Cons. Stato, Sez. V, 27 agosto 2025, n. 7118
Nelle procedure comparative e di massa, caratterizzate dalla presenza di un numero ragguardevole di partecipanti, il soccorso istruttorio, previsto dall’art. 6, comma 1, lett. b) della L. n. 241 del 1990, non può essere invocato, quale parametro di legittimità dell’azione amministrativa, tutte le volte in cui si configurino in capo al singolo partecipante obblighi di correttezza – specificati mediante il richiamo alla clausola generale della buona fede, della solidarietà e dell’autoresponsabilità – rinvenienti il fondamento sostanziale negli artt. 2, e 97 Cost., che impongono che quest’ultimo sia chiamato ad assolvere oneri minimi di cooperazione, quali il dovere di fornire informazioni non reticenti e complete, di compilare moduli, di presentare documenti.
La scelta della “semplice email” che, per le ragioni sopra riassunte, il T.a.r. ha ritenuto “modalità intrinsecamente inidonea a garantire la conoscibilità della comunicazione”, è imputabile alla parte e non all’amministrazione regionale. Contrariamente, poi, a quanto ritenuto dal T.a.r., quest’ultima ha tenuto una condotta conforme ai principi di collaborazione e di buona fede, utilizzando proprio il mezzo di comunicazione prescelto dalla partecipante alla procedura.
Guida alla lettura
Con la sentenza in commento, il Supremo organo della giustizia amministrativa – adito per la riforma di una pronuncia della III Sezione del Tar Veneto (n. 3035/2024) – chiarisce ammissibilità, portata e limiti dell’istituto del soccorso istruttorio nelle procedure cd. di massa.
La vicenda soggetta al vaglio del giudice di prime cure trae origine dall’impugnazione degli esiti di una procedura per la concessione di contributi per la rottamazione di veicoli inquinanti e sostituzione con veicoli a basso impatto ambientale cui aveva partecipato l’allora ricorrente (resistente in appello).
Il Tar veneto accoglieva il primigenio ricorso sull’assunto che – come meglio si dirà in prosieguo - il possesso in capo alla ricorrente dei requisiti di ammissione al finanziamento avrebbe potuto essere comprovato attraverso il soccorso istruttorio se l’amministrazione avesse utilizzato un mezzo idoneo al raggiungimento dello scopo e non una email ordinaria.
In particolare, la ricorrente - avvalendosi della piattaforma informatica predisposta dalla Regione - presentava la documentazione relativa all’acquisto di un’auto elettrica e la denuncia di cessazione della circolazione dell’automezzo sostituito.
All’esito della procedura, la domanda risultava esclusa dal finanziamento, in quanto la documentazione prodotta non sarebbe stata completa e/o conforme a quanto richiesto nel bando.
Da una successiva richiesta di chiarimenti, la ricorrente apprendeva che la Regione aveva attivato nei propri confronti il soccorso istruttorio, attraverso l’invio di una richiesta di integrazione documentale diretta all’indirizzo e-mail indicato in fase di registrazione. Quella comunicazione non era però giunta alla sua attenzione, in quanto filtrata automaticamente come posta indesiderata (c.d. “spam”) dai sistemi del gestore di posta elettronica Gmail.
Il Tar adito annullava gli atti impugnati sull’assunto:
- della completa applicabilità (omessa, nel caso, dalla Regione) del soccorso istruttorio (anche) a tutte le c.d. “procedure di massa” come quella oggetto del gravame;
- che tale istituto non fosse di certo attivabile attraverso l’invio di una mail ordinaria (come, di contro, fatto).
Veniva, quindi, declarata l’illegittimità dell’esclusione della ricorrente dal finanziamento.
La Regione Veneto, di contro, proponeva appello.
Appare, quindi, opportuno soffermarsi sui passaggi salienti della sentenza in commento.
Il Consiglio di Stato – diversamente dal Tar adito - ancora una volta - ritiene escluso, o di molto attenuato, l’obbligo del soccorso istruttorio nelle procedure c.d. di massa; in particolare:
- nei procedimenti selettivi, caratterizzati non soltanto da esigenze di celerità, ma anche dalla necessità di preservare gli altri partecipanti sia da possibili ritardi che deriverebbero dall’attivazione, sia dall’alterazione della competizione che potrebbe ingenerarsi con l’ammissione postuma di domande non completate con la medesima cura che è ragionevole attendersi da soggetti che partecipano a procedura di assegnazione di fondi pubblici (Cons. Stato n. 1232 del 2023; Cons. Stato n. 2401 del 2020);
- nelle procedure per la concessione di contributi pubblici, che impongono di rispettare “alcuni limiti, quali quello della par condicio (che ne esclude l’utilizzazione suppletiva nel caso dell’inosservanza di adempimenti procedimentali significativi) ed il c.d. limite degli elementi essenziali (nel senso che la regolarizzazione non può essere riferita agli elementi essenziali della domanda)” (Cons. Stato, n. 2401 del 2020).
