la sua trasposizione impatterà su una giurisprudenza amministrativa che, in questa come in altre materie, ha raggiunto punti ormai piuttosto consolidati.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7648 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da: Soc. Essepi Costruzioni S.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Fabrizio Cacace, con domicilio eletto presso l’avv. Fabrizio Cacace in Roma, viale G. Mazzini, 25;
contro
Roma Capitale, rappresentata e difesa per legge dall’avv. Luigi D’Ottavi, domiciliata in Roma, via Tempio di Giove, 21; nei confronti di Soc Edil Fema Srl, Soc Edil Fema Srl (Mandataria);
per l’annullamento
- del provvedimento, adottato da Roma Capitale nella seduta del 17 giugno 2013 e comunicato pari data con nota n. SC/18816, di esclusione dalla progettazione della riqualificazione del mercato domenicale di Porta Portese;
- di ogni altro atto connesso, presupposto e consequenziale;
- nonché, con motivi aggiunti, della determinazione dirigenziale di Roma Capitale n. SC/63/2013 in data 25.07.2013 (prot. SC/218078/2013 in data 25.07.2013) comunicata con nota prot. SC/229705 in data 07.08.2013;
- della nota di Roma Capitale prot. SC/229701 in data 07.08.2013;
- del verbale della III seduta di verifica in data 19.06.2013;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;
Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 maggio 2014 il dott. Salvatore Mezzacapo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con bando pubblicato il 13 marzo 2013 Roma Capitale ha indetto procedura aperta per la progettazione esecutiva ed esecuzione dei lavori di “riqualificazione del mercato domenicale di Porta Portese. Intervento 2 del P.L.U.S. Roma Capitale”.
Al punto III.2.3. 5) il citato Bando richiedeva, in capo al progettista indicato dall’impresa concorrente, quale requisito, l’avere “eseguito negli ultimi 10 anni servizi…per un importo totale non inferiore a euro 2.296.106,54” Con nota in data 6 maggio 2013 Roma Capitale ha comunicato alla società odierna ricorrente di averla estratta ai fini della verifica del possesso dei requisiti dichiarati nella domanda di partecipazione alla gara.
Con nota del 10 maggio 2013 la ricorrente ha prodotto la documentazione attestante l’esecuzione di progettazioni da parte del progettista indicato per l’importo di euro 2.752.101,88.
Con nota in data 21 maggio 2013 Roma Capitale ha chiesto alla Provincia di Frosinone, avendo il progettista sorteggiato inviato a giustifica dell’importo dei servizi di progettazione dallo stesso effettuati due note della detta amministrazione provinciale riferite ad incarichi professionali affidati con la stessa determina del 20 maggio 2009, chiarimenti in merito. Chiarimenti resi dalla Provincia di Frosinone con nota del 30 maggio 2013 nella quale si precisa e chiarisce che “ai fini della certificazione del servizio tecnico svolto vanno considerati solo gli importi nelle varie classi e categorie di cui al certificato prot. n. 151644…e l’importo delle lavorazioni è di euro 2.056.667,06”.
In sede di verifica ex art. 48 del codice dei contratti dei detti requisiti il rup ha quindi deliberato, in data 31 maggio 2013, “verifica negativa” “per i seguenti motivi: ricevuta la nota esplicativa della Provincia di Frosinone, dalla stessa si evince che l’importo lavori certificato è pari ad euro 2.056.667,06. Il progettista, inoltre, presenta ulteriore certificato per euro 1.037.426,00 per complessivi euro 3.095.093,06. Detto importo , ridotto del cinquanta per cento, come da certificazioni prodotte, non raggiunge la quota minima richiesta dal Bando pari ad euro 2.296.106,54”. Con nota 4 giugno 2013 Roma Capitale ha comunicato alla odierna ricorrente che nel corso della seduta pubblica del 17 giugno 2013 sarebbe stata quindi dichiarata la sua esclusione dalla gara “in quanto il progettista individuato ha dimostrato di avere eseguito progettazioni…per un importo inferiore a quello richiesto….atteso che le certificazioni prodotte…dimostrano l’esecuzione di progettazioni per un importo pari a euro 3.095.093,06 da attribuire al professionista nella misura del 50%”. Nella seduta del 17 giugno si procedeva dunque alla detta esclusione di cui era data alla ricorrente comunicazione in parti data a mezzo posta certificata. Infine, con determina in data 25 luglio 2013 Roma Capitale ha provveduto, in ragione della disposta esclusione, all’incameramento della cauzione provvisoria presentata dalla concorrente per la partecipazione alla gara di che trattasi.
