TAR Lazio, Roma, Sez. III, 23 giugno 2025, n. 12331
La perentorietà dei termini della procedura di VIA prevista dall’art. 25, co. 7, D.lgs. 152/2006 (TUA) rileva solo ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 2, commi da 9 a 9-quater, e 2-bis L. n. 241/1990, norme che prevedono, in caso di ritardo nella conclusione del procedimento, la valutabilità del ritardo ai fini della valutazione della performance, la responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente, nonché il risarcimento del danno e l’indennizzo derivante dal ritardo. Alla materia non può invece ritenersi applicabile l’istituto del silenzio assenso orizzontale di cui all’art. 17-bis L. n. 241/1990, dovendo il procedimento di valutazione dell’impatto ambientale necessariamente concludersi con un provvedimento espresso ai sensi del quarto comma dello stesso articolo.
Guida alla lettura
Con la sentenza in commento il TAR Lazio si è pronunciato in merito alla invocata applicabilità degli artt. 17-bis e 2, co. 8-bis, L. n. 241/1990 ai procedimenti di valutazione dell’impatto ambientale.
Il ricorrente, società attiva nella progettazione, gestione e sviluppo di impianti per la produzione e il trasporto di energia elettrica da fonti rinnovabili, infatti, dopo aver presentato al MASE istanza per la valutazione dell’impatto ambientale di un progetto, ricorreva al TAR Lazio lamentando la violazione degli artt. 17-bis, 2, co. 8-bis, L. n. 241/1990 a degli artt. 23ss. D.lgs. 152/2006 per avere il MASE acriticamente recepito, nel contesto del decreto con cui esprimeva “giudizio positivo sulla compatibilità ambientale”, tutte le condizioni ambientali apposte dal MIC, il quale si era però espresso in relazione al progetto a distanza di un anno dall’adozione del parere della Commissione Tecnica PNRR-PNIEC, e dunque ben oltre il termine di 20 giorni previsto dalla legge.
Secondo il ricorrente, infatti, il MASE non avrebbe dovuto tenere in considerazione, ai fini della conclusione del procedimento di VIA, tale parere, in quanto tardivo e, quindi, inefficace. Più nel dettaglio, in base all’art. 17-bis, comma 3, della L. n. 241/1990, il concerto del MIC avrebbe dovuto ritenersi implicitamente acquisito, mentre il parere adottato tardivamente risulterebbe inefficace ai sensi dell’art. 2, comma 8-bis della medesima legge.
Il Collegio, dopo aver dichiarato il ricorso inammissibile – con riguardo alle censure qui analizzate – per identità di causa petendi rispetto a un precedente giudicato formatosi su altro ricorso che il medesimo ricorrente aveva presentato avverso il silenzio serbato dal MASE sulla istanza di cui si discute, ha altresì affermato l’infondatezza delle censure nel merito.
In particolare, muovendo dal disposto dell’art. 25, co. 7, TUA, il quale prevede la perentorietà dei termini del procedimento di VIA ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 2, commi da 9 a 9-quater, e 2-bis L. n. 241/1990, ha evidenziato che l’effetto utile della norma è solo quello di estendere anche ai termini infra-procedimentali gli effetti che la legge ricollega in generale alla violazione del termine di conclusione del procedimento (valutazione della performance, responsabilità disciplinare, amministrativa e contabile del dirigente e del funzionario inadempiente, risarcimento del danno o indennizzo da ritardo). Ne consegue che la norma non può invece essere interpretata nel senso di rendere inefficaci gli atti tardivamente adottati.
Inoltre, il Collegio ha asserito come non possa ritenersi applicabile alla materia l’istituto del silenzio assenso orizzontale di cui all’art. 17-bis L. n. 241/1990, ostando a ciò il disposto del quarto comma dello stesso articolo ai sensi del quale “le disposizioni del presente articolo non si applicano nei casi in cui disposizioni del diritto dell'Unione europea richiedano l’adozione di provvedimenti espressi”. Invero, con riferimento alla valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, l’adozione di provvedimenti espressi è imposta dalla Direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 dicembre 2011, volta a garantire una conclusione motivata del procedimento che informi il pubblico e le autorità interessate al progetto, includendo considerazioni attinenti alla protezione del patrimonio culturale e del paesaggio.
In virtù della natura necessariamente espressa e pluristrutturata della decisione sulla compatibilità ambientale il TAR Lazio ha, dunque, sia escluso la formazione per silentium dell’atto di concerto sia statuito che l’autorità concertante non possa in alcun modo ignorare l’avviso (sebbene tardivo) espresso da quella concertata, che, ove non condiviso, potrà semmai dare luogo alla procedura di cui all’art. 5, co. 2, lett. c-bis), della legge 23 agosto 1988, n. 400 (deferimento al Consiglio dei Ministri).
