Tar Lazio, Roma, Sezione III-ter, sentenza 20 novembre 2012, n. 9548

Tar Lazio, Roma, Sezione III-ter, sentenza 20 novembre 2012, n. 9548
Presidente Daniele; Estensore Di Nezza

1. Ai fini della applicazione della causa di esclusione prevista dall’art. 38, comma 1, lett. f) del Codice dei contratti pubblici, non è necessario il definitivo accertamento in s.g. del pregresso inadempimento ma è sufficiente una motivata valutazione della P.A. del comportamento tenuto in precedenti rapporti contrattuali dal soggetto interessato.

2. L’art. 38, co. 1, lett. f), del Codice dei contratti pubblici è una disposizione che non presenta un carattere sanzionatorio, contemplando una misura a presidio dell’elemento fiduciario del rapporto pubblico-privato, che esclude qualsiasi automatismo, in quanto l’esclusione deve essere il risultato di una ‘motivata valutazione’, essendo riservata alla stazione appaltante la valutazione della gravità dei pregressi inadempimenti. In altri termini, l’esclusione per "deficit di fiducia" è una decisione rimessa all’apprezzamento della stazione appaltante sull’individuazione del "punto di rottura dell’affidamento" nel pregresso o futuro contraente.

3. Il controllo in sede giurisdizionale sulla valutazione della gravità dei pregressi inadempimenti deve essere svolto ab extrinseco. Tale controllo è diretto ad accertare il ricorrere di seri indici di simulazione (dissimulante una odiosa esclusione), ma non è mai sostitutivo. In altri termini, il sindacato sulla motivazione del rifiuto deve essere rigorosamente mantenuto sul piano della verifica della non pretestuosità della valutazione degli elementi di fatto esibiti dall’appaltante come ragione di rifiuto.

4. È  legittima l’esclusione di un concorrente da una procedura ad evidenza pubblica, per c.d. deficit di fiducia ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. f), del Codice dei contratti pubblici, che sia motivata con riferimento: i) alla risoluzione di due precedenti contratti in essere tra stazione appaltante e concorrente, pronunciata a seguito di una inchiesta della Procura della Repubblica volta ad accertare l’esistenza di un cartello di imprese occulto costituito allo scopo di falsare gli esiti delle gare indette dalla stessa P.A., nel corso della quale il G.I.P. ha applicato misure cautelari nei confronti degli amministratori delle società coinvolte; ii) alla successiva ordinanza emessa sulla richiesta di misure ai sensi del d.lgs. n. 231/2001 nei confronti di dette società, con la quale lo stesso G.I.P. ha posto in evidenza il ruolo centrale svolto dall’amministratore e referente della società interessata; iii) alla autonoma valutazione dei fatti emersi dall’inchiesta, indipendentemente dagli esiti del giudizio penale, in ordine alla affidabilità e alla probità del concorrente.

 

BREVI ANNOTAZIONI

 

L’OGGETTO DELLA PRONUNCIA

Il giudice amministrativo capitolino, nella pronuncia in commento, si è soffermato sulla corretta interpretazione della causa di esclusione prevista dell’art. 38, comma 1, lett. f) del D. Lgs. 163/2006, a norma del quale sono esclusi dalla partecipazione alle gare di appalto i soggetti “che, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, hanno commesso grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara; o che hanno commesso un errore grave nell’esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante”.

 

IL PERCORSO ARGOMENTATIVO

Nel caso di specie, la ditta ricorrente impugnava il provvedimento di esclusione disposto ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. f), D.Lgs. 163/2006 dalla stazione appaltante, a causa di risoluzioni di precedenti rapporti contrattuali per violazione, tra l’altro, del codice etico della medesima amministrazione.

La ricorrente, nel richiedere l’annullamento del provvedimento, sosteneva dal canto suo che l’esclusione era stata in realtà comminata per essere state applicate, a carico dell’amministratore di una società, socia della medesima ricorrente, misure cautelari da parte di un giudice penale per reati commessi nei confronti della stessa stazione appaltante che ha bandito la gara e che, pertanto, in questi casi non dovrebbe trovare applicazione quanto previsto dalla citata disposizione normativa.

