TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 30 ottobre 2025 n. n. 3496
«La disciplina del MTR e le delibere ARERA fissano effettivamente i valori massimi della TARI che l’amministrazione può porre a carico dei cittadini che fruiscono del servizio, sul presupposto che essi garantiscano l’equilibrio economico-finanziario della gestione, senza determinare i corrispettivi contrattuali dovuti al gestore del servizio stesso. Questi ultimi corrispondono invece all’esito della gara indetta per affidarli e all’offerta fatta in quella sede dalla parte interessata, per definizione capace di valutare il proprio interesse e quindi la remuneratività del prezzo offerto.
Ove tale corrispettivo fissato in sede di gara divenisse inadeguato per circostanze eccezionali, l’ordinamento giuridico in virtù del principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale - oggi codificato nell’art. 9 del d. lgs. 36/2023 - appresta il rimedio della revisione dei prezzi di cui all’art. 60 del medesimo decreto.
Da quanto sopra esposto, è evidente che l’art. 7.1 (dello schema di contratto approvato con la Deliberazione ARERA 385/2023/R/RIF del 3 agosto 2023), prevedendo l’atipico meccanismo di adeguamento del corrispettivo contrattuale della “coerenza con i costi riconosciuti dal metodo tariffario”, si pone in netto contrasto con la norma di rango primario di cui all’art. 60 del d. lgs. 36/2023, che ha introdotto l’obbligo di previsione di clausole di revisione dei prezzi, sicché, contrariamente a quanto affermato nella deliberazione impugnata (pag. 11), esso non rispetta la normativa vigente e pertanto è illegittimo.
In altre parole, mentre i costi riconosciuti dal metodo tariffario riguardano l’equilibrio economico finanziario sulla base del quale sono determinati i valori massimi della TARI e l’aggiornamento tariffario, per l’adeguamento del corrispettivo liberamente offerto in sede di gara, in presenza di un bando che indica caratteristiche e durata del servizio stesso, il gestore del servizio ha a disposizione il rimedio della revisione dei prezzi per le sopravvenienze straordinarie».
Non pare, tuttavia, che tale ricostruzione possa essere accolta senza riserve.
Invero, la distinzione operata dal Giudice amministrativo tra corrispettivo contrattuale e valori tariffari, pur formalmente corretta, rischia di non cogliere appieno la funzione di coordinamento che l’Autorità di regolazione intende attribuire al meccanismo di coerenza con i costi riconosciuti dal metodo tariffario.
Guida alla lettura La sentenza in commento affronta uno dei temi più significativi e complessi nell’ambito dei servizi pubblici locali a regolazione economica: il rapporto tra la disciplina generale del riequilibrio economico-finanziario dei contratti pubblici, di cui all’art. 9 del D.Lgs. 36/2023, e la regolazione settoriale introdotta da ARERA con la Deliberazione 385/2023/R/rif, in particolare il punto 7 relativo al riequilibrio del Piano Economico Finanziario (PEF) e del contratto di servizio.
La Sez. I del TAR Lombardia – Milano in commento, in continuità – tra l’altro – con altre statuizioni in merito della stessa Sezione (Tar Lombardia - Milano, Sez. I, 30/06/2020, n. 1249) ha confermato la piena legittimità della competenza regolatoria di ARERA in materia di servizi di gestione dei rifiuti urbani, riconoscendole un ruolo di normazione tecnica speciale, volta a garantire la coerenza tra i contratti di servizio e il quadro tariffario nazionale.
In proposito, si vuole ricordare la sentenza del Tar Lombardia - Milano, Sez. I, 30/06/2020, n. 1249, nella quale viene richiamato quanto previsto dall’art. 1, comma 527, lettera f) della legge 27 dicembre 2017, n. 205 che attribuisce all’Autorità la funzione di «predisposizione ed aggiornamento del metodo tariffario per la determinazione dei corrispettivi del servizio integrato dei rifiuti e dei singoli servizi che costituiscono attività di gestione, a copertura dei costi di esercizio e di investimento, compresa la remunerazione dei capitali, sulla base della valutazione dei costi efficienti e del principio “chi inquina paga”». In proposito, il G.A. ha chiarito come “La norma non attribuisce pertanto il potere impositivo ma il diverso potere regolatorio, da esercitarsi a livello nazionale, da parte di un’Autorità indipendente collocata in posizione di equidistanza rispetto a tutti i soggetti coinvolti nel servizio di pubblica utilità del ciclo dei rifiuti urbani e assimilati”.
Ma occorre comprendere come conciliare il potere regolatorio attribuito all’Autorità rispetto ai contratti per la gestione dei rifiuti e all’autonomia contrattuale tra le Parti. Aspetto che riguarda non solo i futuri contratti di appalto o di concessione ma anche i contratti in corso di esecuzione, per come si dirà infra.
Si vuole partire proprio dalla richiamata sentenza del TAR Milano n. 1249/2020 perché – a parere di chi scrive – la pronuncia in commento (TAR Lombardia - Milano, Sez. I, 30 ottobre 2025 n. n. 3496), da una parte, ha cristallizzato il contesto di regolazione e la funzione propria dell’Autorità, e dall’altra, ha posto un ulteriore spunto di riflessione, precisando che le previsioni regolatorie di ARERA non possono tradursi in automatismi che elidono la funzione di rinegoziazione tra le parti prevista dal Codice dei contratti pubblici.
Andiamo con ordine!
Con ricorso notificato il 30 ottobre 2023, alcune Società operanti nel settore dei rifiuti – per diversi profili di lamentata illegittimità – hanno impugnato, chiedendone l’annullamento, la deliberazione dell’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA) n. 385/2023/R/RIF del 3 agosto 2023, recante l’adozione dello “Schema tipo di contratto di servizio per la regolazione dei rapporti fra enti affidanti e gestori del servizio dei rifiuti urbani” nonché la deliberazione dell’ARERA 3 agosto 2021, n. 363/2021/R/RIF, recante “Approvazione del metodo tariffario rifiuti (MTR-2) per il secondo periodo regolatorio 2022-2025” e il “relativo Allegato A”.
1. Lo schema tipo di contratto di servizio: disposizioni sui contenuti minimi essenziali.
Per quanto di interesse nel presente commento, esemplificando, con il provvedimento adottato, nell’ambito delle proprie funzioni, in ottemperanza all’art. 203, commi 1 e 2, del D.Lgs. 152/2006, l’Autorità ha approvato (a seguito della consultazione di cui alla Deliberazione 262/2023/R/Rif) uno schema tipo di articolato di contratto di servizi, indicando i contenuti minimi essenziali, con particolare riferimento ai seguenti aspetti:
- Diposizioni generali, concernenti - oltre alle definizioni da richiamare nei contratti - l’oggetto, la forma di gestione del servizio scelta, il perimetro delle attività affidate e la durata del contratto;
- Corrispettivo del gestore ed equilibrio economico-finanziario, con particolare riguardo a una specifica disciplina dell'istanza di riequilibrio economico-finanziario, alle misure per il mantenimento del predetto equilibrio, al procedimento per la determinazione e approvazione delle misure di riequilibrio; in tale sezione è stata inoltre prospettata l’indicazione degli elementi caratterizzanti il Piano Economico Finanziario di Affidamento e l’esplicitazione della procedura generale di aggiornamento dello stesso nel rispetto dei criteri e dei termini stabiliti dall’Autorità;
- Qualità e trasparenza del servizio, anche con riferimento all’esplicitazione di eventuali standard e livelli qualitativi migliorativi (o ulteriori) rispetto alla regolazione fissata dall’Autorità;
- Ulteriori obblighi tra le parti, precisando quelli ascrivibili all'Ente territorialmente competente (di seguito anche ETC) e quelli riconducibili al gestore;
- Disciplina dei controlli, finalizzata alla verifica del corretto svolgimento delle prestazioni affidate da parte dell’Ente territoriale competente;
- Penali e sanzioni applicabili in caso di inosservanza delle disposizioni previste nel contratto, ovvero di ritardo nell’esecuzione delle prestazioni contrattuali;
- Cessazione e subentro, declinando la procedura di subentro nelle gestioni e le modalità di corresponsione del valore di rimborso al gestore uscente;
- Disposizioni finali, afferenti in particolare all’obbligo di prestazione di garanzie e di sottoscrizione di polizze assicurative, all’esplicitazione delle modalità di aggiornamento del contratto e all'indicazione degli allegati.
L’elencazione dei suindicati contenuti minimi, previsti dalla normativa di settore, richiama quanto previsto dall’art. 24, commi 1 e 2, del D.Lgs. 201/2022, rubricato “Contratto di servizio”, secondo il quale: «1. I rapporti tra gli enti affidanti e i soggetti affidatari del servizio pubblico, nonché quelli tra gli enti affidanti e le società di gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali essenziali, sono regolati da un contratto di servizio che, nei casi di ricorso a procedure a evidenza pubblica, è redatto sulla base dello schema allegato alla documentazione di gara.
2. Il contratto, nel rispetto dei principi del presente decreto, contiene previsioni dirette ad assicurare, per tutta la durata dell'affidamento, l'assolvimento degli obblighi di servizio pubblico, nonché l'equilibrio economico-finanziario della gestione secondo criteri di efficienza, promuovendo il progressivo miglioramento dello stato delle infrastrutture e della qualità delle prestazioni erogate».
In proposito, sovviene alla mente l’art. 82, comma 1, del D.Lgs. 36/2023 (Codice dei Contratti Pubblici), secondo il quale, costituiscono documenti di gara:
“a) il bando, l’avviso di gara o la lettera d’invito;
b) il disciplinare di gara;
c) il capitolato speciale;
d) le condizioni contrattuali proposte”.
Pertanto, a livello generale, lo schema di contratto, approvato con la decisione di contrarre ai sensi dell’art. 17, comma 1, del richiamato D.Lgs. 36/2023, secondo quanto previsto dal combinato disposto di cui ai richiamati D.Lgs. 201/2022 e D.Lgs. 36/2023, rappresenta un documento essenziale da approvare già in fase di indizione della procedura di gara, ai fini della successiva regolazione dell’esecuzione del servizio.
Inoltre, secondo il dettame normativo di cui al comma 2 dell’art. 24 del D.Lgs. 201/2022, il contratto deve necessariamente assicurare – tra l’altro – l’assolvimento degli obblighi di servizio pubblico, “promuovendo il progressivo miglioramento dello stato delle infrastrutture e della qualità delle prestazioni erogate”. E, in tale contesto, sovviene alla mente un’altra interessante sentenza della I Sezione del Tar Milano (TAR Lombardia – Milano, Sez. I, 30/06/2020, n. 1247), secondo la quale, sempre richiamando la legge 27 dicembre 2017, n. 205, viene stigmatizzato l’importante ruolo di ARERA, in merito alla funzione di regolazione e controllo nel settore del servizio di pubblica utilità della gestione del ciclo dei rifiuti urbani e assimilati. In particolare, la norma richiamata, nell’ambito delle funzioni di regolazione e controllo del settore, attribuisce all'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, tra l’altro, la:
1) definizione dei livelli di qualità dei servizi, sentiti le regioni, i gestori e le associazioni dei consumatori, nonché vigilanza sulle modalità di erogazione dei servizi;
2) definizione di schemi tipo dei contratti di servizio di cui all'articolo 203 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
3) fissazione dei criteri per la definizione delle tariffe di accesso agli impianti di trattamento;
4) approvazione delle tariffe definite, ai sensi della legislazione vigente, dall'ente di governo dell'ambito territoriale ottimale per il servizio integrato e dai gestori degli impianti di trattamento.
