Cons. Stato, Sez. VII, 1° settembre 2025, n. 7171
In materia edilizia e urbanistica, qualora ciò sia previsto dal bando, l’omesso pagamento del conguaglio dovuto per l’adeguamento del prezzo di cessione al quadro economico generale (QEG) costituisce legittima causa di decadenza dall’assegnazione di un lotto del piano degli insediamenti produttivi (PIP).
Resta fermo, pertanto, che tale decadenza comporta l’obbligo di restituire il corrispettivo già percepito.
Guida alla lettura
Con la pronuncia in commento, la VII Sezione del Consiglio di Stato ha sottolineato, in materia edilizia e urbanistica, le conseguenze di carattere sanzionatorio dell’omesso pagamento del conguaglio dovuto per l’adeguamento del prezzo di cessione al quadro economico generale (QEG).
Con specifico riferimento ai piani degli insediamenti produttivi (PIP), la sentenza n. 7171 ha infatti affermato la decadenza dall’assegnazione del lotto, qualora ciò sia previsto dal bando, con il corollario dell’obbligo di restituire il corrispettivo già percepito.
La disciplina di riferimento si rinviene nell’art. 27 della Legge 22/10/1971, n. 865 – recante disposizioni in tema di edilizia residenziale pubblica e di espropriazione per pubblica utilità: “I comuni dotati di piano regolatore generale o di programma di fabbricazione approvati possono formare, previa autorizzazione della Regione, un piano delle aree da destinare a insediamenti produttivi.
Le aree da comprendere nel piano sono delimitate, nell'ambito delle zone destinate a insediamenti produttivi dai piani regolatori generali o dai programmi di fabbricazione vigenti, con deliberazione del consiglio comunale, la quale, previa pubblicazione, insieme agli elaborati, a mezzo di deposito presso la segreteria del comune per la durata di venti giorni, è approvata con decreto del presidente della giunta regionale.
Il piano approvato ai sensi del presente articolo ha efficacia per dieci anni dalla data del decreto di approvazione ed ha valore di piano particolareggiato d'esecuzione ai sensi della legge 17 agosto 1942, n. 1150, e successive modificazioni.
Per quanto non diversamente disposto dalla presente legge, alla deliberazione del consiglio comunale e al decreto del presidente della giunta regionale si applicano, in quanto compatibili, le norme della legge 18 aprile 1962, n. 167, e successive modificazioni.
Le aree comprese nel piano approvato a norma del presente articolo sono espropriate dai comuni o loro consorzi secondo quanto previsto dalla presente legge in materia di espropriazione per pubblica utilità.
Il comune utilizza le aree espropriate per la realizzazione di impianti produttivi di carattere industriale, artigianale, commerciale e turistico mediante la cessione in proprietà o la concessione del diritto di superficie sulle aree medesime. Tra più istanze concorrenti è data la preferenza a quelle presentate da enti pubblici e aziende a partecipazione statale nell'ambito di programmi già approvati dal CIPE.
La concessione del diritto di superficie ad enti pubblici per la realizzazione di impianti e servizi pubblici, occorrenti nella zona delimitata dal piano, è a tempo indeterminato; in tutti gli altri casi ha una durata non inferiore a sessanta anni e non superiore a novantanove anni.
Contestualmente all'atto di concessione, o all'atto di cessione della proprietà dell'area, tra il comune da una parte e il concessionario o l'acquirente dall'altra, viene stipulata una convenzione per atto pubblico con la quale vengono disciplinati gli oneri posti a carico del concessionario o dell'acquirente e le sanzioni per la loro inosservanza”.
In materia di piano per insediamenti produttivi e decadenza dall’assegnazione per inadempimento, già Cass. civ., Sez. Unite, Ord., 14/01/2014, n. 584 aveva a suo tempo chiarito: “La controversia, quindi, è relativa ad una questione collegata alla categoria di atti (cessione di beni pubblici, convenzione, concessione edilizia) che sono attribuiti alla giurisdizione del Giudice amministrativo, ai sensi dell'art. 133, comma 1, lett. b), del C.P.A. […].
