TAR Puglia, Lecce, Sez. II, 8 aprile 2025, n. 618

Dal dato testuale delle richiamate disposizioni non emerge una sanzione espulsiva immediata per la mancata osservanza del termine assegnato per la presentazione delle ‘spiegazioni’ sul prezzo o sui costi proposti, che dunque si configura – in via generale e salvo espressa diversa disposizione negli atti indittivi – quale termine ordinatorio; inoltre, la natura di ‘termine perentorio’ è riconosciuta dalla lex specialis solo al (secondo ed ulteriore) termine, che viene concesso dal RUP – dopo aver esaminato le spiegazioni fornite dall’offerente – ove ‘le ritenga non sufficienti ad escludere l’anomalia’.

Nel giudizio di anomalia delle offerte, è sempre considerato centrale il rispetto del principio del contraddittorio, imponendo alla stazione appaltante, prima di procedere all’esclusione dell’offerta, la attenta valutazione e ponderazione delle giustificazioni presentate dall’impresa ‘sospettata’ di aver presentato un’offerta anormalmente bassa, atteso che l’esclusione automatica o, comunque, non attentamente ponderata di tale offerta rischia di pregiudicare i principi comunitari a tutela della concorrenza e della libertà di impresa.

Se, da un lato, mediante l’istituto in esame il legislatore ha inteso riconoscere agli operatori economici una maggiore flessibilità nella propria organizzazione aziendale, quale corollario della libertà di iniziativa economica privata scolpita all’art. 41 Cost. [...] dall’altra tale facoltà deve contemperarsi con la ineludibile tutela dei lavoratori, la quale postula un’attenta disamina da parte della stazione appaltante circa l’equivalenza delle tutele (economiche e normative) riconosciute in forza del diverso CCNL prescelto dall’operatore economico.

Guida alla lettura

La sentenza n. 618/2025 del TAR Puglia – Lecce affronta due nodi centrali del nuovo Codice dei contratti pubblici (D. Lgs. n. 36/2023): la verifica delle offerte anormalmente basse e la clausola sociale in relazione alla tutela dei lavoratori. In particolare, il Collegio dichiara illegittimo l’affidamento di un appalto pubblico in mancanza della preventiva acquisizione e verifica della dichiarazione di equivalenza del contratto collettivo applicato dall’operatore economico rispetto a quello indicato dalla stazione appaltante. La decisione fornisce un'interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata dell’art. 11, comma 4, rafforzata dal sopravvenuto D. Lgs. 209/2024 e dal relativo Allegato I.01.6. La nota analizza il valore giuridico e sistemico della pronuncia, evidenziandone la portata innovativa in tema di equilibrio tra libertà d’impresa e dignità del lavoro negli appalti pubblici.

La riforma introdotta dal D.Lgs. n. 36/2023 ha aggiornato profondamente la disciplina degli appalti pubblici, cercando di contemperare efficienza e sostenibilità con la tutela dei lavoratori. Tra le disposizioni più significative figura (proprio) l’art. 11, che impone la verifica dell’equivalenza delle tutele offerte dai diversi contratti collettivi nazionali eventualmente indicati dagli operatori economici in sede di offerta. La sentenza in commento si colloca come una delle prime pronunce che applicano questa norma, contribuendo a delinearne i confini interpretativi e applicativi.

Il caso: la procedura di gara e le censure sollevate

La controversia riguarda una gara bandita dall’ARO LE/11 – Comune di Gallipoli per la selezione e valorizzazione dei rifiuti (CIG B1D08BD234). La società seconda classificata, Gial S.r.l., impugnava l’aggiudicazione disposta a favore di Fer.Metal Sud S.p.A. sollevando due motivi principali:

  1. l’illegittimità della mancata esclusione della controinteressata per l’insufficienza delle giustificazioni fornite in sede di verifica dell’anomalia;
  2. la violazione dell’art. 11 D. Lgs. 36/2023, per mancata acquisizione e verifica della dichiarazione di equivalenza tra il CCNL “Commercio Terziario” applicato dall’aggiudicataria e il CCNL UTILITALIA previsto dal disciplinare di gara.

