Consiglio di Stato, Sez. V, 9 settembre 2013, n. 4471

 

 

 

Consiglio di Stato, Sez. V, 9 settembre 2013, n. 4471

Presidente f.f. Caringella; Estensore Atzeni

 

Il principio di tassatività delle cause di esclusione desumibile dall’art. 46, comma 1-bis, D.Lgs. n. 163/2006 rientra tra i principi generali della disciplina relativa ai contratti pubblici e, in quanto tale, riveste carattere cogente anche contro la previsione di segno contrario della lex specialis.

 

Il principio di tassatività delle cause di esclusione, in quanto principio generale della materia, va applicato anche alle procedure per l’affidamento in concessione di servizi pubblici in virtù del disposto di cui all’art. 30 del Codice dei contratti ai sensi del quale la scelta del concessionario deve avvenire nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici, se ed in quanto norme di principio o esplicative di principi generali.

 

L'attestazione di qualità che può essere prodotta ricorrendo al sistema dell'autocertificazione è una certificazione a rilevanza pubblica, tanto è che gli organismi di attestazione, pur essendo privati, rilasciano certificazioni aventi contenuto vincolato e rilievo pubblicistico in rigida osservanza dei criteri fissati dal D.P.R. 207/2010 e nell'esercizio di una funzione di certificazione soggetta alla vigilanza dell’Autorità.

 

La presentazione del certificato di qualità, in originale o in copia autentica, non costituisce un adempimento formale desumibile dall’art. 43 del Codice dei contratti (Norme di garanzia della qualità) che, in assenza di un sistema accreditato di qualificazione pubblica, fa riferimento al rilascio dei certificati da parte di organismi privati, e pertanto non suscettibili di essere prodotti in gara mediante autocertificazione: tale disposizione deve essere interpretata in chiave non formalistica, potendo l’impresa partecipante provare l’esistenza della qualificazione con mezzi idonei che garantiscano un soddisfacente grado di certezza, nel limite della ragionevolezza e della proporzionalità della previsione della legge speciale di gara, la quale deve garantire la massima partecipazione.

 

 

 

 

BREVI ANNOTAZIONI

 

L’OGGETTO DELLA PRONUNCIA

Con la pronuncia in commento il Consiglio di Stato ha affrontato la compatibilità del modulo procedimentale finalizzato all’affidamento di una concessione di servizi con l’art. 46 del Codice dei contratti pubblici e, in particolare, con il principio di tassatività delle cause di esclusione.

Inoltre, sempre in relazione al tipo di procedura sopra indicata, la sentenza ha affrontato il tema della possibilità di ricorrere allo strumento della autodichiarazione per dimostrare il possesso della attestazione di qualità.

 

IL PERCORSO ARGOMENTATIVO

In relazione al primo dei profili indicati, il Consiglio di Stato ha premesso che, secondo quanto disposto dall’art. 30, D.Lgs. n. 163/2006, la scelta del concessionario deve avvenire nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici, se ed in quanto norme di principio o esplicative di principi generali. Ebbene, ai sensi dell’art. 30, comma 3, del Codice la scelta del concessionario deve avvenire nel rispetto dei principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento e proporzionalità. Sulla base di tali principi generali, è pacifico che la norma richiamata indica nella proporzionalità delle prescrizioni della legge di gara il limite alla richiesta di elementi o documenti ulteriori rispetto a quelli essenziali, e che l’art. 46, evidente e concreta espressione dei principi medesimi, è suscettibile di generale applicazione.

In virtù del principio fondamentale di massima partecipazione alla gara e di proporzionalità, i provvedimenti di esclusione dalla procedura devono trovare il proprio fondamento in un’espressa comminatoria di esclusione, che deve essere non solo univoca ma anche interpretata nel rispetto dei principi di tipicità e tassatività disposti dall'art. 46 comma 1-bis.