In particolare, con riguardo alle aree comprese nei piani di insediamenti produttivi ai sensi della L. 22 ottobre 1971, n. 865, art. 27, - che vengano acquisite dal comune con lo strumento espropriativo per la realizzazione di impianti produttivi di carattere industriale, artigianale, commerciale e turistico -, qualora il comune, in conformità con detta disposizione, ceda le aree in proprietà mediante deliberazione dei competenti organi comunali e successiva convenzione, gli acquirenti acquisiscono la posizione di concessionari di beni pubblici soggetti ai poteri autoritativi dell'ente fino a quando non sia realizzata la finalità pubblicistica cui la cessione è diretta”.
In altre parole, nelle fattispecie quali quella in esame è coinvolto l'interesse pubblico alla tempestiva e corretta attuazione del P.I.P., che permane sino alla completa realizzazione del Piano, venendo in tal modo in rilievo il buon governo del territorio e il suo uso, costituendo così il P.I.P. mezzo di attuazione dello strumento urbanistico generale.
Ancora di recente la giurisprudenza amministrativa si è posta nello stesso solco:
“12.1 La discrezionalità che connota l'attività pianificatoria non si esaurisce con l'adozione del piano attuativo ma innerva anche la fase successiva di esecuzione dello stesso, poiché la scelta dell'amministrazione di darvi esecuzione entro il termine decennale di efficacia sottende la valutazione di una pluralità di interessi non solo di carattere urbanistico, ma anche di politica economica e sociale, al pari di quanto accade nella fase di adozione.
12.2 Il P.I.P, infatti, non ha solo la finalità di assicurare l'assetto urbanistico dell'area ove si vanno a collocare i nuovi complessi produttivi, ovvero convergono, a seguito di delocalizzazione, quelli già attivi sul territorio; esso mira anche ad offrire alle imprese - ad un prezzo calmierato e previa espropriazione ed urbanizzazione - le aree medesime in quanto occorrenti per l'insediamento o la prosecuzione della loro attività. L'assegnazione dei lotti in proprietà o la concessione in uso a prezzi inferiori a quelli di mercato costituisce uno strumento di promozione mediante abbattimento di costi, con effetto economicamente equivalente ad un incentivo finanziario per la realizzazione di stabilimenti produttivi (cfr. Cons. Stato sez. II 19/04/2022 n. 2953; sez. IV, 03/04/2017, n.1508)” (in questi termini, cfr. Cons. Stato, Sez. VI, Sent., 23/05/2024, n. 4610).
Tanto premesso, venendo alla sentenza in commento, la vicenda sottoposta al vaglio della VII Sezione si inserisce proprio nella esaminata cornice normativa e giurisprudenziale.
La controversia de qua trae origine da una (risalente) delibera del Comune di Sarno (SA) avente ad oggetto l’approvazione di un Bando per l’assegnazione dei lotti PIP e dello schema di Convenzione per la cessione in proprietà di questi ultimi. Una prima Società stipulava col Comune la Convenzione di attuazione del PIP Ingegno; nel mentre, una seconda Società, resasi aggiudicataria in esito all’espletata procedura selettiva, stipulava con la prima Società la Convenzione di cessione in proprietà del lotto PIP n. 11.
Dunque, il profilo dibattuto derivava dal mancato versamento della somma relativa all’adeguamento del prezzo originariamente convenuto al quadro economico generale (QEG), oltre alla mancata integrazione della fideiussione rilasciata.
Nella specie, assume rilievo decisivo che il bando espressamente avesse previsto che “l’inadempimento di anche uno solo degli obblighi assunti dalla ditta richiedente assegnataria dà luogo a decadenza della concessione edilizia e all’applicazione di tutte le sanzioni previste nella detta convenzione, oltre all’incameramento automatico della apposita cauzione”.