Come chiarito nella sentenza del Tar Lombardia – Milano, n. 1247/2020, i poteri regolatori del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani e assimilati sono stati attribuiti per il perseguimento delle seguenti finalità:
a) garantire l’accessibilità, la fruibilità e la diffusione omogenea del servizio sul territorio nazionale, in considerazione delle diverse condizioni territoriali di partenza;
b) garantire all’utenza adeguati livelli di qualità del servizio;
c) garantire l’adeguamento delle infrastrutture rispetto agli obiettivi imposti dalla normativa europea;
d) armonizzare gli obiettivi economico-finanziari con quelli sociali, ambientali e di appropriato impiego delle risorse.
Occorre però comprendere se lo schema tipo del contratto adottato da ARERA, di cui alla Deliberazione 385/2023/R/RIF, abbia travalicato i confini tipizzati dal legislatore, secondo quanto previsto dall’art. 203, comma 2 del D.Lgs. 152/2006 e dall’art. 24 del D.Lgs. 201/2022.
2. Il perimetro della regolazione tariffaria e il servizio di pubblica utilità nel settore della gestione del ciclo dei rifiuti, quale “monopolio naturale”.
Ci si domanda, di conseguenza, quale sia il perimetro di azione della regolazione tariffaria per il servizio di pubblica utilità del settore della gestione del ciclo dei rifiuti rispetto al contratto di appalto o di concessione riferito alla gestione dei rifiuti, nel rapporto contrattuale tra gli Operatori economici e le Stazioni appaltanti. E, ancora più in dettaglio, occorre comprendere come qualificare il perimetro di azione dell’Autorità nell’ambio della nozione del «servizio pubblico». La Sez. I del Tar Lombardia - Milano, con la richiamata sentenza n. 1247/2020, è entrata nel merito della definizione del servizio, precisando che la relativa nozione «si è notevolmente evoluta alla luce della nozione euro-unitaria di servizio di interesse economico generale, sostanzialmente coincidente con quella di servizio di pubblica utilità, che è invece quell’attività economica, volta a soddisfare pure essa un interesse generale della collettività, organizzata dagli operatori economici privati ed assoggettata ad una disciplina di settore che sia in grado di guidare le scelte degli operatori in senso pro-concorrenziale, al fine di accrescere l’efficienza allocativa delle risorse e di garantire il benessere sociale. Ciò che differenzia il servizio pubblico dal servizio di pubblica utilità sono dunque le ragioni dell’intervento dei pubblici poteri, determinato, nel servizio pubblico, dalla mancanza di un mercato e, nel servizio di pubblica utilità, dalla esistenza di un mercato liberalizzato da rendere del tutto concorrenziale. Pertanto la liberalizzazione del mercato dello smaltimento e del recupero dei rifiuti, ovvero la libertà degli operatori economici di accedervi, previa iscrizione all’Albo nazionale dei gestori ambientali, per garantire la tutela dello specifico interesse pubblico ambientale, costituisce il presupposto dell’intervento regolatorio dell’A.r.e.r.a., volto a perseguire l’efficientamento del servizio di gestione dell’intera filiera dei rifiuti urbani». Entrano, di conseguenza, in comunione due tipologie differenti – secondo la propria natura – di servizi: il servizio di interesse economico generale con il servizio di pubblica utilità, con l’intento – entrambi – di “accrescere l’efficienza allocativa delle risorse e di garantire il benessere sociale”.
In tale contesto, si assiste all’importante e incessante lavoro di ARERA che interviene proprio all’interno dello specifico interesse pubblico ambientale, “regolando” – appunto – il servizio rifiuti svolto dagli Operatori economici, quale “monopolio naturale” (come si legge nella sentenza del G.A.: Cons. Stato, Sez. IV, 22/07/2025, n. 6466) poiché rientrante tra i servizi di pubblica utilità e al fine di tutelare lo specifico interesse pubblico ambientale: «Il ruolo dell’autorità pubblica in tal senso non è poi soltanto passivo, nel senso che essa non si limita a prender atto, se pure col solo intento di farli ripagare, dei costi esistenti, ma agisce positivamente, con l’intento di contenere i costi stessi, e i conseguenti prezzi per l’utenza, e di far recuperare produttività al sistema, non trascurando però i necessari investimenti. In concreto, ciò avviene garantendo al gestore del servizio un ammontare predeterminato massimo di ricavi, pari al massimo importo di TARI esigibile, che comprende, con sufficiente approssimazione, i costi del servizio vero e proprio, i costi di uso del capitale, la remunerazione del capitale stesso e gli ammortamenti. Si tratta però di costi definibili come costi standard, nel senso che al gestore non è consentito di traslare puramente e semplicemente i costi di volta in volta da lui in concreto sopportati sull’utenza: al recupero di questi costi è imposto un limite, allo scopo di spingere verso una maggiore efficienza, con un meccanismo noto in economia come price cap, comune del resto ad altri servizi pubblici corrispondenti a monopoli naturali, come la distribuzione del gas naturale e la distribuzione dell’acqua potabile.
Sempre in concreto, l’applicazione dei costi standard può essere diretta, nel senso che nel momento in cui si tratti di determinare, anticipatamente per un dato anno, la tariffa dovuta l’autorità di regolazione può non riconoscere un dato costo esposto dal gestore e quindi non tenerne conto. Può però anche essere indiretta, nel momento in cui a fronte di una tariffa già determinata e applicata per un certo tempo, l’autorità non approvi uno o più dei costi di cui si è tenuto conto per determinarla, sia pure a titolo provvisorio. In questo caso, verrà imposto un conguaglio».
Sulla base di questi presupposti, si cercherà di esaminare alcuni aspetti disciplinati nella deliberazione ARERA n. 385/2023/R/RIF del 3 agosto 2023, impugnata da alcuni enti gestori del servizio.
Come chiarito in premessa, risulta interessante esaminare la citata Deliberazione ARERA, poiché prevede:
- l’adozione dello schema tipo di contratto di servizio quale atto che fissa i contenuti minimi essenziali obbligatoriamente richiesti, ferma restando l’autonomia contrattuale delle Parti nel disciplinare contenuti ulteriori, nel rispetto della normativa vigente e dei provvedimenti di regolazione dell’Autorità;
- l’adeguamento obbligatorio dei contratti in essere allo schema tipo di cui all’Allegato A in forza dell’efficacia eterointegrativa dei contratti che disciplinano la gestione del ciclo dei rifiuti urbani, riconosciuta ai provvedimenti di regolazione dell’Autorità.
Ora, venendo alla sentenza in commento, per quanto di interesse nel presente lavoro proposto, è evidenziato che gli operatori economici che hanno promosso il ricorso hanno dedotto alcuni motivi di illegittimità della Deliberazione ARERA, recante l’adozione dello Schema tipo di contratti di servizio, contestando:
- Terzo Motivo di illegittimità dedotto: violazione delle norme in materia di appalti pubblici, laddove lo schema tipo prevede (art. 7.1) che il corrispettivo dell’appalto, come determinatosi a seguito del ribasso d’asta formulato in sede di gara dall’esecutore, debba in realtà essere subordinato ad un evento futuro e incerto, quale la sua “coerenza” con “l’ammontare dei costi riconosciuti dal metodo tariffario” e ciò sarebbe in conflitto con il principio di salvaguardia dell’equilibrio contrattuale espresso nell’art. 9 del nuovo codice dei contratti pubblici, trasformando il contratto di appalto da commutativo ad aleatorio;
- Quarto Motivo di illegittimità dedotto: indeterminatezza della durata dell’appalto, per come previsto agli artt. 5.2 e 11.1, lett. b) della deliberazione n. 385/2023, facendola dipendere da eventi diversi dal puro e semplice esercizio del diritto di potestativo di proroga;
- Sesto Motivo di illegittimità dedotto: mancato richiamo alla possibilità – prevista espressamente dall’art. 11 del D.Lgs. 36/2023 – di applicare anche un C.C.N.L. diverso da quello “stipulato dalle Organizzazioni Sindacali comparativamente più rappresentative”.
- Settimo Motivo di illegittimità dedotto: mancato richiamo, tra i documenti contrattuali, dell’offerta (tecnica ed economica) dell’appaltatore.
Con il presente commento, si vuole focalizzare l’attenzione sul terzo motivo di illegittimità dedotto ed esaminato dal G.A. di I grado del Tar Lombardia – Milano, poiché ancorato all’importante rapporto tra regolazione del mercato da parte di ARERA e autonomia tra le Parti per i contratti di appalto del servizio di gestione dei rifiuti; tale delicato equilibrio “instabile” produce effetti anche in merito ai possibili profili di illegittimità di cui alla Deliberazione n. 385/2023.
Un discorso a parte si vuole proporre per quanto riguarda il sesto motivo di illegittimità, riferito alla mancata libertà per l’Operatore economico di applicare un C.C.N.L. diverso rispetto a quello “stipulato dalle Organizzazioni Sindacali comparativamente più rappresentative”. In proposito, l’art. 23 dello schema tipo di contratto, approvato con la deliberazione ARERA n. 385/2023, prevede espressamente che: «Il Gestore entrante garantisce l’applicazione al personale, non dipendente da amministrazioni pubbliche, del contratto collettivo nazionale di lavoro del settore dell'igiene ambientale, stipulato dalle Organizzazioni Sindacali comparativamente più rappresentative, anche in conformità a quanto previsto dalla normativa in materia attualmente vigente». Come si evince dal tenore letterale della disposizione, sembrerebbe che il gestore debba garantire l’applicazione al personale del contratto collettivo nazionale di lavoro del settore dell'igiene ambientale, stipulato dalle Organizzazioni Sindacali comparativamente più rappresentative. Tuttavia, a parere dello scrivente, la disposizione in esame deve essere interpretata tenendo conto anche del successivo inciso “anche in conformità a quanto previsto dalla normativa in materia attualmente vigente”, che assume valore di clausola di rinvio dinamico, imponendo una lettura sistematica e coordinata della norma al fine di garantire un’armonizzazione tra le diverse fonti e livelli regolatori applicabili. Sorge spontaneo quindi richiamare lo schema tipo di bando di gara per l’affidamento del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani, approvato con la Deliberazione ARERA 596/2024/R/rif (ancorché adottato in data successiva rispetto alla data di notifica e deposito del ricorso collettivo) che, già al punto 1.1., prevede quanto segue: «Per gli ulteriori contenuti dei bandi di gara, non disciplinati nel presente provvedimento, dovrà farsi riferimento alle disposizioni generali contenute nella disciplina sui contratti pubblici (decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36 – di seguito: d.lgs. 36/23 - e, ove applicabili, i pertinenti atti tipo adottati dall’Autorità Nazionale Anticorruzione – di seguito ANAC), nonché alla normativa settoriale in materia ambientale e dei servizi pubblici locali». Qualora, invece, si volesse escludere ogni riferimento alla citata Deliberazione ARERA 596/2024/R/rif e – quindi – allo schema del bando tipo, a parere dello scrivente, la clausola di cui all’impugnazione da parte dei ricorrenti collettivi dovrebbe essere letta, tenendo conto di quanto previsto proprio dall’art. 11 del D.Lgs. 36/2023. In proposito, il G.A. ha ritenuto fondata la censura di cui all’art. 23 dello schema tipo di contratto, «condividendo l’assunto delle parti ricorrenti, che tale articolo contrasta con l’art. 11, comma 3, d. lgs. 36/2023, norma di rango primario, il quale prevede espressamente che: “Gli operatori economici possono indicare nella propria offerta il differente contratto collettivo da essi applicato, purché garantisca ai dipendenti le stesse tutele”, sicché è illegittimo».