Pubblicato il 23/06/2025
N. 12331/2025 REG.PROV.COLL.
N. 14177/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 14177 del 2024, proposto da
Grupotec Solar Italia 15 s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giannalberto Mazzei, Cesare Fossati, con domicilio eletto presso lo studio Giannalberto Mazzei in Roma, piazza Navona 49;
contro
Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, Ministero della Cultura, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
della Regione Lazio, non costituita in giudizio;
per l'annullamento:
- del decreto ministeriale n. 330 del 16 ottobre 2024, notificato alla ricorrente in data 23 ottobre 2024, con cui il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, di concerto con il Ministero della Cultura, ha espresso “giudizio positivo sulla compatibilità ambientale” del “Progetto di un impianto agrivoltaico di potenza pari a 17,26 MW e delle relative opere di connessione alla RTN, come rimodulato a 16,43 MW, da realizzarsi nei Comuni di Gavignano (RM), Paliano (FR) e Anagni (FR)”, subordinatamente al rispetto delle condizioni apposte da ciascun Ministero, nella parte in cui ha recepito alcune delle condizioni apposte dal Ministero della Cultura;
- di ogni altro atto presupposto, collegato, connesso e/o consequenziale, anche non conosciuto, ivi inclusi:
(i) il parere della Commissione Tecnica PNRR-PNIEC n. 179 del 6 luglio 2023, con cui è stato espresso parere favorevole circa la compatibilità ambientale del progetto di cui sopra, nel rispetto delle condizioni apposte dalla medesima;
(ii) la nota del Ministero della Cultura – Soprintendenza speciale per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza prot. n. 19503-P del 4 luglio 2024, con cui è stato espresso parere favorevole rispetto al progetto di cui sopra, nel rispetto delle condizioni impartite dalla medesima.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica e del Ministero della Cultura;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 giugno 2025 il dott. Marco Savi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La ricorrente è una società che si occupa della progettazione, sviluppo, realizzazione e gestione di impianti per la produzione ed il trasporto di energia elettrica da fonti rinnovabili.
2. La Società è titolare del progetto di un impianto agrovoltaico denominato “Gavignano”, da realizzarsi nei comuni di Gavignano (RM), Paliano e Anagni (FR), riconducibile alla tipologia di cui all’Allegato I-bis alla Parte Seconda del d.lgs. n. 152/2006, ove sono individuate le “Opere, impianti e infrastrutture necessarie al raggiungimento degli obiettivi fissati dal Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC), predisposto in attuazione del Regolamento (UE) 2018/1999”.
3. In relazione al suddetto progetto, in data 23 dicembre 2021 la Società ha presentato al MASE istanza per la valutazione dell’impatto ambientale.
4. Nell’ambito del relativo procedimento, esaurita la fase di consultazione del pubblico, con il parere n. 179 del 6 luglio 2023 la Commissione Tecnica PNRR-PNIEC si è espressa favorevolmente, subordinatamente all’ottemperanza delle condizioni ivi indicate. Sennonché, nel termine di 20 giorni per l’espressione dell’atto di concerto, il MIC non si sarebbe attivato in alcun modo.
5. La ricorrente ha quindi proposto ricorso avverso il silenzio, rigettato da questo Tribunale con sentenza n. 19686/2024.
6. È solamente a distanza di un anno dall’adozione del parere della Commissione Tecnica PNRR-PNIEC – e dunque ben oltre il termine previsto dall’art. 25 cit. – che il MIC si è espresso in relazione al progetto in questione. Con il parere prot. n. 19503-P del 4 luglio 2024, il MIC ha subordinato il proprio parere – formalmente favorevole – ad una condizione che costituirebbe, invero, un diniego rispetto alla realizzazione di uno dei tre lotti dell’impianto.
7. Una volta acquisito il parere del MIC, il MASE ha assunto, in data 16 ottobre 2024, il decreto ministeriale n. 330/2024, con cui è stato espresso “giudizio positivo sulla compatibilità ambientale” del progetto in questione. Con tale provvedimento, il MASE avrebbe acriticamente recepito tutte le condizioni ambientali apposte dal MIC in seno al suo parere che, tuttavia, andrebbero a detrimento della sostenibilità del progetto in questione, il quale si vedrebbe irragionevolmente mutilato di una parte rilevante per il suo equilibrio, sia nella componente energetica che in quella agronomica.
8. La società ha quindi proposto il presente ricorso, affidato a due motivi.
9. Con il primo motivo deduce “Violazione e falsa applicazione dell’art. 17-bis della legge n. 241/1990. Violazione e falsa applicazione dell’art. 2, co. 8-bis, della legge n. 241/1990. Violazione e falsa applicazione degli artt. 23 e seguenti del d.lgs. n. 152/2006. Difetto assoluto di istruttoria e carenza di motivazione”. Il provvedimento impugnato sarebbe anzitutto illegittimo in quanto il MASE non avrebbe dovuto tenere in considerazione, ai fini della conclusione del procedimento di VIA, il parere espresso dal MIC, attesa la tardività – e conseguente inefficacia – di quest’ultimo. A fronte dell’adozione, da parte della Commissione Tecnica PNRR-PNIEC, del relativo parere in data 6 luglio 2023, il MIC si è espresso solamente il 4 luglio 2024, a distanza di un anno. In ragione dell’intervenuto decorso del termine per l’espressione del concerto da parte del MIC, quest’ultimo avrebbe dovuto intendersi allora implicitamente “acquisito”, ai sensi e per gli effetti dell’art. 17-bis, co. 3, della legge n. 241/1990; il parere del MIC, espresso ben oltre il termine previsto dall’art. 25 cit., avrebbe, invece, dovuto essere ritenuto inefficace, ai sensi dell’art. 2, co. 8-bis, della legge n. 241/1990.