Nel dettaglio, ai sensi del Bando, l’Amministrazione Comunale si era riservata il diritto di sottoporre a verifica le aziende assegnatarie dei lotti e insediatesi nell’area PIP, per il controllo dell’esatto adempimento degli obblighi assunti quali il pagamento degli oneri di espropriazione, il pagamento degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria e quanto all’utilizzazione ed assunzione delle unità lavorative previste nel piano di fattibilità allegato alla domanda di assegnazione. In particolare, l’Amministrazione poteva sottoporre a verifica anche il rispetto del termine di completamento dei lavori di impianto così come indicato nell’allegata Convenzione e conformemente a quanto dichiarato al punto 8 lett. h, del paragrafo ‘Domanda di assegnazione’.
Ebbene, una interpretazione logico – sistematica della disciplina comunale richiamata in sentenza dal Consiglio di Stato “induce a ritenere che l’omesso pagamento del conguaglio dovuto per l’adeguamento del prezzo di cessione al QEG costituisca legittima causa di decadenza dall’assegnazione del lotto, così come previsto dal paragrafo “Provvedimenti successivi all’assegnazione e sanzioni applicabili” del bando di assegnazione, cui la convenzione del 2 gennaio 2003, prot. n. 8, fa espresso rinvio. A tale inadempimento si associa anche ‘la sopravvenuta inidoneità della prestata fideiussione’”.
Invero, l’inadempimento dell’obbligazione pecuniaria di pagamento del corrispettivo della cessione era divenuto, come già precisato in primo grado dal T.A.R., “causa della perseverante renitenza della ditta beneficiaria, (pertanto) ben possono considerarsi integrati gli estremi del mancato rispetto dei termini e della modalità di cessione, con la conseguenza che appare corretta l’applicazione della sanzione decadenziale di cui all’art. 17.2. della Convenzione del 2 gennaio 2003, prot. n. 8”.
Merita, allora, particolare attenzione il passaggio motivazionale della pronuncia n. 7171 con cui viene specificato che ad una disposizione siffatta sono riconducibili tutte le ipotesi di mancato pagamento degli oneri di espropriazione e/o di urbanizzazione primaria e secondaria - ivi compreso il relativo conguaglio per l’adeguamento del prezzo di cessione al QEC.
Da ultimo, nella sentenza in parola si legge che il Collegio di prima istanza aveva concentrato il proprio scrutinio esclusivamente sulla questione della legittimità della sanzione decadenziale irrogata, omettendo però di pronunciarsi sulla domanda spiegata dal ricorrente, con la quale era stato chiesto sì di “accertare e dichiarare la risoluzione per grave inadempimento della Convenzione”, ma anche la “contestuale condanna […] alla restituzione delle somme corrisposte”.
In definitiva, corollario della decadenza dall’assegnazione del lotto era ed è la restituzione delle somme versate a titolo di corrispettivo (ovviamente al netto delle penalità previste dal Bando e dalla Convenzione di assegnazione).
Pubblicato il 01/09/2025
N. 07171/2025 REG.PROV.COLL.
N. 04753/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4753 del 2022, proposto da
B&B s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Sergio D'Avino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Agenzia per lo Sviluppo del Sistema Territoriale della Valle del Sarno s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, e Comune di Sarno, in persona del Sindaco pro tempore, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda) n. 2438/2021, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 4 giugno 2025 il Consigliere Annamaria Fasano e udito per le parti l’avvocato Sergio D'Avino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La società B&B s.r.l. proponeva ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Campania per l’accertamento della risoluzione per grave inadempimento della Convenzione di cessione di lotto PIP prot. n. 8 del 2 gennaio 2002, nonché per la condanna dell’Agenzia per lo Sviluppo del Sistema Territoriale della Valle del Sarno s.p.a. al risarcimento dei danni derivanti dal proprio inadempimento oltre alla restituzione delle somme percepite in corrispettivo dell’alienazione del lotto 11.