In secondo luogo, il Consiglio di Stato ha negato che la presentazione del certificato di qualità, in originale o in copia autentica, costituisca un adempimento formale desumibile dall’art. 43 del d.lgs. n. 163/2006 (“Norme di garanzia della qualità”) che, in assenza di un sistema accreditato di qualificazione pubblica, fa riferimento al rilascio dei certificati da parte di organismi privati, e pertanto non suscettibili di essere prodotti in gara mediante autocertificazione. Tale disposizione, infatti, va letta in chiave sostanzialistica, potendo l’impresa partecipante dimostrare il possesso della qualificazione con mezzi idonei che garantiscano un soddisfacente grado di certezza, nel limite della ragionevolezza e della proporzionalità della previsione della legge speciale di gara, la quale deve garantire la massima partecipazione.

Peraltro, argomenta la sentenza, l'attestazione di qualità costituisce una certificazione a rilevanza pubblica, tanto è che gli organismi di attestazione, pur essendo privati, rilasciano certificazioni aventi contenuto vincolato e rilievo pubblicistico in rigida osservanza dei criteri fissati dal d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, nell'esercizio di una funzione di certificazione soggetta alla vigilanza dell’Autorità: ne deriva la possibilità per i concorrenti di produrre le prescritte certificazioni mediante il sistema dell'autocertificazione.

 

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

In conclusione, la sentenza è particolarmente degna di nota soprattutto nella parte in cui ha precisato la portata applicativa del principio di tassatività delle cause di esclusione, estendendolo anche alle procedure finalizzate all’affidamento di concessioni di servizi.

Il Consiglio di Stato ha chiarito che i principi generali rivestono carattere cogente anche contro la previsione di segno contrario della lex specialis, la quale in parte qua deve essere dichiarata illegittima in quanto contrasta con il principio di tassatività delle cause di esclusione (inosservanza di prescrizioni normative, incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell'offerta, violazione del principio di segretezza delle offerte) le quali non sono configurabili nel caso di specie.

Sotto questo profilo, in tema di affidamento di concessioni di servizi, è anche interessante il richiamo alla sentenza 7.5.2013, n. 13 dell’Adunanza Plenaria secondo cui per effettuare in modo compiuto la distinzione tra principi generali e disposizioni, non può trascurarsi di rilevare che i principi non sono soltanto quelli che il codice definisce, di massima nelle sue parti iniziali (si veda in specie l’art. 2), come principi generali di una data materia, nel senso di superprincipi o valori o finalità teleologiche del sistema. Come è infatti noto, l’aspetto rilevante di un codice, anche nel senso ristretto della nuova codificazione moderna secondo codici di settore, è la sua aspirazione ad essere un “sistema”; il sistema consente di spostare l’attenzione anche su principi, che rendono possibile la comprensione delle singole parti connettendole al tutto e che, finalmente, rendono intellegibile il disegno armonico, organico ed unitario sotteso rispetto alla frammentarietà delle parti.

I principi generali di un settore esprimono valori e criteri di valutazione immanenti all’ordine giuridico, che hanno una memoria del tutto che le singole e specifiche disposizioni non possono avere e ai quali esse sono riconducibili; sono inoltre caratterizzati da una eccedenza di contenuto deontologico in confronto con le singole norme, anche ricostruite nel loro sistema, con la conseguenza che essi, quali criteri di valutazione che costituiscono il fondamento giuridico della disciplina considerata, hanno anche una funzione genetica (“nomogenetica”) rispetto alle singole norme.

Sotto tale profilo, sulla base di quanto dispone l’art. 30, non potrebbe sostenersi l’applicabilità di tutte le disposizioni del codice, in quanto tutte le norme di dettaglio costituiscono una più o meno immediata applicazione di principi generali.

E’ evidente, tuttavia, che i principi generali comunitari o di rilievo nazionale, secondo gli articoli 2 e 30 del codice dei contratti pubblici, abbisognano anche di declinazioni in disposizioni specifiche legislative, che trovano la propria ratio immediata nei medesimi principi, sia pure calati rispetto ad esigenze più particolari e che a loro volta si caratterizzano, questo è il punto centrale, per essere tradizionalmente considerati principi generali della specifica materia (nella specie, dei contratti pubblici).

