Cons. Stato, Sez. V, 27 agosto 2025, n. 7117
L’art. 95, comma 1, lett. e) del Codice prevede, in tema di clausole di esclusione non automatica, che la stazione appaltante esclude l’operatore economico nel caso in cui accerti che l’offerente abbia commesso un illecito professionale grave, tale da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità, dimostrato dalla stazione appaltante con mezzi adeguati, mentre l’articolo 98 indica, in modo tassativo, i gravi illeciti professionali nonché i mezzi adeguati a dimostrare i medesimi.
Orbene, la sola menzione, nel provvedimento di esclusione, dell’art. 98 e non dell’art. 95 del Codice non appare, di per sé, idonea a invalidare la disposta esclusione dalla procedura giacché il cd. criterio di interpretazione letterale non rende affatto indispensabile la citazione dell’articolo di legge, essendo più che sufficiente la letterale riproduzione del testo normativo, accompagnata dalla menzione degli articoli a cui quest’ultimo rinvia o che ad esso sono collegati.
La falsità di un documento prodotto dalla concorrente e la connessa idoneità ad influenzare il processo decisionale della stazione appaltante è desumibile dalla produzione del documento stesso a supporto delle dichiarazioni rese in atti. Trattasi di valutazione di idoneità rimessa alla stazione appaltante in senso oggettivo, ovvero, di regola, prescindendo dall’indispensabilità del documento ai fini dell’ammissione.
In quanto alla necessità, a fini escludenti, del c.d. animus soggettivo dell’operatore economico, va precisato che la connessa giurisprudenza maturava in relazione alla causa di esclusione “automatica” prevista dall’art. 80, comma 5, lett. f- bis del d.lgs. n. 50 del 2016 laddove la mancanza di qualsivoglia profilo di discrezionalità della stazione appaltante in merito all’esclusione dell’operatore economico giustificava il richiedere, a fini escludenti, se non proprio il dolo del reato di falso, quanto meno la consapevolezza della non corrispondenza al vero di quanto dichiarato o documentato.
Diversamente, tuttavia, è da ritenere nella vigenza dell’assetto normativo del d.lgs. n. 36 del 2023. L’art. 94, tra le cause di esclusione automatica, non contempla (più) una fattispecie normativa assimilabile a quella del previgente art. 80, comma 5, lett. f-bis) del d.lgs. n. 50 del 2016 sicché la presentazione di falsa dichiarazione o falsa documentazione in gara rileva ai fini dell’integrazione del grave illecito professionale, ai sensi dell’art. 95, comma 1, lett. e), alle sole condizioni dettate dall’art. 98, comma 2, verificandosi la situazione di cui allo stesso art. 98, comma 3, lett. b), che dà rilievo anche alla negligenza nel caso in cui l’operatore economico abbia fornito informazioni false suscettibili di influenzare le decisioni della stazione appaltante.
La negligenza della concorrente per la produzione di documenti falsi, in quanto firmati dalla legale rappresentante della stessa, si configura anche nell’inosservanza del dovere di vigilanza sul dipendente infedele ovvero nella mancata adozione di apposite misure volte ad impedire la contraffazione di documenti da parte di dipendenti o di terzi.
Guida alla lettura
Con la sentenza n. 7117 del 27 agosto 2025, la V Sezione del Consiglio di Stato si pronuncia in tema di produzione di documentazioni false e di idoneità delle stesse a influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante.
Nel caso di specie, la concorrente dichiara sia nella documentazione amministrativa, come “requisito di capacità tecnico-professionale”, sia nell’offerta tecnica, “come elemento significativo della propria capacità di realizzare la prestazione”, lo svolgimento del “Servizio di manutenzione ordinaria opere a verde stradale” in favore di altra committente. A sostegno di tale dichiarazione, produce copia del certificato di ultimazione dei lavori.
Nell’ambito dell’attività di verifica circa il possesso dei requisiti, il suddetto certificato di ultimazione lavori viene disconosciuto dalla committente originaria sicché tale circostanza risulta, ad avviso della stazione appaltante, sussumibile nella causa di esclusione di cui all’art.98, comma 3, lett. b), del D.Lgs. n. 36/2023 quale illecito professionale grave e, in forza dell’art. 96, comma 15, del D.Lgs. n. 36/2023, rileva altresì ai sensi dell’art. 94, comma 5, lett. e), del D.Lgs. n. 36/2023.
L’appalto viene, quindi, aggiudicato alla sola mandataria in quanto “munita dei necessari requisiti di partecipazione, fatta salva l’immodificabilità sostanziale dell’offerta presentata.
La sentenza di primo grado rigetta il ricorso di prime cure e conferma la legittimità dell’operato della stazione appaltante affermando il principio che, “in base ai criteri letterale, teleologico e sistematico”, l’amministrazione avesse inteso, in sede di esclusione, fare riferimento al grave illecito professionale risultante dal combinato disposto degli artt. 95, comma 1, lett. e) e 98, comma 3, lett. b) del d.lgs. n. 36 del 2023
La mandante incardina l’appello e lo articola sulla riproposizione dei medesimi tre motivi di primo grado.
Col primo motivo di appello, l’appellante sostiene l’intrinseca contraddittorietà del provvedimento di esclusione perché le norme invocate dalla stazione appaltante (art. 98, comma 3, lett. b e art. 94, comma 5, lett. e del d.lgs. n. 36/2023, nonché 96, comma 15, dello stesso decreto) non prevederebbero quale causa di esclusione la fattispecie contestata.
Di contro, l’art. 95, comma 1, lett. e) del Codice prevede, in tema di clausole di esclusione non automatica, che la stazione appaltante esclude l’operatore economico nel caso in cui accerti che l’offerente abbia commesso un illecito professionale grave, tale da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità, dimostrato dalla stazione appaltante con mezzi adeguati”, mentre l’articolo 98 indica, in modo tassativo, i gravi illeciti professionali, nonché i mezzi adeguati a dimostrare i medesimi.
