Cons. Stato, Sez. V, 25 febbraio 2025, n. 1630
Con riferimento all’avvalimento permanente non sono applicabili le regole dettate dall’art. 89 e i vincoli introdotti dall’art. 146 del d.lgs. n. 50 del 2016 in tema di beni culturali, trattandosi di un limite alla generale possibilità per gli operatori economici di partecipare alle procedure di gara non giustificato. Ciò in quanto, […], il prestito permanente dei requisiti, allorché sia in presenza di un’acquisizione della qualificazione SOA, valida ed efficace, abilita in proprio l’operatore economico per l’intera durata dell’attestazione SOA alle gare pubbliche.
Guida alla lettura
Con sentenza n. 1630 dello scorso 25 febbraio, la Quinta Sezione del Consiglio di Stato ha affermato che: “Con riferimento all’avvalimento permanente non sono applicabili le regole dettate dall’art. 89 e i vincoli introdotti dall’art. 146 del d.lgs. n. 50 del 2016 in tema di beni culturali, trattandosi di un limite alla generale possibilità per gli operatori economici di partecipare alle procedure di gara non giustificato. Ciò in quanto, […], il prestito permanente dei requisiti, allorché sia in presenza di un’acquisizione della qualificazione SOA, valida ed efficace, abilita in proprio l’operatore economico per l’intera durata dell’attestazione SOA alle gare pubbliche”.
In particolare, con la suindicata sentenza i Giudici hanno confermato la decisione del TAR, il quale aveva respinto il ricorso rilevando che l’attestazione SOA dell’operatore contestato comprovava il possesso dei requisiti, attribuendole valore fidefacente nonché aveva escluso l’applicabilità del divieto di avvalimento previsto per i beni culturali, trattandosi di un avvalimento permanente e non di un avvalimento temporaneo vietato dalla normativa di settore.
Il Collegio evidenzia che, l’avvalimento stabile o permanente è un istituto che differisce dall’avvalimento ex art. 89 del d.lgs. n. 50 del 2016 il quale impone, al contrario, che debba essere prodotta nella singola gara il contratto di avvalimento e la dichiarazione dell’ausiliaria, che, nella specie, stante l’attestazione SOA, non è necessario produrre.
Anche con riguardo a tale profilo - rimarca il Collegio - laddove la ricorrente avesse voluto contestare l’esistenza del presupposto contratto di avvalimento permanente avrebbe dovuto impugnare la SOA per falso dinanzi al giudice ordinario.
I rilievi della ricorrente si concentrano, dunque, sulla contestata violazione dell’art. 89 del d.lgs. 50 del 2016 nella parte in cui l’art. 146 d.lgs. n. 50 del 2016 non consente l’avvalimento nel settore dei beni culturali. Tale disposizione non è però applicabile al caso in esame, vertendosi di un prestito permanente, finalizzato all’acquisizione e alla formazione della certificazione SOA ‘in termini differenti rispetto all’avvalimento temporaneo’ (cfr. art. 52 della direttiva CE n. 18 del 2004 e art. 64 della direttiva n. 24 del 2014; C.G.A.R.S. 27 aprile 2023, n. 314).
L’avvalimento permanente, sottolinea la Quinta Sezione, non riferendosi ad una specifica gara, ma all’iscrizione in un elenco ufficiale, ovvero in un sistema di qualificazione, presuppone un’integrazione stabile tra ausiliato ed ausiliata.
L’ausiliaria deve porre a disposizione dell’ausiliata i requisiti e i mezzi di cui quest’ultimo è sprovvisto per l’intero periodo di durata della certificazione SOA, la quale, proprio in virtù del rapporto di integrazione organica che lega ausiliata o ausiliaria, sia esso declinato nella forma del controllo dell’una sull’altra ex art. 2359 c.c., oppure, come nella specie, dall’appartenenza a unico gruppo, attesta il possesso dei requisiti messi a disposizione dalla seconda in capo alla prima, consentendone, secondo una evidente logica proconcorrenziale, la partecipazione alle procedure di gara tramite il rilascio della certificazione.
Ad avviso dei Giudici di Palazzo Spada, data la sussistenza tra le società di uno stabile collegamento, idoneo ad attestare il legame giuridico ed economico tra le due imprese, assimilabile a quello che la giurisprudenza di settore ha individuato nel controllo ex art. 2359 c.c. o nell’appartenenza allo stesso gruppo, le censure prospettate nel gravame, circa la mancanza di un collegamento tra le società, non possono trovare accoglimento.
Nella specie, è avvenuta l’acquisizione della concreta disponibilità di una parte del complesso produttivo del soggetto avvalso; tale risultato è stato ottenuto mediante la cessione del ramo di azienda, espressione di una totale collaborazione tra imprese mediante l’integrazione dei complessi aziendali (Cons. Stato, Sez. V, 26 marzo 2018, n. 1698; Id., 6 dicembre 2021, n. 8074).
