Cons. Stato, Sez. IV, 7 aprile 2025, n. 2950
Nelle procedure ad evidenza pubblica, l’aggiudicataria deve essere “esclusa per aver individuato in modo scorretto la base d’asta e per avere applicato il ribasso sugli oneri di sicurezza” in violazione della lex specialis di gara: “secondo l’insegnamento dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato n. 3 del 2015 trattasi di “costi non soggetti a ribasso”.
La sentenza del Cons. Stato, Ad. Plen., 20 marzo 2015, n. 3, richiamata dalla pronuncia in commento, aveva sancito: “Nelle procedure di affidamento di lavori i partecipanti alla gara devono indicare nell’offerta economica i costi interni per la sicurezza del lavoro, pena l’esclusione dell’offerta dalla procedura anche se non prevista nel bando di gara”.
Tantomeno, ai fini dell’ammissibilità dell’offerta, si può ritenere rilevante il solo “ribasso”: la Commissione di gara non può rideterminare d’ufficio i costi della manodopera dichiarati dall’aggiudicataria, ribassandoli.
È quindi illegittima la modifica “in via interpretativa” di una parte significativa dell’offerta di una delle partecipanti al procedimento di gara.
Guida alla lettura
Con la sentenza n. 2950 dello scorso 7 aprile, la IV Sezione del Consiglio di Stato è ritornata sul tema della erronea individuazione della base d’asta da parte dell’offerente che, applicando il ribasso sull’importo complessivo dell’appalto, non ha provveduto allo scorporo dei costi della sicurezza.
Dal testo della sentenza emerge che le questioni oggetto di giudizio vertono essenzialmente: a monte, “sulla determinazione dell’importo dell’appalto e sull’importo da cui partire per effettuare l’offerta”; nonché, a valle, sulle conseguenze giuridiche della errata applicazione del ribasso.
Prima di esaminare il merito della decisione, occorre inquadrare il problema all’attenzione dei Giudici nell’alveo delle disposizioni di cui agli artt. 41, comma 14, e 108, comma 9, del D.lgs. n. 36 del 2023, rispettivamente concernenti l’importo a base di gara nonché i costi della manodopera e degli oneri aziendali per l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
L’art. 41, comma 14, primo periodo, individua le modalità “per determinare l'importo posto a base di gara”; mentre, al secondo periodo, prevede la regola secondo cui: “I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall'importo assoggettato al ribasso”; resta ferma per l’operatore economico la possibilità – ulteriore - di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale (terzo periodo).
Tale articolo contiene il riferimento a due concetti distinti e non sovrapponibili: “l’importo posto a base di gara”, nell’individuare il quale la stazione appaltante o l’ente concedente deve prevedere anche i costi della manodopera (oltre agli oneri della sicurezza) e “l’importo assoggettato al ribasso”, dal quale oggi, come regola generale, entrambe le predette voci di costo sono scorporate. Si segnala, infatti, che i costi della manodopera non erano indicati nella previgente disposizione di riferimento di cui all’art. 23, comma 16, del D.lgs. n. 50 del 2016, secondo la quale solo “i costi della sicurezza [erano] scorporati dal costo dell’importo assoggettato al ribasso” (cfr., in termini analoghi, TAR Calabria, Reggio Calabria, 8 febbraio 2024, n. 119).
Il comma 15 del medesimo art. 23, peraltro, definiva sempre i soli “oneri della sicurezza [come] non soggetti a ribasso”.
Il Consiglio di Stato, sulla base del comma 16 del previgente art. 23, aveva altresì precisato che: “Soltanto i costi della sicurezza devono essere scorporati dall’importo assoggettato a ribasso d’asta e che i costi della manodopera devono essere soltanto individuati dalla stazione appaltante al fine dell’eventuale controllo dell’anomalia” (Sez. III, 11 febbraio 2022, n. 997).
Dunque, considerata la nuova formulazione dell’art. 41, comma 14, in dottrina è stato sostenuto che tale conclusione sembra da ritenere non più attuale, nella parte in cui non veniva fatto riferimento allo scorporo dall’importo sottoposto a ribasso anche dei costi della manodopera (Codice dei contratti pubblici. Il D.L.vo 31 marzo 2023, n. 36 commentato articolo per articolo. Casa Editrice La Tribuna, a cura di G.F. Ferrari e G. Morbidelli, Milano - Piacenza, 2023. Si veda nota all’art. 41).
Invece, l’art. 108, comma 9, del D.lgs. n. 36 del 2023, sanziona espressamente con l’esclusione l’omessa indicazione “Nell'offerta economica [de] i costi della manodopera e gli oneri aziendali per l'adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro”.
Come si legge nella Relazione illustrativa agli articoli e agli allegati del nuovo Codice del Consiglio di Stato (Camera dei Deputati, 05 gennaio 2023, Prot: 2023/0000010/TN), “La disposizione è presente anche nel decreto legislativo n. 50 del 2016 ed è ormai oggetto di un consolidato orientamento giurisprudenziale diretto a descrivere l’omissione in questione quale causa di esclusione. A tali fini, è stato espressamente inserito l’inciso “a pena di esclusione” per dare maggiore certezza agli operatori giuridici derivanti dalla citata omissione dichiarativa”.