 

PERCORSO BIBLIOGRAFICO

Sul principio di tassatività delle cause di esclusione degli appalti pubblici, si veda: M. Monteduro, Art. 46 - Le novità introdotte dal D.L. 13 maggio 2011, n. 70 c.d. decreto sviluppo in tema di tassatività delle clausole di esclusione in Codice dei Contratti Pubblici, in F. Caringella, M. Protto (a cura di), Ed. DIKE 2012, pp. 373 ss.; D. Capotorto, M. Nunziata, Forma e sostanza nella partecipazione alle gare pubbliche: tassatività delle cause di esclusione, integrazioni, controlli sui requisiti e sanzioni, in www.giustamm.it, 9/2012; V. Capuzza, Le esclusioni non codificate dal D.Lgs. n. 163/2006 e dal D.P.R. n. 207/2010, in www.giustamm.it, 10/2012; R. Codebò, Tassatività delle cause di esclusione: piccola rivoluzione in favore delle imprese, in Urb. e Appalti, 7/2012, pp. 797 ss.; G. Barzazi, Il principio di tassatività delle cause di esclusione dagli appalti pubblici, in I contratti dello Stato e degli Enti Pubblici, 1/2012, pp. 5 ss.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 8429 del 2012, proposto da:  Matarrese Service dei F.lli Matarrese s.n.c. in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avv. Angelo Clarizia, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Principessa Clotilde n. 2;

contro

So.Di. Service s.r.l. in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avvocato Vincenzo Ricciardi, con domicilio eletto presso l’avvocato Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria n. 2;

nei confronti di

Provincia di Barletta - Andria – Trani in persona del Presidente, non costituita in questo grado del giudizio; Di.A. s.r.l. in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avvocato Maurizio Musci, con domicilio eletto presso l’avvocato Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria n. 2;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale amministrativo della Puglia, sede di Bari, Sezione I, n. 01907/2012, resa tra le parti, concernente affidamento servizio di somministrazione alimenti e bevande tramite distributori automatici

 

 

Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di So.Di. Service s.r.l. e di Di.A. s.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 giugno 2013 il Cons. Manfredo Atzeni e uditi per le parti gli avvocati Clarizia, Ricciardi e Musci;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso al Tribunale amministrativo per la Puglia, sede di Bari, rubricato al n. 1439/2012, SO.DI. Service s.r.l. impugnava la determinazione dirigenziale in data 10 agosto 2012 n. 255 con la quale la Provincia di Barletta - Andria - Trani l’aveva esclusa dalla gara (ex art. 30 del D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163), indetta con avviso pubblico in data 13 dicembre 2011 n. 313, per l’aggiudicazione dell’accordo quadro relativo alla concessione del servizio di somministrazione di alimenti e bevande tramite distributori automatici presso gli istituti provinciali e gli istituti scolastici della Provincia, unitamente agli atti presupposti e conseguenti, tra cui, in particolare, l’avviso pubblico e il disciplinare di gara nonché il medesimo provvedimento n. 255/2012 nella parte in cui aggiudica il servizio alla DI.A. s.r.l. e alla ditta Matarrese Service di Matarrese Michele.

La ricorrente deduceva l’illegittimità dell’art. 5, lett. d) del disciplinare di gara nella parte in cui comminava la sanzione dell’esclusione ove le certificazioni di qualità (nel caso in esame, serie UNI EN ISO 9001 e 22000) non fossero state prodotte in originale o in copia conforme come testualmente richiesto.

In particolare, assumeva la ricorrente che la conformità all’originale può essere attestata mediante dichiarazione sostitutiva di un atto di notorietà, resa dal legale rappresentante e munita di copia del documento di riconoscimento del sottoscrittore ex artt. 19, 19-bis, 38 e 47 del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445.

Chiedeva quindi l’annullamento dell’art. 5, lett. d) del disciplinare di gara e dei provvedimenti impugnati di esclusione e di aggiudicazione della gara.

Con la sentenza in epigrafe, n. 1907 in data 7 novembre 2012, il Tribunale amministrativo per la Puglia, sede di Bari, accoglieva il ricorso, per l’effetto annullando l’art. 5 lett. d) del disciplinare di gara, il provvedimento di esclusione della ricorrente ed il provvedimento di aggiudicazione definitiva in favore delle controinteressate.

2. Avverso la predetta sentenza Matarrese Service propone il ricorso in appello in epigrafe, rubricato al n. 8429/12, contestando gli argomenti che ne costituiscono il presupposto e chiedendo la sua riforma, previa sospensione, e il rigetto integrale del ricorso di primo grado.