Avverso l’esclusione dalla gara e i successivi provvedimenti di escussione della cauzione e segnalazione all’autorità di settore sono dunque proposti il ricorso e i successivi motivi aggiunti in esame con i quali si deduce violazione e falsa applicazione del bando e del disciplinare di gara; eccesso di potere per difetto di istruttoria, falso o errato presupposto, illogicità, contraddittorietà, carenza di motivazione e sviamento; violazione e falsa applicazione dell’art. 48 del codice dei contratti e degli artt. 252 e 263 del relativo regolamento generale di attuazione. In buona sostanza, l’avviso della società ricorrente è nel senso della erroneità del presupposto che ha condotto la stazione appaltante alla sua esclusione per quanto specificamente concerne il possesso del requisito, da parte del progettista indicato, dell’importo dei servizi quale prescritto dalla lex specialis di gara. Ritiene, comunque, arbitraria l’interpretazione fornita dalla Provincia di Frosinone delle certificazioni dalla stessa rilasciate e sulla sui scorta, invero, il rup ha acclarato l’esito negativo della verifica. Osserva inoltre la ricorrente come successivamente ancora la Provincia di Frosinone abbia, con nota del 22 luglio 2013, chiarito come considerare gli importi dei lavori recati dai due certificati dalla stessa emessi nel senso di condurre a ritenere sussistente in capo al progettiste di cui trattasi il requisito oggetto di contestazione.
Si è costituita in giudizio l’intimata amministrazione affermando la infondatezza del proposto ricorso e concludendo perché lo stesso venga respinto.
Alla pubblica udienza del 7 maggio 2014 il ricorso viene ritenuto per la decisione.
Il ricorso è fondato limitatamente alla disposta escussione della cauzione, la quale va pertanto annullata, dovendosi per il resto respingere l’impugnativa in esame.
Legittima, infatti, risulta, ad avviso del Collegio, la disposta esclusione di parte ricorrente dalla gara di cui è questione.
Negli appalti pubblici, in tema di dimostrazione dei requisiti col meccanismo del sorteggio, ai sensi dell’art. 48 D.L.vo 12 aprile 2006 n. 163, la sanzione conseguente alla mancata produzione della relativa prova ovvero di una documentazione che non confermi detto possesso (o non comprovi le dichiarazioni in precedenza rese) è l’esclusione dalla gara, con la conseguenza che detta esclusione interviene: a) sia in ipotesi di mancata produzione di prove atte a confermare la sussistenza dei requisiti; b) sia in ipotesi di mancata produzione di prove entro il termine perentoriamente previsto, salvo oggettiva impossibilità, il cui onere della prova grava sull’impresa; c) sia in ipotesi di produzione di documentazione che "non confermi" (nel senso che neghi o che non sia sufficiente a confermare) le dichiarazioni contenute nella domanda di partecipazione o nell’offerta.
Nella specie, non vi è dubbio che il dato in possesso della procedente amministrazione (dichiarazioni rese in sede di partecipazione, documentazione prodotta in sede di procedimento di verifica del possesso dei requisiti, accertamenti istruttori condotti dalla stazione appaltante) conducono alla sua legittima esclusione dalla gara per non essere comprovato, nel prescritto termine perentorio di legge, il possesso del requisito richiesto in capo al progettista incaricato.
Diversamente è a dirsi quanto al disposto incameramento della cauzione provvisoria prestata dalla ricorrente.
Ben conosce il Collegio l’avviso giurisprudenziale certamente prevalente secondo cui, nelle procedure finalizzate all’affidamento di appalti con la Pubblica amministrazione l’incameramento della cauzione e la segnalazione all’Autorità garante costituiscono conseguenze del tutto automatiche del provvedimento di esclusione, come tali non suscettibili di alcuna valutazione discrezionale da parte dell’Amministrazione con riguardo ai singoli casi concreti e, in particolare, alle ragioni, meramente formali ovvero sostanziali, poste a giustificazione dell’esclusione medesima; avviso secondo il quale, di conseguenza, ciò che è possibile censurare, innanzi al Giudice amministrativo, è la legittimità dell’esclusione, e non, una volta che questa sia ritenuta legittima, l’adozione dei conseguenti atti di incameramento della cauzione e di segnalazione, essendo questi conseguenze automatiche previste ex lege, con irrilevanza anche di una eventuale buona fede dell’impresa (cfr. da ultimo, Cons. Stato, III Sezione, 8 aprile 2014 n. 1659 ma anche, in precedenza, IV Sezione, 16 febbraio 2012, n. 810; 24 maggio 2013, n. 2832; V Sezione, 6 marzo 2013, n. 1370; 10 settembre 2012, n. 4778).