A parere dello scrivente, è pur vero che la disposizione così come adottata dall’Autorità potrebbe ricondurre l’obbligo per i Gestori di applicare solo il CCNL del settore dell’igiene ambientale; tuttavia, la clausola di chiusura dell’art. 23 “anche in conformità a quanto previsto dalla normativa in materia attualmente vigente” sembrerebbe rappresentare un richiamo – di carattere generale – alle disposizioni vigenti in materia e anche all’art. 11 del D.Lgs. 36/2023 (o al D.Lgs. 50/2016 per tutte le procedure di gara indette prima dell’entrata in vigore dell’attuale Codice dei contratti pubblici, tenuto conto che la Deliberazione ARERA 385/2023/R/RIF, stabilisce che i contratti di servizio in essere devono essere resi conformi allo schema tipo di contratto di servizio).
Diversamente, volgendo lo sguardo a quanto previsto dallo schema tipo del bando adottato da ARERA, con la Deliberazione 596/2024/R/rif, l’art. 23 dello schema tipo di contratto dovrebbe essere letto in combinato con il Bando tipo n. 1/2023, adottato da ANAC (per come aggiornato, tenuto conto delle modifiche introdotte con il D.Lgs. 209/2024 che ha integrato, per la fattispecie in esame, il D.Lgs. 36/2023) che, al punto 3 “Oggetto dell’appalto, importo e suddivisione in lotti”, prevede che la S.A. indica il CCNL impiegato per l’attività oggetto dell’appalto, in conformità con quanto previsto all’art. 11, comma 1 del Codice e all’allegato I.01 allo stesso, indicando anche il codice alfanumerico del CCNL (oltre ad inserirlo sulla Piattaforma di Approvvigionamento Digitale). Inoltre, anche la domanda tipo di partecipazione, approvata dal Consiglio dell’ANAC con delibera n. 365 del 16/09/2025 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 235 del 9 ottobre 2025, prevede espressamente che l’O.e., in sede di partecipazione alla procedura di gara, deve necessariamente dichiarare, tra l’altro, di:
- “applicare al personale impiegato nell’esecuzione del contratto per tutta la sua durata il CCNL indicato nel Disciplinare di gara;
o, in alternativa:
- pur applicando un diverso CCNL, assicurare le medesime tutele economiche e normative del CCNL indicato nel Disciplinare di gara;
o, in alternativa:
▪ applicare al personale impiegato nell’esecuzione del contratto per tutta la sua durata il seguente CCNL … (indicare il CCNL applicato) identificato dal codice alfanumerico unico del CNEL … che garantisce le stesse tutele economiche e normative rispetto a quello indicato nel Disciplinare di gara, come evidenziato nella dichiarazione di equivalenza che la stazione appaltante provvederà ad acquisire prima di procedere all’aggiudicazione (oppure, nel caso in cui la stazione appaltante richieda la produzione della dichiarazione di equivalenza in via anticipata nell’offerta economica: “da inserire nell’offerta economica”)”.
Qualora l’Operatore economico dichiari di applicare un CCNL diverso da quello indicato dalla Stazione appaltante, egli è onerato del deposito di una dichiarazione attestante l’equivalenza delle tutele economiche e normative, ai sensi dell’art. 11, comma 4, del Codice dei contratti pubblici. Tale adempimento è finalizzato a consentire alla Stazione appaltante di procedere alla verifica dell’effettiva equivalenza delle condizioni contrattuali, in conformità a quanto disposto dall’art. 5 dell’Allegato I.01 e dall’art. 110 del medesimo decreto legislativo.
In conclusione, a parere dello scrivente, non appare così scontato dichiarare l’illegittimità della clausola di cui all’art. 23 dello schema tipo di contratto, dovendosi piuttosto valorizzare una lettura sistematica e coordinata della disposizione alla luce del complessivo quadro normativo e regolatorio di riferimento. In particolare, la clausola deve essere armonizzata, da un lato, con la disciplina applicabile ai contratti d’appalto attualmente in corso di esecuzione – per i quali le Parti hanno piena contezza del CCNL applicato dall’Operatore economico – e, dall’altro lato, con le procedure di gara che verranno indette a partire dall’anno 2026, le quali dovranno conformarsi allo schema tipo di bando di gara per l’affidamento del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani, approvato con la Deliberazione ARERA 596/2024/R/rif, che richiama esplicitamente le disposizioni generali di cui ai contratti pubblici e, dunque, il Bando tipo ANAC n. 1/2023. In tale prospettiva, la previsione dell’art. 23, lungi dal porsi in contrasto con l’art. 11 del D.Lgs. 36/2023, può essere interpretata come clausola di coordinamento e di garanzia, volta ad assicurare la coerenza tra la regolazione di settore e la disciplina generale dei contratti pubblici, preservando al contempo il principio di libertà dell’Operatore economico nella scelta del contratto collettivo, purché siano comunque garantite le medesime tutele economiche e normative previste dalla legge.
3. ll principio di salvaguardia dell’equilibrio contrattuale: il Terzo Motivo di illegittimità dedotto
L’art. 9 del D.Lgs. 36/2023 introduce un principio generale di riequilibrio contrattuale, fondato sulla necessità di conservare l’equilibrio economico-finanziario originario del contratto in presenza di eventi straordinari e imprevedibili.
In merito, il G.A., nella sentenza in commento, chiarisce sin da subito che: «Ove tale corrispettivo fissato in sede di gara divenisse inadeguato per circostanze eccezionali, l’ordinamento giuridico in virtù del principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale - oggi codificato nell’art. 9 del d. lgs. 36/2023 - appresta il rimedio della revisione dei prezzi di cui all’art. 60 del medesimo decreto».
Nel settore dei rifiuti, tuttavia, con la deliberazione ARERA impugnata, è stato disciplinato il meccanismo di adeguamento del corrispettivo contrattuale, determinandolo secondo il metodo tariffario pro tempore vigente e – pertanto – non vincolandolo al contratto originario d’appalto; di conseguenza, alla procedura di gara, ivi compresa la documentazione approvata con la decisione di contrarre (incluso lo schema di contratto), ai sensi dell’attuale art. 82 del D.Lgs. 36/2023 e dell’art. 24 del D.Lgs. 201/2022.
Si legge infatti al punto 7.1 dello schema di contratto adottato con la deliberazione ARERA che: «L’Ente territorialmente competente garantisce per tutta la durata dell’affidamento la coerenza fra il corrispettivo spettante al Gestore e l’ammontare dei costi riconosciuti dal metodo tariffario pro tempore vigente, assicurandone l’adeguamento in sede di approvazione e aggiornamento della predisposizione tariffaria ai sensi dalla regolazione vigente».
In proposito, è intervenuto il G.A. che ha chiarito come i corrispettivi contrattuali “corrispondono invece all’esito della gara indetta per affidarli e all’offerta fatta in quella sede dalla parte interessata, per definizione capace di valutare il proprio interesse e quindi la remuneratività del prezzo offerto”.
In proposito, occorre richiamare la sentenza della IV Sez. del Consiglio di Stato – Cons. Stato, Sez. IV, 22/07/2025, n. 6466 – che ha precisato come «la disciplina del MTR di cui all’art. 1 comma 527 della l. 205/2017 e alle delibere ARERA è volta a determinare i valori massimi della TARI che l’amministrazione può porre a carico dei cittadini che fruiscono del servizio, non a determinare i corrispettivi contrattuali dovuti al gestore del servizio stesso. Questi ultimi corrispondono invece all’esito della gara indetta per affidarli e all’offerta fatta in quella sede dalla stessa parte interessata, per definizione capace di valutare il proprio interesse e quindi la remuneratività del prezzo offerto».
Il G.A. di II grado ha chiarito altresì che: «Sotto il profilo logico e teleologico, occorre poi notare che il sistema del MTR è volto istituzionalmente all’efficiente contenimento dei costi, non ad una particolare remunerazione del capitale privato, remunerazione che anzi, allargando la visuale a tutte le tariffazioni che seguono il metodo del price cap, è tendenzialmente avversata dall’ordinamento. È noto infatti che il referendum popolare 12-13 giugno 2011 ha eliminato dall’art. 154 del d. lgs. 152/2006, che disciplina i criteri per determinare la tariffa per il servizio idrico integrato, il riferimento prima contenutovi alla “adeguata remunerazione del capitale investito”. Di conseguenza, non è affatto assurdo, né illegittimo, che a fronte di un risultato migliore ottenuto mediante la gara concorrenziale, il Comune faccia proprio il relativo vantaggio così ottenuto e non lo riversi puramente e semplicemente all’operatore privato, in accordo con quanto prevedono le clausole delle delibere ARERA di cui ai §§ 3.9.6 e 3.10».
In conclusione, ai fini della tutela dell’equilibrio economico-finanziario originario del rapporto contrattuale, la giurisprudenza – e in particolare la pronuncia qui esaminata – ribadisce la centralità dell’istituto della revisione dei prezzi quale strumento tipico di riequilibrio previsto dall’ordinamento. In tale prospettiva, la clausola di cui all’art. 7.1 risulta incompatibile con la disciplina di rango primario di cui all’art. 60 del D.Lgs. 36/2023, che impone la previsione obbligatoria di meccanismi di revisione dei prezzi all’interno dei contratti pubblici.
Sorge, tuttavia, un profilo di criticità in ordine all’applicazione della pronuncia ai contratti d’appalto attualmente in corso di esecuzione, tenuto conto che questi ultimi devono essere adeguati e resi conformi allo schema tipo di contratto approvato dall’Autorità. Ciò in quanto – come già evidenziato in premessa – ai sensi dell’art. 24 del D.Lgs. n. 201/2022, i rapporti tra gli enti affidanti e i soggetti affidatari del servizio pubblico sono regolati dal contratto di servizio che, nei casi di affidamento mediante procedure ad evidenza pubblica, deve essere redatto sulla base dello schema allegato alla documentazione di gara, il quale, a sua volta, è definito in funzione dello schema tipo di contratto predisposto dall’Autorità di regolazione ai sensi dell’art. 7, comma 2, del medesimo decreto legislativo. È pur vero che non viene in discussione il potere regolatorio esercitato da ARERA, bensì l’adozione di specifiche clausole ritenute illegittime in quanto in contrasto, e comunque in falsa applicazione, di disposizioni di rango primario.