Già la legge n. 78 del 21 giugno 2022, “Delega al Governo in materia di contratti pubblici”, all’art. 1, comma 2, lett. t), aveva stabilito, in termini di principio e criterio direttivo, che “i costi della manodopera e della sicurezza siano sempre scorporati dagli importi assoggettati a ribasso”.
In definitiva, la ratio risiede in una “tutela rafforzata degli interessi dei lavoratori, richiedendo di indicare in via separata il costo della manodopera e gli oneri di sicurezza. Ciò per assicurare che gli operatori economici svolgano una seria valutazione preventiva dei predetti costi prima di formulare il proprio “ribasso complessivo”” (TAR Veneto, Sez. I, 9 febbraio 2024, n. 230).
Tanto premesso, con la sentenza in commento, la IV Sezione del Consiglio di Stato ha richiamato “l’insegnamento dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato n. 3 del 2015”, espresso sotto la vigenza della disciplina di cui al D.lgs. n. 163 del 2006, per sciogliere i nodi (ri)emersi relativi alle conseguenze della erronea applicazione del ribasso da parte dell’offerente: nella specie, esclusione dell’aggiudicataria per il mancato scorporo degli oneri della sicurezza.
Venendo così alla peculiare vicenda di causa, l’oggetto è costituito dalle determinazioni di aggiudicazione di una gara per l’affidamento del “servizio di raccolta, trasporto e conferimento dei rifiuti urbani raccolti nel Comune di Montauro” (CZ), in primo grado impugnato dianzi al T.A.R. per la Calabria dalla ditta terza classificata in ragione dell’omessa esclusione delle prime due graduate, per dedotta violazione, per quanto di interesse, del disciplinare di gara e degli esaminati artt. 41, comma 14, e 108, comma 9, del D.lgs. n. 36 del 2023.
Il T.A.R., in accoglimento, ha dichiarato illegittima l’ammissione delle società davanti in graduatoria a fronte di “un’offerta economica contraria alle prescrizioni di cui al d.lgs. n. 36 del 2023”.
La sentenza di primo grado è stata allora appellata in Consiglio di Stato.
In sintesi, la (ex) affidataria del servizio ha tentato di ricostruire le conclusioni avversarie, fatte proprie dal T.A.R., secondo cui la medesima aggiudicataria “avrebbe dovuto essere esclusa dalla procedura di gara in ragione di asserite carenze essenziali inficianti la relativa offerta economica.
In particolare, le censure di controparte si basavano sul seguente ragionamento: - il valore complessivo dell’appalto (comprensivo dei costi della manodopera e degli oneri della sicurezza) sarebbe pari a 1.155.595,29 euro; - nella propria offerta, [la concorrente] avrebbe indicato quale “importo complessivo dell’appalto” su cui ha applicato la percentuale di ribasso offerta (7,89%) proprio l’importo di euro 1.155.595,29, a cui avrebbe però poi aggiunto l’importo di euro 20.328,00 riferito agli oneri della sicurezza non soggetti a ribasso”.
Dunque, era in contestazione: per un verso, l’“omessa separata indicazione delle voci di costo non soggette a ribasso”; per altro verso, “un asserito artificioso aumento, da parte [della ex affidataria], del valore complessivo dell’appalto controverso, per aver di fatto l’aggiudicataria offerto un prezzo più alto di quello indicato come base d’asta negli atti di gara”.
In aggiunta, è la stessa parte appellante ad aver evidenziato come “la stazione appaltante non avrebbe potuto modificare i contenuti dell’offerta, ma (per di più ricalcolando al ribasso i costi della manodopera stimati dell’aggiudicataria), avrebbe dovuto chiedere a [quest’ultima] chiarimenti, ai sensi di quanto previsto dall’art. 101, comma 3, del d.lgs. n. 36 del 2023”.
Ebbene, la IV Sezione ha respinto l’appello, in primis muovendo dal dato testuale della lex specialis: “l’inciso “somma complessiva”, deve ritenersi pertanto dirimente nel ricomprendere nella cifra sia i costi della manodopera sia gli oneri di sicurezza non soggetti al ribasso. […]
Invero, l’aggiudicataria ha illegittimamente applicato il ribasso sull’importo complessivo dell’appalto, pari ad euro 1.155.595,29, senza tuttavia scorporare i costi per gli oneri della sicurezza, fissati in euro 20.328,00, come desumibile dalla somma di euro 1.064.418,82 presente nella propria offerta, coincidente appunto nel ribasso di 7,89% alla cifra di euro 1.155.595,29 inclusiva dei costi della manodopera e degli oneri per la sicurezza (non soggetti a ribasso)”.
Dalla errata individuazione della base d’asta effettivamente ribassabile e, segnatamente, dal mancato scorporo dei costi della sicurezza, allora, i Giudici hanno fatto discendere, quale sanzione, la più grave conseguenza dell’esclusione dell’operatore economico.