Con la decisione dello scorso 20 novembre, il Tar Lazio, Roma, ritenendo che la causa di esclusione di cui all’art. 38, comma1, lett. f), D.Lgs. 163/2006 possa essere disposta laddove venga meno quell’elemento fiduciario che deve necessariamente sussistere nei rapporti contrattuali della pubblica amministrazione, ha confermato innanzitutto la consolidata interpretazione giurisprudenziale della disposizione in esame. In altre parole, viene nuovamente affermato che la norma non ha carattere sanzionatorio ma è posta a garanzia dell’esistenza della fiducia che necessariamente la pubblica amministrazione deve riporre nei propri contraenti.

In particolare, il giudice amministrativo capitolino ha ritenuto che, in tali casi, non sia necessario l’accertamento definitivo in sede giurisdizionale della responsabilità del contraente per l'inadempimento in relazione ad un precedente rapporto contrattuale, essendo sufficiente una motivata valutazione dell'amministrazione che bandisce la gara in ordine alla grave negligenza o malafede nell'esercizio delle prestazioni affidate dalla stessa e al globale comportamento precedentemente tenuto dalla ditta concorrente, che abbiano fatto venir meno la fiducia nell'impresa (Cons. Stato, sez. VI, 15 maggio 2012, n. 2761).

Tale valutazione, continua la decisione in commento, è sindacabile dal giudice amministrativo il quale dovrà accertare esclusivamente l’esistenza o meno di vizi di travisamento, illogicità e irragionevolezza della medesima, essendogli precluso un potere sostitutivo nei confronti della pubblica amministrazione. In altri termini, il sindacato sulla motivazione dell’esclusione ai sensi dell’art. 38, comma1, lett. f) D. Lgs. 163/2006 deve limitarsi alla verifica della non pretestuosità della valutazione degli elementi di fatto che la stazione appaltante ha posto alla base della propria decisione (Cons. Stato, sez. VI, 15 maggio 2012, n. 2761).

Per le illustrate argomentazioni, la sentenza in commento conclude ritenendo legittima, se sorretta da adeguata motivazione, la decisione della stazione appaltante di escludere una ditta da una gara di appalto anche nel caso in cui i precedenti contratti in essere con la medesima amministrazione siano stati risolti a seguito di un’inchiesta della Procura della Repubblica per reati commessi nei confronti della medesima stazione appaltante e della conseguente ordinanza emessa ai sensi del D. Lgs. 231/2001 nella quale sia posto in evidenza il ruolo centrale svolto dall’amministratore e referente della società. I fatti emersi dall’inchiesta, infatti, possono essere valutati dalla stazione appaltante al fine di accertare se gli stessi possano o meno incidere sull’affidabilità e probità della ditta concorrente, indipendentemente dai risultati del giudizio penale.

La decisione del Tar Lazio, Roma, pertanto, si pone sulla stessa linea della costante giurisprudenza secondo la quale la causa di esclusione di cui all’art. 38, comma 1, lett. f), sarebbe applicabile non solo nei casi di carenza delle competenze tecniche per eseguire le prestazioni dedotte in contratto, ma anche in quelli in cui il concorrente “non sia in grado di garantire un contegno ispirato a correttezza e probità contrattuale” (Cons. Stato, sez. V, 28 dicembre 2011, n. 6951).

 

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

L’art. 38, comma 1, lett. f) D. Lgs. 163/2006 è una disposizione normativa che, tutelando la stazione appaltante che bandisce la gara tramite la valutazione dell’affidabilità della ditta concorrente, recepisce un principio consolidato della giurisprudenza, secondo il quale l’esclusione può essere disposta nei soli casi in cui la negligenza o la malafede riguardino rapporti contrattuali con la medesima stazione appaltante (Tar Abruzzo, Pescara, Sez. I, 7 marzo 2008, n. 151; Cons. Stato, Sez. IV, 25 agosto 2006, n. 4999).

La sentenza in esame non pone particolari problemi interpretativi, ponendosi sulla scia di precedenti pronunce giurisprudenziali e operando un’analisi dello stato dell’arte dell’interpretazione della causa di esclusione per deficit di fiducia.