Orbene, ritiene il Collegio in appello, la sola menzione, nel provvedimento di esclusione, dell’art. 98 e non dell’art. 95 del Codice non appare, di per sé, idonea a invalidare la disposta esclusione dalla procedura giacché il cd. criterio di interpretazione letterale non rende affatto indispensabile la citazione dell’articolo di legge, essendo più che sufficiente la letterale riproduzione del testo normativo, accompagnata dalla menzione degli articoli a cui quest’ultimo rinvia o che ad esso sono collegati. È sufficiente, quindi, a motivare l’esclusione che il relativo provvedimento sia motivato dall’avvenuto accertamento, da parte della stazione appaltante, di un illecito professionale grave tale da avere aver intaccato irreparabilmente l’affidabilità professionale e l’integrità morale dell’operatore economico e da avere compromesso lo stabile e permanente rapporto fiduciario che deve intercorrere tra amministrazione e operatore economico.
Col secondo motivo di appello, la mandante deduce di essere stata “vittima di un deprecabile atto ostile ed illecito”, commesso da un proprio dipendente al solo fine di danneggiare il buon nome e l’immagine della Società, come sarebbe stato dimostrato in sede procedimentale; di tanto, però, la stazione appaltante non avrebbe tenuto conto e, in particolare, non avrebbe considerato la dichiarazione confessoria del dipendente stesso.
Ritiene, di contro il Collegio, che la falsità di un documento prodotto dalla concorrente e la connessa idoneità ad influenzare il processo decisionale della stazione appaltante è desumibile dalla produzione del documento stesso a supporto delle dichiarazioni rese in atti. Trattasi di valutazione di idoneità rimessa alla stazione appaltante in senso oggettivo, ovvero, di regola, prescindendo dall’indispensabilità del documento ai fini dell’ammissione.
In quanto alla necessità, a fini escludenti, del c.d. animus soggettivo dell’operatore economico, il Collegio precisa che la connessa giurisprudenza, per come invocata dall’appellante, matura, di contro, in relazione alla causa di esclusione “automatica” prevista dall’art. 80, comma 5, lett. f- bis del d.lgs. n. 50 del 2016 laddove la mancanza di qualsivoglia profilo di discrezionalità della stazione appaltante in merito all’esclusione dell’operatore economico giustifica, a fini escludenti, se non proprio il dolo del reato di falso, quanto meno la consapevolezza della non corrispondenza al vero di quanto dichiarato o documentato. Diversamente, tuttavia, è da ritenere nella vigenza dell’assetto normativo del d.lgs. n. 36 del 2023. L’art. 94, tra le cause di esclusione automatica, non contempla (più) una fattispecie normativa assimilabile a quella del previgente art. 80, comma 5, lett. f-bis) del d.lgs. n. 50 del 2016 sicché la presentazione di falsa dichiarazione o falsa documentazione in gara rileva ai fini dell’integrazione del grave illecito professionale, ai sensi dell’art. 95, comma 1, lett. e), alle sole condizioni dettate dall’art. 98, comma 2, verificandosi la situazione di cui allo stesso art. 98, comma 3, lett. b), che dà rilievo anche alla negligenza nel caso in cui l’operatore economico abbia fornito informazioni false suscettibili di influenzare le decisioni della stazione appaltante.
Con la disciplina sul grave illecito professionale del d.lgs. n. 36 del 2023 detta discrezionalità è stata, quindi, delimitata, sia quanto all’ambito soggettivo dell’applicazione della fattispecie (art. 98, comma 1), sia quanto all’ambito oggettivo, dato che la stazione appaltante non può decidere cosa è grave illecito professionale (essendo le ipotesi tipizzate dall’art. 98 comma 3), né può decidere quali prove siano idonee dato che lo stabilisce l’art. 98, comma 6, né può muoversi liberamente nel motivare l’esclusione per grave illecito professionale dato che, anche qui, essa deve attenersi al perimetro delineato dal legislatore (art. 98, commi 2, 4, 5, 7 e 8). Tuttavia, una volta individuato il grave illecito professionale consistito nella commissione di condotte idonee ad influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante, ai sensi dell’art. 98, comma 3, lett. b), in presenza delle altre condizioni dello stesso art. 98, resta discrezionale il giudizio concernente l’idoneità delle condotte accertate (con i mezzi indicati dall’art. 98, comma 6) a compromettere il rapporto fiduciario che deve sussistere tra amministrazione ed operatore economico.
Col terzo motivo di appello la mandante deduce che l’art. 5 del disciplinare di gara prevedeva la possibilità di evitare l’esclusione dimostrando di aver adottato le opportune misure di self cleaning esemplificate nella norma e che la medesima aveva dimostrato di aver adottato dei provvedimenti sanzionatori nei confronti del dipendente.
Ritiene, di contro, il Collegio - in disparte la (invero dubbia) proporzionalità dei blandi provvedimenti sanzionatori adottati nei confronti del dipendente – che sia sufficiente osservare come nessuna misura risulti essere stata adottata per superare la negligenza riscontrata nella condotta del legale rappresentante.
La negligenza della concorrente per la produzione di documenti falsi, in quanto firmati dalla legale rappresentante della stessa, si configura, quindi, anche nell’inosservanza del dovere di vigilanza sul dipendente infedele ovvero nella mancata adozione di apposite misure volte ad impedire la contraffazione di documenti da parte di dipendenti o di terzi.
Alla luce di tutto quanto innanzi, l’appello è stato, definitivamente, respinto.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1605 del 2025, proposto da
Green Service di Rampazzo Marta, in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG B091A1CF9B, rappresentata e difesa dagli avvocati Andrea Reggio D'Aci, Elisa Toffano, con domicilio eletto presso lo studio Andrea Reggio D'Aci in Roma, via degli Scipioni 268/A;
contro
Provincia di Padova, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Stefano Gattamelata, Patrizia Carbone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Italverde S.r.l., non costituita in giudizio;
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima) n. 02716/2024, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di Padova;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120 cod. proc. amm.;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 giugno 2025 il Cons. Giuseppina Luciana Barreca e uditi per le parti gli avvocati Andrea Reggio D'Aci e Stefano Gattamelata;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto ha respinto il ricorso proposto da Green Service di Rampazzo Marta contro la Provincia di Padova e nei confronti della Italverde s.r.l. per l’annullamento della comunicazione di esclusione del 30 maggio 2024, con la quale la Provincia ha escluso la ricorrente dalla gara avente ad oggetto l’affidamento del “servizio di manutenzione del verde lungo le strade provinciali – lotto 1-2-3”, nonché del provvedimento di aggiudicazione di cui alla determinazione dirigenziale del 26 giugno 2024 n. 681 e della segnalazione all’ANAC della detta esclusione.
