Tar Emilia Romagna, Bologna, Sez. I, 19 settembre 2025, n. 981

Il dies a quo di decorrenza del termine prescrizionale quinquennale ex art. 2947 c.c. è da individuarsi non nella data del passaggio in giudicato della sentenza che ha dichiarato l’illegittimità del provvedimento di aggiudicazione definitiva, ma nella data di adozione dello stesso provvedimento lesivo, ovvero, nella data di adozione del provvedimento di aggiudicazione definitiva dell’appalto.

Premesso che il termine prescrizionale applicabile al diritto al risarcimento del danno da (illegittima) mancata aggiudicazione dell’appalto è esclusivamente quello quinquennale ex art. 2947 c.c., trattandosi di fatti illeciti ai sensi dell’art. 2043 c.c., precisa il Collegio che detto termine decorre fin dalla data del provvedimento di aggiudicazione definitivo e non dalla sentenza di annullamento dell’aggiudicazione.

Infatti, se il danno lamentato dal ricorrente deriva dall’illegittimità del provvedimento di aggiudicazione dell’appalto, secondo l’orientamento maggioritario (anche se non unanime), il termine prescrizionale quinquennale di esercizio dell’azione risarcitoria decorre dalla data del provvedimento di aggiudicazione definitivo stesso e non dalla sentenza di annullamento dell’aggiudicazione. In particolare, la pronuncia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 23 marzo 2011, n. 3, ha stabilito, anche con riguardo alle controversie insorte precedentemente all’entrata in vigore del codice del processo amministrativo, il superamento del principio della c.d. pregiudiziale amministrativa, con conseguente autonomia, sul versante processuale, della domanda risarcitoria rispetto a quella impugnatoria. Pertanto, detto termine di prescrizione deve farsi decorrere non dal momento del passaggio in giudicato della sentenza che annulla l’atto lesivo, bensì dalla data del fatto illecito, coincidente con quella di adozione dell’atto illegittimo. Infatti, poiché l’annullamento dell’atto amministrativo lesivo non costituisce un requisito di ammissibilità della domanda risarcitoria, il dies a quo per l’esercizio del diritto deve essere individuato nel momento in cui, con l’adozione dell’atto lesivo, il danno si è effettivamente verificato[1]

Tale principio risulta applicabile anche nel caso in cui la vicenda risalga ad un periodo storico in cui l’opinione maggioritaria della giurisprudenza amministrativa era nel senso di ritenere necessario il previo annullamento dell’atto amministrativo lesivo della posizione di interesse legittimo ai fini della proponibilità della domanda risarcitoria. Invero, afferma il giudice adito, già prima dell’entrata in vigore del codice del processo amministrativo, poteva ritenersi operante, nel nostro ordinamento, il principio dell’autonomia processuale dell’azione risarcitoria rispetto a quella caducatoria, e, quindi, la regola, in tema di decorso del termine di prescrizione, che comporta il superamento della cd. pregiudizialità amministrativa.

D’altronde, pur volendosi seguire un approccio sincronico, la cd. pregiudizialità amministrativa “all’epoca non rappresentava una opinione giurisprudenziale così diffusa da assurgere al rango di jus receptum tale da scoraggiare ogni iniziativa giurisdizionale intesa all’accertamento in sede giurisdizionale del diritto al risarcimento del danno derivante da atto amministrativo illegittimo pur in mancanza di una sentenza di annullamento che si fondasse sulla rilevata pretesa illegittimità”[2].