Il Consiglio di Stato ha chiarito il procedimento per determinare la TARI concretamente a carico dei cittadini in un dato Comune. I soggetti coinvolti sono i seguenti: vi è anzitutto il gestore del servizio; l’ente territorialmente competente, ovvero in base alla stessa norma “l’ente di governo dell’ambito, laddove costituito ed operativo, o, in caso contrario, la Regione o la Provincia autonoma o altri enti competenti secondo la normativa vigente”; il Comune. Vi è infine l’ARERA, ovvero l’autorità di regolazione.
Il gestore predispone annualmente il Piano Economico Finanziario, secondo quanto previsto dal MTR, e lo trasmette all’Ente territorialmente competente, dal quale esso deve essere validato (nel caso della presenza di un Comune, prima della validazione a cura dell’ETC, l’ente locale procede ad integrare il PEF con i propri dati e dichiarazioni). La procedura di validazione consiste nella verifica della completezza, della coerenza e della congruità dei dati e delle informazioni necessari alla elaborazione del piano economico finanziario e viene svolta dall’Ente territorialmente competente o da un soggetto dotato di adeguati profili di terzietà rispetto al gestore. Se la procedura di validazione ha esito positivo, l’Ente territorialmente competente assume le pertinenti determinazioni e provvede a trasmettere all’Autorità la predisposizione del piano economico finanziario e i corrispettivi del servizio integrato dei rifiuti. ARERA verifica la coerenza regolatoria degli atti, dei dati e della documentazione trasmessa e, in caso di esito positivo, conseguentemente approva.
Infine, per come espresso nella sentenza della IV Sezione del Consiglio di Stato, “In attuazione dell’articolo 2, comma 17, della legge 481/95, le entrate tariffarie determinate ai sensi del MTR sono considerate come valori massimi. È comunque possibile, in caso di equilibrio economico finanziario della gestione, applicare valori inferiori.” Il senso di questa disposizione è illustrato, come correttamente evidenzia anche il Giudice di I grado (p. 10 §§ 2.1.6 e ss. della motivazione), dalle premesse della deliberazione stessa, in cui si ritiene opportuno (doc. 5 p. 15 dal nono rigo) tener conto dei “risultati delle procedure di affidamento ai fini della determinazione delle tariffe del servizio, rappresentando che in molti territori il servizio è stato affidato tramite gara e che i relativi corrispettivi consentono già di estrarre l’efficienza economica tramite forme di concorrenza per il mercato” e “della necessità di salvaguardare le clausole contrattuali esistenti” e di conseguenza (doc. 5 p. 17 prime righe) si chiarisce che “le tariffe, elaborate sulla base della metodologia de quo e della normativa vigente, debbano essere considerate – ai sensi di quanto già previsto dall’articolo 2, comma 17, della legge 481/95 – come i prezzi massimi unitari dei servizi al netto delle imposte, consentendo all’ente territorialmente competente di preservare eventuali efficienze nei costi derivanti dalla realizzazione di procedure concorsuali”.
Si potrebbe dedurre, quindi, un limite del potere regolatorio dell’Autorità, nell’ambito dell’autonomia contrattuale tra l’Ente gestore e la Stazione appaltante: la delibera ARERA non determinerebbe – pienamente – una eterointegrazione dei contratti d’appalto in essere con i singoli gestori del servizio. Di conseguenza, i costi esposti nei relativi PEF dagli Operatori economici, approvati da ARERA, secondo la disciplina del metodo tariffario vigente, non devono tradursi in un corrispondente adeguamento dei corrispettivi contrattuali da riconoscere al gestore del servizio, perché rappresentano finalità differenti. Se da una parte, i PEF sono necessari ai fini della determinazione della TARI, dall’altra, vi è un contratto d’appalto che segue le disposizioni ordinarie e codicistiche in caso di necessità di un riequilibrio economico-finanziario dello stesso, in presenza di eventi straordinari e imprevedibili, in ottemperanza agli articoli 9 e 60 del Codice dei Contratti pubblici.
In sostanza, i costi esposti dall’Ente gestore (auto dichiarati dallo stesso) nel PEF e anche riferiti al contratto d’appalto (come, a titolo esemplificativo: i costi dell’attività di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani indifferenziati; i costi dell’attività di trattamento e smaltimento dei rifiuti urbani; i costi dell’attività di trattamento e recupero dei rifiuti urbani; i costi dell’attività di raccolta e trasporto delle frazioni differenziate; i costi operativi variabili previsionali di cui all'articolo 9.1 del MTR-2; Costi operativi variabili previsionali di cui all'articolo 9.2 del MTR-2; i costi operativi incentivanti variabili di cui all'articolo 9.3 del MTR-2) hanno una duplice finalità:
- rappresentano la base per la determinazione della TARI, tenendo conto che la disciplina del MTR e delle delibere ARERA, fissando i valori massimi della Tassa che l’Amministrazione mette a carico dei cittadini che usufruiscono del servizio, garantendo l’equilibrio economico-finanziario della gestione complessiva del servizio;
- rappresentano la base ai fini di un possibile adeguamento contrattuale, in presenza di eventi straordinari e imprevedibili, secondo i rimedi espressi dal Codice dei contratti Pubblici.
La previsione di cui al punto 7.1 dello schema di contratto, in effetti, sembra perseguire la medesima finalità sottesa all’art. 9 del D.Lgs. 36/2023, ossia la salvaguardia dell’equilibrio economico-finanziario del contratto in presenza di eventi straordinari e imprevedibili, pur avvalendosi di strumenti propri della regolazione settoriale. In questa prospettiva, il meccanismo di aggiornamento ancorato al PEF potrebbe rappresentare una soluzione coerente con l’ordinamento di settore, idonea a garantire, al contempo, la sostenibilità economica della gestione e la neutralità per l’utenza, senza determinare una indebita eterointegrazione del contratto d’appalto, tenuto altresì conto che la deliberazione ARERA impugnata, nel fissare i contenuti minimi essenziali, lascia impregiudicata l’autonomia contrattuale delle Parti nella disciplina degli ulteriori aspetti.
Tuttavia, la sentenza in commento evidenzia come l’art. 7.1, prevedendo un meccanismo “atipico” di adeguamento del corrispettivo contrattuale fondato sulla coerenza con i costi riconosciuti dal metodo tariffario, si ponga in contrasto con l’art. 60 del D.Lgs. 36/2023, che impone l’obbligo di inserire clausole di revisione prezzi nei contratti pubblici. In tal senso, il giudice ritiene che la disciplina tariffaria non possa sostituire la revisione codicistica, pena l’illegittimità della clausola stessa.
In questa ottica, pur nel rispetto di tale orientamento, appare comunque auspicabile un’evoluzione interpretativa che consenta una maggiore integrazione tra la disciplina di settore e quella generale dei contratti pubblici. Ciò anche alla luce del D.Lgs. 201/2022, che attribuisce ad ARERA un ruolo di regolazione del mercato volto a garantire, oltre all’efficienza tariffaria, la stabilità economica e la sostenibilità complessiva dei rapporti contrattuali nel servizio pubblico locale. Una simile prospettiva sistematica permetterebbe di armonizzare la ratio dell’art. 9 del Codice con gli obiettivi della regolazione settoriale, assicurando un equilibrio tra l’interesse pubblico alla corretta gestione del servizio e la tutela dell’affidatario rispetto a mutamenti economici straordinari.
In conclusione, alla luce di quanto sopra esposto, si conferma come il sistema tenda a smarrire il “doppio binario” originario tra la dimensione tariffaria e quella contrattuale: i costi del gestore, pur dichiarati nel PEF e formalmente riferibili anche al contratto d’appalto, finiscono per assolvere prevalentemente la funzione di parametro ai fini della determinazione della TARI, perdendo – apparentemente - così la loro valenza economico-finanziaria contrattuale.
Come chiarito dal Consiglio di Stato, il sistema del MTR è finalizzato all’efficiente contenimento dei costi e non alla remunerazione del capitale privato. In tale logica, se attraverso la gara d’appalto si ottiene un prezzo più basso o più efficiente, l’Amministrazione può legittimamente trattenere il vantaggio derivante dal ribasso, senza doverlo “restituire” al gestore; rappresentando quindi economie di gara: l’efficienza economica generata dalla concorrenza di mercato è già acquisita dall’Ente e il contratto non deve adeguarsi automaticamente al livello tariffario MTR.
Tuttavia, questo risparmio iniziale, pur legittimamente trattenuto dall’Amministrazione secondo la logica del price cap, può progressivamente ridursi in caso di attivazione delle clausole di revisione dei prezzi ex art. 60 del D.Lgs. 36/2023. Nei contratti di lunga durata, tali adeguamenti possono far emergere costi complessivi superiori a quelli che l’Amministrazione avrebbe sostenuto affidandosi esclusivamente alla regolazione settoriale MTR, riducendo quindi il vantaggio economico inizialmente ottenuto tramite la gara.
Ne consegue che, pur nel rispetto della ratio del MTR e della disciplina ARERA, appare auspicabile una prospettiva interpretativa e regolatoria che armonizzi i due binari — tariffario e contrattuale — garantendo contemporaneamente la sostenibilità economica della gestione, la neutralità per l’utenza e la tutela dell’affidatario in presenza di eventi straordinari, senza compromettere eccessivamente il risparmio iniziale conseguito grazie alla concorrenza di mercato. Solo una simile visione sistematica può assicurare un equilibrio stabile tra l’efficienza economica perseguita dalla regolazione settoriale e la protezione dell’equilibrio economico-finanziario del contratto pubblico.
A parere di chi scrive, nel vigente sistema dei servizi pubblici locali, con particolare riferimento al servizio integrato di gestione dei rifiuti urbani, il rapporto instaurato tra l’ente affidante e l’operatore economico, pur derivando da una procedura di evidenza pubblica espletata ai sensi del Codice dei Contratti Pubblici, non può essere qualificato quale contratto di appalto di servizi in senso proprio, bensì deve essere ricondotto alla categoria del contratto di servizio pubblico regolato. L’utilizzo delle regole del Codice dei contratti pubblici attiene alla fase di selezione del gestore, in funzione di garanzia dei principi di trasparenza, concorrenza e imparzialità, ma con riferimento alla natura sostanziale del rapporto, la disciplina resta ancorata ad un più ampio spettro di norme pubblicistiche (compreso il Codice dei contratti pubblici) e regolatorie (le deliberazioni ARERA, in attuazione del D.Lgs. 201/2022 e del D.Lgs. 152/2006), volte a garantire l’erogazione continuativa, efficiente e sostenibile di un servizio di interesse economico generale.