Tale iter argomentativo evidenzia come il soccorso istruttorio, previsto - in linea generale - dall’art. 6, comma 1, lett. b) della L. n. 241 del 1990 - in particolar modo nelle procedure comparative e di massa, caratterizzate dalla presenza di un numero ragguardevole di partecipanti, non possa essere invocato, quale parametro di legittimità dell’azione amministrativa, tutte le volte in cui si configurino in capo al singolo partecipante obblighi di correttezza.
In particolare, il richiamo è alla clausola generale di buona fede, solidarietà e autoresponsabilità (Cons. Stato n. 2402 del 2020, richiamata da Cons. Stato, sez. V, 6 settembre 2024 n. 7471).
A tanto aggiungasi che ben potrebbe un bando – come nel caso oggetto di giudizio – prevedere anche in tali procedure un soccorso istruttorio nella fase di ammissione delle domande di partecipazione. Purtuttavia - nella fattispecie oggetto di giudizio - l’art. 6.6. del bando 2021 (D.G.R. 20 aprile 2021, n. 491, allegato A) riguardava la facoltà riservatasi dalla Regione Veneto di “richiedere ulteriore documentazione o chiarimenti a integrazione della manifestazione presentata”, quindi nella fase della manifestazione di interesse e non nelle fasi successive. Soccorso, comunque, attivato dalla Regione attraverso l’invio di una mail.
In disparte, l’iter motivazionale circa la valenza di una comunicazione a mezzo mail o pec e il correlato dovere di diligenza del soggetto ricevente tale comunicazione, il Consiglio di Stato respinge fortemente - nel merito - l’impostazione della sentenza appellata nella parte in cui addossa all’amministrazione regionale un obbligo di soccorso istruttorio “potenziato”, finalizzato cioè non solo ad informare l’interessato della lacuna documentale, ma anche ad accertare che questi abbia effettivamente conosciuto il contenuto della comunicazione inviatagli.
Tanto in ragione proprio della natura massiva della procedura in parola.
In particolare, si ribadisce che, nelle procedure comparative e di massa, caratterizzate dalla presenza di un numero ragguardevole di partecipanti, il soccorso istruttorio è recessivo rispetto agli obblighi di correttezza del singolo partecipante, che impongono a quest’ultimo oneri di cooperazione, tra cui quello della tempestiva presentazione di documenti (cfr. Cons. Stato n.7471 del 2024, cit.).
Ne deriva che ove l’amministrazione - come nel presente caso - si sia adoperata per ottenere la collaborazione dell’interessato non si possa pretendere che tale sforzo di diligenza si spinga fino al punto di compromettere le esigenze di celerità e di efficienza del procedimento.
Alla stregua di tanto, la V Sezione del Consiglio di Stato accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso proposto dalla allora ricorrente.
Pubblicato il 27/08/2025
N. 07118/2025REG.PROV.COLL.
N. 01551/2025 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1551 del 2025, proposto da
Regione del Veneto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Pierpaolo Agostinelli, Luisa Londei, Francesco Zanlucchi, Giacomo Quarneti, con domicilio eletto presso lo studio Paolo Migliaccio in Roma, via Cosseria n.5;
contro
Angela Martin, rappresentata e difesa dall'avvocato Dirk Campajola, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Paolo Bricolo, non costituito in giudizio;
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza) n. 03035/2024, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Angela Martin;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 giugno 2025 il Cons. Giuseppina Luciana Barreca e uditi per le parti gli avvocati Francesco Zanlucchi e Marco Meduri in delega dell'avv. Dirk Campajola;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto ha accolto il ricorso proposto da Angela Martin contro la Regione Veneto, a seguito di trasposizione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, per l’annullamento:
- del decreto del Direttore della Direzione Ambiente e Transizione Ecologica n. 16 del 27 gennaio 2022, pubblicato sul BURV n. 17 del 4 febbraio 2022, concernente la «Concessione di contributi per la rottamazione di veicoli inquinanti e sostituzione con veicoli a basso impatto ambientale Bando Auto 2021. DGRV n. 491 del 20.04.2021. Elenco degli esclusi tra i richiedenti il contributo» e del relativo Allegato A;
- del decreto del Direttore della Direzione Ambiente e Transizione Ecologica n. 17 del 27 gennaio 2022, pubblicato sul BURV n. 17 del 4 febbraio 2022, concernente la «Concessione di contributi per la rottamazione di veicoli inquinanti e sostituzione con veicoli a basso impatto ambientale Bando Auto 2021. D.G.R. 491 del 20/04/2021. Atto ricognitivo della graduatoria approvata con DDR n. 27 del 01/08/2021» e del relativo Allegato A;
- della deliberazione della Giunta Regionale n. 491 del 20/04/2021 avente ad oggetto «Azioni finalizzate alla concessione di contributi per la rottamazione di veicoli inquinanti e sostituzione con veicoli a basso impatto ambientale di nuova immatricolazione, in conformità agli impegni assunti con il ‘Nuovo Accordo di Programma per l’adozione coordinata e congiunta di misure per il miglioramento della qualità dell’aria nel bacino padano’ - DGR n. 836/2017. Approvazione Bando 2021», e del Bando allegato;
- della nota del Direttore della Direzione Ambiente e Transizione Ecologica della Regione Veneto, di data 23 marzo 2022, prot. n. 134533 di rigetto dell’istanza di autotutela avanzata dalla ricorrente.