Con l’atto introduttivo, in riassunzione del giudizio instaurato dinanzi al Collegio arbitrale all’uopo costituito e dichiaratosi incompetente con lodo del 20 giugno 2018, la ricorrente deduceva che, con delibera n. 52 dell’11 luglio 1998, il Consiglio comunale di Sarno aveva adottato il PIP Ingegno, poi approvato con decreto del Presidente della Provincia di Salerno n. 34706 del 22 settembre 1998.
Con successiva delibera n. 19 del 30 marzo 1999, il Comune aveva approvato il Bando per l’assegnazione dei lotti PIP e lo schema di Convenzione per la cessione in proprietà di questi ultimi.
In data 24 ottobre 2002, la Agro Invest s.p.a. aveva stipulato col Comune di Sarno la Convenzione di attuazione del PIP Ingegno (rep. n. 4219).
In data 2 gennaio 2003, la B&B s.r.l., nel mentre resasi aggiudicataria in esito all’espletata procedura selettiva, stipulava con la Agro Invest s.p.a. la Convenzione di cessione in proprietà del lotto PIP n. 11 (prot. n. 8).
Entro la data del 9 marzo 2006, la medesima società risultava aver versato, a titolo di corrispettivo, in favore della Agro Invest s.p.a., il complessivo importo di € 190.466,54.
Con verbale del 21 marzo 2006, prot. n. 820, veniva attestata l’immissione in possesso dell’assegnataria nel lotto PIP n. 11.
Con nota del 9 febbraio 2009, prot. n. 615, la Agro Invest s.p.a. richiedeva alla B&B s.r.l. il versamento di € 39.389,99 per effetto dell’adeguamento del prezzo convenuto al Quadro Economico Generale (QEG).
Avendo verificato il mancato pagamento della richiesta somma di € 39.389,99 e la mancata integrazione della rilasciata fideiussione, previa costituzione in mora del 15 luglio 2009 (prot. n. 4352), la Agro Invest s.p.a., con nota del 6 luglio 2010, prot. n. 3394, dichiarava la decadenza della B&B dall’assegnazione del lotto PIP n. 11.
Con diffida del 14 luglio 2010, la ricorrente invocava il riesame della disposta decadenza e, comunque, la restituzione dell’importo già versato (nella misura di € 190.466,54).
La suddetta richiesta veniva respinta dalla Agro Invest s.p.a. con nota del 4 agosto 2010, prot. n. 3929.
A sostegno delle proprie pretese risarcitorio – restitutorie, la ricorrente denunciava l’illegittimità della sanzione decadenziale, in quanto: a) non erano ravvisabili, ai sensi della convenzione del 2 gennaio 2003, prot. 8, i presupposti applicativi nella sopravvenuta inidoneità della prestata fideiussione e nel mancato pagamento del conguaglio dovuto per l’adeguamento del prezzo di cessione al QEG; b) la decadenza era stata irrogata in violazione del termine di garanzia (decorrenza dalla prodromica diffida ad adempiere) previsto dalla medesima Convenzione del 2 gennaio 2003, prot. n. 8); c) la richiesta di pagamento del conguaglio doveva ritenersi tardiva rispetto all’ormai intervenuta scadenza del PIP Ingegno ai sensi dell’art. 27, comma 3, della legge n. 865/1971; d) in virtù della Convenzione 24 ottobre 2002 rep. n. 4219, stipulata tra il Comune di Sarno e la Agro Invest s.p.a., il conguaglio era comunque esigibile soltanto nel caso di risoluzione anticipata di quest’ultima.