10. Con il secondo motivo si lamenta “Violazione e falsa applicazione dell’art. 25, co. 4, del d.lgs. n. 152/2006. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione, nonché travisamento dei fatti. ingiustizia manifesta”. In via subordinata, il provvedimento di VIA dovrebbe comunque essere annullato nella parte in cui prescrive il rispetto di alcune condizioni – quelle apposte dal MIC, nello specifico – oltremodo gravose ed irragionevoli. Il MIC ha imposto, in particolare, le seguenti condizioni: (i) che la società fornisca “un approfondimento progettuale in scala adeguata, finalizzato alla riconfigurazione dell’intervento e che preveda: a. lo stralcio del sottocampo T2, classificato ad alto rischio archeologico che risulta intercluso tra aree archeologiche note e indicate nella tav B del PTPR, e sul quale anche a seguito delle integrazioni documentali risultano ancora non chiarite le interferenze delle opere previste con le aree boscate tutelate poste ai margini, con l’indicazione di prevedere per la medesima area esclusivamente una destinazione agraria e/o pastorale”; (ii) la che la società fornisca un approfondimento progettuale, “finalizzato alla riconfigurazione dell’intervento e che preveda”, tra l’altro, “l’inserimento di elementi a verde che consentano di interrompere le superfici continue dei tracker (cfr. punto 2.c)”; (iii) che la società fornisca “il progetto esecutivo delle opere di ripristino e mitigazione, in scala adeguata, curata da architetto paesaggista, al fine di migliorare l’inserimento paesaggistico e diminuire la percezione della superficie ininterrotta dei tracker, con riferimento: a. alle fasce di mitigazione secondo le indicazioni fornite di seguito, per i nuovi perimetri di cui al precedente punto B1b, e la contemporanea creazione di una fascia di protezione; b. alla piantumazione di elementi arboreo-arbustivi, in gruppi o filari, riferita a tutti i lati del perimetro dei diversi lotti dei sottocampi previsti, in particolare quelli per i quali non sono attualmente previste misure per diminuire la visibilità delle opere; c. a specifiche e adeguate opere di mitigazione riferite ai corridoi fra i filari dei tracker fotovoltaici che dovranno essere ampliati ad hoc, in modo da poter accogliere funzionalmente piantumazioni e/o coltivazioni agricole/pastorali ben definite, da concordare con gli Uffici territorialmente competenti”; (iv) che la società fornisca “il progetto esecutivo delle opere di ripristino e mitigazione, in scala adeguata, curata da architetto paesaggista, al fine di migliorare l’inserimento paesaggistico e diminuire 13 la percezione della superficie ininterrotta dei tracker, con riferimento”, nello specifico, “al colore del polimero dei pannelli che dovrà essere rossastro/color terra o, in ogni caso, in una tonalità tale da generare un impatto minore nel paesaggio, da concordare con l’Ufficio territorialmente competente” (lettera f) e “alla carpenteria metallica che dovrà essere rivestita da piante rampicanti del tipo “verde stabilizzato” (o, a discrezione del committente, non “stabilizzate”)”.
11. La prima condizione attiene al lotto T2, su cui si era già concentrata la Commissione Tecnica PNRR-PNIEC. In sede di istruttoria, quest’ultima aveva rilevato “una difformità tra quanto rappresentato nel layout del Campo T2 e la vista a volo d’uccello predisposta dal Preponente: in quest’ultima infatti le aree occupate dai pannelli sono posizionate all’esterno della fascia boscata laddove nel layout del Campo T2 una porzione dei pannelli risulta coincidente con una porzione di fascia boschiva”; per tale ragione, la medesima aveva poi prescritto, “al fine di non interferire con la vegetazione presente nel sito di impianto”, di stralciare “dal posizionamento dei pannelli la porzione di impianto che interferisce con la fascia boscata localizzata ai margini orientali del campo T2” (v. doc. 2, pag. 38 – enfasi aggiunta). Lo stralcio, dunque, avrebbe dovuto essere circoscritto solo una porzione del lotto T2 – vale a dire quella interferente con la sola fascia boscata.
12. Al contrario, il MIC ha disposto lo stralcio del lotto T2 nella sua interezza, e ciò per un duplice ordine di ragioni: (i) la classificazione ad alto rischio archeologico dell’area in questione, per giunta interclusa tra le aree archeologiche indicate nella tavola B del PTPR della Regione Lazio; (ii) l’interferenza dell’impianto con le aree boscate tutelate poste ai margini.
13. Entrambi gli aspetti, tuttavia, non giustificherebbero lo stralcio dell’intero lotto T2. Rispetto al primo, è sufficiente il MIC ha disposto lo stralcio della porzione di impianto sull’assunto che l’area interessata sia classificata ad alto rischio archeologico. Una simile valutazione, però, sarebbe al momento priva di risultanze probatorie; del resto, a seguito della novella di cui al d.l. n. 13/2023, il previo espletamento della verifica preliminare dell’interesse archeologico nell’ambito della procedura di VIA non sarebbe più obbligatorio
14. L’irragionevolezza della condizione in questione si appaleserebbe anche rispetto al secondo aspetto, ovverosia quello concernente l’interferenza dell’impianto con le aree boscate tutelate poste ai margini. Tali aree erano state già oggetto di tutela da parte della Commissione Tecnica PNRR-PNIEC, la quale aveva disposto lo stralcio delle sole porzioni del lotto T2 che interferivano con le medesime. Quello che non potrebbe ammettersi è quanto disposto dal MIC, che per una presunta assenza di chiarezza in ordine alla consistenza di singole interferenze avrebbe arbitrariamente disposto, senza alcuna adeguata motivazione a supporto, lo stralcio di un’intera area di impianto.
15. La seconda condizione oggetto di censura è quella con cui il MIC ha chiesto alla Società di fornire un approfondimento progettuale che preveda “l’inserimento di elementi a verde che consentano di interrompere le superfici continue dei tracker (cfr. punto 2.c)”. Sennonché, l’inserimento di elementi a verde che consentano di interrompere le superfici continue dei tracker – intendendosi per tracker il dispositivo meccanico automatico il cui scopo è quello di orientare il pannello fotovoltaico nella direzione dei raggi solari – si tradurrebbe in una sottrazione più o meno ampia delle superfici produttive interessate dalla realizzazione dell’impianto in questione (nella componente energetica ovvero in quella agronomica) e dunque in un’alterazione del delicato bilanciamento progettuale raggiunto. Una simile misura, inoltre, sarebbe di scarso valore aggiunto a livello paesaggistico (essendo i tracker già inseriti in ampie superfici a verde a loro volta inscritte all’interno di quinte vegetate), di dubbia valenza agronomica (dal momento che con essa verrebbe sottratta superficie pascolabile), di limitato valore aggiunto ambientale, essendo le piantumazioni già proposte in linea con i migliori standard ecologico-progettuali in ottica di miglioramento della biodiversità, nonché penalizzante per la componente energetica che, per sua natura, necessita di elementi continui e soffre la presenza di coni d’ombra.