1.1. La sentenza espone i seguenti fatti:
- la ricorrente ha partecipato alla procedura per la concessione dei contributi sopra specificata, articolata in due fasi:
a) una prima fase, diretta a raccogliere le c.d. “manifestazioni di interesse” all’ottenimento del contributo;
b) una seconda fase, di vera e propria “richiesta del contributo”, nell’ambito della quale era necessario comprovare l’acquisto del veicolo a basso impatto ambientale e la rottamazione di quello inquinante;
- avvalendosi della piattaforma informatica predisposta dalla Regione, la ricorrente ha presentato la documentazione relativa all’acquisto di un’auto elettrica (Renault Zoe E-Tech Electric Business R110) e la denuncia di cessazione della circolazione dell’automezzo sostituito;
- all’esito della procedura, la sua domanda è risultata esclusa dal finanziamento, in quanto «la documentazione prodotta non è completa e/o conforme a quanto richiesto nel bando. Escluso ai sensi dell’art. 8.1» (cfr. decreto dirigenziale n. 16 del 27 gennaio 2022);
- da una successiva richiesta di chiarimenti, la ricorrente ha appreso che la Regione aveva attivato nei suoi confronti il soccorso istruttorio, attraverso l’invio di una richiesta di integrazione documentale diretta all’indirizzo e-mail indicato in fase di registrazione;
- la comunicazione non era però giunta alla sua attenzione, in quanto filtrata automaticamente come posta indesiderata (c.d. “spam”) dai sistemi del gestore di posta elettronica Gmail.
Risulta inoltre dagli atti che:
- con la comunicazione del 9 novembre 2021 la Regione aveva richiesto di produrre il certificato di rottamazione del veicolo sostituito e la documentazione comprovante il pagamento della fattura, con modalità tracciabile, del veicolo acquistato, nel termine del 12 novembre 2021, a pena di esclusione;
- a seguito della pubblicazione del decreto di esclusione impugnato, la signora Martin ha inviato istanza per intervento in autotutela con nota acquisita al protocollo regionale n. 117087 del 14 marzo 2022, sollecitata con successiva nota acquisita al protocollo regionale n. 133570 del 23 marzo 2022;
- in risposta, la struttura regionale, con nota prot. n. 134533 del 23 marzo 2022 ha confermato il provvedimento di esclusione, per la mancata tempestiva produzione dei documenti sopra specificati.
1.2. Il tribunale - respinta un’eccezione preliminare di inammissibilità sollevata dalla Regione Veneto - ha accolto il primo motivo, col quale la ricorrente aveva dedotto la “violazione degli artt. 3 e 97 Cost.; violazione dell’art. 6, co.1, lett. b), L. n. 241/1990” perché il possesso in capo alla medesima dei requisiti di ammissione al finanziamento avrebbe potuto essere comprovato attraverso il soccorso istruttorio se l’amministrazione avesse utilizzato un mezzo idoneo al raggiungimento dello scopo e non una email ordinaria.