1.1. La sentenza espone i seguenti fatti:
- con bando pubblicato in data 28-2-2024 la Provincia di Padova indiceva una procedura aperta telematica ai sensi dell’art. 71 del d.lgs. n. 36/2023, per l’affidamento, in base al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, del servizio biennale sopra detto, per la durata dalla sottoscrizione del verbale di inizio del servizio sino al 31-12-2025, per l’importo a base di gara di € 600.000,00;
- all’esito delle operazioni di gara, veniva proposta l’aggiudicazione del lotto 3 “SS.PP. Zona Piovese” – CIG B091A1CF9B in favore del costituendo RTI composto da Tridello Genny, quale mandataria, e da Green Service di Rampazzo Marta, quale mandante;
- con nota del 21-5-2024 la stazione appaltante comunicava al RTI Tridello l’avvio del procedimento di valutazione dell’esclusione, in esito alla verifica dei requisiti di partecipazione alla gara, evidenziando:
a) che la mandante Green Service aveva dichiarato sia nella documentazione amministrativa, come “requisito di capacità tecnico-professionale di cui al punto 6.3 del disciplinare”, sia nell’offerta tecnica, “come elemento significativo della propria capacità di realizzare la prestazione”, lo svolgimento del “Servizio di manutenzione ordinaria opere a verde stradale” in favore della committente Friuli Venezia Giulia Strade s.p.a., per l’importo di Euro 351.985,25;
b) che a sostegno di tale dichiarazione, il concorrente aveva prodotto copia del Certificato di ultimazione dei lavori rilasciato da Friuli Venezia Giulia Strade s.p.a. in data 9-12-2021 a firma della Direzione dei lavori, ma sottoscritto digitalmente dalla sola Marta Rampazzo;
c) che nell’ambito dell’attività di verifica circa il possesso dei requisiti, Friuli Venezia Giulia Strade s.p.a. con note del 15-5-2024 e del 17-5-2024 aveva comunicato che “il suddetto Certificato di ultimazione lavori, prodotto in gara dalla mandante, non è stato emesso da Friuli Venezia Giulia Strade S.p.A., disconoscendolo a tutti gli effetti di legge”;
d) che “le circostanze emerse risultano sussumibili nella causa di esclusione di cui all’art.98, comma 3, lett. b), del D.Lgs. n. 36/2023 quale illecito professionale grave e, in forza dell’art. 96, comma 15, del D.Lgs. n. 36/2023, rilevano altresì ai sensi dell’art. 94, comma 5, lett. e), del D.Lgs. n. 36/2023”;
- Green Service presentava le sue osservazioni sostenendo che sarebbe stato un dipendente ad effettuare le dichiarazioni contestate e a redigere e ad inserire nell’offerta il certificato di esecuzione lavori attribuito a Friuli Venezia Giulia Strade s.p.a., all’insaputa del legale rappresentante della medesima Green Service, come comprovato da una dichiarazione in tal senso del medesimo dipendente; inoltre evidenziava che “si stanno già adottando i dovuti provvedimenti come risulta dalla raccomandata del 22-5-2024”;
- la Provincia non condivideva tali osservazioni e con nota del 30-5-2024 comunicava a Green Service l’esclusione della stessa dalla procedura, “stante la sussistenza della causa di esclusione di cui all’art. 98, comma 3, lett. b), del d.lgs. n.36/2023 quale illecito professionale grave rilevante altresì ai fini dell’art. 94, comma 5, lett. e), del d.lgs. n. 36/2023, in forza dell’art. 96, comma 15, del d.lgs. n. 36/2023, che impone alla Stazione appaltante la segnalazione all’ANAC in caso di presentazione di falsa dichiarazione o falsa documentazione nella procedura di gara”;
- l’appalto veniva quindi aggiudicato alla mandataria Tridello Genni in quanto “munita dei necessari requisiti di partecipazione, fatta salva l’immodificabilità sostanziale dell’offerta presentata”.
1.2. Risulta inoltre dalla sentenza che l’esclusione di Green Service è motivata sulla base degli elementi già indicati in sede di comunicazione di avvio del procedimento nonché:
- della “constatata falsità del Certificato di ultimazione lavori e delle relative dichiarazioni attinenti al servizio svolto per la Friuli Venezia Giulia Strade s.p.a.”, corroborata da quanto indicato nelle osservazioni;
- della responsabilità della mandante per la produzione di tali documenti, in quanto tali atti sono stati firmati dalla legale rappresentante della stessa e in capo a questa gravava “quantomeno un dovere di vigilanza”;
- dell’irrilevanza dell’animus soggettivo ai fini dell’integrazione della fattispecie escludente di cui all’art. 98, comma 3, lett. b), del d.lgs. n. 36 del 2023;
- dell’attitudine di tali circostanze a “influenzare indebitamente il concreto processo decisionale in ordine all’esito della fase di valutazione dell’offerta del concorrente, poiché se portate a conoscenza della Stazione appaltante sin dall’origine avrebbero inciso sulle decisioni della stessa, ed in particolare sulle valutazioni della Commissione giudicatrice inerenti all’attribuzione del punteggio al merito tecnico dell’offerta tecnica”;
- del fatto che “la gravità della condotta ed il disvalore delle false informazioni risultano aver intaccato irreparabilmente l’affidabilità professionale e l’integrità morale dell’operatore economico, con conseguente pregiudizio dell'interesse pubblico a che l'amministrazione interagisca con gli operatori economici concorrenti sulla base di un permanente e solido rapporto fiduciario, nel caso di specie del tutto compromesso”.
