Cons. Stato, Sez. V, 4 settembre 2025, n. 7201

     (…) se è vero che l’art. 35 del d.lgs. n. 36/2023 ha codificato l’accesso civico generalizzato in relazione al settore degli appalti, non per questo ha fatto venire meno l’operatività dei c.d. interessi-limite pubblici o privati di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 5 bis del d.lgs. n. 33/2013, come si evince anche dalla relazione illustrativa. Ne consegue, quindi, che spetta all’amministrazione operare un bilanciamento concreto dei contrapposti interessi all’ostensione e alla riservatezza non potendo comunque l’accesso civico generalizzato portare alla divulgazione di informazioni sensibili che possano ledere gli interessi alla tutela dei segreti commerciali dell’aggiudicatario e falsare la concorrenza futura. (…).

 

Guida alla lettura

Con la decisione in illustrazione il giudice amministrativo di seconde cure ha dato continuità alla tesi inaugurata dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, con la sentenza n. 10/2020, ossia dei limiti più ampi e oggetto di valutazione a più alto tasso di discrezionalità per la potestà esercitata dell’autorità amministrativa sul diritto concreto e attuale corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata, oltre che collegata al documento al quale è chiesto l’accesso civico generalizzato nel contesto degli appalti pubblici, in referenza alla recente esegesi enucleabile dall’ordinanza della Nona Sezione della Corte di giustizia dell’Unione europea del 10/06/2025 emessa nella causa C-686/24.

Con la surriferita giurisprudenza il giudice euro-unitario, nel condividere il portato motivazionale della sua pregressa impostazione incisa nelle sentenze del 7 settembre 2021 resa per la causa C-927/19, Klaipėdos regiono atliekų tvarkymo centras e del 17 novembre 2022 adottata nella causa C-54/21, Antea Polska S.A., Pectore-Eco sp. z o.o., Instytut Ochrony Środowiska — Państwowy Instytut Badawczy / Państwowe Gospodarstwo Wodne Wody Polskie, ha delibato che L’articolo 39 della direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE, in combinato disposto con gli articoli 70 e 75 di tale direttiva, deve essere interpretato nel senso che: esso osta a una disciplina nazionale in materia di aggiudicazione di appalti pubblici, che richiede che l’accesso alla documentazione contenente segreti tecnici o commerciali trasmessa da un offerente sia concesso a un altro offerente, qualora tale accesso sia necessario al fine di garantire il diritto alla tutela giurisdizionale effettiva di quest’ultimo nell’ambito di una procedura connessa all’aggiudicazione dell’appalto, senza che tale disciplina consenta agli enti aggiudicatori di procedere a un bilanciamento tra tale diritto e le esigenze relative alla tutela dei segreti tecnici o commerciali.

Alla luce delle complesse premesse che precedono, si osserva, per ragioni di sinteticità, che il thema decidendum della vicenda processuale verteva su una ipotesi di accesso civico generalizzato [id est diffuso di controllo] previsto dall’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 33/2013, che differisce da quello cosiddetto semplice di cui al comma 1 dello stesso articolo 5 sempre del d.lgs. n. 33/2013. Accesso civico generalizzato che, in omaggio all’ermeneutica dell’Organo giurisdizionale di ultima istanza della giustizia amministrativa dello Stato italiano nella sua massima composizione dell’Adunanza Plenaria, costituisce la terza generazione del diritto all’accesso dopo quello documentale compendiato dagli artt. 22 e ss della legge n. 241/1990. In breve, il nucleo essenziale del fatto storico oggetto di giudizio concerneva il riconoscimento del diritto di accesso civico generalizzato volto a ottenere il contratto d’appalto per la fornitura di beni e servizi stipulato dall’amministrazione con un operatore economico e di tutti i suoi allegati, ivi compresa l’offerta tecnica, la cui esibizione era stata negata, in sede amministrativa, ritenendo applicabile alla fattispecie concreta la disciplina prevista dall’art. 35, comma 4, del d.lgs. n. 36/2023.