 

Pubblicato il 19/09/2025

N. 00981/2025 REG.PROV.COLL.

N. 00533/2022 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 533 del 2022, proposto da
Consorzio Stabile Costruttori Lecce, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Danilo D'Arpa, Valeria Pellegrino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Cultura - Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Bologna e le Province di Modena, Ferrara e Reggio Emilia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale Bologna, domiciliata in Bologna, via A. Testoni, 6;

per

il risarcimento del danno ingiusto riveniente dalla illegittima mancata aggiudicazione dell'appalto dei “lavori di restauro ed adeguamento normativo e funzionale di porzione del fabbricato denominato Palazzo Solmi già Bellentani – Rangoni sito in Modena Via Emilia centro n. 269”, la cui gara è stata indetta dalla Soprintendenza per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico di Modena e Reggio Emilia con bando del 30.09.2005.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Cultura - Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Bologna e le Province di Modena, Ferrara e Reggio Emilia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 giugno 2025 il dott. Alessio Falferi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con ricorso per riassunzione depositato in data 16.7.2022, il Consorzio Stabile Costruttori Leccese (di seguito solo “Consorzio”) ha chiesto il risarcimento del danno conseguente alla illegittima mancata aggiudicazione della procedura d’appalto dei “lavori di restauro ed adeguamento normativo e funzionale di porzione del fabbricato denominato Palazzo Solmi già Bellentani – Rangoni sito in Modena Via Emilia centro n. 269”, indetta dalla Soprintendenza per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico di Modena e Reggio Emilia.

In punto di fatto il ricorrente ha premesso quanto segue:

-con bando del 30.9.2005 la Soprintendenza per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico di Modena e Reggio Emilia indiceva l’appalto per l’esecuzione dei “lavori di restauro ed adeguamento normativo e funzionale di porzione del fabbricato denominato Palazzo Solmi già Bellentani –Rangoni sito in Modena Via Emilia centro n. 269”, per un importo a base d’asta di euro 3.304.404,16, di cui euro 88.439,04 per oneri di sicurezza;

-alla gara partecipavano, tra gli altri, il Consorzio odierno ricorrente, collocatosi al secondo posto in graduatoria e l’ATI Procest s.r.l. - FI.MA. Elettromeccanica s.r.l., cui era aggiudicato l’appalto;

-a seguito di accesso agli atti della procedura, assentito dalla Stazione Appaltante in data 28.3.2006, emergevano diversi profili di illegittimità nell’operato della Commissione, attestanti la necessità di escludere l’aggiudicataria;

-il Consorzio proponeva, quindi, ricorso (rubricato sub RG n. 635/2006) chiedendo l’annullamento dell’aggiudicazione, ma con sentenza n. 1253 del 3.4.2008 il TAR Emila Romagna respingeva il ricorso;

-a seguito di appello, con sentenza n. 744 del 27.3.2012 il Consiglio di Stato accoglieva il gravame e, per l’effetto, annullava “l’aggiudicazione dei lavori di restauro e adeguamento normativo e funzionale di porzione del fabbricato, denominato Palazzo Solmi, già Bellentani-Rangoni, all’ATI Procest S.r.l.-FO.MA. Elettromeccanica S.r.l.;“;

-nelle more del giudizio i lavori erano stati consegnati all’Ati Procest s.r.l. e da questa eseguiti, con la conseguenza che il Consorzio, legittimo aggiudicatario dell’appalto, veniva privato del conseguimento della commessa e impossibilitato, sul piano fattuale, alla reintegrazione in forma specifica;

-con nota del 29.5.2012 il Consorzio chiedeva al Ministero per i Beni e le Attività Culturali-Soprintendenza di Modena e Reggio Emilia la rifusione dei danni patiti (mancato utile economico e danno curriculare), quantificandoli in complessivi euro 437.109,87, oltre interessi e rivalutazione monetaria, riservandosi, in caso di riscontro negativo (come di fatto avvenuto), di proporre azione risarcitoria;

-il Consorzio, quindi, al fine di ottenere il risarcimento del danno, proponeva ricorso avanti al TAR del Lazio (depositato in data 2.1.2013) al quale faceva seguito l’ordinanza n. 8101 del 17.5.2022 con cui era declinata competenza in favore del TAR per l’Emilia Romagna.