16. Altrettanto illogiche sarebbero le condizioni B.2., lettere a), b) e c). In tale ambito, il MIC aveva riscontrato alcune criticità nella documentazione progettuale presentata dalla Società, tra cui quella che “l’elaborato Mitigazioni agro-ambientali […] non riporta alcun approfondimento progettuale nei confronti dei criteri di inserimento paesaggistico delle opere di mitigazione, in particolare le “fasce vegetate”. Queste ultime sono caratterizzate da una estrema geometrizzazione e chiusura delle visuali, totalmente avulse dal contesto e dall’organizzazione storica del territorio agricolo” (doc. 6, pag. 6). Per tale ragione, alla Società era stato poi richiesto di predisporre “un progetto di paesaggio” che valutasse il rapporto reciproco fra interventi di mitigazione, campi fotovoltaici, edifici esistenti, assetto vegetazionale ed idrografico, assetto storico agricolo ed infrastrutturale, in un progetto unitario che individuasse opportunamente gli interventi di piantumazione arborea e arbustiva e di eventuale ingegneria naturalistica, coerentemente con i caratteri del paesaggio naturali e artificiali esistenti e, al contempo, integrasse i nuovi impianti nel paesaggio. Sennonché, con le condizioni di cui si discute, il MIC avrebbe operato un evidente cambio di rotta rispetto alle proprie precedenti indicazioni, prescrivendo alla Società di introdurre, “a tutti i lati del perimetro dei diversi lotti dei sottocampi previsti” e “fra i filari dei tracker fotovoltaici”, elementi arboreo-arbustivi continui, lineari e omogenei, estranei al paesaggio rurale esistente. Si tratterebbe di una soluzione progettuale del tutto opposta all’approccio che aveva in precedenza ispirato l’azione del MIC, con mutamento di prospettiva di cui non vi sarebbe la benché minima traccia di motivazione nei provvedimenti qui impugnati.
17. Irragionevole sarebbe anche la condizione B.2.f. I moduli fotovoltaici in silicio cristallino, attualmente presenti sul mercato, sarebbero progettati per aumentare le prestazioni di potenza e l’affidabilità per una durata di 30 anni; per questo motivo il colore principale delle celle in silicio cristallino è nero/blu scuro, mentre il polimero incapsulante è trasparente. Questa combinazione di colori sarebbe ottimale per l’assorbimento della luce solare, aumentando le prestazioni di potenza e l’affidabilità per 30 anni. La colorazione del modulo in tono rossastro o terra non rappresenterebbe, ad oggi, uno standard sul mercato, anche in ragione del fatto che determinerebbe una diminuzione dell’assorbimento della luce solare e quindi della generazione di energia, aumentando di tal guisa il costo dello stesso modulo. La soluzione indicata dal MIC, oltre a non rappresentare lo standard sul mercato, aumenterebbe i costi di produzione a carico della Società e ridurrebbe quantitativo di energia elettrica prodotta.
18. Lo stesso varrebbe per la richiesta di rivestire la carpenteria con piante rampicanti del tipo “verde stabilizzato o non”. Il “verde stabilizzato” è un insieme di piante, rami e fiori naturali che sono stati sottoposti ad un processo di conservazione per mantenere la loro freschezza. Appena raccolti, le piante e i fiori prima vengono controllati per togliere eventuali parassiti o insetti nocivi, e poi, quando si è sicuri della qualità del vegetale, entrano nel vero e proprio processo di stabilizzazione. Tale processo permette ai vegetali di assorbire una speciale miscela di conservanti naturali e biodegradabili, che va a sostituire la linfa all’interno delle piante, dando così forma ad un reale “screenshot” della natura. Quest’ultimo mal si presta ad applicazioni in esterno in cui le ordinarie forze atmosferiche (umidità, radiazione solare, vento, ecc) ne degraderebbero velocemente le relative caratteristiche. Analogamente, anche l’ipotesi d’uso di piante verdi coprenti (ad esempio, rampicanti) risulterebbe impercorribile a causa dell’impossibilità di contenimento vegetativo delle stesse, le quali in breve tempo si insinuerebbero tra cavi e pannelli causando danneggiamenti e ombreggiamenti con aggravio manutentivo ingiustificato. Viceversa, la logica agrivoltaica ambirebbe ad una visione sinergica delle attività agro-energetiche-ambientali, in cui la componente energetica di progetto funga da motore di sviluppo rurale e di crescita/stabilità di comparti a maggior fragilità (in luogo, invece, di un antagonista da combattere/minimizzare/fiaccare) e la continuazione di attività agricole tradizionali “in chiave moderna” non sia demonizzata per la presenza di moduli fotovoltaici.
19. Le Amministrazioni intimate si sono costituite in resistenza, eccependo l’inammissibilità delle censure svolte avverso le condizioni imposte dal MIC, in quanto involgenti profili di merito amministrativo, e concludendo, in ogni caso, per il rigetto del ricorso.
20. La parte ricorrente ha presentato memoria di replica onde contrastare le difese delle parti intimate.
21. All’udienza pubblica del 18.6.2025 il Collegio ha dato avviso alle parti, ai sensi dell’art. 73, co. 3, c.p.a., della sussistenza di profili di inammissibilità del primo motivo di ricorso, in quanto la relativa materia è preclusa dalla sentenza del Tribunale n. 19686/2024, nonché del secondo motivo, per quanto attiene specificamente alla prescrizione B.1.d., per sconfinare la relativa censura nel merito amministrativo. La causa è stata, quindi, trattenuta in decisione.
DIRITTO
22. Il ricorso è in parte inammissibile e in parte infondato.
23. Va preliminarmente rilevata l’inammissibilità del primo motivo di ricorso, come da avviso dato alle parti in udienza.