2. Il Tribunale amministrativo regionale, con sentenza n. 2438 del 2021, respingeva il ricorso, ritenendolo infondato. Secondo il Collegio di prima istanza, una interpretazione logico-sistematica del Bando, approvato con delibera consiliare n. 19 del 30 marzo 1999, e della Convenzione del 2 gennaio 2003, prot. n. 8, induceva a ritenere che l’omesso pagamento del conguaglio dovuto per l’adeguamento del prezzo di cessione al QEG costituiva legittima causa di decadenza dall’assegnazione del lotto, così come previsto dal paragrafo “Provvedimenti successivi all'assegnazione e sanzioni applicabili” del Bando di assegnazione, cui la Convenzione del 2 gennaio 2003, prot. n. 8, faceva espresso rinvio.
Il Tribunale sosteneva che, a dispetto degli assunti attorei, non era configurabile la denunciata inosservanza del termine di garanzia (decorrente dalla prodromica diffida ad adempiere) previsto dall’art. 20 della Convenzione del 2 gennaio 2003, prot. n. 8.
Nella specie, la Agro Invest s.p.a., prima della determinazione di decadenza di cui alla nota del 6 luglio 2010, prot. n. 3394, con nota del 9 febbraio 2009, prot. n. 615, aveva richiesto il pagamento del conguaglio di € 39.389,99 e, con nota 15 luglio 2009 (prot. n. 4352), aveva costituito in mora la società B&B s.r.l., così assicurando a quest’ultima il termine per adempiere o per far valere le proprie ragioni oppositive. Infine, per il Giudice di prima istanza era infondato l’ulteriore assunto in base al quale, in virtù della Convenzione 24 ottobre 2002, rep. n. 4219, stipulata tra il Comune di Sarno e la Agro Invest s.p.a., il pagamento del conguaglio era, comunque, esigibile soltanto nel caso di risoluzione anticipata della stessa.
L’art. 10.3 della Convenzione 24 ottobre 2002, rep. n. 4219, concerneva, infatti, i rapporti patrimoniali tra il Comune di Sarno e la Agro Invest s.p.a. ed era, quindi, insuscettibile di estendersi ultra partes, nei confronti delle ditte assegnatarie dei singoli lotti PIP, quale, appunto, la società B&B s.r.l.
3. La società B&B s.r.l. ha proposto appello avverso la suddetta pronuncia, sollevando le seguenti censure: “I. Error in iudicando et in procedendo. Omessa pronuncia da parte del Giudice di prime cure in riferimento alla richiesta di condanna alla restituzione delle somme percepite in corrispettivo – Eccesso di potere – Difetto assoluto di motivazione – Nullità della sentenza – Manifesta ingiustizia – Intrinseca illogicità – Travisamento ed erronea valutazione dei fatti – Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cpc – Violazione e falsa applicazione degli artt. 132 comma 2, n. 4, c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. – Violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato – Violazione del principio del giusto procedimento – Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, comma 1, 74 ed 88, comma 2, lett. d) cpa – Eccesso di potere – Violazione degli artt. 97 e 111 Cost. – Sviamento. II. Error in iudicando et in procedendo – Erroneità della sentenza rispetto alla risoluzione ex art. 1453 della Conv. prot.n. 8/2003 per grave inadempimento dell’appellata – Eccesso di potere – Difetto assoluto di motivazione – Manifesta ingiustizia – Intrinseca illogicità – Travisamento ed erronea valutazione dei fatti – Violazione e falsa applicazione degli artt. 17-19-20 Conv. prot.n. 8/2003 – Violazione e falsa applicazione degli artt. 8-10 Conv. prot.n. 4219/2002 – Violazione e falsa applicazione dell’art. 27 L n. 865/1971 – Violazione del principio del giusto procedimento – Violazione degli artt. 97 e 111 Cost. – Sviamento.”.