1.2.1. Il T.a.r. ha svolto il seguente iter motivazionale:
- ha dichiarato di non condividere la tesi “pur autorevolmente sostenuta (Cons. Stato, sez. VII, 3 giugno 2024, n. 4954)” che nega l’applicabilità del soccorso istruttorio a tutte le c.d. “procedure di massa” (per le ragioni esposte ai punti 2.1, 2.2, 2.3 e 2.4 della motivazione);
- ferma quindi l’operatività del soccorso istruttorio, ha dato atto che “la Regione ha in effetti attivato il soccorso istruttorio, ritenendo – evidentemente – di essere tenuta a farlo in base alla legge e alla disciplina di gara (cfr., in particolare, art. 6.6 del Bando Auto 2021)” e ha ritenuto che la doverosità dell’adempimento non potesse essere disconosciuta dall’amministrazione, dovendo darsi attuazione al generale divieto di venire contra factum proprium (punto 3);
- ha però reputato “modalità intrinsecamente inidonea a garantire la conoscibilità della comunicazione” l’invio della email ordinaria da parte degli uffici regionali, precisando che “una semplice email … oltre a non assicurare l’effettivo recapito del messaggio, si espone al rischio di essere filtrata come “spam” dall’algoritmo del gestore di posta elettronica e automaticamente archiviata in apposita cartella (che rimane accessibile, ma è nascosta all’utente), restando ignota al destinatario, come accaduto nella presente vicenda” (punto 4);
- ha affermato che “il ricorso esclusivo” al detto mezzo di comunicazione, nel contesto di una procedura che non prevedeva l’utilizzo di piattaforma di comunicazione interna né specificava le modalità dei contatti possibili tra partecipanti ed amministrazione, si porrebbe in contrasto con i principi di collaborazione e di buona fede (punto 5);
- è pervenuto alla conclusione che, dato quanto sopra, “la Regione aveva a disposizione altre modalità per acquisire ragionevole certezza circa la conoscenza dell’email inviata il 9 novembre 2021, pienamente compatibili con la dimensione e le tempistiche della procedura” (punto 5.1);
- ha individuato tali modalità nel possibile invio dell’avviso di ricevimento - c.d. conferma di lettura (punto 5.2) ovvero nell’utilizzazione del numero telefonico inserito dalla ricorrente nel modulo di domanda, così come richiesto dal bando (punto 5.3);
- ha infine ritenuto che accompagnare la richiesta di soccorso istruttorio con una comunicazione telefonica non sarebbe stato “uno sforzo inesigibile o particolarmente oneroso per la Regione”, considerato che solo poche domande tra quelle collocatesi in posizione utile per il finanziamento sono state escluse per incompletezza documentale sanabile col soccorso istruttorio (punto 5.4).
1.3. Annullata perciò l’esclusione della ricorrente, in accoglimento del primo motivo di ricorso, il T.a.r. ha disposto che la Regione dovesse “acquisire la documentazione (certificato di rottamazione del veicolo sostituito e prova di pagamento del saldo-prezzo dell’autovettura acquistata in sostituzione) che la ricorrente è stata impossibilitata a produrre in corso di procedura (e che ha depositato in questo giudizio, con i doc. 12 e 19-21), rivalutando in base ad essa la finanziabilità della sua domanda, secondo la relativa posizione in graduatoria”.
1.3.1. Di conseguenza è stato dichiarato assorbito il secondo motivo di ricorso, col quale era stata dedotta «Violazione degli artt. 3 e 97 Cost.; violazione dell’art. 3, L. n. 241/1990; violazione dell’art. 8 del Bando auto 2021», perché, secondo le disposizioni del Bando Auto 2021, la presentazione del certificato di rottamazione del veicolo sostituito costituiva condizione per l’erogazione del contributo, non invece espressa causa di esclusione dalla procedura.
1.3.2. Le spese processuali sono state poste a carico della Regione soccombente.
2. La Regione Veneto ha proposto appello con un unico motivo, articolato in più censure.
La signora Angela Martin si è costituita per resistere all’appello, depositando memoria in data 23 giugno 2025.
2.1. All’udienza del 26 giugno 2025 la causa è stata discussa e assegnata a sentenza.
2.2. Va accolta l’eccezione di tardività del deposito della memoria di costituzione dell’appellata, sollevata dalla difesa dell’appellante all’udienza del 25 giugno 2026, disponendosi perciò l’inutilizzabilità del detto scritto conclusivo.
3. Col motivo di appello (violazione dell’art. 6 della l. 241/1990 in tema di soccorso istruttorio anche in relazione all’applicazione dei principi di buona fede, collaborazione, autoresponsabilità, par condicio e buon andamento dell’azione della p.a. e di presunzione di conoscenza delle comunicazioni ai sensi dell’art. 1335 c.c.) vengono criticati i detti passaggi motivazionali della sentenza, premettendo l’appellante che:
- l’obbligo del soccorso istruttorio, ai sensi dell’art. 6 della legge n. 241/1990, va temperato con i principi di buona fede e collaborazione che gravano sull’interessato (cfr. art. 1, comma 2 bis, della stessa legge), oltre che di autoresponsabilità e di par condicio fra concorrenti in particolare nell’ambito delle procedure c.d. di massa;
- la giurisprudenza ritiene anzi che a tali procedure non sia applicabile il soccorso istruttorio (come da sentenze elencate nell’atto di appello, tra cui Cons. Stato, V, 6 settembre 2024 n. 7471 ed altre, anche di diverse Sezioni);
- la procedura de qua, per l’assegnazione di contributi, con plafond di risorse predeterminato, e termini perentori, ha avuto numerosi partecipanti (oltre 3500), tutti in concorrenza tra loro;
- un’ipotesi di soccorso istruttorio (facoltativo) era prevista (al punto 6.6 del bando) solo per la fase della manifestazione d’interesse e non per quella della presentazione della domanda di contributo;
- pur non essendovi tenuta, la Regione ha prestato il soccorso istruttorio nei confronti della ricorrente, signora Angela Martin, utilizzando l’indirizzo email fornito dalla stessa interessata in sede di presentazione della domanda;
- la scelta di detto mezzo di comunicazione va perciò attribuita alla predetta e, per di più, come riconosciuto dalla ricorrente, la comunicazione è stata ricevuta a detto indirizzo, anche se è stata archiviata nella cartella della posta indesiderata (spam);
- tale circostanza comporta che la mancata lettura della comunicazione sia da imputare alla destinataria sulla base del principio di presunzione di conoscenza desumibile dall’art. 1335 cod. civ., applicabile al caso di specie in forza della giurisprudenza richiamata nell’atto di appello (riferita a posta certificata, ma applicabile anche alla email inviata in via ordinaria, che anzi avrebbe imposto maggiore attenzione).