Nel dettaglio, la richiamata pronuncia del Cons. Stato, Ad. Plen., 20 marzo 2015, n. 3, concernente vicende in parte assimilabili a quelle in esame, aveva affermato il seguente principio di diritto: “Nelle procedure di affidamento di lavori i partecipanti alla gara devono indicare nell’offerta economica i costi interni per la sicurezza del lavoro, pena l’esclusione dell’offerta dalla procedura anche se non prevista nel bando di gara”.
Seppure con riguardo al previgente D.lgs. n. 163 del 2006, meritano attenzione alcuni specifici passaggi motivazionali, in cui venivano distinte due tipologie di costi per la sicurezza:
“- quelli da interferenze, contemplati dagli articoli 26, commi 3, 3-ter e 5, del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro) e 86, comma 3-ter, 87, comma 4, e 131 del Codice, che: a) servono a eliminare i rischi da interferenza, intesa come contatto rischioso tra il personale del committente e quello dell’appaltatore, oppure tra il personale di imprese diverse che operano nella stessa sede aziendale con contratti differenti; b) sono quantificati a monte dalla stazione appaltante, nel D.U.V.R.I (documento unico per la valutazione dei rischi da interferenze, art. 26 del d.lgs. n. 81 del 2008) e, per gli appalti di lavori, nel PSC (piano di sicurezza e coordinamento, art. 100 D. Lgs. n. 81/2008); c) non sono soggetti a ribasso, perché ontologicamente diversi dalle prestazioni stricto sensu oggetto di affidamento;
- quelli interni o aziendali, cui si riferiscono l’art. 26, comma 3, quinto periodo, del d.lgs n. 81 del 2008 e gli artt. 86, comma 3-bis, e 87, comma 4, secondo periodo, del Codice, che: a) sono quelli propri di ciascuna impresa connessi alla realizzazione dello specifico appalto, sostanzialmente contemplati dal DVR, documento di valutazione dei rischi; b) sono soggetti a un duplice obbligo in capo all’amministrazione e all’impresa concorrente”.
Con particolare riferimento all’art. 87, comma 4, del vecchio Codice, concernente gli oneri aziendali, la stessa Adunanza Plenaria del 2015 aveva poi aggiunto che: “Dalla lettura del comma emerge infatti che mentre il primo periodo ribadisce per tutti gli appalti che gli oneri della sicurezza non sono soggetti a ribasso d’asta in relazione al piano di sicurezza e coordinamento, il secondo periodo precisa che l’indicazione relativa ai costi della sicurezza deve essere sorretta da caratteri di specificità e di congruità ai fini della valutazione dell’anomalia dell’offerta, facendo però riferimento esplicito, questa volta, solo ai settori dei servizi e delle forniture”.
Posti a confronto gli indirizzi giurisprudenziali contrastanti in tema di eventuale estensione del citato art. 87, comma 4, ai contratti relativi a lavori, assumeva così rilievo decisivo quanto segue:
“2.9. Per quanto considerato, a presidio di diritti fondamentali dei lavoratori sanciti nella stessa Costituzione, si deve allora fare capo ad una lettura delle norme costituzionalmente orientata, unica idonea a ricomporre le incongruenze rilevate, che porta a ritenere l’obbligo dei concorrenti di presentare i costi interni per la sicurezza del lavoro anche nelle offerte relative agli appalti di lavori, ricostruendosi il quadro normativo, in sintesi, nel modo seguente:
-a) le stazioni appaltanti, nella predisposizione degli atti di gara per lavori e al fine della valutazione dell’anomalia delle offerte, devono determinare il valore economico degli appalti includendovi l’idonea stima di tutti i costi per la sicurezza con l’indicazione specifica di quelli da interferenze; i concorrenti, a loro volta, devono indicare nell’offerta economica sia i costi di sicurezza per le interferenze (quali predeterminati dalla stazione appaltante) che i costi di sicurezza interni che essi determinano in relazione alla propria organizzazione produttiva e al tipo di offerta formulata;
-b) la ratio del puntuale richiamo, nell’art. 87, comma 4, secondo periodo del Codice, della specifica indicazione dei costi per la sicurezza per le offerte negli appalti di servizi e forniture appare individuabile, in questo quadro, in relazione alla particolare tipologia delle prestazioni richieste per questi appalti rispetto a quelli per lavori e alla rilevanza di ciò nella fase della valutazione dell’anomalia (cui la norma è espressamente riferita); il contenuto delle prestazioni di servizi e forniture può infatti essere tale da non comportare necessariamente livelli di rischio pari a quelli dei lavori, rilevando l’esigenza sottesa alla norma in esame, pur ferma la tutela della sicurezza del lavoro, di particolarmente correlare alla entità e caratteristiche di tali prestazioni la giustificazione dei relativi, specifici costi in sede di offerta e di verifica dell’anomalia.
2.10. Da quanto sopra consegue che, ai sensi dell’art. 46, comma 1-bis, del Codice, l’omessa specificazione nelle offerte per lavori dei costi di sicurezza interni configura un’ipotesi di <<mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente codice>> idoneo a determinare <<incertezza assoluta sul contenuto dell’offerta>>” per difetto di un suo elemento essenziale, e comporta perciò, anche se non prevista nella lex specialis, l’esclusione dalla procedura dell’offerta difettosa per l’inosservanza di un precetto a carattere imperativo che impone un determinato adempimento ai partecipanti alla gara (cfr. Cons. Stato, A.P. sentenza n. 9 del 2014), non sanabile con il potere di soccorso istruttorio della stazione appaltante, di cui al comma 1 del medesimo articolo, non potendosi consentire di integrare successivamente un’offerta dal contenuto inizialmente carente di un suo elemento essenziale”.
