Consiglio di Stato, sez. V, 4 settembre 2025, n. 7201
Ai sensi degli artt. 5 e 5 bis del d.lgs. n. 3372013 spetta all’amministrazione operare un bilanciamento concreto dei contrapposti interessi all’ostensione e alla riservatezza non potendo comunque l’accesso civico generalizzato portare alla divulgazione di informazioni sensibili che possano ledere gli interessi alla tutela dei segreti commerciali dell’aggiudicatario e falsare la concorrenza futura.
Il fatto e il giudizio di primo grado.
Il contenzioso in esame tra origine dalla richiesta che l’appellante, soggetto terzo ed estraneo alla procedura di gara ha formulato - ai sensi dell’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 33/2013, come modificato dal d.lgs. n. 97/2016 - per avere accesso ad un contratto di appalto dei servizi, nonché a tutti i suoi allegati, compresa l’offerta tecnica.
A fronte di tale richiesta la controinteressata si è opposta all’ostensione dell’offerta tecnica facendo rilevare, in particolare che il contenuto è “composta da elementi e dati, sia di natura tecnica che commerciale, acquisiti sulla base del proprio know-how, derivante dalla pluriennale esperienza”.
A fondamento della propria opposizione, la controinteressata ha richiamato le limitazioni poste anche all’accesso civico generalizzato dagli artt. 5 e 5 bis del d.lgs. n. 33/2013.
La stazione appaltante ha trasmesso alla richiedente il contratto di appalto, ma non ha invece osteso l’offerta tecnica.
La richiedente ha quindi proposto ricorso avanti il TAR Basilicata avverso il provvedimento che ha accolto parzialmente l’istanza di accesso di accesso civico generalizzato.
Con la sentenza n. 19/2025, il TAR ha respinto le domande della ricorrente ritenendo, in particolare, che la stazione appaltante avesse correttamente “inteso contemperare i contrapposti interessi, non esibendo il documento recante specifiche e riservate capacità tecniche e gestionali (know how)”.
La predetta sentenza è stata appellata e il Consiglio di Stato ha a sua volta nuovamente respinto le domande dell’appellante, ritenendo sostanzialmente condivisibili le conclusioni del giudice di primo grado.
La “terza generazione” del diritto di accesso e i suoi limiti.
In particolare, il Consiglio di Stato ha fondato la propria decisione sulla constatazione che l’istanza è stata formulata in forza della “terza generazione” del diritto all’accesso disciplinata dall’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 33/2013, come modificato dal d.lgs. n. 97/2016, che si affianca al “primo” accesso “documentale” disciplinato dalla L.n. 241/1990 e all’accesso “civico” di cui all’originaria formulazione del d.lgs. n. 33/2013.
Nello specifico, il Consiglio di Stato ha evidenziato che se da un lato è innegabile che l’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 33/2013 consenta l’accesso ai dati e documenti delle Amministrazioni, dall’altro lato resta comunque inteso che il medesimo d.lgs. n. 33/2013 fa comunque salvi i limiti “relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’articolo 5 bis, comma 2, lett. c) del d.lgs. citato”.
Ed infatti, tale l’art. 5 bis, comma 2 stabilisce, in particolare, che “l’accesso di cui all’articolo 5, comma 2, è altresì rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno dei seguenti interessi privati: (…) c) gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali” (cfr. anche Cons. Stato, V, n. 8382/2023).
Ne deriva che all’Amministrazione spetta l’onere di operare un confronto tra i diversi interessi laddove l’interesse alla conoscenza dei documenti “fronteggia” gli interessi pubblici o privati di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 5 bis del medesimo decreto.
Ed alla valutazione dell’Amministrazione deve essere riconosciuto un “alto tasso di discrezionalità” (Cons. Stato, Ad. Plen n. 10 del 2020; Cons Stato, sez. V, n. 1817/2019).
Il Consiglio di Stato ha quindi ribadito che l’art. 35 del d.lgs. n. 36/2023 ha “codificato” l’applicazione dell’accesso civico generalizzato al settore dei contratti pubblici e ha quindi “normativizzato” i principî affermati dalla citata Adunanza Plenaria n. 10/2020.
In ogni caso viene anche precisato che “se è vero che l’art. 35 del d.lgs. n. 36/2023 ha codificato l’accesso civico generalizzato in relazione al settore degli appalti, non per questo ha fatto venire meno l’operatività dei c.d. interessi-limite pubblici o privati di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 5 bis del d.lgs. n. 33/2013, come si evince anche dalla relazione illustrativa”.