3.1. A specifica confutazione di quanto affermato dal T.a.r., la Regione Veneto svolge le seguenti difese:
- critica specificamente le statuizioni del primo giudice in tema di obbligo “incondizionato” di soccorso istruttorio (punti 2.1, 2.2, 2.3 e 2.4 della motivazione);
- ritiene che sia stato impropriamente richiamato il divieto di venire contra factum proprium (punto 3), poiché è stata l’interessata a lamentarsi di avere ricevuto la comunicazione proprio presso l’indirizzo email dalla stessa indicato;
- evidenzia come gli ulteriori adempimenti ritenuti necessari dal primo giudice (avviso di lettura, telefonata all’istante) non erano richiesti da alcuna normativa né previsti dal bando di gara, al fine di verificare che la comunicazione fosse stata ricevuta dall’interessata;
- lamenta l’erroneità del convincimento del primo giudice (punti 5-5.4) secondo cui dette modalità per acquisire certezza della conoscenza della email da parte della destinataria sarebbero state compatibili con le dimensioni e le tempistiche della procedura, osservando che questa imponeva l’esame di migliaia di domande.
4. Il motivo è fondato, quanto alle censure concernenti l’imputabilità alla destinataria della mancata conoscenza effettiva della comunicazione regionale e l’inesigibilità degli ulteriori adempimenti ritenuti necessari da parte della Regione Veneto.
4.1. Invero, in linea di principio appaiono condivisibili già gli argomenti posti a fondamento della giurisprudenza che ritiene escluso, o di molto attenuato, l’obbligo del soccorso istruttorio nelle procedure c.d. di massa; e in particolare:
- nei procedimenti selettivi, caratterizzati non soltanto da esigenze di celerità, ma anche dalla necessità di preservare gli altri partecipanti sia da possibili ritardi che deriverebbero dall’attivazione, sia dall’alterazione della competizione che potrebbe ingenerarsi con l’ammissione postuma di domande non completate con la medesima cura che è ragionevole attendersi da soggetti che partecipano a procedura di assegnazione di fondi pubblici (Cons. Stato n. 1232 del 2023; Cons. Stato n. 2401 del 2020);
- nelle procedure per la concessione di contributi pubblici, che impongono di rispettare “alcuni limiti, quali quello della par condicio (che ne esclude l’utilizzazione suppletiva nel caso dell’inosservanza di adempimenti procedimentali significativi) ed il c.d. limite degli elementi essenziali (nel senso che la regolarizzazione non può essere riferita agli elementi essenziali della domanda)” (Cons. Stato, n. 2401 del 2020 cit.).
In sintesi, il principio affermato è quello secondo cui ‘nelle procedure comparative e di massa, caratterizzate dalla presenza di un numero ragguardevole di partecipanti, il soccorso istruttorio, previsto dall’art. 6, comma 1, lett. b) della L. n. 241 del 1990, non può essere invocato, quale parametro di legittimità dell’azione amministrativa, tutte le volte in cui si configurino in capo al singolo partecipante obblighi di correttezza – specificati mediante il richiamo alla clausola generale della buona fede, della solidarietà e dell’autoresponsabilità – rinvenienti il fondamento sostanziale negli artt. 2, e 97 Cost., che impongono che quest’ultimo sia chiamato ad assolvere oneri minimi di cooperazione, quali il dovere di fornire informazioni non reticenti e complete, di compilare moduli, di presentare documenti’ (Cons. Stato n. 2402 del 2020, richiamata da Cons. Stato, V, 6 settembre 2024 n. 7471, ma cfr., nello stesso senso la copiosa giurisprudenza menzionata nell’atto di appello).
4.1.1. Va parimenti escluso che il bando della procedura de qua prevedesse il soccorso istruttorio nella fase di ammissione delle domande di domande di partecipazione.
Come dedotto dalla difesa regionale, l’art. 6.6. del bando 2021 (D.G.R. 20 aprile 2021, n. 491, allegato A) – impropriamente richiamato dal T.a.r. – riguarda la facoltà riservatasi dalla Regione Veneto di “richiedere ulteriore documentazione o chiarimenti a integrazione della manifestazione presentata”, quindi nella fase della manifestazione di interesse.