Si è costituita in giudizio SO.DI. Service s.r.l. chiedendo il rigetto dell’appello.

Si è costituita in giudizio, altresì, DI.A. s.r.l., con argomentazioni tutte adesive alle tesi e alle richieste dell’appellante ed un’ulteriore argomentazione relativa alla dedotta facoltà per la stazione appaltante di poter individuare specifici requisiti di partecipazione alla gara (tale configurandosi la richiesta di certificati in orinale o in copia conforme) e conseguenti cause di esclusione.

L’istanza cautelare è stata riunita al merito.

A seguito di rogito notarile in data 9 maggio 2013 rep. 28315 la Matarrese Service dei Fratelli Matarrese s.n.c. è subentrata in tutte le posizioni giuridiche dell’originaria appellante Matarrese Service di Matarrese Michele.

Alla pubblica udienza del 4 giugno 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.

3. L’odierna appellante ha partecipato alla gara per la concessione del servizio di somministrazione di alimenti e bevande tramite distributori automatici presso gli istituti provinciali e gli istituti scolastici della Provincia di Barletta – Andria - Trani, indetta con avviso del 13 dicembre 2011, aggiudicandosi il servizio unitamente alla società DI.A. s.r.l. (determinazione dirigenziale n. 255 del 10.8.2012).

Con la medesima determinazione dirigenziale n. 255/2012 è stata esclusa la società SO.DI. Service, per avere presentato i certificati di qualità aziendale UNI EN ISO 9001 e 22000 in copia semplice anziché in originale o copia conforme, in violazione delle modalità prescritte dal disciplinare di gara a pena di esclusione (art. 5).

SO.DI. Service ha quindi impugnato il provvedimento di esclusione predetto e di contestuale aggiudicazione nonché l’art. 5 del presupposto disciplinare di gara, deducendo di essere in possesso dei requisiti di qualità aziendale e di averli correttamente documentati a mezzo di dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà ex d.P.R. 445/2000; il ricorso è stato integralmente accolto dal primo giudice.

Matarrese Service, aggiudicataria della gara, ha quindi proposto l’appello in epigrafe.

3a. Premette in primo luogo l’appellante che la procedura per cui è causa, concernente l’affidamento di una concessione di servizi ex art. 30 del d.Lgs. 163/2006, non è attratta, per materia, nell’ambito di applicazione della disciplina comunitaria ed interna in materia di appalti pubblici.

Di conseguenza, secondo l’appellante, non può trovare applicazione neppure il principio di tassatività delle cause di esclusione dettato per gli appalti pubblici all’art. 46, comma 1-bis, del d.lgs. n. 163/2006 (Documenti e informazioni complementari – Tassatività delle cause di esclusione), che il primo giudice avrebbe erroneamente richiamato, ai sensi del quale la stazione appaltante deve i candidati soltanto nei casi di inadempimento previsti e tipizzati dallo stesso decreto legislativo o dal regolamento (inosservanza di prescrizioni normative, incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell'offerta, violazione del principio di segretezza delle offerte), senza la possibilità di prevedere nei bandi di gara ulteriori cause di esclusione.

Come ulteriore conseguenza, sarebbe illegittima l’ammissione alla procedura della SO.DI. Service perché la domanda sarebbe carente dei certificati di qualità aziendale come richiesti dal disciplinare a pena di esclusione e quindi priva di un requisito essenziale per la partecipazione.

La tesi non è condivisibile.

Deve essere rilevato infatti che, come precisato anche dal primo giudice, l’art. 30 dispone che la scelta del concessionario deve avvenire nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici, se ed in quanto norme di principio o esplicative di principi generali (C. di S., A. P., 7 maggio 2013, n. 13).

Ai sensi del terzo comma dell'art. 30, appena richiamato, la scelta del concessionario deve avvenire nel rispetto dei principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento e proporzionalità.

Sulla base di tali principi generali, è pacifico che la norma richiamata indica nella proporzionalità delle prescrizioni della legge di gara il limite alla richiesta di elementi o documenti ulteriori rispetto a quelli essenziali, e che l’art. 46, evidente e concreta espressione dei principi medesimi, è suscettibile di generale applicazione.