Il primo motivo: la verifica dell’anomalia tra contraddittorio e discrezionalità tecnica

Il T.A.R. ha respinto la doglianza relativa alla verifica dell’anomalia, chiarendo che: i) il termine per la presentazione delle giustificazioni, in assenza di diversa espressa previsione, ha natura ordinatoria, non sanzionatoria; ii) stazione appaltante può acquisire ulteriori chiarimenti anche successivamente, nel rispetto del principio del contraddittorio; iii) l’esclusione automatica dell’offerta anomala, senza previa istruttoria e contraddittorio, viola il diritto europeo, in particolare l’art. 69 della Direttiva 2014/24/UE.

Questa impostazione si pone in linea con l’orientamento consolidato della giurisprudenza amministrativa e del Consiglio di Stato, secondo cui la verifica dell’anomalia non è meccanismo sanzionatorio ma valutazione tecnico-discrezionale che deve essere condotta in pieno rispetto del principio del contraddittorio (Cons. Stato, Sez. V, 25 marzo 2019, n. 1969).

Il secondo motivo: la mancata verifica dell’equivalenza del CCNL

Più rilevante sul piano sistemico è l’accoglimento del secondo motivo, fondato sull’art. 11, commi 3 e 4, del nuovo Codice. La decisione chiarisce che:

  • l’indicazione di un CCNL diverso da quello prescritto nella lex specialis non è di per sé causa di esclusione, ma impone l’onere, per l’operatore, di dichiarare l’equivalenza delle tutele economiche e normative;
  • l’Amministrazione ha l’obbligo di acquisire e verificare tale dichiarazione prima dell’aggiudicazione;
  • la mancata verifica rende illegittima l’aggiudicazione, in quanto impedisce alla P.A. di esercitare compiutamente i poteri valutativi a tutela dei diritti dei lavoratori.

Il Collegio valorizza l’interpretazione sistematica dell’art. 11, comma 4, già confermata, a posteriori, dal sopravvenuto D. Lgs. n. 209/2024 e dal nuovo Allegato I.01.6, che disciplina in dettaglio la verifica dell’equivalenza delle tutele. Sebbene tali disposizioni non siano applicabili ratione temporis, esse sono utilizzate come parametro interpretativo a conferma dell’orientamento assunto.

Equilibrio tra libertà d’impresa e tutela del lavoro

La sentenza evidenzia come l’art. 11 si collochi in una logica bilanciata tra la libertà di iniziativa economica privata (art. 41 Cost.), che consente all’impresa di scegliere il CCNL da applicare e la tutela dei diritti sociali (art. 36 Cost.), che impone alla stazione appaltante un dovere attivo di controllo sulle condizioni minime garantite ai lavoratori.

È interessante notare come il TAR richiami la necessità di evitare una lettura eccessivamente restrittiva dell’art. 11, al fine di non ostacolare la concorrenza; tuttavia, la flessibilità operativa concessa alle imprese trova un limite invalicabile nella garanzia dell’equivalenza delle tutele.

Conclusioni

La sentenza n. 618/2025 si inserisce in un contesto giurisprudenziale in evoluzione, che mira a tipizzare l’onere istruttorio gravante sulla stazione appaltante in caso di applicazione di CCNL diversi. Essa ha il merito di:

  • chiarire l’ambito di applicazione dell’art. 11 D.Lgs. 36/2023 e il valore della dichiarazione di equivalenza;
  • rafforzare il ruolo delle stazioni appaltanti come garanti della legalità sostanziale del lavoro negli appalti;
  • offrire una lettura conforme ai principi costituzionali e alle direttive UE, incentrata su una amministrazione sostanzialmente equa, non formalisticamente selettiva.

In un contesto normativo ancora fluido, la decisione rappresenta un precedente di sistema, destinato a orientare prassi e giurisprudenza, specie in relazione agli appalti finanziati con risorse PNRR, dove il rispetto dei principi trasversali di equità e sostenibilità sociale è vincolante.