Di conseguenza, come detto, in tali ipotesi la stazione appaltante è tenuta a svolgere un “bilanciamento concreto dei contrapposti interessi all’ostensione e alla riservatezza”.
Ne deriva, quale ulteriore conseguenza, che l’accesso civico generalizzato non può comportare la “divulgazione di informazioni sensibili che possano ledere gli interessi alla tutela dei segreti commerciali dell’aggiudicatario e falsare la concorrenza futura”.
Sul punto la sentenza opera un interessante richiamo alla recente pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (ordinanza del 10 giugno 2025, C- 686-24), la quale ha affermato la disciplina nazionale in materia di appalti deve necessariamente “consentire agli enti aggiudicatori di procedere a un bilanciamento tra tale dr e le esigenze relative alla tutela dei segreti tecnici o commerciali”.
Il Collegio ha ritenuto pertanto che se la Corte di Giustizia dell’Unione europea esclude l’accesso automatico agli atti di gara a fini di difesa tra soggetti che hanno preso parte alla procedura e richiede il bilanciamento caso per caso tra il diritto di accesso agli atti di gara e la tutela dei segreti commerciali e industriali, “a maggior ragione” il bilanciamento deve essere operato rispetto ad un soggetto terzo e del tutto estraneo alla procedura.
In caso contrario, si giungerebbe alla contraddittoria conclusione secondo cui il soggetto terzo potrebbe ottenere una ostensione maggiore di quella dei partecipanti alla gara, finendo in tale modo per vanificare la finalità delle norme volte a tutelare il know – how aziendale.
In conclusione, in applicazione della ricostruzione normativa (nazionale e comunitaria) e giurisprudenziale sopra esposta, il Consiglio di Stato ha ritenuto che l’Amministrazione abbia svolto correttamente la propria valutazione, avendo “messo a confronto” l’istanza della richiedente e l’opposizione della controinteressata e avendo ritenuto prevalente quest’ultima, in quanto fondatamente motivata sul contenuto riservato dell’offerta tecnica “composta da elementi e dati, sia di natura tecnica che commerciale, acquisiti sulla base del proprio know-how, derivante dalla pluriennale esperienza nella gestione di strutture analoghe a quella oggetto di gara”.
LEGGI LA SENTENZA
Pubblicato il 04/09/2025
N. 07201/2025REG.PROV.COLL.
N. 01568/2025 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1568 del 2025, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Davide Lapenna, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
l’Ufficio territoriale del Governo di Potenza e il Ministero dell'interno, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
Officine Sociali società cooperativa sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Berretta, Giovanni Mania, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata (sezione prima) n. 19, pubblicata il 9 gennaio 2025, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Officine Sociali società cooperativa sociale, dell’Ufficio territoriale del Governo di Potenza e del Ministero dell'interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2025 il consigliere Marina Perrelli e uditi per le parti gli avvocati Francesco Verrastro, in delega dell'avvocato Davide Lapenna, e Giovanni Mania;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. L’appellante chiede la riforma della sentenza indicata in epigrafe con la quale è stato respinto il ricorso proposto avverso il provvedimento n. -OMISSIS- del 5 settembre 2024 della Prefettura di Potenza che ha accolto parzialmente l’istanza di accesso di accesso civico generalizzato volta a ottenere il contratto d’appalto per la fornitura di beni e servizi relativi al funzionamento del CPR di Palazzo San Gervasio, stipulato in data 20 giugno 2023 con la controinteressata Officine sociali società cooperativa sociale, nonché tutti i suoi allegati, ivi compresa l’offerta tecnica, la cui esibizione è stata negata ritenendo che ricadesse nel perimetro applicativo dell’art. 35, comma 4, del d.lgs. n. 36/2023.
1.2. L’appellante deduce l’erroneità della sentenza:
1) per violazione degli artt. 1, 2, comma 1, della legge n. 241/1990 in relazione all’art. 5 del d.lgs. n. 33/2013 perché il giudice di primo grado nel valutare il bilanciamento degli interessi effettuato dalla Prefettura di Potenza non avrebbe debitamente considerato la carenza totale della motivazione del rigetto che si fonderebbe su un apodittico e indimostrato interesse alla tutela del know-how della controinteressata.