Ritiene tuttavia il Collegio di dover aderire all’opzione ermeneutica per cui la misura sanzionatoria in questione non è frutto di un’attività vincolata ed esecutiva, ma appunto implica l’esercizio di un’attività valutativa.
Sotto il profilo sistematico, va ricordato che la cauzione provvisoria nelle procedure ad evidenza pubblica per la scelta del contraente, prima della legge 11 febbraio 1994 n. 109, aveva il compito di garantire l’Amministrazione procedente circa l’adempimento dell’aggiudicatario in relazione all’obbligazione assunta di stipulare il contratto (art. 322, della legge n. 2248 del 1865 allegato F; artt. 2 e 4 del d.P.R. 1063 del 1962).
Con l’art. 10 della legge n. 109 del 1994, la cauzione provvisoria ha assunto un’ulteriore funzione, ovvero quella di garantire la veridicità delle dichiarazioni fornite dalle imprese in sede di partecipazione alla gara in ordine ai requisiti prescritti dal bando o dalla lettera di invito, e la previsione dell’incameramento della cauzione provvisoria è stata estesa anche ai partecipanti alla gara diversi dall’aggiudicatario a garanzia della veridicità delle dichiarazioni fornite dalle imprese partecipanti e della serietà ed affidabilità delle offerte.
L’escussione di tale garanzia, nella disciplina dettata dall’art. 48 del D.Lgs. n. 163 del 2006, riguarda, quindi, tutte le ipotesi di mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell’affidatario, intendendosi per fatto dell’affidatario qualunque ostacolo alla stipulazione a lui riconducibile, dunque non solo il rifiuto di stipulare, ma anche il difetto dei requisiti di capacità economico - finanziaria e dei requisiti di ordine generale di cui all’art. 38, estendendosi tali ultime ipotesi anche agli altri partecipanti alla gara.
Tanto premesso, ritiene il Collegio che, proprio in ragione della funzione della cauzione provvisoria, il relativo incameramento, in caso di esclusione dalla gara del concorrente, debba essere preceduto da un’attività valutativa volta al riscontro della gravità degli elementi che hanno condotto a tale esclusione, non potendo l’Amministrazione, in considerazione della natura sanzionatoria e comunque afflittiva dei provvedimenti conseguenti all’esclusione (escussione della cauzione, segnalazione e sospensione dell’impresa dai pubblici appalti), prescindere, prima della loro adozione, dall’effettuazione di un’espressa valutazione in ordine all’effettiva responsabilità dell’impresa, dovendosi escludere l’applicazione automatica delle suddette sanzioni nei casi in cui l’impresa non sia incorsa nelle più gravi ipotesi di palese difformità, falsità o mancata comprovazione di quanto dichiarato, ma abbia errato nell’adempimento dell’onere di diligenza, sulla stessa gravante, di provare il possesso dei richiesti requisiti, di partecipazione (TAR Lazio – Sez. I bis, 20 maggio 2011 n. 4454; Sez. III, 27 ottobre 2008 n. 9172), dovendo il provvedimento di incameramento della cauzione fondarsi sul giudizio di gravità del comportamento dell’impresa concorrente (Consiglio di Stato – Sez. V – 28 giugno 2004 n. 4789; 12 maggio 2003 n. 2512).
Nel caso in esame, la società ricorrente è stata esclusa dalla gara e in ragione di ciò è stato disposto l’incameramento della cauzione dalla stessa prestata.
Pur essendo indubbio che, nel rispetto dei termini perentori di legge, la disposta esclusione interviene allorquando l’amministrazione procedente è in possesso di complessiva documentazione che appunto sorregge la stessa esclusione, non può non rilevarsi come la successiva documentazione resa dalla Provincia di Frosinone (pur tardiva ai fini della esclusione) in ordine ai certificati dalla stessa resi e relativi al professionista indicato dalla ricorrente consentisse quantomeno una lettura non univoca del dato relativo al possesso del prescritto requisito.
Né risulta in alcun modo che l’Amministrazione abbia condotto, avuto riguardo a detta successiva documentazione, una espressa valutazione circa la gravità della violazione delle regole e dei doveri comportamentali gravanti sull’impresa stessa ai fini specifici della escussione della cauzione.