Successivamente alla manifestazione d’interesse risultavano applicabili le seguenti previsioni del bando:
a) “Tutti i soggetti inseriti nella graduatoria degli ammessi [n.d.r. a presentare la richiesta di contributo] devono procedere alla presentazione della documentazione secondo i termini e le modalità indicate nell’art. 8” (art. 7.3);
b) “Il contributo sarà erogato subordinatamente all’avvenuta presentazione, nella medesima piattaforma informatica utilizzata per la manifestazione d’interesse al bando, della seguente documentazione, in formato PDF”, tra cui “copia della documentazione comprovante il pagamento della fattura che dovrà avvenire con modalità tracciabile” e “certificato di rottamazione del veicolo sostituito” (art. 8.1).
Riguardo alla presentazione della documentazione unitamente alla richiesta di contributo non è perciò previsto l’obbligo (né la facoltà) di soccorso istruttorio da parte degli uffici regionali.
4.2. Tuttavia, la Regione Veneto ha ritenuto di attivare il soccorso istruttorio in favore della signora Angela Martin, per acquisire i due documenti sopra detti.
In particolare, con la email inviata il 9 novembre 2021 è stata richiesta la documentazione mancante, precisando che avrebbe dovuto essere inviata entro e non oltre venerdì 12 novembre 2021 “pena l’esclusione”.
Risulta pertanto superata in concreto - anche in ossequio al divieto di venire contra factum proprium, che nel caso di specie impedisce di escludere la doverosità del comportamento che la stessa Regione ha ritenuto di porre in essere - ogni questione attinente all’obbligatorietà del soccorso istruttorio, nelle c.d. procedure di massa, in generale, e nella procedura de qua, in particolare.
4.2.1. Ne consegue la necessità di delibare la correttezza della sentenza nella parte in cui ha valutato le modalità con le quali – mancando una specifica disciplina fissata nel bando – la Regione Veneto ha prestato il soccorso istruttorio per consentire di comprovare, con la documentazione richiesta, il possesso dei requisiti necessari per l’erogazione del contributo.
Per tale parte la sentenza è meritevole delle censure mosse con l’atto di appello.
4.3. In primo luogo, vanno valorizzati i seguenti dati di fatto incontestati:
- la comunicazione è stata inviata all’indirizzo email indicato dall’interessata;
- la comunicazione è stata ricevuta a tale indirizzo, ma non è stata letta perché automaticamente inviata nella casella della posta indesiderata (spam).
4.3.1. Il dato concernente l’indicazione dell’indirizzo di posta elettronica ordinaria è rilevante proprio in ossequio al detto divieto di venire contra factum proprium, riferibile (non sol alla Regione Veneto ma) anche alla destinataria della comunicazione (avendo questa preferito la email ordinaria a quella per posta certificata), nonché in ossequio ai principi di buona fede e collaborazione che gravano sulla parte privata nei rapporti con la pubblica amministrazione (arg. ex art. 1 della legge n. 241/1990), oltre che ai principi di autoresponsabilità e di par condicio tra concorrenti, in specie nelle procedure massive.
La scelta della “semplice email” che, per le ragioni sopra riassunte, il T.a.r. ha ritenuto “modalità intrinsecamente inidonea a garantire la conoscibilità della comunicazione”, è imputabile alla parte e non all’amministrazione regionale. Contrariamente, poi, a quanto ritenuto dal T.a.r., quest’ultima ha tenuto una condotta conforme ai principi di collaborazione e di buona fede, utilizzando proprio il mezzo di comunicazione prescelto dalla partecipante alla procedura.
La signora Martin, in base agli stessi principi, ed a quello di autoresponsabilità sopra detto, sarebbe stata tenuta ad una maggiore diligenza nella verifica della propria casella di posta.
4.3.2. A tale obbligo di diligenza si collega altresì l’altro dato di fatto sopra evidenziato, concernente l’avvenuta ricezione del messaggio di posta elettronica all’indirizzo di destinazione, malgrado lo stralcio poi automaticamente effettuato con l’invio nella casella di posta indesiderata.
Detta situazione comporta l’operatività del principio di presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c. (secondo cui le dichiarazioni dirette a una persona determinata “si reputano conosciute nel momento in cui giungono all’indirizzo del destinatario, se questi non provi di essere stato senza sua colpa nell’impossibilità di averne notizia”), così come invocato dalla Regione Veneto e riconosciuto operante dalla giurisprudenza per tutte le dichiarazioni recettizie, non solo quelle contrattuali (cfr. già Cass. sez. lav., 19 aprile 2003, n. 12135 e numerose altre, anche implicitamente) e per tutti i luoghi rientranti nel dominio o nel controllo del destinatario (cfr. Cass., III, 19 luglio 2019, n. 19524, secondo cui “Ai fini dell'operatività della presunzione di conoscenza degli atti negoziali ai sensi dell'art. 1335 c.c., l'indirizzo del destinatario, presso il quale deve giungere la dichiarazione recettizia, non necessariamente coincide con i luoghi di individuazione delle persone fisiche (domicilio, residenza, dimora) o degli enti collettivi (sede), potendo identificarsi in un diverso luogo preventivamente indicato, in ragione di un collegamento di altra natura, dal destinatario e, pertanto, rientrante nella propria sfera di dominio e di controllo”).