24. Con il predetto mezzo la parte ricorrente, argomentando dalla perentorietà dei termini che caratterizzano la procedura di VIA, adduce, in sostanza, che in ragione dell’intervenuto decorso del termine per l’espressione del concerto da parte del MIC quest’ultimo, adottato tardivamente, avrebbe dovuto intendersi implicitamente “acquisito”, ai sensi e per gli effetti dell’art. 17-bis, co. 3, della legge n. 241/1990; per l’effetto, il parere del MIC avrebbe dovuto essere ritenuto inefficace, ai sensi dell’art. 2, co. 8-bis, della medesima legge.
25. Orbene, con distinto ricorso iscritto al n. R.G. 2571/2024 la parte ricorrente ha chiesto al Tribunale, in via principale, di accertare l'illegittimità del silenzio serbato dal Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica sull'istanza presentata in data 23 dicembre 2021, volta al rilascio del provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale dell'impianto agrivoltaico denominato “Gavignano”, la spettanza, in capo alla Grupotec Solar Italia 15 s.r.l., di un favorevole provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale rispetto al suddetto impianto agrovoltaico, con conseguente condanna del MASE a concludere il procedimento di valutazione dell'impatto ambientale mediante il rilascio, entro un termine prefissato, di un provvedimento che accerti la compatibilità ambientale dell'impianto in questione.
26. La predetta domanda è stata rigettata dal Tribunale sul presupposto che, essendo il relativo procedimento di ‘derivazione comunitaria’, la valutazione positiva potesse assumere esclusivamente la veste di un provvedimento espresso, con inevitabile inapplicabilità dell’art. 17-bis della legge n. 241 del 1990.
27. La domanda introdotta con il presente giudizio, nella parte in cui si fonda sull’asserita formazione per silentium del concerto del MIC, presenta, in sostanza, la medesima causa petendi di quella introdotta con il ricorso R.G. 2571/2024 ed ha altresì ad oggetto il medesimo petitum mediato (i.e. il provvedimento positivo di compatibilità ambientale con espunzione delle condizioni imposte dal MIC, che dovrebbero considerarsi tamquam non essent).
28. In tali condizioni, la materia risulta già pregiudicata dalla sentenza del Tribunale n. 19686/2024, non potendo il medesimo rapporto essere oggetto di plurime statuizioni, a prescindere dal relativo contenuto. Né a diversa conclusione potrebbe giungersi in ragione del fatto che in quella sede la domanda era di accertamento mentre nel presente giudizio viene proposta un’azione di annullamento, in quanto la portata della statuizione si estende sul rapporto dedotto in giudizio, di talché per determinarne i limiti oggettivi occorre avere riguardo agli elementi identificativi della controversia e al complessivo contenuto della decisione giurisdizionale, ivi comprese le premesse logiche da cui la stessa è integrata (cfr. Cons. Stato, V, 28.2.2001, n. 1075; TAR Lazio – Roma, III-ter, 26.2.2025, n. 4256).
29. Il primo motivo è, in ogni caso, anche infondato nel merito.
30. Al riguardo, va rilevato che, ai sensi dell’art. 25, co. 7, del d.lgs. 3.4.2006, n. 152 (TUA), “Tutti i termini del procedimento di VIA si considerano perentori ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 2, commi da 9 a 9-quater, e 2-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241”. Il riferimento è alle norme che prevedono, in caso di ritardo nella conclusione del procedimento, la valutabilità del ritardo ai fini della valutazione della performance, della responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente, nonché il risarcimento del danno e l’indennizzo derivante dal ritardo.
31. L’effetto utile dell’art. 27, co. 7, TUA è, pertanto, esclusivamente quello di estendere anche ai termini infra-procedimentali gli effetti che la legge ricollega in generale alla violazione del termine di conclusione del procedimento. In nessun modo esso può, invece, essere interpretato nel senso di rendere inefficaci gli atti tardivamente adottati, conclusione che si porrebbe in frontale contrasto con il principio di inesauribilità del potere amministrativo.
32. Neppure può ritenersi che alla materia si applicabile l’istituto del silenzio-assenso orizzontale di cui all’art. 17-bis della legge n. 241/90, in base al quale “Nei casi in cui è prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni pubbliche e di gestori di beni o servizi pubblici, per l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di altre amministrazioni pubbliche, le amministrazioni o i gestori competenti comunicano il proprio assenso, concerto o nulla osta entro trenta giorni [novanta giorni in caso di atti di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, n.d.r.] dal ricevimento dello schema di provvedimento”, decorso il quale “senza che sia stato comunicato l'assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito”. Vi osta, infatti, la previsione del medesimo art. 17-bis, co. 4, secondo cui “Le disposizioni del presente articolo non si applicano nei casi in cui disposizioni del diritto dell'Unione europea richiedano l'adozione di provvedimenti espressi”.
33. In proposito, è opportuno ricordare che, a termini della Direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati:
- “La valutazione dell'impatto ambientale individua, descrive e valuta, in modo appropriato, per ciascun caso particolare, gli effetti significativi, diretti e indiretti, di un progetto” su, tra le altre cose, “patrimonio culturale, paesaggio” (art. 3, par. 1, lett. d));
- “1. La decisione di concedere l'autorizzazione comprende almeno le seguenti informazioni:
a) la conclusione motivata di cui all'articolo 1, paragrafo 2, lettera g), punto iv);
b) le eventuali condizioni ambientali di cui è corredata la decisione, una descrizione delle caratteristiche del progetto e/o delle misure previste per evitare, prevenire o ridurre e se possibile compensare gli effetti negativi significativi sull'ambiente, nonché, ove opportuno, una descrizione delle misure di monitoraggio.