La qualificazione del servizio dei rifiuti come “servizio di pubblica utilità” e, segnatamente, come “monopolio naturale”, comporta l’assoggettamento del gestore a un regime di regolazione economica e tariffaria di tipo autoritativo, esercitato da ARERA ai sensi della legge n. 481/1995 e della normativa di settore (D.Lgs. n. 152/2006, parte IV). Tale regime prevede la determinazione, da parte dell’Autorità, di un vincolo ai ricavi riconosciuti in funzione di costi standard e obiettivi di efficienza, secondo una metodologia tariffaria pro tempore vigente (MTR-2 e successive), che garantisce l’equilibrio economico-finanziario complessivo del servizio. Il corrispettivo spettante al gestore, seppur derivato “sulla base di un corrispettivo da lui liberamente offerto” non dovrebbe costituire, dunque, un prezzo contrattuale liberamente negoziato con l’amministrazione, bensì un ricavo regolato, determinato sulla base di criteri oggettivi e predeterminati, in vista della tutela dell’interesse pubblico alla sostenibilità economica e all’equità tariffaria. L’ente affidante non agisce come committente di una prestazione, bensì come autorità organizzatrice di un servizio pubblico destinato all’utenza, i cui oneri sono coperti mediante tariffa o TARI.
L’art. 7 dello schema contrattuale, approvato con la Deliberazione ARERA n. 385/2023/R/RIF, nel prevedere l’obbligo di adeguamento del corrispettivo in sede di aggiornamento tariffario, codifica espressamente tale subordinazione alla regolazione, sostituendo alla revisione dei prezzi di matrice civilistica il meccanismo di aggiornamento periodico dei costi riconosciuti previsto dalla disciplina ARERA. In questo modo, la sostenibilità economica del servizio e la remunerazione del gestore non dipendono dall’evoluzione dei prezzi di mercato o da clausole negoziali, bensì da un procedimento amministrativo regolato, volto a garantire la permanenza dell’equilibrio economico-finanziario dell’affidamento.
Ne consegue che il contratto stipulato a valle della procedura di gara non integrerebbe un rapporto sinallagmatico tipico dell’appalto, nel quale la pubblica amministrazione corrisponde un prezzo a fronte di una prestazione specifica, ma un rapporto di natura regolata, nel quale l’autonomia negoziale delle parti risulterebbe regolata dall’intervento dell’Autorità di settore. A parere di chi scrive, il meccanismo di riequilibrio economico non dovrebbe essere affidato – tout court - alla revisione dei prezzi ex art. 60 del D.Lgs. n. 36/2023, ma preliminarmente ai procedimenti di aggiornamento e conguaglio tariffario previsti dalla regolazione ARERA, i quali tengono conto delle variazioni dei costi, degli investimenti programmati e degli obiettivi di efficienza. In tale prospettiva, la previsione contenuta nelle deliberazioni dell’Autorità, secondo cui le parti possono riconoscere un corrispettivo inferiore a quello risultante dall’applicazione della metodologia tariffaria purché sia rispettata la condizione di equilibrio economico-finanziario, conferma la natura pubblicistica e regolata del rapporto, nel quale la libertà contrattuale è subordinata alla salvaguardia della sostenibilità complessiva del servizio e alla tutela dell’utenza.
La giurisprudenza amministrativa, in particolare il Consiglio di Stato (Sez. IV, sent. 22 luglio 2025, n. 6466), ha ribadito che il servizio rifiuti costituisce un servizio di pubblica utilità soggetto a regolazione, in cui l’autorità pubblica non si limita a riconoscere i costi dichiarati dal gestore, ma interviene attivamente per contenerli e per assicurare un adeguato livello di efficienza, mediante un sistema di tipo price cap analogo a quello adottato per altri settori di monopolio naturale. Tale configurazione esclude che il rapporto possa essere sussunto nella nozione di appalto di servizi, con conseguente inapplicabilità delle disposizioni del Codice dei contratti in materia di revisione prezzi, e impone di ricondurlo al diverso paradigma del contratto di servizio pubblico regolato, nel quale la disciplina contrattuale opera quale strumento attuativo della regolazione economica disposta dall’Autorità indipendente. Ciò però senza escludere – nell’ambito dell’autonomia contrattuale tra le Parti – come precisato nella deliberazione ARERA n. 385/2023/R/RIF del 3 agosto 2023, l’eventuale ulteriore rimedio revisionale di tipo contrattuale, di cui all’art. 60 del D.Lgs. 36/2023.
Solo in questo modo, a parere di chi scrive, si potrebbe concretizzare fattivamente – anche con riferimento al servizio di gestione dei rifiuti – l’auspicata mitigazione del rischio di “abuso di potere economico”, attraverso la metodologia tariffaria in sede di aggiornamento del corrispettivo contrattuale, per quanto di interesse.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2193 del 2023, proposto da Agesp S.p.A., Ciclat Trasporti Ambiente Società Cooperativa, Gial Plast S.r.l., Monteco S.p.A., Navita S.r.l., Roma Costruzioni S.r.l., Teknoservice S.r.l., Traina S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'avvocato Riccardo Rotigliano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Arera-Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Milano, Via Freguglia, 1;
nei confronti
Kalat Ambiente s.r.r. s.c.p.a., Comune di Caltagirone, Comune di Castel di Iudica, Comune di Grammichele, Comune di Licodia Eubea, Comune di Mazzarrone, Comune di Militello Val di Catania, Comune di Mineo, Comune di Mirabella Imbaccari, Comune di Palagonia, Comune di Raddusa, Comune di Ramacca, Comune di San Cono, Comune di San Michele di Ganzaria, Comune di Scordia, Comune di Vizzini, Comune di Alessano, Comune di Castrignano del Capo, Comune di Corsano, Comune di Gagliano del Capo, Comune di Morciano di Leuca, Comune di Patù, Comune di Salve, Comune di Tiggiano, Comune di Tricase, Comune di Surbo, Comune di Monopoli, Comune di Mola di Bari, Comune di Polignano A Mare, Comune di Conversano, Comune di Villalba, Consorzio Canavesano Ambiente, non costituiti in giudizio;
per l'annullamento
- della deliberazione dell'Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA) n. 385/2023/R/RIF del 3 agosto 2023, recante l'adozione dello schema tipo di contratto di servizio per la regolazione dei rapporti fra enti affidanti e gestori del esercizio dei rifiuti urbani, nonché del suo allegato A e di ogni altro atto presupposto, conseguente e/o comunque connesso, ivi compresa, ove occorra, la deliberazione dell'ARERA 3 agosto 2021, n. 363/2021/R/RIF, recante “Approvazione del metodo tariffario rifiuti (MTR-2) per il secondo periodo regolatorio 2022-2025” e Allegato A.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente – Arera e del Comune di Vittoria;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1° ottobre 2025 la dott.ssa Marilena Di Paolo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Le società ricorrenti operano tutte nel settore dei rifiuti e in tale veste, a valle di procedure di evidenza pubblica, hanno stipulato contratti di appalto con numerosi enti pubblici locali per l’attività di raccolta e di trasporto di rifiuti, ancora in corso di esecuzione.
2. Con il ricorso collettivo in epigrafe, notificato il 30 ottobre 2023 e ritualmente depositato, le società ricorrenti hanno impugnato, chiedendone l’annullamento, la deliberazione dell’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA) n. 385/2023/R/RIF del 3 agosto 2023, recante l’adozione dello “Schema tipo di contratto di servizio per la regolazione dei rapporti fra enti affidanti e gestori del servizio dei rifiuti urbani”, nonché la deliberazione dell’ARERA 3 agosto 2021, 363/2021/R/RIF, recante “Approvazione del metodo tariffario rifiuti (MTR-2) per il secondo periodo regolatorio 2022-2025” e il relativo Allegato A”.
3. Le parti ricorrenti hanno dedotto i seguenti motivi di illegittimità:
I) VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 1, COMMA 527 L. N. 205/2017 E DELLA L. N. 481/1995: in sintesi, le società ricorrenti lamentano la violazione del limite oggettivo di applicazione dei poteri regolatori dell’ARERA, circoscritto – a loro dire – al solo “servizio integrato di gestione” affidato mediante concessione e non il “singolo servizio” affidato mediante contratto pubblico di appalto, dal momento che l’art. 203 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 si riferirebbe solo al primo;
II) ECCESSO DI POTERE PER ERRONEITÀ DEI PRESUPPOSTI - VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 1339 C.C., DELL’ART. 1, COMMA 527 L. N. 205/2107 E DELLA L. N. 481/1995: le società ricorrenti contestano l’eterointegrazione, con effetti retroattivi, dei contratti di durata in corso di esecuzione da parte del potere regolatorio tariffario attribuito all’Autorità (ARERA), mancando una norma di legge che, ai sensi dell’art. 1339 c.c., disponga espressamente in tal senso;
III) ECCESSO DI POTERE PER ERRONEITÀ DEI PRESUPPOSTI - VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 1665 C.C., DELL’ART. 95, COMMA 1, D. LGS. N. 50/2016, DEGLI ARTT. 9, 60 E 108 D. LGS. N. 36/2023, DELL’ART. 1, COMMA 527 L. N. 205/2107 E DELLA L. N. 481/1995: le società ricorrenti lamentano la violazione delle norme in materia di appalti pubblici, laddove lo schema tipo prevede (art. 7.1) che il corrispettivo dell’appalto, come determinatosi a seguito del ribasso d’asta formulato in sede di gara dall’esecutore, debba in realtà essere subordinato ad un evento futuro e incerto, quale la sua “coerenza” con “l’ammontare dei costi riconosciuti dal metodo tariffario” e ciò sarebbe in conflitto con il principio di salvaguardia dell’equilibrio contrattuale espresso nell’art. 9 del nuovo codice dei contratti pubblici, trasformando il contratto di appalto da commutativo ad aleatorio;
IV) ECCESSO DI POTERE PER ERRONEITÀ DEI PRESUPPOSTI - VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 1665 C.C., DELL’ART. 95, COMMA 1, D. LGS. N. 50/2016, DEGLI ARTT. 14 E 120 D. LGS. N. 36/2023, DELL’ART. 1, COMMA 527 L. - 22 - N. 205/2107 E DELLA L. N. 481/1995: con tale motivo, le società ricorrenti sostengono l’illegittimità delle previsioni di cui agli artt. 5.2 e 11.1, lett. b) della deliberazione n. 385/2023 che renderebbero indeterminata la durata dell’appalto (e il conseguente valore economico), facendola dipendere da eventi diversi dal puro e semplice esercizio del diritto di potestativo di proroga;
V) ECCESSO DI POTERE PER ERRONEITÀ DEI PRESUPPOSTI - VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 19 D. LGS. N. 201/2022, DELL’ART. 1 D. LGS. N. 36/2023, DELL’ART. 1, COMMA 527 L. N. 205/2107 E DELLA L. N. 481/1995: le società ricorrenti censurano l’art. 22.5 della deliberazione che subordinerebbe la possibilità per l’appaltatore entrante di eseguire l’appalto alla previa corresponsione al gestore uscente del “valore di subentro”;
VI) VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 50 D. LGS. N. 50/2016, DEGLI ARTT. 57 E 11, COMMA 3, D. LGS. N. 36/2023: secondo le ricorrenti lo schema tipo recherebbe due previsioni illegittime (artt. 22.7 e 23) relative al personale: la prima avrebbe previsto un obbligo di riassorbimento di tutto il personale del gestore uscente; nella seconda mancherebbe il richiamo alla possibilità - prevista espressamente dall’art. 11 d. lgs. n. 36/2023 - di applicare anche un c.c.n.l. diverso da quello “stipulato dalle Organizzazioni Sindacali comparativamente più rappresentative”;
VII) VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 1325 E SS. C.C.: infine, le società ricorrenti sostengono l’illegittimità del mancato richiamo, tra i documenti contrattuali, dell’offerta (tecnica ed economica) dell’appaltatore.