1.2. Il tribunale - dato atto dei tre motivi di ricorso e della resistenza della Provincia di Padova - ha esaminato e ritenuto infondate tutte le censure, con la motivazione di cui si dirà nel prosieguo.
1.3. Respinto il ricorso, le spese processuali sono state poste a carico della ricorrente e liquidate, in favore della Provincia di Padova, nell’importo di € 4.000,00.
2. La Green Service di Rampazzo Marta ha proposto appello con tre motivi e riproposizione della domanda risarcitoria.
La Provincia di Padova si è costituita per resistere all’appello.
2.1. All’udienza del 26 giugno 2025 la causa è stata discussa e assegnata a sentenza, previo deposito di memoria dell’appellante.
3. Col primo motivo di appello (Erroneità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione della lex specialis, degli artt. 98, comma 3, lett. b, 94, comma 5, lett. e, 96, comma 15, dell’art. 10 del d.lgs. n. 36/2023, art. 3 della l.n. 241/1990; dei principi di imparzialità, di correttezza, di trasparenza, di parità di trattamento, di non discriminazione e di buon andamento dell’azione amministrativa, dell’art. 97 della Cost. Eccesso di potere per sviamento) viene riproposto il primo motivo di ricorso.
Con questo era stata sostenuta l’intrinseca contraddittorietà del provvedimento di esclusione perché le norme invocate dalla Provincia di Padova (art. 98, comma 3, lett. b e art. 94, comma 5, lett. e del d.lgs. n. 36/2023, nonché 96, comma 15, dello stesso decreto) non prevederebbero quale causa di esclusione la fattispecie contestata alla Green Service.
3.1. La sentenza di primo grado - che ha respinto il motivo ritenendo che “in base ai criteri letterale, teleologico e sistematico” l’amministrazione avesse inteso fare riferimento al grave illecito professionale risultante dal combinato disposto degli artt. 95, comma 1, lett. e) e 98, comma 3, lett. b) del d.lgs. n. 36 del 2023 - è criticata perché, secondo l’appellante, avrebbe effettuato una “integrazione postuma” del provvedimento gravato.
3.1.1. In particolare, l’appellante:
- censura il richiamo da parte del T.a.r. della giurisprudenza secondo cui agli atti delle procedure di aggiudicazione possono applicarsi le regole di interpretazione del contratto e degli atti negoziali in genere, sostenendo che queste sono adeguate per interpretare le clausole dei bandi di gara, ma non lo sarebbero per l’interpretazione di un provvedimento amministrativo, quale quello di esclusione; nel caso di specie, il principale criterio ermeneutico, che è quello letterale, non consentirebbe di superare il mancato richiamo dell’art. 95, dato che nel provvedimento di esclusione è stato richiamato soltanto l’art. 98, di modo che - secondo l’appellante - la Provincia avrebbe applicato una norma “non corretta”;
- osserva che, diversamente da quanto affermato in sentenza, non sussisterebbe “un collegamento biunivoco” tra l’art. 95, comma 1, lett. e) e l’art. 98, comma 3, lett. b) del d.lgs. n. 36/2023 e comunque sarebbe soltanto il primo dei due articoli a prevedere la causa di esclusione e non anche il secondo, per come sarebbe confermato dall’art. 10 dello stesso decreto legislativo, ai sensi del quale “Le cause di esclusione di cui agli articoli 94 e 95 sono tassative”.
3.2. Il motivo è infondato.
3.2.1. Esso si basa sull’assunto di fondo che la mancata menzione esplicita, nel provvedimento di esclusione, dell’art. 95 (Cause di esclusione non automatica), comma 1, lett. e), vizierebbe il provvedimento per carenza di motivazione sulla relativa causa di esclusione.
In particolare, poiché soltanto l’art. 95 prevede che la stazione appaltante esclude l’operatore economico nel caso in cui accerti “e) che l’offerente abbia commesso un illecito professionale grave, tale da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità, dimostrato dalla stazione appaltante con mezzi adeguati”, mentre la stessa norma prosegue stabilendo che “all’articolo 98 sono indicati, in modo tassativo, i gravi illeciti professionali, nonché i mezzi adeguati a dimostrare i medesimi”, la sola menzione dell’art. 98 non sarebbe sufficiente a supportare l’esclusione della Green Service.
In senso contrario a tale assunto è sufficiente sottolineare che il provvedimento impugnato, così come anticipato con la comunicazione di avvio del procedimento, è motivato mediante la ripetuta affermazione dell’avvenuto accertamento, da parte della Provincia di Padova, di un “illecito professionale grave” tale da avere “aver intaccato irreparabilmente l’affidabilità professionale e l’integrità morale dell’operatore economico” e da avere compromesso lo stabile e permanente rapporto fiduciario che deve intercorrere tra amministrazione e operatore economico. Pertanto risulta per tabulas l’attribuzione alla Green Service della causa di esclusione contemplata dall’art. 95, comma 1, lett. e), norma della quale sono testualmente riportate anche le espressioni rilevanti.
Il criterio di interpretazione “letterale” del quale è detto da parte appellante non rende affatto indispensabile la citazione dell’articolo di legge, essendo più che sufficiente la “letterale” riproduzione del testo normativo, accompagnata dalla menzione degli articoli a cui quest’ultimo rinvia o che ad esso sono collegati.