In conclusione, il Collegio ha confermato la decisione di primo grado, ribadendo che l’attestazione SOA è vincolante per l’amministrazione e che l’avvalimento permanente, finalizzato all’ottenimento della certificazione, non è soggetto alle limitazioni previste per gli appalti nei beni culturali
Pubblicato il 25/02/2025
N. 01630/2025REG.PROV.COLL.
N. 06287/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6287 del 2024, proposto da
Società Giafra s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG 988888453B, rappresentata e difesa dall'avvocato Oreste Morcavallo, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Arno, n. 6;
contro
Ministero della Cultura – Segretariato Regionale della Calabria, non costituito in giudizio;
Agenzia Nazionale per l’Attrazione degli Investimenti e lo Sviluppo d’Impresa s.p.a. – Invitalia s.p.a., in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Marco Martinelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Ministero della Cultura, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
nei confronti
Brio Group Soc. Coop. Consort. a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Arturo Cancrini e Francesco Vagnucci, con domicilio eletto presso lo studio Arturo Cancrini in Roma, piazza San Bernardo n. 101;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda) n. 1050/2024, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Brio Group Soc. Coop. Consort. a.r.l, dell’Agenzia Nazionale per l’Attrazione degli Investimenti e lo Sviluppo d’Impresa s.p.a. – Invitalia s.p.a. e del Ministero della Cultura;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 gennaio 2025 il Consigliere Annamaria Fasano e uditi per le parti gli avvocati Achille Morcavallo in delega dell'avvocato Oreste Morcavallo, Marco Martinelli e Francesco Vagnucci;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con bando pubblicato in GURI del 23 giugno 2023, e in GUUE del 28 giugno 2023, la società Invitalia s.p.a. (in seguito anche solo Invitalia) indiceva, in qualità di Centrale di Committenza, per conto del Ministero della Cultura, ossia la Stazione appaltante, una procedura di gara, ai sensi degli artt. 37 e 38, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016, per l’affidamento di n. 4 lotti separati, relativi a “Interventi di restauro e rifunzionalizzazione di complessi architettonici di Santa Chiara (lotto 1) di San Francesco Creatics (lotto 2), della biblioteca Nazionale (lotto 3) e del Centro Studi Telesio, Bruno e Campanella (lotto 4)”, in attuazione del Contratto Istituzionale di Sviluppo (CIS) “Cosenza – Centro Storico”.
In particolare, la procedura era volta alla conclusione di più Accordi Quadro ai quali la stazione appaltante avrebbe potuto fare ricorso per stipulare Appalti Specifici, a seguito della riapertura del confronto competitivo tra gli aggiudicatari parti degli Accordi Quadro.
2. Ai sensi dell’art. 2 del disciplinare, la procedura era articolata, per ciascun lotto, in due fasi (Fase 1 e Fase 2). La Fase 1 prevedeva l’aggiudicazione di un Accordo Quadro, per ciascun lotto, in favore delle prime due migliori offerte. Con la stipula dell’Accordo Quadro relativo a ciascun lotto, gli aggiudicatari si impegnavano a partecipare al confronto competitivo per l’aggiudicazione del singolo Appalto Specifico di cui alla successiva Fase 2. La Fase 3 prevede l’aggiudicazione degli Appalti Specifici mediante confronto competitivo tra gli aggiudicatari degli Accordi Quadro, ai sensi dell’art. 54, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016.
3. Giafra s.r.l.(in seguito anche solo Giafra) partecipava alla suddetta procedura di gara con riferimento al lotto 3, ottenendo un punteggio per l’offerta tecnica, pari a 57.838, ed un punteggio per l’offerta economica, pari a 0,494 e, quindi, un punteggio complessivo di 58,332 punti.
4. Anche Bio Group Società Cooperativa Consortile a.r.l (in seguito anche solo Bio Group) partecipava alla procedura, ottenendo un punteggio per l’offerta tecnica, pari a 63,711 ed un punteggio per l’offerta economica, pari a 5,00, e, quindi, un punteggio complessivo di 68,711 punti.
5. Con provvedimento del 15 novembre 2023, Invitalia dichiarava entrambe le società aggiudicatarie dell’Accordo Quadro relative al lotto 3.
6. Giafra proponeva ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo per il Lazio per l’annullamento del procedimento di aggiudicazione, nonché degli altri in epigrafe indicati, nella parte in cui non la stazione appaltante aveva escluso l’operatore economico Bio Group.
7. Il Tribunale adito, con ordinanza n. 901 del 18 gennaio 2024, declinava la propria competenza, dichiarando competente a decidere il ricorso il TAR per la Calabria, sede di Catanzaro, ai sensi dell’art. 13, comma 1, seconda parte, c.p.a.
