Cons. Stato, Sez. IV, 22 luglio 2025, n. 6487
- Per giurisprudenza consolidata il criterio della vicinitas, quale elemento di individuazione della legittimazione, non vale da solo ed in automatico a dimostrare la sussistenza dell'interesse al ricorso, che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall'atto impugnato (cfr. Cons. Stato, Ad.Plen., 9 dicembre 2021, n. 22, cit.). Nel giudizio occorre, in particolare, specificare - con riferimento alla situazione concreta e fattuale -in quale misura e con quali modalità il provvedimento impugnato incida sulla posizione sostanziale dedotta in causa, determinandone una lesione concreta, immediata e di carattere attuale.
- Il vaglio sulla vicinitas - in generale - deve essere quindi strumentale ad evitare che dietro l’azione giurisdizionale si celi una attività emulativa; e comunque il ricorrente ha l’onere di dimostrare l’effettività del pregiudizio derivante dalla realizzazione della costruzione di cui si controverte; ciò anche al fine di consentire al giudice una effettiva comparazione degli interessi in gioco, che nello specifico riguarda una attività imprenditoriale.
Guida alla lettura
Con la sentenza in rassegna la IV Sezione del Consiglio di Stato ha specificato, aderendo al consolidato orientamento in materia, le condizioni affinché il criterio della vicinitas, nell’ipotesi di impugnazione di titoli edilizi da parte di terzi, possa concretizzare, oltre alla legittimazione ad agire, anche l’interesse a ricorrere.
La vicenda trae origine dall’impugnazione del Titolo Unico rilasciato dalla competente autorità amministrativa, relativo al cambio di destinazione d’uso, in area produttivo - artigianale, da attività produttiva ad attività di commiato. In particolare, la parte controinteressata censurava l’interesse ad agire in capo alla proprietà confinante, per assenza di interesse a ricorrere, non avendo dimostrato alcun pregiudizio concreto al proprio diritto dominicale.
Il Consiglio di Stato, in applicazione dei consolidati principi in tema di interesse a ricorrere, respingeva la doglianza, ritenendo la sussistenza del pregiudizio, in termini sia di deprezzamento dell’immobile sia per la modificazione della destinazione con un facilmente presumibile aumento del carico urbanistico in termini di aumento del traffico. Questioni, quelle rappresentate dalla ricorrente in appello, idonee a radicare l’interesse a ricorrere.
Per comprendere le ragioni della statuizione, è opportuno richiamare la distinzione tra legittimazione a ricorrere e interesse a ricorrere. Ai fini dell'ammissibilità di un ricorso è, infatti, necessario che sussistano sia la legittimazione a ricorrere sia l'interesse a ricorrere.
L'applicabilità al processo amministrativo dell'art. 100 c.p.c., sempre pacificamente ritenuta, risulta oggi confermata in virtù del rinvio esterno operato dall'art. 39, comma 1 c.p.a., alle norme del codice di rito che siano espressione di principi generali.
Secondo la definizione corrente, l'interesse si sostanzia nell'utilità o vantaggio ricavabile dall'accoglimento del gravame. Esso presuppone, dunque, sia una lesione della situazione giuridica soggettiva del ricorrente derivante dall'esercizio dell'attività amministrativa sia la possibilità di eliminare o riparare il pregiudizio, o quantomeno conseguire un vantaggio, attraverso il processo amministrativo.
Per giurisprudenza costante, l'interesse a ricorrere deve essere connotato dai predicati della personalità (deve riguardare specificamente e direttamente il ricorrente in quanto titolare di una posizione differenziata e qualificata, e non dissolversi nel generico interesse alla legalità dell'azione amministrativa), dell'attualità (deve sussistere al momento della proposizione del ricorso e fino alla decisione, non essendo sufficiente una mera eventualità di lesione) e della concretezza (l'interesse va valutato con riferimento a una effettiva lesione della situazione soggettiva del ricorrente).
Ai fini della positiva valutazione circa la sussistenza dell'interesse, si deve necessariamente dimostrare che, nell'ipotesi di esito favorevole del giudizio, il ricorrente ritrarrebbe effettivamente un'utilità.
Giova, sul punto, richiamare le statuizioni rese dall’Adunanza Plenaria n. 22/2021 in tema di interesse a ricorrere in caso di vicinitas, secondo cui: “Nei casi di impugnazione di un titolo autorizzatorio edilizio, riaffermata la distinzione e l’autonomia tra la legittimazione e l’interesse al ricorso quali condizioni dell’azione, è necessario che il giudice accerti, anche d’ufficio, la sussistenza di entrambi e non può affermarsi che il criterio della vicinitas, quale elemento di individuazione della legittimazione, valga da solo ed in automatico a dimostrare la sussistenza dell’interesse al ricorso, che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall’atto impugnato”.