Del resto, anche la pronuncia del Cons. Stato, Ad. Plen., 2 novembre 2015, n. 9, immediatamente successiva a quella ricordata dalla sentenza in commento, si poneva in una certa misura in continuità, ribadendo inter alia il principio della illegittimità del soccorso istruttorio (a pagamento) idoneo a consentire l’indicazione degli oneri di sicurezza aziendali:
“[…] con la medesima decisione dell’Adunanza Plenaria è stata espressamente esclusa la sanabilità con il soccorso istruttorio dell’omissione dell’indicazione degli oneri di sicurezza aziendale, che si risolverebbe in un’inammissibile integrazione postuma di un elemento essenziale dell’offerta (cfr. Ad. Plen. n. 3 del 2015, punto 2.10).
Non si ravvisano, peraltro, ragioni per rimeditare tale (condivisibile e recente) avviso, nella misura in cui si rivela coerente con la lettura della funzione e dei limiti di operatività dell’istituto del soccorso istruttorio, per come enunciati da questa stessa Adunanza Plenaria (Ad. Plen. n.9 del 2014). […]
5.- Alla stregua delle considerazioni che precedono […]
b) non sono legittimamente esercitabili i poteri attinenti al soccorso istruttorio, nel caso di omessa indicazione degli oneri di sicurezza aziendali, anche per le procedure nelle quali la fase della presentazione delle offerte si è conclusa prima della pubblicazione della decisione dell’Adunanza Plenaria n.3 del 2015”.
Ciò in linea con quanto più di recente confermato dall’art. 101, comma 3, del D.lgs. n. 36 del 2023, che, al terzo periodo, precisa: “I chiarimenti resi dall’operatore economico non possono modificare il contenuto dell’offerta tecnica e dell’offerta economica”.
Sul punto, la Relazione illustrativa al nuovo Codice ha infatti chiarito che: “[…] anche in questo caso recependo indicazioni provenienti dalla giurisprudenza euro-unitaria – si prevede che la stazione appaltante possa sempre richiedere chiarimenti sui contenuti dell’offerta, a condizione che i chiarimenti non portino a modificare il contenuto dell’offerta tecnica ed economica”.
La ratio risiede, pertanto, nel voler evitare un’elusione del divieto di attivare il soccorso istruttorio in relazione a tali due componenti - “part[i] significativ[e]” - dell’offerta.
In definitiva, i principi giurisprudenziali a suo tempo sanciti, in tema di soccorso istruttorio (illegittimo) - oggi recepiti dal citato art. 101, comma 3 -, possono guidare alla lettura dei passaggi conclusivi della sentenza Cons. Stato, Sez. IV, 7 aprile 2025, n. 2950: “[…] ai fini dell’ammissibilità dell’offerta sarebbe rilevante il solo “ribasso”, mentre non avrebbe significato la dichiarazione resa dall’aggiudicataria con la quale la stessa ha manifestato la volontà di applicare il ribasso ad una base d’asta erronea […]. La tesi è infondata e ciò è dimostrato dal fatto che la stessa stazione appaltante al fine di ritenere significativo il solo ribasso, ha dovuto rideterminare d’ufficio - come si rileva dai verbali nn. 3 e 4 della Commissione di gara - i costi della manodopera dichiarati dall’aggiudicataria, ribassandoli, con un’operazione che la stessa aggiudicataria ha contestato (con il ricorso incidentale di primo grado, e con motivo riproposto in appello), rivendicando il riconoscimento, nei confronti del Comune, della maggiore somma di euro 20.328,00 corrispondente agli oneri della sicurezza predeterminati dalla stazione appaltante e su cui, come già detto, è stato illegittimamente applicato il ribasso offerto. In ogni caso, la Commissione di gara ha illegittimamente modificato “in via interpretativa” una parte significativa dell’offerta di una delle partecipanti al procedimento di gara”.
Passaggi conclusivi che, riassumendo, possono intendersi anche e proprio questi a fondamento della esclusione dalla gara (riaffermata) per mancato scorporo degli oneri di sicurezza.
Pubblicato il 07/04/2025
N. 02950/2025 REG.PROV.COLL.
N. 00673/2025 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 637 del 2025, proposto da M.E.A. - Manna Ecologia Ambiente S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG B06E9F8180, rappresentata e difesa dall'avvocato Francesco Follieri, con domicilio digitale come da registri di Giustizia;
contro
il Comune di Montauro, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Demetrio Verbaro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
la Centrale Unica di Committenza tra i Comuni di Gasperina, Montepaone, Montauro, San Floro e Chiaravalle Centrale, Comune di Montepaone, non costituiti in giudizio;
nei confronti
Ecoservizi s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Francesco Izzo, con domicilio digitale come da registri di Giustizia;
Muraca s.r.l., non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima) n. 1833 del 2024.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Montauro e di Ecoservizi s.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 marzo 2025 il Cons. Emanuela Loria;
Viste le conclusioni delle parti come da verbale.