8. Con ricorso notificato in data 23 gennaio 2024, la società Giafra riassumeva il ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, lamentando la mancata esclusione di Bio Group dalla procedura di gara in quanto non ritenuta in possesso ‘in proprio’ dei requisiti di partecipazione richiesti. Infatti, la certificazione SOA presentata evidenziava che Bio Group si era avvalsa delle risorse messe a disposizione da MGC s.r.l. (in seguito anche solo MGC) ai fini dell’ottenimento delle attestazioni di qualificazione SOA richieste per il lotto 3 (categorie OG2, OS3, OS28 e OS30, sostituibili, nei limiti della classifica posseduta, mediante qualifica nella categoria OG11).
Secondo la ricorrente, tale circostanza determinava una violazione dell’art. 146 del d.lgs. n. 50 del 2016, il quale, per gli appalti nel settore dei beni culturali, precludeva il ricorso all’istituto dell’avvalimento dei cui all’art. 89 del Codice, e vietava anche la possibilità di dimostrare il possesso delle qualificazioni SOA mediante il c.d. cumulo alla rinfusa. Inoltre, la società Bio Group non aveva presentato neppure il contratto di avvalimento, che risultava solo dall’attestazione SOA, nonché la dichiarazione dell’ausiliaria, violando anche le previsioni di cui all’art. 89 del d.lgs. n. 50 del 2016. Infine, la ricorrente lamentava la mancata esclusione dell’aggiudicataria, rilevando che la condivisione delle figure dei direttori tecnici con l’ausiliaria MGC violava l’art. 87 del d.P.R. n. 207/2010, secondo il quale ‘i soggetti designati nell’incarico di direttore tecnico non possono rivestire analogo incarico per contro di altre imprese qualificate’.
9. Il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, con sentenza n. 1050 del 2024, respingeva il ricorso.
Il Collegio di prima istanza, con riferimento alla contestazione della mancanza in proprio da parte di Bio Group dei requisiti di qualificazione richiesti dalla lex specialis, rilevava che Bio Group, contrariamente a quanto dedotto da parte ricorrente, non aveva partecipato alla gara avvalendosi temporaneamente dei requisiti di altri soggetti, ossia della controllata MGC. Infatti, l’attestazione SOA comprovava il possesso ‘in proprio’ dei requisiti di qualificazione richiesti. La certificazione SOA, ove esistente e formalmente corretta, era vincolante per l’Amministrazione circa la sussistenza dei presupposti di partecipazione alla gara, avente natura fidefacente.
Nella specie, secondo il T.A.R., non assumevano rilievo le regole dettate dall’art. 89 del d.lgs. n. 50 del 2016 per l’avvalimento temporaneo, trattandosi di un avvalimento permanente non riferito ad una specifica gara, ma finalizzato all’acquisizione della certificazione SOA, con la conseguenza che non era possibile attribuire al prestito permanente i limiti e i divieti dell’avvalimento temporaneo, che non lo riguardavano.
Il T.A.R. respingeva anche il motivo di ricorso con il quale si denunciava che Bio Group condivideva le figure dei direttori tecnici con la controllata MGC violando l’art. 87 del d.P.R., in quanto Bio Group aveva documentato che i direttori tecnici avevano con la società un incarico esclusivo.
10. La società Giafra s.r.l. ha proposto appello avverso la suddetta pronuncia, sollevando le seguenti censure: “1. Error in iudicando e/o in procedendo – contraddittorietà intrinseca – violazione e/o falsa applicazione dell’art. 87 del d.P.R. n. 207/2010; 2. Error in procedendo e/o in iudicando con riferimento alla violazione e/o falsa applicazione dell’art. 146 d.lgs. n. 50/2016 e degli artt. 9 bis e 29 d.lgs. n. 42/2004 – Violazione e/o falsa applicazione del disciplinare di gara”.
11. Si è costituita l’Agenzia Nazionale per l’Attrazione degli Investimenti e lo Sviluppo d’Impresa s.p.a. – Invitalia s.p.a., concludendo per il rigetto del ricorso.
12. Si è difesa Bio Group s.r.l. concludendo per il rigetto del gravame.
13. Si è costituito in giudizio, a norma dell’art. 55, settimo comma, del d.lgs. n. 104 del 2010, il Ministero della Cultura chiedendo di essere sentito in camera di consiglio.
14. All’udienza del 9 gennaio 2025, la causa è stata assunta in decisione.
DIRITTO
15. Con il primo mezzo, la società appellante censura la sentenza impugnata nella parte in cui il T.A.R., dopo aver respinto il primo motivo di ricorso, con il quale si era denunciato il mancato possesso ‘in proprio’ dei requisiti richiesti di partecipazione - rilevando che l’attestazione SOA detenuta dalla Bio Group attesta i requisiti di capacità tecnica e professionale fino a querela di falso – non ha poi ritenuto la stessa natura fidefacente del documento con riferimento la coincidenza dei direttori tecnici della Bio Group e della MGC, dando rilievo al fatto che Bio Group ha depositato una dichiarazione di cessazione del rapporto della MGC con i suddetti professionisti.