Tanto premesso, il ricorrente ha evidenziato, quanto all’an, che sarebbe consolidato l’orientamento secondo cui l’illegittimo esercizio dell’azione amministrativa comporta il diritto, per il soggetto inciso, al risarcimento dei danni ingiustamente sofferti; nel caso in esame il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1799/2012, ha sancito l’illegittimità del provvedimento di aggiudicazione definitiva, adottato in favore della ditta Procest s.r.l.-FIMA s.r.l., disponendone l’annullamento e, quindi, definitivamente acclarando la collocazione in graduatoria del Consorzio in posizione utile a conseguire il predetto affidamento; l’effetto del provvedimento illegittimo, che ha privato il Consorzio ricorrente dell’affidamento di un appalto, avrebbe, di fatto, prodotto una modifica della situazione materiale e giuridica tale da rendere insufficiente, ai fini del ripristino dello status quo ante, il semplice annullamento dell’atto e, per tali ragioni, il Consorzio avrebbe diritto a conseguire il dovuto risarcimento per equivalente.

Con riferimento al quantum del risarcimento, il Consorzio ha precisato: (i) il danno conseguente al mancato utile che il Consorzio stesso avrebbe conseguito per la realizzazione dei lavori (10% dell’offerta formulata in sede di gara); (ii) il danno curriculare (5% sull’importo globale dell’appalto, depurato del ribasso offerto) e il danno da perdita di chance (250.000,00 euro); (iii) gli interessi legali e la rivalutazione monetaria sulla somma riconosciuta a titolo di risarcimento danni, da calcolarsi dalla data di stipula del contratto sino al giorno della pubblicazione della sentenza.

Si sono costituiti in giudizio il Ministero della Cultura - Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Bologna e le Province di Modena, Ferrara e Reggio Emilia, con il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, la quale ha eccepito la decadenza del ricorrente dall’azione risarcitoria e dal diritto al risarcimento del danno ex art. 30, comma 5, del CPA, nonché la prescrizione ex art. 2947 c.c. dell’azione risarcitoria e del diritto al risarcimento; nel merito ha contestato gli argomenti di parte ricorrente chiedendone l’integrale rigetto.

In vista dell’udienza di discussione le parti hanno depositato ulteriori memorie difensive con cui hanno ribadito le rispettive argomentazioni e contestato quelle avversarie.

Alla pubblica udienza dell’11 giugno 2025, il ricorso è stato trattenuto in decisione, come da verbale di causa.

Vanno preliminarmente scrutinate le eccezioni sollevate dall’Amministrazione resistente.

Non è condivisibile l’eccezione di decadenza ex art. 30, comma 5, del CPA.

Come correttamente rilevato dalla difesa erariale, il termine di 120 giorni di cui all’art. 30, comma 5, del CPA, entro cui è possibile esperire la domanda di risarcimento del danno, decorre dal passaggio in giudicato della sentenza di annullamento.

Nel caso in esame, però, non può dirsi che la domanda risarcitoria del Consorzio ricorrente sia stata proposta avanti al TAR del Lazio (notificazione del ricorso in data 20.12.2012, deposito in data 2.1.2013) oltre il termine di 120 giorni dal passaggio in giudicato della sentenza del Consiglio di Stato n. 744 del 27.3.2012.

Se è pur condivisibile quanto sostenuto dall’Amministrazione in ordine alla impossibilità di impugnare la suddetta decisione per ragioni relative alla giurisdizione (implicitamente affermata in primo grado dal Tar e non contestata avanti al Consiglio di Stato), altrettanto non può dirsi in ordine alla possibilità di esperire il rimedio di cui all’art. 106 del CPA. In particolare, la revocazione ordinaria (n. 4 e 5 dell’art. 395 c.p.c) può essere proposta (in caso di mancata notificazione della sentenza) entro il termine di 6 mesi dalla pubblicazione della sentenza (che, nel caso in esame, è avvenuta il 27.3.2012); solo dalla scadenza di suddetto termine potrà, quindi, decorrere il termine decadenziale di 120 giorni di cui all’art. 30, comma 5, del CPA, termine che, nel caso in esame, non era ancora decorso al momento della proposizione dell’azione risarcitoria da parte del Consorzio avanti al TAR del Lazio (notificazione del ricorso in data 20.12.2012, deposito in data 2.1.2013).