In altri termini, il criterio della vicinitas non autorizza, di per sé, un’azione “popolare”, volta al ripristino della legalità violata. È necessario che l’eventuale illegittimità dell’atto amministrativo produca un pregiudizio concreto alle ragioni del ricorrente. Il vaglio sulla vicinitas deve essere strumentale ad evitare che dietro l’azione giurisdizionale si celi una attività emulativa; e comunque il ricorrente ha l’onere di dimostrare l’effettività del pregiudizio derivante dalla realizzazione della costruzione di cui si controverte, ciò anche al fine di consentire al giudice una effettiva comparazione degli interessi in gioco, che nello specifico riguarda una attività imprenditoriale.
Nel caso di specie, il Collegio, in applicazione delle rammentate coordinate, ha ritenuto sussistente l’interesse a ricorrere, in ragione del decremento di valore della proprietà del ricorrente e al peggioramento complessivo dei caratteri urbanistici che connotano l’area che renderebbe estremamente difficoltose la futura vendita o la locazione dell’immobile, stante l’incompatibilità dell’attività funeraria con gli usi ammessi dal Piano di lottizzazione ravvisando, quindi, la sussistenza di entrambe le condizioni dell’azione richieste ai fini dell’ammissibilità del ricorso.
Pubblicato il 22/07/2025
N. 06487/2025REG.PROV.COLL.
N. 09286/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9286 del 2023, proposto da Daniele Storoni, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonella Storoni, Giovanni Corbyons, con domicilio digitale come da pec da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Fossombrone, Unione Montana Alta Valle del Metauro, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'avvocato Aldo Valentini, con domicilio digitale come da pec da Registri di Giustizia;
Sportello unico per le attività produttive - Suap, Azienda Sanitaria Territoriale di Ancona quale successore di Asur Marche, non costituiti in giudizio;
nei confronti
Onoranze Funebri Cardinetti Gianni e Figli S.r.l., rappresentato e difeso dagli avvocati Francesco Bragagni, Marco Esposito, con domicilio digitale come da pec da Registri di Giustizia;
Regione Marche, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima) n. 391/2023, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Fossombrone e di Onoranze Funebri Cardinetti Gianni e Figli S.r.l. e di Alta Valle del Metauro Unione Montana;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 giugno 2025 il Cons. Riccardo Carpino e uditi per le parti gli avvocati come da verbale.
FATTO e DIRITTO
1.La questione controversa origina dalla contestazione della legittimità del titolo unico 37/2020 del 21/05/2020 rilasciato dall’ Unione Montana Alta Valle Del Metauro, Sportello unico per le attività produttive per il cambio di destinazione d’uso in casa di commiato, ai sensi dell’art 9 - bis della l. r. n. 3 della L. R. n. 3 del 2005, relativamente ad un immobile sito in area soggetta a lottizzazione convenzionata.
In particolare l’odierno appellante, Sig. Storioni Daniele, e il controinteressato, ditta Onoranze Funebri Cardinetti S.r.l. sono proprietari di immobili confinanti, siti all’interno del Piano di Lottizzazione “Località Piancerreto” in Comune di Fossombrone.
In particolare, la proprietà Storioni è costituita da due capannoni e relativa area di pertinenza, concessi in locazione ad attività artigianali e commerciali.
L’area su cui insistono i suddetti immobili è classificata dal PRG vigente come “Zona D2 produttiva di espansione privata con P. d. L. vigente”.
La controinteressata ha presentato al Comune di Fossombrone una domanda volta ad ottenere il rilascio del Titolo Unico per un intervento di cambio di destinazione d’uso dell’immobile per la realizzazione di una casa funeraria ai sensi della l. r. Marche n. 3/2005 e del regolamento Regionale n. 3/2009.
In data 3 settembre 2019 il Comune ha espresso parere contrario sotto il profilo urbanistico edilizio, invitando il SUAP dell’Unione Montana Alta Valle del Metauro nel frattempo subentrato nel procedimento istruttorio attesa l’adesione del Comune alla convenzione per la gestione associata dello Sportello Unico ad avviare il procedimento per l’adozione di un provvedimento di diniego.
La controinteressata ha presentato osservazioni al SUAP, richiamando una nota della Regione Emilia Romagna del 13 novembre 2012 in cui le case del commiato venivano qualificate, sotto il profilo urbanistico, alla stregua di attività artigianali di servizio e pertanto ritenute compatibili con le destinazioni ammesse nella convenzione di lottizzazione.
Dopo la trasmissione delle suddette osservazioni e una richiesta di chiarimenti alla Regione Marche sulla destinazione d’uso dell’attività funebre e delle sale di commiato, per una corretta applicazione della l. r. n. 3/2005 e del R. Reg. n. 3/2009, ai fini urbanistico edilizi, il Comune ha riesaminato favorevolmente la pratica mediante parere di conformità urbanistico edilizia n. 4 del 19 maggio 2020.
Nell’esprimere giudizio favorevole, il Comune ha imposto le seguenti prescrizioni:
- l’esclusivo svolgimento delle attività artigianali indicate, ovvero “attività funebre per la parte compresa tra le attività artigiane, in particolare nell’artigianato di servizio (trasporti funebri, allestimento camere ardenti e addobbi in occasione di funerali, disbrigo pratiche amministrative ecc.)” e “sala del commiato compresa tra le attività artigiane, in particolare nell’artigianato di servizio, trattandosi di allestimento di camere ardenti”;
- l’esclusione “dell’attività funebre per la parte relativa alla vendita commerciale di articoli inerenti l’attività stessa e connessi necessariamente con la fornitura del servizio (fornitura di casse mortuarie e altri articoli funebri)”, che il Comune ha disposto venga svolta in idonea sede commerciale.