FATTO e DIRITTO
1. L’oggetto del presente contenzioso è costituito:
a) dalla determinazione n. 12/2024 di aggiudicazione della gara per l’affidamento del “servizio di raccolta, trasporto e conferimento dei rifiuti urbani raccolti nel Comune di Montauro” con la previsione dell’aggiudicazione mediante il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e la
domanda di declaratoria di inefficacia del contratto medio tempore stipulato e per il subentro, previa aggiudicazione, della ditta Ecoservizi;
b) della determinazione del Responsabile della Centrale unica di committenza (CUC) n. 16 del 5 giugno 2024 e del presupposto verbale n. 3 del 5 giugno 2024 nella parte in cui, pur confermandosi l’aggiudicazione in favore di MEA, è stato rideterminato al ribasso l’importo offerto dall’aggiudicataria ai fini dell’esecuzione del servizio di raccolta, trasporto e conferimento dei rifiuti urbani raccolti nel Comune di Montauro;
c) della determinazione del Responsabile della CUC n. 17 del 21 giugno 2024 e del presupposto verbale n. 4 del 21 giugno 2024 nella parte in cui, pur confermandosi l’aggiudicazione in favore di MEA, è stato nuovamente rideterminato al ribasso l’importo offerto dall’aggiudicataria ai fini dell’esecuzione del servizio di raccolta, trasporto e conferimento dei rifiuti urbani raccolti nel Comune di Montauro;
d) della nota del Responsabile della CUC prot. 0010058 del 7 agosto 2024, adottata a seguito del riscontro inviato da MEA al Comune di Montauro dopo il rifiuto di quest’ultima di accettare la fattura emessa a fronte dell’espletamento dei servizi appaltati.
2. Con il ricorso principale proposto in primo grado dianzi al T.A.R. per la Calabria, la ditta Ecoservizi ha chiesto l’annullamento del provvedimento n. 12 del 29.04.2024, con cui è stata disposta l’aggiudicazione in favore di M.E.A. della gara sopra indicata, chiedendo, altresì, la declaratoria di inefficacia del contratto medio tempore stipulato ed il subentro.
2.1. La ditta Ecoservizi, classificatasi al terzo posto, ha dedotto l’illegittimità del provvedimento avversato in ragione dell’omessa esclusione delle prime due graduate, con violazione degli artt. 3 e 21 del disciplinare, nonché dell’art. 41, comma 14, d.lgs. n. 36 del 2023.
Con motivi aggiunti proposti in primo grado, la ricorrente ha chiesto l’annullamento anche della nota pec del 5 giugno 2024 e della determinazione n. 16 del 5 giugno 2024, con le quali è stata esclusa dalla gara ed è stata confermata l’aggiudicazione alla MEA s.r.l.
La ditta la ricorrente ha dedotto, in particolare, che, a seguito di riconvocazione della Commissione di gara, è stata emanata nei propri confronti la statuizione espulsiva, sul presupposto che l’offerta economica non avrebbe indicato l’ammontare degli oneri aziendali interni della sicurezza e il costo della manodopera, determinazione che risulterebbe illegittima per violazione dell’art. 21 del disciplinare di gara, dell’art. 108, comma 9, d.lgs. n. 36/2023, nonché per eccesso di potere.
3. Con un secondo atto di motivi aggiunti la stessa ditta ha inoltre impugnato il provvedimento n. 17 del 21 giugno 2024 emesso dalla Centrale Unica di Committenza, con cui è stata nuovamente confermata l’aggiudicazione in favore di M.E.A. del servizio di raccolta dei rifiuti.
Invero, l’amministrazione, dopo la notifica dei primi motivi aggiunti, ha prescritto nuovamente la convocazione della commissione di gara, al fine del riesame delle offerte presentate e, dopo avere riammesso alla gara la ditta ricorrente, ha nuovamente confermato l’ammissione in gara e l’aggiudicazione in favore di M.E.A.
3.1. Avverso tali nuovi provvedimenti, la ricorrente in primo grado ha dedotto la illegittimità di tale provvedimento per violazione dell’art. 15, comma 5, d.lgs. n. 36 del 2023, dell’art. 7, comma 1, lett. g), all. I.2 d.lgs. n. 36 del 2023, dell’art. 23 del disciplinare e degli artt. 4 e 6 della convenzione per la gestione in forma associata della C.U.C., con incompetenza della commissione e del responsabile della C.U.C. ad adottare il provvedimento di aggiudicazione.
La deducente ha lamentato altresì la mancata esclusione delle prime due graduate, per violazione dell’art. 21 del disciplinare di gara e dell’art. 108, comma 9, d.lgs. n. 36 del 2023.