Ad avviso della ricorrente, l’indicazione dei due direttori tecnici, coincidenti con quelli indicati nell’attestazione SOA di MGC si porrebbe in contrasto con l’art. 87 del d.P.R. n. 207 del 2010, pertanto il T.A.R. avrebbe dovuto annullare il provvedimento di aggiudicazione e tutti i verbali di gara laddove non si è disposto l’esclusione della controinteressata.
16. Con il secondo motivo di appello, la società Giafra censura la sentenza impugnata nella parte in cui il Collegio ha ritenuto che Bio Group ha partecipato alla gara non avvalendosi temporaneamente dei requisiti di altri soggetti, ossia della controllata MGC, ma in maniera permanente, posto che l’attestazione SOA prodotta in gara e in corso di validità, comproverebbe il possesso in proprio dei requisiti di qualificazioni richiesti avendo natura fidefacente, ai sensi dell’art. 60, comma 3, del d.P.R. n. 207 del 2010. L’appellante contesta la tesi sostenuta dal T.A.R, secondo cui la società Bio Group avrebbe fatto ricorso non ad un avvalimento temporaneo di cui all’art. 89 del Codice dei contratti, ma ad un avvalimento permanente, con la conseguenza che non potrebbe ritenersi sussistente alcuna violazione dell’art. 146 del d.lgs. n. 50 del 2016, norma che preclude per gli appalti nel settore dei beni culturali, come quello di specie, l’istituto dell’avvalimento di cui all’art. 89 del d.lgs. n. 50 del 2016.
Ad avviso dell’esponente, tali statuizioni sarebbero errate, in quanto sulla base della giurisprudenza unionale (la sentenza della Corte giustizia UE, I, 7.4.2016, n. 324), l’istituto dell’avvalimento permanente può essere applicato in casi eccezionali inerenti l’oggetto dell’appalto, in cui le capacità di cui dispone il soggetto terzo, necessarie per l’esecuzione dell’appalto, non siano trasmissibili all’offerente.
Anche per la giurisprudenza nazionale, sebbene espressa in tema di consorzi stabili, ma nel settore dei beni culturali di cui al d.lgs. n. 42 del 2004, non ritiene applicabile il ‘cumulo alla rinfusa’ per le qualificazioni contrassegnate dalla categoria OG2, ciò in quanto gli interventi sui beni culturali possono essere affidati e eseguiti solo da professionisti qualificati.
La società deduce che la controinteressata non avrebbe in alcun modo dimostrato all’amministrazione la disponibilità effettiva dei mezzi dell’ausiliaria, che non gli appartengono in proprio, e che sono necessari per eseguire l’appalto oggetto della procedura. Neppure sarebbe stato provato in modo idoneo un controllo societario tra Bio Group e la società MGC, e neanche sarebbe stato allegato, ai documenti di gara, alcun contratto di avvalimento, la cui forma scritta è richiesta a pena di nullità.
17. Le critiche, essendo attinenti a profili connessi, vanno trattate congiuntamente per connessione logica.
18. L’appello è infondato per i rilievi di seguito enunciati.
18.1. Il presente giudizio concerne il lotto 3, per un valore stimato pari ad euro 2.120.700,00.
Ai sensi dell’art. 3 del disciplinare, oggetto del lotto 3 sono le seguenti opere, definite obiettivi principali:
- interventi di restauro e consolidamento del complesso architettonico;
- incrementare la capacità di accoglienza, accessibilità e fruizione;
- rifunzionalizzazione e riqualificazione degli spazi;
- valorizzazione dell’immobile attraverso un progetto di restauro attento alle preesistenze da tutelare.
L’art. 10.3 del disciplinare, nell’ambito dei “Requisiti di capacità economica e finanziaria e requisiti di capacità tecnica e professionale” richiede all’operatore economico, a pena di esclusione, di “possedere l’attestazione di qualificazione rilasciata da una SOA, regolarmente autorizzata, in corso di validità, per l’esecuzione delle prestazioni di costruzione nelle categorie e nelle classifiche adeguate nelle seguenti lavorazione, ai sensi dell’articolo 61 del Regolamento e in conformità all’allegato A al citato D.P.R. n. 207/2010”.
La società Bio Group ha dimostrato di essere in possesso dei requisiti mediante le certificazioni SOA rilasciate dall’organismo “la Soatech s.p.a.”, relativamente all’avvalimento disposto da MGC in suo favore.
In particolare, ha dedotto, e provato, che l’attestazione SOA è intestata direttamente alla Brio Group, nei confronti della quale è stato, quindi, accertato il possesso in proprio delle categorie e classifiche indicate, mentre il riferimento contenuto nell’attestazione SOA all’impresa ausiliaria costituirebbe semplicemente una traccia dell’operazione di acquisizione del controllo della società MGC da parte della Brio Group.