 

 

Pubblicato il 08/04/2025

N. 00618/2025 REG.PROV.COLL.

N. 01725/2024 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce - Sezione Seconda

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1725 del 2024, proposto da
Gial S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG B1D08BD234, rappresentata e difesa dall’avvocato Francesco Scardia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Gallipoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Claudia Valentini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

Ambito di Raccolta Ottimale A.R.O. LE/11, C.U.C. Sviluppo Salento, non costituiti in giudizio;

nei confronti

Fer.Metal Sud S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Giuseppe A. Fanelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’annullamento

- della determina n. 4119 del 20.11.2024, pubblicata e comunicata in data 21.11.2024, con cui il Comune di Gallipoli, Ente capofila dell’ARO LE/11, ha approvato le risultanze della gara per l’affidamento del servizio di selezione e valorizzazione dei rifiuti provenienti da raccolta differenziata – LOTTO 9 EER 20.03.07 (rifiuti ingombranti) e l’ha aggiudicata alla società Fer.Metal Sud S.p.A.;

- dei verbali di gara e del procedimento di verifica del costo della manodopera e di valutazione delle giustificazioni di Fer.Metal Sud, nella parte in cui queste ultime sono state ritenute valide, esaustive e compatibili con il servizio richiesto (e, segnatamente, della nota del RUP del 25.10.2024 che ha chiesto chiarimenti al concorrente anziché disporne l’esclusione);

- di ogni altro atto connesso, presupposto e/o consequenziale, ancorché allo stato non conosciuto;

- del contratto di appalto, ove nelle more stipulato, di cui si chiede la declaratoria di inefficacia, con espressa istanza di subentro, previa declaratoria del diritto della ricorrente a conseguire l’aggiudicazione.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Gallipoli e di Fer.Metal Sud S.p.A.;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120 c.p.a.;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 marzo 2025 il dott. Nino Dello Preite e uditi per le parti i difensori come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con il mezzo di gravame all’esame, Gial S.r.l. ha chiesto l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, della determina n. 4119 del 20.11.2024 e degli atti ad essa presupposti, con cui il Comune di Gallipoli, Ente capofila dell’ARO LE/11, ha approvato le risultanze della gara per l’affidamento del servizio di selezione e valorizzazione dei rifiuti provenienti da raccolta differenziata – LOTTO 9 EER 20.03.07 (rifiuti ingombranti), disponendo l’aggiudicazione in favore della società Fer.Metal Sud S.p.A.; ha altresì domandato che sia dichiarata l’inefficacia del contratto nelle more eventualmente stipulato, con conseguente subentro nello stesso.

1.1. A sostegno della domanda annullatoria, la parte ricorrente – classificatasi al secondo posto della gara de qua – ha articolato le seguenti censure: I. “Violazione e falsa applicazione dell’art. 110 del d.lgs. n. 36/2023; violazione dei termini del procedimento”; II. “Violazione e falsa applicazione degli artt. 11 e 110 del d.lgs. n. 36/2023; violazione e falsa applicazione dell’art. 16 del disciplinare di gara”.

2. Si sono costituiti in giudizio il Comune di Gallipoli e la controinteressata Fer.Metal Sud, instando per la reiezione del ricorso e della connessa istanza cautelare.

2.1. Con ordinanza n. 38/2025 del 15.1.2025 il Collegio ha accolto l’istanza di misure interinali ex art. 55 c.p.a., proposta dalla parte ricorrente.

2.2. In vista dell’udienza di discussione, le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art 73 c.p.a.

2.3. All’udienza pubblica del 24 marzo 2025 la causa è stata trattenuta in decisione.

3. Con il primo motivo di ricorso, Gial sostiene che la stazione appaltante avrebbe dovuto escludere Fer.Metal Sud dalla gara per non aver fornito giustificazioni adeguate entro il termine stabilito, in conformità con le norme vigenti e con i principi di correttezza e trasparenza nelle procedure di appalto pubblico.

3.1. La difesa attorea evidenzia che, con nota del 21.8.2024, il Responsabile unico del procedimento (R.U.P.) – avendo riscontrato che il costo della manodopera indicato dalla concorrente era significativamente inferiore rispetto a quello stimato dalla Stazione appaltante – aveva richiesto a Fer.Metal Sud di fornire giustificazioni sul prezzo offerto e sui costi della manodopera “entro il 05.09.2024 alle ore 16:00 (termine da considerare perentorio)”.