Sulla scorta del suddetto parere, l’Unione Montana Alta Valle del Metauro ha rilasciato l’impugnato titolo Unico n. 37 del 21 maggio 2020.
Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per le Marche, il Sig. Storioni ha impugnato il Titolo unico e gli atti presupposti.
Il giudice di primo grado ha rigettato il ricorso ed ha ritenuto assorbite le eccezioni in rito inerenti la legittimazione e l’interesse ad agire del ricorrente, stante l’infondatezza del medesimo.
2.Avverso la decisione del giudice di primo grado propone ora appello per i seguenti motivi:
I. Error in iudicando: difetto di motivazione (in relazione al capo 7 della sentenza) – error in procedendo: errato assorbimento del secondo motivo del ricorso di primo grado e sua riproposizione – error in iudicando: difetto di motivazione (in relazione al capo 3.3 della sentenza)
II. error in iudicando: difetto di motivazione;
III.error in procedendo: errato assorbimento di alcuni profili del quarto motivo del ricorso originario – riproposizione;
IV. error in iudicando: difetto di motivazione
V. error in iudicando: difetto di motivazione.
3. Con il primo motivo l’appellante rileva l’errata qualificazione urbanistica della casa del commiato come attività artigianale di servizio e la conseguente incompatibilità con le destinazioni d’uso ammesse nella lottizzazione. Ritiene infatti che la casa del commiato, al pari delle strutture sanitarie, costituisce un servizio pubblico non assimilabile all’attività artigianale di servizio e, quindi, non è compatibile con le destinazioni d’uso ammesse nella lottizzazione convenzionata e non può essere autorizzata senza una variante urbanistica con il consenso unanime dei lottizzanti, ai sensi dell’art. 28 della Legge Urbanistica.
In considerazione di ciò ripropone le questioni già evidenziate in primo grado censurando l’assorbimento ivi operato, e rileva, in sintesi, che:
- la nota della Regione Emilia Romagna del 13 novembre 2012, ritenuta vincolante dal Comune di Fossombrone e dal SUAP, non è riferita alle case del commiato in sè, ma alle attività di onoranze funebri svolte dalle imprese di settore, cosicché l’affermazione del carattere artigianale di queste ultime non comporterebbe in via traslativa la stessa qualificazione per le case del commiato, come pure ritenuto dal giudice di primo grado, non avendo nessuna ricaduta sulle questioni urbanistiche;
- le attività svolte (accoglienza delle salme, cerimonie funebri, tanatoprassi, imbalsamazione), richiedono requisiti strutturali, igienico-sanitari, tecnologici e organizzativi simili a quelli previsti per i servizi mortuari svolti nelle strutture sanitarie pubbliche o private convenzionate, incompatibili con l’artigianato;
- è prevista l’applicazione di un tariffario ai sensi dell’art. 20, comma 5, Reg. regionale n.3/2009
- la giurisprudenza in materia, richiamata dall’appellante, ha escluso l’assimilazione dell’attività funeraria a quella artigianale o commerciale, confermando che si tratta di servizio pubblico;
- non rileva la qualifica giuridica o soggettiva di colui che svolge il servizio e del soggetto che ne beneficia (persona defunta o congiunti), secondo la tesi del giudice di primo grado, dovendo la compatibilità urbanistica essere valutata in base al tipo e alla funzione oggettiva dell’attività svolta nell’immobile nonché all’impatto urbanistico conseguente.
4. Con il secondo motivo (rubricato error in iudicando: difetto di motivazione) rileva che il giudice di primo grado avrebbe erroneamente ritenuto che la norma regionale fosse auto applicativa e autosufficiente e che non fosse necessaria alcuna verifica di compatibilità con le previsioni urbanistiche locali in punto di incidenza del nuovo uso sul carico urbanistico e sui parametri della lottizzazione e di conformità ai criteri di riservatezza, accessibilità e disponibilità degli spazi di sosta.
Correttamente interpretato, l’art 9 – bis, comma 3, della l.r. 3/2005, ad avviso dell’appellante, richiederebbe comunque una verifica di compatibilità con le destinazioni d’uso previste, gli standard urbanistici e con i criteri di riservatezza, accessibilità e disponibilità di parcheggi.
Ad avviso dell’appellante, l’amministrazione comunale, non ha effettuato alcuna verifica concreta sull’idoneità dell’area della lottizzazione a ospitare una casa del commiato, sull’impatto urbanistico del nuovo uso e sul rispetto dei parametri di riservatezza, accessibilità e disponibilità degli spazi di sosta di cui all’art 9 - bis, comma 3, l. r. 3/2005, omettendo di indicare gli elementi in base ai quali la verifica di cui al richiamato art. 9-bis, comma 3 ha avuto esito positivo. In sostanza, ad avviso dell’appellante, il giudice di primo grado si sarebbe sostituito al Comune nell’effettuare, peraltro senza alcun dato oggettivo certo, le verifiche in ordine al rispetto degli standards della lottizzazione nonché alla verifiche richieste dal citato art. 9 bis, comma 3, l.r. 3/2005.