Questo Collegio, in linea con quanto affermato dal T.A.R., ritiene che l’attestazione SOA prodotta dalla società Bio Group comprova il possesso in proprio dei requisiti di qualificazione richiesti dalla lex specialis. Essa, pertanto, è vincolante per l’amministrazione che, nel corso delle verifiche di sua competenza circa la sussistenza o meno dei presupposti di partecipazione alla gara dei singoli operatori economici, non può sindacarne la correttezza o veridicità, se del caso per discostarsene.
Invero, gli organismi SOA devono riscontrare il possesso negli operatori economici del sistema di qualità aziendale conforme alle norme europee della serie UNI EN ISO 9000 (art. 63, comma 1, d.P.R. n. 207 del 2010), fermo rimanendo che quest’ultima è rilasciata da organismi di certificazione accreditati “al rilascio della certificazione nel settore delle imprese di costruzione” (comma 3 del citato art. 63).
La funzione assegnata agli organismi SOA rispetto al sistema di qualità delle imprese è di verifica e prova della certificazione ma non già costitutiva della medesima certificazione.
La Corte di Cassazione ha precisato che: “Le attestazioni rilasciate dalle Società Organismi di Attestazione (S.O.A.), pur costituendo atti di certificazione con valenza pubblicistica, non sono dotate di fede privilegiata e pertanto le relative falsificazioni non integrano l’ipotesi aggravata di cui all’art. 476, comma 2, c.p. Sebbene le SOA, pur essendo organismi privati, svolgano una funzione pubblicistica di certificazione sotto il controllo dell’Autorità di Vigilanza sui Lavori Pubblici, la natura prettamente valutativa della loro attività – consistente nella certificazione dei requisiti tecnici e finanziari delle imprese esecutrici di lavori pubblici secondo parametri predeterminati dalla normativa di settore – impedisce di attribuire alle relative attestazioni il carattere di atti pubblici fidefacenti resistenti fino alla querela di falso. Tale qualificazione giuridica trova conferma nella disciplina del d.lgs. n. 163/2016 che, pur prevedendo l’applicabilità degli artt. 476 e 479 c.p., in caso di false attestazioni, non implica necessariamente la configurabilità della fattispecie aggravata. Ne consegue che le stazioni appaltanti possono dare credito ad eventuali prove contrarie circa la non veridicità delle attestazioni SOA, ed i soggetti controinteressati possono tutelare la propria sfera giuridica in maniera celere e duttile” (Cass. Pen. Sez. I, 22 ottobre 2021 n. 38020).
Ne consegue che la prova contraria a quanto contenuto nell’attestazione SOA può essere ottenuta in sede di gara anche con altri mezzi e, in particolare, mediante la certificazione direttamente rilasciata dai concorrenti.
Tuttavia, l’operatore che ha interesse a contestare la certificazione SOA è tenuto a far valere con i mezzi posti a disposizione dall’ordinamento la falsità dell’attestazione medesima, con la conseguenza che, come condivisibilmente sostenuto dal Collegio di primo grado, “non possono essere addotti vizi, che di fatto si risolvano nella contestazione dell’attestato SOA speso per la qualificazione, i quali, come già detto, andrebbero denunciati attraverso i rimedi accordati dall’ordinamento per far valere la falsità dell’attestazione medesima”.
Per questa ragione le critiche prospettate con il primo mezzo, secondo il quale, stante l’attestazione SOA, Brio Group condividerebbe le figure dei direttori tecnici con la controllata MGC, violando l’art. 87 del d.P.R. n. 207/2010, vanno disattese, tenuto conto che, come documentato da Brio Group, i direttori tecnici in questione hanno con la società un incarico esclusivo.
Tale adempimento processuale è da ritenersi corretto, in ragione della natura giuridica della SOA come declinata dalla Corte di Cassazione nella sentenza sopra richiamata.
In sostanza, l’attestazione SOA svolge una funzione pubblicistica di certificazione, che sfocia nel rilascio di un’attestazione con valore di atto pubblico, pertanto le attestazioni di qualificazione, risultato dell’attività di certificazione delle SOA, sono peculiari atti pubblici, destinati ad avere una specifica efficacia probatoria (T.A.R. Lazio, 11 novembre 2019, n. 12934; Cons. Stato, n. 4622 del 2021).
Se il rilascio delle attestazioni SOA integra una funzione pubblica di certificazione, si può certamente equiparare l’attestato SOA e un atto pubblico, che fa fede del possesso dei requisiti in esso attestati.
Va segnalato che l’indirizzo prevalente della giurisprudenza amministrativa rafforza la forza certificativa della attestazione SOA, ritenendo che abbia natura fidefacente.
E’ stato affermato che: “le SOA svolgono una funzione pubblicistica di certificazione, che sfocia nel rilascio di un’attestazione con valore di atto pubblico, sicchè la loro attività configura un <esercizio privato di pubblica funzione> e le attestazioni di qualificazione, risultato dell’attività di certificazioni delle SOA, sono peculiari atti pubblici, destinati ad avere una specifica efficacia probatoria fino a querela di falso” (T.A.R. Lazio, Roma, 23 ottobre 2020, n. 10822; T.A.R. Veneto, 27 novembre 2023, n. 1758).