3.2. Fer.Metal Sud aveva risposto entro il termine assegnato, ma nella giustificazione fornita si era limitata ad affermare che il ribasso era possibile grazie a una più efficiente organizzazione aziendale e all’uso di macchine automatiche, senza fornire dettagli concreti o documentazione adeguata; solo successivamente, Fer.Metal Sud aveva inviato ulteriori giustificazioni, ma oltre il termine perentorio stabilito.

3.3. Nella prospettazione attorea, una volta accertate queste carenze, la stazione appaltante avrebbe dovuto escludere Fer.Metal Sud dalla gara, in ossequio al principio di autoresponsabilità, che impone agli operatori economici di rispettare rigorosamente i termini e le condizioni stabilite nelle procedure di gara; la mancata esclusione di Fer.Metal Sud sarebbe violativa delle disposizioni procedurali che richiedono la verifica tempestiva e completa delle giustificazioni fornite dai concorrenti.

4. Il motivo non è meritevole di positivo apprezzamento.

4.1. L’art. 110, commi 1 e 2, del D. Lgs. n. 36/2023, rubricato “Offerte anormalmente basse” statuisce: “1. Le stazioni appaltanti valutano la congruità, la serietà, la sostenibilità e la realizzabilità della migliore offerta, che in base a elementi specifici, inclusi i costi dichiarati ai sensi dell’articolo 108, comma 9, appaia anormalmente bassa. Il bando o l’avviso indicano gli elementi specifici ai fini della valutazione. 2. In presenza di un’offerta che appaia anormalmente bassa le stazioni appaltanti richiedono per iscritto all’operatore economico le spiegazioni sul prezzo o sui costi proposti, assegnando a tal fine un termine non superiore a quindici giorni”.

4.2. A sua volta, il Disciplinare di gara nel regolamentare il procedimento teso alla “Verifica di anomalia delle offerte”, prevede - a pag. 37 - che “Il RUP richiede al concorrente la presentazione delle spiegazioni, se del caso, indicando le componenti specifiche dell’offerta ritenute anomale. A tal fine, assegna un termine non superiore a quindici giorni dal ricevimento della richiesta. Il RUP, esaminate le spiegazioni fornite dall’offerente, ove le ritenga non sufficienti ad escludere l’anomalia, può chiedere, anche mediante audizione orale, ulteriori chiarimenti, assegnando un termine perentorio per il riscontro. Il RUP esclude le offerte che, in base all’esame degli elementi forniti con le spiegazioni risultino, nel complesso, inaffidabili”.

4.3. Dal dato testuale delle richiamate disposizioni non emerge una sanzione espulsiva immediata per la mancata osservanza del termine assegnato per la presentazione delle “spiegazioni” sul prezzo o sui costi proposti, che dunque si configura – in via generale e salvo espressa diversa disposizione negli atti indittivi – quale termine ordinatorio; inoltre, la natura di termine perentorio è riconosciuta dalla lex specialis solo al (secondo ed ulteriore) termine, che viene concesso dal RUP – dopo aver esaminato le spiegazioni fornite dall’offerente – ove “le ritenga non sufficienti ad escludere l’anomalia”.

4.4. Orbene, nella specie, risulta ex actis che il concorrente ha risposto alla richiesta di chiarimenti con una prima nota di riscontro del 3.9.2024 (quindi, nel rispetto del primo termine assegnato dal RUP), integrando successivamente motu proprio le giustificazioni, con riferimento al “prospetto analitico del costo della manodopera da impiegarsi nella prestazione di cui alla gara”, a mezzo di nota del 18.9.2024 (cfr. all. n. 5 e n. 6 al ricorso).