5. Con il terzo motivo (rubricato: error in procedendo: errato assorbimento di alcuni profili del quarto motivo del ricorso originario – riproposizione) l’appellante ripropone il quarto motivo, punti B, C e D, del ricorso originario che il giudice di primo grado aveva ritenuto assorbiti.
A tal riguardo rileva che la richiesta della controinteressata non presentava alcun documento relativo agli aspetti urbanistici, nonché sanitari, ed era priva delle relazioni di legge (consumo energetico, certificazione acustica, impianto fotovoltaico); né conteneva alcun documento relativo alla verifica del rispetto dei requisiti e degli standards della lottizzazione, da calcolare sulla base di una quantificazione mai presentata. Inoltre, rileva che l’Amministrazione non ha potuto verificare il rispetto dei requisiti di cui all’art. 9 - bis, comma 3, ultimo periodo, della l.r. 3/2005, atteso che la richiesta, al pari del parere del Comune del 19 maggio 2020 e, di riflesso, dello stesso titolo unico rilasciato, non ne fanno cenno ma sarebbe stata svolta dal giudice di primo grado al di fuori dei propri poteri.
6. Con il quarto motivo (rubricato: error in iudicando: difetto di motivazione) l’appellante rileva che:
-quanto al capo 5 della sentenza (nella parte in cui ritiene inammissibili le censure dell’appellante avverso le esclusioni dell’attività commerciale di vendita di articoli funerari) la censura era volta a dimostrare l’illegittimità del titolo edilizio in quanto contrastante con l’art. 12 del d.P.R. 380/2001, e quindi a ragioni urbanistiche;
-in relazione al capo 6 della sentenza, l’art 3, comma 3, l. r. Marche n. 3 /2005 e l’art 20, comma 2, del regolamento regionale n. 3/2009 equiparano le case del commiato alle camere mortuarie; ne deriverebbe l’applicabilità delle prescrizioni sanitarie previste per i servizi mortuari svolti nelle strutture ospedaliere pubbliche e private convenzionate.
Il progetto della controinteressata, invece, non contiene documentazione tecnica sufficiente per valutare il rispetto delle norme sanitarie né descrive i requisiti strutturali e igienico sanitari obbligatori, con riferimento alla previsione di:
- accessi separati e indipendenti per visitatori e operatori, nonché locali destinati ad usi specifici;
- condizioni di temperatura e umidità;
- apparecchiature di rilevazione di segni vitali;
- particolari modalità di smaltimento di rifiuti speciale generati dal trattamento delle salme, anche in considerazione del fatto che nelle sale del commiato possono essere svolte attività di imbalsamazione e tanatoprassi.
Contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di primo grado, sostiene l’appellante che la valutazione sanitaria non potrebbe essere rimandata all’autorizzazione regionale - poi rilasciata con DD n. 171/2022 - dovendo intervenire prima del rilascio del titolo edilizio e non avendo l’autorizzazione regionale effetto di sanatoria di un’istruttoria edilizia carente.
7. Con il quinto motivo (rubricato error in iudicando: difetto di motivazione) rileva che il giudice di primo grado avrebbe erroneamente escluso la violazione delle garanzie partecipative, omettendo di considerare che:
- l’appellante non è stato informato delle vicende successive alla comunicazione del 14 settembre 2018, di avvio del procedimento, quali il parere contrario del Comune, la presentazione di osservazioni della ditta controinteressata, la fase di interlocuzione con la Regione;
- l’amministrazione aveva l’obbligo di coinvolgere l’appellante, in quanto già intervenuto nel procedimento;
- il precedente procedimento giurisdizionale richiamato dal Tar è irrilevante, in quanto diverso e autonomo rispetto a quello che ha portato al rilascio del Titolo Unico impugnato.
8 . Si sono costituiti il Comune di Fossombrone, l’Unione montana Alta Valle del Metauro, Onoranze funebri Cardinetti Gianni e figli s.r.l. ed hanno prodotto memorie.
Preliminarmente è necessario esaminare le questioni di rito proposte.
8.1. In particolare la controinteressata Onoranze funebri Cardinetti Gianni e figli s.r.l., con atto di costituzione depositato agli atti di causa il 28 novembre 2023, ha riproposto le seguenti eccezioni dichiarate assorbite o non esaminate dalla sentenza:
a) assenza di legittimazione attiva e di interesse, non avendo il ricorrente fornito prova dell’asserito decremento di valore della sua proprietà e del peggioramento complessivo dei caratteri urbanistici dell’area conseguente al rilascio del Titolo Unico e considerato anche che la convenzione di lottizzazione non è stata modificata, essendo rimasta immutata la destinazione d’uso;
b) improcedibilità del giudizio di primo grado per omessa impugnazione del decreto del Dirigente del Settore Autorizzazioni e Accreditamenti della Regione Marche n. 171 del 7 ottobre 2022, con il quale è stata attestata la congruità del progetto ai fini dell’autorizzazione alla realizzazione della casa funeraria.