L’eccezione di decadenza va, dunque, respinta.

E’, invece, da accogliere l’eccezione di intervenuta prescrizione del diritto al risarcimento del danno dedotto dal Consorzio.

Va premesso che, come ritenuto dalla giurisprudenza, il termine prescrizionale applicabile al diritto al risarcimento del danno da (illegittima) mancata aggiudicazione dell’appalto è esclusivamente quello quinquennale ex art. 2947 c.c., trattandosi di fatti illeciti ex art. 2043 c.c., ai quali è applicabile il suddetto termine di prescrizione (ex multis Consiglio di Stato, Sez. V, 5 marzo 2019, n., 1514).

Tanto premesso e ricordato che il danno lamentato dal ricorrente deriva dall’illegittimità del provvedimento di aggiudicazione dell’appalto in questione -come, peraltro, pacificamente riconosciuto dallo stesso Consorzio che agisce in questa sede proprio per ottenere il danno conseguente “alla illegittima mancata aggiudicazione della procedura d’appalto”-, il Collegio ritiene di aderire a quell’orientamento (maggioritario anche se non unanime) secondo il quale il termine prescrizionale (quinquennale) di esercizio della azione risarcitoria in fattispecie di illegittimità del provvedimento di aggiudicazione di appalto decorre fin dalla data del provvedimento di aggiudicazione definitivo e non dalla sentenza di annullamento dell’aggiudicazione. In particolare, è stato osservato che “a seguito della pronuncia dell'Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato 23/3/2011, n. 3, che ha stabilito, anche con riguardo alle controversie insorte precedentemente all'entrata in vigore del codice del processo amministrativo, il superamento del principio della c.d. pregiudiziale amministrativa, con l'affermazione dell'autonomia, sul versante processuale, della domanda risarcitoria rispetto a quella impugnatoria, il detto termine di prescrizione deve farsi decorrere non dal momento del passaggio in giudicato della sentenza che annulla l'atto lesivo, bensì dalla data del fatto illecito, coincidente con quella di adozione dell'atto illegittimo. In quest'ottica, infatti, poiché l'annullamento dell'atto amministrativo lesivo non costituisce un requisito di ammissibilità della domanda risarcitoria, il dies a quo per l'esercizio del diritto deve essere individuato nel momento in cui, con l'adozione dell'atto lesivo, il danno si è effettivamente verificato (Cons. Stato, Sez. VI, 27/2/2018, n. 1166; 21/5/2014, n. 2610 e 17/1/2014, n. 223; in termini anche, Sez. IV, 4/6/2014, n. 2856 e 3/12/2010, n. 8533; Sez. V, 8/4/2014, n. 1651)” (Consiglio di Stato, sez. VI, 6 febbraio 2019, n. 900).