4. Le parti intimate, benché ritualmente evocate, non si sono costituite in giudizio.
5. All’udienza straordinaria del 4 giugno 2025, la causa è stata assunta in decisione.
DIRITTO
6. Con il primo mezzo, l’appellante lamenta che il T.A.R. avrebbe omesso di pronunciarsi sulla domanda proposta con il ricorso introduttivo avente ad oggetto la condanna dell’Agenzia per lo Sviluppo del Sistema Territoriale della Valle del Sarno S.p.a. alla restituzione dell’importo versato, a titolo di corrispettivo, in favore della stessa dalla B&B s.r.l. nella misura complessiva di euro 190.269,36, concentrando il proprio scrutinio esclusivamente sulla distinta questione della legittimità/illegittimità della sanzione decadenziale.
7. Con il secondo mezzo, si impugna la sentenza nella parte in cui il Giudice di prime cure afferma, con un mero richiamo alla disciplina convenzionale di riferimento, che “nella sopravvenuta inidoneità della prestata fideiussione e nel mancato pagamento del conguaglio dovuto per l’adeguamento del prezzo di cessione al QEG sono ravvisabili i presupposti applicativi della sanzione decadenziale irrogata dall’Agenzia per lo Sviluppo del Sistema Territoriale della Valle del Sarno s.p.a. nei confronti della B & B s.r.l.”.
L’appellante si duole del difetto assoluto di motivazione, atteso che il Giudice di prime cure sarebbe pervenuto alle conclusioni richiamate sacrificando e sopprimendo completamente la possibilità di un controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento. Non sarebbe consentito, infatti, sulla sulla base di un mero richiamo alla disciplina convenzionale di riferimento (nello specifico: Bando approvato con delibera consiliare n. 19 del 30 marzo 1999; Convenzione prot.n. 8 del 2 gennaio 2003; Art. 4; Art. 17; Art. 19 testualmente trascritti a pag. 4, 5, 6 e 7 della sentenza), percepire il fondamento della decisione, in quanto lo stesso sarebbe oggettivamente inidoneo a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice di prime Cure per la formazione del proprio convincimento.
8. Le denunce, in quanto attinenti a profili connessi, vanno esaminate congiuntamente.
9. Per ragioni di priorità logica va esaminato il secondo mezzo, che non può trovare accoglimento.
10. Il Collegio, con riferimento alle doglianze prospettate con il suddetto motivo, condivide gli esiti argomentativi sostenuti dal Tribunale di prima istanza, essendo agevole desumerne l’infondatezza sulla base della piana lettura della normativa di riferimento.
Ai sensi del Bando approvato con delibera consiliare n. 19 del 30 marzo 1999, l’Amministrazione Comunale si riserva il diritto di sottoporre a verifica le aziende assegnatarie dei lotti ed insediatesi nell’area PIP, per il controllo dell’esatto adempimento degli obblighi assunti quali il pagamento degli oneri di espropriazione, il pagamento degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria e quanto all’utilizzazione ed assunzione delle unità lavorative previste nel piano di fattibilità allegato alla domanda di assegnazione. In particolare, l’Amministrazione può sottoporre a verifica anche il rispetto del termine di completamento dei lavori di impianto così come indicato nell’allegata Convenzione e conformemente a quanto dichiarato al punto 8 lett. h, del paragrafo ‘Domanda di assegnazione’.
Il Bando espressamente prevede che l’inadempimento di anche uno solo degli obblighi assunti dalla ditta richiedente assegnataria dà luogo a decadenza della concessione edilizia e all’applicazione di tutte le sanzioni previste nella detta convenzione, oltre all’incameramento automatico della apposita cauzione.
L’art. 4 del Bando regolamenta le modalità di corresponsione degli importi, mentre l’art. 17 specifica che: ‘Nel caso di inosservanza da parte degli assegnatari dei criteri di applicazione dei canoni di locazione il Comune applicherà una penale pari a 2 volte la differenza tra i canoni percepiti e i canoni prestabiliti, per tutto il tempo in cui l’infrazione sarà commessa’.