8.2 In sede di memoria del 4 maggio 2025 la controinteressata Onoranze funebri Cardinetti Gianni e figli s.r.l. ha altresì rilevato le seguenti ulteriori eccezioni:
c) improcedibilità dell’appello per mancata impugnazione della SCIA in variante al permesso di costruire del 21.5.2020 nonché dei decreti regionali autorizzativi sulla congruità del progetto adottati nell’ottobre 2024 (7 ottobre e 21 ottobre), trattandosi di atti essenziali per l’avvio dell’attività;
d) tardività del deposito del parere della Regione Emilia Romagna n. 682266 del 12 luglio 2023, sulle sale del commiato, depositato da parte appellante in data 24 aprile 2025, trattandosi di parere già emesso alla data dell’appello, nonché l’irrilevanza dello stesso ai fini del decidere in quanto successivo all’adozione del provvedimento gravato.
8.3 Il Comune di Fossombrone nella memoria depositata agli atti di causa il 2 maggio 2025:
e) eccepisce la tardività della documentazione tecnica depositata dall’appellante relativa alla perizia dell’Ing. Brunori, nonché l’irrilevanza del parere Regione Emilia Romagna 12 luglio 2023 sulle case del commiato, trattandosi di fattispecie diversa rispetto al caso qui discusso, documentazione depositata agli atti di causa il 24 aprile 2025;
f) ripropone le eccezioni di primo grado non esaminate, volte a far valere l’inammissibilità del ricorso introduttivo per difetto di legittimazione, non avendo l’appellante fornito prova dell’asserito pregiudizio alla sua proprietà derivante dall’intervento assentito, e per mancata impugnazione del regolamento regionale n. 3/2009, recante la disciplina delle case del Commiato.
9. A tal riguardo è necessario esaminare le diverse eccezioni di rito; in particolare:
9.1 Sono accolte le eccezioni relative al deposito tardivo (sub d, e) del parere della Regione Emilia Romagna n. 682266 del 12 luglio 2023 sulle sale del commiato, depositato da parte appellante in data 24 aprile 2025; si tratta di parere inconferente ai fini dell’esame della questione atteso che si tratta di un atto proveniente da altra Regione, con presumibile quadro normativo differente, restando comunque non dimostrato l’ identità delle discipline relative che vertono peraltro in materie in cui le Regioni dispongono di autonomia legislativa e regolamentare.
9.2 E’ accolta l’eccezione (sub e) relativa alla tardività della documentazione tecnica depositata dall’appellante relativa alla perizia dell’Ing. Brunori in quanto trattasi di valutazioni tecniche che potevano essere proposte già in primo grado.
9.3 E’ respinta l’eccezione di improcedibilità (sub b, c) del giudizio di primo grado per omessa impugnazione del decreto del Dirigente del Settore autorizzazioni e accreditamenti della Regione Marche n. 171 del 7 ottobre 2022, con il quale è stata attestata la congruità del progetto ai fini dell’autorizzazione alla realizzazione della casa funeraria; si tratta di atto che è stato depositato dalla controparte che solleva ora l’eccezione della mancata impugnativa. A tal riguardo, in disparte ogni considerazione sull’ escamotage processuale della produzione in discorso, si deve rilevare che detti atti di autorizzazione sanitaria svolgono la funzione di un completamento della procedura ai fini dell’esercizio dell’attività, peraltro a tutt’oggi non iniziata a quanto consta dagli atti di causa; in ogni caso le questioni controverse nel presente giudizio riguardano violazioni di natura urbanistica sulle quali non influisce detta certificazione.
Ad analoghe conclusioni si perviene quanto alla ritenuta improcedibilità per la mancata impugnativa degli atti regionali autorizzativi ( 7 e 21 ottobre 2024) sulla congruità atti indicati sub c).
Peraltro quanto alla mancata impugnazione della Scia (dalla quale deriverebbe una ulteriore eccezione di improcedibilità), la controinteressata non dimostra l’incidenza della stessa rispetto al fatto ritenuto lesivo, ossia la realizzazione della casa del commiato, già intervenuto e impugnato; a quanto consta dagli atti di causa si tratterebbe di una scala da demolire e della realizzazione dell’ascensore, interventi che non modificano la destinazione che è il tema in questione.
Detti atti comunque - autorizzazione sanitaria, sulla congruità del progetto e scia - verrebbero caducati per invalidità derivata a seguito dell’annullamento del titolo edilizio.
A tal riguardo, secondo giurisprudenza consolidata, ricorre l’invalidità caducante allorché due provvedimenti appartengano alla medesima sequenza procedimentale (intesa anche come collegamento procedimentale) e siano avvinti da un nesso di presupposizione-consequenzialità, in virtù del quale il primo provvedimento costituisce il presupposto unico e imprescindibile del secondo, senza che quest’ultimo sia soggetto ad alcuna altra valutazione da parte dell’amministrazione competente. È irrilevante che i due atti siano stati adottati da autorità diverse; né costituisce elemento impeditivo l’anomala inversione cronologica tra atto presupposto e atto consequenziale (cfr. Consiglio di Stato, sezione III, 7 maggio 2025, n. 3872).