Ad avviso dell’appellante, nonostante ai sensi del citato art. 5, comma 3, il diritto di accesso non sia sottoposto ad alcuna limitazione quanto legittimazione del richiedente e quanto a motivazione in relazione all’interesse sotteso, il giudice erroneamente ha evidenziato che l’appellante “non ha offerto alcuna allegazione circa l’interesse giuridicamente rilevante all’ostensione della predetta documentazione, né ha rappresentato di essere operatore del settore e neppure, a fortiori, ha preso parte alla presupposta procedura di evidenza pubblica”. Al riguardo l’appellante ha precisato di essere consulente legale ed esperto di politiche migratorie e di collaborare con la rivista mensile Altreconomia per la quale ha svolto un’inchiesta dal titolo “Le prefetture non controllano i Cpr. Inchiesta su appalti e gestione”, basata su istanze di accesso civico generalizzato all’esito delle quali ha ottenuto contratti, offerte tecniche e verbali ispettivi relativi alla quasi totalità dei centri di permanenza per il rimpatrio esistenti sul territorio nazionale e che è alla base di una segnalazione all’ANAC e del conseguente atto del Presidente del 24 luglio 2024. Infine, secondo la prospettazione dell’appellante, la Prefettura prima e il giudice poi non avrebbero considerato l’obbligo di motivazione “rafforzato” che incombe sulla controinteressata ai sensi dell’art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 33/2013 e dell’’art. 35 del d.lgs. n. 36/2023 e che non sarebbe stato assolto poiché si sarebbe limitata ad affermare apoditticamente l’esistenza di un segreto commerciale attraverso il richiamo all’art. 5 bis, comma 2, lett. c, del d.lgs. n. 33/2013 e all’art. 35, comma 4, del d.lgs. n. 36/2023;
2) per violazione degli artt. 5, comma 1, 2 e 6, e 5 bis, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 33/2013, 35 del d.lgs. n. 36/2023, 3 della legge n. 241/1990.
Ad avviso dell’appellante, anche in presenza di una comprovata e motivata dichiarazione della Officine Sociali società cooperativa sociale di opposizione all’accesso all’offerta tecnica, la Prefettura di Potenza non avrebbe potuto che ostendere la documentazione richiesta non essendo configurabile alcun segreto tecnico o commerciale in relazione al servizio di gestione e funzionamento di un centro di permanenza per il rimpatrio contenendo l’offerta tecnica al più l’indicazione analitica delle modalità di organizzazione del servizio, delle unità incrementali di personale e delle eventuali proposte migliorative previste per quel centro specifico. Peraltro, attesa la natura del richiedente, estraneo alla procedura di gara e considerata la conclusione di quest’ultima con la stipula del contratto, non sarebbe possibile ritenere che l’ostensione dell’offerta tecnica, divenuta parte integrante di un contratto pubblico, possa integrare un pregiudizio per la tutela del know how della controinteressata sia in base alla normativa del codice appalti che in base a quella dell’accesso civico generalizzato. Anche sotto tale profilo, pertanto, la sentenza risulterebbe erronea;
3) per violazione dell’art. 26 c.p.a. perché il giudice di primo grado ha condannato l’appellante alla rifusione delle spese senza valutare né la novità sostanziale, né la non univocità della giurisprudenza sulla questione dell’ostensibilità dell’offerta tecnica di un contratto d’appalto definitivamente aggiudicato e relativo alla gestione privata di una struttura di privazione della libertà personale.
2. La controinteressata Officine Sociali società cooperativa sociale si è costituita in giudizio, ha riproposto l’eccezione di inammissibilità per carenza di legittimazione dell’appellante per non avere allegato l’interesse giuridicamente rilevante all’ostensione dell’offerta tecnica, né aver rappresentato di essere operatore del settore e neppure, a fortiori, di aver preso parte alla presupposta procedura di evidenza pubblica, eccependo, inoltre, anche l’inammissibilità della documentazione prodotta solo in appello volta a dimostrare la propria qualità di esperto in politiche migratorie.
2.1. Nel merito la controinteressata ha concluso per la reiezione dell’appello.
3. Il Ministero dell’interno si è costituito in giudizio ed ha chiesto il rigetto dell’appello.
4. Con ordinanza n. 979 del 14 marzo 2025 la Sezione ha preso atto della rinuncia alla domanda cautelare da parte dell’appellante.
5. In vista dell’udienza camerale le parti costituite hanno depositato memorie e repliche ai sensi dell’art. 73 c.p.a..
6. All’udienza camerale del 26 giugno 2025 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
7. L’appello non è fondato nel merito e va respinto, ragione che esime il Collegio dall’esaminare l’eccezione di inammissibilità per difetto di legittimazione dell’appellante, riproposta anche in appello dalla controineressata.