L’art. 17.2. stabilisce, altresì, che: ‘Nel caso di inosservanza del divieto di cessione a terzi del diritto di proprietà e del mancato rispetto dei termini e delle modalità di cessione l’assegnatario decadrà da tale diritto per la parte oggetto della contestazione e il terreno con le opere su di esso eventualmente realizzate rientreranno nella disponibilità del Comune. Il Comune stesso rimborserà al concessionario decaduto una somma pari al prezzo di esproprio calcolato sulla base delle Tabelle Regionali vigenti rispetto ai valori agricoli medi. 17.3. Nel caso di inosservanza dei prescritti termini di inizio ed ultimazione dei lavori di costruzione degli edifici e dei manufatti, il Comune prescriverà nuovi termini perentori per l’ultimazione degli stessi con l’applicazione di una penale pari a euro 25.82 per ogni mq assegnato. 17.4. Trascorsi inutilmente i nuovi termini il concessionario (assegnatario) decadrà dai propri diritti ed il terreno per la parte oggetto di contestazione con le opere su di esso eventualmente realizzate rientreranno nella disponibilità del Comune, con le modalità di cui al punto b”.
L’art. 19.2, inoltre, è chiaro nel prevedere che: “La violazione di anche uno solo degli obblighi di: a) utilizzazione delle unità lavorative previste nell’art. 9 della presente convenzione: b) assunzione del numero di addetti locali previsto all’art. 12 della presente convenzione, darà luogo alla decadenza dell’assegnazione dell’area e alla risoluzione di diritto espressa dalla presente convenzione ovvero alla revoca della concessione edilizia, oltre che all’ applicazione delle sanzioni previste ai sensi del comma 5 dell’art. 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 e successive modifiche ed integrazioni”.
Il Collegio di primo grado ha correttamente interpretato le norme richiamate, rendendo una motivazione esaustiva e priva di vizi logici, diversamente da quanto sostenuto dalla società appellante, con la conseguenza che va ribadito come ‘una interpretazione logico – sistematica della disciplina dianzi richiamata induce a ritenere che l’omesso pagamento del conguaglio dovuto per l’adeguamento del prezzo di cessione al QEG costituisca legittima causa di decadenza dall’assegnazione del lotto, così come previsto dal paragrafo “Provvedimenti successivi all’assegnazione e sanzioni applicabili” del bando di assegnazione, cui la convenzione del 2 gennaio 2003, prot. n. 8, fa espresso rinvio”. A tale inadempimento si associa anche ‘la sopravvenuta inidoneità della prestata fideiussione’.
Non si può predicare, infatti, che vi sia un vizio logico nello sviluppo motivazionale della decisione, essendo evidente l’iter logico seguito dal Collegio di primo grado e le ragioni che hanno determinato il rigetto della domanda illustrata dalla società B&B s.r.l.
Nella specie, l’inadempimento dell’obbligazione pecuniaria di pagamento del corrispettivo della cessione è divenuto, come precisato dal T.A.R., ‘causa della perseverante renitenza della ditta beneficiaria, (pertanto) ben possono considerarsi integrati gli estremi del mancato rispetto dei termini e della modalità di cessione’, con la conseguenza che appare corretta l’applicazione della sanzione decadenziale di cui all’art. 17.2. della Convenzione del 2 gennaio 2003, prot. n. 8.
All’invocata disposizione, come si è visto, sono riconducibili tutte le ipotesi di mancato pagamento degli oneri di espropriazione e/o di urbanizzazione primaria e secondaria (ivi compreso il relativo conguaglio per l’adeguamento del prezzo di cessione al QEC).
Neppure si può ritenere, come sostenuto dall’appellante, che non sia stato osservato il termine di garanzia, decorrente dalla notifica della diffida ad adempiere, previsto dall’art. 20 della suddetta Convenzione, atteso che la Agro Invest s.p.a. prima della determinazione di decadenza di cui alla nota prot. n. 3394 del 2010, ha richiesto il pagamento del conguaglio di euro 39.389,99 e successivamente ha costituito in mora la società appellante, in questo modo assicurando alla stessa contestualmente sia un termine per adempiere, sia la possibilità di far valere eventuali ragioni oppositive.