9.4 E’ respinta inoltre l’eccezione di inammissibilità sub f) per mancata impugnazione del regolamento regionale n. 3/2009, recante la disciplina delle case del Commiato: si rileva che la stessa è generica in quanto non cita le disposizioni che avrebbero dovuto essere impugnate e come le stesse incidano sul provvedimento impugnato essendo onere di chi propone l’eccezione esplicitare i motivi specifici.
10. Quanto alla legittimazione (sub a ed e) le questioni vanno esaminate sotto un duplice profilo già affrontato in sede di ricorso: quello relativo alla vicinitas ed ai presunti danni conseguenti dalla realizzazione della casa del commiato e quello relativo alla posizione conseguente al piano di lottizzazione.
10.1 Quanto alla vicinitas secondo giurisprudenza consolidata il criterio della vicinitas, quale elemento di individuazione della legittimazione, non vale da solo ed in automatico a dimostrare la sussistenza dell'interesse al ricorso, che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall'atto impugnato (cfr. Cons. Stato, Ad.Plen., 9 dicembre 2021, n. 22, cit.)
Nel giudizio occorre, in particolare, specificare - con riferimento alla situazione concreta e fattuale -in quale misura e con quali modalità il provvedimento impugnato incida sulla posizione sostanziale dedotta in causa, determinandone una lesione concreta, immediata e di carattere attuale.
Il vaglio sulla vicinitas - in generale - deve essere quindi strumentale ad evitare che dietro l’azione giurisdizionale si celi una attività emulativa; e comunque il ricorrente ha l’onere di dimostrare l’effettività del pregiudizio derivante dalla realizzazione della costruzione di cui si controverte; ciò anche al fine di consentire al giudice una effettiva comparazione degli interessi in gioco, che nello specifico riguarda una attività imprenditoriale.
Nel caso specifico emerge che i due fondi dell’appellante e della controinteressata sono confinanti ma con destinazioni profondamente diverse; si tratta di un comparto produttivo come amplius si dirà in avanti, nel quale viene innestata una attività, rectius un servizio, di natura totalmente differente, quale è la casa del commiato.
Ne consegue che, in questo contesto, il pregiudizio è in sé ed è idoneo a legittimare il ricorso. Non a caso le norme regionali che sono relative alla realizzazione dell’infrastruttura in questione specificamente fanno riferimento all’esigenza di riservatezza; e nel caso specifico indipendentemente da ogni ulteriore considerazione, detto aspetto non è stato esaminato.
Va ancora rilevato che l’appellante si riferisce, sin dal ricorso di primo grado, al decremento di valore della sua proprietà ed al peggioramento complessivo dei caratteri urbanistici che connotano l’area che renderebbe estremamente difficoltose la futura vendita o la locazione del proprio immobile, stante l’incompatibilità dell’attività funeraria con gli usi ammessi dal Piano di lottizzazione e attualmente esercitati; nel caso specifico il pregiudizio è evidente in termini sia di deprezzamento dell’immobile sia per la modificazione della destinazione con un facilmente presumibile aumento del carico urbanistico in termini di aumento del traffico; ciò è un dato che deriva necessariamente dalla contiguità che secondo quanto affermato dall’appellante in sede di memoria depositata agli atti di causa il 5 maggio 2025, renderebbe la casa del commiato visibile direttamente dal fondo limitrofo, rendendo superfluo ulteriori verifiche al riguardo.
10.2 Quanto alla legittimazione dell’appellante, sotto il profilo della lottizzazione, occorre considerare che l’art. 67 n.t.a del p.r.g. dispone, in relazione alla zona ove insiste l’immobile da adibire a casa del commiato in questione, che:
-sono ammesse all’interno del Piano di Lottizzazione l’installazione di: laboratori di ricerca; magazzini; silos; rimesse; uffici; artigianato di servizio; impianti ENEL e simili; mostre connesse all’attività produttiva, sia industriale che artigianale; mense; attrezzature per l’attività ricreativa e socioculturale degli addetti all’industria ed artigianato.
-è consentita l’ attività commerciale (al minuto o all’ingrosso)di vendita di: macchine, attrezzature e articoli tecnici per l’agricoltura, l’industria, il commercio e l’artigianato; materiale elettrico; colori e vernici, carte da parati; ferramenta ed utensileria; articoli per impianti idraulici, a gas ed igienici; articoli per riscaldamento; strumenti scientifici e di misura; macchine per ufficio; auto, motocicli e relativi accessori e parti di ricambio; combustibili; materiali per l’edilizia; legnami; mobili;
Nella sostanza si tratta di una zona spiccatamente produttiva nella quale sono svolte alcune attività individuate espressamente che vanno interpretate nell’ottica della vocazione produttiva di quella porzione di territorio sia sotto il profilo delle attività da installare che sotto il profilo commerciale; quindi in questa ottica l’appellante ha una propria legittimazione.