4. Si è costituita in giudizio l’Autorità per resistere al ricorso, depositando documenti e memoria, con la quale ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per mancata notifica ad almeno un controinteressato ex art. 49, comma 2, c.p.a., e l’irricevibilità del ricorso avverso la determinazione n. 363/2021/R/Rif, pubblicata il 4 agosto 2021, che ha definito il metodo tariffario rifiuti per il secondo periodo MTR-2.
5. Con memoria di replica depositata il 30 maggio 2025, le ricorrenti Agesp s.p.a. e Roma Costruzioni s.r.l. hanno dichiarato di non aver più interesse a coltivare il giudizio, domandando che di ciò si prenda atto.
6. Con ordinanza 2248/2025, pubblicata il 16 giugno 2025, questo Collegio ha disposto l’integrazione del contraddittorio.
7. Dopo l’integrazione del contraddittorio, si è costituito in giudizio anche il Comune di Vittoria per resistere al ricorso, depositando memoria.
8. All’udienza pubblica del 1° ottobre 2025 la causa è passata in decisione.
9. Preliminarmente va respinta l’eccezione di tardività del ricorso avverso la determinazione n. 363/2021, pubblicata il 4 agosto 2021, sollevata dall’Autorità.
9.1. Come precisato da questa Sezione, in caso di atto regolatorio, “l’interesse a ricorrere muove dall’atto applicativo, i termini decadenziali di quest’ultimo valgono anche per l’atto regolamentare (giurisprudenza costante)” (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 31 dicembre 2024, n. 3817, p. 2).
9.2. Secondo la consolidata e pacifica giurisprudenza, le norme regolamentari vanno immediatamente impugnate solamente allorché siano suscettibili di produrre, in via diretta ed immediata una lesione concreta ed attuale della sfera giuridica di un determinato soggetto, mentre nel caso di volizioni astratte e generali, suscettibili di ripetuta applicazione e che esplichino effetto lesivo solo nel momento in cui è adottato l'atto applicativo, la norma regolamentare deve essere impugnata unitamente al provvedimento applicativo di cui costituisce l'atto presupposto, in quanto solamente quest'ultimo rende concreta la lesione degli interessi (Consiglio di Stato sez. IV, 22 agosto 2024, n.7211; Consiglio di Stato sez. V, 28 maggio 2024, n.4745; Consiglio di Stato sez. V, 2 settembre 2024, n.7341; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 23 luglio 2020, n. 2020, p. 11.4).
9.3. La lesione della posizione giuridica dei destinatari (ovvero le società ricorrenti firmatarie di contratti di appalto in corso di esecuzione) deriva dalla puntuale disciplina dello schema tipo di contratto di servizio introdotta con la determinazione n. 385/2023/R/Rif; quindi solo da tale momento la posizione delle società ricorrenti si qualifica e si differenzia rispetto alla generalità degli operatori del settore, divenendo esse soggetti legittimati ad impugnare anche la deliberazione n. 363/2021/R/Rif, quale atto presupposto della deliberazione n. 385/2023/R/rif.
10. Passando all’esame delle censure, occorre richiamare il quadro normativo di riferimento.
10.1. Ai sensi dell’art. 1 comma 527 della l. 27 dicembre 2017 n.205, “Al fine di migliorare il sistema di regolazione del ciclo dei rifiuti, anche differenziati, urbani e assimilati, per garantire accessibilità, fruibilità e diffusione omogenee sull'intero territorio nazionale nonché adeguati livelli di qualità in condizioni di efficienza ed economicità della gestione, armonizzando gli obiettivi economico-finanziari con quelli generali di carattere sociale, ambientale e di impiego appropriato delle risorse, nonché di garantire l'adeguamento infrastrutturale agli obiettivi imposti dalla normativa europea, superando così le procedure di infrazione già avviate con conseguenti benefici economici a favore degli enti locali interessati da dette procedure, sono attribuite all'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, come ridenominata ai sensi del comma 528, con i medesimi poteri e nel quadro dei principi, delle finalità e delle attribuzioni, anche di natura sanzionatoria, stabiliti dalla legge 14 novembre 1995, n. 481, le seguenti funzioni di regolazione e controllo, in particolare in materia di: …e) definizione di schemi tipo dei contratti di servizio di cui all'articolo 203 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152;… f) predisposizione ed aggiornamento del metodo tariffario per la determinazione dei corrispettivi del servizio integrato dei rifiuti e dei singoli servizi che costituiscono attività di gestione, a copertura dei costi di esercizio e di investimento, compresa la remunerazione dei capitali, sulla base della valutazione dei costi efficienti e del principio « chi inquina paga »… h) approvazione delle tariffe definite, ai sensi della legislazione vigente, dall'ente di governo dell'ambito territoriale ottimale per il servizio integrato e dai gestori degli impianti di trattamento…”.
10.2. Per quanto rileva nel caso di specie, l’Autorità in questione, ridenominata dalla norma citata appunto ARERA- Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente, ha esercitato le competenze così conferitele predisponendo: a) con la deliberazione 3 agosto 2023 n. 385/2023/R/rif, lo schema tipo di contratto di servizio per la regolazione dei rapporti tra enti affidanti e gestori del servizio dei rifiuti urbani ; b) con la deliberazione 31 ottobre 2019 n.443/2019/R/rif, il metodo tariffario – MTR per il primo periodo e poi, con la deliberazione ARERA 3 agosto 2021 n. 363/2021/R/rif., il MTR per il secondo periodo. Quest’ultima deliberazione conferma l’impostazione generale fissata dal MTR per il primo periodo, prevedendo che la determinazione delle entrate tariffarie avvenga sulla base di dati certi, verificabili e desumibili da fonti contabili obbligatorie, nonché in funzione della copertura di oneri attesi connessi a specifiche finalità di miglioramento delle prestazioni (art. 4 deliberazione n. 363/2021).
10.3. L’art. 4 della deliberazione, al comma 6, stabilisce inoltre che “In attuazione dell’articolo 2, comma 17, della legge 481/95, le entrate tariffarie determinate ai sensi del MTR-2 sono considerate come valori massimi. È comunque possibile, in caso di equilibrio economico finanziario della gestione, applicare valori inferiori.”
10.4. La giurisprudenza afferma che “3.4 In generale e per chiarezza, si può dire che il MTR in questione integra, in termini di scienza economica, una regolamentazione della tariffa attraverso un vincolo ai ricavi, nella specie rappresentato da un importo massimo della TARI che può essere preteso dalla platea degli utenti, in modo concettualmente non dissimile con quanto è previsto nel nostro ordinamento per altre fattispecie di monopolio naturale, ovvero per il servizio idrico e per il servizio di distribuzione del gas naturale……10.1 In termini di interpretazione letterale, la disciplina del MTR di cui all’art.1 comma 527 della l. 205/2017 e alle delibere ARERA è volta, come si è visto sopra, a determinare i valori massimi della TARI che l’amministrazione può porre a carico dei cittadini che fruiscono del servizio, non a determinare i corrispettivi contrattuali dovuti al gestore del servizio stesso. Questi ultimi corrispondono invece all’esito della gara indetta per affidarli e all’offerta fatta in quella sede dalla stessa parte interessata, per definizione capace di valutare il proprio interesse e quindi la remuneratività del prezzo offerto.
10.2 Per il caso poi in cui in cui il corrispettivo divenisse inadeguato per circostanze eccezionali, l’ordinamento prevede per rimediarvi un istituto speciale, ovvero la revisione prezzi, costante nel regime degli appalti, in quanto prevista, con caratteristiche sostanzialmente equivalenti, dall’art. 115 del d. lgs. 163/2006, dall’art. 106 comma 1 lettera a) del successivo d. lgs. 18 aprile 2016 n.50 e attualmente dall’art. 60 del d.lgs. 31 marzo 2023 n.36….. 10.7 Infine (motivo secondo), le delibere ARERA fissano effettivamente i prezzi massimi sul presupposto che essi garantiscano l’equilibrio finanziario della gestione, ma non significano affatto che ogni prezzo fissato in diminuzione non garantisca l’equilibrio stesso, perché altrimenti non si parlerebbe di prezzi massimi, ma piuttosto di prezzi imposti…”(Consiglio di Stato, sez. IV, 22 luglio 2025, n. 6466).
10.5. Sulla retroattività degli atti regolatori dell’Autorità, questo T.A.R. ha affermato che “13.2. Partendo da principi di portata generale deve osservarsi come, secondo un consolidato orientamento del Giudice di legittimità costituzionale, “al legislatore [così come, secondo il Collegio, all’Autorità deputata alla regolazione] non è preclusa la possibilità di emanare norme retroattive, sia innovative che di interpretazione autentica, purché tale scelta normativa sia giustificata sul piano della ragionevolezza, attraverso un puntuale bilanciamento tra le ragioni che ne hanno motivato la previsione e i valori, costituzionalmente tutelati, potenzialmente lesi dall'efficacia a ritroso della norma adottata…….. 13.3. Non ritiene ex se preclusa l’introduzione di una regola con portata retroattiva neppure la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo secondo cui simile possibilità deve, al contrario, ritenersi consentita qualora lo impongano “imperative ragioni di interesse generale” e purché l’intervento sia ragionevole e non incompatibile con le previsioni di cui all’articolo 6, par. 1, della C.E.D.U. e di cui all’articolo 1, numero 1, del Protocollo addizionale alla C.E.D.U. (per cui “l'interferenza del Legislatore sulla “res” controversa è assimilato ad illegittima ingerenza nella situazione proprietaria, intesa in senso lato, con riferimento al bene controverso; cfr., Corte di Cassazione, Sez. III, 11 novembre 2019, n. 28990) in relazione al duplice parametro della “prevedibilità” dell’iniziativa legislativa e dell’ “abuso del processo” (cfr. Corte E.D.U., Sez. II, sentenza 20 dicembre 2016, in ric. n. 58630/11, Ljaskaj c. Croazia)……. 13.4. I principi affermati valgono, come anticipato, anche per l’attività di regolazione che il legislatore conferisce all’Autorità il cui intervento in un mercato come quello del gas naturale non può ritenersi ex se precluso solo in ragione dell’incidenza degli effetti delle deliberazioni su situazioni antecedenti all’emanazione delle stesse. Al contrario, la vicenda all’attenzione del Collegio appare sintomatica della necessità di assicurare e preservare un potere di regolazione che possa rimediare ad eventuali distorsioni che si registrino in un determinato settore. Intervento che tutela non soltanto il generale e preminente equilibrio del sistema ma anche le situazioni soggettive concrete dei soggetti variamente coinvolti in tale mercato dovendosi rinvenire tra le funzioni della regolazione, come notato da autorevole dottrina, quella di assicurare parità delle armi tra tutti gli operanti di un mercato allestendo, eliminando o rivedendo regole giuridiche al fine di evitare situazioni inique rispetto alle attività svolte da taluna/e delle categorie di soggetti parte della complessa compagine del sistema e del mercato in esame…” ( T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 23 dicembre 2019, n. 2727, confermata dal Consiglio di Stato, sez, VI; 20 marzo 2022, n. 2260).