La decisione del Tar Lazio, Roma, infatti:

(i) riafferma che la disposizione in parola non ha carattere sanzionatorio ma si basa esclusivamente sull’accertamento amministrativo dell’affidabilità dell’impresa, necessaria al fine di dimostrare l’esistenza di quell’elemento fiduciario che deve sussistere nei rapporti tra la pubblica amministrazione ed i propri contraenti (Cons. Stato, sez. VI, 15 maggio 2012, n. 2761; Cass. Civ., sez. un., 17 febbraio 2012, nn. 2312 e 2313);

(ii) ribadisce, ancora una volta, la non necessità di un accertamento giurisdizionale delle responsabilità della ditta concorrente (Cons. Stato, sez. VI, 15 maggio 2012, n. 2761);

(iii) conferma, infine, la discrezionalità della valutazione che in tali casi la stazione appaltante è chiamata ad effettuare e l’obbligo di adeguata motivazione nel caso in cui si ritenga di dover escludere una ditta concorrente ai sensi dell’art. 38, comma1, lett. f) D. Lgs. 163/2006 (Consiglio di Stato, Sez. V, 21 giugno 2012, n. 3666; Tar Puglia, Bari, Sez. I, 14 giugno 2012, n. 1183; Consiglio di Stato, Sez. V, 16 agosto 2010, n. 5725; Consiglio di Stato, Sez. V, 27 gennaio 2010, n. 296).

Tutto ciò a prescindere dalla circostanze che hanno determinato il venir meno del rapporto fiduciario in senso stretto; ovvero sia che inerisca l’attività di esecuzione contrattuale tout court di precedenti rapporti negoziali P.A.-concorrente, sia che tali rapporti negoziali siano venuti meno per ragioni diverse (indagini penali, applicazione di misure cautelari e violazione del codice etico della stazione appaltante).

 

PERCORSO BIBLIOGRAFICO

Sulla causa di esclusione di cui all’art. 38, comma 1, lett. f) D. Lgs. 163/2006, si veda:

D. Ielo, C. Catarisano - “Art. 38 – Analisi delle singole modifiche alle clausole di esclusione. Analisi del comma 1, lett. f)” in “Codice dei Contratti Pubblici” – a cura di F. Caringella e M. Protto, Ed. DIKE 2012, 261 ss.;

R. Greco, “Errori, negligenza e malafede” in “Codice degli appalti pubblici” a cura di R. Garofoli e G. Ferrari, 2012, 1, 534 ss.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA


sul ricorso numero di registro generale 6901 del 2012, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
 

PM & C s.c. a r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Giorgio Antonicelli, presso il cui studio in Roma, Via Lima n. 31, ha eletto domicilio
 

contro
 

Trenitalia s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti prof. Luisa Torchia e Tommaso Di Nitto, con domicilio eletto presso lo studio legale "Prof. Avv. Luisa Torchia ed altri s.t.p." in Roma, Via Sannio n. 65
 