8. I fatti salienti ai fini della decisione della controversia possono essere così sintetizzati:
- con istanza del 16 agosto 2024 l’appellante ha chiesto, ai sensi dell’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 33/2013, come modificato dal d.lgs. n. 97/2016, l’accesso al contratto di appalto dei servizi di gestione e funzionamento del centro di permanenza per il rimpatrio (C.P.R.) di Palazzo San Gervasio, nonché a tutti i suoi allegati, compresa l’offerta tecnica;
- con nota n. 77184 del 3 settembre 2024 la controinteressata, avvertita ai sensi dell’art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 33/2013, si è opposta all’ostensione dell’offerta tecnica in considerazione: a) del suo “contenuto riservato essendo composta da elementi e dati, sia di natura tecnica che commerciale, acquisiti sulla base del proprio know-how, derivante dalla pluriennale esperienza nella gestione di strutture analoghe a quella oggetto di gara”; b) del fatto che la richiesta non è “indispensabile ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi giuridici rappresentanti in relazione alla procedura di gara”; c) delle limitazioni poste anche all’accesso civico generalizzato dagli artt. 5 e 5 bis del d.lgs. n. 33/2013;
- con nota n. -OMISSIS- del 5 settembre 2024 la Prefettura appellata ha trasmesso il contratto di appalto e il successivo rinnovo, escludendo dall’ostensione l’offerta tecnica, “ai sensi dell’art. 35, comma 4, lett. a) del D. Lgs. n. 36/2023, che prevede che «...il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione possono essere esclusi in relazione alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscono, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali»”.
9. Con la sentenza appellata il giudice di primo grado ha respinto il ricorso affermando che“la Prefettura di Potenza ha inteso contemperare i contrapposti interessi, non esibendo il documento recante specifiche e riservate capacità tecniche e gestionali (know how), in applicazione di quanto disposto dal vigente codice dei contratti pubblici al richiamato art. 35, comma 4, lett. a” e che il suo operato “costituisce legittima declinazione dei precisi limiti legali che connotano l’accesso civico, con particolare riguardo all’art. 5-bis, comma 2, lett. c), del d.lgs. n. 33 del 2013, secondo cui l’accesso è rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela degli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d'autore e i segreti commerciali”.
10. Il Collegio ritiene le conclusioni cui è giunto il giudice di primo grado condivisibili per le seguenti considerazioni:
- si verte in un’ipotesi di accesso civico generalizzato, previsto dall’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 33/2013, come modificato dal d.lgs. n. 97/2016, che si aggiunge all’accesso civico c.d. “semplice” di cui al comma 1 dello stesso articolo e che, secondo l’Adunanza plenaria n. 10 del 2022, costituisce la “terza generazione” del diritto all’accesso, dopo quello documentale di cui alla legge n. 241/1990 e quello civico di cui all’originaria formulazione del d.lgs. n. 33/2013;
- in particolare l’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 33/2013 consente l’accesso ai dati e documenti delle Amministrazioni, ma fa comunque salvi i limiti “relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’articolo 5 bis, comma 2, lett. c) del d.lgs. citato, che dispone “l’accesso di cui all’articolo 5, comma 2, è altresì rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno dei seguenti interessi privati: (…) c) gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali” (Cons. Stato, V, n. 8382/2023);
- secondo la costante giurisprudenza amministrativa, anche di questa Sezione, laddove l’interesse alla conoscenza, protetto dal citato art. 5, comma 2, fronteggi gli interessi-limite pubblici o privati di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 5 bis del medesimo decreto, questo confronto è oggetto di una valutazione dell’amministrazione ad “alto tasso di discrezionalità” (Cons. Stato, Ad. plen n. 10 del 2020; Cons Stato, V, n. 1817 del 2019);
- l’art. 35 del d.lgs. n. 36/2023, nonostante l’identità della rubrica con l’art. 53 del d.lgs. n.50/2016, ha codificato l’applicazione dell’accesso civico generalizzato al settore dei contratti pubblici, normativizzando i principî affermati dalla citata Adunanza Plenaria n. 10 del 2020 attraverso il riconoscimento, come affermato nella Relazione illustrativa al Codice, a tutti i cittadini della “possibilità di richiedere, attraverso l’istituto dell’accesso civico generalizzato, la documentazione di gara nei limiti consentiti e disciplinati dall’art. 5-bis del d. lgs. 14 marzo 2013, n. 33”.