In tale contesto, tuttavia, si rileva dirimente puntualizzare, allo stato della trattazione delle argomentazioni in divenire, come la stessa tematica dell’accesso civico non accede né a quella del diritto di accesso partecipativo (art. 22, co. 2, della legge n. 241/1990) né difensivo (art. 24, co. 7, della stessa legge n. 241/1990), bensì alla sola peculiare fattispecie generale e astratta dell’accesso civico a dati e documenti disciplinata dal più volte richiamato art. 5 del d.lgs. n. 33/2013.  

Va da sé, comunque, che nel caso concreto delibato il giudicante ha ritenuto risolutivo applicare ancora il diritto euro-unitario accessibile, prevedibile e di stretta interpretazione riconducibile all’ermeneutica a cui si è fatto cenno in premessa della Corte di giustizia dell’Unione europea, in funzione di giudice investito in via pregiudiziale e competente sull'interpretazione del diritto dell'Unione o sulla validità degli atti adottati dalle Istituzioni europee (art. 19, § 3, del TUE e art. 267 del TFUE; ex plurimis Corte costituzionale sentenze nn. 348 e 349 del 2007). In particolare, lì dove il giudice amministrativo di appello ha accertato che pure in sede di scrutinio del diritto di accesso civico a dati e documenti detenuti stabilmente dall’amministrazione pubblica, perché afferenti ad una gara di appalto, è rimesso sempre al prudente apprezzamento dell’autorità pubblica il bilanciamento di tale diritto con le esigenze di tutela dei segreti tecnici o commerciali dell’aggiudicatario, in referenza ai principi di non discriminazione, trasparenza e proporzionalità.

In conclusione, per le ragioni suesposte, pare che l’impostazione esegetica in esame, con cui la Sezione Quinta del Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, ha respinto il ricorso in appello, peraltro confermando la sentenza del giudice amministrativo di prime cure mediante la compensazione delle sole spese del secondo grado di giudizio, è immune da aporie, perché sembra essere:

  1. coerente anche con il principio di diritto enunciato nell’interesse della legge (art. 99 c.p.a.) dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato sempre in sede giurisdizionale, con la sentenza n. 4/2021 e su questione di particolare importanza, pure se nella diversa materia dell’accesso documentale difensivo, con cui è stato dichiarato che: “(…). a) in materia di accesso difensivo ai sensi dell’art. 24, comma 7, della l. n. 241 del 1990 si deve escludere che sia sufficiente nell’istanza di accesso un generico riferimento a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive, siano esse riferite a un processo già pendente oppure ancora instaurando, poiché l’ostensione del documento richiesto passa attraverso un rigoroso, motivato, vaglio sul nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale che l’istante intende curare o tutelare; (…)”;
  2. in linea altresì con il sopravvenuto tenore del dato grafico testuale del documento con cui è stato attivato d’ufficio il procedimento d’infrazione identificato dal n. INFR(2018)2273 C(2025)6082 finale dell’ 08/10/2025 notificato dalla Commissione Europea alla Repubblica italiana presso il Ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale pro tempore; e con cui è stato contestato, tra le altre, che la normativa italiana in materia di accesso agli atti e riservatezza negli appalti pubblici viola l'art. 21, § 1, della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, in combinato disposto con gli articoli 50 e 55 della stessa direttiva 2014/24/UE, nonché con gli articoli corrispondenti delle altre direttive sui contratti pubblici e più precisamente gli articoli 28 e 40 della direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sull’aggiudicazione dei contratti di concessione e gli articoli 39, 70 e 75 della direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE, in quando “(…) l'articolo 35, comma 5, del decreto legislativo n. 36/2023 quale modificato dal decreto correttivo prevede l'obbligo per l'amministrazione aggiudicatrice di concedere all'offerente che ne faccia richiesta l'accesso alle informazioni riservate, comprendenti segreti tecnici o commerciali, presentate da un altro offerente, se ciò è indispensabile per tutelare il diritto del primo a una tutela giurisdizionale effettiva, senza consentire a detta amministrazione aggiudicatrice di procedere a un bilanciamento tra tale diritto e gli interessi e gli obiettivi relativi alla tutela dei citati segreti tecnici e commerciali, (…)”.