4. Con ricorso incidentale l’aggiudicataria M.E.A. ha chiesto l’annullamento della determina n. 16/2024 della C.U.C., impugnata da Ecoservizi con il primo ricorso per motivi aggiunti, nella parte in cui, pur confermandosi l’aggiudicazione in favore della stessa M.E.A., è stato rideterminato al
ribasso l’importo offerto dall’aggiudicataria ai fini dell’esecuzione del servizio, chiedendo altresì l’annullamento della determina n. 17/2024, parimenti impugnata da Ecoservizi con il secondo atto di motivi aggiunti, nella parte in cui, pur confermandosi l’aggiudicazione in favore di M.E.A., è stato nuovamente rideterminato al ribasso l’importo offerto.
In particolare, l’esponente ha dedotto la violazione dell’art. 3 del disciplinare e dell’art. 101, comma 3, d.lgs. n. 36 del 2023.
4.1. La ricorrente incidentale ha, inoltre, presentato motivi aggiunti avversato la nota della C.U.C. prot. 10058 del 7 agosto 2024, adottata - dopo il rifiuto del Comune di pagare la fattura emessa per l’esecuzione di parte del servizio di raccolta - sul presupposto che l’importo di tale fattura sarebbe stato più alto di quello previsto nella determina di aggiudicazione dell’appalto n. 17/2024.
5. Il T.A.R. per la Calabria, con la sentenza impugnata:
a) ha dichiarato, previo avviso alle parti ex art. 73 c.p.a., l’improcedibilità del ricorso principale e, in parte, dei primi motivi aggiunti poiché la determinazione n. 12/2024 di aggiudicazione dell’appalto è stata superata dalle determinazioni n. 16/2024 e n. 17/2024 che il giudice di primo grado ha qualificato quali conferme in senso proprio e quindi come statuizioni dotate di autonoma lesività, poiché emanate in esito ad una nuova valutazione delle offerte degli operatori economici eseguita dalla commissione;
b) in relazione al primo atto di motivi aggiunti, ha dichiarato la cessazione della materia del contendere, ai sensi dell’art. 34, comma 5, c.p.a., nella parte in cui Ecoservizi ha impugnato il provvedimento di esclusione dalla gara, poiché tale determinazione è stata poi ritirata in autotutela dalla C.U.C.;
c) ha accolto i secondi motivi aggiunti proposti dalla ricorrente ritenendo fondato il secondo motivo, con il quale è stata dedotta l’illegittima ammissione alla procedura selettiva della società seconda graduata, e di M.E.A., le quali avrebbero formulato un’offerta economica contraria alle prescrizioni di cui al d.lgs. n. 36 del 2023 e pertanto avrebbero dovuto essere escluse;
d) in relazione alla domanda di subentro nel contratto, ha dichiarato inefficace, ai sensi dell’art. 122 c.p.a., il contratto di appalto stipulato tra l’aggiudicataria e la stazione appaltante a far data dal trentesimo giorno successivo alla notifica della sentenza, al fine di garantire lo svolgimento del servizio di raccolta dei rifiuti nel termine necessario all’amministrazione resistente di rideterminarsi sull’aggiudicazione della commessa pubblica;
e) ha dichiarato improcedibili il ricorso incidentale e i relativi motivi aggiunti.
f) ha condannato la società M.E.A., la C.U.C. e il Comune di Montauro al pagamento delle spese di lite in favore della ricorrente principale.
5. La ditta MEA ha impugnato la suindicata sentenza articolando due motivi:
1. Illegittimità del capo della sentenza con cui sono state accolte le censure articolate da ECOSERVIZI in primo grado.
Violazione degli articoli 10 e 70, comma 4, del d.gs. 31 marzo 2023 n. 36.
Violazione dell’art. 21 del disciplinare di gara.
Errore nei presupposti di fatto e di diritto. Illogicità manifesta.
La ditta Ecoservizi, con il ricorso di primo grado, ha sostenuto che la ditta MEA avrebbe dovuto essere esclusa dalla procedura di gara in ragione di asserite carenze essenziali inficianti la relativa offerta economica.
In particolare, le censure di controparte si basavano sul seguente ragionamento:
- il valore complessivo dell’appalto (comprensivo dei costi della manodopera e degli oneri della sicurezza) sarebbe pari a 1.155.595,29 euro;
- nella propria offerta, MEA avrebbe indicato quale “importo complessivo dell’appalto” su cui ha applicato la percentuale di ribasso offerta (7,89%) proprio l’importo di euro 1.155.595,29, a cui avrebbe però poi aggiunto l’importo di euro 20.328,00 riferito agli oneri della sicurezza non soggetti a ribasso.
Sulla base di tale ricostruzione, la ricorrente ha lamentato:
(a) da un lato, l’ipotetica violazione dell’art. 41, comma 14, del d.lgs. n. 36 del 2023, per omessa separata indicazione delle voci di costo non soggette a ribasso;
(b) dall’altro, un asserito artificioso aumento, da parte di MEA, del valore complessivo dell’appalto controverso, per aver di fatto l’aggiudicataria offerto un prezzo più alto di quello indicato come base d’asta negli atti di gara.
Il T.A.R. ha sostanzialmente accolto la tesi della ricorrente.
Secondo l’appellante, dalla documentazione agli atti del giudizio, risulterebbe che, nella propria offerta, MEA ha indicato il prezzo offerto per l’appalto come pari ad euro 1.064.418,82, a cui ha poi aggiunto i 20.328,00, riferiti agli oneri per la sicurezza non soggetti a ribasso.