11. Nel merito poi, in base alla ragione più liquida, occorre considerare due questioni: la natura dell’attività svolta e l’istruttoria svolta dal Comune e dall’Unione montana nel rilascio del titolo edilizio.
11.1 Il primo tema riguarda la sussumibilità nel genus dell’attività di artigianato di servizio della gestione della casa del commiato.
Al riguardo la questione preliminare, come in parte già sopra rilevato, è se questa attività nello specifico della legge regionale possa qualificarsi una attività artigianale.
A tal proposito occorre considerare il disposto dell’art. 9 - bis della legge regionale 1 febbraio 2005, n. 3 il quale dispone:
2. I Comuni stabiliscono l'ubicazione nel proprio territorio delle sale del commiato in specifiche aree individuate dagli strumenti urbanistici, in maniera da garantire la compatibilità del servizio che in esse è svolto con le altre attività dell'area nonché un'adeguata accessibilità alle strutture e la disponibilità di idonei spazi di sosta.
3. Sino all'adozione degli atti indicati al comma 2, le sale del commiato possono essere collocate nelle zone omogenee, anche se diversamente denominate, individuate dagli strumenti urbanistici generali, secondo quanto previsto dal D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell' articolo 17 della legge 6agosto 1967, n. 765), D e F, ovvero anche B e C, purché in edifici fisicamente distinti da immobili destinati a civile abitazione, residenza o ad usi turistici o ricreativi. Va comunque garantita un'adeguata riservatezza, accessibilità e la disponibilità di spazi di sosta, secondo quanto previsto dalla normativa vigente.
Dalla disposizione emerge quindi che la localizzazione delle case di commiato deve trovare sede negli strumenti urbanistici (comma 2); emerge anche una disciplina transitoria - immediatamente applicabile - mediante l’individuazione di determinati criteri consistenti nell’individuazione delle zone, nell’esclusione da immobili destinati a civile abitazione, residenza o ad usi turistici o ricreativi, e infine nella garanzia di un'adeguata riservatezza, accessibilità e la disponibilità di spazi di sosta.
Questa è la lettura che consente di mantenere, in capo al Comune, la funzione di pianificazione urbanistica che è stata tradizionalmente rimessa all’autonomia dei Comuni, e che trova le proprie origini sin dalla legge 25 giugno 1865, n. 2359 (sulle espropriazioni per causa di utilità pubblica); si tratta di una attribuzione che non è stata modificata dalla successiva evoluzione dell’ordinamento regionale e che nello specifico comunque comporta l’individuazione di parametri transitori sino alla sua piena attuazione ex art. 9, comma 2, l.r.3/2005 (si veda, da ultimo, sul tema in generale Corte costituzionale, sentenza 18 aprile 2025, n. 51).
In questa ottica ne consegue che, una lettura coerente della disposizione della legge regionale in questione, richiede che i criteri dettati dal comma 2 dell’art 9 l.r. 3/2005 sono immediatamente operativi anche nella fase transitoria; e pertanto anche in mancanza dell’adeguamento dei regolamenti comunali sarà necessario rispettare quanto ivi prescritto (compatibilità del servizio che in esse è svolto con le altre attività dell'area) che costituisce un elemento ulteriore rispetto alla riservatezza, accessibilità e la disponibilità di spazi di sosta, di cui al comma 3.
Nello specifico detta compatibilità è ictu oculi carente; ed in questo già consiste un primo motivo di illegittimità del provvedimento attesa la destinazione produttiva nel cui ambito sicuramente non rientra l’attività svolta dalla sale del Commiato.
11.2 L’altra questione variamente affrontata negli atti di causa è relativa alla natura dell’attività che il giudice di primo grado ha qualificato come artigianato di servizio.
A tal proposito la questione va vista nell’ottica di una lettura complessiva dell’art 67 n.t.a; come si è visto supra, detta disposizione prevede la possibilità che all’interno del Piano di Lottizzazione vengano installati laboratori di ricerca; magazzini; silos; rimesse; uffici; artigianato di servizio; impianti ENEL e simili; mostre connesse all’attività produttiva, sia industriale che artigianale; mense; attrezzature per l’attività ricreativa e socio culturale degli addetti all’industria ed artigianato.
Il giudice di primo grado dal rapporto di questa elencazione con quella relativa alle attività commerciali (indicate al comma 2 della disposizione delle n.t.a) ne ha fatto conseguire la natura non analitica dell’indicazione delle attività sopra indicate facendone derivare la possibilità che anche l’attività in questione venga qualificata come artigianato di servizio.
Ad avviso del Collegio invece la lettura non può essere impostata sulla base di una alternativa, invero non provata, tra elencazione delle attività da svolgere analitica ed esemplificativa.
Limitandosi alle attività insediabili emerge che la normativa comunale ha individuato alcune attività, che possiamo definire principali, rispetto ad altre che si possono qualificare come accessorie; così è per le mostre connesse all’attività produttiva, sia industriale che artigianale come anche per le attrezzature per l’attività ricreativa e socio culturale degli addetti all’industria ed artigianato.