3.2.2. Il provvedimento gravato rispetta appunto il collegamento istituito dal nuovo Codice dei contratti pubblici tra l’art. 95 e l’art. 98. Quest’ultimo è richiamato dalla stazione appaltante proprio per realizzare la finalità – prevista dall’art. 95, comma 1, lett. e (in ciò consistendo il “collegamento biunivoco” tra le due norme di cui è detto nella sentenza del T.ar.) – di specificare quale fosse, nel caso di specie, il grave illecito professionale accertato nei confronti della mandante del r.t.i. aggiudicatario e quali fossero “i mezzi adeguati” per dimostrarlo, dal momento che:
- l’illecito professionale è stato individuato nella dichiarazione non veritiera contenuta nella documentazione amministrativa (quale “requisito di capacità tecnico professionale di cui al punto 6.3 del disciplinare”) e nell’offerta tecnica (quale “elemento significativo della propria capacità di realizzare la prestazione”) e nella presentazione di documentazione falsificata (certificato ultimazione lavori), a sostegno della falsa dichiarazione (di aver svolto il “servizio di manutenzione ordinaria opere a verde stradale” per l’importo di € 351.985,25 per la società Friuli Venezia Giulia Strade s.p.a.);
- l’idoneità ad incidere sull’affidabilità e sull’integrità dell’operatore economico è stata supportata col richiamo esplicito dell’art. 98, comma 3, lett. b) e con la specificazione che si era trattato di condotta dell'operatore economico che aveva “tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante”, in particolare in merito alla valutazione dell’offerta tecnica ed all’attribuzione del relativo punteggio;
- i mezzi di prova adeguati (che, quanto alla lettera b) del comma 3, devono consistere, ai sensi del comma 6, dell’art. 98 nella “presenza di indizi gravi, precisi e concordanti che rendano evidente il ricorrere della situazione escludente”) sono stati precisati, dando atto della “constatata falsità del Certificato di ultimazione lavori e delle relative dichiarazioni attinenti al servizio svolto per la Friuli Venezia Giulia Strade s.p.a.”, accertata a seguito delle vicende e delle interlocuzioni con tale ultima società, esposte nella comunicazione di avvio del procedimento, e corroborata da quanto ammesso dalla Green Service nelle osservazioni procedimentali.
3.2.3. Ancora, sono stati esplicitamente richiamati nel provvedimento impugnato:
- l’art. 96, comma 15, che è norma certamente applicabile “in caso di presentazione di falsa dichiarazione o falsa documentazione”, dato che impone alla stazione appaltante di darne segnalazione all’ANAC (che, se ritiene che siano state rese con dolo o colpa grave tenuto conto della rilevanza o della gravità dei fatti oggetto della falsa dichiarazione o della presentazione di falsa documentazione, dispone l'iscrizione nel casellario informatico ai fini dell'esclusione dalle procedure di gara e dagli affidamenti di subappalto ai sensi dell’articolo 94, comma 5, lettera e), per un periodo fino a due anni, decorso il quale l'iscrizione è cancellata e perde comunque efficacia);
- l’art. 94, comma 5, lett. e).
E’ vero che il richiamo di tale ultima norma nel provvedimento di esclusione de quo può apparire tecnicamente improprio, dato che è certo che non ricorresse la causa di esclusione “automatica” ivi prevista (esclusione dalla gara di “operatore economico [già] iscritto nel casellario informatico tenuto dall'ANAC per aver presentato false dichiarazioni o falsa documentazione nelle procedure di gara e negli affidamenti di subappalti; la causa di esclusione perdura fino a quando opera l'iscrizione nel casellario informatico”). Tuttavia, il senso di tale, pur imperfetto, richiamo è reso esplicito dal collegamento che la Provincia di Padova ha fatto tra l’art. 94, comma 5, lett. e) e l’art. 96, comma 15, al fine di sottolineare la rilevanza della presentazione di falsa dichiarazione e falsa documentazione nella procedura di gara, tale da imporre alla stazione appaltante, quale inevitabile conseguenza, la segnalazione all’ANAC.
3.2.4. Sia l’art. 98, comma 3, lett. b) che l’art. 96, comma 15, del d.lgs. n. 36 del 2023 si applicano nel caso della presentazione di dichiarazioni non veritiere e della produzione di falsa documentazione da parte dell’offerente partecipante alla gara. Quando siano idonee a compromettere l’integrità e l’affidabilità del concorrente e ricorrano le altre condizioni dell’art. 98, comma 2, è legittima l’esclusione disposta dalla stazione appaltante per “grave illecito professionale”.
Questa è da ritenersi effettuata ai sensi dell’art. 95, comma 1, lett. e), del d.lgs. n. 36 del 2023, anche se l’articolo non è espressamente menzionato nel relativo provvedimento.
Pretestuosa e infondata è pertanto la censura dell’appellante di integrazione “postuma” del provvedimento di esclusione che sarebbe stata fatta dal T.a.r., mediante l’inevitabile riferimento all’art. 95, comma 1, lett. e).
3.3. Il primo motivo di appello va respinto.
4. Col secondo motivo (Erroneità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 98, comma 3, lett. b, del d.lgs. n. 36/2023; dei principi di imparzialità, di correttezza, di trasparenza, di parità di trattamento, di non discriminazione e di buon andamento dell’azione amministrativa, dell’art. 97 della Cost. Eccesso di potere per sviamento e carenza istruttoria ed illogicità manifesta) viene riproposto il secondo motivo di ricorso.
Con questo era stato dedotto che la società sarebbe stata “la vittima di un deprecabile atto ostile ed illecito”, commesso da un proprio dipendente al solo fine di danneggiare il buon nome e l’immagine della società, come sarebbe stato dimostrato in sede procedimentale, all’esito di indagini “interne” effettuate da Green Service; di queste, però, l’amministrazione provinciale non avrebbe tenuto conto nella motivazione del provvedimento di esclusione. In particolare non sarebbe stata considerata la dichiarazione confessoria del dipendente D.D. di avere dolosamente sostituito la documentazione di gara all’insaputa della legale rappresentante dopo che questa l’aveva controllata.
4.1. La sentenza di primo grado – con la quale si è affermato che la legale rappresentante di Green Service, titolare della firma digitale apposta sulle dichiarazioni e sul certificato contestato, aveva “quanto meno un dovere di vigilanza” sugli atti presentati in gara e deve ritenersi responsabile per negligenza, ed inoltre perché dovrebbe in ogni caso rispondere dell’operato del suo dipendente quale datrice di lavoro dello stesso – è criticata perché non avrebbe tenuto conto che la responsabilità del datore di lavoro ben può essere esclusa nei casi quale quello in esame, laddove la condotta del dipendente sia “eccentrica” e consistente in un atto ostile ed illecito volutamente finalizzato a danneggiare l’azienda, dunque in una condotta del tutto imprevedibile da parte del datore di lavoro.