 

Pubblicato il 04/09/2025

 

N. 07201/2025REG.PROV.COLL.

N. 01568/2025 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

 

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1568 del 2025, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Davide Lapenna, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

 

contro

l’Ufficio territoriale del Governo di Potenza e il Ministero dell'interno, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

 

nei confronti

Officine Sociali società cooperativa sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Berretta, Giovanni Mania, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata (sezione prima) n. 19, pubblicata il 9 gennaio 2025, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Officine Sociali società cooperativa sociale, dell’Ufficio territoriale del Governo di Potenza e del Ministero dell'interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2025 il consigliere Marina Perrelli e uditi per le parti gli avvocati Francesco Verrastro, in delega dell'avvocato Davide Lapenna, e Giovanni Mania;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. L’appellante chiede la riforma della sentenza indicata in epigrafe con la quale è stato respinto il ricorso proposto avverso il provvedimento n. -OMISSIS- del 5 settembre 2024 della Prefettura di Potenza che ha accolto parzialmente l’istanza di accesso di accesso civico generalizzato volta a ottenere il contratto d’appalto per la fornitura di beni e servizi relativi al funzionamento del CPR di Palazzo San Gervasio, stipulato in data 20 giugno 2023 con la controinteressata Officine sociali società cooperativa sociale, nonché tutti i suoi allegati, ivi compresa l’offerta tecnica, la cui esibizione è stata negata ritenendo che ricadesse nel perimetro applicativo dell’art. 35, comma 4, del d.lgs. n. 36/2023.

1.2. L’appellante deduce l’erroneità della sentenza:

1) per violazione degli artt. 1, 2, comma 1, della legge n. 241/1990 in relazione all’art. 5 del d.lgs. n. 33/2013 perché il giudice di primo grado nel valutare il bilanciamento degli interessi effettuato dalla Prefettura di Potenza non avrebbe debitamente considerato la carenza totale della motivazione del rigetto che si fonderebbe su un apodittico e indimostrato interesse alla tutela del know-how della controinteressata.

Ad avviso dell’appellante, nonostante ai sensi del citato art. 5, comma 3, il diritto di accesso non sia sottoposto ad alcuna limitazione quanto legittimazione del richiedente e quanto a motivazione in relazione all’interesse sotteso, il giudice erroneamente ha evidenziato che l’appellante “non ha offerto alcuna allegazione circa l’interesse giuridicamente rilevante all’ostensione della predetta documentazione, né ha rappresentato di essere operatore del settore e neppure, a fortiori, ha preso parte alla presupposta procedura di evidenza pubblica”. Al riguardo l’appellante ha precisato di essere consulente legale ed esperto di politiche migratorie e di collaborare con la rivista mensile Altreconomia per la quale ha svolto un’inchiesta dal titolo “Le prefetture non controllano i Cpr. Inchiesta su appalti e gestione”, basata su istanze di accesso civico generalizzato all’esito delle quali ha ottenuto contratti, offerte tecniche e verbali ispettivi relativi alla quasi totalità dei centri di permanenza per il rimpatrio esistenti sul territorio nazionale e che è alla base di una segnalazione all’ANAC e del conseguente atto del Presidente del 24 luglio 2024. Infine, secondo la prospettazione dell’appellante, la Prefettura prima e il giudice poi non avrebbero considerato l’obbligo di motivazione “rafforzato” che incombe sulla controinteressata ai sensi dell’art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 33/2013 e dell’’art. 35 del d.lgs. n. 36/2023 e che non sarebbe stato assolto poiché si sarebbe limitata ad affermare apoditticamente l’esistenza di un segreto commerciale attraverso il richiamo all’art. 5 bis, comma 2, lett. c, del d.lgs. n. 33/2013 e all’art. 35, comma 4, del d.lgs. n. 36/2023;

2) per violazione degli artt. 5, comma 1, 2 e 6, e 5 bis, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 33/2013, 35 del d.lgs. n. 36/2023, 3 della legge n. 241/1990.