2. La decisione di non concedere l'autorizzazione definisce le ragioni principali di tale rifiuto.
3. Qualora gli Stati membri si avvalgano delle procedure di cui all'articolo 2, paragrafo 2, diverse dalle procedure di autorizzazione, le prescrizioni di cui ai paragrafi 1 e 2 del presente articolo, ove opportuno, si intendono soddisfatte se la decisione adottata nel contesto di tali procedure contiene le informazioni menzionate nei suddetti paragrafi e se sono in essere meccanismi che consentono il rispetto delle prescrizioni del paragrafo 6 del presente articolo. (art. 8-bis);
- “1. Non appena sia stata adottata una decisione in merito alla concessione o al rifiuto dell'autorizzazione, l'autorità o le autorità competenti ne informano prontamente il pubblico e le autorità di cui all'articolo 6, paragrafo 1, secondo le procedure nazionali, e provvedono a che il pubblico e le autorità di cui all'articolo 6, paragrafo 1, possano accedere alle informazioni elencate in appresso, tenendo conto, ove opportuno, dei casi di cui all'articolo 8 bis, paragrafo 3:
a) il contenuto della decisione e le condizioni che eventualmente l'accompagnano di cui all'articolo 8 bis, paragrafi e 2;
b) le principali motivazioni e le considerazioni su cui la decisione si fonda […]” (art. 9).
34. L’esigenza di una valutazione appropriata, nonché di una decisione che comprenda la conclusione motivata del procedimento, di cui devono essere prontamente informati il pubblico e le autorità interessate dal progetto, attesta, senza che possano sussistere ragioni di perplessità, la necessità che il procedimento di valutazione di impatto ambientale, che espressamente include le considerazioni attinenti alla protezione del patrimonio culturale e del paesaggio, si concluda con un provvedimento espresso, con conseguente applicabilità dell’art. 17-bis, co. 4.
35. Deriva da quanto sopra che, sebbene il ritardo nella conclusione del procedimento connoti senz’altro la relativa condotta in termini di illegittimità, che può essere fatta valere mediante l’attivazione degli strumenti apprestati dall’ordinamento per reagire all’inerzia dell’Amministrazione, la natura necessariamente espressa e pluristrutturata della decisione sulla compatibilità ambientale da un lato esclude la formazione per silentium dell’atto di concerto e, dall’altro lato, implica che l’Autorità concertante non possa in alcun modo ignorare l’avviso espresso da quella concertata che, ove non condiviso, potrà semmai dare luogo alla procedura di cui all’art. 5, co. 2, lett. c-bis), della legge 23 agosto 1988, n. 400 (deferimento al Consiglio dei Ministri).
36. Passando all’esame del secondo motivo, va in primo luogo rilevato che le censure ivi proposte sfuggono senz’altro all’eccezione di inammissibilità sollevata dalla parte pubblica nella misura in cui siano idonee a porre in evidenza profili di manifesta illogicità, travisamento dei fatti o difetto d’istruttoria.
37. Passando all’esame delle singole censure, la ricorrente contesta, in primo luogo, la condizione B.1.a., con la quale è stato imposto lo stralcio del sottocampo T2. Secondo la ricorrente tale condizione, che sarebbe stata imposta in ragione della classificazione ad alto rischio archeologico dell’area in questione, nonché dell’interferenza dell’impianto con le aree boscate tutelate poste ai margini, non sarebbe giustificata.
38. La doglianza non è fondata. E’ ben vero che lo stralcio contestato ha interessato il sottocampo T2 in quanto “classificato ad alto rischio archeologico che risulta intercluso tra aree archeologiche note e indicate nella tav B del PTPR, e sul quale anche a seguito delle integrazioni documentali risultano ancora non chiarite le interferenze delle opere previste con le aree boscate tutelate poste ai margini, con l’indicazione di prevedere per la medesima area esclusivamente una destinazione agraria e/o pastorale”. Tuttavia, dalla lettura complessiva del parere si ricava che tali aspetti non esauriscono i profili di problematicità individuati dal Ministero.
39. Dagli atti risulta, infatti, che con la nota n.2053/2022 la Soprintendenza speciale per il PNRR aveva rilevato criticità afferenti, tra l’altro, alla compatibilità del progetto rispetto al contesto in ragione dell’insufficienza delle fotosimulazioni prodotte dalla ricorrente, tenuto conto in particolare dell’alta visibilità dell’impianto T2.
40. Nel parere conclusivo, il Ministero ha evidenziato, a valle della produzione documentale dell’istante sollecitata in corso di procedimento, che “ad eccezione delle rappresentazioni a volo d’uccello […] non risulta siano fornite informazioni ed elaborati aggiuntivi relativamente all’area T2, che non risulta adeguatamente documentata” e che nel corso dell’istruttoria ha “fornito indicazioni al Proponente circa le criticità rilevate sia a livello documentale che di scelte progettuali indicando le possibili misure e tutti gli strumenti da mettere in atto per la loro correzione/miglioramento ma che, tuttavia, nella documentazione conclusiva, agli atti della procedura, non si rileva l’auspicato processo di rielaborazione e approfondimento del progetto, finalizzato a garantire il migliore inserimento paesaggistico delle opere, per tutte le criticità segnalate che quindi saranno inserite nel quadro prescrittivo del presente parere”.
41. Il richiamo, nella parte prescrittiva, alle sole problematiche di natura archeologica e all’interferenza con le aree boscate, pertanto, non vale a circoscrivere esclusivamente a tali profili le ragioni alla base del provvedimento impugnato, di cui va invece apprezzato il tenore complessivo anche alla luce dell’istruttoria procedimentale, tant’è che la condizione contestata è stata inserita tra quelle dettate non già “per gli aspetti archeologici” (sez. A delle Condizioni), bensì “per gli aspetti paesaggistici” (sez. B).