In particolare, la società ripropone in appello le censure relative alla necessità di verificare in concreto il c.d. “animus soggettivo” imputabile alla legale rappresentante della società, relativo cioè alla consapevolezza dell'operatore economico nella produzione del documento falsificato (come da giurisprudenza richiamata in ricorso, Cons. Stato, III, 6 ottobre 2023, n. 4133 e id., III, 14 dicembre 2022, n. 10936).
4.1.1. La sentenza appellata viene inoltre criticata nella parte in cui ha confermato il giudizio della stazione appaltante circa il fatto che le condotte della ricorrente avrebbero avuto l’attitudine ad influenzarne indebitamente il concreto processo decisionale.
Secondo l’appellante, non vi sarebbe stato alcun interesse “occulto” da soddisfare con il deposito del certificato artefatto dal dipendente, dato che:
- si trattava di un falso “grossolano”, facilmente riconoscibile, tanto che in effetti non sarebbe stato “idoneo ad ingannare nessuno”;
- non avrebbe potuto avere alcuna utilità per la società, dato che questa era già in possesso dei requisiti richiesti per partecipare alla gara ed anche di validi certificati di esecuzione lavori che avrebbero consentito alla società ed al r.t.i. una valutazione della capacità tecnica sicuramente equivalente a quella rilevata con riguardo al documento falsificato, sicché si sarebbe trattato di falso “innocuo”; peraltro, i certificati che poi il dipendente ha sostituito sarebbero stati inseriti, a loro volta, ad abundantiam, dato che il raggruppamento nel suo complesso era in possesso del requisito dei servizi analoghi (avendo la mandataria il possesso del requisito nella misura del triplo) e ciò era sufficiente ai sensi del punto 6.4 del disciplinare di gara.
4.1.3. Inoltre, l’appellante lamenta che il T.a.r. non abbia preso in considerazione le argomentazioni della Green Service sulla propria affidabilità e lealtà, conosciute dalla Provincia di Padova, come emerge:
- dai certificati rilasciati dalla stessa Provincia per l’esecuzione di pregressi servizi a regola d’arte;
- dall’affidamento di altro appalto da parte del Comune di Venezia, dopo l’esclusione disposta dalla Provincia di Padova;
- dalla circostanza che in data 31 luglio 2024, a seguito di sopralluogo congiunto, la Provincia di Padova ha trasmesso documentazione fotografica per ottenere un preventivo che la società ricorrente ha inviato il 21 agosto 2024, per “la Raccolta rifiuti e muratura infissi. Immobile di Via dei Colli n. 22 Padova”.
4.2. Il motivo è infondato.
4.2.1. Va escluso, in premessa, che il falso in questione fosse “grossolano” o “innocuo”.
Quanto alla sua idoneità a trarre in inganno la stazione appaltante, è sufficiente fare rinvio alle vicende sopra riepilogate, da cui risulta come la Provincia di Padova abbia ritenuto necessario rivolgersi alla società Friuli Venezia Giulia Strade s.p.a. al fine di verificare la falsità del documento prodotto dalla Green Service.
Gli elementi dai quali si sarebbe dovuta evincere la falsità del documento (che la ricorrente individua nella mancanza di firme del direttore dei lavori e del responsabile di progetto, nella presenza di errori grammaticali, nell’importo non corrispondente alla percentuale di ribasso e nell’indicazione di date non congruenti) non sono affatto decisivi a supporto della tesi dell’appellante: si tratta invero di elementi che non rendono riconoscibile ictu oculi l’alterazione del documento, ma che necessitano di un esame del suo contenuto, che i funzionari della Provincia, non solo hanno dovuto effettuare, ma anche riscontrare mediante un’apposita attività istruttoria. Come detto, la sola circostanza che si sia reso necessario consultare l’autore apparente del documento per avere riscontro della sua contraffazione, rende quest’ultima non “grossolana”.
Quanto alla finalità del documento, l’idoneità ad influenzare il processo decisionale della stazione appaltante è desumibile dalla sua produzione a supporto di ben due dichiarazioni rese dalla società sia per dimostrare il possesso dei requisiti di partecipazione, sia per comprovare la propria capacità di realizzare la prestazione oggetto dell’offerta tecnica.
La condotta contestata era idonea ad incidere sulle valutazioni della stazione appaltante in ordine all’ammissione della ricorrente alla procedura perché tale idoneità va valutata in senso oggettivo -cioè di regola prescindendo dall’indispensabilità del documento ai fini di tale ammissione.
In ogni caso essa era idonea, nel caso di specie, ad incidere sulle valutazioni della stazione appaltante in ordine all’assegnazione dei punteggi perché, come evidenziato già dal T.a.r., “in base al disciplinare di gara l’attribuzione del punteggio relativo al criterio “C) Merito tecnico” avveniva “con un giudizio di insieme rispetto ai tre (3) servizi relativi ad interventi ritenuti dal concorrente significativi della propria capacità tecnica, scelti fra interventi analoghi a quelli oggetto dell'affidamento, svolti nel quinquennio antecedente la data di pubblicazione del disciplinare di gara e relativi esclusivamente ad attività svolta dal concorrente” (disciplinare, pagine 24 e 25)”.