In particolare, questo Consiglio di Stato ha chiarito che “secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, (…) il rilascio delle attestazioni SOA integra una funzione pubblica di certificazione, potendosi equiparare l’attestato SOA ad un atto pubblico che fa fede fino a querela di falso del possesso dei requisiti in esso – appunto – attestati (ex multis, Cons. Stato, VI, 4 luglio 2012, n. 3905; V, 19 aprile 2011, n. 2401); in tal senso si pongono anche il comunicato AVCP n. 41 del 13 luglio 2004 e le determinazioni della stessa Agenzia nn. 6 del 21 aprile 2004 e 10 del 25 maggio 2004. La pubblica valenza accertativa delle attestazioni SOA trova eco nella previsione dell’art. 60, comma 3, del d.P.R. n. 207 del 2010, per cui ‘l’attestazione di qualificazione rilasciata a norma del presente titolo costituisce condizione necessaria e sufficiente per la dimostrazione dell’esistenza dei requisiti di capacità tecnica e finanziaria ai fini dell’affidamento di lavori pubblici’. In coerenza con la previsione dell’art. 60, anche l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (AVCP, poi divenuta ANAC) ribadiva, nel parere di precontenzioso n. 89 del 30 maggio 2012, che ‘Per la sola esecuzione dei lavori pubblici di importo superiore a 150.000 euro (…) il legislatore ha previsto un sistema di qualificazione unico ed esclusivo tramite SOA (art. 40 d.lgs. 163/2006), in virtù del quale ciascuna impresa è qualificata per una o più delle categorie di cui all’Allegato A d.P.R. 207/2010 e classificata, nell’ambito di ogni categoria, secondo gli importi di cui all’art. 61, comma 4, d.P.R. n. 207/2010. Al termine del procedimento di qualificazione la SOA rilascia all’impresa un’apposita attestazione, la quale costituisce requisito necessario e sufficiente per partecipare alle gare per gli affidamenti di lavori pubblici corrispondenti a quelli oggetto di attestazione” (Cons. Stato, sez. V, 14 giugno 2021, n. 4622).
Pertanto, le certificazioni SOA, ove, come nel caso di specie, esistenti e formalmente corrette, sono vincolanti “per l’Amministrazione, che nel corso delle verifiche di sua competenza circa la sussistenza o meno dei presupposti di partecipazione alla gara dei singoli operatori economici non può sindacarne la correttezza o veridicità, se del caso per discostarsene” (Cons. Stato, n. 4622 del 2021 cit.).
In definitiva, in ogni caso, sia che si debba proporre querela di falso o che si debba denunciare di falso il certificato ai sensi dell’art. 476 c.p., al fine di contestare la veridicità e l’attendibilità della documentazione prodotta in gara dall’aggiudicataria, sarebbe stato onere della società appellante proporre, per superare la portata probatoria dell’attestazione SOA (a cui la stazione appaltante risulta vincolata), contestazioni finalizzate a denunciare la falsità del documento.
A tale onere processuale la società Giafra s.r.l. non risulta avere ottemperato.
Pertanto, non è irragionevole, allo stato degli atti, la scelta della stazione appaltante di disporre l’aggiudicazione a favore di Bio Group, non risultando contestata nei modi di legge la falsità della certificazione SOA e il possesso dei requisiti richiesti dalla lex specialis.
18.2. Da siffatti rilievi, consegue l’infondatezza della doglianza prospettata dalla ricorrente anche circa la mancata esclusione di Bio Group dal lotto 3 per l’omessa produzione del contratto di avvalimento e della dichiarazione dell’ausiliaria.
Ciò in quanto la SOA, di cui Invitalia ha accertato il possesso in capo a Bio Group, attesta quanto in essa contenuto, e quindi anche la sussistenza del contratto di avvalimento.
L’avvalimento stabile o permanente, per quanto sopra precisato, è un istituto che differisce dall’avvalimento ex art. 89 del d.lgs. n. 50 del 2016 che impone, al contrario, che debba essere prodotta nella singola gara il contratto di avvalimento e la dichiarazione dell’ausiliaria, che, nella specie, stante l’attestazione SOA, non è necessario produrre. Anche con riguardo a tale profilo, laddove la ricorrente avesse voluto contestare l’esistenza del presupposto contratto di avvalimento permanente, avrebbe dovuto impugnare la SOA per falso dinanzi al giudice ordinario.
18.3. Fermo restando il carattere assorbente delle suddette considerazioni, per quanto specificamente attiene alla qualificazione rispetto alla categoria, non posseduta dalla controinteressata, ma ottenuta in avvalimento stabile (o di durata) tramite la società MGC, deve essere osservato che i rilievi della ricorrente si concentrano sulla contestata violazione dell’art. 89 del d.lgs. 50 del 2016 nella parte in cui l’art. 146 d.lgs. n. 50 del 2016 non consente l’avvalimento nel settore dei beni culturali.