I provvedimenti di esclusione da una procedura di gara devono quindi essere fondati - in virtù del fondamentale principio di massima partecipazione alla gara e di proporzionalità - su un'espressa comminatoria di esclusione, la quale deve essere non solo univoca ma anche interpretata nel rispetto dei principi di tipicità e tassatività disposti dall'art. 46 comma 1-bis.

Al riguardo, deve essere affermato che detti principi generali rivestono carattere cogente anche contro la previsione di segno contrario della lex specialis, la quale in parte qua deve essere dichiarata illegittima in quanto contrasta con il principio di tassatività delle cause di esclusione (inosservanza di prescrizioni normative, incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell'offerta, violazione del principio di segretezza delle offerte) le quali non sono configurabili nel caso di specie.

La censura non può pertanto essere condivisa.

3b. Non può nemmeno essere condivisa l’argomentazione secondo la quale la presentazione del certificato di qualità, in originale o in copia autentica, costituisce un adempimento formale desumibile dall’art. 43 del d.lgs. n. 163/2006 (Norme di garanzia della qualità), il quale, in assenza di un sistema accreditato di qualificazione pubblica, fa riferimento al rilascio dei certificati da parte di organismi privati, e pertanto non suscettibili di essere prodotti in gara mediante autocertificazione.

Osserva il Collegio che la suddetta disposizione deve essere letta in chiave non formalistica, potendo l’impresa partecipante provare l’esistenza della qualificazione con mezzi idonei che garantiscano un soddisfacente grado di certezza, nel limite della ragionevolezza e della proporzionalità della previsione della legge speciale di gara, la quale deve garantire la massima partecipazione.

Peraltro, l'attestazione di qualità è certificazione a rilevanza pubblica, tanto è che gli organismi di attestazione, pur essendo privati, rilasciano certificazioni aventi contenuto vincolato e rilievo pubblicistico in rigida osservanza dei criteri fissati dal d.P.R. 5 ottobre 2010 n. 207 e nell'esercizio di una funzione di certificazione soggetta alla vigilanza dell’Autorità, con la conseguente possibilità di produrre le prescritte certificazioni mediante il sistema dell'autocertificazione.

Deve quindi essere affermato che l’art. 5 del disciplinare di gara, nella parte in cui fissa le modalità di allegazione degli obblighi dichiarativi, è illegittimo onde la dichiarazione sostitutiva è idonea, in virtù del principio di autoresponsabilità di cui è espressione, a creare affidamento nella stazione appaltante sul possesso dei requisiti di partecipazione.

Il motivo deve quindi essere respinto.

3c. L’appellante rileva inoltre che, in quanto certificazione rilasciata da organismo privato, l’attestazione di conformità avrebbe dovuto essere effettuata a mezzo di pubblico ufficiale alla stregua dell’art. 18 del d.P.R. n. 445/2000, e non invece, come nel caso concreto, a mezzo di produzione di copia semplice contenente la dichiarazione resa dalla parte dichiarante di conformità all’originale.

La contestazione che ne occupa è superata dalle argomentazioni che precedono, relative al contenuto pubblicistico delle attestazioni rese dagli organismi privati, e pertanto correttamente l’appellata ha reso la dichiarazione sostitutiva ai sensi degli artt. 38 e 47 del d.P.R. n. 445/2000.

Il motivo deve, pertanto, essere respinto.

3d. L’appellante sostiene che comunque la SO.DI. Service doveva essere esclusa dalla gara in quanto la dichiarazione resa sarebbe priva del documento di identità del dichiarante e del riferimento contestuale alle sanzioni penali previste dall’art. 76 del d.P.R. n. 445/2000 per le ipotesi di falsità in atti e di dichiarazioni mendaci.

Tale affermazione non può essere condivisa ed anzi l’appellata ha fornito la prova contraria.

La domanda di partecipazione datata 12 gennaio 2012 (n. 2 dell’elenco) richiama infatti le sanzioni penali suddette ed il possesso della certificazione di qualità, salvo poi allegare in copia le singole attestazioni (recanti ciascuna la dichiarazione “è copia conforme all’originale”, la data 12.1.2012 e la firma del dichiarante legale rappresentante della società) e il documento di riconoscimento ed è pertanto valida perché redatta secondo le formalità di cui agli artt. 38 e 47 del d.P.R. 445/2000.