Considerato, quindi, che il provvedimento di incameramento della cauzione, stante il suo carattere indubbiamente afflittivo se non propriamente sanzionatorio, deve essere ricondotto al carattere di gravità del comportamento dei concorrenti, l’art. 48 del D.Lgs. n. 163 del 2006, laddove prevede che le stazioni appaltanti procedano ad una verifica delle domande mediante sorteggio pubblico, chiedendo alle imprese sorteggiate di comprovare documentalmente il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa richiesti nel bando, e quelli di carattere generale, precisando che, quando la prova non sia fornita ovvero non siano confermate le dichiarazioni contenute nelle domande di partecipazione, vi sia l’esclusione dalla gara, l’escussione della cauzione e la segnalazione all’Autorità di vigilanza, deve essere interpretato secondo un criterio logico e in relazione alla circostanza che non si debba trattare di una violazione lieve.
Il dato letterale di cui al citato art. 48 consente di ritenere che l’irrogazione di misure, quali l’incameramento della cauzione, debbano poggiare sulla valutazione, in concreto, del carattere di gravità della violazione posta in essere dall’impresa quanto a dimostrazione dei requisiti richiesti, trattandosi di misure estranee alla fisiologica esclusione dalla gara e volte a rafforzare la serietà ed affidabilità dell’offerta attraverso il rispetto delle regole di gara, la cui violazione può determinare l’applicazione di ulteriori misure – rispetto all’esclusione – di carattere afflittivo previa valutazione in concreto del carattere della violazione e dei relativi riflessi sulla procedura di gara, non potendo l’Amministrazione prescindere, prima della loro adozione, dall’effettuazione di un’espressa valutazione in ordine all’effettiva responsabilità dell’impresa.
Per quanto attiene poi alla sanzione della segnalazione all’A.V.C.P. deve, in via preliminare, rilevarsi che, da ultimo, superandosi il contrasto giurisprudenziale esistente in materia, è stato affermato che la segnalazione all’Autorità va fatta non solo nel caso di riscontrato difetto dei requisiti di ordine speciale in sede di controllo a campione, ma anche in caso di accertamento negativo sul possesso dei requisiti di ordine generale (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, n. 8/2012; T.A.R. Lazio – Roma, sez. III, 7 dicembre 2012, n. 10249). La detta soluzione trova conferma nel nuovo regolamento di esecuzione del codice dei contratti pubblici, che, nell’indicare i dati da iscrivere nel casellario informatico, sia per le imprese qualificate con il sistema s.o.a., sia per le altre imprese, menziona i "provvedimenti di esclusione dalle gare, ai sensi delle vigenti disposizioni del d.P.R. n. 207/2010" (Consiglio di Stato, sez. VI, 4 dicembre 2012, n. 6210).
Peraltro la segnalazione all’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici dell’esclusione di un’impresa da una gara non produce direttamente un effetto lesivo, ma costituisce l’atto di promovimento di un procedimento in contraddittorio e, quindi, avviso di procedimento che consente all’impresa di presentare all’Autorità proprie deduzioni, ad esempio circa l’avvenuta impugnazione del provvedimento di esclusione (Consiglio di Stato, sez. V, 6 marzo 2013, n. 1370).
La segnalazione all’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, ai fini dell’inserimento di un’annotazione nel casellario informatico delle imprese, si configura pertanto come atto prodromico ed endoprocedimentale e, come tale, non impugnabile perché non dotato di autonoma lesività, potendo essere fatti valere eventuali suoi vizi solo in via derivata, impugnando il provvedimento finale dell’Autorità di vigilanza, unico atto avente natura provvedimentale e carattere autoritativo (cfr. T.A.R. Lazio, II Sezione, 13 maggio 2013 n. 4749).
In definitiva, il ricorso in esame è infondato e va pertanto respinto per quanto concerne l’impugnativa della esclusione della ricorrente dalla gara, inammissibile per difetto di interesse per quanto concerne l’impugnativa della segnalazione all’Autorità dei contratti pubblici e fondato, e quindi da accogliere, per quanto concerne l’impugnativa del provvedimento con cui è disposto l’incameramento delle cauzione provvisoria prestata, provvedimento questo che va conseguentemente annullato.
Sussistono giuste ragioni per compensare integralmente fra le parti le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte, ai sensi e nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla il solo provvedimento con cui è disposto l’incameramento del deposito cauzionale prestato dalla ricorrente per la partecipazione alla gara, per il resto respingendolo.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 maggio 2014 con l’intervento dei magistrati:
Luigi Tosti, Presidente
Salvatore Mezzacapo, Consigliere Estensore
Silvia Martino, Consigliere