10.6. Per quanto rileva ai fini di causa, secondo l’art. 3bis, comma 1bis, del D.L. 13 agosto 2011 n. 138, i servizi appartenenti al settore dei rifiuti urbani rientrano tra i servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica.
10.7. Come correttamente ricordato dall’Autorità, la giurisprudenza, anche di questo T.A.R., ha confermato che “il servizio di gestione dei rifiuti, in base alle sue caratteristiche oggettive, deve ritenersi rientrare tra i servizi pubblici locali a rete (cfr. Tar Lombardia – Milano, sent. n. 2540/2023, cfr. punto 5.2 della motivazione” (T.A.R. Brescia, sez. I, 24 giugno 2024, n. 555).
10.8. Ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. d), del d.lgs. n. 201/2022 (Riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica), si definiscono “«servizi di interesse economico generale di livello locale a rete» o «servizi pubblici locali a rete»: i servizi di interesse economico generale di livello locale che sono suscettibili di essere organizzati tramite reti strutturali o collegamenti funzionali necessari tra le sedi di produzione o di svolgimento della prestazione oggetto di servizio, sottoposti a regolazione ad opera di un'autorità indipendente”.
10.9. Il successivo art. 7 del medesimo d.lgs. (rubricato “Competenze delle autorità di regolazione nei servizi pubblici locali a rete”) prevede che “1. Nei servizi pubblici locali a rete le autorità di regolazione individuano, per gli ambiti di competenza, i costi di riferimento dei servizi, lo schema tipo di piano economico-finanziario, gli indicatori e i livelli minimi di qualità dei servizi, anche ai fini di quanto previsto dagli articoli 10, comma 4, 14, comma 2, e 17, comma 2.
2. Negli ambiti di competenza, le autorità di regolazione predispongono schemi di bandi di gara e schemi di contratti tipo….”.
10.10. Il capo II del d. lgs. n. 201/2022 (intitolato “Forme di gestione del servizio pubblico locale”) prevede all’art. 14 le seguenti diverse modalità di gestione del servizio pubblico locale: a) affidamento a terzi mediante procedura a evidenza pubblica, “favorendo, ove possibile in relazione alle caratteristiche del servizio da erogare, il ricorso a concessioni di servizi rispetto ad appalti pubblici di servizi, in modo da assicurare l'effettivo trasferimento del rischio operativo in capo all'operatore” (art. 15); b) affidamento a società mista; c) affidamento a società in house, nei limiti fissati dal diritto dell'Unione europea, secondo le modalità previste dall'articolo17.
11. L’art. 183, comma 1, lett. n) e ll), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, definisce il servizio di gestione dei rifiuti come la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compreso il controllo di tali operazioni e gli interventi successivi alla chiusura dei siti di smaltimento, e la gestione integrata dei rifiuti come il “complesso delle attività, ivi compresa quella di spazzamento delle strade come definita alla lettera oo), volte ad ottimizzare la gestione dei rifiuti”.
12. Ciò premesso, il primo motivo di ricorso è infondato.
12. 1. Il Collegio rileva che la legge attribuisce all’Autorità le funzioni di regolazione e controllo del ciclo dei rifiuti, cioè dell’attività di gestione dei rifiuti, quest’ultima costituita – secondo la lett. f) dell’art. 1 comma 527 - dal servizio integrato dei rifiuti e dai singoli servizi (di raccolta, trasporto, trattamento, valorizzazione e smaltimento), sicché non può essere condiviso l’assunto di parte ricorrente riportato con il primo motivo di ricorso, atteso che l’art. 1 comma 527 della Legge n. 205 del 2017 e il secondo comma dell’articolo 7 del d.lgs. n. 201 del 2022 prevedono espressamente in capo all’Autorità il potere di predisporre “schemi di contratti tipo” indipendentemente dal grado di integrazione del servizio, facendo riferimento agli ambiti di competenza dell’Autorità di regolazione. La tesi di parte ricorrente non è quindi condivisibile, in quanto porta ad una inammissibile limitazione dei poteri regolatori dell’Autorità nel settore dei rifiuti, che non è però prevista dalla legge e lascia irragionevolmente senza schema-tipo i contratti aventi ad oggetto le singole attività (di raccolta, trasporto, trattamento, valorizzazione e smaltimento), le quali, complessivamente considerate, configurano la gestione integrata dei rifiuti. È evidente invece che lo schema tipo di contratto di servizio è, insieme alla predisposizione tariffaria, uno strumento regolatorio dell’attività di gestione dei rifiuti, che comprende tutti i servizi di gestione dei rifiuti e non solo quello integrato.
12.2. A nulla rileva il fatto che l’articolo 203 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152 faccia riferimento al servizio “integrato” dei rifiuti, dal momento che esso è intitolato “Schema tipo di contratto di servizio”, riferendosi evidentemente all’intero ciclo dei rifiuti, senza prevedere deroghe per i servizi non integrati.
12.3. Non è inoltre chiaro in base a quale norma lo schema tipo di contratto di servizio debba trovare applicazione solo nei casi di concessione della gestione del servizio, dal momento che il contratto di concessione e il contratto di appalto sono entrambi previsti dall’art. 14 d. lgs. n. 201 del 2022 come forme di gestione del servizio rifiuti senza incidere sulla natura dello stesso.
12.4. La giurisprudenza di questo T.A.R., correttamente richiamata dall’Autorità, pronunciandosi sul potere regolatorio, ha recentemente affermato che “quanto ai soggetti privati titolari di contratti d’appalto ricompresi nell’ambito di applicazione della delibera, va osservato che la legge n. 205 del 2017, nel declinare le attribuzioni regolatorie di Arera, non stabilisce alcuna limitazione riferibile al titolo in forza del quale l’attività viene esercitata. Anche con riferimento al potere di predisposizione ed aggiornamento del metodo tariffario (articolo 1, comma 527, lett. f), la norma contiene un riferimento ampio alla determinazione dei “corrispettivi” sia del “servizio integrato dei rifiuti” sia “dei singoli servizi che costituiscono attività di gestione”. Sul punto, si richiama quanto ritenuto dal Tar con la sentenza 17agosto 2021, n. 1938: “Il potere regolatorio di Arera nella materia de qua trova fondamento legislativo nell’art. 1, comma 527, della legge n. 205/2017, che reca una previsione di carattere generale, riferita alla tariffazione nell’ambito del servizio integrato dei rifiuti, indipendentemente dal modello di organizzazione della Tari – tributo o tariffa –prescelto dall’Ente locale. In tal senso, depongono il tenore letterale della norma e le finalità ad essa sottese […] La norma è formulata in modo tale da coprire ogni sistema astrattamente configurabile di gestione del servizio integrato dei rifiuti […] (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 24 aprile 2023, n. 1002).
12.5. Inconferente è la sentenza delle SS.UU. della Cassazione n. 17829 del 2007 richiamata da parte ricorrente, dal momento che nel caso di specie non è in discussione, ai fini del riparto di giurisdizione, la distinzione tra contratto di appalto e provvedimento di concessione, esaminata nella citata sentenza, ma l’applicazione di uno schema tipo di contratto di servizio per la regolazione dei rapporti tra enti affidanti e gestori del servizio dei rifiuti urbani.
13. Infondato è anche il secondo motivo di ricorso, con il quale le ricorrenti deducono l’illegittimità della deliberazione n. 385/2023/R/Rif, nella parte in cui applicherebbe retroattivamente lo schema tipo di contratto di servizi ai contratti di appalto in corso di esecuzione.
13.1. Sulle ragioni di infondatezza di tale censura, oltre a quanto esposto nel par. 10.5., il Collegio rileva che con lo schema tipo di contratto qui impugnato le parti si impegnano ad assolvere - “in attuazione della normativa vigente (art. 2.1. All. deliberazione n. 385/2023/R/Rif) - gli obblighi di servizio pubblico, nonché l’equilibrio economico-finanziario della gestione”, obblighi evidentemente già previsti dalla disciplina regolatoria e dall’art. 24 del d.lgs. 201/2022, norma imperativa idonea ad integrare il contratto di servizio secondo il meccanismo di cui all’art. 1374 codice civile. Quindi, la deliberazione n. 385/2023/R non ha introdotto nuovi obblighi ma si limita a fissare “i contenuti minimi essenziali di obblighi già previsti dalla normativa vigente, ferma restando l’autonomia contrattuale delle Parti nel disciplinare contenuti ulteriori, nel rispetto della normativa vigente e dei provvedimenti di regolazione dell’Autorità” nonché a prevedere che “i contratti di servizio in essere siano resi conformi allo schema tipo di contratto di servizio” (pag. 11 deliberazione).
14. Preliminarmente all’esame del terzo, quarto, quinto, sesto e settimo motivo di ricorso, occorre riassumere la disciplina normativa dello schema tipo di contratto.
14.1. L’art. 203 (intitolato “Schema tipo di contratto”), comma 2, del d. lgs. 152/2006 fissa il contenuto minimo dello schema del contratto di servizio, il quale deve indicare: “a) il regime giuridico prescelto per la gestione del servizio (forme di gestione di cui all’art. 14 del d. lgs. 201/2022); b) l'obbligo del raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario della gestione; c) la durata dell'affidamento, comunque non inferiore a quindici anni; d) i criteri per definire il piano economico-finanziario per la gestione integrata del servizio; e) le modalità di controllo del corretto esercizio del servizio; f) i principi e le regole generali relativi alle attività ed alle tipologie di controllo, in relazione ai livelli del servizio ed al corrispettivo, le modalità, i termini e le procedure per lo svolgimento del controllo e le caratteristiche delle strutture organizzative all'uopo preposte; g) gli obblighi di comunicazione e trasmissione di dati, informazioni e documenti del gestore e le relative sanzioni; h) le penali, le sanzioni in caso di inadempimento e le condizioni di risoluzione secondo i principi del codice civile, diversificate a seconda della tipologia di controllo; i) il livello di efficienza e di affidabilità del servizio da assicurare all'utenza, anche con riferimento alla manutenzione degli impianti; l) la facoltà di riscatto secondo i princìpi di cui al titolo I, capo II, del regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 4 ottobre 1986, n. 902; m) l'obbligo di riconsegna delle opere, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali strumentali all'erogazione del servizio in condizioni di efficienza ed in buono stato di conservazione; n) idonee garanzie finanziarie e assicurative; o) i criteri e le modalità di applicazione delle tariffe determinate dagli enti locali e del loro aggiornamento, anche con riferimento alle diverse categorie di utenze (…)”.
14.2. Come detto, l’art. 1 comma 527 della legge n. 205/2017 attribuisce all’Autorità il potere di definire gli schemi tipo dei contratti di servizio di cui al sopra citato art. 203 del d. lgs. 152/2006.