L’importo complessivo offerto da MEA ai fini dell’aggiudicazione dell’appalto è pertanto indiscutibilmente pari a 1.084.476,82 euro e quindi si tratterebbe di un importo inferiore a quello, di euro 1.155.595,29, che la sentenza impugnata ha individuato come base d’asta.
L’assunto del giudice di prime cure per cui l’importo di euro 1.155.595,29 dovrebbe ritenersi inclusivo degli oneri per la sicurezza non sarebbe corretto giacché ai sensi del bando e del disciplinare di gara l’importo di euro 1.155.595,29 non costituirebbe il valore complessivo dell’appalto, ma solo l’importo della prestazione richiesta all’appaltatore comprensivo dei costi della manodopera, a cui andrebbero aggiunti gli oneri della sicurezza non soggetti a ribasso, stimati dalla stazione appaltante in euro 20.328,00.
2. Illegittimità del capo della sentenza di primo grado che ha pronunciato sul ricorso incidentale e sui motivi aggiunti proposti da MEA.
Violazione dell’art. 3 del disciplinare di gara. Violazione dell’art. 101 comma 3 d.lgs. 31 marzo 2023 n. 36. Violazione del principio di immodificabilità delle offerte. Errore nei presupposto di fatto e di diritto. Difetto di istruttoria.
La sentenza impugnata ha dichiarato improcedibile il ricorso incidentale e per motivi proposto da MEA all’esito dell’accoglimento del ricorso principale.
Ove venisse accolto il primo motivo d’appello, tornerebbe attuale l’interesse di MEA allo scrutinio delle censure incidentali articolate in primo grado, che MEA ripropone.
In particolare, si ripropone la censura di illegittimità dell’aggiudicazione, che sia pure avvenuta a favore di MEA, presenta un importo di euro 20.000 inferiore rispetto a quanto effettivamente offerto dalla società nel corso della procedura di gara.
Illegittimo sarebbe l’assunto da cui è partita la Commissione giudicatrice per procedere al ricalcolo delle offerte presentate dai concorrenti, vale a dire che l’importo di 1.155.595,29 sarebbe stato già inclusivo dei 20.328,00 euro riferiti agli oneri della sicurezza.
La lex specialis di gara (cfr. art. 3 del disciplinare e pag. 1 del bando di gara) sarebbe inequivoca nello stabilire che tale importo debba essere sommato a quello (pari appunto a euro 1.155.595,29) riferito al costo della prestazione.
La stazione appaltante non avrebbe quindi potuto procedere ad una revisione dell’importo complessivo del servizio, posto che, per consolidata giurisprudenza, “le prescrizioni stabilite nella lex specialis delle gare vincolano non solo i concorrenti, ma anche le stazioni appaltanti che sono tenute a conformarsi, senza margine di discrezionalità, al bando di gara che non può essere disapplicato” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 29 maggio 2023, n. 5242).
In ogni caso, l’offerta di MEA non lasciava adito a dubbi giacché era chiaramente indicato nell’offerta che il prezzo complessivamente offerto per il servizio, comprensivo degli oneri per la sicurezza, è pari ad euro 1.084.476,82 e questo importo avrebbe quindi dovuto essere posto a base del provvedimento di aggiudicazione, come, del resto, previsto nella determina n. 12 del 29 aprile 2024, successivamente modificata in corso di causa.
In ogni caso, la stazione appaltante non avrebbe potuto modificare i contenuti dell’offerta, ma (per di più ricalcolando al ribasso i costi della manodopera stimati dell’aggiudicataria), avrebbe dovuto chiedere a MEA chiarimenti, ai sensi di quanto previsto dall’art. 101, comma 3, del d.lgs. n. 36 del 2023.
6. Il Comune di Montauro si è costituito in giudizio e ha proposto ricorso incidentale con il quale ha, da un lato, sottoposto a critica la sentenza impugnata, e dall’altro, ha sostenuto, contestando il motivo d’appello proposto da MEA, che la stazione appaltante non avrebbe effettuato alcuna “modifica” all’offerta bensì una mera operazione matematica perché l’elemento corretto non farebbe parte dell’offerta, ma sarebbe solo una conseguenza automatica della medesima.
7. La ditta Ecoservizi s.r.l. si è costituita in giudizio argomentando in relazione all’infondatezza dei motivi dedotti con l’appello e con memoria ex art. 73 c.p.a. in relazione alle argomentazioni dell’appello incidentale del Comune.
8. Le parti hanno depositato memorie e memorie di replica in vista dell’udienza.
9. Alla pubblica udienza del 6 marzo 2025 la causa è stata trattenuta in decisione.
10. L’appello principale è infondato per le motivazioni di seguito indicate.
11. Come correttamente rilevato dal T.A.R. per la Calabria, al fine di risolvere la controversia - che verte essenzialmente sulla determinazione dell’importo dell’appalto e sull’importo da cui partire per effettuare l’offerta - è necessario partire dal dato testuale del principale documento di gara, vale a dire il bando, che, nel caso in esame, prescrive che: “L’importo dell’appalto è determinato nella somma complessiva di euro € 1.155.199,87”.