per l'annullamento
 

(ric.) del provvedimento di esclusione di cui alla nota UA del 3 agosto 2012 dalla gara a procedura aperta di rilievo comunitario n. 4255507 (cod. id. CIG 42905154FB) per l'affidamento del "servizio di smontaggio e rimontaggio di motoventilatori, turbo soffianti, motori di trazione, cardani e gabbie e smontaggi e rimontaggi meccanici e pneumatici su rotabili di tipologia ETR 460/470/485/450, da eseguirsi presso gli stabilimenti Trenitalia OMC ETR di Bologna e OMC ETR di Vicenza", e di ogni altro atto connesso, ivi inclusa la disposizione di cui al punto VI.3.12 del bando di gara;
(mm.aa.) del reiterato provvedimento di esclusione di cui alla nota UA del 14.9.2012
e per la condanna
alla riammissione della ricorrente alla gara ovvero al risarcimento del danno nella misura del 10% dell’importo a base d’asta
Visti il ricorso in appello, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della società intimata;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;
Relatore nell'udienza pubblica del 25 ottobre 2012 il cons. Mario Alberto di Nezza e uditi per le parti i difensori come da verbale;
1. Rilevato:
- che la società PM & C. ha chiesto l’annullamento dell’esclusione dalla gara meglio specificata in epigrafe, disposta da Trenitalia ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs. n. 163 del 2006 in ragione della "risoluzione di precedenti rapporti contrattuali per violazione del codice etico del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane s.p.a.", ma in realtà –a suo dire- per l’avvenuta applicazione di misure cautelari da parte del G.i.p. del Tribunale di Firenze nei confronti di un procuratore di una società (Elettronica PM) socia della ricorrente (ord. 10.9.2011; sempre nell’ambito del medesimo procedimento penale alla società istante erano stati concessi termini per l’adeguamento del sistema aziendale di controllo; la risoluzione riguarderebbe invece il contr. n. 1200001562 rubrica 2601/2009);
- che, costituitasi in resistenza la società intimata, con ordinanza n. 3219 del 7.9.2012 (recante richiamo all’ordinanza di questa Sezione n. 2755/12, resa su un caso analogo) è stata accolta l’istanza cautelare;
- che con rituali motivi aggiunti la ricorrente ha esteso l’impugnazione al successivo provvedimento del 14.9.2012 con cui Trenitalia ha reiterato l’esclusione in dichiarata esecuzione del dictum cautelare;
- che, respinta con ordinanza n. 3698 del 12.10.2012 l’istanza di sospensiva proposta avverso detta determinazione, all’odierna udienza, depositate dalle parti ulteriori memorie anche di replica, il giudizio è stato trattenuto in decisione;
2. Ritenuto:
- di rilevare in via preliminare, in adesione alle eccezioni della resistente, l’improcedibilità dell’iniziale impugnazione, stante l’avvenuta adozione da parte di Trenitalia del provvedimento del 14.9.2012, e la tardività delle memorie depositate dalla ricorrente per la discussione l’11.10, il 12.10 e il 15.10.2012 (essendo il termine di quindici giorni liberi anteriori all’odierna udienza venuto a spirare il 9.10.2012);
- che con i motivi aggiunti la società istante -nel riproporre essenzialmente (con l’unica articolata doglianza dedotta, prospettante: violazione e falsa applicazione dell’art. 38, comma 1, lett. f, d.lgs. n. 163/06; eccesso di potere per manifesta ingiustizia, difetto di istruttoria e sviamento; insufficiente e contraddittoria motivazione ex art. 3 l. n. 241/90) il medesimo nucleo di critiche già formulate con l’atto introduttivo- si sofferma sulla motivazione del ridetto provvedimento di esclusione del 14.9.2012, assumendone l’illegittimità secondo il ragionamento di seguito sintetizzato:
i) Trenitalia non avrebbe proceduto a quell’approfondita valutazione dei fatti (sottesi anche all’iniziale esclusione) richiesta dalla pronuncia cautelare, essendosi limitata a riproporne il contenuto con aggiunta di elementi non decisivi; in particolare, nell’ordinanza del G.i.p. del Tribunale di Firenze in data 16.12.2011 non vi sarebbe alcuna qualificazione della responsabilità della ricorrente o di suoi esponenti, occorrendo piuttosto tenere conto dello stato del procedimento penale e dunque della "provvisorietà" della complessiva situazione ivi rappresentata, da verificare nell’eventuale fase dibattimentale (a tale proposito, sarebbe totalmente priva di fondamento la parte della motivazione in cui si afferma che i requisiti tecnici ed economici vantati dalla ricorrente sarebbero stati acquisiti –e spesi in varie gare– "non già in forza delle qualità dimostrate nell’esercizio della propria attività professionale, bensì attraverso condotte collusive e fraudolente, che hanno determinato distorsioni nel mercato dei fornitori di Trenitalia");