42. Orbene, in relazione alle criticità evidenziate in merito all’inserimento paesaggistico del progetto, con particolare riguardo al sottocampo T2, nulla ha osservato la parte ricorrente, che si è invece focalizzata sull’asserita irragionevolezza delle conclusioni raggiunte dal MIC in punto di rilevanza archeologica dell’area e dell’interferenza con le aree boscate senza confrontarsi con la più ampia ratio sottesa alle determinazioni censurate. Non essendovi doglianza in relazione a tali rilievi, il Collegio non può che prendere atto della valutazione condotta dall’Amministrazione, sul punto incontestata, con conseguente rigetto della doglianza.
43. La ricorrente ha poi contestato la condizione B.1.d, con cui è stato richiesto di fornire un approfondimento progettuale, “finalizzato alla riconfigurazione dell’intervento e che preveda”, tra l’altro, “l’inserimento di elementi a verde che consentano di interrompere le superfici continue dei tracker”.
44. La censura è inammissibile. A suo sostegno la ricorrente ha addotto che tale condizione sarebbe: i) di scarso valore aggiunto a livello paesaggistico (essendo i tracker già inseriti in ampie superfici a verde a loro volta inscritte all’interno di quinte vegetate);
ii) di dubbia valenza agronomica (dal momento che con essa verrebbe sottratta superficie pascolabile);
iii) di limitato valore aggiunto ambientale, essendo le piantumazioni già proposte in linea con i migliori standard ecologico-progettuali in ottica di miglioramento della biodiversità;
iv) penalizzante per la componente energetica che, per sua natura, necessita di elementi continui e soffre la presenza di coni d’ombra.
45. Sennonché, da un lato gli argomenti spesi nel ricorso non trovano alcun supporto documentale, risolvendosi in asserzioni del tutto apodittiche e prive di dimostrazione. Sotto altro profilo, con esse la parte ricorrente finisce, in sostanza, per sovrapporre una propria valutazione opinabile all’avviso espresso dall’Amministrazione, con inevitabile invasione della sfera del merito amministrativo, che sfugge al sindacato di legittimità.
46. Con ulteriore rimostranza, la ricorrente ha censurato le condizioni B.2, lettere a), b) e c). Sul punto essa rileva che mentre in corso di istruttoria veniva richiesta la predisposizione di “un progetto di paesaggio” che valutasse il rapporto reciproco fra interventi di mitigazione, campi fotovoltaici, edifici esistenti, assetto vegetazionale ed idrografico, assetto storico agricolo ed infrastrutturale, e che individuasse opportunamente gli interventi di piantumazione arborea e arbustiva e di eventuale ingegneria naturalistica, coerentemente con i caratteri del paesaggio naturali e artificiali esistenti e, al contempo, integrasse i nuovi impianti nel paesaggio, con le condizioni in esame il MIC avrebbe operato un evidente cambio di rotta rispetto alle proprie precedenti indicazioni, prescrivendo alla Società di introdurre, “a tutti i lati del perimetro dei diversi lotti dei sottocampi previsti” e “fra i filari dei tracker fotovoltaici”, elementi arboreo-arbustivi continui, lineari e omogenei, estranei al paesaggio rurale esistente. Si tratterebbe di una soluzione progettuale del tutto opposta all’approccio che aveva in precedenza ispirato l’azione del MIC, con mutamento di prospettiva di cui non vi sarebbe la benché minima traccia di motivazione nei provvedimenti qui impugnati.
46. La doglianza è infondata. Con le condizioni contestate il Ministero ha imposto di “migliorare l’inserimento paesaggistico e diminuire la percezione della superficie ininterrotta dei tracker, con riferimento:
a. alle fasce di mitigazione secondo le indicazioni fornite di seguito, per i nuovi perimetri di cui al precedente punto B1b, e la contemporanea creazione di una fascia di protezione;
b. alla piantumazione di elementi arboreo-arbustivi, in gruppi o filari, riferita a tutti i lati del perimetro dei diversi lotti dei sottocampi previsti, in particolare quelli per i quali non sono attualmente previste misure per diminuire la visibilità delle opere;
c. a specifiche e adeguate opere di mitigazione riferite ai corridoi fra i filari dei tracker fotovoltaici che dovranno essere ampliati ad HOC, in modo da poter accogliere funzionalmente piantumazioni e/o coltivazioni agricole/pastorali ben definite, da concordare con gli Uffici territorialmente competenti.
Per le richiamate opere di mitigazione di cui a i punti a), b) e C) si dovrà prevedere la piantumazione di essenze arboree e/o arbustive autoctone, con obbligo di attecchimento, privilegiando, per le essenze arbustivo-arboree, la distribuzione in gruppi o macchie prevedendo irregolarità e dissolvenze finalizzate a creare un effetto di naturalità, e favorire l’armonizzazione con il paesaggio vegetale esistente e l’innesco di dinamismi naturali, per garantire al contempo la schermatura dell’impianto e l’attenuazione dell’effetto “barriera verde”.
47. Dalla piana lettura delle condizioni è palese che il MIC non ha in alcun modo imposto l’installazione di elementi arboreo-arbustivi continui, lineari e omogenei, estranei al paesaggio rurale esistente, avendo precisato, al contrario, che dovrà procedersi alla piantumazione di elementi autoctoni, distribuiti possibilmente in gruppi o a macchie in modo da creare un effetto di naturalità, evitando l’effetto barriera verde, in evidente continuità con l’indicazione fornita in sede istruttoria di integrare gli interventi di piantumazione arborea e arbustiva e di eventuale ingegneria naturalistica con i caratteri del paesaggio naturali e artificiali esistenti.
48. La ricorrente si duole ulteriormente della condizione B.2.f, con cui il Ministero ha imposto l’adozione di pannelli di colore rossastro/terra o, in ogni caso, in una tonalità tale da generare un impatto minore nel paesaggio, da concordare con l’Ufficio territorialmente competente. La censura è sviluppata a partire dalla considerazione che la colorazione del modulo in tono rossastro o terra non rappresenterebbe, ad oggi, uno standard sul mercato, anche in ragione del fatto che determinerebbe una diminuzione dell’assorbimento della luce solare e quindi della generazione di energia, aumentando di tal guisa il costo dello stesso modulo.