4.5. Facoltà, questa, non vietata dalle disposizioni normative e di gara sopra richiamate, ed anzi espressamente ammessa «dal consolidato orientamento giurisprudenziale, consolidatosi in vigenza del d.lgs. 50 del 2016 ma tuttora applicabile, stante la rilevata continuità di disciplina, sia interna (cfr. art. 110 del d.lgs. n. 36 del 2023) che eurounitaria (cfr. art. 69 della direttiva n. 2014/24/UE), per il quale l’amministrazione aggiudicatrice valuta le informazioni fornite consultando l’offerente, atteso che: “nel giudizio di anomalia delle offerte, è sempre considerato centrale il rispetto del principio del contraddittorio, imponendo alla stazione appaltante, prima di procedere all’esclusione dell’offerta, la attenta valutazione e ponderazione delle giustificazioni presentate dall’impresa “sospettata” di aver presentato un’offerta anormalmente bassa, atteso che l’esclusione automatica o, comunque, non attentamente ponderata di tale offerta rischia di pregiudicare i principi comunitari a tutela della concorrenza e della libertà di impresa” (cfr. Cons. Stato, V, 25 marzo 2019, n. 1969). […] Tale orientamento risulta, peraltro, confermato dalla stessa Relazione di questo Consiglio sullo schema definitivo del d.lgs. n. 36 del 2023, secondo cui: “qualunque sia il criterio scelto dalla stazione appaltante è comunque necessario seguire il procedimento descritto all’art. 110 e, in particolare, la regola in base alla quale l’esclusione dell’operatore economico potrà avvenire solo ed esclusivamente nel rispetto del contraddittorio procedimentale ivi previsto, in conformità con le previsioni di diritto europeo”. Né i principi di autoresponsabilità, efficienza, risultato e par condicio, o la normativa in tema di procedure finanziate attraverso il PNRR, o l’esigenza di “massima celerità della conclusione delle singole fasi della procedura”, possono giustificare la totale pretermissione di ogni confronto preventivo finalizzato a formare il giudizio della stazione appaltante nell’esercizio della discrezionalità tecnica che connatura la valutazione di anomalia dell’offerta» (v., in proposito, sentenza Cons. Stato n. 9214/2024, di riforma della sentenza TAR Liguria n. 165/2024, citata dalla ricorrente a sostegno delle proprie tesi).

4.6. Nella specie, quindi, il concorrente – prima che intervenisse il giudizio sulla congruità dell’offerta – ha integrato le informazioni richieste dalla ricorrente, al fine di fornire gli elementi di conoscenza richiesti nell’ambito del sub-procedimento avviato dalla P.A. per la verifica di congruità dell’offerta, senza che da questo possa derivare una sanzione espulsiva che non è prevista, né sanzionata, dalle disposizioni che disciplinano il procedimento di verifica dell’anomalia.

5. Con il secondo motivo di ricorso, la società ricorrente sostiene che la partecipazione di Fer.Metal Sud alla gara e la successiva aggiudicazione dell’appalto sono illegittime a causa della mancanza di chiarezza sul contratto collettivo applicabile, dell’assenza della dichiarazione di equivalenza delle tutele e della mancata verifica di tale equivalenza da parte della stazione appaltante.

5.1. In primo luogo, la difesa attorea argomenta che la società Fer.Metal Sud ha indicato in modo generico e indeterminato il contratto collettivo che avrebbe applicato ai lavoratori impiegati nell’appalto, dichiarando di applicare il CCNL Commercio/Metalmeccanico. La parte rimarca che si tratta di due contratti distinti e che non è chiaro quale dei due sarebbe stato effettivamente utilizzato; tale ambiguità si porrebbe in violazione dell’art. 11 del decreto legislativo n. 36/2023, che richiede ai concorrenti di specificare chiaramente il contratto collettivo applicabile.

5.2. Inoltre, il disciplinare di gara prevedeva che, se un operatore economico avesse adottato un contratto collettivo diverso da quello indicato dalla stazione appaltante (ovvero diverso dal CCNL UTILITALIA), avrebbe dovuto inserire una dichiarazione di equivalenza delle tutele nell’offerta tecnica; questa dichiarazione avrebbe dovuto dimostrare che il contratto alternativo garantiva ai lavoratori le stesse tutele del contratto indicato dalla stazione appaltante.

5.3. Gial stigmatizza il fatto che Fer.Metal Sud non abbia inserito tale dichiarazione nell’offerta tecnica, violando così l’art. 16 del disciplinare di gara e l’art. 11, comma 4, del decreto legislativo n. 36/2023; e che la stazione appaltante, dal canto suo, non abbia acquisito, né verificato, la dichiarazione di equivalenza delle tutele da parte di Fer.Metal Sud, come invece prescritto dalle norme e questo ha portato all’aggiudicazione dell’appalto senza la necessaria verifica dell’equivalenza delle tutele tra i contratti collettivi, rendendo l’intero procedimento di gara illegittimo.