Tale disposizione non è però applicabile al caso in esame, vertendosi di un prestito permanente finalizzato all’acquisizione e alla formazione della certificazione SOA ‘in termini differenti rispetto all’avvalimento temporaneo’ (cfr. art. 52 della direttiva CE n. 18 del 2004 e art. 64 della direttiva n. 24 del 2014; C.G.A.R.S. 27 aprile 2023, n. 314).
L’avvalimento permanente, non riferendosi ad una specifica gara, ma all’iscrizione in un elenco ufficiale, ovvero in un sistema di qualificazione, presuppone un’integrazione stabile tra ausiliato ed ausiliata. L’ausiliaria deve porre a disposizione dell’ausiliata i requisiti e i mezzi di cui quest’ultimo è sprovvisto per l’intero periodo di durata della certificazione SOA, la quale, proprio in virtù del rapporto di integrazione organica che lega ausiliata o ausiliaria, sia esso declinato nella forma del controllo dell’una sull’altra ex art. 2359 c.c., oppure, come nella specie, dall’appartenenza a unico gruppo, attesta il possesso dei requisiti messi a disposizione dalla seconda in capo alla prima, consentendone, secondo una evidente logica proconcorrenziale, la partecipazione alle procedure di gara tramite il rilascio della certificazione.
Risulta dai fatti di causa che la Bio Group è una società cooperativa consortile a.r.l , come si legge nella certificazione del Registro Imprese della CCIAA, e la società MGC s.r.l. è una impresa ausiliaria. Nel corso del giudizio di primo grado, la società controinteressata ha allegato l’atto del 9 novembre 2022, con il quale MGC ha ceduto alla Brio Group il proprio ramo d’azienda.
Ne consegue che tra le società sussiste uno stabile collegamento, idoneo ad attestare il legame giuridico ed economico tra le due imprese, assimilabile a quello che la giurisprudenza di settore ha individuato nel controllo ex art. 2359 c.c. o nell’appartenenza allo stesso gruppo, pertanto le censure prospettate nel gravame, circa la mancanza di un collegamento tra le società, non possono trovare accoglimento. Nella specie, è avvenuta l’acquisizione della concreta disponibilità di una parte del complesso produttivo del soggetto avvalso; tale risultato è stato ottenuto mediante la cessione del ramo di azienda, espressione di una totale collaborazione tra imprese mediante l’integrazione dei complessi aziendali (Cons. Stato, sez. V, 26 marzo 2018, n. 1698; id., sez. V, 6 dicembre 2021, n. 8074).
18.4. Ciò premesso, vanno respinte anche le altre doglianze.
La ricorrente, al fine di dimostrare un’asserita carenza in capo a Bio Group delle necessarie certificazioni SOA per l’espletamento di lavori nel settore dei beni culturali, tenta di assoggettare la tipologia societaria della società, che è una società cooperativa, ai limiti a cui sono sottoposti i consorzi stabili, richiamando un indirizzo della giurisprudenza che esclude il ‘cumulo alla rinfusa’ nelle ipotesi di affidamento di appalti relativi a beni culturali.
Nella specie, la società Bio Group è un operatore singolo e non ha natura di consorzio stabile, quindi, in virtù di avvalimento permanente con attestazione SOA valida, può garantire personalmente la tutela dei beni oggetto di intervento.
Le argomentazioni sostenute nel gravame muovono da un errore di fondo, quello di confondere l’avvalimento temporaneo di cui all’art. 89 del d.lgs. n. 50 del 2016 nell’ambito delle singole procedure di affidamento, vietato dall’art. 146, comma 3 del settore dei beni culturali, con l’avvalimento permanente o stabile.
Invero, l’attestazione prodotta in gara dalla Bio Group, rilasciata il 14.4.2023 e valida sino al 18.1.2028 è intestata dalla Soatech s.p.a. direttamente a nome della Bio Group, nei confronti della quale è stato certificato il possesso delle categorie e classifiche richieste dalla lex specialis.
In definitiva, il Collegio ritiene, con riferimento al caso in esame, ammissibile l’applicazione dell’istituto dell’avvalimento permanente anche con riferimento al settore dei beni culturali, tenuto conto che, in virtù della valida attestazione SOA, la società Bio Group ha dimostrato di avere in proprio i requisiti richiesti dalla legge di gara.
E’ noto questa Sezione, l’indirizzo espresso dalla Corte costituzionale con la sentenza 11 aprile 2022, n. 91, richiamata da questo Consiglio di Stato, con la sentenza 21 agosto 2023, n. 7858, la quale ha ritenuto infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 146 nella parte in cui pone un espresso divieto, in materia di appalti nel settore dei beni culturali, per l’avvalimento, osservando che “intenzione della norma è assicurare che i lavori vengano direttamente eseguiti da chi abbia la specifica qualificazione richiesta, nonché mezzi e risorse necessari a preservare una categoria di beni. La finalità del divieto è, dunque, quella di rafforzare la tutela dei beni culturali oggetto dei contratti regolati dal Capo III, TitoloVI, Parte II del codice dei contratti pubblici”.