L’approdo argomentativo sostenuto dal Giudice di prime cure va condiviso anche con riferimento al rigetto della denuncia di tardività della richiesta di pagamento del conguaglio rispetto alla intervenuta inefficacia del PIP Ingegno ai sensi dell’art. 27, comma 3, della l. n. 865 del 1971, secondo cui il pagamento del conguaglio sarebbe esigibile soltanto nel caso di risoluzione anticipata della convenzione, atteso che l’art. 10.3 della Convenzione 24 ottobre 2002 rep. n. 4219 concerne esclusivamente i rapporti patrimoniali tra il Comune di Sarno e la Agro Invest s.p.a., e non è applicabile anche agli assegnatari del lotto, come la B&B s.r.l.
Da siffatti rilievi consegue che la sentenza impugnata va confermata in ordine ai rilievi espressi per sostenere la legittimità del provvedimento decadenziale.
11. Va, invece, accolto, il primo mezzo.
Risulta dai fatti di causa che B&B s.r.l. ha chiesto la restituzione alla Agro Invest s.p.a. del corrispettivo versato per l’assegnazione, per un totale di euro 190.269,36, di cui ha chiesto la restituzione, a seguito di decadenza ex art. 19 e 20 della Convenzione Prot. n. 8 del 2003.
Invero, il Collegio di prima istanza, come sopra precisato, ha concentrato il proprio scrutinio esclusivamente sulla questione della legittimità della sanzione decadenziale irrogata dall’Agenzia per lo Sviluppo del Sistema Territoriale della Valle del Sarno s.p.a. nei confronti della B&B s.r.l., ma ha omesso di pronunciarsi sulla domanda spiegata dal ricorrente con il ricorso introduttivo, con la quale ha chiesto sia di ‘accertare e dichiarare la risoluzione per grave inadempimento della Convenzione prot. n. 8/2003’ ma anche la ‘contestuale condanna della Agro Invest s.p.a. alla restituzione delle somme corrisposte e al risarcimento dei danni subiti, in ragione del comprovato e grave inadempimento di cui è responsabile’.
La domanda risarcitoria va respinta, atteso che, stante la legittimità del provvedimento decadenziale, non si ravvisano i presupposti per assicurare alcun ristoro economico, dovendosi, altresì, rilevare che comunque la società ricorrente non ha adeguatamente coltivato nel corso del giudizio la richiesta di risarcimento del danno, ai fini della allegazione della prova di un pregiudizio asseritamente subito.
Va invece accolta la domanda di restituzione delle somme versate dalla società B&B s.r.l. a titolo di corrispettivo da parte della Agro Invest s.p.a., che dagli atti di causa risultano ammontare a circa euro 190.269,36, ovviamente al netto delle penalità previste dal Bando e dalla Convenzione di assegnazione.
12. In definitiva, l’appello va parzialmente accolto e nei termini di cui in motivazione, pertanto, in parziale riforma della sentenza impugnata, il Collegio dispone che la società Agro Invest s.p.a. è tenuta alla restituzione a favore dell’appellante della somma di euro 190.269,36, al netto delle penalità previste dal Bando e dalla Convenzione di assegnazione.
13. Le ragioni della decisione e la peculiarità della vicenda processuale giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite del doppio grado di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte e nei termini di cui in motivazione.
Compensa integralmente tra le parti le spese di lite del doppio grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del giorno 4 giugno 2025 tenuta da remoto ai sensi dell’art. 17, comma 6, d.l. 9.6.2021, n. 80, convertito con modificazioni dalla legge 6.8.2021 n. 113, con l'intervento dei magistrati:
Daniela Di Carlo, Presidente FF
Davide Ponte, Consigliere
Giovanni Tulumello, Consigliere
Annamaria Fasano, Consigliere, Estensore
Massimo Santini, Consigliere