10.1. Alla luce dei suesposti principi discende che se è vero che l’art. 35 del d.lgs. n. 36/2023 ha codificato l’accesso civico generalizzato in relazione al settore degli appalti, non per questo ha fatto venire meno l’operatività dei c.d. interessi-limite pubblici o privati di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 5 bis del d.lgs. n. 33/2013, come si evince anche dalla relazione illustrativa.
Ne consegue, quindi, che spetta all’amministrazione operare un bilanciamento concreto dei contrapposti interessi all’ostensione e alla riservatezza non potendo comunque l’accesso civico generalizzato portare alla divulgazione di informazioni sensibili che possano ledere gli interessi alla tutela dei segreti commerciali dell’aggiudicatario e falsare la concorrenza futura.
Al riguardo osserva il Collegio che la stessa Corte di Giustizia dell’Unione europea, con la recente ordinanza del 10 giugno 2025, C- 686-24, ha affermato che l’art. 39 della direttiva 2014/25/UE deve essere interpretato nel senso che “osta a una disciplina nazionale in materia di aggiudicazione di appalti pubblici, che richiede che l’accesso alla documentazione contenente segreti tecnici o commerciali trasmessa da un offerente sia concesso a un altro offerente, qualora tale accesso sia necessario al fine di garantire il diritto alla tutela giurisdizionale effettiva di quest’ultimo nell’ambito di una procedura connessa all’aggiudicazione dell’appalto, senza che tale disciplina consenta agli enti aggiudicatori di procedere a un bilanciamento tra tale diritto e le esigenze relative alla tutela dei segreti tecnici o commerciali”.
Ritiene, pertanto, il Collegio che se la Corte di Giustizia dell’Unione europea esclude l’accesso automatico agli atti di gara a fini di difesa tra soggetti che hanno preso parte alla procedura e richiede il bilanciamento caso per caso tra il diritto di accesso agli atti di gara e la tutela dei segreti commerciali e industriali, a maggior ragione tale bilanciamento deve essere operato rispetto ad un soggetto terzo e del tutto estraneo alla procedura, pena la possibilità per quest’ultimo di ottenere una ostensione maggiore di quella dei partecipanti e di frustrare la ratio sottesa alla tutela del know – how aziendale.
10.2. Applicando i predetti principi alla fattispecie in esame la valutazione operata dall’amministrazione appellata appare esente dai vizi lamentati dall’appellante avendo messo a confronto e ritenuto prevalente l’opposizione della controinteressata, motivata sul contenuto riservato dell’offerta tecnica “composta da elementi e dati, sia di natura tecnica che commerciale, acquisiti sulla base del proprio know-how, derivante dalla pluriennale esperienza nella gestione di strutture analoghe a quella oggetto di gara”, e l’istanza dell’appellante, peraltro anche priva dell’allegazione documentale relativa alla qualità di consulente legale ed esperto di politiche migratorie, volta ad ottenere l’accesso oltre che al contratto di appalto dei servizi di gestione e funzionamento del centro di permanenza per il rimpatrio (C.P.R.) di Palazzo San Gervasio, anche a tutti i suoi allegati, compresa l’offerta tecnica.
11. Deve essere, infine, respinto anche il capo relativo alle spese perché secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, da cui il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi, deve ritenersi che, nel processo amministrativo, il giudice di primo grado disponga di ampi poteri discrezionali in ordine alla statuizione sulle spese e, se del caso, al riconoscimento, sul piano equitativo, dei giusti motivi per far luogo alla compensazione delle spese giudiziali, ovvero per escluderla, con il solo limite, in pratica, che non può condannare alle spese la parte risultata vittoriosa in giudizio o disporre statuizioni abnormi (Cons. Stato, V, n. 6550 del 2024; Cons. Stato, V, n. 1816 del 2024).
12. Per le esposte ragioni l’appello deve essere respinto.
13. Appaiono sussistenti giusti motivi per compensare le spese del presente grado di giudizio, atteso anche il richiamo in motivazione alla recentissima giurisprudenza unionale in materia.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l’appellante.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2025 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Caringella, Presidente
Alessandro Maggio, Consigliere
Giuseppina Luciana Barreca, Consigliere
Marina Perrelli, Consigliere, Estensore
Gianluca Rovelli, Consigliere