La giurisprudenza ha sottolineato che il comma 3 dell’art. 146 “nella misura in cui esclude, nella materia in esame, il ricorso ad un istituto di portata generale e di matrice eurounitaria, quale è l’avvalimento, e quindi al prestito dei requisiti, inevitabilmente va inteso come attribuzione di rilievo, ai fini della qualificazione, al profilo soggettivo dell’esecutore dei lavori” (Cons. Stato, sez. V, n. 403 del 2019).
Tuttavia, stante la peculiarità della vicenda processuale, va condiviso l’esito argomentativo sostenuto dal T.A.R. nella sentenza impugnata, il quale, facendo riferimento alla tipologia dell’avvalimento nella specie ravvisabile, che consente il prestito permanente dei requisiti, ha ritenuto ammissibile l’applicazione dell’istituto anche al settore dei beni culturali.
Questa forma di avvalimento, di natura permanente, è configurata dall’art. 52 della direttiva CE del 31 marzo 2004, n. 18, è stata prevista dall’art. 50 del d.lgs. n. 163 del 2006 e disciplinata dall’art. 88 del d.P.R. n. 207 del 2010. Come precisato dal Collegio di primo grado, anche se l’istituto non sia stato riproposto nel d.lgs. n. 50 del 2016, la giurisprudenza pacifica lo ritiene ancora operante, con la conseguenza che “non è possibile attribuire al prestito permanente i limiti e i divieti dell’avvalimento temporaneo, che non lo riguardano, pena la violazione dei principi di legalità e tassatività delle clausole di esclusione”.
L’assunto è confortato dagli indirizzi espressi dalla giurisprudenza unionale in tema di avvalimento.
Come noto, l’istituto consente a un operatore economico (c.d. ausiliato) di sopperire alla carenza di determinati requisiti, necessari per la partecipazione ad una procedura di gara, ricorrendo a quelli di un altro soggetto detto ‘ausiliario’.
In questo senso, esso rappresenta uno strumento volto a garantire i principi pro – concorrenziali di cui l’Unione europea si fa portatrice, assicurando l’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza nella misura più ampia possibile (Cons. Stato, sez. V, 5 aprile 2019, n. 2243).
Si persegue, infatti, la finalità di ampliare la platea dei possibili concorrenti alle gare pubbliche tramite l’agevolazione della partecipazione anche alle piccole e medie imprese (CGUE 10 ottobre 2013 C-94/12), a vantaggio non solo degli operatori economici, ma parimenti delle amministrazioni aggiudicatrici (CGUE 23 dicembre 2009, C-305/08).
Trattandosi di obiettivi generali dell’ordinamento eurounitario, grava sull’operatore nazionale l’obbligo di interpretare le categorie di diritto interno in senso conforme e di non introdurre vincoli ulteriori e diversi.
In particolare, in assenza di motivate condizioni eccezionali, l’applicazione di limiti alla generale possibilità per gli operatori di fare affidamento sulle capacità di altri soggetti violerebbe anche i principi di parità di trattamento e di non discriminazione (CGUE 7 aprile 2016, C-324/14; Cons. Stato, sez. V, 17 maggio 2018, n. 2853; id. 8 ottobre 1018, n. 5765; T.A.R. Piemonte 2 dicembre 2019, n.1190).
Tenuto conto dei principi espressi dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, condivisi anche da questo Consiglio di Stato, si deve concludere che con riferimento all’avvalimento permanente non sono applicabili le regole dettate dall’art. 89 e i vincoli introdotti dall’art. 146 del d.lgs. n. 50 del 2016 in tema di beni culturali, trattandosi di un limite alla generale possibilità per gli operatori economici di partecipare alle procedure di gara non giustificato. Ciò in quanto, come si è detto, il prestito permanente dei requisiti, allorchè sia in presenza di un’acquisizione della qualificazione SOA, valida ed efficace, abilita in proprio l’operatore economico per l’intera durata dell’attestazione SOA alle gare pubbliche (T.A.R. Sicilia, 30 novembre 2022, n. 3114).
19. In definitiva, l’appello va respinto, e ogni altra questione dedotta dalle parti deve ritenersi assorbita, con conseguente conferma della sentenza impugnata.
20. Le spese di lite del grado, tenuto conto della novità delle questioni trattate, vanno interamente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Compensa integralmente tra le parti le spese di lite del grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del giorno 9 gennaio 2025 con l'intervento dei magistrati:
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Presidente
Valerio Perotti, Consigliere
Giuseppina Luciana Barreca, Consigliere
Sara Raffaella Molinaro, Consigliere
Annamaria Fasano, Consigliere, Estensore