Ad avviso dell’appellante, anche in presenza di una comprovata e motivata dichiarazione della Officine Sociali società cooperativa sociale di opposizione all’accesso all’offerta tecnica, la Prefettura di Potenza non avrebbe potuto che ostendere la documentazione richiesta non essendo configurabile alcun segreto tecnico o commerciale in relazione al servizio di gestione e funzionamento di un centro di permanenza per il rimpatrio contenendo l’offerta tecnica al più l’indicazione analitica delle modalità di organizzazione del servizio, delle unità incrementali di personale e delle eventuali proposte migliorative previste per quel centro specifico. Peraltro, attesa la natura del richiedente, estraneo alla procedura di gara e considerata la conclusione di quest’ultima con la stipula del contratto, non sarebbe possibile ritenere che l’ostensione dell’offerta tecnica, divenuta parte integrante di un contratto pubblico, possa integrare un pregiudizio per la tutela del know how della controinteressata sia in base alla normativa del codice appalti che in base a quella dell’accesso civico generalizzato. Anche sotto tale profilo, pertanto, la sentenza risulterebbe erronea;

3) per violazione dell’art. 26 c.p.a. perché il giudice di primo grado ha condannato l’appellante alla rifusione delle spese senza valutare né la novità sostanziale, né la non univocità della giurisprudenza sulla questione dell’ostensibilità dell’offerta tecnica di un contratto d’appalto definitivamente aggiudicato e relativo alla gestione privata di una struttura di privazione della libertà personale.

2. La controinteressata Officine Sociali società cooperativa sociale si è costituita in giudizio, ha riproposto l’eccezione di inammissibilità per carenza di legittimazione dell’appellante per non avere allegato l’interesse giuridicamente rilevante all’ostensione dell’offerta tecnica, né aver rappresentato di essere operatore del settore e neppure, a fortiori, di aver preso parte alla presupposta procedura di evidenza pubblica, eccependo, inoltre, anche l’inammissibilità della documentazione prodotta solo in appello volta a dimostrare la propria qualità di esperto in politiche migratorie.

2.1. Nel merito la controinteressata ha concluso per la reiezione dell’appello.

3. Il Ministero dell’interno si è costituito in giudizio ed ha chiesto il rigetto dell’appello.

4. Con ordinanza n. 979 del 14 marzo 2025 la Sezione ha preso atto della rinuncia alla domanda cautelare da parte dell’appellante.

5. In vista dell’udienza camerale le parti costituite hanno depositato memorie e repliche ai sensi dell’art. 73 c.p.a..

6. All’udienza camerale del 26 giugno 2025 la causa è stata trattenuta in decisione.

 

DIRITTO

7. L’appello non è fondato nel merito e va respinto, ragione che esime il Collegio dall’esaminare l’eccezione di inammissibilità per difetto di legittimazione dell’appellante, riproposta anche in appello dalla controineressata.

8. I fatti salienti ai fini della decisione della controversia possono essere così sintetizzati:

- con istanza del 16 agosto 2024 l’appellante ha chiesto, ai sensi dell’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 33/2013, come modificato dal d.lgs. n. 97/2016, l’accesso al contratto di appalto dei servizi di gestione e funzionamento del centro di permanenza per il rimpatrio (C.P.R.) di Palazzo San Gervasio, nonché a tutti i suoi allegati, compresa l’offerta tecnica;