D’altronde il principio è stato applicato anche a proposito dell’impossibilità di conoscere il contenuto di una comunicazione inviata per posta elettronica e finita nella cartella della posta indesiderata, facendone gravare le conseguenze sul destinatario titolare della casella di posta elettronica (cfr., tra le più recenti, Cass. III, 15 marzo 2023, n. 7510, secondo cui “la circostanza che la e-mail PEC sia finita nella cartella della posta indesiderata ("spam") della casella PEC del destinatario non costituisce causa incolpevole della decadenza nella quale sia incorsa la parte, idonea a giustificare la rimessione in termini, in quanto il titolare dell'account di posta elettronica certificata ha il dovere di assicurarsi del corretto funzionamento della propria casella postale e di utilizzare dispositivi di vigilanza e di controllo, dotati di misure anti intrusione, oltre che di controllare prudentemente la posta in arrivo, ivi compresa quella considerata dal programma gestionale utilizzato come "posta indesiderata".”; cfr., nello stesso senso, tra le altre, Cass. VI, 2 marzo 2022, n. 6912)
I principi normativi e giurisprudenziali appena detti sono applicabili al caso di specie – non tanto perché, come argomentato dalla Regione, la posta elettronica ordinaria richieda una maggiore attenzione rispetto a quella elettronica per il maggior rischio di eliminazione dei messaggi indesiderati quanto – perché, indicando il proprio indirizzo email ordinario, la partecipante alla procedura ha reso noto all’amministrazione quale fosse il proprio recapito elettronico, cioè il luogo ricadente nel propria sfera di dominio e controllo, a cui inviare le comunicazioni.
Invero, non si può attribuire a detta indicazione - richiesta per la compilazione della domanda di contributo - nessun altro significato se non quello normale di scelta della modalità che gli uffici regionali avrebbero dovuto seguire per ogni contatto col concorrente che si fosse reso necessario in relazione allo svolgimento della procedura. Di qui l’obbligo di diligenza imposto alla concorrente di verificare anche la cartella di posta indesiderata.
Né può rilevare che non si trattasse di uno strumento di comunicazione esclusivo -essendo stato richiesto, ed indicato dalla concorrente- anche il numero di telefono: nessun ordine di priorità della modalità di contatto era desumibile dal bando (o dai moduli applicativi) e ben più ragionevole è da ritenere l’uso della comunicazione scritta per la richiesta di produzione documentale.
4.3.3. Parimenti, non rileva, in termini più generali, la valenza legale della PEC rispetto alla posta elettronica ordinaria.
E’ vero infatti che anche questa Sezione, proprio in riferimento alle modalità da seguire dall’amministrazione per effettuare un soccorso istruttorio, ha avuto modo di precisare - dopo aver dato atto di un contrasto presso la giurisprudenza di merito - che <<la soluzione preferibile, in assenza di una previsione (nella specie, come detto, mancante), della lex specialis che riconduca espressamente la richiesta introduttiva del soccorso istruttorio tra le comunicazioni effettuabili mediante la piattaforma informatica, sia quella per cui detta richiesta debba essere effettuata via pec, perché tale è il sistema di invio di comunicazioni con valore legale (ex art. 1,lett. v-bis, del d.lgs. n. 82 del 2005 la posta elettronica certificata è il “sistema di comunicazione in grado di attestare l’invio e l’avvenuta consegna di un messaggio di posta elettronica e di fornire ricevute opponibili a terzi”) e l’unico idoneo a garantire la conoscenza delle comunicazioni a valenza individuale, con carattere necessariamente recettizio (che cioè, ai sensi dell’art. 1335 Cod. civ., si presumono conosciute nel momento in cui giungono all’indirizzo del destinatario), cui sono connessi non già “effetti ordinatori”, ma effetti potenzialmente espulsivi>> (così testualmente Cons. Stato, V, 31 agosto 2021, n. 6132).
Tuttavia, nel caso considerato dal citato precedente, si trattava di una procedura di gara ad evidenza pubblica, nella quale come è noto il soccorso istruttorio ha rilievo preminente, e nella quale lo strumento di comunicazione alternativo era quello dell’utilizzazione della piattaforma telematica riservata ai concorrenti (che genera automaticamente anche una email di cortesia all’indirizzo di posta elettronica ordinaria indicato dai concorrenti stessi).