Tale principio risulta, invero, applicabile anche nel caso in esame in cui la vicenda –come eccepito dal Consorzio ricorrente - risale ad un periodo storico in cui l’opinione maggioritaria della giurisprudenza amministrativa era nel senso di ritenere necessario il previo annullamento dell’atto amministrativo lesivo della posizione di interesse legittimo ai fini della proponibilità della domanda risarcitoria. E’ stato, infatti, a tal proposito rilevato che “Anche tale argomento non deve però indurre a conclusioni diverse da quelle per le quali si è sopra opinato, in quanto già prima dell'entrata in vigore del codice del processo amministrativo, poteva ritenersi operante, nel nostro ordinamento, il principio dell'autonomia processuale dell'azione risarcitoria rispetto a quella caducatoria, e, quindi, la regola, in tema di decorso del termine di prescrizione, che comporta il superamento della cd. pregiudizialità amministrativa. In tal senso, infatti, si era espressa la Corte di cassazione in sede regolatrice (SS.UU., n. 25395 del 2010; SS.UU., n. 30254 del 2008) seguita dall'Adunanza plenaria (sentenza n.3 del 2011) alla luce delle nuove disposizioni del c.p.a. Ma ancor prima di tale fondamentale intervento normativo la giurisprudenza amministrativa aveva già preso le distanze dalla tesi della pregiudizialità amministrativa, e ciò aveva comportato come conseguenza <la generale applicazione del principio, già affermato da questo Consesso anteriormente all'entrata in vigore dell'attuale codice del processo amministrativo, per cui il dies a quo della prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento del danno coincide con la data del provvedimento lesivo, e non più con quella del passaggio in giudicato della sentenza che lo ha annullato> (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 3 dicembre 2010, n.8533 ed ivi giurisprudenza richiamata: Cons. Stato, sez. IV, 15 settembre 2009, n. 5523; Cons. Stato, sez. V, 9 giugno 2009, n. 3531). Si può quindi osservare, conclusivamente sul punto, che pur volendosi seguire un approccio sincronico alla disamina della questione sollevata dall'appellante deve evidenziarsi che all'epoca cui risalgono i fatti di causa non emergeva una opinione giurisprudenziale così diffusa da assurgere al rango di jus receptum tale da scoraggiare ogni iniziativa giurisdizionale intesa all'accertamento in sede giurisdizionale del diritto al risarcimento del danno derivante da atto amministrativo illegittimo pur in mancanza di una sentenza di annullamento che si fondasse sulla rilevata pretesa illegittimità (cfr., anche in relazione alla ampie argomentazioni ivi esposte sullo specifico punto, Consiglio di Stato, sez. II, 5 maggio 2021, n. 3504).

Dunque, alla luce degli esposti principi, il dies a quo di decorrenza del termine prescrizionale quinquennale ex art. 2947 c.c. è da individuarsi non nella data del passaggio in giudicato della sentenza che ha dichiarato l’illegittimità del provvedimento di aggiudicazione definitiva, ma nella data di adozione dello stesso provvedimento lesivo, ovvero, nella data di adozione del provvedimento di aggiudicazione definitiva dell’appalto.

Nel caso in esame, parte ricorrente ha avuto conoscenza dell’atto illegittimo (aggiudicazione) quanto meno nel marzo 2006, data di acquisizione degli atti del procedimento (a seguito di domanda di accesso), con conseguente conoscenza dei profili di illegittimità dell’aggiudicazione dell’appalto (come, del resto, affermato nello stesso ricorso).

Ebbene, a fronte della decorrenza del termine di prescrizione a far tempo dal marzo 2006, il ricorso per il risarcimento del danno è stato notificato dal Consorzio solo nel dicembre del 2012 (e depositato il 2.1.2013), dunque ben oltre lo spirare del termine quinquennale di prescrizione.

Né a conclusioni diverse si giungerebbe volendo considerare quale atto interruttivo della prescrizione la nota del 29.5.2012 con cui il Consorzio richiedeva al Ministero resistente il risarcimento del danno per il mancato utile economico e per il danno curricolare, essendo anche a tale data già maturata la prescrizione quinquennale ex art. 2947 c.c.

In conclusione, alla luce di tutto quanto sopra, risulta fondata l’eccezione di prescrizione sollevata dall’Amministrazione resistente, con la conseguenza che il ricorso e le domande in esso formulate non possono trovare accoglimento.

Sussistono giustificati motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Bologna nella camera di consiglio del giorno 11 giugno 2025 con l'intervento dei magistrati:

Paolo Carpentieri, Presidente

Alessio Falferi, Consigliere, Estensore

Paolo Nasini, Primo Referendario


[1] Ex mulltis, Cons. Stato, Sez. VI, 6 febbraio 2019, n. 900; Id., Sez. VI, 27febbraio 2018, n. 1166; Id., Sez. IV, 4 giugno 2014, n. 2856 e 3 dicembre 2010, n. 8533.

[2] Sul punto, Cons. Stato, Sez. II, 5 maggio 2021, n. 3504.