5.4. Infine, la difesa attorea assume che le giustificazioni fornite da Fer.Metal Sud non dimostrano l’equivalenza delle tutele tra i contratti collettivi. La società ha indicato un costo della manodopera significativamente inferiore a quello stimato dalla stazione appaltante, senza fornire prove sufficienti che il contratto alternativo garantisse le stesse condizioni economiche e normative, in patente violazione delle norme sugli appalti pubblici, che richiedono che i ribassi sui costi non siano ottenuti a discapito dei diritti dei lavoratori.

5.5. A sostegno delle proprie tesi, la ricorrente ha prodotto una relazione tecnica di parte, al fine di dimostrare la non equivalenza delle tutele giuridiche ed economiche previste dai due tipi di CCNL.

6. Il motivo di censura, così compendiato, è fondato nei termini che si passano ad esporre.

6.1. Va anzitutto osservato che la controinteressata, con le giustificazioni rese, ha precisato di applicare integralmente il CCNL “Commercio Terziario”, sicché non è ravvisabile indeterminatezza o genericità circa il contratto che la ditta - in caso di aggiudicazione - avrebbe applicato ai lavoratori coinvolti nella commessa de qua, né può ritenersi integrata una violazione del principio della par condicio competitorum, trattandosi di un CCNL già indicato dall’operatore economico in sede di offerta, sebbene unitamente al CCNL “Metalmeccanico”.

6.2. Ciò posto, l’art. 11 del D. Lgs. n. 36/2023 (ratione temporis vigente) stabilisce che «Gli operatori economici possono indicare nella propria offerta il differente contratto collettivo da essi applicato, purché garantisca ai dipendenti le stesse tutele di quello indicato dalla stazione appaltante o dall’ente concedente» (comma 3) e che «Nei casi di cui al comma 3, prima di procedere all’affidamento o all’aggiudicazione le stazioni appaltanti e gli enti concedenti acquisiscono la dichiarazione con la quale l’operatore economico individuato si impegna ad applicare il contratto collettivo nazionale e territoriale indicato nell’esecuzione delle prestazioni oggetto del contratto per tutta la sua durata, ovvero la dichiarazione di equivalenza delle tutele. In quest’ultimo caso, la dichiarazione è anche verificata con le modalità di cui all’articolo 110» (comma 4).

6.3. Come evidenziato dall’ANAC in una prima interpretazione della norma de qua (Relazione illustrativa al bando tipo n. 1/2023), la valutazione in esame “deve necessariamente avere ad oggetto sia le tutele economiche che quelle normative in quanto complesso inscindibile” e, a tali fini, si possono trarre utili elementi di riferimento dalle indicazioni fornite dall’Ispettorato nazionale del lavoro con la circolare n. 2 del 28.7.2020.

6.4. Nel caso di specie, l’aggiudicataria si è avvalsa della facoltà riconosciuta dall’art. 11, comma 3, D. Lgs. 36/2023, indicando un CCNL diverso da quello previsto dal disciplinare di gara, senza, però, produrre una espressa dichiarazione di equivalenza tra i due contratti.

6.5. A fronte di ciò, ritiene il Collegio che la stazione appaltante avrebbe dovuto procedere, in ossequio al disposto dell’art. 11, comma 4, D. Lgs. 36/2023, sopra richiamato, all’acquisizione e alla verifica della dichiarazione di equivalenza dei CCNL, anche con le modalità di cui all’art. 110 del medesimo decreto legislativo, ciò che, tuttavia, non è avvenuto, non avendo l’Amministrazione proceduto a tali attività normativamente previste.