ii) sotto altro profilo, le motivazioni del provvedimento di esclusione si incentrerebbero su un elemento, il "deficit di fiducia", non riferibile ad alcuna norma di legge (tenuto conto della disciplina comunitaria e nazionale in materia di partecipazione alle pubbliche gare) e per giunta valorizzato, nei precedenti giurisprudenziali richiamati nella determinazione impugnata, soltanto perché i procedimenti penali relativi agli interessati si sarebbero conclusi con sentenze (ancorché non definitive) di condanna, non già con ordinanze cautelari; nemmeno sarebbe rilevante la condotta di un procuratore dell’impresa, peraltro non appartenente più alla società, ritenuta dallo stesso g.i.p. di Firenze non idonea a comportare l’interdizione della ricorrente alla partecipazione alle gare pubbliche;
iii) né a sostegno dell’estromissione varrebbe richiamare la risoluzione di un precedente contratto inter partes, peraltro completamente eseguito, disposta non già per malafede, grave negligenza o gravi errori nell’esecuzione, ma per il coinvolgimento dell’impresa nelle ricordate vicende penali (essendosi perciò detta risoluzione tradotta in "sanzione postuma");
- che le pur perspicue argomentazioni della ricorrente non meritano tuttavia condivisione;
- che infatti -nonostante la fondatezza della critica rivolta avverso la considerazione esposta nell’atto impugnato circa l’asserita acquisizione, da parte della ricorrente, dei propri requisiti tecnico-economici per effetto di "condotte collusive e fraudolente" (v. sopra, sub i), assunto che si risolve in una petizione di principio riposante su un inammissibile salto logico tra i fatti posti a base della risoluzione del precedente rapporto inter partes, fatti (allo stato) circoscritti nei limiti dell’accertamento penale in corso, e il complessivo contegno della ricorrente stessa- il proprium della contestata esclusione non presenta i vizi dedotti;
- che va al riguardo premesso come l’art. 38, co. 1, lett. f), d.lgs. n. 163 del 2006 (sono esclusi dalla partecipazione alle gare di appalto i soggetti "che, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, hanno commesso grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara; o che hanno commesso un errore grave nell’esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante") sia inteso dalla giurisprudenza nel senso che "il pregresso inadempimento è causa di esclusione in base a motivata valutazione della stazione appaltante, senza necessità che lo stesso sia stato definitivamente accertato in sede giurisdizionale", essendo a tal fine "sufficiente la valutazione che la stessa amministrazione abbia fatto in sede amministrativa del comportamento tenuto in precedenti rapporti contrattuali dal soggetto" (Cons. Stato, sez. VI, 15 maggio 2012, n. 2761);
- che si è altresì chiarito come la norma non abbia carattere sanzionatorio, contemplando "una misura a presidio dell’elemento fiduciario, che esclude di per sé qualsiasi automatismo, perché l’esclusione deve essere il risultato di una ‘motivata valutazione’", essendo riservata alla stazione appaltante la valutazione della gravità dei pregressi inadempimenti (valutazione sindacabile in giudizio solo se affetta da vizi di travisamento, illogicità, irragionevolezza); la decisione di esclusione per "deficit di fiducia" è cioè rimessa all’apprezzamento dell’amministrazione aggiudicatrice sull’individuazione del "punto di rottura dell’affidamento" nel pregresso o futuro contraente, di talché "il controllo del giudice amministrativo su tale valutazione discrezionale deve essere svolto ab extrinseco, ed è diretto ad accertare il ricorrere di seri indici di simulazione (dissimulante una odiosa esclusione), ma non è mai sostitutivo" (in altri termini, il sindacato sulla motivazione del rifiuto "deve essere rigorosamente mantenuto sul piano della verifica della non pretestuosità della valutazione degli elementi di fatto esibiti dall’appaltante come ragione di rifiuto"; così Cons. Stato, sez. VI, n. 2761/12 cit., che a sua volta richiama Cass. civ., sez. un. 17 febbraio 2012, nn. 2312 e 2313);