Inoltre non si rinviene il senso di un autonomo “artigianato di servizio”- peraltro non rinvenibile in letteratura - se non quello che si tratti di una attività di “servizio” ossia servente a quella produttiva svolta nel sito.
Sulla base di queste coordinate ermeneutiche è evidente che la casa del commiato, anche nell’ipotesi si tratti di attività artigiana, non può essere qualificata di servizio nel senso cui fa riferimento il richiamato art 67 delle n.t.a del p.r.g. del Comune appellato.
Nello specifico si tratta di un uso che quindi esula dalla ratio dell’art. 67 delle n.t.a e della convenzione di lottizzazione e che pertanto non può essere consentito; anche per questo motivo il titolo edilizio rilasciato è illegittimo.
12. Va inoltre esaminato un ulteriore profilo circa il provvedimento impugnato, ossia la completezza dell’istruttoria in ordine ai requisiti necessari anche nel periodo transitorio, ossia sino a quando il Comune eserciti, come suo dovere istituzionale a quanto consta sinora inottemperato, la potestà pianificatoria: si ha riferimento alla adeguata riservatezza, accessibilità, alla disponibilità di spazi di sosta (comma 3, art 9 l.r. 3/2005) come anche alla compatibilità con l’area ove insiste la realizzanda casa del commiato (comma 2, art 9 l.r. 3/2005).
A tal riguardo dalla documentazione agli atti di causa non emerge alcuna documentazione che possa avere consentito detta verifica al Comune, né come vedremo emerge dal titolo edilizio rilasciato e dalla documentazione ad esso connessa.
12.1 Non corrisponde al vero quanto affermato dal Comune (pag 8 memoria depositata agli atti di causa il 2 maggio 2025) in base al quale il provvedimento comunale ha considerato detti aspetti nella parte in cui afferma di avere considerato sia “la compatibilità del servizio che in esse è svolto con le altre attività dell'area nonché un'adeguata accessibilità alle strutture e la disponibilità di idonei spazi di sosta”, sia che “Va comunque garantita un'adeguata riservatezza, accessibilità e la disponibilità di spazi di sosta, secondo quanto previsto dalla normativa vigente”; da una lettura del provvedimento impugnato dette espressioni sono riferite (pag.7 del parere urbanistico-edilizio n. 2020/4 del 19 maggio 2020) al testo dell’art. 9 l.r. 3/2005 ivi riportato.
Né corrisponde al vero analogamente quanto nello stesso senso affermato dalla controinteressata a pag. 21 della memoria depositata agli atti di causa in data 4 maggio 2025; è inoltre ancora inconferente se non impossibile sotto il profilo logico ritenere - come fa la controinteressata nella medesima memoria da ultimo richiamata - che il mero richiamo della disposizione nel preambolo possa considerare assolto l’onere motivazionale dell’art 3 l.241/1990; basti richiamare quanto chiaramente dispone l’art 3: “la motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione, in relazione alle risultanze dell'istruttoria”.
12.2 Manca ancora qualsiasi riferimento nel provvedimento impugnato alle verifiche necessarie sulla base di quanto dispone l’art. 9 l.r. 3/2005 e che non può essere sostituito da una attività del giudice; non è infatti sostenibile sotto il profilo logico ritenere, come sostiene l’appellato Comune e l’Unione montana di Comuni (nelle memorie depositate agli atti di causa il 2 maggio 2025), che sia stata svolta una istruttoria sugli spazi sulla base della documentazione fotografica prodotta; è infatti carente qualsiasi valutazione sull’accessibilità come sui criteri per garantire la riservatezza come anche sulla compatibilità con le aree ove va ad insistere la struttura del commiato mentre nel provvedimento il fulcro delle osservazioni riguarda il tema già esplorato dell’artigianato di servizio.
12.3 Né può aderirsi alla tesi della controinteressata (espressa in sede di memoria depositata agli atti di causa il 4 maggio 2025) per cui si tratta sempre di una attività artigianale, atteso che proprio i suoi caratteri richiedono ai fini della sua allocazione quei requisiti descritti all’art. 9, commi 2 e 3, della l.r. 3/2005 che ne comportano una specialità all’interno di detta attività.
Quanto infine alle note della Regione Emilia Romagna si fa rinvio a quanto sopra rilevato relativamente alla loro inutilizzabilità nel procedimento in questione.
In considerazione di quanto sin qui svolto il ricorso è da accogliere restando assorbite le ulteriori censure avanzate dall’appellante.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, accoglie l 'appello e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado ed annulla il provvedimento con esso impugnato.
Condanna il Comune di Fossombrone, l’ Unione Montana Alta Valle del Metauro e Onoranze Funebri Cardinetti Gianni e Figli S.r.l., al pagamento, in favore dell’appellante, delle spese del doppio grado di giudizio, che liquida in complessivi €. 8.000,00 (euro ottomila/00), oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 giugno 2025 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Carbone, Presidente
Francesco Gambato Spisani, Consigliere
Luca Monteferrante, Consigliere
Paolo Marotta, Consigliere
Riccardo Carpino, Consigliere, Estensore