6.6. Come condivisibilmente affermato da TAR Lombardia, Milano, Sez. VI, 30.1.2025, n. 296 ««… se, da un lato, mediante l’istituto in esame il legislatore ha inteso riconoscere agli operatori economici una maggiore flessibilità nella propria organizzazione aziendale, quale corollario della libertà di iniziativa economica privata scolpita all’art. 41 Cost. (con la conseguenza che la norma in esame non può essere interpretata in senso eccessivamente restrittivo, in quanto occorre evitare di introdurre freni non necessari alla concorrenza e al principio di massima partecipazione – v. in tal senso T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. II, ord. 12.03.2024, n. 89), dall’altra tale facoltà deve contemperarsi con la ineludibile tutela dei lavoratori, la quale postula un’attenta disamina da parte della stazione appaltante circa l’equivalenza delle tutele (economiche e normative) riconosciute in forza del diverso CCNL prescelto dall’operatore economico.

Al fine di precisare il contenuto della suddetta valutazione, del resto, il legislatore è recentemente intervenuto mediante l’art. 2, comma 1, lett. d), D.Lgs. 31 dicembre 2024, n. 209, che – a far data dal 31.12.2024 - ha così modificato il comma 4 dell’art. 11 D.Lgs. 36/2023: «Nei casi di cui al comma 3, prima di procedere all’affidamento o all’aggiudicazione le stazioni appaltanti e gli enti concedenti acquisiscono la dichiarazione con la quale l’operatore economico individuato si impegna ad applicare il contratto collettivo nazionale e territoriale indicato nell’esecuzione delle prestazioni oggetto del contratto per tutta la sua durata, ovvero la dichiarazione di equivalenza delle tutele. In quest’ultimo caso, la dichiarazione è anche verificata con le modalità di cui all’articolo 110, in conformità all’allegato I.01.6».

In particolare, l’art. 3 del predetto Allegato introduce una espressa presunzione di equivalenza, l’art. 4 precisa i criteri da tenere in considerazione ai fini della verifica di equivalenza nell’ipotesi in cui l’anzidetta presunzione non possa trovare applicazione (art. 4 Allegato I.01.6 al D.Lgs. 36/2023) e, infine, l’art. 5 (rubricato “Verifica della dichiarazione di equivalenza”) stabilisce che “1. Per consentire alle stazioni appaltanti ed enti concedenti di verificare la congruità dell’offerta ai sensi dell’articolo 110, gli operatori economici trasmettono la dichiarazione di equivalenza di cui all’articolo 11, comma 4, in sede di presentazione dell’offerta. 2. Prima di procedere all’affidamento o all’aggiudicazione, la stazione appaltante o l’ente concedente verifica la dichiarazione di equivalenza presentata dall’operatore economico individuato”.

Le disposizioni da ultimo richiamate - ancorché non operanti alla data di svolgimento della procedura evidenziale in esame - confermano (e precisano) quanto già previsto dal previgente art. 11, comma 4, D. Lgs. 36/2023, ossia come la determinazione di affidamento/aggiudicazione debba necessariamente essere preceduta dalla verifica della dichiarazione di equivalenza, la quale assume, pertanto, carattere obbligatorio»».

6.7. Pertanto, in disparte la fondatezza della lamentata carenza del requisito dell’equivalenza delle tutele tra il CCNL applicato dalla controinteressata e quello individuato dall’ente concedente (il cui vaglio è precluso a questo Giudice ex art. 34, comma 2, c.p.a., trattandosi di potere amministrativo non ancora esercitato), il motivo di ricorso in esame è fondato, nei termini sin qui precisati.

7. In conclusione, il ricorso è meritevole di accoglimento nei sensi dianzi illustrati, con conseguente annullamento del provvedimento di aggiudicazione impugnato, dovendo l’Amministrazione resistente procedere all’esercizio dei poteri ex art. 11, comma 4, D. Lgs. n. 36/2023, non ancora esercitati, in relazione all’offerta presentata dalla controinteressata, alla luce delle statuizioni contenute nella presente sentenza.

8. Le spese di lite seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo a favore della società ricorrente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Lecce, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione.

Condanna le parti resistenti al pagamento delle spese di lite, che liquida a favore della società ricorrente nella somma di € 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori di legge, a carico del Comune di Gallipoli e nella somma di € 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori di legge, a carico di Fer.Metal Sud S.p.A.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 24 marzo 2025 con l’intervento dei magistrati:

Nino Dello Preite, Presidente FF, Estensore

Paolo Fusaro, Referendario

Tommaso Sbolgi, Referendario