Tale previsione, stante l’inciso “somma complessiva”, deve ritenersi pertanto dirimente nel ricomprendere nella cifra sia i costi della manodopera sia gli oneri di sicurezza non soggetti al ribasso.
Il medesimo bando, inoltre, indica nel paragrafo A), al pari del disciplinare nell’art. 3, la specificazione in euro 875.081,94 dei costi della manodopera e in euro 20.328,00 degli oneri di sicurezza.
Dunque, si è indubbiamente verificata, da parte dell’offerta dell’aggiudicataria, la violazione dell’art. 21 del disciplinare, secondo cui “Sono inammissibili le offerte economiche a ribasso o che non siano formulate nel rispetto dei prezzi di riferimento indicati all’articolo 3 del presente disciplinare” e dell’art. 70, comma 4, d.lgs. n. 36/2023, ai sensi del quale “Sono inammissibili le offerte: a) non conformi ai documenti di gara”.
Invero, l’aggiudicataria ha illegittimamente applicato il ribasso sull’importo complessivo dell’appalto, pari ad euro 1.155.595,29, senza tuttavia scorporare i costi per gli oneri della sicurezza, fissati in euro 20.328,00, come desumibile dalla somma di euro 1.064.418,82 presente nella propria offerta, coincidente appunto nel ribasso di 7,89% alla cifra di euro 1.155.595,29 inclusiva dei costi della manodopera e degli oneri per la sicurezza (non soggetti a ribasso).
L’aggiudicataria, pertanto, avrebbe dovuto essere esclusa per aver individuato in modo scorretto la base d’asta e per avere applicato il ribasso sugli oneri di sicurezza in violazione dell’art. 21 della lex specialis di gara (secondo l’insegnamento dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato n. 3 del 2015 trattasi di “costi non soggetti a ribasso”) che, infatti, ha successivamente indicato come importo aggiuntivo (ma così facendo è in concreto aumentato l’importo dell’appalto, che invero la stazione appaltante, in sede di esecuzione, ha cercato di ribassare di 20.000,00 euro).
Inoltre – ad abundantiam e anche per smentire la tesi infondata della carenza di interesse di Ecoservice - la seconda graduata, non costituita, ha offerto il ribasso del 5,78% sull’importo complessivo dell’appalto di euro 1.155.595,29, poiché l’offerta dalla medesima avanzata è stata di euro 1.088.801,88, coincidente al 5,78% del valore complessivo dell’appalto stimato in euro 1.155.595,29.
12. In relazione all’appello incidentale proposto dal Comune, il Collegio ritiene che sia da respingere.
La tesi centrale dello stesso consiste nell’affermazione per cui ai fini dell’ammissibilità dell’offerta sarebbe rilevante il solo “ribasso”, mentre non avrebbe significato la dichiarazione resa dall’aggiudicataria con la quale la stessa ha manifestato la volontà di applicare il ribasso ad una base d’asta erronea (euro 1.155.595,29) perché inclusiva degli oneri della sicurezza dovuti ai rischi di interferenze, nonché l’ulteriore dichiarazione secondo cui “all’importo risultante dal ribasso percentuale è da aggiungersi l’importo di € 20.328,00 per gli oneri della sicurezza non soggetti a ribasso”.
Sarebbe in altri termini rilevante il solo “ribasso” dell’offerta dell’aggiudicataria.
La tesi è infondata e ciò è dimostrato dal fatto che la stessa stazione appaltante al fine di ritenere significativo il solo ribasso, ha dovuto rideterminare d’ufficio – come si rileva dai verbali nn. 3 e 4 della Commissione di gara - i costi della manodopera dichiarati dall’aggiudicataria, ribassandoli, con un’operazione che la stessa aggiudicataria ha contestato (con il ricorso incidentale di primo grado, e
con motivo riproposto in appello), rivendicando il riconoscimento, nei confronti del Comune, della maggiore somma di euro 20.328,00 corrispondente agli oneri della sicurezza predeterminati dalla stazione appaltante e su cui, come già detto, è stato illegittimamente applicato il ribasso offerto.
In ogni caso, la Commissione di gara ha illegittimamente modificato “in via interpretativa” una parte significativa dell’offerta di una delle partecipanti al procedimento di gara.
13. Conclusivamente, sia l’appello principale sia l’appello incidentale devono essere respinti.
14. Le spese del giudizio seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello r.g. n. 637/2025:
- respinge l’appello principale;
- respinge l’appello incidentale.
Condanna M.E.A. - Manna Ecologia Ambiente s.r.l. e il Comune di Montauro a rifondere, in via solidale, le spese del giudizio alla parte appellata nella misura di euro 6.000,00 (seimila700) oltre accessori come per legge se dovuti (I.V.A., C.P.A. spese generali al 15%), da dividersi in parti uguali.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 marzo 2025 con l'intervento dei magistrati:
Vincenzo Lopilato, Presidente
Giuseppe Rotondo, Consigliere
Emanuela Loria, Consigliere, Estensore
Luigi Furno, Consigliere
Ofelia Fratamico, Consigliere