49. Sul punto, occorre in primo luogo rilevare che la ricorrente non ha in alcun modo contestato che la misura imposta sia funzionale alla riduzione dell’impatto dell’opera dal punto di vista paesaggistico. Tale profilo va, pertanto, assunto come incontestato ai fini del presente giudizio.
50. Ciò posto, le considerazioni svolte nel ricorso non consentono di ritenere la valutazione condotta dal MIC manifestamente illogica o irragionevole.
51. Anche a prescindere dalla circostanza che il colore rossastro/terra dei pannelli non è imposto in modo cogente (avendo il MIC previsto anche la possibilità di utilizzare un diverso colore da concordare), va in primo luogo rilevato che la documentazione prodotta dalla ricorrente, consistente in dichiarazioni di taluni produttori di pannelli, è quantomeno perplessa. Un produttore sembra dichiarare, infatti, che la produzione di pannelli color terra o rossastro non sia fattibile (v. doc. 7); l’altro produttore, con diverso argomentare, sembra invece sostenere (nel presupposto evidente che la realizzazione sarebbe possibile) che l’adozione di tale colorazione determinerebbe una (imprecisata) minor produzione di energia e un costo più elevato della fornitura (v. doc. 8), il che smentisce l’assunto, pure sostenuto dalla ricorrente, secondo cui pannelli del tipo richiesto non siano presenti sul mercato (a nulla rilevando che non siano “standard”).
52. La ricorrente, da parte sua, non ha prodotto alcuna documentazione attestante né l’impatto che l’adozione di tali tonalità avrebbe sulla produzione di energia, né l’entità del maggior costo che essa sarebbe costretta a sostenere.
53. Sennonché, la generica allegazione circa la necessità di sostenere un costo maggiore per la realizzazione del progetto in conseguenza dell’imposizione di condizioni ambientali/paesaggistiche non evidenzia, di per sé, in alcun modo un vizio di legittimità di tali condizioni. Tale profilo potrebbe senz’altro assumere rilevanza ove l’impatto economico conseguente all’implementazione delle condizioni sia tale da rendere l’iniziativa obiettivamente non conveniente ovvero eccessivamente onerosa, e quindi inesigibile, con ciò equivalendo il provvedimento favorevole, nei fatti, a un sostanziale diniego. Tuttavia, che tale sia la conseguenza delle condizioni contestate è, nel caso di specie, in mancanza di qualsivoglia evidenza documentale circa il relativo impatto economico, del tutto indimostrato, con conseguente infondatezza della censura.
54. Con un’ultima doglianza la ricorrente ha, infine, contestato la richiesta di rivestire la carpenteria con piante rampicanti del tipo “verde stabilizzato o non”, sostenendo, da un lato, che il verde stabilizzato, oltre ad essere un prodotto vocato ad un utilizzo artistico da declinarsi nell’edilizia di lusso e nell’interior design (con costi incompatibili con l’impiantistica industriale), mal si presterebbe ad applicazioni in esterno e, dall’altro lato, che anche l’ipotesi d’uso di piante verdi coprenti (ad esempio, rampicanti) risulterebbe impercorribile a causa dell’impossibilità di contenimento vegetativo delle stesse, le quali in breve tempo si insinuerebbero tra cavi e pannelli causando danneggiamenti e ombreggiamenti con aggravio manutentivo ingiustificato.
55. In merito, occorre in primo luogo rilevare che la ricorrente non riporta correttamente la condizione contestata, che più ampiamente richiede che gli eventuali accumulatori e/o elementi connessi all’impianto, se a vista, “saranno totalmente occultati mediante piantumazione di vegetazione superiore ed inferiore, in entrambi i casi autoctona. In alternativa, tali elementi, per ragioni di maggior praticità nella gestione, potranno essere opportunamente nascosti da dispositivi schermati da piante rampicanti naturali vive o del tipo “verde stabilizzato”, a discrezione del richiedente”. Il MIC, pertanto, ha consentito alla ricorrente di optare per diverse soluzioni, di cui la prima (piantumazione di vegetazione superiore ed inferiore di tipo autoctono) non oggetto di censura.
56. In secondo luogo, la censura comunque non raggiunge la specificità necessaria ai fini di una sua positiva considerazione. Anche in relazione a tale doglianza la ricorrente ricorre ad argomentazioni meramente apodittiche, peraltro anche contraddittorie (l’impossibilità del contenimento vegetativo delle rampicanti è, all’evidenza, cosa diversa dall’aggravio manutentivo che, peraltro, non si comprende per quale ragione sia “ingiustificato”). La considerazione per cui “la logica agrivoltaica ambisce ad una visione sinergica delle attività agro-energetiche-ambientali, in cui la componente energetica di progetto funga da motore di sviluppo rurale e di crescita/stabilità di comparti a maggior fragilità (in luogo, invece, di un antagonista da combattere/minimizzare/fiaccare) e la continuazione di attività agricole tradizionali “in chiave moderna” non sia demonizzata per la presenza di moduli fotovoltaici” è manifestamente non conducente all’obiettivo di disvelare l’irragionevolezza della valutazione condotta dall’Amministrazione, in alcun modo scalfita nel suo fondamento dalla prospettazione attorea.
57. In conclusione, il ricorso va in parte dichiarato inammissibile e in parte rigettato.
58. La complessità delle questioni trattate giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo dichiara inammissibile e in parte lo rigetta nei sensi di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 giugno 2025 con l'intervento dei magistrati:
Elena Stanizzi, Presidente
Giovanna Vigliotti, Primo Referendario
Marco Savi, Referendario, Estensore