- con nota n. 77184 del 3 settembre 2024 la controinteressata, avvertita ai sensi dell’art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 33/2013, si è opposta all’ostensione dell’offerta tecnica in considerazione: a) del suo “contenuto riservato essendo composta da elementi e dati, sia di natura tecnica che commerciale, acquisiti sulla base del proprio know-how, derivante dalla pluriennale esperienza nella gestione di strutture analoghe a quella oggetto di gara”; b) del fatto che la richiesta non è “indispensabile ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi giuridici rappresentanti in relazione alla procedura di gara”; c) delle limitazioni poste anche all’accesso civico generalizzato dagli artt. 5 e 5 bis del d.lgs. n. 33/2013;

- con nota n. -OMISSIS- del 5 settembre 2024 la Prefettura appellata ha trasmesso il contratto di appalto e il successivo rinnovo, escludendo dall’ostensione l’offerta tecnica, “ai sensi dell’art. 35, comma 4, lett. a) del D. Lgs. n. 36/2023, che prevede che «...il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione possono essere esclusi in relazione alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscono, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali»”.

9. Con la sentenza appellata il giudice di primo grado ha respinto il ricorso affermando che“la Prefettura di Potenza ha inteso contemperare i contrapposti interessi, non esibendo il documento recante specifiche e riservate capacità tecniche e gestionali (know how), in applicazione di quanto disposto dal vigente codice dei contratti pubblici al richiamato art. 35, comma 4, lett. a” e che il suo operato “costituisce legittima declinazione dei precisi limiti legali che connotano l’accesso civico, con particolare riguardo all’art. 5-bis, comma 2, lett. c), del d.lgs. n. 33 del 2013, secondo cui l’accesso è rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela degli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d'autore e i segreti commerciali”.

10. Il Collegio ritiene le conclusioni cui è giunto il giudice di primo grado condivisibili per le seguenti considerazioni:

- si verte in un’ipotesi di accesso civico generalizzato, previsto dall’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 33/2013, come modificato dal d.lgs. n. 97/2016, che si aggiunge all’accesso civico c.d. “semplice” di cui al comma 1 dello stesso articolo e che, secondo l’Adunanza plenaria n. 10 del 2022, costituisce la “terza generazione” del diritto all’accesso, dopo quello documentale di cui alla legge n. 241/1990 e quello civico di cui all’originaria formulazione del d.lgs. n. 33/2013;

- in particolare l’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 33/2013 consente l’accesso ai dati e documenti delle Amministrazioni, ma fa comunque salvi i limiti “relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’articolo 5 bis, comma 2, lett. c) del d.lgs. citato, che dispone “l’accesso di cui all’articolo 5, comma 2, è altresì rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno dei seguenti interessi privati: (…) c) gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali” (Cons. Stato, V, n. 8382/2023);

- secondo la costante giurisprudenza amministrativa, anche di questa Sezione, laddove l’interesse alla conoscenza, protetto dal citato art. 5, comma 2, fronteggi gli interessi-limite pubblici o privati di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 5 bis del medesimo decreto, questo confronto è oggetto di una valutazione dell’amministrazione ad “alto tasso di discrezionalità” (Cons. Stato, Ad. plen n. 10 del 2020; Cons Stato, V, n. 1817 del 2019);

- l’art. 35 del d.lgs. n. 36/2023, nonostante l’identità della rubrica con l’art. 53 del d.lgs. n.50/2016, ha codificato l’applicazione dell’accesso civico generalizzato al settore dei contratti pubblici, normativizzando i principî affermati dalla citata Adunanza Plenaria n. 10 del 2020 attraverso il riconoscimento, come affermato nella Relazione illustrativa al Codice, a tutti i cittadini della “possibilità di richiedere, attraverso l’istituto dell’accesso civico generalizzato, la documentazione di gara nei limiti consentiti e disciplinati dall’art. 5-bis del d. lgs. 14 marzo 2013, n. 33”.

10.1. Alla luce dei suesposti principi discende che se è vero che l’art. 35 del d.lgs. n. 36/2023 ha codificato l’accesso civico generalizzato in relazione al settore degli appalti, non per questo ha fatto venire meno l’operatività dei c.d. interessi-limite pubblici o privati di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 5 bis del d.lgs. n. 33/2013, come si evince anche dalla relazione illustrativa.