- che questa linea di pensiero si pone in asse con la recente pronuncia delle Sezioni unite della Corte di cassazione sull’ambito del potere cognitorio del giudice amministrativo nei casi di esclusione ex art. 38, co. 1, lett. f), avendo il Giudice della giurisdizione affermato come "in presenza di una ragionevole scelta legislativa di consentire il rifiuto di aggiudicazione per ragioni di inaffidabilità dell’impresa – esemplificativamente indicate in ipotesi di mala fede o colpa grave emerse nella esecuzione del pregresso rapporto o di serie carenze professionali emergenti dal passato aziendale – il sindacato di legittimità del giudice amministrativo nello scrutinio di un uso distorto di tale rifiuto debba prendere atto della chiara scelta di rimettere alla stessa stazione appaltante la individuazione del punto di rottura dell’affidamento nel pregresso e/o futuro contraente"; con la conseguenza che una decisione che "non accerti l’inesistenza di alcuna ragione giustificante o la esistenza indiscutibile di ragioni dissimulate ma valuti solamente la insufficienza dei dati addotti a sostenere come plausibile il superamento di quel punto di rottura, incorre, all’evidenza, nel […] vizio di eccesso di potere cognitivo ai danni dell’amministrazione" (così Cass. civ., sez. un., n. 2312/12 cit.);
- che, facendo applicazione delle riportate coordinate interpretative, l’impugnato provvedimento di esclusione risulta sorretto da adeguata motivazione, riferendosi a circostanze costituenti idonea (i.e. non pretestuosa) giustificazione dell’apprezzamento circa il venir meno dell’elemento fiduciario nei rapporti con la stazione appaltante;
- che infatti nella determinazione del 14.9.2012 Trenitalia: a) si è anzitutto soffermata sulle ragioni della risoluzione di due precedenti contratti inter partes (nn. 220000344 del 22.2.2011 e 6500000723-6100000557 del 20.1.2010, menzionati nel provvedimento), pronunciata a seguito della ricordata inchiesta della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze volta ad accertare l’esistenza di un cartello di imprese occulto costituito allo scopo di falsare gli esiti delle gare indette dalla resistente, nel corso della quale il G.i.p. del medesimo Tribunale aveva applicato misure cautelari nei confronti degli amministratori delle società coinvolte (ord. 10.9.2011); b) ha poi precisato come nella successiva ordinanza emessa sulla richiesta di misure ex d.lgs. n. 231/2001 nei confronti di dette società (ord. 16.9.2011) lo stesso giudice avesse posto in evidenza il ruolo centrale svolto dall’amministratore e referente della società istante (desunto anche dalle intercettazioni), "senza in alcun modo mettere in discussione la fondatezza degli indizi raccolti […]";c) ha rappresentato di essere titolare di un potere valutativo autonomo dei fatti emersi dall’inchiesta, indipendentemente dagli esiti del giudizio penale, anche al fine di accertare se gli stessi possano incidere sull’"affidabilità" e la "probità" della ricorrente medesima (richiamando in proposito Cons. Stato, sez. V, 28 dicembre 2011, n. 6951, secondo cui la causa di esclusione di cui all’art. 38, co. 1, lett. f, sarebbe applicabile non solo nei casi di carenza delle competenze tecniche per eseguire le prestazioni dedotte in contratto, ma anche in quelli in cui il concorrente "non sia in grado di garantire ‘un contegno ispirato a correttezza e probità contrattuale’"); d) ha infine dato conto delle più recenti posizioni assunte (in sede cautelare) da questa Sezione (ord. 28 gennaio 2012, n. 367) e dal Consiglio di Stato (sez. VI, ord. 31 luglio 2012, n. 3064);
- che la lettura della vicenda fatta dalla stazione appaltante nel censurato provvedimento appare coerente con i riportati parametri di giudizio (in specie, con la facoltà di autonomo accertamento dei fatti da parte della stazione appaltante) e con le risultanze processuali (segnatamente, con le motivazioni rese dal g.i.p. nell’ordinanza cautelare riguardante le imprese);
- che le misure di dissociazione (pur tempestivamente e adeguatamente) adottate dalla ricorrente (nella specie, dimissioni dell’amministratore coinvolto nella vicenda penale) sono state tuttavia ritenute (almeno nell’immediato; v. oltre, in merito al punto VI.3.11 del bando), recessive rispetto alla rottura del vincolo fiduciario determinata dai fatti emersi dall’inchiesta penale, come peraltro giustificato dal principio di continuità sostanziale riaffermato dalla più recente giurisprudenza (Cons. Stato, ad. plen., 4 maggio 2012, n. 10; v. anche Cons. Stato, sez. VI, 1° agosto 2012, n. 3064);
- che in aggiunta alle conclusioni innanzi riportate, concernenti essenzialmente la natura e le modalità di esercizio del potere valutativo della stazione appaltante e, a valle, delle inerenti regole di giudizio, occorre soffermarsi ancora sulla portata dell’art. 38, co. 1, lett. f), alla luce delle contestazioni di parte istante circa la riconduzione della risoluzione di precedenti contratti per fatti non relativi alle capacità tecniche della’appaltatore alla fattispecie astratta contemplata dalla menzionata prescrizione;