Dalla lettera delle citate disposizioni non si ricava la necessità che ogni sottoscrizione sia supportata da uno specifico richiamo alle sanzioni penali e singolarmente corredata di fotocopia del documento di identità, in quanto la domanda di partecipazione e i relativi allegati sono stati resi in un unico contesto e pertanto assumono, unitariamente considerati, la funzione sostanziale di prova della provenienza della domanda e delle dichiarazioni rese.

L’osservazione secondo la quale i suddetti elementi dovevano essere contenuti in un unico documento, anziché in diversi atti, è priva di rilevanza, una volta che le dichiarazioni suddette sono di contenuto convergente.

Atteso che certamente la domanda di partecipazione e i documenti allegati hanno contenuto convergente e risultano idonei – per il principio di autoresponsabilità – a creare affidamento nella stazione appaltante sul possesso dei requisiti di partecipazione, la censura deve essere respinta.

3e. L’appellante contesta infine la statuizione del primo giudice, secondo il quale nel corso della gara l’Amministrazione appaltante ben doveva e poteva richiedere le integrazioni documentali ritenute necessarie ex art. 46, 1 comma, del d.lgs. n. 163/2006 anziché escludere l’appellata.

Al riguardo, lamenta che la radicale omissione della dichiarazione richiesta aveva precluso e doveva precludere per ciò solo alla stazione appaltante la prospettata integrazione.

Ritiene il collegio che il caso ad esame ricade nell’ambito di applicazione del cit. art. 46 e che quindi l’appellata abbia legittimamente allegato le informazioni richieste.

Ad ogni modo, la norma al fine di evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità tra i concorrenti e la massima apertura alla gara, consente, ove necessario, di regolarizzare successivamente il contenuto dubbio di documenti agli atti, valorizzando il principio della “par condicio” tra concorrenti.

Anche l’argomentazione in esame deve quindi essere disattesa.

3f. DI.A. s.r.l., anch’essa aggiudicataria della gara per cui è causa ed interveniente nel presente giudizio di appello, introduce un’ulteriore argomentazione a sostegno delle tesi dell’appellante assumendo che la stazione appaltante poteva legittimamente individuare specifici requisiti di partecipazione alla gara ex artt. 41 (Capacità economica e finanziaria dei fornitori e dei prestatori di servizi) e 42 (Capacità tecnica e professionale dei fornitori e dei prestatori dei servizi) del d.Lgs. 163/2006, se coerenti con l’oggetto della procedura e proporzionati alle esigenze dell’Amministrazione, e le conseguenti cause di esclusione.

Osserva, al riguardo, che deve ritenersi tale la richiesta produzione dei certificati in originale o in copia conforme e che tale requisito di partecipazione risponde al principio di proporzionalità avuto riguardo al valore economico della concessione (413.000,00 euro circa il canone stimato), alla durata dell’accordo quadro (quattro anni) e alla rilevanza del servizio dedotto in concessione (stimati 100 distributori di bevande ed alimenti).

La tesi – di dubbia ammissibilità, non essendo stata proposta con atto d’appello - non può essere condivisa.

La clausola della legge di gara impugnata, palesemente, non individua un requisito di partecipazione ma una modalità di allegazione di uno dei requisiti medesimi, che quindi non è espressione della facoltà rimessa alla stazione appaltante di definire e richiedere specifiche capacità economico-finanziarie e tecnico-professionali per i concessionari e, come stretta conseguenza, le cause di esclusione.

L’appellata, i cui requisiti di capacità aziendale non sono stati mai contestati, non si è sottratta all’onere di allegazione, ed anzi lo ha correttamente rispettato, alla luce di tutte le argomentazioni che precedono.

4. L’appello deve, in conclusione, essere respinto.

In considerazione della complessità delle questioni discusse le spese devono essere interamente compensate tra le parti costituite.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull'appello n. 8429/12, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa integralmente spese ed onorari del giudizio fra le parti costituite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Francesco Caringella, Presidente FF

Manfredo Atzeni, Consigliere, Estensore

Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere

Doris Durante, Consigliere

Antonio Bianchi, Consigliere