Ne consegue, quindi, che spetta all’amministrazione operare un bilanciamento concreto dei contrapposti interessi all’ostensione e alla riservatezza non potendo comunque l’accesso civico generalizzato portare alla divulgazione di informazioni sensibili che possano ledere gli interessi alla tutela dei segreti commerciali dell’aggiudicatario e falsare la concorrenza futura.

Al riguardo osserva il Collegio che la stessa Corte di Giustizia dell’Unione europea, con la recente ordinanza del 10 giugno 2025, C- 686-24, ha affermato che l’art. 39 della direttiva 2014/25/UE deve essere interpretato nel senso che “osta a una disciplina nazionale in materia di aggiudicazione di appalti pubblici, che richiede che l’accesso alla documentazione contenente segreti tecnici o commerciali trasmessa da un offerente sia concesso a un altro offerente, qualora tale accesso sia necessario al fine di garantire il diritto alla tutela giurisdizionale effettiva di quest’ultimo nell’ambito di una procedura connessa all’aggiudicazione dell’appalto, senza che tale disciplina consenta agli enti aggiudicatori di procedere a un bilanciamento tra tale diritto e le esigenze relative alla tutela dei segreti tecnici o commerciali”.

Ritiene, pertanto, il Collegio che se la Corte di Giustizia dell’Unione europea esclude l’accesso automatico agli atti di gara a fini di difesa tra soggetti che hanno preso parte alla procedura e richiede il bilanciamento caso per caso tra il diritto di accesso agli atti di gara e la tutela dei segreti commerciali e industriali, a maggior ragione tale bilanciamento deve essere operato rispetto ad un soggetto terzo e del tutto estraneo alla procedura, pena la possibilità per quest’ultimo di ottenere una ostensione maggiore di quella dei partecipanti e di frustrare la ratio sottesa alla tutela del know – how aziendale.

10.2. Applicando i predetti principi alla fattispecie in esame la valutazione operata dall’amministrazione appellata appare esente dai vizi lamentati dall’appellante avendo messo a confronto e ritenuto prevalente l’opposizione della controinteressata, motivata sul contenuto riservato dell’offerta tecnica “composta da elementi e dati, sia di natura tecnica che commerciale, acquisiti sulla base del proprio know-how, derivante dalla pluriennale esperienza nella gestione di strutture analoghe a quella oggetto di gara”, e l’istanza dell’appellante, peraltro anche priva dell’allegazione documentale relativa alla qualità di consulente legale ed esperto di politiche migratorie, volta ad ottenere l’accesso oltre che al contratto di appalto dei servizi di gestione e funzionamento del centro di permanenza per il rimpatrio (C.P.R.) di Palazzo San Gervasio, anche a tutti i suoi allegati, compresa l’offerta tecnica.

11. Deve essere, infine, respinto anche il capo relativo alle spese perché secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, da cui il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi, deve ritenersi che, nel processo amministrativo, il giudice di primo grado disponga di ampi poteri discrezionali in ordine alla statuizione sulle spese e, se del caso, al riconoscimento, sul piano equitativo, dei giusti motivi per far luogo alla compensazione delle spese giudiziali, ovvero per escluderla, con il solo limite, in pratica, che non può condannare alle spese la parte risultata vittoriosa in giudizio o disporre statuizioni abnormi (Cons. Stato, V, n. 6550 del 2024; Cons. Stato, V, n. 1816 del 2024).

12. Per le esposte ragioni l’appello deve essere respinto.

13. Appaiono sussistenti giusti motivi per compensare le spese del presente grado di giudizio, atteso anche il richiamo in motivazione alla recentissima giurisprudenza unionale in materia.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l’appellante.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2025 con l'intervento dei magistrati:

Francesco Caringella, Presidente

Alessandro Maggio, Consigliere

Giuseppina Luciana Barreca, Consigliere

Marina Perrelli, Consigliere, Estensore

Gianluca Rovelli, Consigliere