- che nel caso di specie non occorre peraltro stabilire in linea generale se sia o non condivisibile un’interpretazione di detta disposizione tale da proiettarne l’ambito prescrittivo al di là degli aspetti più propriamente tecnico-professionali, sino ad attingere il vincolo fiduciario (nel senso di farne ritenere necessaria l’attuale -al momento della partecipazione alla gara- e perdurante sussistenza); sul piano ermeneutico, questa impostazione dovrebbe sortire o dal riconoscimento di una vis expansiva della lett. f), tale da consentirne l’applicazione analogica a casi e modi da essa non specificamente disciplinati, ovvero da una lettura della nozione di "errore grave nell’esercizio dell’attività professionale" (peraltro di non immediata decifrazione) condotta con la massima latitudine consentita dal significato proprio delle parole (cfr. di questa Sezione la citata ord. n. 367/2012, richiamata anche nel provvedimento impugnato; in questa ottica, la pregressa "grave negligenza o malafede" e l’"errore grave" consisterebbero in elementi sintomatici del deficit di fiducia; è appena il caso di osservare che nella menzionata pronuncia n. 2312/2012 le Sez. un. affermano, sia pure incidentalmente, come la norma si incentri sulle ragioni di inaffidabilità dell’impresa, "esemplificativamente" indicate nelle ipotesi di mala fede o colpa grave emerse nella esecuzione del pregresso rapporto o di serie carenze professionali emergenti dal passato aziendale);
- che infatti il punto VI.3.11 del bando di gara (nell’epigrafe dell’atto introduttivo e dei motivi aggiunti si rinviene un riferimento al punto VI.3.12; sembra tuttavia che la società istante sia incorsa in un errore materiale, non attenendo la relativa previsione al tema oggi in trattazione), nei cui confronti la ricorrente non ha avanzato alcuna specifica doglianza, reca una comminatoria di esclusione per casi simili a quello oggi in rilievo, essendo l’assenza di "adeguata affidabilità professionale" ricondotta alla risoluzione per inadempimento di precedenti contratti tra le parti; in altri termini, la clausola può essere interpretata nel senso che la risoluzione per inadempimento di per sé integri il ridetto deficit di fiducia (tale prescrizione opera peraltro un’attenuazione, in chiave pro-competitiva, della sua portata escludente, stante la limitazione temporale alle risoluzioni pronunciate nell’ultimo triennio antecedente la data di pubblicazione del bando di gara);
- che del resto non può non riconoscersi, in linea generale, come il dovere di correttezza cui sono tenuti ex art. 1175 cod. civ. i soggetti del rapporto obbligatorio, dovere declinato in termini di buona fede (c.d. oggettiva) nella disciplina codicistica sul contratto, imponga in particolare a ciascuno dei contraenti di astenersi da comportamenti fraudolenti nei confronti della controparte sin dalla fase prodromica alla conclusione dell’accordo (v. art. 1337 cod. civ., sulla buona fede nello svolgimento delle trattative e della formazione contrattuale), pena l’applicazione delle sanzioni civilistiche di volta in volta previste (nullità, annullamento o risoluzione; restano ovviamente ferme le ulteriori conseguenze a fronte di eventuali reati);
- che la resistente argomenta sul punto adducendo la rilevanza, ai fini appena detti, delle plurime violazioni da parte della società istante al codice etico del Gruppo Ferrovie dello Stato (applicabile ai fornitori in virtù dell’inserimento nei contratti dell’obbligazione espressa di attenersi ai relativi principi, pena la risoluzione del contratto e il risarcimento dei danni; punto 4.1.2 cod. etico; cfr. pag. 7 mem. 4.9.2012);
- che infine anche la doglianza (implicitamente prospettata), secondo cui l’applicazione dell’art. 38, co. 1, lett. f), sarebbe impedita dalla mancata irrogazione della misura interdittiva del divieto di contrarre con la p.a. (cfr. art. 38, co. 1, lett. m, d.lgs. n. 163 del 2006), è priva di pregio poiché in questa seconda ipotesi l’inibitoria proietta i suoi effetti nei confronti di tutte le amministrazioni aggiudicatrici, non solo di quella che ha in concreto indetto la selezione (come invece avviene per la lett. f);
3. Ritenuto, in conclusione, che l’impugnazione sia infondata e vada pertanto respinta, potendo le spese di lite della presente fase essere compensate;
 

P.Q.M.
 

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione terza-ter, definitivamente pronunciando, dichiara improcedibile il ricorso e respinge i motivi aggiunti. Spese della fase di merito compensate.
Ordina che il presente dispositivo sia eseguito dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 25 ottobre 2012 con l'intervento dei magistrati
Giuseppe Daniele, Presidente
Carlo Taglienti, Consigliere
Mario Alberto di Nezza, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 20/11/2012