4.2.2. In merito alla responsabilità del legale rappresentante della società non possono che ribadirsi le argomentazioni della sentenza gravata sopra sintetizzate, che non appaiono superate da quelle dell’appellante, dal momento che queste ultime:
- non tengono conto del fatto che il documento falsificato è sottoscritto con la firma digitale della legale rappresentante, sicché, anche a voler dare credito alla versione sostenuta da Green Service sull’infedeltà del dipendente che ha materialmente predisposto la documentazione di gara, la colpa dell’operatore economico va riscontrata nell’affidamento allo stesso dipendente delle credenziali per l’apposizione della firma, in violazione del dovere di vigilanza ed anche di diligenza (trattandosi di credenziali ad uso esclusivamente personale, proprio perché atte a riferire la produzione documentale al suo sottoscrittore apparente);
- trascurano inoltre la giurisprudenza in tema responsabilità del datore di lavoro per il fatto del dipendente, in base alla quale -come da ultimo ribadito – “in tema di responsabilità ex art. 2049 c.c., ai fini della sussistenza del nesso di occasionalità necessaria tra il fatto illecito del preposto e l'esecuzione delle incombenze affidategli - che ricorre allorquando l'esercizio delle medesime espone il terzo all'ingerenza dannosa del preposto determinando, agevolando o comunque rendendo possibile la realizzazione del fatto lesivo - occorre che la sua condotta costituisca il "normale sviluppo" dell'esercizio delle mansioni assegnate dal preponente - cioè, che rimanga nei confini della non imprevedibile evoluzione di "sequenze ed eventi connessi all'ordinario espletamento" delle stesse - e non è escluso dalla degenerazione o dall'eccesso nel loro esercizio, determinati dall'abuso della posizione ricoperta o dalla contravvenzione alle modalità del loro svolgimento o ai compiti assegnati o, ancora, dalla violazione delle regole stabilite o delle istruzioni ricevute” (così Cass., III, ord. 5 febbraio 2025, n. 2851, con citazione di precedenti): di qui l’irrilevanza, a fini escludenti della responsabilità del datore di lavoro, della contravvenzione del dipendente D.D. alle istruzioni ricevute e dell’<<abuso>> commesso sostituendo, nella fase esecutiva di compiti comunque al medesimo affidati, la documentazione da produrre, previa apposizione della firma del legale rappresentante.
4.2.3. In merito, poi, al c.d. animus soggettivo dell’operatore economico che secondo l’appellante sarebbe necessario perché si configuri la causa escludente de qua, va precisato che la giurisprudenza menzionata nell’atto di appello si è formata, in principalità, in relazione alla causa di esclusione “automatica” prevista dall’art. 80, comma 5, lett. f- bis del d.lgs. n. 50 del 2016. La mancanza di qualsivoglia profilo di discrezionalità della stazione appaltante in merito all’esclusione dell’operatore economico che, ai sensi della norma richiamata, avesse presentato nella procedura di gara “documentazione o dichiarazioni non veritiere” giustificava invero l’impostazione giurisprudenziale che richiedeva, se non proprio il dolo del reato di falso, quanto meno la consapevolezza della “non corrispondenza al vero” di quanto dichiarato o documentato.
Diversamente, tuttavia, è da ritenere nella vigenza dell’assetto normativo del d.lgs. n. 36 del 2023.
L’art. 94, tra le “cause di esclusione automatica”, non contempla (più) una fattispecie normativa assimilabile a quella del previgente art. 80, comma 5, lett. f-bis) del d.lgs. n. 50 del 2016.
Come detto trattando del primo motivo, la presentazione di falsa dichiarazione o falsa documentazione in gara rileva ai fini dell’integrazione del “grave illecito professionale”, ai sensi dell’art. 95, comma 1, lett. e), alle sole condizioni dettate dall’art. 98, comma 2, verificandosi la situazione di cui allo stesso art. 98, comma 3, lett. b), che dà rilievo “anche” alla “negligenza” nel caso in cui l’operatore economico abbia fornito “informazioni false” suscettibili di influenzare le decisioni della stazione appaltante.
Essa comporta la segnalazione all’ANAC ai sensi dell’art. 96, comma 15.
A fini escludenti è sufficiente che ricorrano le condizioni previste dall’art. 98, comma 2 e che la valutazione di gravità - affidata alla discrezionalità della stazione appaltante, assistita da adeguata motivazione - tenga conto “del bene giuridico e dell’entità della lesione inferta dalla condotta integrante uno degli elementi di cui al comma 3 e del tempo trascorso dalla violazione, anche in relazione a modifiche intervenute nel frattempo nell’organizzazione dell’impresa”.
In detto contesto normativo, i profili soggettivi dell’illecito professionale dell’operatore economico rilevano se ritenuti tali da comprometterne l’affidabilità o l’integrità nei rapporti con la stazione appaltante.
La condizione soggettiva, di dolo o colpa grave dell’operatore economico, è autonomamente rilevante soltanto ai fini dell’iscrizione nel casellario informatico da parte dell’ANAC, all’esito del procedimento che l’Autorità deve condurre dopo la segnalazione effettuata dalla stazione appaltante ai sensi dell’art. 96, comma 15.
4.2.4. La discrezionalità che connota il giudizio della stazione appaltante in merito all’idoneità della condotta dell’operatore economico a comprometterne l’affidabilità e l’integrità è stata ripetutamente affermata dalla giurisprudenza nel vigore del precedente codice dei contratti.
Con la disciplina sul grave illecito professionale del d.lgs. n. 36 del 2023 detta discrezionalità è stata delimitata, sia quanto all’ambito soggettivo dell’applicazione della fattispecie (art. 98, comma 1), sia quanto all’ambito oggettivo, dato che - come da ultimo ampiamente argomento nella sentenza della Sezione, 4 giugno 2025, n. 4863, cui è sufficiente fare rinvio - la stazione appaltante non può decidere cosa è grave illecito professionale (essendo le ipotesi tipizzate dall’art. 98 comma 3), né può decidere quali prove siano idonee dato che lo stabilisce l’art. 98, comma 6, né può muoversi liberamente nel motivare l’esclusione per grave illecito professionale dato che, anche qui, essa deve attenersi al perimetro delineato dal legislatore (art. 98, commi 2, 4, 5, 7 e 8).
Tuttavia, una volta individuato il grave illecito professionale consistito nella commissione di condotte idonee ad influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante, ai sensi dell’art. 98, comma 3, lett. b), in presenza delle altre condizioni dello stesso art. 98, resta discrezionale il giudizio concernente l’idoneità delle condotte accertate (con i mezzi indicati dall’art. 98, comma 6) a compromettere il rapporto fiduciario che deve sussistere tra amministrazione ed operatore economico.
Di qui l’inammissibilità dei rilievi di parte appellante a proposito della mancata considerazione (da parte del T.a.r.) della moralità e dell’affidabilità della Green Service desumibile da altri rapporti con la stessa Provincia di Padova o con altre amministrazioni, in quanto si tratta di profili sindacabili soltanto nei limiti della manifesta irragionevolezza, od erroneità dei presupposti di fatto, della valutazione di inaffidabilità effettuata dalla stazione appaltante.