Nel caso di specie, la concorrente -che, pur non essendovi obbligata, avrebbe potuto comunicare un indirizzo di PEC- ha invece spontaneamente fornito, come ridetto, l’indirizzo di posta elettronica ordinaria, di modo che la Regione Veneto non avrebbe potuto che utilizzare quest’ultimo, essendo nell’oggettiva impossibilità di avvalersi di uno strumento del quale ignorava anche se la concorrente fosse in possesso.
A tutto ciò si aggiunga l’incomparabilità, ai fini di causa, della procedura selettiva per l’affidamento dei contratti pubblici con la procedura selettiva massiva per l’erogazione di contributi pubblici, per le peculiarità di quest’ultima sopra dette, e su cui si tornerà.
4.4. Fermo quanto sin qui esposto, già sufficiente al rigetto del ricorso di primo grado, va tuttavia respinta nel merito l’impostazione della sentenza appellata nella parte in cui addossa all’amministrazione regionale un obbligo di soccorso istruttorio “potenziato”, finalizzato cioè non solo ad informare l’interessato della lacuna documentale, ma anche ad accertare che questi avesse effettivamente conosciuto il contenuto della comunicazione inviatagli.
Si tratta di incombenza incompatibile con i principi e le regole sopra richiamati, comunque inesigibile da parte dell’amministrazione perché -contrariamente a quanto affermato dal T.a.r. – particolarmente gravosa.
Essa, infatti, avrebbe richiesto, secondo l’impostazione del T.a.r., l’invio di una email di conferma di lettura o comunque una chiamata telefonica alla destinataria per avvisare dell’invio della email all’indirizzo; ciò, che avrebbe comportato -anche nella prima delle due modalità- ulteriori obblighi di verbalizzazione o di riscontro documentale dell’attività compiuta, a tutela della trasparenza dell’azione amministrativa.
4.4.1. L’inesigibilità di tali adempimenti è evidente tenuto conto della natura massiva della procedura (che risulta aver raccolto poco più di 3.500 domande): invero, se in linea di principio si è affermato che nelle procedure comparative e di massa, caratterizzate dalla presenza di un numero ragguardevole di partecipanti il soccorso istruttorio è recessivo rispetto agli obblighi di correttezza del singolo partecipante, che impongono a quest’ultimo oneri di cooperazione, tra cui quello della tempestiva presentazione di documenti (cfr. Cons. Stato n.7471/24 cit.); è consequenziale l’affermazione che, anche ove l’amministrazione si sia adoperata per ottenere la collaborazione dell’interessato, come accaduto nella procedura de qua, non si possa pretendere che tale sforzo di diligenza si spinga fino al punto di compromettere le esigenze di celerità e di efficienza del procedimento.
In proposito va ribadito il dovere dell’amministrazione pubblica di agire in conformità al principio del buon andamento, ed al conseguente divieto di aggravio.
4.4.2. Non coglie nel segno la giustificazione data in sentenza -secondo la quale l’incombenza di verificare la conoscenza della comunicazione sarebbe stata per la Regione Veneto poco gravosa perché poche domande sono state escluse per carenza documentale.
Essa, in punto di fatto, trascura di considerare quanti e quali soccorsi istruttori gli uffici regionali abbiano dovuto attivare (anche) per impedire le esclusioni per lacune documentali.
Comunque, non supera le argomentazioni in punto di diritto sopra svolte, che comportano che la valutazione sulla gravosità dell’adempimento vada fatta ex ante.
4.5. Va inoltre specificamente riformato quanto affermato - sia pure in termini generali - al punto 2.4 della sentenza, secondo cui il profilo formale non potrebbe prevalere sul profilo sostanziale, considerato che nel caso di specie la ricorrente è risultata in possesso dei requisiti richiesti per l’erogazione del contributo.
In senso contrario rileva quanto sopra esposto circa il fatto che la ricorrente -sulla quale gravava l’onere di dimostrare il possesso dei requisiti di accesso al beneficio - sia stata messa in grado di assolvere a tale onere sia in occasione della presentazione della domanda di contributo che successivamente e che non vi sia riuscita esclusivamente per fatti a sé addebitabili.
5. L’appello della Regione Veneto va quindi accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, va respinto il ricorso proposto da Angela Martin avverso gli atti regionali sopra indicati.
5.1. Il secondo motivo di ricorso, dichiarato assorbito in primo grado, non è stato tempestivamente riproposto e, comunque, non avrebbe consentito di superare l’obbligatorietà dell’esclusione discendente dalla mancanza di prova anche di uno soltanto dei requisiti richiesti per l’erogazione del contributo.
5.2. Sussistono giusti motivi di compensazione delle spese processuali di entrambi i gradi, data la peculiarità della vicenda oggetto di contenzioso.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso proposto da Angela Martin.
Compensa interamente tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2025 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Caringella, Presidente
Alessandro Maggio, Consigliere
Giuseppina Luciana Barreca, Consigliere, Estensore
Marina Perrelli, Consigliere
Gianluca Rovelli, Consigliere