14.3. L’art. 24 del d.lgs. 201/2022, al comma 2, evidenzia che “il contratto (…) contiene previsioni dirette ad assicurare, per tutta la durata dell’affidamento, l’assolvimento degli obblighi di servizio pubblico, nonché l’equilibrio economico-finanziario della gestione secondo criteri di efficienza, promuovendo il progressivo miglioramento dello stato delle infrastrutture e della qualità delle prestazioni erogate”.
14.4. In applicazione delle suddette norme, l’Autorità ha adottato la deliberazione 3 agosto 2023 n. 385/2023/R/Rif, con la quale ha fissato “i contenuti minimi essenziali obbligatoriamente richiesti dalla normativa vigente, ferma restando l’autonomia contrattuale delle Parti nel disciplinare contenuti ulteriori, nel rispetto della normativa vigente e dei provvedimenti di regolazione dell’Autorità”.
14.5. Le questioni che giungono all’esame di questo Giudice riguardano quindi i limiti dei poteri regolatori dell’Autorità nel campo dell’autonomia contrattuale delle parti, dove la regolazione del ciclo dei rifiuti dà vita ad una sorta di funzionalizzazione del contratto di servizio, per il perseguimento, non solo degli interessi economici degli operatori del settore, ma anche degli obiettivi generali di carattere sociale, di tutela ambientale e di uso efficiente delle risorse indicati nell’art.1, comma 527, della L. n. 205/2017 e nell’art. 1 della L. n. 481/1995.
15. Con il terzo motivo di ricorso, le società ricorrenti deducono l’illegittimità dell’art. 7.1 dello schema tipo di contratto di servizio per violazione delle norme del d. lgs. n. 36/2023 (Codice appalti) nella parte in cui prevede che ci sia “coerenza tra il corrispettivo dell’appalto e i costi riconosciuti dal metodo tariffario”.
16. Su tale motivo l’Autorità ha sollevato l’eccezione di inammissibilità, ritendo indimostrato l’assunto delle parti ricorrenti secondo cui il metodo tariffario determinerebbe minori entrate rispetto al prezzo dell’appalto.
17. L’eccezione non è fondata e non può pertanto essere accolta.
17.1. Risulta dal ricorso e dalla memoria delle società ricorrenti che ciò che si contesta con tale motivo di ricorso non è la minore entrata rispetto al corrispettivo dell’appalto in corso, ma è la violazione del principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale di cui agli artt. art. 9 e 60 del d. lgs. 36/2023.
17.2. Il motivo di ricorso è fondato.
17.3. Come noto, la disciplina del MTR e le delibere ARERA fissano effettivamente i valori massimi della TARI che l’amministrazione può porre a carico dei cittadini che fruiscono del servizio, sul presupposto che essi garantiscano l’equilibrio economico-finanziario della gestione, senza determinare i corrispettivi contrattuali dovuti al gestore del servizio stesso. Questi ultimi corrispondono invece all’esito della gara indetta per affidarli e all’offerta fatta in quella sede dalla parte interessata, per definizione capace di valutare il proprio interesse e quindi la remuneratività del prezzo offerto.
17.4. Ove tale corrispettivo fissato in sede di gara divenisse inadeguato per circostanze eccezionali, l’ordinamento giuridico in virtù del principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale - oggi codificato nell’art. 9 del d. lgs. 36/2023 - appresta il rimedio della revisione dei prezzi di cui all’art. 60 del medesimo decreto.
17.5. Da quanto sopra esposto, è evidente che l’art. 7.1, prevedendo l’atipico meccanismo di adeguamento del corrispettivo contrattuale della “coerenza con i costi riconosciuti dal metodo tariffario”, si pone in netto contrasto con la norma di rango primario di cui all’art. 60 del d. lgs. 36/2023, che ha introdotto l’obbligo di previsione di clausole di revisione dei prezzi, sicché, contrariamente a quanto affermato nella deliberazione impugnata (pag. 11) esso non rispetta la normativa vigente e pertanto è illegittimo.
17.6. In altre parole, mentre i costi riconosciuti dal metodo tariffario riguardano l’equilibrio economico finanziario sulla base del quale sono determinati i valori massimi della TARI e l’aggiornamento tariffario, per l’adeguamento del corrispettivo liberamente offerto in sede di gara, in presenza di un bando che indica caratteristiche e durata del servizio stesso, il gestore del servizio ha a disposizione il rimedio della revisione dei prezzi per le sopravvenienze straordinarie.
18. Il quarto e il quinto motivo di ricorso, poiché connessi, possono essere esaminati congiuntamente, dal momento che con tali censure le società ricorrenti lamentano il contrasto tra la disciplina dei contratti pubblici e le previsioni regolatorie della deliberazione n. 385/2023/R/Rif in tema di estensione della durata contrattuale contenute nell’art. 5.2; art. 11.1, lett. b); art. 15.1, lett. k) e artt. 22.5 e 22.8, che renderebbero indeterminata la durata del rapporto contrattuale.
18.1. I motivi sono fondati per le seguenti ragioni.
18.2. In sintesi, l’art. 5 (intitolato “Durata dell’affidamento”), al comma 2, prevede che la durata dell’affidamento possa essere estesa “Al fine di garantire il mantenimento delle condizioni di equilibrio economico-finanziario e a tutela della continuità del servizio e della qualità delle prestazioni”, prevede inoltre alla lettera b) che la durata possa essere estesa nel caso di “mancata corresponsione del valore di subentro da parte del Gestore entrante, nel rispetto della regolazione pro tempore vigente, o in caso di oggettivi e insuperabili ritardi nelle procedure di affidamento”, così anche l’art. 22.8; mentre l’art. 11 (intitolato “Misure per il mantenimento dell’equilibrio economico-finanziario”), alla lett. b) prevede tra le misure di riequilibrio e di risanamento, “l’estensione della durata dell’affidamento”. Tra gli “Ulteriori obblighi del gestore”, l’art. 15.1 lett. k) prevede quello di “proseguire nella gestione del servizio fino al subentro del nuovo Gestore”.
18.3. Con la memoria depositata in atti il 26 maggio 2025, l’Autorità ha difeso la legittimità delle contestate previsioni, evidenziando che le finalità delle previste proroghe sarebbero: da un lato, quella di garantire le condizioni di equilibrio economico-finanziario in un’ottica ispirata al principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale di cui all’art. 9 del d. lgs. 36/2023; dall’altra quella di garanzia del diritto del gestore uscente ad essere remunerato nella misura pattuita.
18.4. Orbene, le censure delle parti ricorrenti meritano di essere condivise.
18.5. Innanzitutto si osserva che le prescrizioni e le finalità rappresentate dall’Autorità vanno oltre il contenuto tipizzato dal legislatore (art. 203, comma 2, d. lgs. 152/2006 e art. 24 del d.lgs. 201/2022) e gli obiettivi che delimitano il campo di applicazione dei poteri regolatori indicati nel par.14.5. Inoltre, il citato principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale non è pertinente, riguardando esso non la durata del contratto ma appunto l’equilibrio del sinallagma contrattuale, per il quale è previsto il rimedio della revisione dei prezzi o quello dell’art. 1467 cod. civ., per i contratti stipulati prima dell’entrata in vigore del d. lgs. 36/2023. Le diposizioni impugnate, aggiungendo nuove ipotesi di estensione della durata, contrastano inoltre con l’istituto della proroga tecnica di cui all’art. 120, comma 11, del codice dei contratti pubblici, quest’ultima prevista come strumento di carattere eccezionale nei casi di oggettivi e insuperabili ritardi nella conclusione della procedura di affidamento e per il tempo strettamente necessario.
18.6. Si osserva inoltre come tali illegittime previsioni impattano in modo sensibile sull’autonomia contrattuale e sulla libertà di iniziativa economica del gestore del servizio, dal momento che lo schema tipo rende di fatto indeterminata la durata del vincolo contrattuale, dipendendo essa dalle condizioni di equilibrio economico-finanziario o dalla corresponsione del valore di subentro da parte del gestore entrante, soggetto questo estraneo al rapporto contrattuale in corso di esecuzione.
19. Con il sesto motivo di ricorso si contesta l’illegittimità di due previsioni (artt. 22.7 e 23) relative al personale, le quali avrebbero introdotto un obbligo di assorbimento di tutto il personale del gestore uscente ed escluso la possibilità di applicare un c.c.n.l. diverso da quello stipulato dalle organizzazioni sindacali più rappresentative.
19.1. A prescindere da ogni considerazione sulla pertinenza delle contestate previsioni rispetto al quadro regolatorio del ciclo dei rifiuti, l’art. 22.7 è così formulato “Ai sensi di quanto disposto dalla normativa di settore, il personale che precedentemente all’affidamento del servizio risulti alle dipendenze del Gestore uscente…….può essere soggetto al passaggio diretto ed immediato al nuovo Gestore del Servizio affidato”.
19.2. Contrariamente a quanto affermato dalle parti ricorrenti, questo Collegio rileva che la norma prevede la facoltà e non l’obbligo di assorbimento del personale del gestore uscente, espressa con la locuzione “può essere soggetto al passaggio…al nuovo Gestore”, e la clausola di riserva contenuta nell’art. 22.7 fa comunque salva l’applicazione della disciplina della clausola sociale.
19.3. Per tali ragioni, l’art. 22.7 si sottrae alle censure delle parti ricorrenti.
19.4. Fondata è invece la censura relativa all’art. 23.
19.5. Ai sensi del citato art. 23 “Il Gestore entrante garantisce l’applicazione al personale……del contratto collettivo nazionale di lavoro del settore dell’igiene ambientale, stipulato dalle Organizzazioni Sindacali comparativamente più rappresentative, anche in conformità a quanto previsto dalla normativa in materia attualmente vigente”.
19.6. Il Collegio rileva, condividendo l’assunto delle parti ricorrenti, che tale articolo contrasta con l’art. 11, comma 3, d. lgs. 36/2023, norma di rango primario, il quale prevede espressamente che “Gli operatori economici possono indicare nella propria offerta il differente contratto collettivo da essi applicato, purché garantisca ai dipendenti le stesse tutele”, sicché è illegittimo.
20. Va infine accolto il settimo motivo di ricorso, con il quale le parti ricorrenti deducono che l’art. 27 non contempla tra gli allegati dello schema tipo l’offerta dell’appaltante, che consente di determinare l’oggetto del contratto.
21. Concludendo, il ricorso è in parte infondato e in parte fondato nei termini di cui in motivazione, mentre è improcedibile ai sensi dell’art. 35, comma 1, lettera c), c.p.a. per dichiarata sopravvenuta carenza d’interesse limitatamente alle società ricorrenti Agesp e Roma Costruzioni.
22. Le spese, che seguono il principio della soccombenza, si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:
- lo accoglie nei termini di cui in motivazione;
- lo dichiara improcedibile per le società Agesp e Roma Costruzioni per dichiarata sopravvenuta carenza d’interesse.
Condanna l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente alla refusione delle spese di lite a favore delle ricorrenti, che liquida in € 6.000,00 (seimila/00) oltre accessori di legge; spese compensate con il Comune di Vittoria.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 1 ottobre 2025 con l'intervento dei magistrati:
Antonio Vinciguerra, Presidente
Alberto Di Mario, Consigliere
Marilena Di Paolo, Referendario, Estensore