Il giudizio espresso dalla Provincia in riferimento alla gara de qua non appare sindacabile in sede giurisdizionale, alla stregua dei criteri appena enunciati, per il solo fatto che, in altre occasioni o da parte di altre stazioni appaltanti, la ricorrente sia stata ritenuta integra ed affidabile. Invero, non è irragionevole riferire la valutazione di inaffidabilità alla condotta tenuta dall’operatore economico nella specifica gara, in vista dell’affidamento che ne costituisce oggetto (per come fatto palese anche dalla lettera del già citato art. 98, comma 4, secondo cui rilevano “il bene giuridico” leso, nel caso di specie rilevante tanto da imporre la segnalazione all’ANAC, e il “tempo trascorso dalla violazione”, nel caso di specie addirittura contestuale alla gara e, come si dirà, non incisa favorevolmente dalle misure di self cleaning).
4.3. Il secondo motivo di appello va quindi respinto.
5. Col terzo motivo (Erroneità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5 del disciplinare di gara; dell’art. 96 d.lgs. n. 36/2023; dei principi di imparzialità, di correttezza, di trasparenza, di parità di trattamento, di non discriminazione e di buon andamento dell’azione amministrativa, dell’art. 97 della Cost. Eccesso di potere per sviamento e carenza istruttoria) è riproposto il terzo motivo del ricorso.
Con questo era stato dedotto che l’art. 5 del disciplinare di gara prevedeva la possibilità di evitare l’esclusione dimostrando di aver adottato le opportune misure di self cleaning esemplificate nella norma e che Green Service aveva dimostrato di aver adottato dei “provvedimenti” sanzionatori nei confronti del dipendente D.D., senza che la misura fosse stata considerata dalla Provincia nel provvedimento impugnato.
5.1. La sentenza appellata – che ha rilevato come non vi fosse prova che i provvedimenti sanzionatori fossero stati effettivamente adottati e come le misure indicate (sospensione del dipendente dalla retribuzione e dal servizio per dieci giorni lavorativi e l’affidamento ad altri delle sue mansioni) non fossero proporzionate rispetto alla gravità dei fatti contestati al dipendente e comunque fossero palesemente inadeguate a superare le criticità evidenziate, riguardanti anche le negligenze del legale rappresentante – è criticata sia quanto alla prova dell’adozione delle misure, che quanto alla loro proporzionalità ed adeguatezza.
5.1.1. Sotto il primo profilo, l’appellante fa riferimento a diversi documenti già prodotti in primo grado per dimostrare l’adozione delle misure nei confronti del dipendente infedele e fa riserva di proporre denuncia e/o azione risarcitoria all’esito del presente giudizio e del procedimento pendente dinanzi all’ANAC.
5.1.2. Sotto il secondo profilo, l’appellante sottolinea come, trattandosi di misure non ancora definitive, le stesse sarebbero proporzionate alla situazione, anche perché le sanzioni sono quelle massime previste dal CCNL di riferimento (art. 47, sui provvedimenti disciplinari).
Viene inoltre richiamato il precedente giurisprudenziale di questa Sezione, 29 aprile 2024 n. 3858, al fine di sostenere che il provvedimento di esclusione non avrebbe evidenziato alcuna mancanza di lealtà da parte della società Green Service, venendosi con ciò a determinare una fattispecie di eccesso di potere per carenza istruttoria e difetto di motivazione, non solo in merito alle misure di self cleaning adottate ma anche in merito alla verifica della effettiva o meno mancanza di lealtà della Green Service rispetto alla Provincia di Padova.
5.2. Il motivo è infondato.
5.2.1. In proposito - in disparte la (invero dubbia) proporzionalità dei blandi provvedimenti sanzionatori adottati nei confronti del dipendente - è sufficiente osservare come nessuna misura risulti essere stata adottata per superare la negligenza riscontrata nella condotta del legale rappresentante.
Questa è dovuta peraltro ad un’evidente lacuna organizzativa, che non è stato nemmeno dedotto sia stata colmata con l’adozione di apposite misure volte ad impedire la contraffazione di documenti da parte di dipendenti o di terzi.
5.2.2. I richiami giurisprudenziali dell’appellante non sono pertinenti, dato che:
- la sentenza di questa Sezione, 29 aprile 2024, n. 3858, attiene alla questione della mancanza di lealtà dell’impresa rilevante al fine di escludere l’onere della stazione appaltante di attivare il contraddittorio sulla causa di esclusione del grave illecito professionale: tale evenienza non rileva nel caso di specie, dato che il provvedimento di esclusione è stato preceduto da articolato contraddittorio, sia sugli elementi configuranti l’illecito che sulle misure di self cleaning adottate;
- la sentenza di questa Sezione, 3 giugno 2025, n. 4814, richiamata nella discussione, attiene all’interpretazione da dare alla norma, di nuova introduzione, secondo cui l’illecito professionale va riferito soltanto “all’operatore economico offerente” (art. 98, comma 1, del d.lgs. n. 36 del 2023) ed alla sua riferibilità anche all’impresa ausiliaria: tale questione non rileva nel caso di specie, dato che non vi è alcun dubbio che la condotta ritenuta gravemente illecita da parte della Provincia di Parma sia addebitabile alla Green Service, società mandante del r.t.i. offerente;
- la sentenza di questa Sezione, 4 giugno 2025, n. 4863, richiamata nella discussione, attiene alle questioni dell’ambito soggettivo dell’illecito professionale (con specifico riferimento all’amministratore c.d. di fatto) e dell’ampiezza dei poteri di apprezzamento della stazione appaltante a fronte di illeciti penali ancora in corso di accertamento, l’una e l’altra estranee del tutto al caso di specie.
6. L’appello va quindi respinto, dovendo conseguentemente essere respinta la domanda risarcitoria riproposta in appello.
6.1. Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese processuali, che liquida, in favore della Provincia di Padova nell’importo complessivo di € 5.000,00, oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.